Art. 3 Nucleo familiare 1. Il nucleo familiare del richiedente e' costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della DSU, fatto salvo quanto stabilito dal presente articolo. 2. I coniugi che hanno diversa residenza anagrafica fanno parte dello stesso nucleo familiare. A tal fine, identificata di comune accordo la residenza familiare, il coniuge con residenza anagrafica diversa e' attratto ai fini del presente decreto nel nucleo la cui residenza anagrafica coincide con quella familiare. In caso di mancato accordo, la residenza familiare e' individuata nell'ultima residenza comune ovvero, in assenza di una residenza comune, nella residenza del coniuge di maggior durata. Il coniuge iscritto nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE), ai sensi della legge 27 ottobre 1988, n. 470, e' attratto ai fini del presente decreto, nel nucleo anagrafico dell'altro coniuge. 3. I coniugi che hanno diversa residenza anagrafica costituiscono nuclei familiari distinti esclusivamente nei seguenti casi: a) quando e' stata pronunciata separazione giudiziale o e' intervenuta l'omologazione della separazione consensuale ai sensi dell'articolo 711 del codice di procedura civile, ovvero quando e' stata ordinata la separazione ai sensi dell'articolo 126 del codice civile; b) quando la diversa residenza e' consentita a seguito dei provvedimenti temporanei ed urgenti di cui all'articolo 708 del codice di procedura civile; c) quando uno dei coniugi e' stato escluso dalla potesta' sui figli o e' stato adottato, ai sensi dell'aricolo 333 del codice civile, il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare; d) quando si e' verificato uno dei casi di cui all'articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, ed e' stata proposta domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; e) quando sussiste abbandono del coniuge, accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorita' competente in materia di servizi sociali. 4. Il figlio minore di anni 18 fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale convive. Il minore che si trovi in affidamento preadottivo fa parte del nucleo familiare dell'affidatario, ancorche' risulti nella famiglia anagrafica del genitore. Il minore in affidamento temporaneo ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, e' considerato nucleo familiare a se' stante, fatta salva la facolta' del genitore affidatario di considerarlo parte del proprio nucleo familiare. Il minore in affidamento e collocato presso comunita' e' considerato nucleo familiare a se' stante. 5. Il figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF, nel caso non sia coniugato e non abbia figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori. Nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato. 6. Il soggetto che si trova in convivenza anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, e' considerato nucleo familiare a se' stante, salvo che debba essere considerato componente del nucleo familiare del coniuge, ai sensi del comma 2. Il figlio minorenne fa parte del nucleo del genitore con cui conviveva prima dell'ingresso in convivenza anagrafica, fatto salvo quanto previsto al comma 4. Se della medesima convivenza anagrafica fanno parte il genitore e il figlio minorenne, quest'ultimo e' considerato componente dello stesso nucleo familiare del genitore.
Note all'art. 3: - La legge 27 ottobre 1988, n. 470 (Anagrafe e censimento degli italiani all'estero), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 7 novembre 1988, n. 261. - Si riporta il testo dell'art. 711 del codice di procedura civile: «Art. 711. (Separazione consensuale). - Nel caso di separazione consensuale previsto nell'art. 158 del codice civile, il presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui stabilito e curare di conciliarli nel modo indicato nell'art. 708. Se il ricorso e' presentato da uno solo dei coniugi, si applica l'art. 706 ultimo comma. Se la conciliazione non riesce, si da' atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole. La separazione consensuale acquista efficacia con la omologazione del tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su relazione del presidente. Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell'articolo precedente». - Si riporta il testo dell'art. 126 del codice civile: «Art. 126. (Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio). - Quando e' proposta domanda di nullita' del matrimonio, il tribunale puo', su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio; puo' ordinarla anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti». - Si riporta il testo dell'art. 708 del codice di procedura civile: «Art. 708. (Tentativo di conciliazione e provvedimenti del presidente). - All'udienza di comparizione il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone la conciliazione. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere il processo verbale della conciliazione. Se la conciliazione non riesce, il presidente, anche d'ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, da' con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse della prole e dei coniugi, nomina il giudice istruttore e fissa udienza di comparizione e trattazione davanti a questi. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentiti il ricorrente ed il suo difensore. Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si puo' proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notifica del provvedimento». - Si riporta il testo dell'art. 333 del codice civile: «Art. 333. (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli). - Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non e' tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, puo' adottare i provvedimenti convenienti e puo' anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento». - Si riporta il testo dell'art. 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio): «Art. 3. - 1. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio puo' essere domandato da uno dei coniugi: 1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l'altro coniuge e' stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza: a) all'ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con piu' sentenze, per uno o piu' delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale; b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all'art. 564 del codice penale e per uno dei delitti di cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale, ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione; c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio; d) a qualsiasi pena detentiva, con due o piu' condanne, per i delitti di cui all'art. 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice penale, in danno del coniuge o di un figlio. Nelle ipotesi previste alla lettera d) il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta, anche in considerazione del comportamento successivo del convenuto, la di lui inidoneita' a mantenere o ricostituire la convivenza familiare. Per tutte le ipotesi previste nel n. 1) del presente articolo la domanda non e' proponibile dal coniuge che sia stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la convivenza coniugale e' ripresa; 2) nei casi in cui: a) l'altro coniuge e' stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettera b) e c) del numero 1) del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l'inidoneita' del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare; b) e' stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero e' stata omologata la separazione consensuale ovvero e' intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa e' iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970. In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta; c) il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b) e c) del n. 1) del presente articolo si e' concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilita' dei delitti stessi; d) il procedimento penale per incesto si e' concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanze di pubblico scandalo; e) l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio; f) il matrimonio non e' stato consumato; g) e' passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164». - Si riporta il testo dell'art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia): «Art. 2. - 1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell'art. 1, e' affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha-bisogno. 2. Ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, e' consentito l'inserimento del minore in una comunita' di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo piu' vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di eta' inferiore a sei anni l'inserimento puo' avvenire solo presso una comunita' di tipo familiare. 3. In caso di necessita' e urgenza l'affidamento puo' essere disposto anche senza porre in essere gli interventi di cui all'art. 1, commi 2 e 3. 4. Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove cio' non sia possibile, mediante inserimento in comunita' di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia. 5. Le regioni, nell'ambito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunita' di tipo familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi». - Il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 giugno 1989, n. 132.