(Allegato 4)
                                                           Allegato 4 
 
                               Art. 5. 
      Tipologie di intervento applicabili per le aree agricole  
 
Premessa. 
 
    L'obiettivo di qualsiasi azione di messa in sicurezza e  bonifica
di aree agricole e' quello di preservare la risorsa suolo in tutta la
sua interezza, pertanto sara' fondamentale restringere gli interventi
di rimozione, trasporto, scavo e lavaggio unicamente ai casi  in  cui
altre strategie in situ ed a minore impatto risultino insufficienti. 
    E' essenziale, infatti, mantenere gli equilibri ecosistemici  che
hanno portato alla formazione del  suolo,  per  poter  restituire  in
tempi piu' o meno brevi il suolo stesso al tradizionale uso agricolo. 
    Gli interventi dovranno essere calibrati in  modo  sito-specifico
in considerazione della tipologia di inquinamento intervenuto,  delle
caratteristiche   pedo-climatiche,   delle   attivita'   agricole   e
zootecniche coinvolte. Tali indicazioni, pertanto, saranno fornite  e
circostanziate    solo    successivamente    alle     indagini     di
caratterizzazione di dettaglio e alla valutazione di rischio. 
    Il  mantenimento  di  livelli  di  sicurezza  adeguati  per   gli
operatori agricoli ed i consumatori di prodotti ortofrutticoli non e'
necessariamente legato alla quantita' totale di una specie inquinante
presente nel suolo. Nel caso dei metalli, la frazione  biodisponibile
ha un ruolo chiave essendo soggetta  ai  meccanismi  di  assorbimento
delle colture e di mobilizzazione nelle parti profonde  nel  suolo  e
sottosuolo. 
    Obiettivo di questi interventi di bonifica sara' la riduzione del
rischio per la salute e  la  verifica  che  le  concentrazioni  delle
sostanze presenti  nel  suolo  siano  compatibili  con  l'ordinamento
colturale effettivo e potenziale o con il tipo di allevamento  su  di
esso praticato. 
 
1.  Tipologia  di  interventi  di  messa  in  sicurezza  e   bonifica
applicabili per le aree agricole. 
 
    Sono preferibili tecniche che consentano di mettere in  sicurezza
le  aree  potenzialmente  inquinate  evitando  che  le  stesse  siano
utilizzate, impropriamente, per attivita' agricole o  pastorali,  che
abbiano sbocchi sul mercato agroalimentare.  A  tale  scopo  sono  da
preferire specie arboree poliennali, se necessario  in  consociazione
con specie erbacee iperaccumulatrici, in quanto la  salvaguardia  del
paesaggio e della vocazione agricola di una zona  restano  uno  degli
obiettivi strategici nell'ambito della gestione e pianificazione  del
territorio, cosi' come la  protezione  della  salute  dei  cittadini,
evitando la  produzione  abusiva  di  prodotti  alimentari  su  suoli
inquinati. 
    Ove possibile, pertanto, sara' data la preferenza  ad  interventi
di bio-,  fito-risanamento  con  piante  poliennali,  che  presentano
numerosi vantaggi rispetto ai trattamenti fisico-chimici: 
      messa  in  sicurezza  effettiva  (impedimento  fisico   all'uso
improprio dei suoli inquinati); 
      economicita'; 
      miglioramento del paesaggio; 
      miglioramento della fertilita' dei suoli; 
      impedimento   all'uso   non   agricolo   dei    suoli    (nuove
edificazioni). 
 
2.1 Fitorisanamento. 
 
    Il fitorisanamento comprende i seguenti processi: 
      1) fitodegradazione: azione delle piante e  dei  microorganismi
rizosferici  sulla  degradazione/detossificazione   degli   inquinati
organici presenti nel suolo; 
      2)  rizofiltrazione:  decontaminazione  di  una  fase   acquosa
attraverso processi di adsorbimento ed assorbimento  da  parte  delle
radici delle piante; 
      3)  fitostabilizzazione:  diminuzione  della  pericolosita'  di
alcune sostanze riducendone la biodisponibilita'; 
      4)  fitoestrazione:  rimozione  degli  inquinanti   dal   suolo
attraverso l'accumulo nella biomassa delle piante. 
    Pertanto, in caso di inquinamento non localizzato e basso livello
di   rischio,   una   strategia   di   riduzione    (rimozione    e/o
immobilizzazione)   della   frazione   biodisponibile   dei   metalli
sicuramente adeguata agli  obiettivi  della  messa  in  sicurezza  e'
perseguibile, in tempi utili, per tornare alle  ordinarie  produzioni
agricole. 
    La possibilita' di combinare le tecniche di fitostabilizzazione e
fitoestrazione e' di sicuro interesse per aree rurali a livello medio
basso di contaminazione da metalli potenzialmente tossici. 
    A tale scopo, e' particolarmente indicato l'utilizzo di piante  a
rapido accrescimento quali pioppo  ed  eucalipto,  per  le  quali  la
letteratura scientifica ha evidenziato,  da  tempo,  una  particolare
affinita' con Cadmio  e  Piombo.  Il  loro  portamento  e  la  rapida
colonizzazione  dello  spazio  e'  anche   funzionale   ad   impedire
fisicamente  ogni  altro  tipo  di   attivita',   agricola   e   non,
nell'appezzamento da mettere in sicurezza. 
    Nel caso in cui i livelli di contaminazione  riguardino  elementi
come il Cromo, la cui affinita' con le colture arboree  summenzionate
non  e'  risultata  soddisfacente,  sono  altamente  consigliate   le
brassicacee  iperaccumulatrici  che,  per  le  loro   caratteristiche
fisiologiche,  assorbono  questo  elemento  utilizzando   lo   stesso
meccanismo attivo di trasporto dei solfati. 
    L'effetto di questa tecnica puo' essere incrementato  utilizzando
degli ammendanti organici, il  cui  contenuto  di  chelanti  naturali
migliora l'assimilazione dei metalli da parte  delle  colture.  Altro
fattore che e' possibile modulare e' l'efficienza  radicale,  tramite
l'inoculo  con  funghi  micorrizici  (es.  Trichoderma  spp)  che  ne
accrescano la superficie assorbente. 
    In caso di contaminazione da inquinanti organici, la  tecnica  di
fitodegradazione descritta al punto 1 puo' rappresentare la chiave di
volta perche' consente di associare il mantenimento di  un  paesaggio
rurale alla naturale degradazione dei composti  organici.  In  questo
caso, l'utilizzo di specie arboree dotate  di  un  apparato  radicale
adeguatamente fitto e profondo puo' essere coadiuvato da un prato  di
lolium, il cui effetto dell'apparato radicale su IPA  ed  Idrocarburi
e' stato comprovato da tempo. 
    La fertilizzazione con compost puo' produrre risultati  positivi,
visto che le  biomasse  compostate  possono  fungere  da  inoculo  di
microbi e possono  fornire  un  ulteriore  input  di  nutrienti  alla
microflora gia' presente nel suolo. 
    La strategia  di  fitorisanamento  ideale  include,  dunque,  una
arborea con sesto di impianto  2  x  1  associato  ad  un  prato  (di
brassicacee, nel caso si voglia potenziare l'effetto fitoestrattivo e
di  lolium,  nel  caso  di  un  effetto  rizodegradativo),  su  suoli
fertilizzati con ammendante ed inoculati con funghi micorrizzici. 
 
2.2 Biorisanamento. 
 
    Il biorisanamento e' una tecnologia  che  prevede  l'utilizzo  di
microrganismi naturali  o  ricombinanti  per  abbattere  le  sostanze
tossiche  presenti  nel  suolo,  in  particolare  composti  organici,
attraverso processi che possono essere aerobici o anaerobici. Le  due
principali tecniche di biorisanamento sono: 
      1)  Biostimulation:   potenziamento   del   metabolismo   della
microflora  autoctona  attraverso  l'input  di  nutrienti   derivanti
dall'essudazione   radicale   di   specie   vegetali   opportunamente
selezionate  oppure   da   fertilizzazioni   organiche.   Di   facile
applicazione e'  anche  l'innesco  di  processi  aerobici  attraverso
lavorazioni  frequenti  capaci  di  arieggiare  il  suolo  e  fornire
maggiori quantita' di ossigeno alla microflora. 
      2)  Bioaugmentation:  incremento  delle  cellule  batteriche  e
fungine presenti nel suolo e selezionate per  le  loro  capacita'  di
degradare  composti  organici,  riprodotte   in   dosi   massive   in
bioreattori ed inoculate nel suolo da decontaminare  in  uno  o  piu'
interventi. Il principale problema da affrontare, per questa tecnica,
e' il mantenimento  di  un  adeguato  numero  di  cellule  microbiche
degradatrici nel suolo legato alla  competizione  con  la  microflora
gia' presente. Per superare con successo  questo  ostacolo,  si  puo'
optare per la selezione di una  microflora  autoctona  gia'  adattata
alle  condizioni  edafiche  e  chimico-fisiche  del  suolo,  estratta
direttamente dai suoli che si intende decontaminare. Questo approccio
e' sicuramente uno dei piu' completi, se si considera che  l'utilizzo
di microflora autoctona  ha  il  vantaggio  di  creare  un  formulato
biodegradatore che  include  sia  batteri  che  funghi  in  grado  di
metabolizzare inquinanti a differente livello di recalcitranza in  un
ampio spettro di condizioni ambientali,  tipiche  del  suolo  che  si
intende risanare. La capacita' di mantenere un attivita'  costante  e
non condizionata  dai  fattori  ambientali  e'  legata,  anche,  alla
possibilita' da parte dei  microbi  di  aggregarsi  in  consorzi  che
includono  microbi,  funghi,  lieviti  all'interno  di  una   matrice
polimerica da loro prodotta in cui le condizioni  di  pH,  potenziale
redox sono mantenute a  livelli  ottimali.  Tali  consorzi,  chiamati
biofilm,  rappresentano  un   ulteriore   elemento   da   tenere   in
considerazione qualora si voglia effettuare una  bioaugmentation  con
specie autoctone. 
 
