(all. 1 - art. 1) (parte 1)
                       Relazione Introduttiva

1. Introduzione

Il  Governo,  con  il  Decreto  Legge  dell'11 giugno 1998 n. 180, ha
emanato  misure  straordinarie ed urgenti per garantire un livello di
protezione    adeguato    alle   popolazioni   soggette   a   rischio
idrogeologico.

In  particolare,  il decreto stabilisce che le Autorita' di Bacino di
rilievo nazionale ed interregionale, nonche' le regioni per gli altri
bacini,  adottano  i  Piani Stralcio di bacino, di tipo emergenziale,
finalizzati  all'individuazione  ed  alla perimetrazione delle aree a
rischio  idrogeologico.  Per tali aree, e' necessario adottare idonee
misure  di  salvaguardia  finalizzate  alla  mitigazione  dei  rischi
presenti.

Successivamente,  ai sensi dell'art. 9 della legge 226/99, sono state
emanate  norme  per  la  prevenzione  del  rischio  idrogeologico. In
particolare,  tra l'altro, e' stato stabilito che entro il 31 ottobre
1999,  le Autorita' di Bacino di rilievo nazionale e interregionale e
le  Regioni  per  i  restanti  bacini, in deroga alle procedure della
legge  18  maggio 1989 n. 183 e in virtu' dell'art. 9 comma 1 bis del
D.L.  132/99  convertito con L. 226/99 approvano, ove non si sia gia'
provveduto,  Piani  Straordinari  diretti a rimuovere le situazioni a
rischio  piu'  alto,  redatti  anche  sulla base delle proposte delle
Regioni   e   degli   Enti   Locali.   I  Piani  Straordinari  devono
ricomprendere  prioritariamente le aree a rischio idroeologico per le
quali   e'   stato   dichiarato  lo  stato  di  emergenza,  ai  sensi
dell'articolo  5  della  legge  24  febbraio  1992  n.  225.  I Piani
Straordinari   contengono   in   particolare  l'individuazione  e  la
perimetrazione  delle  aree a rischio idrogeologico molto elevato per
l'incolumita'  delle persone, per la sicurezza delle infrastrutture e
del  patrimonio  ambientale e culturale. Per dette aree sono adottate
le  misure  di  salvaguardia  con  il contenuto di cui al comma 6-bis
dell'art.  17  della legge n. 183 del 1989, oltre che con i contenuti
di  cui  alla lettera d) del comma 3 del medesimo articolo 17 qualora
le  misure  di  salvaguardia  siano  adottate  in  assenza  dei piani
stralcio  di  cui all'articolo 17, comma 6-ter della legge n. 183 del
1989. Esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani.

Al  fine  di  adempiere  a tale complessa attivita', il Governo aveva
gia'  impartito,  con  il  DPCM  29/9/98, alcune norme di indirizzo e
coordinamento  che, anche se finalizzate alla realizzazione dei Piani
Stralcio, costituiscono un utile indirizzo per la redazione del Piano
Straordinario.

In   particolare,   le   norme   stabiliscono  che  il  contenuto  di
quest'ultimo  deve  essere tale da rispondere, in via prioritaria, ai
seguenti punti:

-  l'individuazione  e  la quantificazione delle situazioni in atto e
potenziali di degrado del sistema fisico, nonche' le relative cause;
-  le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la
sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque
e dei suoli;
-  l'indicazione  delle  opere  necessarie  distinte  in funzione dei
pericoli  di  inondazione e della gravita' ed estensione del dissesto
per  il perseguimento degli obiettivi di sviluppo economico e sociale
o per il riequilibrio territoriale;
-  l'individuazione  delle  prescrizioni,  dei  vincoli e delle opere
finalizzate   alla   conservazione   del   suolo   ed   alla   tutela
dell'ambiente;
-  la  normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei
materiali litoidi;
-  l'indicazione  delle  zone  da  assoggettare  a speciali vincoli e
prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche.
Nei  paragrafi che seguono vengono illustrate le attivita' svolte per
dare  attuazione, con il presente Piano Straordinario, alla normativa
vigente, in simbiosi lavorativa con le autonomie locali.

2. Autorita' di Bacino Interregionale del fiume Sele

L'Autorita'  di  Bacino  Interregionale  del fiume Sele, considera il
bacino  idrografico  come  ecosistema unitario, cosi' come e' scritto
all'art.  12  della  Legge  istitutiva  del  18  maggio 1989, n. 183,
contenente  "norme  per il riassetto organizzativo e funzionale della
Difesa   del   Suolo",   trae   ordinamento  da  tutta  la  normativa
comunitaria,  nazionale  e  regionale  sulla Difesa del Suolo e sulle
acque.

Le norme statali istitutive delle Autorita' di Bacino considerano due
categorie  di  ecosistemi unitari, giuridicamente configurate in enti
strumentali a competenza territoriale:

a)le   Autorita'  di  Bacino  Nazionali  e  Interregionali,  entrambe
contraddistinte  da  una  puntuale  e  specifica  destinazione  della
normativa  statale,  sono  ordinate dall'art. 15 (che ne determina la
perimetrazione  geografica)  e  dall'  art.  18  (che  ne specifica i
termini  per  l'adozione  del  Piano  di  Bacino)  della Legge 183/89
citata;

b)le   Autorita'   di   Bacino  regionali,  che  traggono  fondamento
istituzionale  dalle  succitate  leggi  e  trovano,  poi,  attuazione
regolamentare nelle leggi della regione di appartenenza.

Per  l'istituzione  dell'Autorita' di Bacino Interregionale del fiume
Sele  le  Regioni  Campania  e Basilicata (come ordinato dal comma 3,
dall'art.  15,  della  legge  183/89  citata),  hanno  raggiunto  una
specifica  intesa, approvata con delibera della Regione Basilicata n.
212, del 26 giugno 1991 e con delibera della Regione Campania n. 306,
del 2 febbraio 1993.

La  competenza  territoriale  dell'Autorita'  di  Bacino  e', quindi,
relativa   ai  territori  della  Regione  Campania  e  della  Regione
Basilicata, nel comprensorio del Bacino Idrogeologico del Fiume Sele.

Cioe',  l'Autorita'  di  Bacino  Interregionale  del  Sele  opera  in
applicazione  della  normativa, sulla difesa del suolo e sulle acque,
relativamente  al  governo  del  complesso  territoriale  del sistema
idrografico naturale delineato dal fiume Sele e che comprende anche i
bacini  dei  fiumi  Calore, Tanagro, Bianco e dei bacini dei relativi
affluenti.

In  esecuzione  di  tale  fine e di tanta normativa, compito primario
dell'Autorita'  di  Bacino  e'  la  redazione  del  piano  di  bacino
idrografico,     quale    strumento    conoscitivo,    normativo    e
tecnico-operativo, per affrontare in una visione sistematica tutte le
problematiche   legate  alla  salvaguardia  del  territorio  ed  alla
corretta gestione delle sue risorse.

L'attivita'   dell'Autorita'   di   Bacino,   sia  essa  nazionale  e
interregionale,   o   regionale,   ha   il   fine  della  prevenzione
idrogeologica,  nella  scientifica considerazione della natura con la
sua  fenomenologia  e  con  le  sue  leggi, in attuazione delle leggi
comunitarie,  nazionali  e  regionale  sulla difesa del suolo e delle
acque.

Ne  consegue  che  nel sistema di gerarchia delineato dalla legge, il
piano  di  bacino  assume  una  posizione sovraordinata nei confronti
degli  altri  strumenti  di pianificazione di settore, ponendosi come
vincolo  anche  rispetto  alla  pianificazione  urbanistica e ad ogni
altra  pianificazione territoriale, cosi' come risulta dalla sentenza
della  Corte  Costituzionale  n.  85190  la  quale,  sostanzialmente,
stabilisce che, di fatto, la legge 183189 non contiene alcuna lesione
dell'autonomia  costituzionalmente  garantita agli enti territoriali,
dal  momento  che  si  limita  a  definire un ruolo di programmazione
giustificato  dall'esigenza  di  perseguire un determinato obiettivo,
ovvero la difesa del suolo.

Per  l'attivita'  conoscitiva, l'Autorita' di Bacino ha acquisito dal
Provveditorato  alle  Opere Pubbliche per la Campania lo studio delle
caratteristiche territoriali e socioeconomiche, redatto in esecuzione
della Legge 26 febbraio 1982, n. 53.

La Segreteria Tecnico Operativa dell'Autorita' di Bacino, utilizzando
i  dodici  volumi e le cartografie tematiche, del sopracitato studio,
sta  dando  risposta  alla  normativa  del D.L. 180/98 convertito con
modificazioni dalla Legge 3 agosto 1998 n. 267, e del D.L. 132 del 13
maggio  1999  convertito con modificazioni dalla legge 13 luglio 1999
n.  226,  che  dispone  come completare, aggiornare e perfezionare il
documento  di  base  predisposto  dal  Ministero,  gia' redatto dallo
Studio Viparelli.

3. Inquadramento generale del bacino del fiume Sele

Al  fiume Sele, che sottende complessivamente un bacino di superficie
pari   a   circa  3250  KM2,  va  attribuito  un  regime  prettamente
appenninico,  in  dipendenza non solo degli afflussi meteorici che si
verificano,  in  modo  efficace,  nel  periodo  tardo autunno-inverno
inizio primavera, ma anche dalla rapidita' con cui si esauriscono, al
cessare delle piogge, i deflussi superficiali da esse prodotti, nelle
aree montagnose e collinari.

Il  bacino  del  fiume  Sele  e'  divisibile  in  tre grandi contesti
geomorfologici:

-  le  aree sub-pianeggianti, sovente terrazzate, formate da depositi
alluvionali,  sia  presso  la  costa,  sia  episodicamente  in conche
endoreiche;
-  le  aree  collinari,  con cui si presentano unita' litologiche non
lapidee,  depositatesi  nel  terziario  e nel quaternario tra le aree
sub-pianeggianti costiere e le montagne;
-  le  aree  montagnose,  formate  da  rocce lapidee, emergenti quasi
sempre  con  pareti  subverticali,  dalle  aree  collinari.  Conviene
precisare  che  le  aree  montagnose  constano  sostanzialmente delle
grandi   strutture  carbonatiche,  costituite  quindi  da  calcari  o
dolomie,  che  fanno  da  basamento  ai  terreni  di ere piu' recenti
affioranti al loro contorno.

Dal  punto  di  vista  idrografico,  il  bacino  del  Fiume  Sele  e'
caratterizzato   dalla   geologia   territoriale   che  determina  la
formazione  del bacino idrogeologico, vero e proprio, del Sele per un
21  %;  il  bacino  dell'affluente  Tanagro  per  un  58%;  il bacino
dell'affluente Calore Lucano per il restante 21%. Entrambi questi due
affluenti  confluiscono nel Sele sulla sinistra del corso principale,
sicche' la porzione di bacino da attribuire esclusivamente al Sele si
sviluppa  interamente  sul  bordo occidentale, lasciando ad oriente i
due bacini di detti affluenti.

Il  ramo  iniziale  del  Sele  parte  a nord dalla grande sorgente di
Caposele  sgorgante  al margine orientale della struttura carbonatica
del  massiccio del Cervialto, lungo il cui piede muove da nord a sud,
fino  a  raggiungere  il margine orientale dell'altra area montagnosa
rappresentata  dal Monte Polveracchio. Da questa, il Sele, sempre con
corso  nord-sud,  si  distacca  per  solcare  quasi al centro le aree
collinari,  che  dividono  il Cervialto ed il Polveracchio dalle aree
montagnose ad est, in cui spiccano i Monti Marzano ed Ogna. A partire
da  Contursi il corso del Sele volge a sud-ovest solcando ancora aree
collinari,  delimitate  ad ovest inizialmente dalle ultime propaggini
del  Monte  Polveracchio:  Monte  Raione e Monte Ripalta. Infine piu'
avanti  il  corso, sempre in direzione nord-ovest sud-est, attraversa
le alluvioni delle aree pianeggianti costiere.

Se  ora  si  ritorna  a  nord,  ai due lati est e sud della struttura
carbonatica in cui si elevano i gia' citati monti Marzano ed Ogna, si
ritrovano  due  aree  collinari,  di  cui  la  fascia a sud e solcata
dall'ultimo  tronco  del  Tanagro,  prima della confluenza nel Sele a
Contursi.  In questa fascia, a non grande distanza da Contursi, si ha
la  confluenza  nel Tanagro del torrente Bianco, il cui bacino ad est
comprende  le  aree collinari che dai citati monti Marzano ed Ogna si
estendono  fino allo spigolo nord-est del bacino del Sele, inglobando
nel loro interno terreni della Basilicata.

