PIANO SANITARIO NAZIONALE 1998-2000 Un patto di solidarieta' per la salute Un patto di solidarieta' per la salute La salute e' un bene fondamentale per la persona e per la collettivita'. Un sistema di servizi sanitari equo ed efficace e' un determinante essenziale, anche se non esclusivo, per garantire la partecipazione alla vita sociale e l'espressione delle capacita' individuali a tutti i cittadini, nel rispetto del principio uguaglianza delle opportunita' all'interno dell'intera collettivita' di cittadini. La garanzia di uguali opportunita' di accesso ai servizi sanitari rappresenta l'obiettivo principale del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e l'elemento fondamentale che ne determina la forma di finanziamento e i criteri di organizzazione. Il finanziamento attraverso la fiscalita' generale, la distribuzione dei servizi secondo criteri di equita', la gratuita' al momento del consumo rappresentano le tre condizioni necessarie (ancorche' non sufficienti) per impedire che barriere finanziarie, geografiche o sociali ostacolino l'efficace fruizione del diritto alla salute. I principi fondamentali dei sistemi sanitari di tipo universalistico, ai quali si ispira il Ssn, sono: 1. universalita' di accesso. L'accesso ai servizi sanitari non deve essere subordinato alla verifica di criteri di eligibilita' "sociale" ne' di disponibilita' finanziaria, ma soltanto alla valutazione professionale della necessita' di interventi sanitari. 2. eguaglianza nella accessibilita' ad un ampio spettro di servizi uniformemente distribuiti. L'eliminazione di barriere geografiche all'accesso deve essere garantita dalla programmazione territoriale dei servizi, mentre la gratuita' al momento del consumo deve assicurare la rimozione di eventuali barriere economiche alla utilizzazione dei servizi. 3. condizione del rischio finanziario. Il sistema di finanziamento deve garantire che il contributo individuale sia indipendente dal rischio di malattia e dai servizi ricevuti, ma determinato esclusivamente dalla capacita' contributiva. Le evidenze internazionali dimostrano che i sistemi sanitari ispirati a questi principi non solo producono maggiore equita' sociale, ma permettono anche un migliore controllo della spesa sanitaria. Il sistema sanitario del nostro Paese ha contribuito in modo significativo al miglioramento delle condizioni di salute della popolazione. I principali indicatori di salute, quali la mortalita' infantile e perinatale, e l'aspettativa di vita pongono l'Italia ai primi posti nel mondo, ben al di sopra di molti paesi che dedicano alla sanita' una quota piu' alta del loro Prodotto Interno Lordo (Pil). In Italia, la quota di risorse finanziarie complessivamente destinate alla sanita' , sia in rapporto al Pil sia in termini pro-capite, e' nella media dei paesi dell'Ocse, inferiore a quella impegnata dai paesi europei a piu' elevato sviluppo economico e molto piu' bassa di quella osservata in Usa e Canada. Il Ssn presenta tuttavia necessita' di cambiamento e opportunita' di miglioramento. L'elevata frequenza di cittadini che si dichiarano insoddisfatti di numerosi aspetti del Ssn impone l'individuazione di modelli di risposta piu' adeguati alle crescenti aspettative della popolazione. L'esigenza di rispettare i vincoli imposti dagli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, esigenza resa piu' stringente dai parametri fissati dall'Unione Europea, richiede uno sforzo di tutti gli attori del sistema sanitario volto al miglioramento dei livelli di efficienza del sistema. La necessita' del cambiamento non e' peraltro soltanto italiana ne' e' un problema semplicemente congiunturale. La riforma dei sistemi sanitari e' un fenomeno mondiale. Negli ultimi dieci anni, i governi di tutti i paesi del mondo hanno tentato di ripensarne i principi generali. Anche il Ssn italiano ha partecipato a questo vasto, e spesso incoerente, movimento di riforme. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 costituisce un momento fondamentale di tale processo, in concomitanza con il dibattito sulla revisione del d. lgs. 502/1992 e successive modifiche e integrazioni. Il cambiamento e' reso necessario da fattori endogeni al sistema sanitario (come l'innovazione tecnologica e lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, relative alle possibilita' di trattamento cosi come alle forme di organizzazione dell'assistenza) e fattori esogeni (come la dinamica demografica e i mutamenti sociali). Tale cambiamento non si esaurisce in una maggiore produttivita', ma richiede un profondo ripensamento della organizzazione e del funzionamento del Ssn nel suo insieme. La riorganizzazione dei servizi da sola non basta; sono anche necessari interventi esterni al sistema, che possono avere un impatto sulla salute pari, o addirittura superiore, a quello dei servizi sanitari. Un sistema sanitario moderno, che guarda al terzo millennio, non puo' ritornare ai modelli degli anni '70 ne' puo' limitarsi alla transizione degli anni '90, ma deve svilupparsi promuovendo la collaborazione dei diversi livelli di responsabilita' in modo da realizzare un sistema al contempo autenticamente nazionale e locale. Nazionale, in quanto capace di garantire livelli di assistenza uniformi sull'intero territorio e all'intera collettivita' di cittadini, assicurando servizi accreditati secondo criteri uniformi, sia per gli aspetti strutturali sia per quelli organizzativi. Locale, in quanto valorizza le responsabilita' regionali e aziendali nella programmazione, nella produzione e nella erogazione dei servizi sanitari. E' quindi necessario proseguire e rendere piu' incisivo il processo di regionalizzazione e di aziendalizzazione del sistema, improntando il servizio sulla collaborazione fra tutti i livelli del Ssn, oltre che fra il Ssn stesso e le istituzioni e i soggetti sociali con i quali interagisce. Il contesto sociale mutevole e complesso pone l'esigenza di avviare nel Paese un vero e proprio patto di solidarieta' per la salute, che impegni le istituzioni preposte alla tutela della salute e una pluralita' di soggetti: i cittadini; gli operatori sanitari; le istituzioni; il volontariato; i produttori, non profit e profit, di beni e servizi di carattere sanitario; gli organi e gli strumenti della comunicazione; la comunita' europea e internazionale. I risultati di salute non dipendono infatti solo dalla qualita' tecnica delle prestazioni, ma trovano radici piu' profonde nella responsabilizzazione dei soggetti coinvolti e nella loro capacita' di collaborare. La promozione della salute non puo' prescindere dalla maturazione di una coscienza civile e dall'assunzione da parte di tutti i cittadini di una responsabilita' personale diretta e consapevole nei confronti del proprio benessere fisico, psichico e sociale, in termini di diritti cosi come di doveri, avvalendosi di tutti gli organismi di partecipazione e concertazione utili per una gestione territoriale della salute. La valorizzazione delle competenze e delle disponibilita' professionali ed umane degli operatori del Ssn rappresenta uno degli obiettivi fondamentali del PSN 1998-2000. Gli operatori sanitari sono lo strumento essenziale per assicurare il buon funzionamento del servizio, l'efficacia degli interventi e la soddisfazione dei cittadini. L'umanizzazione del rapporto medico-paziente e di tutte le situazioni di incontro fra cittadini e Servizio sanitario nazionale e' la strada prioritaria per realizzare il patto di solidarieta' per la salute. Gli sforzi in questa direzione costituiscono un investimento etico, qualificano la relazione terapeutica e la rendono piu' efficace. La ricerca sui determinanti non sanitari della salute ha evidenziato il ruolo critico di fattori sociali ed economici, che si pongono al di fuori delle possibilita' di controllo individuale ed esulano dalla sfera di intervento del sistema dei servizi sanitari. Gli interventi su quesiti determinanti della salute richiedono un coordinamento intersettoriale, a livello sia governativo sia regionale e locale, che si traduca in strategie condivise per obiettivi comuni. La salute, intesa come benessere fisico, psichico e sociale, non e' il mero prodotto dell'amministrazione sanitaria e dei correlati servizi articolati nel Paese. Deve rappresentare, piuttosto, un obiettivo perseguito da tutte le istituzioni che, pur non avendo una diretta competenza sanitaria, esercitano funzioni che possono incidere sullo stato di salute della popolazione. Il volontariato rappresenta un momento forte del nuovo patto solidale, in ragione del suo contributo alla umanizzazione del servizio e per le istanze etiche di cui e' portatore. Con la sua presenza contribuisce a dar voce ai bisogni dei soggetti svantaggiati e svolge un ruolo importante nella valutazione partecipata della qualita' dell'assistenza. La tutela del diritto del cittadino a prestazioni tempestive e qualificate implica che i pubblici poteri non solo eroghino direttamente tali servizi, ma definiscano gli spazi in cui si sviluppano il settore pubblico e il privato. I produttori di beni e servizi sanitari (non profit e profit) sono elementi rilevanti del panorama sanitario e, nel contesto di una definizione strategica degli obiettivi, sono chiamati a concorrere al progetto di tutela e promozione della salute. Il mondo della comunicazione riveste un ruolo rilevante nel diffondere l'informazione e le conoscenze scientifiche, nel favorire l'adozione di modelli di comportamento e di stili di vita, nel determinare aspettative e bisogni nei confronti della salute e dei servizi sanitari. La crescente attenzione dei mezzi di informazione ai fenomeni della sanita' , nella cronaca quotidiana e nella divulgazione scientifica, richiede un impegno preciso del mondo dell'informazione in termini di equilibrio, obiettivita' e completezza e un loro coinvolgimento attivo nel progetto di promozione e tutela della salute. La strategia sanitaria del nostro Paese deve trovare connessioni e sinergie efficaci a livello internazionale, anzitutto coi paesi europei e dell'area del Mediterraneo, sia in relazione alla intensita' dei flussi migratori sia nei confronti dei paesi meno sviluppati, per motivazioni di solidarieta' e di promozione umana oltre che di efficacia dagli interventi. Nell'ambito del nuovo Mercato Comune Europeo assume una particolare importanza l'attivita' di prevenzione e controllo sulla circolazione delle merci e dei prodotti. Il potenziamento delle attivita' di prevenzione per garantire qualita' e sicurezza dei prodotti e delle merci rappresenta in particolare un investimento, per la salute della popolazione e per lo sviluppo economico del paese, in quanto assicura competitivita' in campo internazionale. Alla luce di tali considerazioni, il Psn 1998-2000 assume come idee forti i seguenti nove punti qualificanti: 1. rafforzare l'autonomia decisionale degli utenti; 2. promuovere l'uso appropriato dei servizi sanitari; 3. diminuire le diseguaglianze nei confronti della salute; 4. favorire comportamenti e stili di vita per la salute; 5. contrastare le patologie piu' importanti; 6. aiutare a convivere attivamente con la cronicita'; 7. percorrere le strada dell'integrazione socio sanitaria; 8. rilanciare la ricerca; 9. investire nelle risorse umane e nella qualita' del sistema. La possibilita' di una scelta consapevole tra diverse opzioni diagnostiche e terapeutiche da parte dell'utente implica che l'informazione divenga uno degli aspetti decisivi nel rapporto tra Ssn e cittadini. La transizione da una concezione paternalistica ad una concezione democratica dell'assistenza sanitaria incontra ancora molti ostacoli, sia sul versante delle professioni sanitarie sia su quello degli utenti. A questo scopo, nel corso della formazione (di base e in servizio) del personale sanitario e' indispensabile fornire conoscenze e competenze concernenti: - elementi di epidemiologia clinica, volti a consentire al personale sanitario di presentare in modo razionale e probabilistico gli effetti delle diverse opzioni diagnostico-terapeutiche; - elementi di teoria della comunicazione, sociologia e antropologia, miranti al riconoscimento e al rispetto, di fronte alla salute e alla malattia, delle diverse identita' culturali; - elementi di economia, volti a rafforzare la consapevolezza delle ricadute economiche delle decisioni e della necessita' di allocazioni soddisfacenti dal punto di vista della collettivita' ; - elementi di etica nei rapporti fra professionista e paziente, volti a promuovere un'attenzione costante ai fondamenti etici delle scelte professionali e alla umanizzazione del servizio. Il rafforzamento della capacita' decisionale degli utenti trova limiti obiettivi nelle asimmetrie informative proprie di tutti i settori ad elevata specializzazione professionale. La maggiore capacita' delle professioni sanitarie di ridurre l'ampia variabilita' che oggi caratterizza l'erogazione delle prestazioni a fronte di problemi clinici e assistenziali simili costituisce un presupposto necessario per l'esercizio consapevole del diritto alla salute. L'ampia variabilita' nella risposta assistenziale rinvia a problemi di appropriatezza nell'utilizzazione delle risorse e a