Art. 54
                      Divieto di licenziamento
              (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2,
                commi 1, 2, 3, 5, e art. 31, comma 2;
         legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4;
   decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566, art. 2, comma 2;
            legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 1)

  1.  Le  lavoratrici  non  possono essere licenziate dall'inizio del
periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal
lavoro  previsti  dal Capo III, nonche' fino al compimento di un anno
di eta' del bambino.
  2.  Il  divieto  di licenziamento opera in connessione con lo stato
oggettivo  di  gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del
periodo  in cui opera il divieto, e' tenuta a presentare al datore di
lavoro   idonea   certificazione   dalla  quale  risulti  l'esistenza
all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.
  3. Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di  colpa  grave  da  parte  della lavoratrice, costituente giusta
   causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
b) di cessazione dell'attivita' dell'azienda cui essa e' addetta;
c) di  ultimazione  della  prestazione per la quale la lavoratrice e'
   stata  assunta  o  di  risoluzione  del  rapporto di lavoro per la
   scadenza del termine;
d) di   esito  negativo  della  prova;  resta  fermo  il  divieto  di
   discriminazione  di cui all'articolo 4 della legge 10 aprile 1991,
   n. 125, e successive modificazioni.
  4.  Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento,
la  lavoratrice non puo' essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che
sia  sospesa  l'attivita'  dell'azienda  o  del  reparto  cui essa e'
addetta,  sempreche' il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La
lavoratrice non puo' altresi' essere collocata in mobilita' a seguito
di  licenziamento  collettivo ai sensi della legge 23 luglio 1991, n.
223, e successive modificazioni.
  5.  Il  licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle
disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, e' nullo.
  6. E' altresi' nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla
fruizione  del  congedo  parentale  e  per la malattia del bambino da
parte della lavoratrice o del lavoratore.
  7.  In  caso  di  fruizione  del  congedo  di  paternita',  di  cui
all'articolo  28,  il  divieto  di  licenziamento si applica anche al
padre  lavoratore  per la durata del congedo stesso e si estende fino
al  compimento  di  un  anno  di  eta'  del  bambino. Si applicano le
disposizioni del presente articolo, commi 3, 4 e 5.
  8.   L'inosservanza   delle  disposizioni  contenute  nel  presente
articolo e' punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni
a  lire cinque milioni. Non e' ammesso il pagamento in misura ridotta
di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
  9. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso
di  adozione e di affidamento. Il divieto di licenziamento si applica
fino a un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare, in caso
di fruizione del congedo di maternita' e di paternita'.
 
          Nota all'art. 54, comma 3, lettera d):
              - La  legge  10 aprile  1991,  n.  125, recante "Azioni
          positive  per la realizzazione della parita' uomo-donna nel
          lavoro",  e' pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale 15 aprile
          1991, n. 88. L'art. 4 reca:
              "Art.   4   (Azioni  in  giudizio).  -  1.  Costituisce
          discriminazione,  ai  sensi della legge 9 dicembre 1977, n.
          903,  e  della  presente  legge,  qualsiasi  atto,  patto o
          comportamento   che   produca  un  effetto  pregiudizievole
          discriminando  anche  in  via  indiretta le lavoratrici o i
          lavoratori in ragione del loro sesso.
              2.    Costituisce    discriminazione   indiretta   ogni
          trattamento  pregiudizievole  conseguente  all'adozione  di
          criteri  che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore
          i  lavoratori  dell'uno  o  dell'altro  sesso  e riguardino
          requisiti  non  essenziali  allo svolgimento dell'attivita'
          lavorativa.
              3.  Nei  concorsi  pubblici  e nelle forme di selezione
          attuate,  anche  a  mezzo  di  terzi,  da  datori di lavoro
          privati   e   pubbliche   amministrazioni   la  prestazione
          richiesta  dev'essere accompagnata dalle parole "dell'uno o
          dell'altro  sesso",  fatta  eccezione  per i casi in cui il
          riferimento  al  sesso costituisca requisito essenziale per
          la natura del lavoro o della prestazione.
              4.  Chi  intende agire in giudizio per la dichiarazione
          delle  discriminazioni  ai  sensi  dei  commi  1  e 2 e non
          ritiene  di  avvalersi  delle  procedure  di  conciliazione
          previste  dai  contratti  collettivi,  puo'  promuovere  il
          tentativo  di  conciliazione  ai  sensi  dell'art.  410 del
          codice  di  procedura  civile o, rispettivamente, dell'art.