Il  corso  del  Tanagro,  e  qui  conviene  seguirlo  risalendo dalla
confluenza  nel  Sele  a Contursi verso l'origine, si svolge dapprima
nella  fascia  di  aree  collinari, in cui si ha anche la confluenza,
gia'  citata,  del Bianco. In tale tratto la fascia di aree collinari
confina  a  sud  con  i  Monti Alburni. Risalendo ulteriormente verso
l'origine,  il  corso  del  Tanagro  prosegue ancora verso sud est al
centro  dell'area  pianeggiante  della  conca  del  Vallo  di  Diano,
delimitata  a  nord  dai Monti della Maddalena, a sud dall'estremita'
nord  del  massiccio del Cervati. Solo episodicamente si hanno strati
di  rocce non lapidee lungo la linea di contatto tra le alluvioni del
Vallo  di Diano e le strutture carbonatiche dei Monti della Maddalena
a nord e del Cervati a sud.

Il  bacino  dell'altro  grande affluente il Calore Lucano si presenta
come  una  chiostra di monti a forma di U, riempita al centro da aree
collinari   che  degradano  verso  la  costa,  dove  subentrano  aree
pianeggianti  alluvionali.  Lungo  il  contorno  si  susseguono,  gli
Alburni  che  fanno  da  spartiacque  tra Tanagro e Calore Lucano, il
Monte  Motola,  il  Monte  Cervati,  i  Monte Vesole e Monte Soprano;
questi  ultimi  due costituiscono una esile corona di aree montagnose
alle aree collinari centrali.

La  rete  idrografica  del  bacino  del Sele puo' essere classificata
attraverso tre livelli di importanza: un primo livello costituito dai
corsi   d'acqua  principali,  un  secondo  livello  costituito  dagli
affluenti  principali,  un terzo livello costituito dai corsi d'acqua
minori.

Nel  primo  gruppo  va senz'altro ricompreso il fiume Sele, fino alla
confluenza  con  il fiume Tanagro, nel secondo il fiume Tanagro ed il
fiume Calore, entrambi limitatamente all'asta principale, e nel terzo
tutti gli altri corsi d'acqua.

4. Attivita' preliminari

L'atto  d'indirizzo  e coordinamento ha previsto una prima fase nella
quale  si  e'  realizzata  una carta dei fenomeni franosi, in base ad
elementi  noti  ed a dati gia' disponibili, in scala almeno 1:25.000,
utile  per  definire le zone a differente pericolosita' e quindi alla
perimetrazione speditiva delle aree a rischio.

Per  costruire  le  carte  della pericolosita', tenendo presente tale
direttiva si e' partito dagli studi ed indagini gia' effettuati dallo
Studio  Viparelli,  in base alla legge 53/82, per conto del Ministero
del LL.PP. Provveditorato alle OO.PP. per la Campania.

In  particolare  si  sono  utilizzate  le  notizie  e  le cartografie
elaborate  a  suo  tempo, aggiornandole alla data attuale. In effetti
sia  la  carta  idraulica,  sia la carta di stabilita' e sia la carta
geologica  del bacino sono elementi ricavati, anche se opportunamente
rivisitati,  dallo  studio  generale  del  1990.  Detti elementi sono
risultati indispensabili e fondamentali per procedere alle successive
fasi di pianificazione del lavoro.

Per quanto attiene il quadro cartografico di riferimento, va rilevato
che  e'  stata utilizzata la base cartografica fornita dall'Autorita'
di  Bacino,  relativa  ad  una  copertura  aerea  in  scala  1:25.000
aggiornata al 1992.

Al fine di acquisire ulteriori ed aggiornate informative dell'impatto
antropico sul territorio, per la Regione Campania si e' utilizzato il
materiale messo a disposizione dagli uffici regionali. In particolare
con  l'ausilio  delle foto Telespazio relative all'anno 1998 e' stato
possibile  individuare  la presenza di elementi nuovi sul territorio.
Tale  carta,  con  i  necessari limiti dalla scala 1:25.000, contiene
informazioni   sugli   insediamenti   esistenti   e  sulle  attivita'
antropiche in atto, nonche' informazioni sul patrimonio ambientale di
particolare  rilievo. Nei grafici che accompagnano il presente studio
e'  possibile  rilevare,  grazie  allo  studio predisposto da tecnici
particolarmente  esperti  nel  settore  della  interpretazione  delle
informazione  da  foto  restituzione,  il  notevole  espansionismo di
infrastrutture, abitazioni, coperture di aree agricole nel bacino del
fiume Sele.

Quanto  alla  suddivisione di geografia politica del territorio della
Regione Basilicata, in competenza normativa e naturale dell'Autorita'
di  Bacino  Interregionale  del fiume Sele, il bacino idrografico del
fiume  Sele  si estende ad Est, inglobando parte del territorio della
Regione  Basilicata  e  comprende 20 Comuni, tutti della Provincia di
Potenza,  per  un  totale  di  circa 1300 Kmq di superficie; ed e' in
questo  territorio  della Basilicata, che forma parte costitutiva del
Bacino  idrografico  del  fiume  Sele,  che nascono i suoi principali
affluenti  di  sinistra,  il  Platano ed il Melandro, che scorrono in
territorio  Lucano e rientrano nel secondo livello di classificazione
della rete idrografica del bacino.

Nella  zona Nord-Est sono, invece, presenti corsi d'acqua minori come
il torrente Pergola, che alimenta le acque del Melandro, e le fiumare
di  Tito,  Avigliano, Muro e Picerno, che rientrano nel terzo livello
della  rete idrografica. La parte Sud-Est del bacino del Sele, sempre
in  territorio della Basilicata, si presenta prevalentemente montuosa
ed  e'  caratterizzata  dai  massicci dei Monti Facito, di Tigliano e
Longa  ricchi di conche e bacini carsici. Zona idrogeologica, quindi,
vitale alla esistenza e caratterizzazione dell'unico bacino del fiume
Sele.

Per   le   aree   della   Regione  Basilicata  ricadenti  nel  bacino
idrografico,  nonostante  le  sollecitazioni piu' volte effettuate da
questa  Autorita'  di  Bacino,  non si sono potute acquisire notizie,
cartografie,  fotorestituzioni  o  dati piu' aggiornati rispetto allo
studio  "Viparelli".  In  queste  aree, pertanto, facendo riferimento
alla  cartografia  del  Piano  elaborato  ai  sensi della gia' citata
L.53/82 si e' riuscito con le numerose e qualificate considerazioni e
rilevazioni   sul   territorio  effettuate  in  comparazione  con  le
informazioni  storiche  disponibili presso gli Enti territoriali, con
il  doveroso  coinvolgimento delle autonomie locali nell'attivita' di
programmazione, cosi' come specificatamente ordinato dalla L.267/98 e
successive modifiche ed integrazioni.

E'  stato  notevole  l'apporto  delle  strutture  tecniche degli Enti
Locali,  in quanto territorialmente competenti, sono state coinvolte,
a  partire  dalla  nota  n.863  del  17  giugno  1999,  in  un'osmosi
lavorativa,  che,  nell'ottica complessiva dell'intero contesto della
vasta  normativa sulla difesa del suolo e delle acque, ha considerato
Regolamenti  Edilizi,  Programmi di Fabbricazione e Piani Regolatori,
unitamente alle regole e programmi dei Consorzi di Bonifica, Parchi e
Amministrazioni  Provinciali  di  Salerno  e Potenza. Solo dopo il 31
Ottobre  si e' ottenuta in fotocopia dal Ministero dell'Ambiente, una
quota parte degli studi, riguardanti il territorio della Basilicata a
competenza  dell'Autorita' di Bacino del Fiume Sele. Gli uffici della
Regione Basilicata, avevano inviato e consegnato tale parte di studi,
sia  pure effettuati in modo superficiale, direttamente al Ministero,
ponendoli  come  base  per la definizione del programma di interventi
urgenti,  inglobandoli  nella  progettazione  generale  della Regione
Basilicata,  contravvenendo,  cosi',  a quanto disposto dalle vigenti
leggi  (ed  in  particolare  all'art.1  del D.L. dell'11 Giugno 1998,
n.180)  e  mettendo  la Segreteria Tecnica Operativa in condizione di
non  poter  utilizzare  il  materiale necessario ed essenziale per la
compilazione di questo Piano Straordinario.

I  dati  di  base  utilizzati sono stati forniti per la maggior parte
dalla   Segreteria   Tecnica   Operativa  dell'Autorita'  di  Bacino.
Ulteriori  informazioni  sono  state  acquisite  presso  le Strutture
Commissariali  di cui all'OPCM 2499/97. I dati provenienti dagli Enti
locali,  dai  Consorzi di Bonifica ed altri Enti sono stati elaborati
dalla   Segreteria  Tecnica  Operativa  dell'Autorita'  di  Bacino  e
trasmessi  per  l'acquisizione  dell'informazione  al  redattore  del
presente Piano Straordinario.

Ulteriori dati sono stati ricavati, cosi' come indicato nel documento
di indirizzo, tra le informazioni archiviate dal Gruppo Nazionale per
la  Difesa  delle  Catastrofi  Idrogeologiche del Consiglio Nazionale
delle  Ricerche  (GNDCI-CNR), nell'ambito del progetto Aree vulnerate
italiane  (AVI),  i  cui  risultati sono presentati sinteticamente in
rapporti regionali editi a cura del GNDCI-CNR.

5. Redazione delle carte

Nell'atto  di  indirizzo e coordinamento concernente l'individuazione
dei  criteri  relativi  agli adempimenti necessari per procedere alla
definizione  delle  aree  soggette  a  rischio  idraulico  sono state
previste  tre  fasi  successive  di approfondimento. La prima prevede
l'acquisizione  di  tutte le informazioni disponibili sullo stato del
dissesto,  la seconda e' finalizzata alla perimetrazione delle aree e
la terza avvia la fase di programmazione sul territorio.

Particolare  importanza  viene  data  alla  fase seconda poiche' essa
consente la perimetrazione, attraverso "valutazioni speditive", delle
aree  nelle  quali  applicare  le  misure  di  salvaguardia.  Per  la
definizione di dette aree, lo stesso documento d'indirizzo suggerisce
di   utilizzare,   ove   disponibili,   adeguati   studi   idraulici,
idrogeologici, geomorfologici e di stabilita'. In casi particolari e'
chiesto  alle  Autorita'  di Bacino di suffragare le stime delle aree
inondabili con calcoli idraulici semplificati.

Questa  Autorita'  di Bacino nel suo percorso di costituzione ha gia'
sviluppato  tali tipi di studi sull'intero territorio ed, inoltre, ha
potuto  avvalersi  di  precedenti  studi redatti dall'ing. Viparelli,
approvati  dal Ministero del LL. PP.. Pertanto, ha ritenuto opportuno
rivisitare  ed integrare, con la collaborazione di detto tecnico, gli
studi e gli strumenti conoscitivi gia' predisposti. Partendo da detti
dati,  si  e'  potuto passare alle fasi successive per procedere alla
perimetrazione "speditiva" delle aree a rischio. Tale perimetrazione,
per  quanto  attiene al rischio idraulico, e' stata limitata ai corsi
d'acqua  definiti  di  primo  e  secondo  livello.  La  necessita' di
limitare  gli  studi  a  questi alvei e', ovviamente, conseguenza dei
tempi molto ristretti messi a disposizione per sviluppare l'indagine.
Pertanto  a  tale  prima  fase  di  studio,  si dovra' dar corso alla
successiva  che  richiedera' tempi ed impegni economici di gran lunga
superiori a quelli oggi disponibili.

Operativamente,   l'ing.   Giulio  Viparelli,  incaricato  da  questa
Autorita' di Bacino a dare risposta alle prescrizioni riportate nelle
norme  di indirizzo e coordinamento, ha proceduto a rivisitare i dati
elaborati,  gia' a suo tempo, per conto del Ministero dei LL.PP. ed a
confrontare  detti  risultati  con  quelli  del progetto VAPI messo a
disposizione  dal  GNDCI-CNR.  Mediante la rielaborazione delle carte
del territorio si e' proceduto ad individuare le aree a rischio molto
elevato e quelle a rischio elevato. Il risultato di tale attivita' di
studio  e'  rappresentata  cartograficamente  negli elaborati grafici
alla   scala   1:25.000   costituenti   parte  integrante  del  Piano
Straordinario.

