(all. 1 - art. 1) (parte 1)
                                PIANO
                              SANITARIO
                              NAZIONALE
1998-2000
 
               Un patto di solidarieta' per la salute
 
Un patto di solidarieta' per la salute
La  salute  e'  un  bene  fondamentale  per  la  persona  e  per   la
collettivita'.
Un  sistema  di  servizi sanitari equo ed efficace e' un determinante
essenziale, anche se non esclusivo, per garantire  la  partecipazione
alla vita sociale e l'espressione delle capacita' individuali a tutti
i   cittadini,   nel   rispetto   del   principio  uguaglianza  delle
opportunita' all'interno dell'intera collettivita' di cittadini.
La garanzia di uguali opportunita' di  accesso  ai  servizi  sanitari
rappresenta  l'obiettivo  principale del Servizio sanitario nazionale
(Ssn)  e  l'elemento  fondamentale  che  ne  determina  la  forma  di
finanziamento e i criteri di organizzazione.
Il  finanziamento attraverso la fiscalita' generale, la distribuzione
dei servizi secondo criteri di equita', la gratuita' al  momento  del
consumo  rappresentano  le  tre  condizioni necessarie (ancorche' non
sufficienti) per impedire che  barriere  finanziarie,  geografiche  o
sociali ostacolino l'efficace fruizione del diritto alla salute.
I principi fondamentali dei sistemi sanitari di tipo universalistico,
ai quali si  ispira il Ssn, sono:
1.  universalita' di accesso.
L'accesso  ai  servizi  sanitari  non  deve  essere  subordinato alla
verifica di criteri di eligibilita' "sociale" ne'  di  disponibilita'
finanziaria,   ma   soltanto  alla  valutazione  professionale  della
necessita' di interventi sanitari.
2.  eguaglianza nella accessibilita' ad un ampio spettro  di  servizi
uniformemente distribuiti.
L'eliminazione   di  barriere  geografiche  all'accesso  deve  essere
garantita dalla programmazione territoriale dei  servizi,  mentre  la
gratuita'  al  momento  del  consumo  deve assicurare la rimozione di
eventuali barriere economiche alla utilizzazione dei servizi.
3.  condizione del rischio finanziario.
Il  sistema  di  finanziamento  deve  garantire  che  il   contributo
individuale  sia  indipendente  dal rischio di malattia e dai servizi
ricevuti, ma determinato esclusivamente dalla capacita' contributiva.
Le evidenze internazionali dimostrano che i sistemi sanitari ispirati
a questi principi non solo producono  maggiore  equita'  sociale,  ma
permettono anche un migliore controllo della spesa sanitaria.
Il  sistema  sanitario  del  nostro  Paese  ha  contribuito  in  modo
significativo al  miglioramento  delle  condizioni  di  salute  della
popolazione.  I  principali indicatori di salute, quali la mortalita'
infantile e perinatale, e l'aspettativa di vita pongono  l'Italia  ai
primi  posti  nel  mondo, ben al di sopra di molti paesi che dedicano
alla sanita' una quota piu' alta  del  loro  Prodotto  Interno  Lordo
(Pil).
In Italia, la quota di risorse finanziarie complessivamente destinate
alla  sanita'  , sia in rapporto al Pil sia in termini pro-capite, e'
nella media dei paesi dell'Ocse, inferiore  a  quella  impegnata  dai
paesi europei a piu' elevato sviluppo economico e molto piu' bassa di
quella osservata in Usa e Canada.
Il  Ssn presenta tuttavia necessita' di cambiamento e opportunita' di
miglioramento.
L'elevata frequenza di cittadini che si dichiarano  insoddisfatti  di
numerosi  aspetti  del  Ssn  impone  l'individuazione  di  modelli di
risposta piu' adeguati alle crescenti aspettative della popolazione.
L'esigenza  di  rispettare  i  vincoli  imposti  dagli  obiettivi  di
risanamento della finanza pubblica, esigenza resa piu' stringente dai
parametri  fissati  dall'Unione Europea, richiede uno sforzo di tutti
gli attori del sistema sanitario volto al miglioramento  dei  livelli
di efficienza del sistema.
La  necessita'  del cambiamento non e' peraltro soltanto italiana ne'
e' un problema semplicemente congiunturale. La  riforma  dei  sistemi
sanitari  e' un fenomeno mondiale. Negli ultimi dieci anni, i governi
di tutti i paesi del mondo hanno tentato  di  ripensarne  i  principi
generali.  Anche  il  Ssn  italiano  ha partecipato a questo vasto, e
spesso incoerente, movimento di riforme. Il Piano sanitario nazionale
1998-2000 costituisce un momento fondamentale di  tale  processo,  in
concomitanza  con il dibattito sulla revisione del d. lgs. 502/1992 e
successive modifiche e integrazioni.
Il cambiamento e' reso necessario  da  fattori  endogeni  al  sistema
sanitario   (come  l'innovazione  tecnologica  e  lo  sviluppo  delle
conoscenze scientifiche, relative alle  possibilita'  di  trattamento
cosi  come  alle  forme  di organizzazione dell'assistenza) e fattori
esogeni (come la dinamica demografica e i mutamenti sociali).
Tale cambiamento non si esaurisce in una maggiore  produttivita',  ma
richiede   un   profondo  ripensamento  della  organizzazione  e  del
funzionamento del  Ssn  nel  suo  insieme.  La  riorganizzazione  dei
servizi da sola non basta; sono anche necessari interventi esterni al
sistema,   che   possono  avere  un  impatto  sulla  salute  pari,  o
addirittura superiore, a quello dei servizi sanitari.
Un sistema sanitario moderno, che guarda al terzo millennio, non puo'
ritornare  ai  modelli  degli  anni  '70  ne'  puo'  limitarsi   alla
transizione  degli  anni  '90,  ma  deve  svilupparsi  promuovendo la
collaborazione dei diversi livelli  di  responsabilita'  in  modo  da
realizzare un sistema al contempo autenticamente nazionale e locale.
Nazionale,  in  quanto  capace  di  garantire  livelli  di assistenza
uniformi  sull'intero  territorio  e  all'intera   collettivita'   di
cittadini,  assicurando servizi accreditati secondo criteri uniformi,
sia per gli aspetti strutturali sia per quelli organizzativi.
Locale, in quanto valorizza le responsabilita' regionali e  aziendali
nella programmazione, nella produzione e nella erogazione dei servizi
sanitari.
E'  quindi  necessario proseguire e rendere piu' incisivo il processo
di regionalizzazione e di aziendalizzazione del sistema,  improntando
il  servizio  sulla collaborazione fra tutti i livelli del Ssn, oltre
che fra il Ssn stesso e le istituzioni e i  soggetti  sociali  con  i
quali interagisce.
Il  contesto  sociale mutevole e complesso pone l'esigenza di avviare
nel Paese un vero e proprio patto di solidarieta' per la salute,  che
impegni  le  istituzioni  preposte  alla  tutela  della  salute e una
pluralita' di soggetti:  i  cittadini;  gli  operatori  sanitari;  le
istituzioni;  il  volontariato; i produttori, non profit e profit, di
beni  e  servizi  di  carattere sanitario; gli organi e gli strumenti
della  comunicazione;  la  comunita'  europea  e  internazionale.   I
risultati di salute non dipendono infatti solo dalla qualita' tecnica
delle   prestazioni,   ma   trovano   radici   piu'   profonde  nella
responsabilizzazione dei soggetti coinvolti e nella loro capacita' di
collaborare.
La promozione della salute non puo' prescindere dalla maturazione  di
una  coscienza civile e dall'assunzione da parte di tutti i cittadini
di una responsabilita' personale diretta e consapevole nei  confronti
del  proprio  benessere  fisico,  psichico  e  sociale, in termini di
diritti cosi come di doveri, avvalendosi di tutti  gli  organismi  di
partecipazione  e  concertazione  utili per una gestione territoriale
della salute.
La   valorizzazione   delle   competenze   e   delle   disponibilita'
professionali  ed umane degli operatori del Ssn rappresenta uno degli
obiettivi fondamentali del PSN 1998-2000. Gli operatori sanitari sono
lo strumento essenziale per  assicurare  il  buon  funzionamento  del
servizio,   l'efficacia  degli  interventi  e  la  soddisfazione  dei
cittadini. L'umanizzazione del rapporto medico-paziente e di tutte le
situazioni di incontro fra cittadini e Servizio  sanitario  nazionale
e'  la strada prioritaria per realizzare il patto di solidarieta' per
la  salute.  Gli  sforzi  in  questa   direzione   costituiscono   un
investimento etico, qualificano la relazione terapeutica e la rendono
piu' efficace.
La  ricerca sui determinanti non sanitari della salute ha evidenziato
il ruolo critico di fattori sociali ed economici, che si  pongono  al
di fuori delle possibilita' di controllo individuale ed esulano dalla
sfera  di intervento del sistema dei servizi sanitari. Gli interventi
su quesiti determinanti  della  salute  richiedono  un  coordinamento
intersettoriale,  a  livello  sia governativo sia regionale e locale,
che si traduca in strategie condivise per obiettivi comuni.
La salute, intesa come benessere fisico, psichico e sociale,  non  e'
il  mero  prodotto  dell'amministrazione  sanitaria  e  dei correlati
servizi articolati  nel  Paese.  Deve  rappresentare,  piuttosto,  un
obiettivo  perseguito da tutte le istituzioni che, pur non avendo una
diretta  competenza  sanitaria,  esercitano  funzioni   che   possono
incidere sullo stato di salute della popolazione.
Il   volontariato  rappresenta  un  momento  forte  del  nuovo  patto
solidale, in  ragione  del  suo  contributo  alla  umanizzazione  del
servizio  e  per  le  istanze  etiche di cui e' portatore. Con la sua
presenza contribuisce a dar voce ai bisogni dei soggetti svantaggiati
e svolge un ruolo  importante  nella  valutazione  partecipata  della
qualita' dell'assistenza.
La  tutela  del  diritto  del  cittadino  a  prestazioni tempestive e
qualificate  implica  che  i  pubblici  poteri  non   solo   eroghino
direttamente  tali  servizi,  ma  definiscano  gli  spazi  in  cui si
sviluppano il settore pubblico e il privato. I produttori di  beni  e
servizi  sanitari  (non  profit e profit) sono elementi rilevanti del
panorama sanitario e, nel  contesto  di  una  definizione  strategica
degli  obiettivi,  sono chiamati a concorrere al progetto di tutela e
promozione della salute.
Il  mondo  della  comunicazione  riveste  un  ruolo   rilevante   nel
diffondere  l'informazione e le conoscenze scientifiche, nel favorire
l'adozione di modelli di  comportamento  e  di  stili  di  vita,  nel
determinare  aspettative  e  bisogni nei confronti della salute e dei
servizi  sanitari.  La crescente attenzione dei mezzi di informazione
ai fenomeni della  sanita'    ,  nella  cronaca  quotidiana  e  nella
divulgazione  scientifica,  richiede  un  impegno  preciso  del mondo
dell'informazione  in   termini   di   equilibrio,   obiettivita'   e
completezza   e   un  loro  coinvolgimento  attivo  nel  progetto  di
promozione e tutela della salute.
La strategia sanitaria del nostro Paese deve  trovare  connessioni  e
sinergie  efficaci  a  livello  internazionale,  anzitutto  coi paesi
europei  e  dell'area  del  Mediterraneo,  sia  in   relazione   alla
intensita'  dei  flussi  migratori  sia  nei confronti dei paesi meno
sviluppati, per motivazioni di solidarieta'  e  di  promozione  umana
oltre che di efficacia dagli interventi.
Nell'ambito  del  nuovo Mercato Comune Europeo assume una particolare
importanza l'attivita' di prevenzione e controllo sulla  circolazione
delle  merci  e  dei  prodotti.  Il  potenziamento delle attivita' di
prevenzione per garantire qualita' e sicurezza dei prodotti  e  delle
merci rappresenta in particolare un investimento, per la salute della
popolazione e per lo sviluppo economico del paese, in quanto assicura
competitivita' in campo internazionale.
Alla  luce  di tali considerazioni, il Psn 1998-2000 assume come idee
forti i seguenti nove punti qualificanti:
1. rafforzare l'autonomia decisionale degli utenti;
2. promuovere l'uso appropriato dei servizi sanitari;
3. diminuire le diseguaglianze nei confronti della salute;
4. favorire comportamenti e stili di vita per la salute;
5. contrastare le patologie piu' importanti;
6. aiutare a convivere attivamente con la cronicita';
7. percorrere le strada dell'integrazione socio sanitaria;
8. rilanciare la ricerca;
9. investire nelle risorse umane e nella qualita' del sistema.
La  possibilita'  di  una  scelta  consapevole  tra  diverse  opzioni
diagnostiche   e   terapeutiche  da  parte  dell'utente  implica  che
l'informazione divenga uno degli aspetti decisivi  nel  rapporto  tra
Ssn  e  cittadini. La transizione da una concezione paternalistica ad
una concezione democratica dell'assistenza sanitaria incontra  ancora
molti  ostacoli,  sia sul versante delle professioni sanitarie sia su
quello degli utenti.
A questo scopo, nel corso della formazione (di base  e  in  servizio)
del  personale  sanitario  e'  indispensabile  fornire  conoscenze  e
competenze concernenti:
- elementi di epidemiologia clinica, volti a consentire al  personale
sanitario  di  presentare  in  modo  razionale  e  probabilistico gli
effetti delle diverse opzioni diagnostico-terapeutiche;
- elementi di teoria della comunicazione, sociologia e  antropologia,
miranti al riconoscimento e al rispetto, di fronte alla salute e alla
malattia, delle diverse identita' culturali;
-  elementi  di  economia, volti a rafforzare la consapevolezza delle
ricadute economiche delle decisioni e della necessita' di allocazioni
soddisfacenti dal punto di vista della collettivita' ;
- elementi di etica nei rapporti fra professionista e paziente, volti
a promuovere un'attenzione costante ai fondamenti etici delle  scelte
professionali e alla umanizzazione del servizio.
Il  rafforzamento  della  capacita'  decisionale  degli  utenti trova
limiti obiettivi nelle asimmetrie  informative  proprie  di  tutti  i
settori   ad  elevata  specializzazione  professionale.  La  maggiore
capacita' delle professioni sanitarie di ridurre l'ampia variabilita'
che oggi caratterizza l'erogazione  delle  prestazioni  a  fronte  di
problemi  clinici  e  assistenziali simili costituisce un presupposto
necessario per l'esercizio consapevole del diritto alla salute.
L'ampia variabilita' nella risposta assistenziale rinvia  a  problemi
di  appropriatezza  nell'utilizzazione  delle  risorse e a potenziali
iniquita' nell'accesso e nella utilizzazione dei servizi sanitari.  A
questo scopo il Piano sanitario nazionale 1998-2000 avvia un processo
di definizione di linee di guida consensuali, che  rappresentano,  da
un lato, un terreno di accordo professionale sulle migliori strategie
diagnostico-terapeutiche  alla  luce delle conoscenze scientifiche e,
dall'altro, un elemento di trasparenza nei rapporti con il pubblico.
Nel nostro Paese si osservano diseguaglianze rilevanti  relativamente
alle  condizioni  di  salute:  le persone, i gruppi sociali e le aree
geografiche meno  avvantaggiati  presentano  un  maggior  rischio  di
morire,  di  ammalarsi, di subire una disabilita', di praticare stili
di  vita  rischiosi.  Le  cause  sono  complesse  e  risiedono  nelle
condizioni  di vita e di lavoro della popolazione, nella dotazione di
risorse materiali, nelle relazioni sociali, negli  stili  di  vita  e
nell'accesso  ai  sistemi  di cura. Le politiche per la salute devono
contrastare le diseguaglianze irrobustendo le capacita' delle persone
e  delle  comunita'  di  adottare  comportamenti  sani,   migliorando
l'accesso  ai  servizi  e  incoraggiando  il cambiamento culturale ed
economico. Con queste premesse, un modo  importante  per  raggiungere
gli  obiettivi  del  Piano  e'  migliorare  la  salute  dei gruppi di
popolazione meno sani riducendo le differenze rispetto al gruppi piu'
favoriti.
Nella  popolazione  sana  la  prevenzione   della   malattia   e   il
mantenimento  dello  stato di salute si basano sull'identificazione e
sul controllo dei fattori di rischio e dei comportamenti  individuali
che     favoriscono    l'insorgenza    delle    patologie,    nonche'
sull'identificazione e sul controllo dei  fattori  ambientali  nocivi
alla  salute.  Il Piano sanitario nazionale i 1998-2000 si propone di
promuovere la condivisione fra i cittadini di stili di  vita  per  la
salute.
Il Piano sanitario nazionale individua le patologie che colpiscono la
popolazione  italiana  e  che  provocano  il maggior carico di morte,
disabilita'  e  malattia.  Si  propone  di  contrastarle   attraverso
interventi  di  prevenzione  primaria  e  secondaria  e di promuovere
l'efficacia dei programmi assistenziali.
L'incremento  delle  persone  malate  e   non   autosufficienti,   in
particolare   anziane,   pone  il  problema  di  gestire  la  propria
condizione sviluppando al contempo le opportunita' di  partecipazione
alla   vita  sociale.  Per  affrontare  la  cronicita'  e'  anzitutto
necessario   garantire   continuita'    all'intervento    di    cura,
privilegiando   tutti   i   fattori   che  contribuiscono  a  rendere
accettabile la qualita' di vita  a  quanti,  persone  malate  e  loro
familiari,  vivono  per  lungo  tempo in situazioni di difficolta' In
particolare e' necessario garantire,  fin  quando  e'  possibile,  la
permanenza  a  casa delle persone malate croniche non autosufficienti
fornendo cure domiciliari,  interventi  di  sostegno  alle  famiglie,
assistenza domiciliare integrata.
La  complessita'  di  molti  bisogni richiede la capacita' di erogare
risposte fra loro integrate, in particolare  sociosanitarie.  Se  non
vengono   predisposte   condizioni  istituzionali  e  gestionali  per
coordinare  gli  interventi  dei  diversi  settori  impegnati   nella
produzione  di servizi, l'integrazione professionale non puo' bastare
per migliorare la qualita' e l'efficacia delle risposte.  Per  questo
le  Regioni  devono incentivare le collaborazioni istituzionali entro
ambiti territoriali adeguati a partire dalla dimensione distrettuale,
formulando in via preferenziale piani unitari dei servizi sanitari  e
sociali,  a  livello  regionale  e  sub-regionale, tenendo distinti i
flussi di finanziamento dei rispettivi ambiti  di  attivita'    .  La
elaborazione di piani di zona dei servizi, in particolare dei servizi
ad elevata integrazione sociosanitaria, puo' essere un'utile premessa
per  ottimizzare  le risorse, facilitare le responsabilizzazioni e le
collaborazioni.
Gli obiettivi indicati dal Piano sanitario nazionale  1998-2000  sono
fortemente  innovativi  rispetto alle aree di intervento, all'assetto
organizzativo e ai modelli di funzionamento del Ssn. Lo  sviluppo  di
un'efficace strategia di ricerca, finalizzata a fornire le conoscenze
scientifiche  su cui basare le politiche sanitarie, la programmazione
degli  interventi  e  l'organizzazione  della   pratica   clinica   e
assistenziale  rappresenta  la  condizione  necessaria per perseguire
tali obiettivi e per valutare l'efficacia degli interventi.
Gli investimenti per la prevenzione,  la  cura  e  la  riabilitazione
fondano  in grande misura la loro efficacia sui contenuti relazionali
del rapporto tra operatori del  Ssn  e  utenti.  Gli  ostacoli  e  le
resistenze   che   gli   operatori   sanitari  devono  superare  sono
considerevoli, soprattutto quando il loro campo visivo  si  concentra
su  singoli  aspetti  dei  problemi  da affrontare, non garantendo un
approccio globale. Per questo vanno approfondite  le  condizioni  per
qualificare  l'efficacia  e  l'umanizzazione degli interventi. A tale
scopo e' necessario un profondo cambiamento di mentalita' ai  diversi
livelli,   a  partire  dai  fondamenti  etici  del  lavoro  di  cura,
attraverso  la  diffusione  di  sistemi  premianti,   la   formazione
permanente, la sperimentazione, le collaborazioni intersettoriali, lo
sviluppo delle funzioni manageriali.
PARTE I
GLI OBIETTIVI DI SALUTE
Un Progetto nazionale per la salute
Il  Piano  sanitario nazionale 1998-2000 ha come obiettivo principale
la promozione della salute,  a  cui  finalizzare  l'organizzazione  e
l'erogazione di prestazioni e servizi sanitari.
Tale scelta, legata al riconoscimento che i determinanti della salute
si  estendono  ben  oltre  le  possibilita' di intervento dei servizi
sanitari, impone un'ampia assunzione di  responsabilita',  a  livello
individuale  e  collettivo.  Impone inoltre modificazioni culturali e
strategiche volte alla elaborazione di politiche  intersettoriali  di
promozione della salute.
Il Progetto nazionale per la salute si articola nei seguenti
obiettivi prioritari:
I.   promuovere comportamenti e stili di vita per la salute;
II.  contrastare le principali patologie;
III. migliorare il contesto ambientale;
IV.  rafforzare la tutela dei soggetti deboli;
V.   portare la sanita' italiana in Europa.
Gli obiettivi di salute identificati dal Psn 1998-2000 sono il frutto
di  un'analisi  del quadro epidemiologico della popolazione italiana,
come evidenziato dalla Relazione sullo stato sanitario del paese 1996
del Ministero della Sanita', del confronto con le indicazioni  e  gli
obiettivi proposti per l'anno 2000 dall'organizzazione Mondiale della
Sanita'  per  le nazioni appartenenti alla Regione Europea, oltre che
della valutazione delle concrete possibilita' di intervento nel corso
del prossimo triennio.
Il triennio 1998-2000 segna l'avvio di un Progetto nazionale  per  la
salute  che  si  estende  lungo un arco temporale che va oltre l'anno
2000. Il periodo di validita' del Psn 1998-2000 coincide con la prima
fase di un percorso di miglioramento dei livelli  di  salute  che  si
propone traguardi realizzabili nel medio e lungo periodo.
Gli  obiettivi  individuati non esauriscono tutti i bisogni di salute
del   Paese.   Altri   obiettivi,   non   espressamente    richiamati
costituiscono  aree  di  grande interesse che potranno essere assunti
dalle Regioni a partire da analisi epidemiologiche specifiche.
Per ciascun  obiettivo  di  salute  sono  enunciati  i  traguardi  da
raggiungere e le azioni da privilegiare.
I  traguardi da raggiungere sono esplicitati in termini generali, con
riguardo alla direzione di tendenza da promuovere o da rafforzare,  e
ove  possibile  in  termini  puntuali,  con  riferimento ai valori da
raggiungere a livello nazionale.
Tendenze e traguardi sono riassunti nella tabella n. 1  riportata  al
termine della parte II del presente Piano.
La  linea  base e le fonti a cui fare riferimento per il monitoraggio
delle tendenze osservate nel triennio sono  indicate  contestualmente
ai singoli obiettivi.
Le  azioni  enunciate  con  riguardo  ai singoli obiettivi forniscono
prime indicazioni circa gli interventi da privilegiare e le attivita'
da  sviluppare  nei  piani   regionali   e   aziendali.   In   virtu'
dell'intersettorialita'   degli   interventi   proposti,   le  azioni
funzionali alla realizzazione  degli  obiettivi  di  Piano  risultano
spesso  complementari.  Pertanto,  con riguardo ai singoli obiettivi,
sono state indicate le attivita' principali a cui dovranno  ispirarsi
le  azioni,  tralasciando l'inserimento (ed evitando la duplicazione)
di interventi gia' compresi tra quelli relativi  ad  altri  obiettivi
individuati in altre parti del Psn.
Ai  fini  della  valutazione  delle  azioni  intraprese,  oltre  agli
indicatori di obiettivo  di  cui  sopra,  sono  comuni  a  tutti  gli
obiettivi  due parametri verificabili a livello centrale, regionale e
locale, relativi al numero di:
- linee guida prodotte, adottate e diffuse,
- campagne di prevenzione e informazione realizzate, tenuto
conto della numerosita' della popolazione effettivamente
raggiunta.
Ulteriori   precisazioni   tecnico-operative   sui    traguardi    da
raggiungere,  sugli  interventi da privilegiare e sugli indicatori da
utilizzare per il  monitoraggio  dei  risultati  saranno  oggetto  di
successivi  documenti  di  indirizzo,  sotto  forma  di  Linee guida,
proposte metodologiche e supporti informativi.
OBIETTIVO I
PROMUOVERE COMPORTAMENTI E STILI DI VITA PER LA SALUTE
Numerose condizioni di morbosita', disabilita' e mortalita' prematura
possono   essere   prevenute   attraverso   l'adozione   di   modelli
comportamentali e stili di vita positivi, socialmente condivisi.
Con  l'Obiettivo I, il Piano sanitario nazionale 1998-2000 propone di
promuovere l'adozione di comportamenti e stili di vita  in  grado  di
favorire  la  salute  e  di  sostenere  la diffusione di attivita' di
controllo e di riduzione dei  fattori  di  rischio,  soprattutto  con
riguardo  ai  gruppi  sociali  piu'  svantaggiati,  attraverso azioni
concernenti:
- Alimentazione
- Fumo
- Alcol
- Attivita' Fisica
ALIMENTAZIONE
Nell'ambito  dei  fattori  in  grado  di   aumentare   la   capacita'
individuale a controllare, mantenere e migliorare lo stato di salute,
l'alimentazione riveste un ruolo fondamentale.
In  particolare,  il  conseguimento  di  alcuni standard nutrizionali
raccomandati  (Linee  guida  per  una  sana  alimentazione   Italiana
dell'istituto  Nazionale  della  Nutrizione, 1997) appare in grado di
determinare importanti riduzioni nell'incidenza  e  nella  mortalita'
per  patologie cardio e cerebrovascolari e per tumore del colon-etto,
oltre che per numerose altre patologie (diabete, ipertensione, ecc.).
Analogamente, la riduzione dell'obesita' e' un  importante  obiettivo
di salute collegato all'alimentazione e all'attivita' fisica.
In  tale  ottica  appare  necessario promuovere l'adozione di modelli
alimentari mediterranei basati  principalmente  su  cibi  di  origine
vegetale,  attraverso  il  perseguimento  del  seguente  obiettivo di
carattere generale:
L'alimentazione della  popolazione  italiana  dovra'  tendenzialmente
adeguarsi  agli  standard  nutrizionali  ottimali  raccomandati dagli
organismi scientifici.
In particolare, appare  prioritario  il  perseguimento  dei  seguenti
obiettivi specifici.
Nella  alimentazione  della persona adulta, la percentuale di energia
derivante dai  grassi  non  deve  essere  superiore  al  30%,  quella
derivante  dai  grassi  saturi  deve  essere inferiore al 10%, quella
derivante da carboidrati  deve  essere  superiore  al  55%  e  quella
derivante  da  zuccheri deve essere inferiore al 10%. La quantita' di
sale da cucina deve essere inferiore ai 6 grammi/die.
La prevalenza di persone obese (piu' di 30 di Imc,  indice  di  massa
corporea) deve essere ridotta.
NEL   PERIODO   1990-94   L'INDAGINE  DELL'ISTITUTO  NAZIONALE  DELLA
NUTRIZIONE HA RILEVATO I SEGUENTI VALORI:
percentuale di energia da grassi totali  35,7%
percentuale di energia da grassi di origine animale 13,0%
percentuale di energia da carboidrati totali 48,4%
percentuale di energia da zuccheri semplici 12,6%
percentuale di energia da proteine 15,9%
NELL'ANNO  1994 SONO STATE RILEVATE DALL'ISTAT LE SEGUENTI PREVALENZE
DI PERSONE OBESE NELLE PERSONE DI 18 ANNI E PIU':
uomini 7,5%
donne 7,0%
A tal fine, vengono  indicate  le  seguenti  azioni  specifiche,  che
comprendono provvedimenti nazionali e interventi regionali e locali:
-   programmi   di  educazione  alimentare  mirati  a  sviluppare  un
orientamento critico e responsabile nei  riguardi  dei  comportamenti
alimentari e a favorire l'adozione di standard nutrizionali sani
-  interventi  di  promozione  della  conoscenza  della  qualita' dei
prodotti  alimentari  e   di   verifica   della   correttezza   delle
informazioni ai consumatori;
-  attivita'  di  promozione  della  produzione e della diffusione di
prodotti consoni ad una corretta alimentazione;
-  azioni  di  monitoraggio   della   ristorazione   collettiva,   in
particolare  nei contesti scolastici, lavorativi e di comunita', e di
incentivo alla diffusione di proposte alimentari dietetiche.   A  tal
fine   sara'   elaborato   uno   specifico   Progetto  Obiettivo  per
l'alimentazione e la nutrizione.
FUMO
Consolidate evidenze scientifiche dimostrano la  relazione  esistente
tra  abitudine al fumo di tabacco, esposizione a fumo passivo e stato
di salute.
E' attribuibile al fumo il 90% delle morti per  tumore  polmonare,  i
due terzi delle morti per broncopneumopatia cronica e un quarto delle
morti  per  malattie  cardiovascolari.  I  rischi  aumentano  in modo
proporzionale al crescere del numero di sigarette fumate ma  appaiono
parzialmente  reversibili  nel  tempo:  a  15  anni dall'interruzione
dell'abitudine al  fumo  i  rischi  di  morte  degli  ex-fumatori  si
avvicinano a quelli dei non fumatori.
Anche  l'esposizione  passiva  al  fumo  di  sigaretta costituisce un
importante fattore di rischio; e' stato osservato  un  aumento  della
frequenza  di  tumori  polmonari,  dell'infarto del miocardio e delle
malattie delle vie respiratorie nei soggetti esposti a fumo passivo.
Il Psn 1998-2000  propone  di  perseguire  i  seguenti  obiettivi  di
carattere generale.
La  prevalenza  di  fumatori  e  la quantita' quotidiana di sigarette
fumate devono ridursi.
In particolare, appare  prioritario  il  perseguimento  dei  seguenti
obiettivi specifici.
La  prevalenza  di  fumatori  di  eta'  superiore ai 14 anni non deve
superare il 20% per gli uomini ed il 10% per le donne.
Deve tendere a zero la frequenza delle donne che  fumano  durante  la
gravidanza.
Deve ridursi la prevalenza dei fumatori fra gli adolescenti.
NELL'ANNO 1996 SONO STATI RILEVATI DALL'ISTAT I SEGUENTI VALORI NELLE
PERSONE DI 14 ANNI E PIU':
prevalenza fumatori
uomini                                 34,9%
donne                                  17,6%
percentuale ex fumatori
uomini                                 26,9%
donne                                  12,2%
numero medio di sigarette fumate al giorno nei fumatori
uomini                                 16
donne                                  12
A  tal  fine,  vengono  indicate  le  seguenti azioni specifiche, che
comprendono provvedimenti nazionali e interventi regionali e locali:
- promuovere il rispetto del divieto del fumo nei locali  pubblici  e
negli ambienti di lavoro;
-  promuovere l'attuazione di interventi di educazione sanitaria, con
particolare   riferimento   alla   popolazione   in   eta'   scolare,
selezionando rigorosamente gli interventi di cui e' nota l'efficacia;
- realizzare campagne mirate a promuovere l'interruzione del fumo fra
le donne in gravidanza;
- diffondere misure preventive basate sulle prove;
-  vigilare  sulla  corretta applicazione dei limiti alla pubblicita'
diretta e indiretta;
- sostenere azioni volte a  favorire  la  disassuefazione  dal  fumo,
impegnando   anche  i  medici  di  medicina  generale  con  programmi
strutturati di provata efficacia;
- promuovere iniziative volte alla limitazione del consumo di tabacco
fra i minori di 16 anni.
ALCOL
L'abuso di alcol e' causa diretta di malattia e  uno  dei  principali
determinanti di incidenti.
Gli  effetti  acuti  dell'ingestione  di quantita' eccessive di alcol
possono condurre ad un aumento del rischio di mortalita' o morbosita'
per incidenti stradali e domestici e possono minare la  sicurezza  di
condizioni e ambienti di lavoro.
L'abuso  cronico  di  alcol  ha un ruolo eziologico diretto in alcune
patologie  specifiche  (cirrosi  alcolica,  sindrome   feto-alcolica,
psicosi alcolica, ecc.) e favorente in numerose altre.
Alla  luce  delle attuali evidenze scientifiche relative agli effetti
di fattori biologici, genetici, ambientali e comportamentali e  delle
tendenze   registrate   nel   corso   degli  ultimi  anni  in  Italia
(significativa riduzione  dei  consumi  alcolici  pro-capite)  appare
opportuno orientare prioritariamente l'intervento di promozione della
salute verso i forti consumatori a piu' alto rischio.
Il  Psn 1998-2000 propone la realizzazione dei seguenti obiettivi (in
riferimento alla situazione rilevata nel 1995).
La prevalenza dei consumatori di bevande alcoliche che eccedono i  40
grammi/die  di alcol, per i maschi ed i 20 grammi/die di alcol per le
donne, dovra' ridursi del 20%.
Inoltre, la prevalenza dei consumatori  di  bevande  alcoliche  fuori
pasto dovra' tendenzialmente ridursi del 30%.
NELL'ANNO 1995 SONO STATI RILEVATI DALL'ISTAT I SEGUENTI VALORI NELLE
PERSONE DI 14 ANNI E PIU':
bevono oltre 1/2 litro di vino al giorno
uomini                                   12,2%
donne                                     1,8%
bevono oltre 1/2 litro di birra al giorno
uomini                                    1,9%
donne                                     0,3%
bevono alcolici fuori pasto
uomini                                   35,3%
donne                                    10,1%
A   tal  fine,  sono  indicate  le  seguenti  azioni  specifiche,  di
prevenzione primaria e di promozione della moderazione  dei  consumi,
che  comprendono  provvedimenti  nazionali  e  interventi regionali e
locali:
-  interventi  di  regolamentazione  della  pubblicita'  dei prodotti
alcolici;
- misure di regolamentazione dell'informazione sul contenuto alcolico
delle  bevande,  con  esplicito  riferimento  ai  possibili   effetti
dannosi;
-  azioni  di  controllo  della  qualita'  dei prodotti alcolici e di
riduzione del grado alcolico delle bevande;
- campagne di  educazione  sanitaria,  differenziate  per  i  diversi
gruppi di popolazione;
-  campagne  mirate  a controllare i consumi alcolici fra le donne in
gravidanza e a promuovere l'interruzione del consumo;
- sostegno  ad  iniziative  volte  alla  disassuefazione  dall'alcol,
impegnando   anche  i  medici  di  medicina  generale  con  programmi
strutturati di provata efficacia;
- attivita' di regolamentazione e  monitoraggio  della  distribuzione
degli alcolici in ambito collettivo e di comunita';
-  misure  volte  a favorire il rispetto dei limiti di concentrazione
ematica di alcol durante la guida;
- regolamentazione  della  vendita  di  alcolici  in  coincidenza  di
manifestazioni sportive e culturali e nelle autostrade;
- misure fiscali volte a disincentivare il consumo di alcolici;
-  promozione  di  iniziative  che  limitino  la  vendita  di bevande
alcoliche ai minori.
Sono   inoltre   necessarie   azioni    mirate    al    miglioramento
dell'assistenza e della riabilitazione dei soggetti alcol-dipendenti.
ATTIVITA' FISICA
Nell'ambito  dell'adozione  di  stili di vita sani l'attivita' fisica
riveste un ruolo fondamentale.
Il  ruolo  protettivo  dell'esercizio  fisico   regolare   e'   stato
dimostrato   soprattutto   nei  riguardi  delle  patologie  cardio  e
cerebrovascolari, ma anche di quelle osteoarticolari e metaboliche.
Appare possibile prevedere il perseguimento  dei  seguenti  obiettivi
(il riferimento e' alla rilevazione del 1995):
La prevalenza di persone (giovani e aduli) che praticano regolarmente
(almeno  una  volta la settimana) attivita' fisico-sportiva nel tempo
libero dovra' aumentare in media del 10%, e comunque non meno del 10%
fra gli anziani.
NELL'ANNO 1995 SONO  STATI  RILEVATI  DALL'ISTAT  I  SEGUENTI  VALORI
RELATIVE  ALLA  PRATICA  DI  ATTIVITA' FISICO-SPORTIVA UNA VOLTA ALLA
SETTIMANA O PIU':
uomini                                   23,2%
donne                                    13,3%
uomini 15-19 anni                        46,3%
donne 15-19 anni                         26,0%
uomini 65 anni e piu'                     4,2%
donne 65 anni e piu'                      1,1%
A tal fine, possono essere indicate le seguenti azioni specifiche, da
sviluppare nei piani regionali e aziendali:
-  iniziative  rivolte  a   promuovere   l'attivita'   fisica   nella
popolazione generale;
-  campagne mirate specificamente a promuovere l'attivita' fisica fra
gli anziani;
-  coordinamento  e  sviluppo  di  iniziative,  da  attivare  con  il
coinvolgimento delle organizzazioni del settore,  per  la  promozione
dell'attivita' fisica tra i giovani.
OBIETTIVO II
CONTRASTARE LE PRINCIPALI PATOLOGIE
L'obiettivo  II  del  Psn  1998-2000  si  propone  di  contrastare le
principali  patologie  che  colpiscono  la  popolazione  italiana   e
provocano  il  maggior  carico  di  morte  e  disabilita'  o malattia
prevenibili  attraverso  interventi  di  prevenzione   primaria   e/o
secondaria.
I  criteri  adottati  per  l'individuazione  delle  aree  cruciali di
intervento sono:
1. l'importanza della patologia, in termini di mortalita'  prematura,
di malattia e/o di disabilita' evitabile,
2. la disponibilita' di interventi efficaci di prevenzione primaria o
di diagnosi precoce.
Le aree cruciali di intervento individuate sono:
- Malattie cardio e cerebrovascolari
- Tumori
- Malattie infettive
- Incidenti e malattie professionali.
Per  le  aree  di  intervento  selezionate  saranno  evidenziati  gli
interventi di prevenzione primaria  e  di  diagnosi  precoce  (quando
possibili).    Miglioramenti   nell'assistenza   sanitaria   potranno
sensibilmente  contribuire  al  raggiungimento  degli  obiettivi   di
riduzione  della  mortalita'  e  della disabilita' nonche' di aumento
della qualita' della vita.
Le quattro aree di intervento selezionate non esauriscono  il  quadro
delle condizioni cui il Ssn deve far fronte. In un apposito paragrafo
sono  indicate  altre  condizioni morbose, che richiedono particolare
attenzione,  e  per  le  quali  sono  previsti  progetti  speciali  e
normative specifiche ai quali si rimanda.
MALATTIE CARDIO E CEREBROVASCOLARI
Le  patologie  del sistema circolatorio sono responsabili del 44% dei
decessi registrati in Italia nel 1993.
La  mortalita'  per  malattie  cardio  e   cerebrovascolari   e'   in
diminuzione nel periodo 1971-1993.
Particolare   attenzione  meritano  le  differenze  registrate  nella
incidenza  e  nella  mortalita'  in  relazione  alle   diverse   aree
geografiche  e  condizioni  socioeconomiche  dei  diversi  gruppi  di
popolazione.
I principali fattori di rischio riconosciuti a livello individuale  e
collettivo  per  le malattie ischemiche del Cuore e per gli accidenti
cerebrovascolari sono l'abitudine al  fumo  di  tabacco,  la  ridotta
attivita'   fisica,  gli  elevati  livelli  di  colesterolemia  e  di
pressione  arteriosa.  Tali  fattori  di   rischio   possono   essere
influenzati  attraverso la modificazione delle abitudini alimentari e
dello stile di  vita  gia'  affrontati  nell'Obiettivo  I  del  Piano
sanitario  nazionale  1998-2000. Quando la riduzione dell'esposizione
ai fattori di rischio non e' sufficiente, e' necessario ricorrere  ad
un    adeguato    trattamento   farmacologico   dell'ipertensione   e
dell'ipercolesterolemia.
Il Psn 1998-2000 si propone di realizzare i  seguenti  obiettivi  (in
riferimento alla situazione della mortalita' del 1993):
La  mortalita'  derivante  da  malattie  ischemiche  del cuore dovra'
ridursi di almeno il 10%.
La mortalita' derivante da malattie cerebrovascolari  dovra'  ridursi
di almeno il 10%.
Le  diseguaglianze  in  termini mortalita' fra aree geografiche e fra
gruppi sociali dovranno ridursi.
La qualita' della vita del paziente affetto  da  patologie  cardio  e
cerebrovascolari dovra' migliorare.
LE  STATISTICHE  DI  MORTALITA'  DELL'ISTAT  DEL  1993  FORNISCONO  I
SEGUENTI TASSI DI MORTALITA' (PER 10.000 AB., ETA' 45-74 ANNI):
malattie ischemiche del cuore: uomini                23,0
malattie ischemiche del cuore: donne                  7,0
malattie cerebrovascolari: uomini                    10,0
malattie cerebrovascolari:  donne                     7,0
A tal fine, vengono indicate le seguenti  azioni  da  sviluppare  nei
piani regionali e aziendali:
a)  Interventi   finalizzati   alla   prevenzione  nella  popolazione
generale
Gli interventi dovranno essere  focalizzati  sui  benefici  derivanti
dalla  abolizione o dalla riduzione del fumo, dalla adozione di stili
di vita caratterizzati da una sana  alimentazione  e  da  un  aumento
dell'attivita'  fisica,  dal  perseguimento  di  livelli ottimali per
quanto riguarda la colesterolemia e la pressione arteriosa.
Le azioni potranno avvalersi di campagne di educazione sanitaria e di
sensibilizzazione degli operatori  sanitari,  per  il  controllo  dei
fattori di rischio nella popolazione.
b) Interventi finalizzati alla prevenzione nelle persone a rischio
Gli  interventi  dovranno  essere mirati alla diminuzione dei livelli
dei fattori di rischio e alla  prevenzione  delle  complicanze  nelle
persone gia' affette da una patologia cardiovascolare.
Le azioni potranno essere finalizzate a:
- l'identificazione e l'assistenza differenziata dei soggetti ad alto
rischio,
-  la  produzione,  la  diffusione  e  l'adozione  di Linee guida per
l'assistenza ai soggetti ipertesi e ipercolesterolemici,
- l'attivazione di programmi di riabilitazione.
TUMORI
In Italia i tumori rappresentano circa il 30% delle cause  di  morte.
Le  neoplasie  del  polmone,  del colon-retto e dello stomaco sono le
cause di morte piu' frequenti fra gli uomini, cui si aggiungono,  per
le donne, i tumori della mammella e dell'utero.
E'  possibile  stimare  in  circa  270.000  i  nuovi  casi  di tumore
diagnosticati ogni anno in Italia e in circa un  milione  i  pazienti
con tumore.
Sulla  base  delle  dinamiche  registrate  tra  il 1970 e il 1990, la
diminuzione dei tumori dello stomaco e il contestuale incremento  dei
tumori  colorettali  e  della  mammella  lasciano  prevedere,  per il
futuro, una stabilizzazione complessiva dei tassi  di  incidenza  dei
tumori maligni per gli uomini e un consolidamento della riduzione dei
tassi per le donne (pari, nel periodo esaminato, al 7%).
La  sopravvivenza,  a cinque anni dalla diagnosi, e' complessivamente
in lieve aumento (in analogia con il resto dell'Europa) e  pari,  per
l'insieme  dei tumori maligni, al 40%, con intuibili differenze fra i
tumori  a  prognosi  piu'  sfavorevole,  quali  quelli  polmonare   e
gastrico,  rispetto  a  quelli con prognosi piu' favorevole, quali le
neoplasie della mammella e dell'utero.
Particolare   attenzione  meritano  le  differenze  registrate  nella
incidenza, nella sopravvivenza  e  nella  mortalita'  per  tumori  in
relazione  alle  diverse  aree geografiche del territorio nazionale e
alle differenti condizioni  socioeconomiche  dei  diversi  gruppi  di
popolazione.
Numerose  evidenze  scientifiche  documentano  i  fattori  di rischio
favorenti l'insorgenza delle neoplasie maligne. I fattori  legati  al
comportamento  (fumo  e  alimentazione)  e  all'ambiente di vita e di
lavoro  (inquinamento  e  esposizione  ad  alcuni   cancerogeni,   in
particolare  amianto,  benzene  e cloruro di vinile monomero) possono
essere  direttamente  o  indirettamente  modificati   attraverso   le
attivita'   finalizzate  alla  prevenzione  primaria  indicate  negli
Obiettivi I  e  III  del  Piano  sanitario  nazionale  1998-2000.  La
realizzazione  di  programmi  di  screening  selettivi  e di diagnosi
precoce  possono  contribuire  a  contrastare  specifiche  forme   di
neoplasie.
