Art. 43
(Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi)
                (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41)

  1.  Ai  fini  del  presente  capo, costituisce discriminazione ogni
comportamento   che,  direttamente  o  indirettamente,  comporti  una
distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza,
il   colore,   l'ascendenza   o  l'origine  nazionale  o  etnica,  le
convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto
di  distruggere  o di compromettere il riconoscimento, il godimento o
l'esercizio,  in  condizioni  di  parita',  dei diritti umani e delle
liberta'   fondamentali   in  campo  politico  economico,  sociale  e
culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.
  2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:
   a)  il  pubblico  ufficiale  o  la  persona incaricata di pubblico
servizio  o  la  persona esercente un servizio di pubblica necessita'
che  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  compia  od ometta atti nei
riguardi  di  un  cittadino straniero che, soltanto a causa della sua
condizione  di  straniero o di appartenente ad una determinata razza,
religione, etnia o nazionalita', lo discriminino ingiustamente;
   b)  chiunque  imponga condizioni piu' svantaggiose o si rifiuti di
fornire  beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto
a  causa  della  sua condizione di straniero o di appartenente ad una
determinata razza, religione, etnia o nazionalita';
   c)  chiunque illegittimamente imponga condizioni piu' svantaggiose
o  si  rifiuti  di  fornire  l'accesso all'occupazione, all'alloggio,
all'istruzione,  alla  formazione  e  ai  servizi  sociali  e  socio-
assistenziali  allo  straniero  regolarmente  soggiornante  in Italia
soltanto   in   ragione  della  sua  condizione  di  straniero  o  di
appartenente   ad   una   determinata   razza,   religione,  etnia  o
nazionalita';
   d)  chiunque  impedisca, mediante azioni od omissioni, l'esercizio
di  un'attivita' economica legittimamente intrapresa da uno straniero
regolarmente  soggiornante  in  Italia, soltanto in ragione della sua
condizione  di  straniero o di appartenente ad una determinata razza,
confessione religiosa, etnia o nazionalita';
   e)  il  datore  di  lavoro  o  i  suoi  preposti i quali, ai sensi
dell'articolo  15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata
e  integrata  dalla  legge  9 dicembre l977, n. 903, e dalla legge 11
maggio  1990,  n.  108,  compiano  qualsiasi atto o comportamento che
produca    un    effetto    pregiudizievole    discriminando,   anche
indirettamente,  i  lavoratori  in ragione della loro appartenenza ad
una  razza,  ad  un  gruppo  etnico o linguistico, ad una confessione
religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta
ogni  trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri
che  svantaggino  in  modo  proporzionalmente  maggiore  i lavoratori
appartenenti  ad  una  determinata  razza,  ad  un determinato gruppo
etnico  o  linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad
una   cittadinanza   e   riguardino  requisiti  non  essenziali  allo
svolgimento dell'attivita' lavorativa.
  3.  Il  presente  articolo  e l'articolo 44 si applicano anche agli
atti  xenofobi,  razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei
cittadini  italiani,  di apolidi e di cittadini di altri Stati membri
dell'Unione europea presenti in Italia.
 
          Nota all'art. 43:
            - Si riporta il testo vigente dell'art. 15 della legge 20
          maggio  1970,  n.  300 (Norme sulla tutela della liberta' e
          dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'   sindacale   e
          dell'attivita'  sindacale  nei luoghi di lavoro e norme sul
          collocamento):
            "Art. 15 (Atti  discriminatori).  -  E'  nullo  qualsiasi
          patto od atto diretto a:
             a)  subordinare  l'occupazione  di  un  lavoratore  alla
          condizione che aderisca o non aderisca ad una  associazione
          sindacale ovvero cessi di farne parte;
             b)   licenziare   un   lavoratore,  discriminarlo  nella
          assegnazione di qualifiche o mansioni,  nei  trasferimenti,
          nei   provvedimenti  disciplinari,  o  recargli  altrimenti
          pregiudizio a causa  della  sua  affiliazione  o  attivita'
          sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.
            Le  disposizioni  di cui al comma precedente si applicano
          altresi' ai patti o atti diretti a fini di  discriminazione
          politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso".