(all. 1 - art. 1)
                                                             Allegato
                   Al Presidente della Repubblica
    Il  comune  di  Roccamena  (Palermo),  i cui organi elettivi sono
stati  rinnovati  nelle  consultazioni  amministrative  del 25 maggio
2003,  presenta  forme  di  ingerenze  da  parte  della  criminalita'
organizzata   che  compromettono  l'imparzialita'  della  gestione  e
pregiudicano  il  buon  andamento dell'amministrazione ed il regolare
funzionamento dei servizi.
    Il  territorio  di  Roccamena  insiste  in un contesto geografico
caratterizzato  da  un  radicato  sistema di interferenze nel tessuto
economico e sociale messo in atto, anche con gravi azioni delittuose,
dalle  consorterie  mafiose che, nel tempo, hanno espresso la propria
capacita'  di  ingerenza  prevalentemente  nel  settore  delle  opere
pubbliche.
    Gli   interessi   economici  della  consorteria  locale  si  sono
consolidati  anche attraverso attivita' imprenditoriali relative allo
sfruttamento di una cava di inerti ed alla gestione di un impianto di
calcestruzzi  da  parte di una societa' riconducibile ad una famiglia
mafiosa,  tra  i  cui componenti uno e' stato condannato per il reato
associativo  mafioso  ed  un altro e' stato sottoposto alla misura di
prevenzione  della  sorveglianza speciale ed alla confisca dei beni e
dei complessi aziendali allo stesso formalmente intestati.
    L'effettiva   penetrazione  dell'organizzazione  criminale  nella
gestione del comune e' attestata nel provvedimento giudiziario emesso
in data 30 dicembre 2005 dal tribunale di Palermo, che ha disposto la
custodia  cautelare  in  carcere  dell'organo  di  vertice dell'ente,
imputato  dei reati di cui agli articoli 110 e 416-bis c.p. per avere
concretamente  contribuito,  pur  senza  farne  formalmente parte, al
rafforzamento  ed  alla realizzazione degli scopi dell'organizzazione
«cosa   nostra»,  i  cui  componenti  si  avvalgono  della  forza  di
intimidazione  del vincolo associativo e della conseguente condizione
di assoggettamento ed omerta' che ne deriva per attivita' delittuose,
per  la  gestione, diretta ed indiretta, ed il controllo di attivita'
economiche,  di  concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi
pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti.
    Il  pericoloso  coinvolgimento  del  predetto  amministratore  in
ambienti  della  criminalita'  organizzata  risulta  ricostruito  con
chiara   evidenza   nel   provvedimento  sopraccitato,  che  colpisce
pregiudicati di conclamato ed elevato spessore criminale, con uno dei
quali  l'organo di vertice ha intrattenuto molteplici contatti mirati
alla  gestione  illecita degli appalti pubblici e delle forniture. E'
noto  che  proprio  il  settore  degli  appalti pubblici e' da sempre
oggetto  della massima attenzione delle componenti mafiose, in quanto
costituisce  fattore  di  occupazione,  di  conseguenza,  in  realta'
carenti  come  quella  di Roccamena, in grado di convogliare consenso
popolare.
    La strumentalizzazione del ruolo istituzionale, in funzione degli
interessi della criminalita', nei settori dei lavori pubblici e delle
forniture,  evidenzia  il  grado  di pregiudizio arrecato al regolare
funzionamento dei servizi e definisce l'ampiezza della penetrazione e
del condizionamento di tipo mafioso.
    Concorre   a   delineare  la  possibile  esposizione  al  rischio
inquinante  la  fitta  rete  di  amicizie  e frequentazioni di alcuni
componenti   del  consiglio  comunale  e  di  alcuni  dipendenti  con
esponenti  della  consorteria  criminale;  cosi' come il quadro delle
imputazioni  a  carico  di taluni, anche per reati contro la pubblica
amministrazione, rivela atteggiamenti in palese contraddizione con il
ruolo istituzionale rivestito.
    Gli accertamenti condotti ricostruiscono in maniera inconfutabile
i  rapporti  di  confidenzialita', di fiducia e le cointeressenze tra
l'organo  istituzionale,  che nella passata consiliatura ricopriva la
carica  di  vice sindaco, ed esponenti della famiglia mafiosa colpiti
dal provvedimento cautelare. La valenza di tali intrecci si evince in
piu'  occasioni,  tra  le  quali rileva la vicenda della fornitura di
cemento,  in  via  esclusiva,  riservata  ad  una ditta riconducibile
all'organizzazione mafiosa.
    Risulta  sintomatica  di  una  gestione  affaristica dell'ente la
trattazione   delle   pratiche   relative  ai  finanziamenti  per  la
ricostruzione   post  terremoto  del  Belice  del  1968,  laddove  il
responsabile  del  settore, allineandosi alle indicazioni dell'organo
di  vertice,  provvedeva  a  modificare i progetti ed a manipolare le
relative  pratiche  al  fine  di indirizzare, a favore di determinati
soggetti,  la  concessione  dei  contributi,  sanando successivamente
tutti gli illeciti compiuti.
    La  condizione  di  asservimento  agli  interessi  del  capomafia
roccamenese,   dalla   quale   si   evince  altresi'  il  livello  di
compromissione  degli  interessi  della  comunita' locale, emerge, in
particolare,  negli  appalti di manutenzione degli impianti elettrici
comunali e nella sistemazione di una conduttura idrica.