          69-bis  del  decreto  legislativo  3 febbraio  1993, n. 29,
          anche  tramite  la  consigliera o il consigliere di parita'
          provinciale o regionale territorialmente competente.
              5.   Le   consigliere   o   i  consiglieri  di  parita'
          provinciali  e  regionali  competenti per territorio, ferme
          restando  le  azioni  in  giudizio  di cui ai commi 8 e 10,
          hanno   facolta'  di  ricorrere  innanzi  al  tribunale  in
          funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti
          alla   sua   giurisdizione,   al  tribunale  amministrativo
          regionale  territorialmente  competenti,  su  delega  della
          persona  che  vi  ha  interesse,  ovvero di intervenire nei
          giudizi promossi dalla medesima.
              6.  Quando  il  ricorrente fornisce elementi di fatto -
          desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle
          assunzioni,  ai  regimi  retributivi,  all'assegnazione  di
          mansioni  e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione
          in  carriera  ed  ai  licenziamenti  - idonei a fondare, in
          termini    precisi    e    concordanti,    la   presunzione
          dell'esistenza    di    atti,    patti    o   comportamenti
          discriminatori  in  ragione  del sesso, spetta al convenuto
          l'onere     della     prova     sull'insussistenza    della
          discriminazione.
              7.  Qualora  le  consigliere o i consiglieri di parita'
          regionali   e,   nei   casi   di  rilevanza  nazionale,  il
          consigliere    o   la   consigliera   nazionale,   rilevino
          l'esistenza  di  atti, patti o comportamenti discriminatori
          difetti  o  indiretti di carattere collettivo, anche quando
          non  siano  individuabili  in  modo  immediato e diretto le
          lavoratrici  o  i  lavoratori  lesi  dalle discriminazioni,
          prima di promuovere l'azione in giudizio ai sensi dei commi
          8  e  10, possono chiedere all'autore della discriminazione
          di  predisporre un piano di rimozione delle discriminazioni
          accertate  entro  un  termine  non  superiore  a centoventi
          giorni,  sentite,  nel  caso  di  discriminazione  posta in
          essere  da un datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
          aziendali  ovvero, in loro mancanza, le associazioni locali
          aderenti    alle    organizzazioni   sindacali maggiormente
          rappresentative   sul  piano  nazionale.  Se  il  piano  e'
          considerato idoneo alla rimozione delle discriminazioni, la
          consigliera   o  il  consigliere  di  parita'  promuove  il
          tentativo di conciliazione ed il relativo verbale, in copia
          autenticata, acquista forza di titolo esecutivo con decreto
          del tribunale in funzione di giudice del lavoro.
              8.  Con  riguardo  alle  discriminazioni  di  carattere
          collettivo di cui al comma 7 le consigliere o i consiglieri
          di  parita',  qualora  non  ritengano  di  avvalersi  della
          procedura  di  conciliazione  di cui al medesimo comma o in
          caso  di  esito  negativo  della  stessa,  possono proporre
          ricorso  davanti  al  tribunale  in funzione di giudice del
          lavoro    o    al    tribunale   amministrativo   regionale
          territorialmente competenti.
              9.   Il   giudice,   nella   sentenza  che  accerta  le
          discriminazioni  sulla base del ricorso presentato ai sensi
          del  comma  8,  ordina  all'autore della discriminazione di
          definire   un  piano  di  rimozione  delle  discriminazioni
          accertate, sentite, nel caso si tratti di datore di lavoro,
          le  rappresentanze  sindacali  aziendali  ovvero,  in  loro
          mancanza, gli organismi locali aderenti alle organizzazioni
          sindacali  di  categoria maggiormente  rappresentative  sul
          piano nazionale, nonche' la consigliera o il consigliere di
          parita'   regionale   competente   per   territorio   o  il
          consigliere  o  la consigliera nazionale. Nella sentenza il
          giudice  fissa i criteri, anche temporali, da osservarsi ai
          fini della definizione ed attuazione del piano.