I  risultati  in  termini  di  mortalita'  di  questi  interventi  di
prevenzione potranno essere osservati solo  nel  medio  termine,  ben
oltre  i  limiti  temporali  di validita' formale del Piano sanitario
nazionale 1998-2000, e comunque nell'ipotesi  di  azioni  costanti  e
durature.
Si  ritiene comunque necessario individuare fin d'ora il programma di
intervento ed indicare i relativi  obiettivi  tendenziali,  specifici
per le diverse neoplasie.
Indicazioni   operative  di  settore  sono  state  individuate  dalla
Commissione  Oncologica  Nazionale   nelle   apposite   Linee   guida
pubblicate  sulla  G.U.  del 20 febbraio 1996 (n. 42) e del 1 giugno
1996 (Supplemento Ordinario n. 88).
In considerazione delle tendenze dell'incidenza, della  mortalita'  e
della sopravvivenza per tumori e alla luce degli interventi proposti,
il  Psn  1998-2000  si  propone  di  realizzare  i seguenti obiettivi
generali:
La mortalita' derivante da tumori maligni dovra' ridursi.
Le differenze di sopravvivenza relative ai tumori maligni all'interno
del territorio nazionale dovranno ridursi.
Le diseguaglianze per i principali tumori in  termini  di  incidenza,
sopravvivenza e mortalita' tra classi sociali di popolazione dovranno
ridursi.
La qualita' della vita del paziente oncologico dovra' migliorare.
In   particolare,  con  riguardo  all'obiettivo  di  riduzione  della
mortalita' per tumori, appare possibile il perseguimento dei seguenti
obiettivi specifici nella classe di eta' 0-64  anni  (in  riferimento
alla situazione della mortalita' del 1993):
-  la  mortalita' da tumori maligni dovra' essere ridotta del 10% per
gli uomini e del 5% perle donne;
- la mortalita' derivante da tumore del polmone dovra' essere ridotta
del 10% per i maschi e stabilizzarsi per le donne;
- la mortalita' derivante da  tumore  della  mammella  dovra'  essere
ridotta del 5%;
-  la  mortalita'  derivante  da  tumore  dello stomaco dovra' essere
ridotta del 10%;
-   la   mortalita'   derivante  da  tumore  del  colon-retto  dovra'
stabilizzarsi;
- la mortalita' derivante da tumore della cervice  dell'utero  dovra'
essere ridotta del 10%.
LE  STATISTICHE  DI  MORTALITA'  DELL'ISTAT  DEL  1993  FORNISCONO  I
SEGUENTI TASSI DI MORTALITA' (PER 10.000 AB., ETA' 0-64 ANNI):
tumori maligni:           uomini    11,3
donne      7,3
tumore del polmone:       uomini     3,7
donne      0,6
tumore della mammella:    donne      2,0
tumore dello stomaco:     uomini     0,8
donne      0,4
tumore del colon-retto:   uomini     0,9
donne      0,7
tumore dell'utero:        donne      0,4
Oltre  agli  interventi di prevenzione primaria sugli stili di vita e
sull'ambiente di vita e di lavoro, di cui agli obiettivi di salute  I
e  III  del  Psn,  sono indicate le seguenti azioni da sviluppare nei
piani regionali e aziendali:
a) Interventi di diagnosi precoce
Campagne di screening per la diagnosi  precoce  e  per  il  controllo
periodico  dei fattori di rischio. In particolare, risultano efficaci
a fronte delle risorse utilizzate i programmi per la diagnosi precoce
dei tumori  della  mammella,  del  collo  dell'utero  e,  per  alcune
popolazioni, dell'apparato digerente (in particolare del colon-etto).
Sono pertanto da estendere a tutto il territorio nazionale:
-  lo  screening  mammografico con periodicita' biennale per le donne
tra 50 e 69 anni, per il carcinoma mammario;
- lo screening tramite pap test con  periodicita'  triennale  per  le
donne tra 25 e 64 anni, per il carcinoma del collo dell'utero;
-  la  diagnosi  precoce  delle  patologie  tumorali  eredo-familiari
invasive e preinvasive nei soggetti  riconosciuti  ad  alto  rischio,
limitatamente  alle  patologie per le quali la diagnosi precoce si e'
dimostrata efficace nel modificare la storia naturale della malattia.
Oltre  a  garantire  la  valutazione   periodica   dei   livelli   di
partecipazione  da  parte  della popolazione selezionata, soprattutto
dei gruppi meno istruiti e avvantaggiati, i  programmi  di  screening
dovranno prevedere:
-  la  predisposizione di Linee guida per la conferma diagnostica dei
casi sospetti identificati ed  il  trattamento  tempestivo  dei  casi
confermati;
-  l'istituzione di un sistema di controllo di qualita' dei programmi
di diagnosi precoce.
b) Interventi per il miglioramento della qualita' della vita
Programmi di intervento dovranno essere attuati per il  miglioramento
della  qualita'  della  vita  dei  pazienti  affetti  da  tumore, con
particolare   riguardo   all'umanizzazione   dell'assistenza,    alla
prevenzione  delle  complicanze  e  alla riparazione e riabilitazione
degli esiti.
Le iniziative possono avvalersi dei seguenti interventi:
- produzione, diffusione e adozione di Linee guida  per  l'assistenza
ai pazienti oncologici terminali,
-  attivazione  di  appropriati  programmi di riabilitazione e per la
terapia palliativa e del dolore,
-  diffusione  di  forme di assistenza domiciliare che favoriscano il
concorso della famiglia e della rete sociale del paziente.
Va infine promossa la rilevazione della incidenza dei tumori  tramite
la rete dei Registri Tumori e la realizzazione di stime di incidenza,
prevalenza e sopravvivenza per l'intera popolazione italiana
MALATTIE INFETTIVE
Le   malattie  infettive  continuano  a  rappresentare  un  rilevante
problema sanitario, nonostante la disponibilita', per molte di  esse,
di  efficaci  interventi  preventivi  e terapeutici. Cio' puo' essere
attribuito a molti fattori fra cui:
- l'incompleta adozione di misure di provata efficacia, come nel caso
della prevenzione di talune infezioni ospedaliere  e  delle  malattie
prevenibili mediante vaccini;
- le mutate condizioni sociali ed epidemiologiche, che favoriscono il
riemergere di malattie in via di eradicazione, quali la tubercolosi;
-  la comparsa di malattie infettive prima sconosciute e la selezione
di germi particolarmente virulenti o resistenti agli antibiotici.
Il  Piano  sanitario  nazionale  1998-2000  individua  quattro   aree
prioritarie  di intervento: la prevenzione delle infezioni da Hiv; la
prevenzione  delle  infezioni  ospedaliere;  la  prevenzione   e   il
trattamento  della  tubercolosi;  la  prevenzione mediante vaccini di
quelle malattie per le quali i programmi di  vaccinazione  presentano
un rapporto rischio-beneficio e costo-beneficio favorevole.
La  prevenzione  delle  malattie  infettive  mediante i vaccini e' un
intervento   di   sanita'   pubblica   caratterizzato   da   rapporti
rischio-beneficio  e  costo-beneficio  con  pochi  analoghi  fra  gli
interventi sanitari.
L'incidenza  di  infezioni  acquisite  in  ospedale,  che  in  Italia
colpisce  tra  il  5%  e  il 10% di tutti i pazienti ricoverati, e un
importante e  sensibile  indicatore  della  qualita'  dell'assistenza
prestata. Accanto ai tradizionali rischi legati ai problemi di igiene
ambientale,  particolare  rilevanza nella prevenzione delle infezioni
ospedaliere assume infatti l'adozione  di  comportamenti  e  pratiche
professionali  e  di assetti organizzativi orientati a minimizzare il
rischio di trasmissione dell'infezione.
La tempestiva identificazione  e  il  trattamento  secondo  i  regimi
raccomandati  e  per  il  periodo  di tempo necessario delle malattie
infettive emergenti e riemergenti rappresentano gli  interventi  piu'
efficaci  per  ridurre  il  danno  individuale  nonche'  le  fonti di
infezione ed il rischio di trasmissione nella popolazione.
La diffusione di ceppi di microrganismi multiresistenti o  resistenti
ai  farmaci di ultima generazione rappresenta una emergenza sanitaria
in  tutto  il  mondo  e  deve  essere  attentamente   sorvegliata   e
contrastata con interventi efficaci.
Sulla  base di tali considerazioni sono definiti i seguenti obiettivi
specifici.
La copertura vaccinale per la popolazione di  eta'  inferiore  ai  24
mesi,  anche  immigrata, oltre a quanto gia' previsto dalla normativa
vigente in materia di vaccinazioni obbligatorie,  dovra'  raggiungere
almeno il 95% su tutto il territorio nazionale per Morbillo, Rosolia,
Parotite, Pertosse, Haemophilus influenzae.
La  copertura  vaccinale  contro l'influenza per la popolazione al di
sopra dei 64 anni dovra' raggiungere il 75%.
Dovranno  essere  monitorati  gli  effetti  indesiderati  di tutte le
vaccinazioni.
Il virus della Poliomielite dovra' essere  eradicato  dal  territorio
nazionale.
L'esito  del  trattamento  dei  casi  di  tubercolosi  dovra'  essere
monitorato, dimostrando che il  trattamento  farmacologico  e'  stato
completato in almeno l'85% dei casi diagnosticati.
L'incidenza  delle  infezioni ospedaliere dovra' ridursi di almeno il
25%,  con  particolare  riguardo  a  infezioni  delle  vie  urinarie,
infezioni  della  ferita  chirurgica,  polmoniti  post  operatorie  o
associate a ventilazione assistita e infezioni associate  a  cateteri
intravascolari.
NELL'ANNO  1995  IL MINISTERO DELLA SANITA' REGISTRA I SEGUENTI TASSI
DI COPERTURA VACCINALE NELLA POPOLAZIONE DI ETA' INFERIORE AI 24 MESI
DI VITA:
morbillo                  50%
pertosse                  40%
poliomielite              95%
Hemophilus               >10%
Incidenza infezioni ospedaliere  5%-10%
La lotta alle malattie infettive emergenti e riemergenti si  realizza
attraverso:
-  la  realizzazione di interventi volti alla sensibilizzazione della
popolazione e di tutti gli operatori  sanitari  nei  confronti  della
prevenzione  delle  malattie  infettive  e  della  importanza  di una
efficace copertura vaccinale;
- l'attivazione o l'adeguamento di sistemi di sorveglianza integrati,
che includano sistemi di sorveglianza basati sul laboratorio;
- l'attivazione di sistemi informativi di rapida  allerta,  collegati
ad analoghi sistemi europei ed extraeuropei;
-  l'attivazione  di sistemi di sorveglianza della farmacoresistenza,
con particolare riguardo alla Tbc umana;
- l'adozione di politiche dell'uso  del  farmaco  antimicrobico,  nel
mondo  umano  e in quello animale, volte a contrastare lo sviluppo di
germi antibiotico-resistenti;
- la sorveglianza delle infezioni trasmesse da e con alimenti;
- il monitoraggio delle zoonosi;
- l'attivazione di un programma per la sorveglianza, la prevenzione e
il controllo delle infezioni in ogni presidio ospedaliero,  orientato
sia   ai   pazienti  sia  agli  operatori  sanitari.  Tale  programma
rappresenta un criterio di  accreditamento  della  struttura  e  deve
prevedere  l'istituzione  di un Comitato di controllo delle infezioni
ospedaliere, l'assegnazione di specifiche responsabilita'  gestionali
a personale qualificato e la definizione di politiche di intervento e
di protocolli scritti.
Particolare  attenzione va posta alla sorveglianza e alla prevenzione
delle infezioni da Hiv/Aids. Per  questo  settore,  la  strategia  di
intervento   e'   fissata   dall'emanando   Progetto  Obiettivo  Aids
1998-2000.
INCIDENTI E MALATTIE PROFESSIONALI
Gli incidenti, gli infortuni e le malattie professionali, nonche'  le
loro  conseguenze  in  termini  di  costi sociosanitari e di qualita'
della vita, costituiscono un  problema  prioritario  per  la  sanita'
pubblica.
In  questa  sezione  vengono  considerati gli incidenti stradali, gli
incidenti  domestici,  gli  incidenti  sul  lavoro  e   le   malattie
professionali.
Incidenti stradali
La  mortalita' associata agli incidenti stradali rappresenta l'1,5-2%
della totalita' dei decessi. Un numero elevato di  morti  avviene  in
eta'  giovanile:  fra  gli  uomini  con  meno  di  quaranta  anni gli
incidenti stradali costituiscono la prima causa di morte.
La morbosita' associata agli incidenti stradali  e'  rilevante,  cosi
come la frequenza di disabilita' residue.
Il   Psn  si  propone  i  seguenti  obiettivi  (in  riferimento  alla
situazione relativa al 1993).
La  mortalita'  derivante  dagli  incidenti  stradali  dovra'  essere
ridotta  in media del 20% e comunque non meno del 20% nella fascia di
eta' tra i 15 e i 24 anni.
Le menomazioni gravi  permanenti  conseguenti  a  incidenti  stradali
dovranno ridursi.
LE  STATISTICHE  DI  MORTALITA'  DELL'ISTAT  DEL  1993  FORNISCONO  I
SEGUENTI TASSI DI MORTALITA' (PER  100.000  ABITANTI)  PER  INCIDENTI
STRADALI:
tutte le eta'
uomini                        23,7
donne                          6,5
15-24 anni
uomini                        40,9
donne                          8,9
Oltre  agli interventi sugli stili di vita di cui all'Obiettivo I del
Psn, sono indicate le seguenti azioni prioritarie:
- aumentare l'utilizzo del casco da parte degli utenti di  veicoli  a
motore a due ruote;
-  aumentare gli standard di sicurezza dei veicoli e diffondere l'uso
corretto dei dispositivi di sicurezza (cinture e seggiolini);
- migliorare  le  condizioni  di  viabilita'  (segnaletica  stradale,
illuminazione,  condizioni  di  percorribilita',  ecc.) nelle zone ad
alto rischio di incidenti stradali,
- favorire la guida sicura, attraverso interventi per il rispetto dei
limiti di velocita' e per ridurre la guida in stato di  ebbrezza,  in
particolare nelle ore serali e notturne;
- potenziare i trasporti pubblici.
Incidenti domestici
Gli incidenti domestici rappresentano un fenomeno di grande rilevanza
nell'ambito  dei temi legati alla prevenzione degli eventi evitabili.
Le persone tendono ad associare situazioni di rischio  di  infortunio
prevalentemente  ai  luoghi  di  lavoro  e  ai  mezzi  di  trasporto.
L'ampiezza del fenomeno degli infortuni in  ambiente  domestico  deve
peraltro  rendere consapevole la collettivita' che le mura domestiche
rappresentano  un  ambito  di  sicurezza  solo  se  sono   rispettate
condizioni di corretto utilizzo degli spazi e degli oggetti.