potenziali iniquita' nell'accesso e nella utilizzazione dei servizi sanitari. A questo scopo il Piano sanitario nazionale 1998-2000 avvia un processo di definizione di linee di guida consensuali, che rappresentano, da un lato, un terreno di accordo professionale sulle migliori strategie diagnostico-terapeutiche alla luce delle conoscenze scientifiche e, dall'altro, un elemento di trasparenza nei rapporti con il pubblico. Nel nostro Paese si osservano diseguaglianze rilevanti relativamente alle condizioni di salute: le persone, i gruppi sociali e le aree geografiche meno avvantaggiati presentano un maggior rischio di morire, di ammalarsi, di subire una disabilita', di praticare stili di vita rischiosi. Le cause sono complesse e risiedono nelle condizioni di vita e di lavoro della popolazione, nella dotazione di risorse materiali, nelle relazioni sociali, negli stili di vita e nell'accesso ai sistemi di cura. Le politiche per la salute devono contrastare le diseguaglianze irrobustendo le capacita' delle persone e delle comunita' di adottare comportamenti sani, migliorando l'accesso ai servizi e incoraggiando il cambiamento culturale ed economico. Con queste premesse, un modo importante per raggiungere gli obiettivi del Piano e' migliorare la salute dei gruppi di popolazione meno sani riducendo le differenze rispetto al gruppi piu' favoriti. Nella popolazione sana la prevenzione della malattia e il mantenimento dello stato di salute si basano sull'identificazione e sul controllo dei fattori di rischio e dei comportamenti individuali che favoriscono l'insorgenza delle patologie, nonche' sull'identificazione e sul controllo dei fattori ambientali nocivi alla salute. Il Piano sanitario nazionale i 1998-2000 si propone di promuovere la condivisione fra i cittadini di stili di vita per la salute. Il Piano sanitario nazionale individua le patologie che colpiscono la popolazione italiana e che provocano il maggior carico di morte, disabilita' e malattia. Si propone di contrastarle attraverso interventi di prevenzione primaria e secondaria e di promuovere l'efficacia dei programmi assistenziali. L'incremento delle persone malate e non autosufficienti, in particolare anziane, pone il problema di gestire la propria condizione sviluppando al contempo le opportunita' di partecipazione alla vita sociale. Per affrontare la cronicita' e' anzitutto necessario garantire continuita' all'intervento di cura, privilegiando tutti i fattori che contribuiscono a rendere accettabile la qualita' di vita a quanti, persone malate e loro familiari, vivono per lungo tempo in situazioni di difficolta' In particolare e' necessario garantire, fin quando e' possibile, la permanenza a casa delle persone malate croniche non autosufficienti fornendo cure domiciliari, interventi di sostegno alle famiglie, assistenza domiciliare integrata. La complessita' di molti bisogni richiede la capacita' di erogare risposte fra loro integrate, in particolare sociosanitarie. Se non vengono predisposte condizioni istituzionali e gestionali per coordinare gli interventi dei diversi settori impegnati nella produzione di servizi, l'integrazione professionale non puo' bastare per migliorare la qualita' e l'efficacia delle risposte. Per questo le Regioni devono incentivare le collaborazioni istituzionali entro ambiti territoriali adeguati a partire dalla dimensione distrettuale, formulando in via preferenziale piani unitari dei servizi sanitari e sociali, a livello regionale e sub-regionale, tenendo distinti i flussi di finanziamento dei rispettivi ambiti di attivita' . La elaborazione di piani di zona dei servizi, in particolare dei servizi ad elevata integrazione sociosanitaria, puo' essere un'utile premessa per ottimizzare le risorse, facilitare le responsabilizzazioni e le collaborazioni. Gli obiettivi indicati dal Piano sanitario nazionale 1998-2000 sono fortemente innovativi rispetto alle aree di intervento, all'assetto organizzativo e ai modelli di funzionamento del Ssn. Lo sviluppo di un'efficace strategia di ricerca, finalizzata a fornire le conoscenze scientifiche su cui basare le politiche sanitarie, la programmazione degli interventi e l'organizzazione della pratica clinica e assistenziale rappresenta la condizione necessaria per perseguire tali obiettivi e per valutare l'efficacia degli interventi. Gli investimenti per la prevenzione, la cura e la riabilitazione fondano in grande misura la loro efficacia sui contenuti relazionali del rapporto tra operatori del Ssn e utenti. Gli ostacoli e le resistenze che gli operatori sanitari devono superare sono considerevoli, soprattutto quando il loro campo visivo si concentra su singoli aspetti dei problemi da affrontare, non garantendo un approccio globale. Per questo vanno approfondite le condizioni per qualificare l'efficacia e l'umanizzazione degli interventi. A tale scopo e' necessario un profondo cambiamento di mentalita' ai diversi livelli, a partire dai fondamenti etici del lavoro di cura, attraverso la diffusione di sistemi premianti, la formazione permanente, la sperimentazione, le collaborazioni intersettoriali, lo sviluppo delle funzioni manageriali. PARTE I GLI OBIETTIVI DI SALUTE Un Progetto nazionale per la salute Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 ha come obiettivo principale la promozione della salute, a cui finalizzare l'organizzazione e l'erogazione di prestazioni e servizi sanitari. Tale scelta, legata al riconoscimento che i determinanti della salute si estendono ben oltre le possibilita' di intervento dei servizi sanitari, impone un'ampia assunzione di responsabilita', a livello individuale e collettivo. Impone inoltre modificazioni culturali e strategiche volte alla elaborazione di politiche intersettoriali di promozione della salute. Il Progetto nazionale per la salute si articola nei seguenti obiettivi prioritari: I. promuovere comportamenti e stili di vita per la salute; II. contrastare le principali patologie; III. migliorare il contesto ambientale; IV. rafforzare la tutela dei soggetti deboli; V. portare la sanita' italiana in Europa. Gli obiettivi di salute identificati dal Psn 1998-2000 sono il frutto di un'analisi del quadro epidemiologico della popolazione italiana, come evidenziato dalla Relazione sullo stato sanitario del paese 1996 del Ministero della Sanita', del confronto con le indicazioni e gli obiettivi proposti per l'anno 2000 dall'organizzazione Mondiale della Sanita' per le nazioni appartenenti alla Regione Europea, oltre che della valutazione delle concrete possibilita' di intervento nel corso del prossimo triennio. Il triennio 1998-2000 segna l'avvio di un Progetto nazionale per la salute che si estende lungo un arco temporale che va oltre l'anno 2000. Il periodo di validita' del Psn 1998-2000 coincide con la prima fase di un percorso di miglioramento dei livelli di salute che si propone traguardi realizzabili nel medio e lungo periodo. Gli obiettivi individuati non esauriscono tutti i bisogni di salute del Paese. Altri obiettivi, non espressamente richiamati costituiscono aree di grande interesse che potranno essere assunti dalle Regioni a partire da analisi epidemiologiche specifiche. Per ciascun obiettivo di salute sono enunciati i traguardi da raggiungere e le azioni da privilegiare. I traguardi da raggiungere sono esplicitati in termini generali, con riguardo alla direzione di tendenza da promuovere o da rafforzare, e ove possibile in termini puntuali, con riferimento ai valori da raggiungere a livello nazionale. Tendenze e traguardi sono riassunti nella tabella n. 1 riportata al termine della parte II del presente Piano. La linea base e le fonti a cui fare riferimento per il monitoraggio delle tendenze osservate nel triennio sono indicate contestualmente ai singoli obiettivi. Le azioni enunciate con riguardo ai singoli obiettivi forniscono prime indicazioni circa gli interventi da privilegiare e le attivita' da sviluppare nei piani regionali e aziendali. In virtu' dell'intersettorialita' degli interventi proposti, le azioni funzionali alla realizzazione degli obiettivi di Piano risultano spesso complementari. Pertanto, con riguardo ai singoli obiettivi, sono state indicate le attivita' principali a cui dovranno ispirarsi le azioni, tralasciando l'inserimento (ed evitando la duplicazione) di interventi gia' compresi tra quelli relativi ad altri obiettivi individuati in altre parti del Psn. Ai fini della valutazione delle azioni intraprese, oltre agli indicatori di obiettivo di cui sopra, sono comuni a tutti gli obiettivi due parametri verificabili a livello centrale, regionale e locale, relativi al numero di: - linee guida prodotte, adottate e diffuse, - campagne di prevenzione e informazione realizzate, tenuto conto della numerosita' della popolazione effettivamente raggiunta. Ulteriori precisazioni tecnico-operative sui traguardi da raggiungere, sugli interventi da privilegiare e sugli indicatori da utilizzare per il monitoraggio dei risultati saranno oggetto di successivi documenti di indirizzo, sotto forma di Linee guida, proposte metodologiche e supporti informativi. OBIETTIVO I PROMUOVERE COMPORTAMENTI E STILI DI VITA PER LA SALUTE Numerose condizioni di morbosita', disabilita' e mortalita' prematura possono essere prevenute attraverso l'adozione di modelli comportamentali e stili di vita positivi, socialmente condivisi. Con l'Obiettivo I, il Piano sanitario nazionale 1998-2000 propone di promuovere l'adozione di comportamenti e stili di vita in grado di favorire la salute e di sostenere la diffusione di attivita' di controllo e di riduzione dei fattori di rischio, soprattutto con riguardo ai gruppi sociali piu' svantaggiati, attraverso azioni concernenti: - Alimentazione - Fumo - Alcol - Attivita' Fisica ALIMENTAZIONE Nell'ambito dei fattori in grado di aumentare la capacita' individuale a controllare, mantenere e migliorare lo stato di salute, l'alimentazione riveste un ruolo fondamentale. In particolare, il conseguimento di alcuni standard nutrizionali raccomandati (Linee guida per una sana alimentazione Italiana dell'istituto Nazionale della Nutrizione, 1997) appare in grado di determinare importanti riduzioni nell'incidenza e nella mortalita' per patologie cardio e cerebrovascolari e per tumore del colon-etto, oltre che per numerose altre patologie (diabete, ipertensione, ecc.). Analogamente, la riduzione dell'obesita' e' un importante obiettivo di salute collegato all'alimentazione e all'attivita' fisica. In tale ottica appare necessario promuovere l'adozione di modelli alimentari mediterranei basati principalmente su cibi di origine vegetale, attraverso il perseguimento del seguente obiettivo di carattere generale: L'alimentazione della popolazione italiana dovra' tendenzialmente adeguarsi agli standard nutrizionali ottimali raccomandati dagli organismi scientifici. In particolare, appare prioritario il perseguimento dei seguenti obiettivi specifici. Nella alimentazione della persona adulta, la percentuale di energia derivante dai grassi non deve essere superiore al 30%, quella derivante dai grassi saturi deve essere inferiore al 10%, quella derivante da carboidrati deve essere superiore al 55% e quella derivante da zuccheri deve essere inferiore al 10%. La quantita' di sale da cucina deve essere inferiore ai 6 grammi/die. La prevalenza di persone obese (piu' di 30 di Imc, indice di massa corporea) deve essere ridotta. NEL PERIODO 1990-94 L'INDAGINE DELL'ISTITUTO NAZIONALE DELLA NUTRIZIONE HA RILEVATO I SEGUENTI VALORI: percentuale di energia da grassi totali 35,7% percentuale di energia da grassi di origine animale 13,0% percentuale di energia da carboidrati totali 48,4% percentuale di energia da zuccheri semplici 12,6% percentuale di energia da proteine 15,9% NELL'ANNO 1994 SONO STATE RILEVATE DALL'ISTAT LE SEGUENTI PREVALENZE DI PERSONE OBESE NELLE PERSONE DI 18 ANNI E PIU': uomini 7,5% donne 7,0% A tal fine, vengono indicate le seguenti azioni specifiche, che comprendono provvedimenti nazionali e interventi regionali e locali: - programmi di educazione alimentare mirati a sviluppare un orientamento critico e responsabile nei riguardi dei comportamenti alimentari e a favorire l'adozione di standard nutrizionali sani - interventi di promozione della conoscenza della qualita' dei prodotti alimentari e di verifica della correttezza delle informazioni ai consumatori; - attivita' di promozione della produzione e della diffusione di prodotti consoni ad una corretta alimentazione; - azioni di monitoraggio della ristorazione collettiva, in particolare nei contesti scolastici, lavorativi e di comunita', e di incentivo alla diffusione di proposte alimentari dietetiche. A tal fine sara' elaborato uno specifico Progetto Obiettivo per l'alimentazione e la nutrizione. FUMO Consolidate evidenze scientifiche dimostrano la relazione esistente tra abitudine al fumo di tabacco, esposizione a fumo passivo e stato di salute. E' attribuibile al fumo il 90% delle morti per tumore polmonare, i due terzi delle morti per broncopneumopatia cronica e un quarto delle morti per malattie cardiovascolari. I rischi aumentano in modo proporzionale al crescere del numero di sigarette fumate ma appaiono parzialmente