2.3 Altre tecniche. 
 
    Le tecniche  menzionate  in  precedenza  hanno  il  vantaggio  di
presentare un impatto molto basso dal punto  di  vista  ambientale  e
paesaggistico,  associato  a  convenienti  costi   di   applicazione.
Tuttavia ci sono casi in cui i livelli  di  inquinanti  presenti  nel
suolo, siano essi organici o  inorganici,  sono  tali  da  richiedere
approcci piu' incisivi. 
    In  tali  situazioni  sono  proponibili  unicamente   trattamenti
chimico-fisici che garantiscano  alte  rese  di  rimozione,  ma  sono
generalmente  molto  costosi  e   provocano   inoltre   la   modifica
irreversibile delle proprieta' del suolo trattato. Pertanto  la  loro
applicazione deve essere limitata agli effettivi volumi di suolo  che
necessitano di questi trattamenti. 
    I trattamenti chimici consistono in  una  detossificazione  degli
inquinanti attraverso reazioni di trasformazione in  sostanze  dotate
di una minore tossicita' e/o mobilita', come: 
      a)   ossidazione:   attraverso   l'iniezione   nella    matrice
contaminata di un forte  agente  ossidante  (perossido  di  idrogeno,
permanganato  di  potassio),   che   ne   consentano   una   completa
mineralizzazione; 
      b) riduzione: impiegata nel  caso  in  cui  le  specie  ridotta
presenti una minore tossicita'; 
      c) soil-flushing: estrazione delle specie  chimiche  inquinanti
con liscivianti (solventi organici, tensioattivi etc.)  e  successiva
separazione  di  percolato  da  avviare  ad  un  ulteriore  iter   di
smaltimento o bonifica; 
      d)  fissazione:  utilizzo  di  agenti  chimici   chelanti   che
consentono di  concentrare  i  metalli  in  porzioni  di  suolo  piu'
contenute in vista di un trattamento ex situ. 
    I trattamenti fisici sono basati, essenzialmente,  sul  passaggio
degli inquinanti nelle  differenti  fasi  del  suolo.  Si  tratta  in
particolare di: 
      a) solidificazione: riduzione della permeabilita'  della  massa
contaminata; 
      b)  trattamenti  termici:  si  basano  sull'incenerimento,   la
gassificazione  o  la  pirolisi  che  comportano,  in  ogni  caso,  a
differenti  condizioni  di  temperatura,  la  volatilizzazione  degli
inquinati e la loro rapida ossidazione  con  formazione  di  composti
inorganici (CO2, ossidi di azoto e zolfo, ecc). 
    A seguito dei  trattamenti  sopra  elencati,  si  procede  ad  un
aggiornamento della caratterizzazione dell'area e  alla  ripetizione,
ove necessario, della procedura di Valutazione di  rischio  (VdR)  di
cui all'allegato 3 al presente regolamento. 
    Le aree che, a seguito della nuova VdR, risultino non compatibili
con l'ordinamento colturale effettivo e potenziale o con il  tipo  di
allevamento  su  di  esso  praticato,  possono  essere  destinate  ad
alberature con specie arboree caratterizzate da  buona  adattabilita'
alle condizioni pedoclimatiche dell'area, profondita' degli  apparati
radicali, alta capacita' di suzione  radicale,  come  pioppo  bianco,
pioppo nero ed eucaliptus.