Art. 4. 
                         Azioni in giudizio 
  1. Costituisce discriminazione, ai sensi  della  legge  9  dicembre
1977, n. 903, qualsiasi atto o comportamento che produca  un  effetto
pregiudizievole discriminando anche in via indiretta i lavoratori  in
ragione del sesso. 
  2.   Costituisce   discriminazione   indiretta   ogni   trattamento
pregiudizievole conseguente alla adozione di criteri che  svantaggino
in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori dell'uno o dell'altro
sesso  e  riguardino  requisiti  non  essenziali   allo   svolgimento
dell'attivita' lavorativa. 
  3. Nei concorsi pubblici e nelle  forme  di  selezione  attuate  da
imprese private e pubbliche  la  prestazione  richiesta  deve  essere
accompagnata  dalle  parole  "dell'uno  o  dell'altro  sesso",  fatta
eccezione per i casi in  cui  il  riferimento  al  sesso  costituisca
requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione. 
  4. Chi  intende  agire  in  giudizio  per  la  dichiarazione  delle
discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene  di  avvalersi
delle procedure di conciliazione previste dai  contratti  collettivi,
puo' promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi  dell'articolo
410 del codice di procedura civile anche tramite  il  consigliere  di
parita' di cui all'articolo 8, comma 2, competente per territorio. 
  5. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti  anche
da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni,  ai  regimi
retributivi,  all'assegnazione   di   mansioni   e   qualifiche,   ai
trasferimenti, alla progressione in carriera ed  ai  licenziamenti  -
idonei a fondare, in termini precisi e  concordanti,  la  presunzione
dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori in ragione  del
sesso, spetta al convenuto l'onere della  prova  sulla  insussistenza
della discriminazione. 
  6. Qualora il datore di  lavoro  ponga  in  essere  un  atto  o  un
comportamento discriminatorio di carattere collettivo,  anche  quando
non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi
dalle  discriminazioni,  il  ricorso   puo'   essere   proposto   dal
consigliere di parita' istituito a livello regionale,  previo  parere
non vincolante del collegio istruttorio di  cui  all'articolo  7,  da
allegare al ricorso stesso, e sentita la  commissione  regionale  per
l'impiego. Decorso inutilmente il  termine  di  trenta  giorni  dalla
richiesta del parere al collegio istruttorio, il ricorso puo'  essere
comunque proposto. 
  7. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni  sulla
base del ricorso presentato ai sensi del comma 6, ordina al datore di
lavoro di definire, sentite  le  rappresentanze  sindacali  aziendali
ovvero, in loro mancanza, le organizzazioni sindacali locali aderenti
alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul  piano
nazionale, nonche' il consigliere regionale per la parita' competente
per  territorio,  un  piano  di   rimozione   delle   discriminazioni
accertate.  Nella  sentenza  il  giudice  fissa  un  termine  per  la
definizione del piano. 
  8. In caso di mancata ottemperanza alla sentenza di cui al comma  7
si applica l'articolo 650 del codice penale richiamato  dall'articolo
15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903. 
  9. Ogni accertamento di  atti  o  comportamenti  discriminatori  ai
sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da imprenditori ai quali siano
stati accordati benefici ai sensi delle vigenti  leggi  dello  Stato,
ovvero  che  abbiano  stipulato  contratti   di   appalto   attinenti
all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di  forniture,  viene
comunicato immediatamente dall'ispettorato  del  lavoro  ai  Ministri
nelle cui amministrazioni  sia  stata  disposta  la  concessione  del
beneficio   o   dell'appalto.   Questi    adottano    le    opportune
determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del  beneficio
e, nei casi piu' gravi o  nel  caso  di  recidiva,  possono  decidere
l'esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni
da qualsiasi ulteriore  concessione  di  agevolazioni  finanziarie  o
creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si  applica
anche quando si  tratti  di  agevolazioni  finanziarie  o  creditizie
ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai  quali  l'ispettorato
del lavoro comunica direttamente  la  discriminazione  accertata  per
l'adozione delle sanzioni previste. 
  10. Resta fermo quanto stabilito dall'articolo  15  della  legge  9
dicembre 1977, n. 903. 
 
Note all'art. 4:
             - La legge n. 903/1977 reca: "Parita' di trattamento tra
          uomini e donne in materia di lavoro".
             - Il testo dell'art. 410 del codice di procedura  civile
          e' il seguente:
             "Art.  410  (Tentativo  facoltativo di conciliazione). -
          Chi intende proporre in giudizio una  domanda  relativa  ai
          rapporti  previsti  dall'articolo precedente, e non ritiene
          di avvalersi delle procedure di conciliazione previste  dai
          contratti  e  accordi  collettivi,  puo'  promuovere, anche
          tramite  una  associazione  sindacale,  il   tentativo   di
          conciliazione  presso la commissione di conciliazione nella
          cui circoscrizione  si  trova  l'azienda  o  una  qualsiasi
          dipendenza  di questa, alla quale e' addetto il lavoratore,
          o presso la quale egli prestava la  sua  opera  al  momento
          della fine del rapporto.