reversibili nel tempo: a 15 anni dall'interruzione dell'abitudine al fumo i rischi di morte degli ex-fumatori si avvicinano a quelli dei non fumatori. Anche l'esposizione passiva al fumo di sigaretta costituisce un importante fattore di rischio; e' stato osservato un aumento della frequenza di tumori polmonari, dell'infarto del miocardio e delle malattie delle vie respiratorie nei soggetti esposti a fumo passivo. Il Psn 1998-2000 propone di perseguire i seguenti obiettivi di carattere generale. La prevalenza di fumatori e la quantita' quotidiana di sigarette fumate devono ridursi. In particolare, appare prioritario il perseguimento dei seguenti obiettivi specifici. La prevalenza di fumatori di eta' superiore ai 14 anni non deve superare il 20% per gli uomini ed il 10% per le donne. Deve tendere a zero la frequenza delle donne che fumano durante la gravidanza. Deve ridursi la prevalenza dei fumatori fra gli adolescenti. NELL'ANNO 1996 SONO STATI RILEVATI DALL'ISTAT I SEGUENTI VALORI NELLE PERSONE DI 14 ANNI E PIU': prevalenza fumatori uomini 34,9% donne 17,6% percentuale ex fumatori uomini 26,9% donne 12,2% numero medio di sigarette fumate al giorno nei fumatori uomini 16 donne 12 A tal fine, vengono indicate le seguenti azioni specifiche, che comprendono provvedimenti nazionali e interventi regionali e locali: - promuovere il rispetto del divieto del fumo nei locali pubblici e negli ambienti di lavoro; - promuovere l'attuazione di interventi di educazione sanitaria, con particolare riferimento alla popolazione in eta' scolare, selezionando rigorosamente gli interventi di cui e' nota l'efficacia; - realizzare campagne mirate a promuovere l'interruzione del fumo fra le donne in gravidanza; - diffondere misure preventive basate sulle prove; - vigilare sulla corretta applicazione dei limiti alla pubblicita' diretta e indiretta; - sostenere azioni volte a favorire la disassuefazione dal fumo, impegnando anche i medici di medicina generale con programmi strutturati di provata efficacia; - promuovere iniziative volte alla limitazione del consumo di tabacco fra i minori di 16 anni. ALCOL L'abuso di alcol e' causa diretta di malattia e uno dei principali determinanti di incidenti. Gli effetti acuti dell'ingestione di quantita' eccessive di alcol possono condurre ad un aumento del rischio di mortalita' o morbosita' per incidenti stradali e domestici e possono minare la sicurezza di condizioni e ambienti di lavoro. L'abuso cronico di alcol ha un ruolo eziologico diretto in alcune patologie specifiche (cirrosi alcolica, sindrome feto-alcolica, psicosi alcolica, ecc.) e favorente in numerose altre. Alla luce delle attuali evidenze scientifiche relative agli effetti di fattori biologici, genetici, ambientali e comportamentali e delle tendenze registrate nel corso degli ultimi anni in Italia (significativa riduzione dei consumi alcolici pro-capite) appare opportuno orientare prioritariamente l'intervento di promozione della salute verso i forti consumatori a piu' alto rischio. Il Psn 1998-2000 propone la realizzazione dei seguenti obiettivi (in riferimento alla situazione rilevata nel 1995). La prevalenza dei consumatori di bevande alcoliche che eccedono i 40 grammi/die di alcol, per i maschi ed i 20 grammi/die di alcol per le donne, dovra' ridursi del 20%. Inoltre, la prevalenza dei consumatori di bevande alcoliche fuori pasto dovra' tendenzialmente ridursi del 30%. NELL'ANNO 1995 SONO STATI RILEVATI DALL'ISTAT I SEGUENTI VALORI NELLE PERSONE DI 14 ANNI E PIU': bevono oltre 1/2 litro di vino al giorno uomini 12,2% donne 1,8% bevono oltre 1/2 litro di birra al giorno uomini 1,9% donne 0,3% bevono alcolici fuori pasto uomini 35,3% donne 10,1% A tal fine, sono indicate le seguenti azioni specifiche, di prevenzione primaria e di promozione della moderazione dei consumi, che comprendono provvedimenti nazionali e interventi regionali e locali: - interventi di regolamentazione della pubblicita' dei prodotti alcolici; - misure di regolamentazione dell'informazione sul contenuto alcolico delle bevande, con esplicito riferimento ai possibili effetti dannosi; - azioni di controllo della qualita' dei prodotti alcolici e di riduzione del grado alcolico delle bevande; - campagne di educazione sanitaria, differenziate per i diversi gruppi di popolazione; - campagne mirate a controllare i consumi alcolici fra le donne in gravidanza e a promuovere l'interruzione del consumo; - sostegno ad iniziative volte alla disassuefazione dall'alcol, impegnando anche i medici di medicina generale con programmi strutturati di provata efficacia; - attivita' di regolamentazione e monitoraggio della distribuzione degli alcolici in ambito collettivo e di comunita'; - misure volte a favorire il rispetto dei limiti di concentrazione ematica di alcol durante la guida; - regolamentazione della vendita di alcolici in coincidenza di manifestazioni sportive e culturali e nelle autostrade; - misure fiscali volte a disincentivare il consumo di alcolici; - promozione di iniziative che limitino la vendita di bevande alcoliche ai minori. Sono inoltre necessarie azioni mirate al miglioramento dell'assistenza e della riabilitazione dei soggetti alcol-dipendenti. ATTIVITA' FISICA Nell'ambito dell'adozione di stili di vita sani l'attivita' fisica riveste un ruolo fondamentale. Il ruolo protettivo dell'esercizio fisico regolare e' stato dimostrato soprattutto nei riguardi delle patologie cardio e cerebrovascolari, ma anche di quelle osteoarticolari e metaboliche. Appare possibile prevedere il perseguimento dei seguenti obiettivi (il riferimento e' alla rilevazione del 1995): La prevalenza di persone (giovani e aduli) che praticano regolarmente (almeno una volta la settimana) attivita' fisico-sportiva nel tempo libero dovra' aumentare in media del 10%, e comunque non meno del 10% fra gli anziani. NELL'ANNO 1995 SONO STATI RILEVATI DALL'ISTAT I SEGUENTI VALORI RELATIVE ALLA PRATICA DI ATTIVITA' FISICO-SPORTIVA UNA VOLTA ALLA SETTIMANA O PIU': uomini 23,2% donne 13,3% uomini 15-19 anni 46,3% donne 15-19 anni 26,0% uomini 65 anni e piu' 4,2% donne 65 anni e piu' 1,1% A tal fine, possono essere indicate le seguenti azioni specifiche, da sviluppare nei piani regionali e aziendali: - iniziative rivolte a promuovere l'attivita' fisica nella popolazione generale; - campagne mirate specificamente a promuovere l'attivita' fisica fra gli anziani; - coordinamento e sviluppo di iniziative, da attivare con il coinvolgimento delle organizzazioni del settore, per la promozione dell'attivita' fisica tra i giovani. OBIETTIVO II CONTRASTARE LE PRINCIPALI PATOLOGIE L'obiettivo II del Psn 1998-2000 si propone di contrastare le principali patologie che colpiscono la popolazione italiana e provocano il maggior carico di morte e disabilita' o malattia prevenibili attraverso interventi di prevenzione primaria e/o secondaria. I criteri adottati per l'individuazione delle aree cruciali di intervento sono: 1. l'importanza della patologia, in termini di mortalita' prematura, di malattia e/o di disabilita' evitabile, 2. la disponibilita' di interventi efficaci di prevenzione primaria o di diagnosi precoce. Le aree cruciali di intervento individuate sono: - Malattie cardio e cerebrovascolari - Tumori - Malattie infettive - Incidenti e malattie professionali. Per le aree di intervento selezionate saranno evidenziati gli interventi di prevenzione primaria e di diagnosi precoce (quando possibili). Miglioramenti nell'assistenza sanitaria potranno sensibilmente contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della mortalita' e della disabilita' nonche' di aumento della qualita' della vita. Le quattro aree di intervento selezionate non esauriscono il quadro delle condizioni cui il Ssn deve far fronte. In un apposito paragrafo sono indicate altre condizioni morbose, che richiedono particolare attenzione, e per le quali sono previsti progetti speciali e normative specifiche ai quali si rimanda. MALATTIE CARDIO E CEREBROVASCOLARI Le patologie del sistema circolatorio sono responsabili del 44% dei decessi registrati in Italia nel 1993. La mortalita' per malattie cardio e cerebrovascolari e' in diminuzione nel periodo 1971-1993. Particolare attenzione meritano le differenze registrate nella incidenza e nella mortalita' in relazione alle diverse aree geografiche e condizioni socioeconomiche dei diversi gruppi di popolazione. I principali fattori di rischio riconosciuti a livello individuale e collettivo per le malattie ischemiche del Cuore e per gli accidenti cerebrovascolari sono l'abitudine al fumo di tabacco, la ridotta attivita' fisica, gli elevati livelli di colesterolemia e di pressione arteriosa. Tali fattori di rischio possono essere influenzati attraverso la modificazione delle abitudini alimentari e dello stile di vita gia' affrontati nell'Obiettivo I del Piano sanitario nazionale 1998-2000. Quando la riduzione dell'esposizione ai fattori di rischio non e' sufficiente, e' necessario ricorrere ad un adeguato trattamento farmacologico dell'ipertensione e dell'ipercolesterolemia. Il Psn 1998-2000 si propone di realizzare i seguenti obiettivi (in riferimento alla situazione della mortalita' del 1993): La mortalita' derivante da malattie ischemiche del cuore dovra' ridursi di almeno il 10%. La mortalita' derivante da malattie cerebrovascolari dovra' ridursi di almeno il 10%. Le diseguaglianze in termini mortalita' fra aree geografiche e fra gruppi sociali dovranno ridursi. La qualita' della vita del paziente affetto da patologie cardio e cerebrovascolari dovra' migliorare. LE STATISTICHE DI MORTALITA' DELL'ISTAT DEL 1993 FORNISCONO I SEGUENTI TASSI DI MORTALITA' (PER 10.000 AB., ETA' 45-74 ANNI): malattie ischemiche del cuore: uomini 23,0 malattie ischemiche del cuore: donne 7,0 malattie cerebrovascolari: uomini 10,0 malattie cerebrovascolari: donne 7,0 A tal fine, vengono indicate le seguenti azioni da sviluppare nei piani regionali e aziendali: a) Interventi finalizzati alla prevenzione nella popolazione generale Gli interventi dovranno essere focalizzati sui benefici derivanti dalla abolizione o dalla riduzione del fumo, dalla adozione di stili di vita caratterizzati da una sana alimentazione e da un aumento dell'attivita' fisica, dal perseguimento di livelli ottimali per quanto riguarda la colesterolemia e la pressione arteriosa. Le azioni potranno avvalersi di campagne di educazione sanitaria e di sensibilizzazione degli operatori sanitari, per il controllo dei fattori di rischio nella popolazione. b) Interventi finalizzati alla prevenzione nelle persone a rischio Gli interventi dovranno essere mirati alla diminuzione dei livelli dei fattori di rischio e alla prevenzione delle complicanze nelle persone gia' affette da una patologia cardiovascolare. Le azioni potranno essere finalizzate a: - l'identificazione e l'assistenza differenziata dei soggetti ad alto rischio, - la produzione, la diffusione e l'adozione di Linee guida per l'assistenza ai soggetti ipertesi e ipercolesterolemici, - l'attivazione di programmi di riabilitazione. TUMORI In Italia i tumori rappresentano circa il 30% delle cause di morte. Le neoplasie del polmone, del colon-retto e dello stomaco sono le cause di morte piu' frequenti fra gli uomini, cui si aggiungono, per le donne, i tumori della mammella e dell'utero. E' possibile stimare in circa 270.000 i nuovi casi di tumore diagnosticati ogni anno in Italia e in circa un milione i pazienti con tumore. Sulla base delle dinamiche registrate tra il 1970 e il 1990, la diminuzione dei tumori dello stomaco e il contestuale incremento dei tumori colorettali e della mammella lasciano prevedere, per il futuro, una stabilizzazione complessiva dei tassi di incidenza dei tumori maligni per gli uomini e un consolidamento della riduzione dei tassi per le donne (pari, nel periodo esaminato, al 7%). La sopravvivenza, a cinque anni dalla diagnosi, e' complessivamente in lieve aumento (in analogia con il resto dell'Europa) e pari, per l'insieme dei tumori maligni, al 40%, con intuibili differenze fra i tumori a prognosi piu' sfavorevole, quali quelli polmonare e gastrico, rispetto a quelli con prognosi piu' favorevole, quali le neoplasie della mammella e dell'utero. Particolare attenzione meritano le differenze registrate nella incidenza, nella sopravvivenza e nella mortalita' per tumori in relazione alle diverse aree geografiche del territorio nazionale e alle differenti condizioni socioeconomiche dei diversi gruppi di popolazione. Numerose evidenze scientifiche documentano i fattori di rischio favorenti l'insorgenza delle neoplasie maligne. I fattori legati al comportamento (fumo e alimentazione) e all'ambiente di vita e di lavoro (inquinamento e esposizione ad alcuni cancerogeni, in particolare amianto, benzene e cloruro di vinile monomero) possono essere direttamente o indirettamente modificati attraverso le attivita' finalizzate alla prevenzione primaria indicate negli Obiettivi I e III del Piano sanitario nazionale 1998-2000. La realizzazione di programmi di screening selettivi e di diagnosi precoce possono contribuire a contrastare specifiche forme di neoplasie. I risultati in termini di mortalita' di questi interventi di prevenzione