5.1 Carta delle Aree Inondabili

Definiti  i  valori  delle  portate  rispetto  ai quali verificare il
funzionamento  idraulico  degli  alvei di primo e secondo livello, lo
Studio  Viparelli  ha provveduto ad implementare, previa acquisizione
delle  sezioni  piu' significative, detti dati nel modello matematico
del  fiume Sele. Partendo dai valori delle portate riferite a diversi
periodi  di  ritorno,  si  sono  ricavati  i  volumi  di  allagamento
necessari per la definizione della carta delle aree inondabili.

Per  le aree soggette a rischio di alluvioni ed esondazioni, lungo le
aste  dei  corsi  d'acqua  di  1  e 2 livello, sono state individuate
diverse classi di pericolosita' in funzione del numero degli anni con
cui  si  ripetono  i  fenomeni di esondazione. In particolare si sono
indicate con:

-  Aa,  le  aree potenzialmente coinvolte dai fenomeni di inondazione
con pericolosita' molto elevata o elevata (periodo di ritorno Tr< 100
anni);
-  Ac,  le  aree potenzialmente coinvolte dai fenomeni di inondazione
con  pericolosita'  bassa  o  molto  bassa  (tempo di ritorno Tr> 100
anni).

In  funzione  dei  risultati  acquisiti  con le indagini indicate nei
precedenti  paragrafi  e  degli  studi  sopra  riportati,  sono state
individuate per il territorio dell'Autorita' di Bacino, le due classi
di rischio idraulico e idrogeologico:

-  rischio  elevato,  dove  e'  possibile  l'instaurarsi  di fenomeni
comportanti   rischi   per  l'incolumita'  delle  persone,  di  danni
funzionali   agli  edifici  e  alle  infrastrutture  con  conseguente
inagibilita'   degli   stessi   e   l'interruzione   delle  attivita'
socioeconomiche danni al patrimonio culturale;

-  rischio molto elevato, dove e' possibile l'instaurarsi di fenomeni
tali  da  provocare  la  perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle
persone,  danni  gravi  agli edifici ed alle infrastrutture, danni al
patrimonio culturale e la distruzione di attivita' socio-economiche.

5.2 Carta delle Aree Critiche

I  fattori  presi  come riferimento essenziale per la valutazione del
grado di stabilita' del territorio del bacino del Fiume Sele sono:

- Litologia e tipologia dei dissesti;
- Distribuzione delle aree in frana nei vari tipi litologici.

Al  fine  di  omogenizzare le tipologie dei fenomeni franosi e' stato
realizzato  un "accorpamento" tenendo conto dei meccanismi di frana e
della litologia entro cui si sviluppano tali fenomeni.

Sulla base di tale distinzione sono scaturiti tre grandi complessi:

a)  il complesso delle rocce lapidee (calcari, dolomie, rocce silicee
delle unita' lagonegresi)
b) i depositi detritico alluvionali sabbioso-ghiaiosi-plioquaternari
c)      i      complessi      eterogenei     argilloso-calcarei     e
argilloso-marnoso-arenacei.

Individuati  questi  tre  complessi, si e' proceduto alla definizione
delle  relative  classi  di  stabilita'.  In  particolare  sono state
cartografate con opportuna simbologia tre classi di stabilita'.

Sono state classificate come aree stabili quelle parti del territorio
con  scarsa probabilita' di frequenza di eventi franosi e nelle quali
l'uso   del   territorio   stesso  puo'  avvenire  in  condizioni  di
sufficiente sicurezza nel rispetto delle norme del buon costruire.

Questi  corrispondono  alla  gran  parte dei territori pianeggianti e
poco  acclivi  (pendenze  <  50%) ove affiorano i terreni detritici e
sabbioso-conglomeratici  plio-quaternari  nonche'  gli  altipiani dei
massicci  carbonatici e settori di versanti dei medesimi meno acclivi
e le aree di cresta delle innumerevoli dorsali in terreni "difficili"
(complessi  eterogenei),  ove  si  osserva  una forte riduzione delle
pendenze  e  la  rarefazione  del  reticolo  idrografico  e quindi la
pressoche'   totale  assenza  degli  effetti  negativi  del  medesimo
(erosione).

Le  aree  potenzialmente  instabili  corrispondono  a quelle parti di
territorio   nelle   quali  l'evoluzione  dei  versanti  avviene  con
velocita'  rapportabile  alla  durata  delle opere umane; pertanto la
probabilita'   di   occorrenza  di  eventi  franosi  lungo  i  pendii
attualmente stabili' deve considerarsi significativa.

In  questa classe sono stati inseriti terreni molto diversi tra loro,
attualmente  non in frana, ma giudicati in condizioni geomorfologiche
precarie  (pendenza accentuata; notevole sviluppo locale del reticolo
idrografico; grado di discontinuita' dell'ammasso).

Nei  "complessi  eterogenei",  ove  e'  stata  osservata  la maggiore
percentuale  di  aree  in  frana  e  ove  le  frane  attuali  si sono
manifestate gia' per pendenze dei versanti dell'ordine del 10/15%, e'
apparso  doveroso  assumere  un  criterio  assai  cautelativo  e  far
rientrare  tutte  le  aree  in  pendio  (salvo le zone di cresta gia'
introdotte   nelle   aree   stabili)   nella   categoria  delle  zone
"potenzialmente instabili".

Sicuramente  piu'  difficile  e'  stata  la  individuazione  di "aree
potenzialmente   instabili"   nei   terreni   diversi  dai  complessi
eterogenei  (essenzialmente  negli  estesi  affioramenti in pendio di
sabbie  e conglomerati plio-quaternari e di rocce lapidee), cioe' ove
e'  stato,  non a caso, osservato uno scarso numero di frane, tant'e'
che essi caratterizzano gran parte delle aree definite stabili.

Tenuto  conto  del fatto che si e' osservata qualche frana in terreni
detritici per pendenze intorno al 50% (versante a nord di Baragiano),
si  e'  ritenuto  di  estendere la qualifica di "dubbia stabilita'" a
quei  tratti di versante oggi esenti da dissesti, ma dotati di uguale
pendenza (50%).

Le  aree  instabili  corrispondono  a quelle nelle quali sono in atto
frane  e/o  diffusi  fenomeni  di  erosione  connessi  ad  una locale
particolare densita' del reticolo idrografico.