Particolare  attenzione  deve  essere  dedicata  agli  incidenti  che
coinvolgono gli anziani, soprattutto quelli istituzionalizzati.
Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 si pone i  seguenti  obiettivi
generali.
Il numero di infortuni domestici dovra' ridursi.
In   particolare,  dovra'  diminuire  l'entita'  del  fenomeno  nelle
categorie piu' a rischio, specificamente i bambini e gli anziani.
LE  STATISTICHE  DI  MORTALITA'  DELL'ISTAT  DEL  1993  FORNISCONO  I
SEGUENTI  TASSI  DI MORTALITA' PER INCIDENTI NON STRADALI PER 100.000
ABITANTI:
tutte le eta'
uomini                        22,8
donne                         24,8
eta' 0-5 anni
uomini                         4,0
donne                          3,6
eta' 65 anni e piu'
uomini                        94,8
donne                        122,7
N.B.: SI STIMA CHE CIRCA LA META' DEGLI NCIDENTI AVVENGA  IN  CASA  O
NELLE PERTINENZE (INCIDENTI DOMESTICI).
Possono  essere  indicate  le  seguenti  azioni da privilegiare nella
definizione dei piani di intervento:
- incentivazione delle misure di sicurezza domestica  strutturale  ed
impiantistica e di requisiti di sicurezza dei complementi di arredo e
dei giocattoli;
-  predisposizione  di  programmi  intersettoriali  volti  a favorire
l'adattamento degli spazi domestici alle condizioni di disabilita'  e
di ridotta funzionalita' dei soggetti a rischio;
-   sviluppo   di   campagne   finalizzate  all'informazione  e  alla
sensibilizzazione nei  confronti  dei  rischi  presenti  negli  spazi
domestici, rivolte particolarmente alle categorie piu' "a rischio";
-  costruzione  di  un  sistema  di  sorveglianza  epidemiologica del
fenomeno infortunistico e individuazione di criteri di  misura  degli
infortuni domestici.
Incidenti sul lavoro
La  salute  e  il  benessere  nei  luoghi di lavoro costituiscono gli
obiettivi prioritari da raggiungere per  assicurare  lo  sviluppo  di
attivita' lavorative sicure, produttive e competitive. Sebbene questo
convincimento   sia   ampiamente   consolidato   in   tutti  i  paesi
industrializzati  e  gli  sforzi  intrapresi  in   questa   direzione
risultino  significativi,  il  numero  degli  eventi  dannosi  che si
verificano nei luoghi di lavoro rimane ancora elevato.
In Italia, il fenomeno  infortunistico,  pur  in  leggera  flessione,
risulta  ancora troppo consistente per non rappresentare un motivo di
forte preoccupazione. Secondo i dati di fonte  INAIL,  gli  infortuni
avvenuti nel 1996 sono oltre 630 mila di cui 1.081 mortali.
I  settori  a  piu'  alto  rischio  di infortunio sono l'agricoltura,
l'edilizia, i trasporti, l'industria estrattiva e del legno.
Nell'ambito  della  popolazione  infortunata,  4  infortuni  su   100
riguardano,  nel settore industriale, lavoratori con eta' inferiore o
uguale a 18 anni, mentre nel settore agricolo, 15  infortuni  su  100
coinvolgono  addetti  con  piu'  di  60  anni  e  in  29  casi su 100
colpiscono le donne.
Il  quadro  statistico  risulta  peraltro  sottostimato  poiche'  non
comprende  alcune  aree  lavorative  non  assicurate dall'INAIL e non
tiene conto del fenomeno sommerso.
Il Piano sanitario nazionale  1998-2000  pone  i  seguenti  obiettivi
generali.
La frequenza degli infortuni sul lavoro dovra' ridursi del 10%.
In  particolare, dovra' ridursi la frequenza nei settori produttivi a
maggior rischio e per gli infortuni piu' gravi.
CASI DI INFORTUNIO PER MILIONE DI ORE LAVORATE (1996; INAIL, ISPESL):
agricoltura
totale                                 38,8
di cui: inabilita' permanente o morte   2,5
industria
totale                                 22,7
di cui: inabilita' permanente o morte   1,0
Le strategie d'intervento volte a limitare il fenomeno infortunistico
dovrebbero privilegiare:
- il potenziamento ed il  coordinamento  di  tutte  le  attivita'  di
prevenzione   e   vigilanza   svolte  dagli  organismi  istituzionali
interessati;
- la piena applicazione del D.Lgs. 626/94 e successive  modificazioni
e  l'immediata emanazione di tutti i decreti attuativi previsti dallo
stesso dispositivo di legge;
-  la  promozione  di  iniziative  che  favoriscano  la  circolazione
dell'informazione,  la  formazione  e  l'aggiornamento dei principali
soggetti della prevenzione;
- i processi di verifica della qualita' e dell'efficacia delle azioni
preventive attuate;
- la costruzione di sistemi di sorveglianza epidemiologica  orientati
alla  prevenzione  (con particolare attenzione all'organizzazione del
lavoro) che consentano di monitorare il fenomeno infortunistico e  di
evidenziare le modalita' e le cause degli eventi dannosi.
Azioni  specifiche,  da parte delle Regioni e delle Aziende sanitarie
interessate, dovranno essere sviluppate  relativamente  alle  "Grandi
opere"  che  si  attueranno nel triennio di validita' del Piano (Alta
velocita', Opere per il Giubileo), anche con un adeguato monitoraggio
degli infortuni e degli interventi di prevenzione messi in atto.
Malattie professionali
Il  numero  delle   malattie   professionali   denunciate,   pur   in
diminuzione,  oscilla  intorno  a 30.000 casi all'anno, mentre quelle
riconosciute si aggirano intorno  a  6.000  casi  l'anno.  I  settori
industriali   maggiormente   coinvolti   sono   il  metallurgico,  le
costruzioni, il minerario, il chimico, il tessile ed i trasporti.  Le
patologie  di  piu'   frequente   riscontro   sono,   nell'industria,
l'ipoacusia  da  rumore,  le  malattie cutanee, le pneumoconiosi e le
malattie  osteo-articolari  e,  in  agricoltura,  l'asma  bronchiale,
l'ipoacusia  da  rumore  e  le  alveoliti  allergiche.  Tuttora  poco
conosciuto e' il settore delle patologie  correlate  con  il  lavoro,
associate  frequentemente alla organizzazione del lavoro e ai carichi
di fatica, fisica o mentale.
Il Piano sanitario nazionale  1998-2000  pone  i  seguenti  obiettivi
generali.
Il numero delle malattie professionali e delle patologie correlate al
lavoro deve diminuire.
NUMERO  DI MALATTIE PROFESSIONALI DENUNCIATE NEL 1996 SECONDO L'INAIL
E L'ISPESL:
agricoltura                              972
industria e terziario                 30.821
totale                                31.793
A  tal fine, possono essere indicate le seguenti azioni da sviluppare
nei piani regionali e aziendali:
- potenziamento e razionalizzazione  delle  attivita'  di  formazione
degli addetti alla vigilanza e controllo;
-  realizzazione di un'informazione continua e completa nei confronti
dei lavoratori;
-  monitoraggio  di  parametri  indicativi  e  realizzazione  di  una
funzionale rete di epidemiologia occupazionale;
-  perseguimento  della  piena  realizzazione  dell'adeguamento  alle
esigenze di prevenzione e sicurezza sancite dalla  recente  normativa
di settore;
-  perseguimento  sanzionatorio e giudiziario delle inadempienze alla
legge;
- interventi volti a migliorare la qualita' e  la  completezza  delle
rilevazioni  sulle  malattie  professionali  e  a sviluppare indagini
sulle patologie correlate con il lavoro.
Altre patologie di particolare rilievo sociale
Oltre alle quattro aree di intervento  gia'  indicate  nei  paragrafi
precedenti  (malattie  cardio  e  cerebrovascolari,  tumori, malattie
infettive, incidenti  e  malattie  professionali),  altre  condizioni
morbose  rientrano  nel  quadro  delle  patologie cui va riconosciuto
carattere di particolare rilievo sociale.
Per alcune condizioni morbose sono gia'  disponibili,  o  in  via  di
definizione,  provvedimenti  normativi  e  documenti  di indirizzo di
carattere  generale  volti  a  precisare,  per  ciascun  ambito,  gli
obiettivi  da  raggiungere,  gli  interventi  da  privilegiare  e  le
indicazioni di ordine organizzativo.
Ci si riferisce in particolare a:
- diabete mellito, patologia per la  quale  il  Piano  si  impegna  a
favore  del  continuo  miglioramento  e della costante verifica della
qualita' dell'assistenza, anche in relazione alla normativa esistente
in tema di prevenzione e cura (l. 115/1987),
- fibrosi cistica (interventi di prevenzione e cura, legge 548/1993),
errori metabolici congeniti e  morbo  celiaco  (assistenza  sanitaria
integrativa, D.M. 1.7.1982).
Meritano   specifica   attenzione,  in  quanto  importanti  cause  di
invalidita', altre condizioni morbose rappresentate da:
- malattie reumatiche croniche, soprattutto  nelle  torme  gravi  che
colpiscono l'eta' giovanile e adulta;
-  malattie  allergiche,  specialmente in eta' pediatrica nelle forme
respiratorie;
-  malattie  dell'apparato   cardio-respiratorio,   con   particolare
riguardo all'asma bronchiale e alla bronchite cronica;
-   malattie   del   sistema   nervoso   centrale,   sia   acute  sia
cronico-degenerative;
- nefropatie, soprattutto nelle forme che  esitano  in  insufficienza
renale   con  conseguente  necessita'  di  emodialisi  o  di  dialisi
peritoneale;
- disturbi del comportamento alimentare, anoressia e bulimia nervosa;
-  malattie  dell'apparato  digerente,  specificamente  nelle   forme
croniche e, in particolare, le epatopatie di origine virale.
Per   tali   condizioni  il  Piano  Sanitario  Nazionale  prevede  la
elaborazione e la diffusione  di  apposite  Linee  guida,  secondo  i
criteri   di   priorita'  e  la  metodologia  discussi  nell'apposito
capitolo.
Nel   quadro   delle  patologie  di  rilevanza  sociale,  va  inoltre
considerata con particolare attenzione la fascia di  popolazione  dei
portatori  di  handicap  (cui si riferiscono specifiche disposizioni:
legge 5.2.1992, n. 104, legge 27.10.1993, n.  423).    Si  tratta  di
soggetti  destinati  a convivere con una limitazione spesso rilevante
della propria autonomia funzionale ed esposti al rischio di possibili
ulteriori involuzioni, da contrastare con interventi  di  prevenzione
di secondo e terzo livello.
Va  osservato infine come l'intero ambito delle malattie di rilevanza
sociale si caratterizzi in funzione dell'importanza che assumono  gli
interventi  di  carattere  preventivo,  soprattutto  quelli diretti a
modificare comportamenti e stili di vita (di cui agli Obiettivi  I  e
III  del Psn), gli interventi di riabilitazione (di cui all'Obiettivo
V) e gli interventi di integrazione sociosanitaria (di cui alla parte
II del Psn sulle strategie di cambiamento).
OBIETTIVO III
MIGLIORARE IL CONTESTO AMBIENTALE
Qualsiasi contaminante presente nell'ecosistema interagisce  con  gli
organismi   viventi.   L'attivazione   del  processo  finalizzato  al
mantenimento e  al  miglioramento  della  salute  non  puo'  pertanto
prescindere   dalla   valutazione  dei  determinanti  ambientali.  In
particolare la  qualita'  dell'aria,  dell'acqua,  degli  alimenti  e
dell'ambiente in toto riveste un ruolo determinante.
La qualita' dell'ambiente dipende sostanzialmente dai modelli di vita
e  di  produzione  dei  beni in essere sul territorio; essa quindi e'
direttamente orientata dalle  scelte  di  governo  del  sistema.  Gli
elementi    descrittivi    del    sistema    non   sono   attualmente
sufficientemente conosciuti; ancor piu', mancano  informazioni  sulle
correlazioni  tra  tali elementi - allorche' rappresentano fattori di
rischio - e lo stato di salute della popolazione.  Anche  utilizzando
le  informazioni derivanti dalle esperienze acquisite, occorre in via
prioritaria colmare il debito informativo.
La pluralita' di soggetti coinvolti  e  la  multisettorialita'  degli
approcci  necessari prospettano attivita' di medio e lungo termine ed
investono competenze e risorse che  non  possono  essere  limitate  a
quelle  sanitarie. Nell'ambito di un progetto nazionale per la salute
appare  dunque  opportuno  privilegiare  le  attivita'  destinate  al
monitoraggio  ambientale  con  riguardo  alle  situazioni definite ad
elevato rischio e alle fasce piu' deboli di popolazione.
Anche in relazione alla complessita' di interventi richiesti ed  alle
conoscenze  del territorio acquisite, e' indispensabile realizzare un
sistema di connessione a rete tra i diversi  soggetti  impegnati  nel
settore  (Dipartimento  di  Prevenzione Aziendale, PMP o ARPA, ANPA e
altre istituzioni) al fine di promuovere ogni possibile sinergia e di
evitare indesiderate ridondanze.
La creazione di  tale  network  permette  tra  l'altro  di  impostare
correttamente  la valutazione del rischio per la salute connessa alle
matrici ambientali e la sua conseguente gestione.  In  tal  senso  e'
indispensabile   valutare  con  opportuni  modelli  l'impatto  di  un
inquinante sull'ecosistema, censire i punti o i fattori di rischio  e
graduarne  il  rilievo, valutare la popolazione coinvolta e la durata
dell'esposizione  e  le  correlazioni  comunque  intercorrenti,  onde
accertare  i riflessi sanitari e l'eventuale entita' del danno.  Solo
sulla  base  della  valutazione  effettuata  e'   possibile   gestire
l'ipotetico  rischio individuando, ove necessario, le possibilita' di
intervento (economico, giuridico, amministrativo, tecnico, ecc.).
ARIA
L'inquinamento atmosferico urbano - derivante da traffico  veicolare,
dai sistemi di riscaldamento o da sistemi di produzione industriale -
e' un importante fattore di rischio per la salute per il quale non si
dispone  di  valutazioni  epidemiologiche esaustive. E' stato stimato
che l'inquinamento  atmosferico  di  tipo  urbano  riveste  un  ruolo
nell'eziologia  del  tumore  polmonare  valutabile  in  un eccesso di
rischio fino al  33%  per  gli  abitanti  delle  aree  metropolitane,
indipendentemente  dall'abitudine  al  fumo  di  tabacco. Persistono,
tuttavia, incertezze nelle stime del rischio di tumori potenzialmente
attribuibili all'inquinamento.