potranno essere osservati solo nel medio termine, ben oltre i limiti temporali di validita' formale del Piano sanitario nazionale 1998-2000, e comunque nell'ipotesi di azioni costanti e durature. Si ritiene comunque necessario individuare fin d'ora il programma di intervento ed indicare i relativi obiettivi tendenziali, specifici per le diverse neoplasie. Indicazioni operative di settore sono state individuate dalla Commissione Oncologica Nazionale nelle apposite Linee guida pubblicate sulla G.U. del 20 febbraio 1996 (n. 42) e del 1 giugno 1996 (Supplemento Ordinario n. 88). In considerazione delle tendenze dell'incidenza, della mortalita' e della sopravvivenza per tumori e alla luce degli interventi proposti, il Psn 1998-2000 si propone di realizzare i seguenti obiettivi generali: La mortalita' derivante da tumori maligni dovra' ridursi. Le differenze di sopravvivenza relative ai tumori maligni all'interno del territorio nazionale dovranno ridursi. Le diseguaglianze per i principali tumori in termini di incidenza, sopravvivenza e mortalita' tra classi sociali di popolazione dovranno ridursi. La qualita' della vita del paziente oncologico dovra' migliorare. In particolare, con riguardo all'obiettivo di riduzione della mortalita' per tumori, appare possibile il perseguimento dei seguenti obiettivi specifici nella classe di eta' 0-64 anni (in riferimento alla situazione della mortalita' del 1993): - la mortalita' da tumori maligni dovra' essere ridotta del 10% per gli uomini e del 5% perle donne; - la mortalita' derivante da tumore del polmone dovra' essere ridotta del 10% per i maschi e stabilizzarsi per le donne; - la mortalita' derivante da tumore della mammella dovra' essere ridotta del 5%; - la mortalita' derivante da tumore dello stomaco dovra' essere ridotta del 10%; - la mortalita' derivante da tumore del colon-retto dovra' stabilizzarsi; - la mortalita' derivante da tumore della cervice dell'utero dovra' essere ridotta del 10%. LE STATISTICHE DI MORTALITA' DELL'ISTAT DEL 1993 FORNISCONO I SEGUENTI TASSI DI MORTALITA' (PER 10.000 AB., ETA' 0-64 ANNI): tumori maligni: uomini 11,3 donne 7,3 tumore del polmone: uomini 3,7 donne 0,6 tumore della mammella: donne 2,0 tumore dello stomaco: uomini 0,8 donne 0,4 tumore del colon-retto: uomini 0,9 donne 0,7 tumore dell'utero: donne 0,4 Oltre agli interventi di prevenzione primaria sugli stili di vita e sull'ambiente di vita e di lavoro, di cui agli obiettivi di salute I e III del Psn, sono indicate le seguenti azioni da sviluppare nei piani regionali e aziendali: a) Interventi di diagnosi precoce Campagne di screening per la diagnosi precoce e per il controllo periodico dei fattori di rischio. In particolare, risultano efficaci a fronte delle risorse utilizzate i programmi per la diagnosi precoce dei tumori della mammella, del collo dell'utero e, per alcune popolazioni, dell'apparato digerente (in particolare del colon-etto). Sono pertanto da estendere a tutto il territorio nazionale: - lo screening mammografico con periodicita' biennale per le donne tra 50 e 69 anni, per il carcinoma mammario; - lo screening tramite pap test con periodicita' triennale per le donne tra 25 e 64 anni, per il carcinoma del collo dell'utero; - la diagnosi precoce delle patologie tumorali eredo-familiari invasive e preinvasive nei soggetti riconosciuti ad alto rischio, limitatamente alle patologie per le quali la diagnosi precoce si e' dimostrata efficace nel modificare la storia naturale della malattia. Oltre a garantire la valutazione periodica dei livelli di partecipazione da parte della popolazione selezionata, soprattutto dei gruppi meno istruiti e avvantaggiati, i programmi di screening dovranno prevedere: - la predisposizione di Linee guida per la conferma diagnostica dei casi sospetti identificati ed il trattamento tempestivo dei casi confermati; - l'istituzione di un sistema di controllo di qualita' dei programmi di diagnosi precoce. b) Interventi per il miglioramento della qualita' della vita Programmi di intervento dovranno essere attuati per il miglioramento della qualita' della vita dei pazienti affetti da tumore, con particolare riguardo all'umanizzazione dell'assistenza, alla prevenzione delle complicanze e alla riparazione e riabilitazione degli esiti. Le iniziative possono avvalersi dei seguenti interventi: - produzione, diffusione e adozione di Linee guida per l'assistenza ai pazienti oncologici terminali, - attivazione di appropriati programmi di riabilitazione e per la terapia palliativa e del dolore, - diffusione di forme di assistenza domiciliare che favoriscano il concorso della famiglia e della rete sociale del paziente. Va infine promossa la rilevazione della incidenza dei tumori tramite la rete dei Registri Tumori e la realizzazione di stime di incidenza, prevalenza e sopravvivenza per l'intera popolazione italiana MALATTIE INFETTIVE Le malattie infettive continuano a rappresentare un rilevante problema sanitario, nonostante la disponibilita', per molte di esse, di efficaci interventi preventivi e terapeutici. Cio' puo' essere attribuito a molti fattori fra cui: - l'incompleta adozione di misure di provata efficacia, come nel caso della prevenzione di talune infezioni ospedaliere e delle malattie prevenibili mediante vaccini; - le mutate condizioni sociali ed epidemiologiche, che favoriscono il riemergere di malattie in via di eradicazione, quali la tubercolosi; - la comparsa di malattie infettive prima sconosciute e la selezione di germi particolarmente virulenti o resistenti agli antibiotici. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 individua quattro aree prioritarie di intervento: la prevenzione delle infezioni da Hiv; la prevenzione delle infezioni ospedaliere; la prevenzione e il trattamento della tubercolosi; la prevenzione mediante vaccini di quelle malattie per le quali i programmi di vaccinazione presentano un rapporto rischio-beneficio e costo-beneficio favorevole. La prevenzione delle malattie infettive mediante i vaccini e' un intervento di sanita' pubblica caratterizzato da rapporti rischio-beneficio e costo-beneficio con pochi analoghi fra gli interventi sanitari. L'incidenza di infezioni acquisite in ospedale, che in Italia colpisce tra il 5% e il 10% di tutti i pazienti ricoverati, e un importante e sensibile indicatore della qualita' dell'assistenza prestata. Accanto ai tradizionali rischi legati ai problemi di igiene ambientale, particolare rilevanza nella prevenzione delle infezioni ospedaliere assume infatti l'adozione di comportamenti e pratiche professionali e di assetti organizzativi orientati a minimizzare il rischio di trasmissione dell'infezione. La tempestiva identificazione e il trattamento secondo i regimi raccomandati e per il periodo di tempo necessario delle malattie infettive emergenti e riemergenti rappresentano gli interventi piu' efficaci per ridurre il danno individuale nonche' le fonti di infezione ed il rischio di trasmissione nella popolazione. La diffusione di ceppi di microrganismi multiresistenti o resistenti ai farmaci di ultima generazione rappresenta una emergenza sanitaria in tutto il mondo e deve essere attentamente sorvegliata e contrastata con interventi efficaci. Sulla base di tali considerazioni sono definiti i seguenti obiettivi specifici. La copertura vaccinale per la popolazione di eta' inferiore ai 24 mesi, anche immigrata, oltre a quanto gia' previsto dalla normativa vigente in materia di vaccinazioni obbligatorie, dovra' raggiungere almeno il 95% su tutto il territorio nazionale per Morbillo, Rosolia, Parotite, Pertosse, Haemophilus influenzae. La copertura vaccinale contro l'influenza per la popolazione al di sopra dei 64 anni dovra' raggiungere il 75%. Dovranno essere monitorati gli effetti indesiderati di tutte le vaccinazioni. Il virus della Poliomielite dovra' essere eradicato dal territorio nazionale. L'esito del trattamento dei casi di tubercolosi dovra' essere monitorato, dimostrando che il trattamento farmacologico e' stato completato in almeno l'85% dei casi diagnosticati. L'incidenza delle infezioni ospedaliere dovra' ridursi di almeno il 25%, con particolare riguardo a infezioni delle vie urinarie, infezioni della ferita chirurgica, polmoniti post operatorie o associate a ventilazione assistita e infezioni associate a cateteri intravascolari. NELL'ANNO 1995 IL MINISTERO DELLA SANITA' REGISTRA I SEGUENTI TASSI DI COPERTURA VACCINALE NELLA POPOLAZIONE DI ETA' INFERIORE AI 24 MESI DI VITA: morbillo 50% pertosse 40% poliomielite 95% Hemophilus >10% Incidenza infezioni ospedaliere 5%-10% La lotta alle malattie infettive emergenti e riemergenti si realizza attraverso: - la realizzazione di interventi volti alla sensibilizzazione della popolazione e di tutti gli operatori sanitari nei confronti della prevenzione delle malattie infettive e della importanza di una efficace copertura vaccinale; - l'attivazione o l'adeguamento di sistemi di sorveglianza integrati, che includano sistemi di sorveglianza basati sul laboratorio; - l'attivazione di sistemi informativi di rapida allerta, collegati ad analoghi sistemi europei ed extraeuropei; - l'attivazione di sistemi di sorveglianza della farmacoresistenza, con particolare riguardo alla Tbc umana; - l'adozione di politiche dell'uso del farmaco antimicrobico, nel mondo umano e in quello animale, volte a contrastare lo sviluppo di germi antibiotico-resistenti; - la sorveglianza delle infezioni trasmesse da e con alimenti; - il monitoraggio delle zoonosi; - l'attivazione di un programma per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle infezioni in ogni presidio ospedaliero, orientato sia ai pazienti sia agli operatori sanitari. Tale programma rappresenta un criterio di accreditamento della struttura e deve prevedere l'istituzione di un Comitato di controllo delle infezioni ospedaliere, l'assegnazione di specifiche responsabilita' gestionali a personale qualificato e la definizione di politiche di intervento e di protocolli scritti. Particolare attenzione va posta alla sorveglianza e alla prevenzione delle infezioni da Hiv/Aids. Per questo settore, la strategia di intervento e' fissata dall'emanando Progetto Obiettivo Aids 1998-2000. INCIDENTI E MALATTIE PROFESSIONALI Gli incidenti, gli infortuni e le malattie professionali, nonche' le loro conseguenze in termini di costi sociosanitari e di qualita' della vita, costituiscono un problema prioritario per la sanita' pubblica. In questa sezione vengono considerati gli incidenti stradali, gli incidenti domestici, gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali. Incidenti stradali La mortalita' associata agli incidenti stradali rappresenta l'1,5-2% della totalita' dei decessi. Un numero elevato di morti avviene in eta' giovanile: fra gli uomini con meno di quaranta anni gli incidenti stradali costituiscono la prima causa di morte. La morbosita' associata agli incidenti stradali e' rilevante, cosi come la frequenza di disabilita' residue. Il Psn si propone i seguenti obiettivi (in riferimento alla situazione relativa al 1993). La mortalita' derivante dagli incidenti stradali dovra' essere ridotta in media del 20% e comunque non meno del 20% nella fascia di eta' tra i 15 e i 24 anni. Le menomazioni gravi permanenti conseguenti a incidenti stradali dovranno ridursi. LE STATISTICHE DI MORTALITA' DELL'ISTAT DEL 1993 FORNISCONO I SEGUENTI TASSI DI MORTALITA' (PER 100.000 ABITANTI) PER INCIDENTI STRADALI: tutte le eta' uomini 23,7 donne 6,5 15-24 anni uomini 40,9 donne 8,9 Oltre agli interventi sugli stili di vita di cui all'Obiettivo I del Psn, sono indicate le seguenti azioni prioritarie: - aumentare l'utilizzo del casco da parte degli utenti di veicoli a motore a due ruote; - aumentare gli standard di sicurezza dei veicoli e diffondere l'uso corretto dei dispositivi di sicurezza (cinture e seggiolini); - migliorare le condizioni di viabilita' (segnaletica stradale, illuminazione, condizioni di percorribilita', ecc.) nelle zone ad alto rischio di incidenti stradali, - favorire la guida sicura, attraverso interventi per il rispetto dei limiti di velocita' e per ridurre la guida in stato di ebbrezza, in particolare nelle ore serali e notturne; - potenziare i trasporti pubblici. Incidenti domestici Gli incidenti domestici rappresentano un fenomeno di grande rilevanza nell'ambito dei temi legati alla prevenzione degli eventi evitabili. Le persone tendono ad associare situazioni di rischio di infortunio prevalentemente ai luoghi di lavoro e ai mezzi di trasporto. L'ampiezza del fenomeno degli infortuni in ambiente domestico deve peraltro rendere consapevole la collettivita' che le mura domestiche rappresentano un ambito di sicurezza solo se sono rispettate condizioni di corretto utilizzo degli spazi e degli oggetti. Particolare attenzione deve essere dedicata agli incidenti che coinvolgono gli anziani, soprattutto quelli istituzionalizzati. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 si pone i seguenti obiettivi generali. Il numero di infortuni domestici dovra' ridursi. In particolare, dovra' diminuire l'entita' del fenomeno nelle categorie piu' a rischio, specificamente i bambini e gli anziani. LE STATISTICHE DI MORTALITA' DELL'ISTAT DEL 1993 FORNISCONO I SEGUENTI TASSI DI MORTALITA' PER INCIDENTI NON STRADALI PER 100.000 ABITANTI: tutte le eta' uomini 22,8 donne 24,8 eta' 0-5 anni uomini 4,0 donne 3,6 eta' 65 anni e piu' uomini 94,8 donne 122,7 N.B.: SI STIMA CHE CIRCA LA META' DEGLI NCIDENTI AVVENGA IN CASA O NELLE PERTINENZE (INCIDENTI DOMESTICI). Possono essere indicate le seguenti azioni da privilegiare nella definizione dei piani di intervento: - incentivazione delle misure di sicurezza domestica strutturale ed impiantistica e di requisiti di sicurezza dei complementi di arredo e dei giocattoli; - predisposizione di programmi intersettoriali volti a favorire l'adattamento degli spazi domestici alle condizioni di disabilita' e di ridotta funzionalita' dei soggetti a rischio; - sviluppo di campagne finalizzate all'informazione e alla sensibilizzazione nei confronti dei rischi presenti negli spazi domestici, rivolte particolarmente alle categorie piu' "a rischio"; - costruzione di un sistema di sorveglianza epidemiologica del fenomeno infortunistico e individuazione di criteri di misura degli infortuni domestici. Incidenti sul lavoro La salute e il benessere nei luoghi di lavoro costituiscono gli obiettivi prioritari da raggiungere per assicurare lo sviluppo di attivita' lavorative sicure, produttive e competitive. Sebbene questo convincimento sia ampiamente consolidato in tutti i paesi industrializzati e gli sforzi intrapresi in questa direzione risultino significativi, il numero degli eventi dannosi che si verificano nei luoghi di lavoro rimane ancora elevato. In Italia, il fenomeno infortunistico, pur in leggera flessione, risulta ancora troppo consistente per non rappresentare un motivo di forte preoccupazione. Secondo i dati di fonte INAIL, gli infortuni avvenuti nel 1996 sono oltre 630 mila di cui 1.081 mortali. I settori a piu' alto rischio di infortunio sono l'agricoltura, l'edilizia, i trasporti, l'industria estrattiva e del legno. Nell'ambito della popolazione infortunata, 4 infortuni su 100 riguardano, nel settore industriale, lavoratori con eta' inferiore o uguale a 18 anni, mentre nel settore agricolo, 15 infortuni su 100 coinvolgono addetti con piu' di 60 anni e in 29 casi su 100 colpiscono le donne. Il quadro statistico risulta peraltro sottostimato poiche' non comprende alcune aree lavorative non assicurate dall'INAIL e non tiene conto del fenomeno sommerso. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi generali. La frequenza degli infortuni sul lavoro dovra' ridursi del 10%. In particolare, dovra' ridursi la frequenza nei settori produttivi a maggior rischio e per gli infortuni piu' gravi. CASI DI INFORTUNIO PER MILIONE DI ORE LAVORATE (1996; INAIL, ISPESL): agricoltura totale 38,8 di cui: inabilita' permanente o morte 2,5 industria totale 22,7 di cui: inabilita' permanente o morte 1,0 Le strategie d'intervento volte a limitare il fenomeno infortunistico dovrebbero privilegiare: - il potenziamento ed il coordinamento di tutte le attivita' di prevenzione e vigilanza svolte dagli organismi istituzionali interessati; - la piena applicazione del D.Lgs. 626/94 e successive modificazioni e l'immediata emanazione di tutti i decreti attuativi previsti dallo stesso dispositivo di legge; - la promozione di iniziative che favoriscano la circolazione dell'informazione, la formazione e l'aggiornamento dei principali soggetti della prevenzione; - i processi di verifica della qualita' e dell'efficacia delle azioni preventive attuate; - la costruzione di sistemi di sorveglianza epidemiologica orientati alla prevenzione (con particolare attenzione all'organizzazione del lavoro) che consentano di monitorare il fenomeno infortunistico e di evidenziare le modalita' e le cause degli eventi dannosi. Azioni specifiche, da parte delle Regioni e delle Aziende sanitarie interessate, dovranno essere sviluppate relativamente alle "Grandi opere" che si attueranno nel triennio di validita' del Piano (Alta velocita', Opere per il Giubileo), anche con un adeguato monitoraggio degli infortuni e degli interventi di prevenzione messi in atto. Malattie professionali Il numero delle malattie professionali denunciate, pur in diminuzione, oscilla intorno a 30.000 casi all'anno, mentre quelle riconosciute si aggirano intorno a 6.000 casi l'anno. I settori industriali maggiormente coinvolti sono il metallurgico, le costruzioni, il minerario, il chimico, il tessile ed i trasporti. Le patologie di piu' frequente riscontro sono, nell'industria, l'ipoacusia da rumore, le malattie cutanee, le pneumoconiosi e le malattie osteo-articolari e, in agricoltura, l'asma bronchiale, l'ipoacusia da rumore e le alveoliti allergiche. Tuttora poco conosciuto e' il settore delle patologie correlate con il lavoro, associate frequentemente alla organizzazione del lavoro e ai carichi di fatica, fisica o mentale. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi generali. Il numero delle malattie professionali e delle patologie correlate al lavoro deve diminuire. NUMERO DI MALATTIE PROFESSIONALI DENUNCIATE NEL 1996 SECONDO L'INAIL E L'ISPESL: agricoltura 972 industria e terziario 30.821 totale 31.793 A tal fine, possono essere indicate le seguenti azioni da sviluppare nei piani regionali e aziendali: - potenziamento e razionalizzazione delle attivita' di formazione degli addetti alla vigilanza e controllo; - realizzazione di un'informazione continua e completa nei confronti dei lavoratori; - monitoraggio di parametri indicativi e realizzazione di una funzionale rete di epidemiologia occupazionale; - perseguimento della piena realizzazione dell'adeguamento alle esigenze di prevenzione e sicurezza sancite dalla recente normativa di settore; - perseguimento sanzionatorio e giudiziario delle inadempienze alla legge; - interventi volti a migliorare la qualita' e la completezza delle rilevazioni sulle malattie professionali e a sviluppare indagini sulle patologie correlate con il lavoro. Altre patologie di particolare rilievo sociale Oltre alle quattro aree di intervento gia' indicate nei paragrafi precedenti (malattie cardio e cerebrovascolari, tumori, malattie infettive, incidenti e malattie professionali), altre condizioni morbose rientrano nel quadro delle patologie cui va riconosciuto carattere di particolare rilievo sociale. Per alcune condizioni morbose sono gia' disponibili, o in via di definizione, provvedimenti normativi e documenti di indirizzo di carattere generale volti a precisare, per ciascun ambito, gli obiettivi da raggiungere, gli interventi da privilegiare e le indicazioni di ordine organizzativo. Ci si riferisce in particolare a: - diabete mellito, patologia per la quale il Piano si impegna a favore del continuo miglioramento e della costante verifica della qualita' dell'assistenza, anche in relazione alla normativa esistente in tema di prevenzione e cura (l. 115/1987), - fibrosi cistica (interventi di prevenzione e cura, legge 548/1993), errori metabolici congeniti e morbo celiaco (assistenza sanitaria integrativa, D.M. 1.7.1982). Meritano specifica attenzione, in quanto importanti cause di invalidita', altre condizioni morbose rappresentate da: - malattie reumatiche croniche, soprattutto nelle torme gravi che colpiscono l'eta' giovanile e adulta; - malattie allergiche, specialmente in eta' pediatrica nelle forme respiratorie; - malattie dell'apparato cardio-respiratorio, con particolare riguardo all'asma bronchiale e alla bronchite cronica; - malattie del sistema nervoso centrale, sia acute sia cronico-degenerative; - nefropatie, soprattutto nelle forme che esitano in insufficienza renale con conseguente necessita' di emodialisi o di dialisi peritoneale; - disturbi del comportamento alimentare, anoressia e bulimia nervosa; - malattie dell'apparato digerente, specificamente nelle forme croniche e, in particolare, le epatopatie di origine virale. Per tali condizioni il Piano Sanitario Nazionale prevede la elaborazione e la diffusione di apposite Linee guida, secondo i criteri di priorita' e la metodologia discussi nell'apposito capitolo. Nel quadro delle patologie di rilevanza sociale, va inoltre considerata con particolare attenzione la fascia di popolazione dei portatori di handicap (cui si riferiscono specifiche disposizioni: legge 5.2.1992, n. 104, legge 27.10.1993, n. 423). Si tratta di soggetti destinati a convivere con una limitazione spesso rilevante della propria autonomia funzionale ed esposti al rischio di possibili ulteriori involuzioni, da contrastare con interventi di prevenzione di secondo e terzo livello. Va osservato infine come l'intero ambito delle malattie di rilevanza sociale si caratterizzi in funzione dell'importanza che assumono gli interventi di carattere preventivo, soprattutto quelli diretti a modificare comportamenti e stili di vita (di cui agli Obiettivi I e III del Psn), gli interventi di riabilitazione (di cui all'Obiettivo V) e gli interventi di integrazione sociosanitaria (di cui alla parte II del Psn sulle strategie di cambiamento). OBIETTIVO III MIGLIORARE IL CONTESTO AMBIENTALE Qualsiasi contaminante presente nell'ecosistema interagisce con gli organismi viventi. L'attivazione del processo finalizzato al mantenimento e al miglioramento della salute non puo' pertanto prescindere dalla valutazione dei determinanti ambientali. In particolare la qualita' dell'aria, dell'acqua, degli alimenti e dell'ambiente in toto riveste un ruolo determinante. La qualita' dell'ambiente dipende sostanzialmente dai modelli di vita e di produzione dei beni in essere sul territorio; essa quindi e' direttamente orientata dalle scelte di governo del sistema. Gli elementi descrittivi del sistema non sono attualmente sufficientemente conosciuti; ancor piu', mancano informazioni sulle correlazioni tra tali elementi - allorche' rappresentano fattori di rischio - e lo stato di salute della popolazione. Anche utilizzando le informazioni derivanti dalle esperienze acquisite, occorre in via prioritaria colmare il debito informativo. La pluralita' di soggetti coinvolti e la multisettorialita' degli approcci necessari prospettano attivita' di medio e lungo termine ed investono competenze e risorse che non possono essere limitate a quelle sanitarie. Nell'ambito di un progetto nazionale per la salute appare dunque opportuno privilegiare le attivita' destinate al monitoraggio ambientale con riguardo alle situazioni definite ad elevato rischio e alle fasce piu' deboli di popolazione. Anche in relazione alla complessita' di interventi richiesti ed alle conoscenze del territorio acquisite, e' indispensabile realizzare un sistema di connessione a rete tra i diversi soggetti impegnati nel settore (Dipartimento di Prevenzione Aziendale, PMP o ARPA, ANPA e altre istituzioni) al fine di promuovere ogni possibile sinergia e di evitare indesiderate ridondanze. La creazione di tale network permette tra l'altro di impostare correttamente la valutazione del rischio per la salute connessa alle matrici ambientali e la sua conseguente gestione. In tal senso e' indispensabile valutare con opportuni modelli l'impatto di un inquinante sull'ecosistema, censire i punti o i fattori di rischio e graduarne il rilievo, valutare la popolazione coinvolta e la durata dell'esposizione e le correlazioni comunque intercorrenti, onde accertare i riflessi sanitari e l'eventuale entita' del danno. Solo sulla base della valutazione effettuata e' possibile gestire l'ipotetico rischio individuando, ove necessario, le possibilita' di intervento (economico, giuridico, amministrativo, tecnico, ecc.). ARIA L'inquinamento atmosferico urbano - derivante da traffico veicolare, dai sistemi di riscaldamento o da sistemi di produzione industriale - e' un importante fattore di rischio per la salute per il quale non si dispone di valutazioni epidemiologiche esaustive. E' stato stimato che l'inquinamento atmosferico di tipo urbano riveste un ruolo nell'eziologia del tumore polmonare valutabile in un eccesso di rischio fino al 33% per gli abitanti delle aree metropolitane, indipendentemente dall'abitudine al fumo di tabacco. Persistono, tuttavia, incertezze nelle stime del rischio di tumori potenzialmente attribuibili all'inquinamento. E' stata descritta in modo coerente la relazione tra concentrazione ambientale di inquinanti, che si registrano in molte aree italiane, ed aumento della morbosita' e della mortalita', specie per cause respiratorie. In particolare, gli inquinanti ambientali provocano un danno respiratorio cronico, inducono un aggravamento dei sintomi di asma bronchiale, aumentano il ricorso all'assistenza sanitaria, compresa l'ospedalizzazione, aumentano la probabilita' di morte in soggetti gia' affetti da patologie invalidanti. Tra i diversi fattori di inquinamento dell'aria meritano attenzione, per il potenziale di rischio per la salute che rappresentano, le polveri, specie le piu' fini e piu' facilmente respirabili, l'anidride solforosa, l'ossido di carbonio, gli ossidi di azoto, il benzene e l'amianto nonche' l'ozono, inquinante fotochimico il cui impatto sanitario non e' ancora stato valutato in modo esaustivo. Infine, va sottolineata l'importanza della qualita' dell'aria negli ambienti confinati quale determinante dello stato di salute; in