Al Presidente della Repubblica Il consiglio comunale di Rosarno (Reggio Calabria), rinnovato nelle consultazioni elettorali del 9 luglio 1989, presenta fenomeni di infiltrazioni e di condizionamento di tipo mafioso. Invero, dal prefetto di Reggio Calabria sono stati evidenziati collegamenti diretti ed indiretti di alcuni amministratori con la criminalita' organizzata locale, che compromettono l'imparzialita' degli organi elettivi ed il buon andamento dell'amministrazione di Rosarno. Nel compresorio di Rosarno operano ben sei "cosche mafiose" la cui capacita' d'influenza e' tale da condizionare, in modo sensibile, ogni tipo di attivita' capace di produrre reddito, da quelle economiche ed imprenditoriali a quelle della pubblica amministrazione. Cosca predominante e' quella dei Pesce capeggiata da Giuseppe Pesce, che risulta fortemente infiltrata nella gestione dell'attivita' del comune di Rosarno. Si riportano, di seguito le posizioni di alcuni componenti del suddetto consiglio comunale: Vincenzo Benedetto (sindaco), nato a Chieri (Torino) il 22 gennaio 1943, avvocato, gia' presidente dell'U.S.S.L. n. 26. E' stato rinviato a giudizio nel 1991 per i reati di falsita' ideologica, interesse privato e truffa aggravata. In tale procedimento risultano imputati anche gli amministratori comunali Francesco Iannacci, Vincenzo D'Agostino, Girolamo Cusato e Raffaele Lavorato. Nel 1989 e' stato denunciato, unitamente ai predetti amministratori Cusato e D'Agostino, per peculato, abuso d'ufficio ed interesse privato. Francesco Iannaci (assessore ai lavori pubblici), nato a Rosarno l'8 maggio 1961, impiegato presso l'U.S.S.L. n. 26, con precedenti penali per reati contro la pubblica amministrazione. E' nipote di Giuseppe Iannaci, genero del capo cosca Giuseppe Pesce. Il padre Cesare, lo stesso zio Giuseppe e lo zio Michele sono diffidati e risultano appartenentia alla cosca Pesce. E' stato rinviato a giudizio nel 1991 per i reati di interesse privato e truffa aggravata. Nel procedimento risultano imputati anche gli amministratori comunali Benedetto D'Agostino, Cusato e Lavorato. Antonino Rao (consigliere), nato a Rosarno il 1 gennaio 1934, gia' sindaco di Rosarno, impiegato INADEL, ripetutamente inquisito per violazione dell'art. 323 del codice penale. Denunciato nel 1983 per associazione per delinquere di stampo mafioso, per la quale ha ricevuto il 14 luglio 1986 una comunicazione giudiziaria. Risulta inserito nella cosca Bellocco di Rosarno e vicino alla cosca Pesce. Gaetano Rao (consigliere), nato a Rosarno il 15 novembre 1943, gia' sindaco di Rosarno, gia' presidente dell'U.S.S.L. n. 26 ed attualmente presidente del comitato dei garanti presso lo stesso ente. Denunciato nel 1983 per associazione per delinquere di stampo mafioso, per la quale ha ricevuto il 14 luglio 1986, una comunicazione giudiziaria, alla quale si aggiungono gli altri pendenti per le continue violazioni dell'art. 323 del codice penale e degli articoli 324 e 479 del codice penale. E' nipote della moglie del capo cosca Giuseppe Pesce. Risulta inserito nella cosca Pesce. Vincenzo D'Agostino (consigliere), nato a Rosarno il 29 luglio 1955, gia' vicepresidente del comitato di gestione dell'U.S.S.L. n. 26, commerciante. E' figlio di Angelo, ex diffidato, facente parte dell'omonima cosca, ora assorbita dalla cosca Bellocco. Il fratello Giuseppe e' un ex diffidato ed i inserito nella cosca anzidetta, della quale facevano parte anche gli zii paterni Vincenzo, Antonio e Francesco, deceduti. La madre Carmela Cacciola e' cugina del capo cosca Giuseppe Pesce. E' stato rinviato a giudizio nell'anno in corso per i reati di falsita' ideologica, peculato, interesse privato e truffa aggravata. Nel procedimento risultano imputati, come prima detto, anche gli amministratori comunali Benedetto, Iannacci, Cusato e Lavorato. Risulta sotto inchiesta, unitamente ai predetti Benedetto e Cusato, per peculato, abuso d'ufficio e interesse privato. In questo quadro di diffusa illegalita' amministrativa vanno pure considerati i consiglieri Giuseppe Sergio, Brilli Michele e Figliuzzi Antonino per le loro pendenze in materia di reati contro la pubblica amministrazione, ne' puo' sottrarsi la figura di Raffaele Lavorato, di recente dimessosi dal consiglio, ma con una pesante condotta penale personale, in alcuni casi, come visto in precedenza, in concorso con altri amministratori. Da quanto sopra riferito, emerge una situazione di fatto per cui alcuni componenti della giunta comunale e diversi consiglieri sono inseriti in cosche mafiose o sono legati da stretti vincoli di parentela con esponenti di rilievo delle medesime, il che determina la permeabilita' degli organi di quel comune, a condizionamenti tali da compromettere gravemente la trasparenza e l'imparzialita' dell'attivita' amministrativa, con riflessi notevoli sulla stessa funzionalita' degli uffici comunali, numerosi dipendenti dei quali, peraltro, risultano avere legami con cosche mafiose locali. Lo stato dei servizi erogati dal comune appare, in generale, degradato per le inadempienze, i favoritismi, gli abusi e la disamministrazione, che comporta una tale condotta degli amministratori. Il clima di pesante omerta' e costante intimidazione esistente in quel territorio impedisce, peraltro, l'esplicarsi di forme piu' evidenti di protesta. Tutto rimane inerte eccetto la criminalita' organizzata che, si e' in modo preponderante inserita negli organismi comunali, facendo eleggere componenti delle varie "famiglie" che, in quanto tali, non possono essere condizionati nel loro operato con la conseguenza che l'interesse della criminalita' organizzata e' prevalente su quello pubblico. Da quanto sopra esposto si rileva l'urgenza dell'intervento dello Stato mediante provvedimenti incisivi in direzione dell'amministrazione comunale di Rosarno. Il prefetto di Reggio Calabria, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 1991, 164, come convertito nella legge 22 luglio 1991, n. 221, ha dato avvio alla procedura di scioglimento del consiglio comunale di Rosarno con rapporto del 13 novembre 1991. Ritenuto, per quanto esposto, che ricorrano le condizioni indicate nell'art. 1 del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, come convertito nella legge 22 luglio 1991, n. 221, che legittimano lo scioglimento del consiglio comunale di Rosarno (Reggio Calabria), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore. Roma, 24 gennaio 1992 Il Ministro dell'interno: SCOTTI