    Relativamente   all'esecuzione   dei   lavori   di   manutenzione
straordinaria   dell'acquedotto   e'  stato  accertato  che  titolare
dell'impresa  individuale  affidataria  dell'appalto e' un affine del
citato   amministratore;   quest'ultimo   sarebbe  stato  l'effettivo
esecutore dei lavori, ordinando la fornitura del cemento e procurando
la disponibilita' di un escavatore necessario per il movimento terra,
mentre  e'  emerso  che  la  gestione  dell'appalto  e delle relative
modalita' di esecuzione sarebbero state sotto il controllo del locale
capo mafia.
    Del   pari,   per   quanto  attiene  ai  lavori  di  manutenzione
dell'impianto  elettrico,  e'  messo  in  luce il rapporto di stretta
collaborazione,  se  non  addirittura  di  cogestione,  tra sindaco e
capomafia.  Questi  avrebbero  convenuto  di affidare i lavori ad una
ditta,  preferendola ad altra gia' destinataria di aggiudicazioni per
diversi  appalti pubblici, allo scopo di prevenire eventuali indagini
da parte delle forze dell'ordine sull'attivita' del comune. Ed invero
la  ditta  pretermessa  e' riconducibile ad altro soggetto, anch'esso
coinvolto  nel  provvedimento  di  custodia cautelare in carcere, nei
confronti  del quale risultano accertati, da una parte, i rapporti di
stretta   frequentazione   con   il   primo   cittadino,  dall'altra,
l'inserimento  della  famiglia nell'organigramma mafioso, essendo uno
dei  componenti  attualmente  recluso  per  il  reato di cui all'art.
416-bis c.p.
    Con  riguardo  ai  predetti  lavori di manutenzione dell'impianto
elettrico   comunale,   risulta   che   il   titolare   della   ditta
aggiudicataria  e'  stato  deferito  alla Procura della Repubblica di
Termini  Imprese,  in  concorso  con  alcuni tecnici comunali, per il
reato di turbata liberta' degli incanti.
    La   condizione   di   favoreggiamento   degli   interessi  della
criminalita'  organizzata  si  rinviene  in una ulteriore vicenda che
vede  il  fattivo  intervento  del  sindaco,  in  ragione  del  ruolo
rivestito,   nella  procedura  di  rilascio  dell'autorizzazione  per
l'attivita'  estrattiva  in  un terreno, di fatto di proprieta' della
famiglia  mafiosa,  di  strategica  rilevanza per gli affari illeciti
dell'intero sodalizio.
    Secondo  la  ricostruzione  delle  vicende,  operata dagli organi
investigativi,  e'  possibile  asserire  che  la penetrante attivita'
cruninosa ha sensibilmente alterato il ruolo, che la legge assegna al
comune,  di ente esponenziale della comunita' di cittadini, portatore
della rappresentanza generale dei loro interessi, contrapponendovi un
potere di controllo estraneo alla dialettica democratica.
    Il complesso degli elementi riscontrati manifesta chiaramente che
si  e'  determinato in quell'ente uno stato di alterazione del libero
convincimento,  per  effetto delle interferenze e del condizionamento
operato  dalla  consorteria  malavitosa,  che  hanno  pregiudicato le
fondamentali  garanzie  democratiche,  hanno minato ogni principio di
salvaguardia  della  sicurezza  pubblica  e  compromesso le legittime
aspettative  della  popolazione ad esser garantita nella fruizione di
diritti  fondamentali,  ingenerando  sfiducia  nella  legge  e  nelle
istituzioni da parte dei cittadini.
    La precarieta' della situazione di quel comune risulta, altresi',
attestata  dalla dissoluzione dell'organo consiliare conseguente alle
dimissioni  della  maggioranza  del  corpo  consiliare,  nonche' alle
dimissioni rassegnate dall'intera giunta.
    La  descritta  condizione esige un intervento risolutore mirato a
rimuovere  i  legami  tra  l'amministrazione locale e la criminalita'
organizzata  che arrecano grave e perdurante pregiudizio per lo stato
generale dell'ordine e della sicurezza pubblica.
    Pertanto,  il  prefetto  di  Palermo, con rapporto del 10 gennaio
2006,   che   si   intende   integralmente  richiamato,  ha  proposto
l'applicazione  della  misura  di  rigore  prevista dall'art. 143 del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
    Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere,
con  urgenza,  ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e
di  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente,
mediante  provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della
comunita' locale.
    Per  le  caratteristiche  che  lo  configurano,  il provvedimento
dissolutorio  previsto  dall'art. 143 del citato decreto legislativo,
puo'  intervenire  finanche  quando si siano verificate le situazioni
previste  dall'art.  141,  come  nella  fattispecie,  a seguito delle
dimissioni   rassegnate   dalla   meta'  piu'  uno  dei  consiglieri,
differenziandosene per funzioni ed effetti.
    La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in
relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale,
rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia
determinata in diciotto mesi.
    Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni
indicate  nell'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267,   per  lo  scioglimento  del  consiglio  comunale  di  Roccamena
(Palermo), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di
rigore.
      Roma, 23 gennaio 2006
                                     Il Ministro dell'interno: Pisanu