particolare, l'inquinamento da fumo di tabacco e la contaminazione da radon sono trattati nei capitoli specifici (Fumo e Radiazioni). Sulla base di tali considerazioni, pur in presenza di difficolta' nella definizione di obiettivi specifici, e' indispensabile indicare alcune azioni prioritarie per il miglioramento della qualita' dell'aria atmosferica. Nel triennio 1998-2000, dovranno essere prioritariamente realizzate le seguenti iniziative volte alla riduzione dell'inquinamento atmosferico: - regolamentazione della circolazione e riduzione del traffico veicolare privato nelle aree urbane; - adozione di politiche dei trasporti basate sull'utilizzo di fonti energetiche alternative e riorientamento del traffico commerciale verso il trasporto su rotaia o marittimo; - incremento dell'uso di marmitte catalitiche a tre vie; - sensibilizzazione della popolazione all'uso razionale delle fonti energetiche finalizzate al trasporto e al riscaldamento; - sviluppo di tecnologie per la riduzione delle emissioni industriali, veicolari e domestiche; - controllo rigoroso delle perdite di volatili organici in prossimita' dei complessi industriali, in particolare raffinerie e deposti di carburante; - trasformazione dei sistemi di riscaldamento domestico e collettivo al fine di utilizzare combustibili meno inquinanti. ACQUA La valutazione degli aspetti di salute legati alla qualita' dell'acqua e' possibile sulla base di tre indicatori sintetici: la disponibilita' in natura di riserve d'acqua destinabili all'uso potabile adeguate per qualita', quantita' e accessibilita'; l'efficienza e il grado di penetrazione della rete degli acquedotti; le modalita' di smaltimento e di depurazione delle acque reflue. Analogamente a quanto avviene per l'aria, le informazioni disponibili sullo stato delle acque sono frammentarie e non sempre affidabili. Nonostante l'elevata capacita' dei depuratori attivi in Italia, solo per una parte della popolazione le acque reflue risultano adeguatamente depurate. La quantita' di carico non depurato e riversato direttamente nei corpi idrici, equivalente a migliaia di tonnellate di materiale organico raccolto dal Mediterraneo ha un impatto qualitativamente intuibile sull'ecosistema e sulla balneazione delle acque. Un'adeguata disponibilita' di acqua potabile e' un traguardo da raggiungere per una parte della popolazione, in particolare nelle isole e nel meridione. La presenza, infine, di contaminanti, chimici o biologici, puo' essere responsabile di condizioni morbose che, in funzione dell'uso finale delle acque, puo' compromettere lo stato di salute di qualche area di popolazione. Le nuove acquisizioni tecnico scientifiche stanno portando ad una migliore puntualizzazione dei contaminanti da eliminare puntualmente. In funzione di tali considerazioni e' possibile individuare i seguenti obiettivi. Entro l'anno 2000, la disponibilita' di acqua potabile per abitante dovra' essere incrementata, laddove carente, e dovra' aumentare la percentuale di popolazione servita da acquedotto. Particolare attenzione dovra' essere rivolta alle situazioni in cui la distribuzione, l'erogazione o le caratteristiche (organolettiche, chimiche o biologiche) delle acque ne limitano o ne ostacolano l'uso alimentare e civile, anche attraverso processi di razionalizzazione ed integrazione delle reti (anche accelerando la realizzazione dei bacini ottimali di utenza) che privilegino la tutela della qualita' e la lotta alle perdite e agli sprechi. Entro l'anno 2000 dovranno essere incrementate le attivita' di tutela delle acque dai processi di contaminazione urbana e industriale; in particolare dovra' essere incrementato l'avviamento alla depurazione dei carichi inquinanti depurabili (contaminanti chimici, carico organico, fosforo, ecc.) non depurati e ridotta la quantita' dei reflui non depurati riversati direttamente nei corpi idrici. ALIMENTI Il ruolo esercitato dagli alimenti e dal regime alimentare sullo stato di salute e' documentato da numerose osservazioni. Della riduzione del rischio dietetico legato all'adozione di abitudini alimentari basate sull'osservanza dei livelli nutrizionali raccomandati si tratta nel paragrafo relativo all'alimentazione. Appare tuttavia opportuno completare l'analisi con gli aspetti relativi alla qualita' degli alimenti. Il processo di salubrita' degli alimenti ha inizio al livello della produzione agricola, prosegue nella fase della lavorazione e della trasformazione industriale, in quella della distribuzione e della conservazione e si completa al livello del consumatore, nelle fasi della preparazione, cottura e somministrazione. L'irregolarita' o l'inadeguatezza in una qualsiasi delle diverse fasi comporta una maggiore probabilita' di rischio per la salute. La possibile presenza negli alimenti di contaminanti di varia natura puo' avere, infatti, implicazioni sullo stato di salute con effetti negativi che in alcuni casi si possono manifestare a distanza di anni. Effetti negativi a breve termine si verificano a seguito di una contaminazione microbiologica degli alimenti, avvenuta nel corso della produzione o durante la conservazione, che puo' determinare episodi di tossinfezione alimentare. Per quanto inferiore rispetto alla media europea, il numero di tossinfezioni alimentari e', nel nostro Paese, in continuo aumento. Il 90% di tali tossinfezioni e' dovuto alle infezioni da Salmonella e, fra queste, risulta in gran parte responsabile S. enteritidis. Al fine di migliorare la qualita' igienica degli alimenti appare fondamentale un'armonizzazione dell'attivita' di controllo esercitata dalle autorita' sanitarie con l'attivita' di prevenzione derivante dall'autocontrollo svolte sull'intera filiera alimentare, dal produttore al consumatore finale. Per il prossimo triennio, appare realistico indicare i seguenti obiettivi. Entro l'anno 2000 l'incidenza delle malattie causate da e con alimenti dovra' ridursi; contemporaneamente, dovra' essere potenziato il sistema di sorveglianza continua. Nel triennio 1998-2000, dovranno essere privilegiate le attivita' rivolte alla salvaguardia della sicurezza e integrita' dei prodotti alimentari e allo sviluppo della loro qualita' complessiva mediante: - l'attuazione e il coordinamento di programmi di verifica della qualita' igienico-sanitaria del prodotto; - il monitoraggio della qualita' igienico-sanitaria del prodotto somministrato in ambito di ristorazione pubblica e collettiva; - la raccolta sistematica dei dati di contaminazione radioattiva degli alimenti - dopo piu' di dieci anni dalle ricadute radioattive legate all'incidente di Chernobyl - ai fini della determinazione di un livello zero nel caso di nuovi possibili incidenti su base locale, nazionale o transfrontaliera; - l'attuazione e la verifica dell'attivita' di autocontrollo da effettuare su tutta la filiera alimentare, ivi compresa la ristorazione; - l'attivazione di sistemi di sorveglianza delle tossinfezioni alimentari con adeguate indagini epidemiologiche su ogni episodio; - la sensibilizzazione degli operatori che partecipano al processo di produzione alimentare rispetto agli effetti delle loro azioni o omissioni sulla qualita' degli alimenti; - la formazione ed educazione degli operatori che provvedono alla manipolazione o alla preparazione degli alimenti, soprattutto nell'ambito delle comunita'. RADIAZIONI L'esposizione a sorgenti di radiazioni comporta il rischio di insorgenza di manifestazioni patologiche, sia a breve sia a lungo termine. E' opportuno distinguere tra radiazioni ionizzanti (sostanze radioattive e macchine radiogene) e radiazioni non ionizzanti (campi elettromagnetici a bassa e alta frequenza), in relazione alla diversita' delle caratteristiche di natura fisica e delle modalita' di interazione con l'organismo vivente. In entrambi i casi, gli effetti sulla salute a lungo termine (sviluppo di neoplasie) rivestono maggiore rilevanza. Radiazioni ionizzanti Le principali fonti di esposizione a radiazioni ionizzanti per la popolazione sono rappresentate da: - la presenza di radon negli ambienti chiusi. Il radon si presenta in forma gassosa e, pertanto, viene inalato: si stima che sia responsabile del 5% - 20% dei tumori polmonari; - l'utilizzazione di radioisotopi o di macchine radiogene in ambito medico. A tale riguardo, la legislazione vigente prevede adempimenti in materia di formazione e qualificazione degli operatori del settore, di controlli di qualita' delle apparecchiature, nonche' di adeguamento delle apparecchiature stesse a criteri minimi di accettabilita'; - la presenza nelle matrici ambientali di radioisotopi artificiali provenienti da impianti nucleari a seguito di incidenti. Al riguardo si evidenzia come in quasi tutte le Regioni sia stato attuato un sistema di controllo della radioattivita' ambientale. Oltre alla necessita' di intensificare la ricerca scientifica nel settore delle radiazioni ionizzanti, gli obiettivi realisticamente perseguibili nel contesto italiano riguardano: - la riduzione del rischio di tumore polmonare derivante dall'esposizione a radon, mediante la riduzione della sua concentrazione nelle abitazioni ed in altri luoghi chiusi. Il problema deve essere affrontato mediante l'individuazione delle situazioni con concentrazione di radon piu' elevata e delle relative fonti di provenienza, la predisposizione di norme specifiche, lo studio degli interventi correttivi, la corretta informazione della popolazione e la definizione di obiettivi formativi delle categorie professionali interessate; - la riduzione del rischio associato all'esposizione a radiazioni ionizzanti per le persone sottoposte ad indagini cliniche di radiodiagnostica e di medicina nucleare, mediante la riduzione degli esami non necessari (anche con campagne di educazione sanitaria), l'adozione di adeguati programmi di assicurazione di qualita' e la sostituzione degli apparati obsoleti; - la raccolta sistematica, per quel che concerne la contaminazione radioattiva di matrici ambientali a seguito di incidenti nucleari, dei dati anche per le finalita' illustrate nel precedente capitolo concernente gli "Alimenti". Radiazioni non ionizzanti In tale ambito rivestono particolare rilevanza: - le radiazioni ultraviolette UV per la loro accertata cancerogenicita' e per l'inevitabile esposizione alla sorgente naturale costituita dalla radiazione solare. Tale esposizione comporta infatti il rischio di induzione di tumori cutanei ed altri effetti a breve e lungo termine, in dipendenza della durata dell'esposizione, del momento nella giornata e dell'uso di mezzi protettivi; - i campi elettrici e magnetici a frequenza industriale ed i campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde i quali, a causa della crescente diffusione delle relative sorgenti, costituiscono un rischio di effetti a breve termine connesso con l'esposizione a campi a 50 Hz di intensita' molto elevata, attualmente ben documentato. Gli effetti a lungo termine, invece, sono tuttora oggetto di approfondimento scientifico. Oltre alla necessita' di intensificare la ricerca scientifica in tale settore, soprattutto per gli effetti a lungo termine, gli obiettivi realisticamente perseguibili nel contesto italiano sono i seguenti: - la riduzione del rischio connesso con l'esposizione alle radiazioni ultraviolette, sensibilizzando la popolazione ad adottare opportune e non onerose modifiche delle abitudini di vita che non impediscono le attivita' ricreative e sportive all'aperto; - la prevenzione degli effetti a breve termine dei campi a 50 Hz e dei campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, mediante la definizione normativa di limiti di esposizione, nonche' tutela da eventuali effetti a lungo termine sulla base di un principio cautelativo tramite l'adozione di 'obiettivi di qualita'' da raggiungere in un certo arco di tempo in modo differenziato per diversi scenari di esposizione; - l'informazione corretta e completa della popolazione su tale problematica. RIFIUTI La produzione di rifiuti solidi urbani ed il relativo smaltimento rientrano tra le emergenze ambientali dei Paesi a piu' elevato sviluppo economico. Il rischio per la salute si manifesta quando risultano assenti o inadeguati i processi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e smaltimento finale dei rifiuti, nonche' quando lo smaltimento non rispetta norme sanitarie rigorose. La potenzialita' degli impianti autorizzati per un idoneo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e' insufficiente rispetto alle necessita'; notevoli disomogeneita' sono presenti sul territorio. Sebbene il maggior rischio ambientale dello smaltimento in discarica sia rappresentato dal rilascio di sostanze chimiche potenzialmente inquinanti, non insignificanti appaiono le emissioni globali di ossido di azoto e di composti organici volatili di difficile contenimento per i processi chimici, fisici e biologici che si susseguono in modo incontrollato. Per gli impianti di incenerimento il comparto maggiormente coinvolto e' l'aria e, per fenomeni di "fall-out", il suolo. Desta preoccupazione la produzione di rifiuti speciali (in particolare di quelli pericolosi) per i quali una costante attivita' di monitoraggio ambientale