Le  piu'  diffuse  ed  estese  aree  attualmente instabili sono state
osservate nel bacino del F. Calore e nell'alto Sele.

Sono  stati  altresi'  considerate  "instabili"  (nel senso d aree ad
elevata probabilita' di dissesto) anche pareti sub verticali in rocce
lapidee  di  fatto  interessate  da  distacchi piu' o meno isolati di
blocchi   e  da  situazioni  strutturali  sfavorevoli,  individuabili
tuttavia  solo  attraverso  analisi  di  dettaglio.  Lo  studio della
stabilita'  ha,  inoltre,  esaminato  la  condizione di alcuni centri
abitati, al fine di dare risposta alla normativa 445 del 1908.

6. Misure di salvaguardia

L'individuazione  delle  aree  a rischio idraulico e frane sono state
articolate, come innanzi detto, in due livelli:

-  rischio  elevato,  dove  e'  possibile  l'instaurarsi  di fenomeni
comportanti   rischi   per  l'incolumita'  delle  persone,  di  danni
funzionali   agli  edifici  e  alle  infrastrutture  con  conseguente
inagibilita'   degli   stessi   e   l'interruzione   delle  attivita'
socioeconomiche, nonche' di danni al patrimonio culturale;
-  rischio molto elevato, dove e' possibile l'instaurarsi di fenomeni
tali  da  provocare  la  perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle
persone,  danni  gravi  agli edifici ed alle infrastrutture, danni al
patrimonio culturale e la distruzione di attivita' socio-economiche.

Per  dette  aree,  sono state elaborate le norme di salvaguardia, che
rappresentano   il  momento  conclusivo  della  redazione  del  Piano
Straordinario.  Dette  norme  regolano  l'uso  del  territorio e sono
rivolte  soprattutto  alla  messa  in sicurezza delle aree a rischio,
delle  opere  esistenti,  ovviamente  in  regola  con  gli  strumenti
urbanistici  vigenti, e delle infrastrutture pubbliche o di interesse
pubblico in esse presenti.

In  linea  generale,  rinviando  allo  specifico  allegato  di  Piano
Straordinario,  nelle  aree  a  rischio molto elevato sono consentiti
esclusivamente gli interventi idraulici volti alla messa in sicurezza
delle  aree  a  rischio  tali  da  migliorare  significativamente  le
condizioni  di  funzionalita'  idraulica,  tali  da  non aumentare il
rischio  di  inondazione  a  valle e da non pregiudicare la possibile
attuazione  di  una  sistemazione idraulica definitiva. Sono altresi'
consentiti   gli   interventi  di  demolizione  senza  ricostruzione,
manutenzione   ordinaria   e   straordinaria,  restauro,  risanamento
conservativo senza aumento di superficie o volume, interventi volti a
mitigare la vulnerabilita' dell'edificio.

Sono  altresi'  consentiti  interventi  di manutenzione, ampliamento,
ristrutturazione   delle  infrastrutture  pubbliche  o  di  interesse
pubblico riferiti a servizi essenziali e non delocalizzabili, purche'
risultino  essere  comunque  coerenti  con  la  pianificazione  degli
interventi d'emergenza di protezione civile.

Nelle  aree  ad elevato rischio sono consentiti esclusivamente, oltre
agli  interventi innanzi indicati, gli interventi di ristrutturazione
edilizia,  a  condizione  che  gli stessi non aumentino il livello di
rischio.

Naturalmente  tutti  gli  interventi  sopra  indicati potranno essere
realizzati   previo  accertamento  di  compatibilita'  ambientale  ed
idrogeologico da parte degli Enti locali competenti per territorio.

      Misure di Salvaguardia per le aree arischio idrogeologico

1. Premesse

Il  Piano  Straordinario  per  il  Rischio  Idrogeologico, di seguito
indicato  (Piano Straordinario) redatto ai sensi della intervenuta L.
267/98  art.  1  bis  cosi'  come modificata dalla L. 226/99 art. 9 -
comma   2  -,  disciplina,  con  le  presenti  norme,  le  azioni  da
intraprendere  al  fine  di  mitigare  le condizioni di rischio molto
elevato  (frane  ed alluvioni) presenti nell'ambito del territorio di
competenza dell'Autorita' di Bacino Interregionale del fiume Sele, di
seguito indicato Autorita' di Bacino.

Il Piano Straordinario e' redatto, adottato ed approvato tenuto conto
di  quanto  previsto  dalla  legge 18 maggio 1989, n. 183 quale piano
propedeutico  alla  formazione  del  "Piano  stralcio  per  l'assetto
idrogeologico" e del definitivo "Piano di Bacino".

Il  Piano  Straordinario,  attraverso  le  sue disposizioni, persegue
l'obiettivo  di  garantire  al  territorio  dell'Autorita' di Bacino,
mediante  la  perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto
elevato  e  le relative misure di salvaguardia, una mitigazione delle
condizioni  di  rischio  per  ottemperare  ad un livello di sicurezza
adeguato  rispetto  ai fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico
ivi presenti.

Il    Piano   Straordinario   rappresenta   un   primo   livello   di
pianificazione, sino alla data della redazione del Piano Stralcio per
l'assetto  idrogeologico (previsto in base alla normativa attualmente
vigente, entro il 30 giugno 2001).

Con  l'adozione del Piano Straordinario, l'Autorita' di Bacino dovra'
attivare una serie di azioni organiche finalizzate:

- al recupero degli ambiti fluviali e del sistema delle acque;
- alla programmazione degli usi del suolo ai fini della difesa, della
stabilizzazione e del consolidamento dei terreni e del recupero delle
aree fluviali.
Le finalita' del Piano Straordinario saranno perseguite mediante:
-  la definizione del quadro del rischio idraulico e idrogeologico in
relazione ai fenomeni di dissesto considerati;
-  la  costituzione e/o la revisione dei vincoli, delle prescrizioni,
degli incentivi e delle destinazioni d'uso del suolo;
-    l'individuazione   di   interventi   finalizzati   al   recupero
naturalistico  ed  ambientale, nonche' alla tutela ed al recupero dei
valori presenti e/o alla riqualificazione delle aree degradate;
-  l'individuazione  di  interventi  su infrastrutture e manufatti di
ogni tipo, anche edilizi, che determinino rischi idrogeologici, anche
con finalita' di rilocalizzazione;
- l'adeguamento delle norme urbanistico-territoriali;
-  la  sistemazione  dei versanti e delle aree instabili a protezione
degli abitati e delle infrastrutture con l'utilizzo di tecniche anche
naturalistiche;
-  la  modulazione  delle piene, la difesa e la regolazione dei corsi
d'acqua;
-  la  definizione  delle  esigenze di manutenzione, completamento ed
integrazione  dei  sistemi di difesa esistenti, in funzione del grado
di  sicurezza  compatibile  e  del  loro  livello  di  efficienza  ed
efficacia;
-  la  definizione  di  nuovi  sistemi  di difesa, ad integrazione di
quelli  esistenti,  con  funzioni  di  controllo  dell'evoluzione dei
fenomeni di dissesto;
- il monitoraggio dello stato dei dissesti.