E'  stata  descritta in modo coerente la relazione tra concentrazione
ambientale di inquinanti, che si registrano in molte  aree  italiane,
ed  aumento  della  morbosita'  e  della mortalita', specie per cause
respiratorie. In particolare, gli inquinanti ambientali provocano  un
danno  respiratorio  cronico, inducono un aggravamento dei sintomi di
asma  bronchiale,  aumentano  il  ricorso  all'assistenza  sanitaria,
compresa  l'ospedalizzazione,  aumentano  la probabilita' di morte in
soggetti gia' affetti da patologie invalidanti. Tra i diversi fattori
di inquinamento dell'aria meritano attenzione, per il  potenziale  di
rischio  per  la salute che rappresentano, le polveri, specie le piu'
fini e piu' facilmente respirabili, l'anidride solforosa, l'ossido di
carbonio, gli  ossidi  di  azoto,  il  benzene  e  l'amianto  nonche'
l'ozono,  inquinante  fotochimico  il  cui  impatto  sanitario non e'
ancora stato valutato in modo esaustivo.
Infine, va sottolineata l'importanza della qualita'  dell'aria  negli
ambienti  confinati  quale  determinante  dello  stato  di salute; in
particolare, l'inquinamento da fumo di tabacco e la contaminazione da
radon sono trattati nei capitoli specifici (Fumo e Radiazioni).
Sulla base di tali considerazioni, pur  in  presenza  di  difficolta'
nella  definizione di obiettivi specifici, e' indispensabile indicare
alcune  azioni  prioritarie  per  il  miglioramento  della   qualita'
dell'aria atmosferica.
Nel  triennio  1998-2000, dovranno essere prioritariamente realizzate
le  seguenti  iniziative  volte  alla   riduzione   dell'inquinamento
atmosferico:
-  regolamentazione  della  circolazione  e  riduzione  del  traffico
veicolare privato nelle aree urbane;
- adozione di politiche dei trasporti basate sull'utilizzo  di  fonti
energetiche  alternative  e  riorientamento  del traffico commerciale
verso il trasporto su rotaia o marittimo;
- incremento dell'uso di marmitte catalitiche a tre vie;
- sensibilizzazione della popolazione all'uso razionale  delle  fonti
energetiche finalizzate al trasporto e al riscaldamento;
-   sviluppo   di   tecnologie   per  la  riduzione  delle  emissioni
industriali, veicolari e domestiche;
-  controllo  rigoroso  delle  perdite  di   volatili   organici   in
prossimita'  dei  complessi  industriali, in particolare raffinerie e
deposti di carburante;
- trasformazione dei sistemi di riscaldamento domestico e  collettivo
al fine di utilizzare combustibili meno inquinanti.
ACQUA
La   valutazione   degli  aspetti  di  salute  legati  alla  qualita'
dell'acqua e' possibile sulla base di tre indicatori sintetici:    la
disponibilita'  in  natura  di  riserve  d'acqua  destinabili all'uso
potabile  adeguate  per   qualita',   quantita'   e   accessibilita';
l'efficienza  e il grado di penetrazione della rete degli acquedotti;
le modalita' di smaltimento e di depurazione delle acque reflue.
Analogamente a quanto avviene per l'aria, le informazioni disponibili
sullo stato delle acque sono frammentarie e non sempre affidabili.
Nonostante l'elevata capacita' dei depuratori attivi in Italia,  solo
per   una   parte   della   popolazione  le  acque  reflue  risultano
adeguatamente  depurate.  La  quantita'  di  carico  non  depurato  e
riversato  direttamente  nei  corpi idrici, equivalente a migliaia di
tonnellate di materiale organico  raccolto  dal  Mediterraneo  ha  un
impatto    qualitativamente   intuibile   sull'ecosistema   e   sulla
balneazione delle acque.
Un'adeguata  disponibilita'  di  acqua  potabile  e'  un traguardo da
raggiungere per una parte della  popolazione,  in  particolare  nelle
isole  e nel meridione. La presenza, infine, di contaminanti, chimici
o biologici, puo' essere responsabile di condizioni morbose  che,  in
funzione  dell'uso finale delle acque, puo' compromettere lo stato di
salute di qualche area di popolazione. Le nuove acquisizioni  tecnico
scientifiche  stanno  portando  ad  una migliore puntualizzazione dei
contaminanti da eliminare puntualmente.
In  funzione  di  tali  considerazioni  e'  possibile  individuare  i
seguenti obiettivi.
Entro  l'anno  2000, la disponibilita' di acqua potabile per abitante
dovra' essere incrementata, laddove carente, e  dovra'  aumentare  la
percentuale   di   popolazione  servita  da  acquedotto.  Particolare
attenzione  dovra'  essere  rivolta  alle  situazioni   in   cui   la
distribuzione,  l'erogazione  o  le  caratteristiche (organolettiche,
chimiche o biologiche) delle acque ne limitano o ne ostacolano  l'uso
alimentare  e  civile, anche attraverso processi di razionalizzazione
ed integrazione delle reti (anche accelerando  la  realizzazione  dei
bacini ottimali di utenza) che privilegino la tutela della qualita' e
la lotta alle perdite e agli sprechi.
Entro l'anno 2000 dovranno essere incrementate le attivita' di tutela
delle  acque  dai processi di contaminazione urbana e industriale; in
particolare dovra' essere incrementato l'avviamento alla  depurazione
dei  carichi  inquinanti  depurabili  (contaminanti  chimici,  carico
organico, fosforo, ecc.) non depurati  e  ridotta  la  quantita'  dei
reflui non depurati riversati direttamente nei corpi idrici.
ALIMENTI
Il  ruolo  esercitato  dagli  alimenti  e dal regime alimentare sullo
stato di  salute  e'  documentato  da  numerose  osservazioni.  Della
riduzione  del  rischio  dietetico  legato  all'adozione di abitudini
alimentari   basate   sull'osservanza   dei   livelli    nutrizionali
raccomandati  si  tratta  nel  paragrafo  relativo all'alimentazione.
Appare  tuttavia  opportuno  completare  l'analisi  con  gli  aspetti
relativi alla qualita' degli alimenti.
Il  processo  di salubrita' degli alimenti ha inizio al livello della
produzione agricola, prosegue nella fase della  lavorazione  e  della
trasformazione  industriale,  in  quella  della distribuzione e della
conservazione e si completa al livello del  consumatore,  nelle  fasi
della preparazione, cottura e somministrazione.
L'irregolarita' o l'inadeguatezza in una qualsiasi delle diverse fasi
comporta  una  maggiore  probabilita'  di rischio per la salute.   La
possibile presenza negli alimenti di  contaminanti  di  varia  natura
puo'  avere,  infatti, implicazioni sullo stato di salute con effetti
negativi che in alcuni casi si  possono  manifestare  a  distanza  di
anni. Effetti negativi a breve termine si verificano a seguito di una
contaminazione  microbiologica  degli  alimenti,  avvenuta  nel corso
della produzione o durante la  conservazione,  che  puo'  determinare
episodi di tossinfezione alimentare.
Per  quanto  inferiore  rispetto  alla  media  europea,  il numero di
tossinfezioni alimentari e', nel nostro Paese, in  continuo  aumento.
Il  90%  di tali tossinfezioni e' dovuto alle infezioni da Salmonella
e, fra queste, risulta in gran parte responsabile S. enteritidis.
Al  fine  di  migliorare  la  qualita' igienica degli alimenti appare
fondamentale un'armonizzazione dell'attivita' di controllo esercitata
dalle autorita' sanitarie con l'attivita'  di  prevenzione  derivante
dall'autocontrollo   svolte   sull'intera   filiera  alimentare,  dal
produttore al consumatore finale.
Per il prossimo  triennio,  appare  realistico  indicare  i  seguenti
obiettivi.
Entro  l'anno  2000  l'incidenza  delle  malattie  causate  da  e con
alimenti dovra' ridursi; contemporaneamente, dovra' essere potenziato
il sistema di sorveglianza continua.
Nel triennio 1998-2000, dovranno  essere  privilegiate  le  attivita'
rivolte  alla  salvaguardia della sicurezza e integrita' dei prodotti
alimentari e allo sviluppo della loro qualita' complessiva mediante:
- l'attuazione e il coordinamento  di  programmi  di  verifica  della
qualita' igienico-sanitaria del prodotto;
-  il  monitoraggio  della  qualita'  igienico-sanitaria del prodotto
somministrato in ambito di ristorazione pubblica e collettiva;
- la raccolta sistematica  dei  dati  di  contaminazione  radioattiva
degli  alimenti  - dopo piu' di dieci anni dalle ricadute radioattive
legate all'incidente di Chernobyl - ai fini della  determinazione  di
un livello zero nel caso di nuovi possibili incidenti su base locale,
nazionale o transfrontaliera;
-  l'attuazione  e  la  verifica  dell'attivita'  di autocontrollo da
effettuare  su  tutta  la  filiera  alimentare,   ivi   compresa   la
ristorazione;
-  l'attivazione  di  sistemi  di  sorveglianza  delle  tossinfezioni
alimentari con adeguate indagini epidemiologiche su ogni episodio;
- la sensibilizzazione degli operatori che partecipano al processo di
produzione alimentare rispetto  agli  effetti  delle  loro  azioni  o
omissioni sulla qualita' degli alimenti;
-  la  formazione  ed  educazione degli operatori che provvedono alla
manipolazione  o  alla  preparazione  degli   alimenti,   soprattutto
nell'ambito delle comunita'.
RADIAZIONI
L'esposizione  a  sorgenti  di  radiazioni  comporta  il  rischio  di
insorgenza di manifestazioni patologiche, sia a  breve  sia  a  lungo
termine.
E'   opportuno   distinguere   tra  radiazioni  ionizzanti  (sostanze
radioattive e macchine radiogene) e radiazioni non ionizzanti  (campi
elettromagnetici  a  bassa  e  alta  frequenza),  in  relazione  alla
diversita' delle caratteristiche di natura fisica e  delle  modalita'
di  interazione  con  l'organismo  vivente.  In  entrambi i casi, gli
effetti  sulla  salute  a  lungo  termine  (sviluppo  di   neoplasie)
rivestono maggiore rilevanza.
Radiazioni ionizzanti
Le  principali  fonti  di  esposizione a radiazioni ionizzanti per la
popolazione sono rappresentate da:
- la presenza di radon negli ambienti chiusi. Il radon si presenta in
forma  gassosa  e,  pertanto,  viene  inalato:  si  stima   che   sia
responsabile del 5% - 20% dei tumori polmonari;
-  l'utilizzazione  di radioisotopi o di macchine radiogene in ambito
medico. A tale riguardo, la legislazione vigente prevede  adempimenti
in  materia  di  formazione  e  qualificazione  degli  operatori  del
settore, di controlli di qualita' delle apparecchiature,  nonche'  di
adeguamento   delle   apparecchiature  stesse  a  criteri  minimi  di
accettabilita';
-  la  presenza  nelle matrici ambientali di radioisotopi artificiali
provenienti da impianti nucleari a seguito di incidenti. Al  riguardo
si  evidenzia  come  in  quasi  tutte le Regioni sia stato attuato un
sistema di controllo della radioattivita' ambientale.
Oltre alla necessita' di intensificare  la  ricerca  scientifica  nel
settore  delle  radiazioni  ionizzanti, gli obiettivi realisticamente
perseguibili nel contesto italiano riguardano:
-  la  riduzione  del   rischio   di   tumore   polmonare   derivante
dall'esposizione   a   radon,   mediante   la   riduzione  della  sua
concentrazione  nelle  abitazioni  ed  in  altri  luoghi  chiusi.  Il
problema  deve  essere  affrontato  mediante  l'individuazione  delle
situazioni con concentrazione di radon piu' elevata e delle  relative
fonti  di  provenienza,  la  predisposizione  di norme specifiche, lo
studio degli interventi correttivi, la  corretta  informazione  della
popolazione  e  la definizione di obiettivi formativi delle categorie
professionali interessate;
- la riduzione del rischio  associato  all'esposizione  a  radiazioni
ionizzanti   per  le  persone  sottoposte  ad  indagini  cliniche  di
radiodiagnostica e di medicina nucleare, mediante la riduzione  degli
esami  non  necessari  (anche  con campagne di educazione sanitaria),
l'adozione di adeguati programmi di assicurazione di  qualita'  e  la
sostituzione degli apparati obsoleti;
-  la  raccolta  sistematica, per quel che concerne la contaminazione
radioattiva di matrici ambientali a seguito  di  incidenti  nucleari,
dei  dati  anche  per le finalita' illustrate nel precedente capitolo
concernente gli "Alimenti".
Radiazioni non ionizzanti
In tale ambito rivestono particolare rilevanza:
-  le   radiazioni   ultraviolette   UV   per   la   loro   accertata
cancerogenicita'   e  per  l'inevitabile  esposizione  alla  sorgente
naturale  costituita  dalla  radiazione  solare.   Tale   esposizione
comporta  infatti  il rischio di induzione di tumori cutanei ed altri
effetti  a  breve  e  lungo  termine,  in  dipendenza  della   durata
dell'esposizione,  del  momento  nella  giornata  e dell'uso di mezzi
protettivi;
- i campi elettrici e magnetici a frequenza industriale  ed  i  campi
elettromagnetici  a radiofrequenza e microonde i quali, a causa della
crescente  diffusione  delle  relative  sorgenti,  costituiscono   un
rischio di effetti a breve termine connesso con l'esposizione a campi
a 50 Hz di intensita' molto elevata, attualmente ben documentato. Gli
effetti   a   lungo   termine,   invece,   sono  tuttora  oggetto  di
approfondimento scientifico.
Oltre alla necessita' di intensificare la ricerca scientifica in tale
settore, soprattutto per gli effetti a lungo termine,  gli  obiettivi
realisticamente perseguibili nel contesto italiano sono i seguenti:
- la riduzione del rischio connesso con l'esposizione alle radiazioni
ultraviolette, sensibilizzando la popolazione ad adottare opportune e
non  onerose modifiche delle abitudini di vita che non impediscono le
attivita' ricreative e sportive all'aperto;
- la prevenzione degli effetti a breve termine dei campi a  50  Hz  e
dei  campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, mediante la
definizione normativa di limiti di  esposizione,  nonche'  tutela  da
eventuali  effetti  a  lungo  termine  sulla  base  di  un  principio
cautelativo   tramite   l'adozione  di  'obiettivi  di  qualita''  da
raggiungere in un certo arco  di  tempo  in  modo  differenziato  per
diversi scenari di esposizione;
-  l'informazione  corretta  e  completa  della  popolazione  su tale
problematica.
RIFIUTI
La produzione di rifiuti solidi urbani  ed  il  relativo  smaltimento
rientrano  tra  le  emergenze  ambientali  dei  Paesi  a piu' elevato
sviluppo economico. Il rischio per  la  salute  si  manifesta  quando
risultano  assenti  o  inadeguati  i processi di raccolta, trasporto,
stoccaggio, trattamento e smaltimento  finale  dei  rifiuti,  nonche'
quando lo smaltimento non rispetta norme sanitarie rigorose.
La potenzialita' degli impianti autorizzati per un idoneo smaltimento
dei  rifiuti solidi urbani e' insufficiente rispetto alle necessita';
notevoli disomogeneita' sono presenti sul territorio.