e' richiesta al fine di evitare fenomeni di disseminazione non controllata. Tenuto conto dell'estrema complessita' del problema, delle difficolta' nell'identificazione del rischio attribuibile alla tossicita' o all'esposizione ad ogni singolo agente e nella definizione di obiettivi specifici, appare possibile proporre alcune linee di intervento mirate alla prevenzione dei danni: - ridurre i rifiuti urbani solidi da avviare a smaltimento (attraverso la raccolta differenziata, il recupero di materiali riutilizzabili e la trasformazione in prodotti combustibili); - incrementare la qualita' della sicurezza dei processi di raccolta, trasporto stoccaggio trattamento e smaltimento finale dei rifiuti; - incrementare la raccolta differenziata in contenitori T/F (Toxic/Flammable) di prodotti tossici e/o pericolosi e attivare servizi mobili e centri di raccolta fissa sul territorio; - incrementare le attivita' di monitoraggio e di tutela ambientale relative all'individuazione delle discariche abusive e attivare operazioni di bonifica ambientale; - incrementare la capacita' di smaltimento dei rifiuti industriali; - favorire l'innovazione aziendale e tecnologica per minimizzare la formazione di rifiuti. OBIETTIVO IV RAFFORZARE LA TUTELA DEI SOGGETTI DEBOLI GARANZIE DI ASSISTENZA PER I DEBOLI I soggetti che non dispongono di adeguate abilita' sociali sono spesso portatori di bisogni complessi e chiedono al sistema sanitario capacita' di fare sintesi sui loro problemi e di agire in modo unitario per soddisfarli. Sono soggetti deboli tutti coloro che, trovandosi in condizioni di bisogno, vivono situazioni di particolare svantaggio e sono costretti a forme di dipendenza assistenziale e di cronicita'. Sono ad alto rischio i disabili con un reddito al di sotto della soglia di poverta' che necessitano di un intervento programmato, continuativo e integrato. Particolare attenzione va anche riservata all'anziano disabile e alle persone nella fase terminale della vita. Obiettivo fondamentale del Psn 1998-2000 e' introdurre nel sistema sanitario condizioni di maggiore equita' nella erogazione dei servizi alle diverse categorie di popolazione in condizione di bisogno. In particolare, va evito il rischio di assecondare aree privilegiate di bisogno e di utenza, quando non giustificato da necessita' assistenziali e da priorita' etiche, evitando vantaggi competitivi per chi sa meglio rappresentare i propri bisogni. A tal fine va incrementato l'utilizzo di metodi di valutazione interprofessionale del bisogno e va incentivato l'orientamento a formulare diagnosi globali, evitando di settorializzare gli interventi. Gli standard di struttura vanno correlati a standard di processo idonei a garantire qualita' di assistenza ed esigibilita' dei diritti dei soggetti svantaggiati. Per una maggiore tutela dei soggetti deboli, le Regioni evidenziano le condizioni di grave emarginazione presenti nel territorio ed elaborano progetti finalizzati a contrastare le diseguaglianze di accesso ai servizi. Il distretto e l'integrazione tra le professioni sono condizioni operative necessarie per produrre diagnosi e valutazioni multidimensionali, selezionando risposte appropriate con riferimento alle diverse condizioni di bisogno. A questo scopo la personalizzazione degli interventi deve tenere conto del livello di non autosufficienza e della non disponibilita' di risorse (economiche, personali, familiari, comunitarie o di altra natura). Va inoltre perseguita una sistematica riduzione degli sprechi di risorse derivanti dalle cronicita' evitabili, adottando soluzioni che rispondano a criteri di efficacia, economicita' e umanizzazione. Anche per questo, i ricoveri nelle strutture sono giustificabili solo quando non siano praticabili altre forme di intervento di natura ambulatoriale, intermedia e domiciliare. In questa sezione sono considerati alcuni particolari gruppi di soggetti deboli: gli stranieri immigrati, i tossicodipendenti, i malati mentali, i bambini e gli adolescenti, gli anziani che presentano specifiche esigenze di tutela e i malati terminali. Per quanto riguarda la salute dei soggetti di cui a specifici progetti obiettivo, Linee guida e documenti di approfondimento, si rinvia a quanto contenuto nei singoli documenti oggetto di definizione in altra sede e sinteticamente richiamati nei paragrafi successivi. STRANIERI IMMIGRATI Gli extracomunitari regolarizzati presenti nel nostro Paese sono, secondo dati del Ministero degli Interni aggiornati al 1997, poco meno di un milione di unita', di cui il 10% proveniente da paesi sviluppati e il resto da paesi in via di sviluppo e dall'Europa dell'Est. Nell'ultimo decennio, il numero di immigrati legali e' aumentato ad un ritmo di circa l'8% all'anno; nell'ultimo anno l'incremento e' stato del 13%. La componente migratoria irregolare e clandestina, spesso a maggior rischio per la salute, e' stimabile tra le 200 e le 300 mila unita'. Numerosi fattori epidemiologici e condizioni socioeconomiche rendono lo stato di salute degli immigrati stranieri meritevole di una particolare tutela. Oltre alle condizioni che minacciano la salute di tutti i soggetti deboli e che colpiscono in modo particolare questa fascia di popolazione (alimentazione, abitazione, lavoro e socialita' inadeguati e insicuri), si devono tener presenti fattori peculiari che svolgono un ruolo particolare nei confronti della salute degli immigrati legati al quadro epidemiologico del paese di origine e ad aspetti culturali (difficolta' di comunicazione e di inserimento sociale), psicologici (lontananza dagli affetti, mancanza di supporto psico-familiare, rischio di fallimento del progetto migratorio) e di discriminazione nell'accesso ai servizi. Il fenomeno migratorio interessa principalmente persone selezionate, di eta' giovanile e in buona salute. Mentre dunque il rischio infettivo per la popolazione italiana per trasferimento di agenti infettanti da paesi ad alta endemia e' ridotto e controllabile, specifici problemi originati nel paese di partenza possono trovare nel paese di destinazione condizioni di aggravamento che interessano soprattutto la popolazione di recente immigrazione. Un esempio e' rappresentato dalla tubercolosi, in quanto gli immigrati provengono frequentemente da paesi in via di sviluppo e da zone ad alta prevalenza tubercolare. Mentre il rischio di evoluzione della malattia e' elevato per gli immigrati, il rischio di contrarla e' - per la popolazione italiana - minimo, anche per le diverse condizioni di vita. Atteggiamenti e comportamenti nei confronti dei servizi sanitari derivanti dalle tradizioni culturali dei paesi di origine, oltre che dalle forme di accoglienza nel nostro Paese, possono influenzare l'efficacia e la tempestivita' della risposta assistenziale, riducendo l'effettiva accessibilita' ai servizi da parte delle popolazioni immigrate. Il Psn 1998-2000 pone i seguenti obiettivi da raggiungere entro il triennio. L'accesso all'assistenza sanitaria deve essere garantito a tutti gli immigrati, secondo la normativa vigente, in tutto il territorio nazionale. Secondo quanto previsto dall'Obiettivo II del Psn, la copertura vaccinale garantita alla popolazione italiana deve essere estesa alla popolazione immigrata. Nel triennio 1998-2000 dovranno essere sviluppate le seguenti attivita' rivolte allo sviluppo di politiche intersettoriali di salvaguardia della salute degli immigrati: - sviluppo di strumenti sistematici di riconoscimento, monitoraggio e valutazione dei bisogni di salute degli immigrati, anche valorizzando le esperienze piu' qualificate del volontariato; - formazione degli operatori sanitari finalizzata ad approcci interculturali nella tutela della salute; - organizzazione dell'offerta di assistenza volta a favorire la tempestivita' del ricorso ai servizi e la compatibilita' con l'identita' culturale degli immigrati. TOSSICODIPENDENZE Il settore delle tossicodipendenze attraversa una fase di profonda evoluzione, per quanto riguarda sia il contesto epidemiologico sia la riorganizzazione dell'assistenza. Ai tradizionali problemi di valutazione legati al carattere illegale e, comunque, sommerso delle abitudini di consumo, si aggiungono quelli relativi alle nuove tipologie delle sostanze immesse sul mercato e ai conseguenti mutamenti della popolazione destinataria degli interventi di prevenzione e dei trattamenti. Sono prevedibili mutamenti nello scenario degli attori coinvolti, tanto a livello istituzionale quanto nel settore privato (non profit e profit) e del volontariato, che rendono ancora piu' importante una chiara definizione dei rapporti e degli obiettivi da condividere. E' inoltre necessario evitare la contrapposizione fra i diversi livelli di intervento e le differenti strategie di prevenzione (primaria e secondaria). La specifica disamina della complessita' esistente, come pure la elaborazione di linee di indirizzo per la soluzione dei vari problemi, rendono necessaria la elaborazione di un Progetto obiettivo al quale e' demandata la definizione di dettaglio. Oltre al miglioramento dei livelli di conoscenza del fenomeno e, in particolare, della definizione locale dei problemi e dei bisogni, il Piano sanitario nazionale 1998-2000 individua come prioritari i seguenti obiettivi: Riduzione della mortalita' e della morbosita' legate alla tossicodipendenza e/o all'abuso di sostanze, con particolare riferimento alla mortalita' da episodi acuti e alla patologia infettiva. Aumento della percentuale di consumatori in contatto con il sistema di assistenza, con particolare riferimento ai giovani con problemi collegati alle "nuove droghe" e diminuzione della durata media di uso di sostanze prima del contatto (reclutamento precoce degli utenti). Aumento della quota di soggetti che, dopo il contatto con il sistema di assistenza, iniziano e completano i trattamenti previsti e recuperano un accettabile livello di integrazione sociale (con particolare riferimento al reinserimento lavorativo). Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio sono: - definizione, sperimentazione e introduzione di modelli organizzativi del sistema di assistenza finalizzati all'aumento dei livelli di integrazione delle strutture pubbliche coinvolte e tra queste e le realta' del privato non profit e del volontariato; - impostazione di piani regionali e locali per il contrasto della tossicodipendenza con risorse di tipo sociale e sanitario; - introduzione nella routine gestionale di percorsi formativi e di strumenti di valutazione dei risultati e della qualita' dei servizi; - ottimizzazione delle collaborazioni interistituzionali, con particolare riferimento al campo della prevenzione primaria; - attivazione e standardizzazione di sistemi di sorveglianza e/o di adeguati flussi informativi riguardo alla prevalenza dei vari tipi di consumo (con particolare riferimento alle forme nuove piu' pericolose). SALUTE MENTALE La complessa problematica della tutela della salute mentale richiede l'elaborazione di uno specifico progetto obiettivo al quale e' demandata la definizione di dettaglio degli obiettivi e delle linee di intervento. Di seguito sono richiamati solo alcuni aspetti di carattere generale. Per il triennio di validita' del Piano sanitario nazionale sono indicati i seguenti obiettivi prioritari: Migliorare la qualita' della vita e l'integrazione sociale dei soggetti con malattie mentali. Ridurre l'incidenza dei suicidi nella popolazione a rischio per problemi di salute mentale. Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio di validita' del Piano sono: - completamento su tutto il territorio nazionale del modello organizzativo dipartimentale; - stretta integrazione delle strutture operative coinvolte in modo tale che la presa in carico del paziente sia chiaramente evidenziata nella sua globalita' anche per gli aspetti riguardanti le risorse impiegate; - riconversione delle risorse recuperate dalla chiusura dei manicomi, destinandole alla realizzazione di condizioni abitative adeguate (residenziali e diurne) e alle attivita' dei dipartimenti di salute mentale; - riqualificazione e formazione del personale sanitario, in particolare di quello gia' operante negli ex ospedali psichiatrici; - realizzazione di interventi per la tutela della salute mentale in eta' evolutiva; - adozione di programmi di aiuto alle famiglie con malati mentali, per sostenere i gravi carichi assistenziali che esse affrontano quotidianamente. FASI DELLA VITA E SALUTE Nel ciclo di vita delle persone devono essere considerate con particolare attenzione le fasi nelle quali i cambiamenti psicofisici e relazionali sono molto accentuati e nelle quali, quindi, maggiormente si concentrano rischi e potenzialita' da considerare con interventi mirati di prevenzione e promozione della salute. Le fasi cui il Piano sanitario nazionale 1998-2000 dedica specifica attenzione sono quella della procreazione, dell'eta' evolutiva e dell'eta' anziana, nonche' quella delle persone nella fase terminale della vita. Gli interventi che prevengono e contrastano il complessivo ambito delle patologie dell'eta' evolutiva sono chiamati a svolgere un ruolo strategico. Anche in questo modo trova significativa applicazione il concetto generale di patto di solidarieta' per la salute, cui si ispira il Piano sanitario nazionale, individuando nelle generazioni piu' giovani i destinatari di una peculiare attenzione nel quadro di una alleanza tra le eta' della vita. Infanzia e adolescenza La progressiva riduzione della mortalita' infantile (dall'8 per mille nel '91 al 7,4 per mille nel '93) come pure di quella perinatale (dall'11 al 9,3 per mille) ha seguito in Italia una tendenza analoga a quello di altri paesi dell'Europa occidentale. Il divario tra Centro-Nord e Sud e' tuttavia ancora rilevante: nel 1993, la mortalita' infantile e' stata del 5,7 per mille nelle Regioni del Centro-Nord e dell'8,7 per mille al Sud, con tassi che in alcune regioni sono piu' del doppio rispetto ad altre. L'obiettivo fissato nel precedente piano di portare il tasso di mortalita' perinatale sotto il 10 per mille in tutte le regioni non e' stato raggiunto in alcune regioni nelle quali vanno intensificati gli sforzi per migliorare la qualita' dei servizi materno infantili. L'aumento del peso relativo di bambini portatori di disabilita' a seguito di patologie congenite o acquisite, grazie anche al miglioramento degli interventi in fase perinatale, richiede al sistema sanitario maggiore capacita' di intervento precoce di natura intensiva e riabilitativa. Particolare attenzione deve essere dedicata alle situazioni di abbandono, trascuratezza e deprivazione di cure primarie nella prima infanzia, cosi come alle anomalie e ai disturbi dello sviluppo in eta' evolutiva. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi di carattere generale: - ridurre la mortalita' perinatale e infantile almeno all'8 per mille in tutte le regioni; - prevenire i comportamenti a rischio in eta' pre-adolescenziale e adolescenziale con riferimento alle lesioni accidentali gravi, alle autolesioni e alla dipendenza; - prevenire le cause di disabilita' mentale, sensoriale e plurima; - prevenire i casi di disagio psichico e sociale dovuto a problematiche scolastiche, familiari e relazionali, anche in riferimento ad abusi e maltrattamenti; - promuovere la procreazione cosciente e responsabile, tutelando le gravidanze a rischio e fornendo un adeguato sostegno alle famiglie; - favorire programmi di prevenzione e controllo delle malattie genetiche; - monitorare lo stato di salute dell'infanzia, della pre-adolescenza e dell'adolescenza nella dimensione fisica, psichica e sociale, anche avvalendosi dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia. Gli obiettivi di Piano saranno articolati in uno specifico Progetto Obiettivo materno-infantile in corso di elaborazione, nel quale saranno sviluppate anche le azioni dirette alla tutela della salute della donna, in tutte le fasi della vita e negli ambienti di vita. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 prevede la predisposizione e l'adozione di Linee guida per la salute riproduttiva. E' da privilegiare e sviluppare nei piani regionali e locali l'attivita' dell'area pediatrica per garantire a livello sanitario e socio-assistenziale, intra ed extraospedaliero, ogni forma di tutela della salute infantile fino al termine dello sviluppo, mediante le seguenti azioni: - assicurare interventi preventivi e diagnostici di provata efficacia in epoca pre e perinatale; - attuare interventi per la promozione della salute in eta' pre-adolescenziale e adolescenziale; - razionalizzare l'ospedalizzazione in eta' pediatrica, tenendo conto delle particolari esigenze della fascia di eta' cui si rivolge, coordinando e integrando l'assistenza con l'offerta di servizi distrettuali e valorizzando il pediatra di famiglia; - potenziare i servizi extraospedalieri, specie quelli a ciclo diurno, preposti al recupero dei disturbi neuropsicopatologici e delle limitazioni funzionali; - migliorare la qualita' umana dei servizi rivolti all'infanzia anche mediante l'utilizzo appropriato di tecnologie biomediche; - predisporre Linee guida per la gravidanza, il parto, le cure ospedaliere pediatriche, la pediatria di famiglia e di comunita' - integrare i servizi materno-infantili con quelli socio-assistenziali ed educativi, anche tenendo conto di quanto previsto nel Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza. Anziani Il processo di invecchiamento della popolazione e' destinato a protrarsi nel prossimo futuro. Secondo le previsioni elaborate dall'Istat, nel 2020 il 23% della popolazione italiana avra' piu' di 65 anni e la speranza di vita alla nascita sara' di 78,3 anni per gli uomini e di 84,6 anni per le donne. In termini relativi, aumenteranno soprattutto i grandi vecchi con eta' superiore agli 80 anni. Una quota significativa di anziani soffre di patologie croniche, spesso multiple, e di disabilita' che ne limitano l'autosufficienza. Il 52% degli uomini e il 61% delle donne dichiarano almeno due malattie croniche in atto, il 44% e il 51%, rispettivamente ne dichiarano almeno tre (Istat, 1994). Tra essi, i malati di Alzheimer costituiscono una popolazione di 500.000 soggetti particolarmente esposti a condizioni di deterioramento della qualita' della vita per se' stessi e per i familiari, sui quali ricade gran parte del peso assistenziale. Nel 1994 i disabili di 60 anni e piu' non istituzionalizzati ammontano a oltre due milioni, pari al 17% degli ultrasessantenni (Istat, 1997). La disabilita' accompagna soprattutto le eta' avanzate e condiziona fortemente la vita degli ultraottantenni. Si passa infatti dal 6% di disabili a 60-64 anni, al 47% a 80 anni e piu'. Il 10% degli uomini e il 31% delle donne di 60 anni e piu' vivono soli. I disabili che vivono soli sono 618.000. Sono anziani oltre un terzo delle 6.690.000 persone che vivono in condizioni di poverta'. Le politiche sanitarie nei confronti della popolazione anziana devono prevedere interventi integrati per la prevenzione e il recupero della compromissione fisica e del deficit funzionale e, quindi, anche dello svantaggio sociale che ne puo' derivare. I programmi di intervento si qualificano, quindi, come programmi ad elevata integrazione socio-sanitarie, improntati ad una visione positiva dell'eta' anziana, tramite la rimozione delle barriere che impediscono l'apporto attivo degli anziani autosufficienti alla vita sociale. Va inoltre promossa una cultura dei servizi che recuperi l'anziano come soggetto sociale in una societa' integrata e solidale. Agli anziani e' garantita l'assistenza sanitaria, senza limiti di durata, nelle sedi piu' appropriate e privilegiando il domicilio. L'area degli anziani sara' oggetto di uno specifico progetto obiettivo, in via di definizione in altra sede, al quale si rimanda. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi di carattere generale: - promuovere il mantenimento e il recupero dell'autosufficienza nell'anziano; - adottare politiche di supporto alle famiglie con anziani bisognosi di assistenza a domicilio (anche a tutela della salute della donna, sulla quale ricade nella maggior parte dei casi l'onere dell'assistenza); - promuovere l'assistenza continuativa e integrata (intra ed extra-ospedaliera) a favore degli anziani; - favorire l'integrazione interna al sistema sanitario e fra questo e l'assistenza sociale. Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio di validita' del Psn sono: - adeguare il numero di posti letto ospedalieri dedicati alla lungodegenza riabilitativa allo standard di 1 posto letto per mille abitanti: - garantire nei distretti la presenza delle unita' di valutazione geriatrica (Uvg), atte a fornire analisi globale del bisogno dell'anziano e favorire un'assistenza personalizzata e continuativa; - sviluppare le forme alternative al ricovero, mediante l'assistenza domiciliare integrata (Adi), quella semiresidenziale e l'ospedalizzazione a domicilio, favorendo l'integrazione fra le diverse forme di intervento; - realizzare le residenze sanitarie assistenziali (Rsa) previste nella legge finanziaria n. 67 del 1988. Assistenza alle persone nella fase terminale della vita Le persone affette da patologie evolutive irreversibili per le quali non esistono trattamenti risolutivi, necessitano di un'assistenza finalizzata al controllo del dolore, alla prevenzione e cura delle infezioni, al trattamento fisioterapico e al supporto psicosociale. Oltre al paziente, l'attenzione deve essere dedicata ai familiari, prima e dopo il decesso del malato. In questi casi, un'assistenza di buona qualita' deve offrire la possibilita' di trascorrere l'ultima parte della vita in famiglia, o, quando questo non e' possibile, in strutture di ricovero adeguate alla natura dei problemi. Obiettivo del Piano sanitario nazionale 1998-2000 e' migliorare l'assistenza erogata alle persone che affrontano la fase terminale della vita. A tal fine sono da privilegiare le azioni volte: - al potenziamento dell'assistenza medica e infermieristica a domicilio; - all'erogazione di assistenza farmaceutica a domicilio tramite le farmacie ospedaliere; - al potenziamento degli interventi di terapia palliativa e antalgica; - al sostegno psicosociale al malato e ai suoi familiari; - alla promozione e al coordinamento del volontariato di assistenza ai malati terminali; - alla realizzazione di strutture residenziali e diurne (hospice), autorizzate e accreditate. OBIETTIVO V PORTARE LA SANITA' ITALIANA IN EUROPA L'obiettivo V del Piano sanitario nazionale 1998-2000 individua le aree che dal punto di vista programmatorio, organizzativo e gestionale richiedono, piu' di altre, uno sforzo di adeguamento al contesto ed al livello dell'Unione Europea. I divari, rispetto al resto dell'Europa, riguardano settori di attivita' e processi organizzativi il cui superamento richiede un profondo cambiamento culturale oltre che di razionalizzazione. TRAPIANTI L'attivita' di trapianto di organi in Italia, sicuramente ai livelli qualitativi dei paesi con i piu' elevati standard di prestazione, e' ancora lontana dai livelli quantitativi degli altri paesi dell'Unione Europea e in ogni caso insufficiente a soddisfare le lunghe liste di attesa. La situazione e' caratterizzata da un limitato numero di donatori (nonostante il notevole aumento degli ultimi cinque anni: nel 1996 i donatori sono stati 11 per milione di abitanti), da una diseguale distribuzione sul territorio dell'attivita' di prelievo e di trapianto e da un elevato ricorso a strutture all'estero (anche per quelle tipologie di trapianti per le quali l'esperienza acquisita dai centri italiani e' mediamente comparabile con quella del resto dell'Europa). Il fabbisogno di trapianti e' destinato a crescere nel corso dei prossimi anni per effetto di numerosi fattori fra i quali le aumentate possibilita' di intervento e il progressivo allargamento delle indicazioni cliniche al trapianto. Per gli interventi per i quali il trapianto costituisce una soluzione da privilegiare anche sotto il profilo dell'allocazione delle risorse (perche' alternativo a trattamenti a piu' elevato rapporto costo efficacia, come nel caso del rene), l'aumento dell'attivita' di trapianto potrebbe contribuire al perseguimento di obiettivi di piu' efficiente utilizzo delle risorse. La causa principale dell'insufficiente numero di trapianti risiede nella non adeguata organizzazione sia delle attivita' dei centri ospedalieri sia dei coordinamenti regionale e nazionale. La cultura della donazione di organi e' ancora poco diffusa fra la popolazione, cosi come fra gli operatori sanitari. Particolare attenzione va riservata all'organizzazione e alla formazione dei centri di prelievo, in modo tale che i potenziali donatori siano individuati e adeguatamente gestiti. Di primaria importanza e' anche il potenziamento dei centri di rianimazione. Alla luce di tali considerazioni, il Psn 1998-2000 si propone di sviluppare le attivita' di trapianto e di migliorare la qualita' degli interventi. In particolare, sono indicati i seguenti obiettivi da privilegiare: Aumentare il numero di trapianti e ridurre il numero di quelli effettuati all'estero. Migliorare l'identificazione dei potenziali donatori di organi ed aumentare la disponibilita' di organi idonei per il trapianto. Migliorare la sicurezza e la qualita' degli organi (e dei tessuti) prelevati a scopo di trapianto. Ridurre la mortalita' delle persone in lista di attesa e ampliare contestualmente le liste di attesa. Aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualita' della vita dei trapiantati. A tal fine, sono indicate le seguenti azioni da privilegiare: - istituzione di un Registro Italiano dei Trapianti, anche allo scopo di favorire la diffusione delle informazioni e la conoscenza delle diverse realta' territoriali; - riorganizzazione della rete delle rianimazioni e verifica della loro attivita' con riguardo alla identificazione dei potenziali donatori; - individuazione e sviluppo di centri di eccellenza, in particolare per i trapianti rari e multiorgano; - definizione dei criteri di accettazione in lista di attesa in grado di realizzare una maggiore uniformita' fra le diverse aree territoriali; - attuazione di campagne di informazione e di sensibilizzazione rivolte ai cittadini e agli operatori sanitari ad incentivazione delle donazioni; - potenziamento dell'attivita' dei trapianti pediatrici.