             La   commissione,   ricevuta   la  richiesta,  tenta  la
          conciliazione della controversia, convocando le  parti  per
          una   riunione  da  tenersi  non  oltre  dieci  giorni  dal
          ricevimento della richiesta.
             Con provvedimento del direttore dell'ufficio provinciale
          del lavoro e della massima occupazione e' istituita, in gni
          provincia, presso l'ufficio provinciale del lavoro e  della
          massima   occupazione,   una   commissione  provinciale  di
          conciliazione composta dal direttore dell'ufficio stesso  o
          da  un  suo delegato, in qualita' di presidente, da quattro
          rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei  datori
          di  lavoro  e  da  quattro  rappresentanti  effettivi  e da
          quattro   supplenti   dei   lavoratori,   designati   dalle
          rispettive     organizzazioni     sindacali    maggiormente
          rappresentative su base nazionale.
             Commissioni di conciliazione possono  essere  istituite,
          con  le  stesse modalita' e con la medesima composizione di
          cui al precedente comma, anche  presso  le  sezioni  zonali
          degli   uffici  provinciali  del  lavoro  e  della  massima
          occupazione.
             Le  commissioni,  quando  se  ne  ravvisi la necessita',
          affidano  il   tentativo   di   conciliazione   a   proprie
          sottocommissioni,  presiedute  dal  direttore  dell'ufficio
          provinciale del lavoro e della massima occupazione o da  un
          suo delegato, che rispecchiano la composizione prevista dal
          precedente terzo comma.
             In   ogni  caso  per  la  validita'  della  riunione  e'
          necessaria la  presenza  del  presidente  e  di  almeno  un
          rappresentante   dei   datori   di  lavoro  e  di  uno  dei
          lavoratori.
             Ove la riunione della commissione non sia possibile  per
          la  mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al
          precedente comma, il direttore dell'ufficio provinciale del
          lavoro certifica l'impossibilita' di procedere al tentativo
          di conciliazione".
             - Il  testo  dell'art.  650  del  codice  penale  e'  il
          seguente:
             "Art.     650     (Inosservanza     dei    provvedimenti
          dell'autorita'). - Chiunque non  osserva  un  provvedimento
          legalmente  dato  dall'autorita' per ragioni di giustizia o
          di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico  o  d'igiene,  e'
          punito,  se  il  fatto non costituisce un piu' grave reato,
          con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino  a  lire
          duemila".
             - Il testo dell'art. 15 della legge n. 903/1977 (Parita'
          di  trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro) e'
          il seguente:
             "Art.  15.   -   Qualora   vengano   posti   in   essere
          comportamenti diretti a violare le disposizioni di cui agli
          articoli  1  e  5  della  presente  legge,  su  ricorso del
          lavoratore o per sua delega delle organizzazioni sindacali,
          il pretore del  luogo  ove  e'  avvenuto  il  comportamento
          denunziato,  in  funzione  di  giudice  del lavoro, nei due
          giorni successivi, convocate le parti  e  assunte  sommarie
          informazioni,  se  ritenga sussistente la violazione di cui
          al ricorso, ordina all'autore del comportamento denunciato,
          con  decreto  motivato  ed  immediatamente  esecutivo,   la
          cessazione  del  comportamento  illegittimo  e la rimozione
          degli effetti.
             L'efficacia  esecutiva  del  decreto  non  puo'   essere
          revocata fino alla sentenza con cui il pretore definisce il
          giudizio instaurato a norma del comma seguente.
             Contro il decreto e' ammessa entro quindici giorni dalla
          comunicazione alle parti opposizione davanti al pretore che
          decide  con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano
          le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di
          procedura civile.
             L'inottemperanza al decreto di cui al primo comma o alla
          sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione e'  punita
          ai sensi dell'art.  650 del codice penale.
             Ove  le  violazioni  di  cui  al  primo comma riguardino
          dipendenti pubblici  si  applicano  le  norme  previste  in
          materia  di  sospensione  dell'atto  dell'art.  21,  ultimo
          comma, della legge 6 dicembre 1971, n.  1304".
             La misura minima e massima della sanzione pecuniaria  di
          cui  all'articolo  sopra riportato e' stata successivamente
          moltiplicata prima per due (D.L.L. 5 ottobre 1945, n. 679),
          poi per otto (D.L.C.P.S. 21 ottobre 1947, n. 1250),  quindi
          per  quaranta con assorbimento dei precedenti aumenti (art.
          3 della legge 12 luglio 1961, n. 603) e infine  per  cinque
          (legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 113, primo comma). La
          misura  attuale  della  sanzione  e'  quindi  "fino  a lire
          quattrocentomila".