              10.  Ferma  restando  l'azione  di  cui  al comma 8, la
          consigliera  o  il  consigliere  regionale  e  nazionale di
          parita'  possono  proporre ricorso in via d'urgenza davanti
          al  tribunale  in  funzione  di  giudice  del  lavoro  o al
          tribunale    amministrativo    regionale   territorialmente
          competenti.  Il  giudice  adito, nei due giorni successivi,
          convocate  le  parti  e  assunte sommarie informazioni, ove
          ritenga  sussistente  la  violazione di cui al ricorso, con
          decreto   motivato   e   immediatamente   esecutivo  ordina
          all'autore   della   discriminazione   la   cessazione  del
          comportamento   pregiudizievole   e   adotta   ogni   altro
          provvedimento   idoneo   a   rimuovere  gli  effetti  delle
          discriminazioni   accertate,   ivi   compreso  l'ordine  di
          definizione  ed  attuazione da parte del responsabile di un
          piano di rimozione delle medesime. Si applicano in tal caso
          le  disposizioni  del comma 9. Contro il decreto e' ammessa
          entro   quindici  giorni  dalla  comunicazione  alle  parti
          opposizione  avanti  alla  medesima  autorita'  giudiziaria
          territorialmente   competente,   che  decide  con  sentenza
          immediatamente esecutiva.
              11.  L'inottemperanza  alla sentenza di cui al comma 9,
          al  decreto  di cui al comma 10 o alla sentenza pronunciata
          nel  relativo  giudizio  di  opposizione e' punita ai sensi
          dell'art.  650  del  codice  penale  e comporta altresi' la
          revoca  dei  benefici di cui al comma 12 ed il pagamento di
          una  somma  di lire centomila per ogni giorno di ritardo da
          versarsi al Fondo di cui all'art. 9.
              12.  Ogni  accertamento  di atti, patti o comportamenti
          discriminatori ai sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da
          soggetti  ai  quali siano stati accordati benefici ai sensi
          delle   vigenti  leggi  dello  Stato,  ovvero  che  abbiano
          stipulato  contratti di appalto attinenti all'esecuzione di
          opere  pubbliche,  di servizi o forniture, viene comunicato
          immediatamente   dalla  direzione  provinciale  del  lavoro
          territorialmente   competente   ai   Ministri   nelle   cui
          amministrazioni  sia  stata  disposta  la  concessione  del
          beneficio  o  dell'appalto.  Questi  adottano  le opportune
          determinazioni,  ivi compresa, se necessario, la revoca del
          beneficio  e,  nei  casi piu' gravi o nel caso di recidiva,
          possono  decidere  l'esclusione  del  responsabile  per  un
          periodo  di  tempo  fino  a due anni da qualsiasi ulteriore
          concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero
          da  qualsiasi  appalto.  Tale disposizione si applica anche
          quando  si  tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie
          ovvero  di  appalti  concessi da enti pubblici, ai quali la
          direzione  provinciale  del lavoro comunica direttamente la
          discriminazione  accertata  per  l'adozione  delle sanzioni
          previste.   Le  disposizioni  del  presente  comma  non  si
          applicano nel caso sia raggiunta una conciliazione ai sensi
          dei commi 4 e 7.
              13.  Ferma restando l'azione ordinaria, le disposizioni
          dell'art.  15  della  legge  9 dicembre  1977,  n.  903, si
          applicano in tutti i casi di azione individuale in giudizio
          promossa  dalla  persona  che  vi  abbia interesse o su sua
          delega da un'organizzazione sindacale o dalla consigliera o
          dal consigliere provinciale o regionale di parita'.
              14.  Qualora  venga  presentato  un  ricorso  in via di
          urgenza ai sensi del comma 10 o ai sensi dell'art. 15 della
          legge  9 dicembre  1977,  n. 903, come modificato dal comma
          13,  non  trova  applicazione  l'art.  410  del  codice  di
          procedura civile.".
          Nota all'art. 54, comma 4:
              - Per il titolo della citata legge n. 223/1991, si veda
          in nota all'art. 22, comma 4.
          Nota all'art. 54, comma 8:
              - La legge 24 novembre 1981, n. 689, recante "Modifiche
          al  sistema penale", e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
          30 novembre  1981,  n. 329, supplemento ordinario. Il testo
          dell'art. 16 e' il seguente:
              "Art. 16 (Pagamento in misura ridotta). - E' ammesso il
          pagamento  di  una  somma in misura ridotta pari alla terza
          parte del massimo della sanzione prevista per la violazione
          commessa,  o, se piu' favorevole e qualora sia stabilito il
          minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo
          importo,  oltre  alle  spese  del  procedimento,  entro  il
          termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o,
          se  questa  non  vi  e'  stata,  dalla  notificazione degli
          estremi della violazione.
              Abrogato.
              Il  pagamento  in  misura  ridotta e' ammesso anche nei
          casi  in  cui  le  norme  antecedenti all'entrata in vigore
          della presente legge non consentivano l'oblazione.".