Sebbene il maggior rischio ambientale dello smaltimento in  discarica
sia  rappresentato  dal  rilascio di sostanze chimiche potenzialmente
inquinanti, non  insignificanti  appaiono  le  emissioni  globali  di
ossido  di  azoto  e  di  composti  organici  volatili  di  difficile
contenimento per i  processi  chimici,  fisici  e  biologici  che  si
susseguono in modo incontrollato.
Per  gli impianti di incenerimento il comparto maggiormente coinvolto
e' l'aria e, per fenomeni di "fall-out", il suolo.
Desta  preoccupazione  la  produzione   di   rifiuti   speciali   (in
particolare  di quelli pericolosi) per i quali una costante attivita'
di monitoraggio ambientale e' richiesta al fine di  evitare  fenomeni
di disseminazione non controllata.
Tenuto   conto   dell'estrema   complessita'   del   problema,  delle
difficolta'  nell'identificazione  del  rischio   attribuibile   alla
tossicita'   o   all'esposizione  ad  ogni  singolo  agente  e  nella
definizione di obiettivi specifici, appare possibile proporre  alcune
linee di intervento mirate alla prevenzione dei danni:
-   ridurre   i  rifiuti  urbani  solidi  da  avviare  a  smaltimento
(attraverso la  raccolta  differenziata,  il  recupero  di  materiali
riutilizzabili e la trasformazione in prodotti combustibili);
-  incrementare la qualita' della sicurezza dei processi di raccolta,
trasporto stoccaggio trattamento e smaltimento finale dei rifiuti;
-  incrementare  la  raccolta  differenziata   in   contenitori   T/F
(Toxic/Flammable)  di  prodotti  tossici  e/o  pericolosi  e attivare
servizi mobili e centri di raccolta fissa sul territorio;
- incrementare le attivita' di monitoraggio e  di  tutela  ambientale
relative  all'individuazione  delle  discariche  abusive  e  attivare
operazioni di bonifica ambientale;
- incrementare la capacita' di smaltimento dei rifiuti industriali;
- favorire l'innovazione aziendale e tecnologica per  minimizzare  la
formazione di rifiuti.
OBIETTIVO IV
RAFFORZARE LA TUTELA DEI SOGGETTI DEBOLI
GARANZIE DI ASSISTENZA PER I DEBOLI
I  soggetti  che  non  dispongono  di  adeguate abilita' sociali sono
spesso portatori di bisogni complessi e chiedono al sistema sanitario
capacita' di fare sintesi sui  loro  problemi  e  di  agire  in  modo
unitario per soddisfarli.
Sono  soggetti  deboli  tutti coloro che, trovandosi in condizioni di
bisogno, vivono situazioni di particolare svantaggio e sono costretti
a forme di dipendenza assistenziale e di cronicita'.
Sono ad alto rischio i disabili con un  reddito  al  di  sotto  della
soglia  di  poverta'  che  necessitano  di un intervento programmato,
continuativo e integrato. Particolare attenzione va  anche  riservata
all'anziano disabile e alle persone nella fase terminale della vita.
Obiettivo  fondamentale  del  Psn 1998-2000 e' introdurre nel sistema
sanitario condizioni di maggiore equita' nella erogazione dei servizi
alle diverse categorie di popolazione in condizione  di  bisogno.  In
particolare,  va evito il rischio di assecondare aree privilegiate di
bisogno  e  di  utenza,  quando  non   giustificato   da   necessita'
assistenziali  e  da  priorita' etiche, evitando vantaggi competitivi
per chi sa meglio rappresentare i propri bisogni.
A tal fine  va  incrementato  l'utilizzo  di  metodi  di  valutazione
interprofessionale  del  bisogno  e  va  incentivato l'orientamento a
formulare  diagnosi  globali,   evitando   di   settorializzare   gli
interventi.
Gli  standard  di  struttura  vanno  correlati a standard di processo
idonei a garantire qualita' di assistenza ed esigibilita' dei diritti
dei soggetti svantaggiati.
Per una maggiore tutela dei soggetti deboli, le  Regioni  evidenziano
le  condizioni  di  grave  emarginazione  presenti  nel territorio ed
elaborano progetti finalizzati a  contrastare  le  diseguaglianze  di
accesso ai servizi.
Il  distretto  e  l'integrazione  tra  le professioni sono condizioni
operative   necessarie   per   produrre   diagnosi   e    valutazioni
multidimensionali,  selezionando risposte appropriate con riferimento
alle   diverse   condizioni   di   bisogno.   A   questo   scopo   la
personalizzazione  degli  interventi deve tenere conto del livello di
non  autosufficienza  e   della   non   disponibilita'   di   risorse
(economiche, personali, familiari, comunitarie o di altra natura).
Va  inoltre  perseguita  una  sistematica  riduzione degli sprechi di
risorse derivanti dalle cronicita' evitabili, adottando soluzioni che
rispondano a criteri  di  efficacia,  economicita'  e  umanizzazione.
Anche per questo, i ricoveri nelle strutture sono giustificabili solo
quando  non  siano  praticabili  altre  forme di intervento di natura
ambulatoriale, intermedia e domiciliare.
In questa sezione  sono  considerati  alcuni  particolari  gruppi  di
soggetti  deboli:  gli  stranieri  immigrati,  i tossicodipendenti, i
malati  mentali,  i  bambini  e  gli  adolescenti,  gli  anziani  che
presentano specifiche esigenze di tutela e i malati terminali.
Per  quanto  riguarda  la  salute  dei  soggetti  di  cui a specifici
progetti obiettivo, Linee guida e documenti  di  approfondimento,  si
rinvia   a   quanto   contenuto  nei  singoli  documenti  oggetto  di
definizione in altra sede e sinteticamente richiamati  nei  paragrafi
successivi.
STRANIERI IMMIGRATI
Gli  extracomunitari  regolarizzati  presenti  nel nostro Paese sono,
secondo dati del Ministero degli Interni  aggiornati  al  1997,  poco
meno  di  un  milione  di  unita', di cui il 10% proveniente da paesi
sviluppati e il resto da paesi  in  via  di  sviluppo  e  dall'Europa
dell'Est.  Nell'ultimo  decennio,  il  numero  di immigrati legali e'
aumentato  ad  un  ritmo  di  circa  l'8%  all'anno; nell'ultimo anno
l'incremento e' stato del 13%.
La componente migratoria irregolare e clandestina, spesso  a  maggior
rischio per la salute, e' stimabile tra le 200 e le 300 mila unita'.
Numerosi  fattori epidemiologici e condizioni socioeconomiche rendono
lo stato di  salute  degli  immigrati  stranieri  meritevole  di  una
particolare tutela.
Oltre  alle  condizioni  che minacciano la salute di tutti i soggetti
deboli  e  che  colpiscono  in  modo  particolare  questa  fascia  di
popolazione   (alimentazione,   abitazione,   lavoro   e   socialita'
inadeguati e insicuri), si devono tener  presenti  fattori  peculiari
che  svolgono  un  ruolo particolare nei confronti della salute degli
immigrati legati al quadro epidemiologico del paese di origine  e  ad
aspetti  culturali  (difficolta'  di  comunicazione  e di inserimento
sociale), psicologici (lontananza dagli affetti, mancanza di supporto
psico-familiare, rischio di fallimento del progetto migratorio) e  di
discriminazione nell'accesso ai servizi.
Il  fenomeno migratorio interessa principalmente persone selezionate,
di eta' giovanile  e  in  buona  salute.  Mentre  dunque  il  rischio
infettivo  per  la  popolazione  italiana per trasferimento di agenti
infettanti da paesi ad  alta  endemia  e'  ridotto  e  controllabile,
specifici  problemi  originati  nel paese di partenza possono trovare
nel paese di destinazione condizioni di aggravamento che  interessano
soprattutto la popolazione di recente immigrazione.
Un   esempio  e'  rappresentato  dalla  tubercolosi,  in  quanto  gli
immigrati provengono frequentemente da paesi in via di sviluppo e  da
zone  ad alta prevalenza tubercolare. Mentre il rischio di evoluzione
della malattia e' elevato per gli immigrati, il rischio di  contrarla
e'  -  per  la  popolazione  italiana  - minimo, anche per le diverse
condizioni di vita.
Atteggiamenti e comportamenti  nei  confronti  dei  servizi  sanitari
derivanti  dalle tradizioni culturali dei paesi di origine, oltre che
dalle forme di accoglienza  nel  nostro  Paese,  possono  influenzare
l'efficacia   e   la   tempestivita'  della  risposta  assistenziale,
riducendo  l'effettiva  accessibilita'  ai  servizi  da  parte  delle
popolazioni immigrate.
Il  Psn  1998-2000  pone i seguenti obiettivi da raggiungere entro il
triennio.
L'accesso all'assistenza sanitaria deve essere garantito a tutti  gli
immigrati,  secondo  la  normativa  vigente,  in  tutto il territorio
nazionale.
Secondo quanto previsto  dall'Obiettivo  II  del  Psn,  la  copertura
vaccinale garantita alla popolazione italiana deve essere estesa alla
popolazione immigrata.
Nel   triennio  1998-2000  dovranno  essere  sviluppate  le  seguenti
attivita' rivolte  allo  sviluppo  di  politiche  intersettoriali  di
salvaguardia della salute degli immigrati:
- sviluppo di strumenti sistematici di riconoscimento, monitoraggio e
valutazione dei bisogni di salute degli immigrati, anche valorizzando
le esperienze piu' qualificate del volontariato;
-   formazione  degli  operatori  sanitari  finalizzata  ad  approcci
interculturali nella tutela della salute;
-  organizzazione  dell'offerta  di  assistenza  volta  a favorire la
tempestivita'  del  ricorso  ai  servizi  e  la  compatibilita'   con
l'identita' culturale degli immigrati.
TOSSICODIPENDENZE
Il settore delle tossicodipendenze attraversa una  fase  di  profonda
evoluzione, per quanto riguarda sia il contesto epidemiologico sia la
riorganizzazione dell'assistenza.
Ai  tradizionali problemi di valutazione legati al carattere illegale
e, comunque, sommerso  delle  abitudini  di  consumo,  si  aggiungono
quelli  relativi  alle  nuove  tipologie  delle  sostanze immesse sul
mercato e ai conseguenti  mutamenti  della  popolazione  destinataria
degli interventi di prevenzione e dei trattamenti.
Sono  prevedibili  mutamenti  nello  scenario degli attori coinvolti,
tanto a livello istituzionale quanto nel settore privato (non  profit
e  profit) e del volontariato, che rendono ancora piu' importante una
chiara definizione dei rapporti e degli obiettivi da condividere.  E'
inoltre  necessario evitare la contrapposizione fra i diversi livelli
di intervento e le differenti strategie di  prevenzione  (primaria  e
secondaria).
La  specifica  disamina  della  complessita'  esistente, come pure la
elaborazione  di  linee  di  indirizzo  per  la  soluzione  dei  vari
problemi, rendono necessaria la elaborazione di un Progetto obiettivo
al quale e' demandata la definizione di dettaglio.
Oltre  al  miglioramento dei livelli di conoscenza del fenomeno e, in
particolare, della definizione locale dei problemi e dei bisogni,  il
Piano  sanitario  nazionale  1998-2000  individua  come  prioritari i
seguenti obiettivi:
Riduzione  della  mortalita'   e   della   morbosita'   legate   alla
tossicodipendenza   e/o   all'abuso   di  sostanze,  con  particolare
riferimento  alla  mortalita'  da  episodi  acuti  e  alla  patologia
infettiva.
Aumento  della  percentuale di consumatori in contatto con il sistema
di assistenza, con particolare riferimento ai  giovani  con  problemi
collegati alle "nuove droghe" e diminuzione della durata media di uso
di sostanze prima del contatto (reclutamento precoce degli utenti).
Aumento  della quota di soggetti che, dopo il contatto con il sistema
di  assistenza,  iniziano  e  completano  i  trattamenti  previsti  e
recuperano  un  accettabile  livello  di  integrazione  sociale  (con
particolare riferimento al reinserimento lavorativo).
Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio sono:
-   definizione,   sperimentazione   e   introduzione   di    modelli
organizzativi  del  sistema di assistenza finalizzati all'aumento dei
livelli di integrazione delle strutture  pubbliche  coinvolte  e  tra
queste e le realta' del privato non profit e del volontariato;
-  impostazione  di  piani  regionali e locali per il contrasto della
tossicodipendenza con risorse di tipo sociale e sanitario;
- introduzione nella routine gestionale di percorsi  formativi  e  di
strumenti di valutazione dei risultati e della qualita' dei servizi;
-   ottimizzazione   delle   collaborazioni  interistituzionali,  con
particolare riferimento al campo della prevenzione primaria;
- attivazione e standardizzazione di sistemi di sorveglianza  e/o  di
adeguati flussi informativi riguardo alla prevalenza dei vari tipi di
consumo   (con   particolare   riferimento   alle  forme  nuove  piu'
pericolose).
SALUTE MENTALE
La  complessa problematica della tutela della salute mentale richiede
l'elaborazione di  uno  specifico  progetto  obiettivo  al  quale  e'
demandata  la  definizione di dettaglio degli obiettivi e delle linee
di intervento. Di seguito sono  richiamati  solo  alcuni  aspetti  di
carattere generale.
Per  il  triennio  di  validita'  del  Piano sanitario nazionale sono
indicati i seguenti obiettivi prioritari:
Migliorare la  qualita'  della  vita  e  l'integrazione  sociale  dei
soggetti con malattie mentali.
Ridurre  l'incidenza  dei  suicidi  nella  popolazione  a rischio per
problemi di salute mentale.
Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio di validita'
del Piano sono:
-  completamento  su  tutto  il  territorio  nazionale  del   modello
organizzativo dipartimentale;
-  stretta  integrazione  delle strutture operative coinvolte in modo
tale che la presa in carico del paziente sia chiaramente  evidenziata
nella  sua  globalita'  anche  per gli aspetti riguardanti le risorse
impiegate;
- riconversione delle risorse recuperate dalla chiusura dei manicomi,
destinandole alla  realizzazione  di  condizioni  abitative  adeguate
(residenziali  e  diurne) e alle attivita' dei dipartimenti di salute
mentale;
-  riqualificazione  e  formazione  del   personale   sanitario,   in
particolare di quello gia' operante negli ex ospedali psichiatrici;
-  realizzazione  di interventi per la tutela della salute mentale in
eta' evolutiva;
- adozione di programmi di aiuto alle famiglie  con  malati  mentali,
per  sostenere  i  gravi  carichi  assistenziali  che esse affrontano
quotidianamente.
FASI DELLA VITA E SALUTE
Nel ciclo  di  vita  delle  persone  devono  essere  considerate  con
particolare  attenzione le fasi nelle quali i cambiamenti psicofisici
e  relazionali  sono  molto  accentuati  e   nelle   quali,   quindi,
maggiormente si concentrano rischi e potenzialita' da considerare con
interventi mirati di prevenzione e promozione della salute.
Le  fasi  cui il Piano sanitario nazionale 1998-2000 dedica specifica
attenzione sono quella  della  procreazione,  dell'eta'  evolutiva  e
dell'eta'  anziana, nonche' quella delle persone nella fase terminale
della vita.
Gli interventi che prevengono e  contrastano  il  complessivo  ambito
delle patologie dell'eta' evolutiva sono chiamati a svolgere un ruolo
strategico.  Anche in questo modo trova significativa applicazione il
concetto generale di patto di solidarieta'  per  la  salute,  cui  si
ispira  il  Piano sanitario nazionale, individuando nelle generazioni
piu' giovani i destinatari di una peculiare attenzione nel quadro  di
una alleanza tra le eta' della vita.
Infanzia e adolescenza
La progressiva riduzione della mortalita' infantile (dall'8 per mille
nel  '91  al  7,4  per  mille nel '93) come pure di quella perinatale
(dall'11 al 9,3 per mille) ha seguito in Italia una tendenza  analoga
a quello di altri paesi dell'Europa occidentale.
Il  divario  tra  Centro-Nord e Sud e' tuttavia ancora rilevante: nel
1993, la mortalita' infantile  e'  stata  del  5,7  per  mille  nelle
Regioni del Centro-Nord e dell'8,7 per mille al Sud, con tassi che in
alcune regioni sono piu' del doppio rispetto ad altre.
L'obiettivo  fissato  nel  precedente  piano  di  portare il tasso di
mortalita' perinatale sotto il 10 per mille in tutte le  regioni  non
e'  stato raggiunto in alcune regioni nelle quali vanno intensificati
gli sforzi per migliorare la qualita' dei servizi materno infantili.
L'aumento del peso relativo di bambini  portatori  di  disabilita'  a
seguito   di   patologie  congenite  o  acquisite,  grazie  anche  al
miglioramento  degli  interventi  in  fase  perinatale,  richiede  al
sistema  sanitario maggiore capacita' di intervento precoce di natura
intensiva e riabilitativa.
Particolare  attenzione  deve  essere  dedicata  alle  situazioni  di
abbandono,  trascuratezza e deprivazione di cure primarie nella prima
infanzia, cosi come alle anomalie e ai  disturbi  dello  sviluppo  in
eta' evolutiva.
Il  Piano  sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi di
carattere generale:
- ridurre la mortalita' perinatale e infantile almeno all'8 per mille
in tutte le regioni;
- prevenire i comportamenti a rischio in  eta'  pre-adolescenziale  e
adolescenziale  con  riferimento alle lesioni accidentali gravi, alle
autolesioni e alla dipendenza;
- prevenire le cause di disabilita' mentale, sensoriale e plurima;
-  prevenire  i  casi  di  disagio  psichico  e  sociale   dovuto   a
problematiche   scolastiche,   familiari   e  relazionali,  anche  in
riferimento ad abusi e maltrattamenti;
- promuovere la procreazione cosciente e responsabile,  tutelando  le
gravidanze a rischio e fornendo un adeguato sostegno alle famiglie;
-  favorire  programmi  di  prevenzione  e  controllo  delle malattie
genetiche;
- monitorare lo stato di salute dell'infanzia, della  pre-adolescenza
e dell'adolescenza nella dimensione fisica, psichica e sociale, anche
avvalendosi dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia.
Gli  obiettivi  di Piano saranno articolati in uno specifico Progetto
Obiettivo materno-infantile  in  corso  di  elaborazione,  nel  quale
saranno  sviluppate  anche le azioni dirette alla tutela della salute
della donna, in tutte le fasi della vita e negli  ambienti  di  vita.
Il  Piano  sanitario nazionale 1998-2000 prevede la predisposizione e
l'adozione di Linee guida per la salute riproduttiva.
E'  da  privilegiare  e  sviluppare  nei  piani  regionali  e  locali
l'attivita'  dell'area pediatrica per garantire a livello sanitario e
socio-assistenziale, intra ed extraospedaliero, ogni forma di  tutela
della  salute  infantile  fino al termine dello sviluppo, mediante le
seguenti azioni:
- assicurare interventi preventivi e diagnostici di provata efficacia
in epoca pre e perinatale;
-  attuare  interventi  per  la  promozione  della  salute  in   eta'
pre-adolescenziale e adolescenziale;
- razionalizzare l'ospedalizzazione in eta' pediatrica, tenendo conto
delle  particolari  esigenze  della  fascia  di  eta' cui si rivolge,
coordinando  e  integrando  l'assistenza  con  l'offerta  di  servizi
distrettuali e valorizzando il pediatra di famiglia;
-  potenziare  i  servizi  extraospedalieri,  specie  quelli  a ciclo
diurno, preposti al  recupero  dei  disturbi  neuropsicopatologici  e
delle limitazioni funzionali;
- migliorare la qualita' umana dei servizi rivolti all'infanzia anche
mediante l'utilizzo appropriato di tecnologie biomediche;
-  predisporre  Linee  guida  per  la  gravidanza,  il parto, le cure
ospedaliere pediatriche, la pediatria di famiglia e di comunita'
-    integrare    i    servizi    materno-infantili    con     quelli
socio-assistenziali  ed  educativi,  anche  tenendo  conto  di quanto
previsto nel Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.
Anziani
Il processo  di  invecchiamento  della  popolazione  e'  destinato  a
protrarsi  nel  prossimo  futuro.  Secondo  le  previsioni  elaborate
dall'Istat, nel 2020 il 23% della popolazione italiana avra' piu'  di
65 anni e la speranza di vita alla nascita sara' di 78,3 anni per gli
uomini e di 84,6 anni per le donne. In termini relativi, aumenteranno
soprattutto i grandi vecchi con eta' superiore agli 80 anni.
Una  quota  significativa  di  anziani  soffre di patologie croniche,
spesso multiple, e di disabilita' che ne limitano  l'autosufficienza.
Il  52%  degli  uomini  e  il  61%  delle donne dichiarano almeno due
malattie croniche in atto,  il  44%  e  il  51%,  rispettivamente  ne
dichiarano  almeno tre (Istat, 1994). Tra essi, i malati di Alzheimer
costituiscono una popolazione  di  500.000  soggetti  particolarmente
esposti  a condizioni di deterioramento della qualita' della vita per
se' stessi e per i familiari, sui quali ricade gran  parte  del  peso
assistenziale.
Nel  1994  i  disabili  di  60  anni  e  piu'  non istituzionalizzati
ammontano a oltre due milioni, pari  al  17%  degli  ultrasessantenni
(Istat, 1997). La disabilita' accompagna soprattutto le eta' avanzate
e  condiziona  fortemente  la  vita degli ultraottantenni.   Si passa
infatti dal 6% di disabili a 60-64 anni, al 47% a 80 anni e piu'.  Il
10%  degli uomini e il 31% delle donne di 60 anni e piu' vivono soli.
I disabili che vivono soli sono 618.000. Sono anziani oltre un  terzo
delle 6.690.000 persone che vivono in condizioni di poverta'.
Le politiche sanitarie nei confronti della popolazione anziana devono
prevedere interventi integrati per la prevenzione e il recupero della
compromissione fisica e del deficit funzionale e, quindi, anche dello
svantaggio sociale che ne puo' derivare. I programmi di intervento si
qualificano,   quindi,   come   programmi   ad  elevata  integrazione
socio-sanitarie,  improntati  ad  una  visione   positiva   dell'eta'
anziana,   tramite   la  rimozione  delle  barriere  che  impediscono
l'apporto attivo degli anziani autosufficienti alla vita sociale.  Va
inoltre  promossa una cultura dei servizi che recuperi l'anziano come
soggetto sociale in una societa' integrata e solidale.  Agli  anziani
e'  garantita  l'assistenza  sanitaria, senza limiti di durata, nelle
sedi piu' appropriate e privilegiando il domicilio.
L'area  degli  anziani  sara'  oggetto  di  uno  specifico   progetto
obiettivo, in via di definizione in altra sede, al quale si rimanda.
Il  Piano  sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi di
carattere generale:
- promuovere  il  mantenimento  e  il  recupero  dell'autosufficienza
nell'anziano;
-  adottare politiche di supporto alle famiglie con anziani bisognosi
di assistenza a domicilio (anche a tutela della salute  della  donna,
sulla   quale   ricade   nella   maggior   parte   dei  casi  l'onere
dell'assistenza);
-   promuovere   l'assistenza  continuativa  e  integrata  (intra  ed
extra-ospedaliera) a favore degli anziani;
- favorire l'integrazione interna al sistema sanitario e fra questo e
l'assistenza sociale.
Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio di validita'
del Psn sono:
- adeguare  il  numero  di  posti  letto  ospedalieri  dedicati  alla
lungodegenza  riabilitativa  allo standard di 1 posto letto per mille
abitanti:
- garantire nei distretti la presenza  delle  unita'  di  valutazione
geriatrica   (Uvg),  atte  a  fornire  analisi  globale  del  bisogno
dell'anziano e favorire un'assistenza personalizzata e continuativa;
- sviluppare le forme alternative al ricovero, mediante  l'assistenza
domiciliare    integrata    (Adi),    quella    semiresidenziale    e
l'ospedalizzazione  a  domicilio,  favorendo  l'integrazione  fra  le
diverse forme di intervento;
-  realizzare  le  residenze  sanitarie  assistenziali (Rsa) previste
nella legge finanziaria n. 67 del 1988.
Assistenza alle persone nella fase terminale della vita
Le persone affette da patologie evolutive irreversibili per le  quali
non  esistono  trattamenti  risolutivi,  necessitano di un'assistenza
finalizzata al controllo del dolore, alla prevenzione  e  cura  delle
infezioni, al trattamento fisioterapico e al supporto psicosociale.
Oltre  al  paziente,  l'attenzione deve essere dedicata ai familiari,
prima e dopo il decesso del malato. In questi casi, un'assistenza  di
buona  qualita'  deve offrire la possibilita' di trascorrere l'ultima
parte della vita in famiglia, o, quando questo non e'  possibile,  in
strutture di ricovero adeguate alla natura dei problemi.
Obiettivo  del  Piano  sanitario  nazionale  1998-2000  e' migliorare
l'assistenza erogata alle persone che affrontano  la  fase  terminale
della vita.
A tal fine sono da privilegiare le azioni volte:
-   al  potenziamento  dell'assistenza  medica  e  infermieristica  a
domicilio;
- all'erogazione di assistenza farmaceutica a  domicilio  tramite  le
farmacie ospedaliere;
-   al   potenziamento  degli  interventi  di  terapia  palliativa  e
antalgica;
- al sostegno psicosociale al malato e ai suoi familiari;
- alla promozione e al coordinamento del volontariato  di  assistenza
ai malati terminali;
-  alla  realizzazione  di strutture residenziali e diurne (hospice),
autorizzate e accreditate.
OBIETTIVO V
PORTARE LA SANITA' ITALIANA IN EUROPA
L'obiettivo V del Piano sanitario nazionale  1998-2000  individua  le
aree   che   dal  punto  di  vista  programmatorio,  organizzativo  e
gestionale richiedono, piu' di altre, uno sforzo  di  adeguamento  al
contesto ed al livello dell'Unione Europea.
I  divari,  rispetto  al  resto  dell'Europa,  riguardano  settori di
attivita' e processi organizzativi il  cui  superamento  richiede  un
profondo cambiamento culturale oltre che di razionalizzazione.
TRAPIANTI
L'attivita'  di trapianto di organi in Italia, sicuramente ai livelli
qualitativi dei paesi con i piu' elevati standard di prestazione,  e'
ancora lontana dai livelli quantitativi degli altri paesi dell'Unione
Europea  e in ogni caso insufficiente a soddisfare le lunghe liste di
attesa.
La situazione e' caratterizzata da un  limitato  numero  di  donatori
(nonostante  il notevole aumento degli ultimi cinque anni: nel 1996 i
donatori sono stati 11 per milione di  abitanti),  da  una  diseguale
distribuzione   sul   territorio  dell'attivita'  di  prelievo  e  di
trapianto e da un elevato ricorso a strutture all'estero  (anche  per
quelle tipologie di trapianti per le quali l'esperienza acquisita dai
centri  italiani  e'  mediamente  comparabile  con  quella  del resto
dell'Europa).
Il fabbisogno di trapianti e' destinato  a  crescere  nel  corso  dei
prossimi  anni  per  effetto  di  numerosi  fattori  fra  i  quali le
aumentate possibilita' di intervento e  il  progressivo  allargamento
delle  indicazioni  cliniche  al  trapianto. Per gli interventi per i
quali il trapianto costituisce una soluzione  da  privilegiare  anche
sotto  il profilo dell'allocazione delle risorse (perche' alternativo
a trattamenti a piu' elevato rapporto costo efficacia, come nel  caso
del rene), l'aumento dell'attivita' di trapianto potrebbe contribuire
al  perseguimento  di  obiettivi  di  piu'  efficiente utilizzo delle
risorse.
La causa principale dell'insufficiente numero  di  trapianti  risiede
nella  non  adeguata  organizzazione  sia  delle attivita' dei centri
ospedalieri sia dei coordinamenti regionale e nazionale.  La  cultura
della  donazione di organi e' ancora poco diffusa fra la popolazione,
cosi come fra  gli  operatori  sanitari.  Particolare  attenzione  va
riservata   all'organizzazione   e  alla  formazione  dei  centri  di
prelievo, in modo tale che i potenziali donatori siano individuati  e
adeguatamente   gestiti.   Di   primaria   importanza   e'  anche  il
potenziamento dei centri di rianimazione.
Alla luce di tali considerazioni, il  Psn  1998-2000  si  propone  di
sviluppare  le  attivita'  di  trapianto  e di migliorare la qualita'
degli interventi.
In particolare, sono indicati i seguenti obiettivi da privilegiare:
Aumentare il numero di  trapianti  e  ridurre  il  numero  di  quelli
effettuati all'estero.
Migliorare  l'identificazione  dei  potenziali  donatori di organi ed
aumentare la disponibilita' di organi idonei per il trapianto.
Migliorare la sicurezza e la qualita' degli organi  (e  dei  tessuti)
prelevati a scopo di trapianto.
Ridurre  la  mortalita'  delle  persone in lista di attesa e ampliare
contestualmente le liste di attesa.
Aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualita'  della  vita  dei
trapiantati.
A tal fine, sono indicate le seguenti azioni da privilegiare:
- istituzione di un Registro Italiano dei Trapianti, anche allo scopo
di  favorire  la  diffusione delle informazioni e la conoscenza delle
diverse realta' territoriali;
- riorganizzazione della rete delle  rianimazioni  e  verifica  della
loro  attivita'  con  riguardo  alla  identificazione  dei potenziali
donatori;
-  individuazione  e sviluppo di centri di eccellenza, in particolare
per i trapianti rari e multiorgano;
- definizione dei criteri di accettazione in lista di attesa in grado
di  realizzare  una  maggiore  uniformita'  fra   le   diverse   aree
territoriali;
-  attuazione  di  campagne  di  informazione  e di sensibilizzazione
rivolte ai cittadini e  agli  operatori  sanitari  ad  incentivazione
delle donazioni;
- potenziamento dell'attivita' dei trapianti pediatrici.