I  Programmi  ed  i  Piani regionali e nazionali nonche' quelli degli
Enti  Locali  di  sviluppo  economico,  di  uso del suolo e di tutela
ambientale,   devono   essere   coordinati   con  il  presente  Piano
Straordinario. Di conseguenza gli organismi competenti provvederanno,
ove  necessario,  ad  adeguare  alle  prescrizioni del presente Piano
Straordinario,  cosi' come previsto dall'art. 17, comma 4 della L. 18
maggio 1989, n. 183.

Sono  fatte  salve,  in  ogni  caso, disposizioni piu' restrittive di
quelle  previste  dalle  presenti norme, contenute nella legislazione
regionale  e  statale in materia di beni culturali ed ambientali e di
aree   naturali   protette,   negli   strumenti   di   pianificazione
territoriale  di  livello regionale, provinciale e comunale ovvero in
altri piani di tutela del territorio ivi compresi i Piani Paesistici.

Le  previsioni  e  le  prescrizioni  del presente Piano Straordinario
hanno  valore,  a  norma  di  legge,  fino all'approvazione del Piano
Stralcio  e  comunque  per un periodo non superiore ai tre anni. Esse
sono  inoltre  verificate  periodicamente  in funzione dello stato di
realizzazione  delle opere programmate e dal variare della situazione
morfologica    ed    ambientale    dei    luoghi   ed   in   funzione
dell'approfondimento   degli   studi  conoscitivi  in  corso  e/o  da
attivare.

L'aggiornamento,  le  integrazioni  e  le  modifiche  agli  elaborati
costituenti  il  Piano  Straordinario  possono  essere effettuati, in
conformita'  dei  disposti  normativi, con deliberazione del Comitato
Istituzionale,  dell'Autorita'  di  Bacino,  su proposta dei soggetti
comunque interessati.

2. Natura, contenuti ed effetti del Piano Straordinario

2.1 - Generalita'

Il  Piano  Straordinario  per  il  rischio idrogeologico ha valore di
piano territoriale di settore. Esso e' lo strumento mediante il quale
sono  pianificate  e programmate le norme d'uso riguardanti l'assetto
idraulico   ed  idrogeologico  del  bacino  idrogeologico  fino  alla
redazione  del  Piano  Stralcio di cui al comma 1 bis della L. 267/98
cosi' come modificato dall'art. 9 della L. 226/99.

2.2 - Ambito territoriale

Le  norme  contenute  nel  presente  Piano Straordinario si applicano
all'intero  territorio  di competenza dell'Autorita' di Bacino, cosi'
come  definito  dalla  L.  183/89,  la cui delimitazione e' riportata
nell'allegata  planimetria,  in  scala 1:100.000. Sono ricompresi nel
bacino  del fiume Sele i territori comunali riportati nella tabella 1
allegata al presente documento.

2.3 - Elaborati del Piano Straordinario

Sono  elaborati  fondamentali  del  Piano  Straordinario per la parte
afferente  il  rischio  idrogeologico (frane ed alluvioni) i seguenti
elaborati:

A) Parte generale.

A.1.  Relazione  illustrativa  delle attivita' svolte e dei risultati
ottenuti;

A.2. Carta del reticolo idrografico in scala 1:100.000;

A.3. Carta dell'aggiornamento antropico al 1998 su base Telespazio in
scala 1:25.000;

A.3.1 Quadrante 186-IV
A.3.2 Quadrante 186-III
A.3.3 Quadrante 186-II
A.3.4 Quadrante 197-I
A.3.5 Quadrante 198-IV
A.3.6 Quadrante 198-I
A.3.7 Quadrante 199-IV
A.3.8 Quadrante 197-II
A.3.9 Quadrante 198-III
A.3.10 Quadrante 198-II
A.3.11 Quadrante 199-III
A.3.12 Quadrante 209-I
A.3.13 Quadrante 210-IV
A.3.14 Quadrante 210-I
A.3.15 Quadrante 210-II

A4.  Carta  degli  insediamenti,  delle  attivita'  antropiche  e del
patrimonio ambientale in scala 1:25.000

A.4.1 Quadrante 186-III
A.4.2 Quadrante 186-II
A.4.3 Quadrante 197-I
A.4.4 Quadrante 198-IV
A.4.5 Quadrante 198-I
A.4.6 Quadrante 199-IV
A.4.7 Quadrante 197-II
A.4.8 Quadrante 198-III
A.4.9 Quadrante 198-II
A.4.10 Quadrante 199-III
A.4.11 Quadrante 209-I
A.4.12 Quadrante 210-IV
A.4.13 Quadrante 210-I

A.5.  Censimento  e  schedatura  delle  frane  e delle inondazioni su
segnalazioni provenienti dai dati AVI (Aree Vulnerate Italiane);

B) Frane

B.1.  Carta geolitologica in scala 1:100.000 (prima stesura L.53/82 a
cura del prof. Roberto De Riso);

B.2.  Carta della stabilita' in scala 1:100.000 (pdma stesura L.53/82
a cura del prof. Roberto De Riso);

B.3.  Carta  delle aree critiche in scala 1:25.000 con individuazione
delle aree instabili, ad incerta stabilita' e stabili;

B.3.1 Quadrante 186-III
B.3.2 Quadrante 186-II
B.3.3 Quadrante 198-IV
B.3.4 Quadrante 198-I
B.3.5 Quadrante 199-IV
B.3.6 Quadrante 198-III
B.3.7 Quadrante 198-II
B.3.8 Quadrante 199-III
B.3.9 Quadrante 209-I
B.3.10 Quadrante 210-IV
B.3.11 Quadrante 210-I
B.3.12 Tavola 36 - Regione Basilicata

B.4.  Carta  degli  scenari  delle  aree  a  rischio piu' alto: prima
perimetrazione - in scala 1:25.000;

B.4.1 Quadrante 186-III
B.4.2 Quadrante 186-II
B.4.3 Quadrante 198-IV
B.4.4 Quadrante 198-I
B.4.5 Quadrante 199-IV
B.4.6 Quadrante 198-III
B.4.7 Quadrante 198-II
B.4.8 Quadrante 199-III
B.4.9 Quadrante 209-I
B.4.10 Quadrante 210-IV
B.4.11 Quadrante 210-I
B.4.12 Tavola 36 - Regione Basilicata

C) Alluvioni

C.1. Relazione idrologica;

C.2. Relazione idraulica e modello idraulico;

C.3. Carta delle aree inondabili in scala 1:25.000;

C.3.1 Quadrante 197-I
C.3.2 Quadrante 198-IV
C.3.3 Quadrante 198-I
C.3.4 Quadrante 199-IV
C.3.5 Quadrante 197-II
C.3.6 Quadrante 198-III
C.3.7 Quadrante 199-III

C.4.  Carta  degli  scenari  delle  aree  a  rischio piu' alto: prima
perimetrazione - in scala 1:25.000;

C.4.1 Quadrante 197-I
C.4.2 Quadrante 198-IV
C.4.3 Quadrante 198-I
C.4.4 Quadrante 199-IV
C.4.5 Quadrante 197-II
C.4.6 Quadrante 198-III
C.4.7 Quadrante 199-III

D) Norme di salvaguardia e linee guida.

D.1. Misure di salvaguardia per le aree a rischio idrogeologico.
D.2.  Linee  guida  per  la  programmazione e la pianificazione degli
interventi  strutturali  e  non  strutturali  per  la mitigazione del
rischio.
D.3. Patrimonio ambientale di interesse
D.4. Capitolato del Ministero dell'Ambiente
D.5. Quaderno delle opere tipo

2.4 - Effetti del Piano Straordinario

Ai  sensi  dell'art.  17, comma 5, della L. 18 maggio 1989 n. 183, le
prescrizioni  di  cui  agli  articoli  successivi  sono dichiarate di
carattere immediatamente vincolante per le Amministrazioni e gli Enti
pubblici nonche' per i soggetti privati.

Fermo   restando   il   carattere   immediatamente  vincolante  delle
prescrizioni  di  cui  al  precedente  comma,  le  Regioni Campania e
Basilicata,  ai sensi del citato art. 17, comma 5, della L. 18 maggio
1989,  n.  183,  entro  novanta  giorni  dalla  data di pubblicazione
dell'atto  di  approvazione  del Piano Straordinario, emanano, ove lo
ritengano necessario, disposizioni concernenti l'attuazione del Piano
Straordinario  nel settore urbanistico. Decorso tale termine gli Enti
territorialmente  interessati  dal  Piano Straordinario sono comunque
tenuti   a   rispettarne   le  prescrizioni,  adottando  i  necessari
adempimenti  relativi ai propri strumenti urbanistici in analogia con
quanto disposto dall'art. 17, comma 6, della L. n. 183/89.

In  tutti  i  casi  in  cui  gli interventi e/o le opere riguardino o
interferiscano  con  beni  o aree tutelate ai sensi della L. 1 giugno
1939,  n.  1089  e della L. 29 giugno 1939, n. 1497 e loro successive
modificazioni  ed  integrazioni, essi saranno soggetti alle procedure
autorizzative previste dalle stesse.

Restano  ferme,  ove  piu'  restrittive,  le  altre  norme vigenti in
materia  di  tutela  e  difesa  del  territorio,  per  cui  qualsiasi
intervento  e/o  opera dovra' acquisire i rispettivi pareri e/o nulla
osta rilasciati dagli Enti territorialmente competenti.

2.5 - Definizione delle aree a rischio idrogeologico

Il   presente   Piano  Straordinario  individua  le  aree  a  rischio
idrogeologico  molto  elevato  in  funzione delle valutazioni e delle
analisi  illustrate nella relazione generale di cui agli elaborati di
sintesi e finali.

Tali  analisi  sono  state  effettuate  sulla  base  delle conoscenze
acquisite  dall'Autorita'  di  Bacino  al  momento  dell'adozione del
presente atto.

Al  fine  di  mantenere  aggiornato  il quadro delle conoscenze sulle
condizioni  di  rischio,  i contenuti del Piano Straordinario saranno
periodicamente   aggiornati   a  cura  dell'Autorita'  di  Bacino  in
attuazione  delle  modalita'  previste  dalla  normativa  vigente  in
materia.

Le  Regioni,  gli  altri  Enti  Locali  nonche'  tutti  gli organismi
operanti  in  materia  di  difesa del suolo, interessati dal presente
Piano Straordinario, sono tenuti a comunicare all'Autorita' di Bacino
i dati e le variazioni in relazione allo stato di realizzazione delle
opere programmate in relazione al variare dei rischi sul territorio.

2.6  -  Individuazione  e  perimentrazione  delle aree interessate da
dissesto idrogeologico.

Il    Piano    Straordinario   individua,   all'interno   dell'ambito
territoriale  di  competenza,  le  aree  interessate  da  fenomeni di
dissesto  idrogeologico. Le aree sono distinte secondo la metodologia
indicata negli elaborati del Piano Straordinario.

La  perimetrazione  delle aree interessate da fenomeni di dissesto e'
stata  articolata  nelle  classi  di  cui al successivo art. 7, ed e'
rappresentata  cartograficamente  negli  elaborati grafici alla scala
1:25.000 costituenti parte integrante del Piano Straordinario.

In  funzione  delle  indagini e degli studi riportati nella relazione
illustrativa  sopra  citata, sono state individuate per il territorio
dell'Autorita' di Bacino le seguenti classi di rischio idrogeologico:

-  rischio  elevato, in quanto e' possibile l'instaurarsi di fenomeni
comportanti   rischi   per  l'incolumita'  delle  persone,  di  danni
funzionali   agli  edifici  e  alle  infrastrutture  con  conseguente
inagibilita'   degli   stessi   e   l'interruzione   delle  attivita'
socio-economiche danni al patrimonio culturale;
-  rischio  molto  elevato,  in  quanto e' possibile l'instaurarsi di
fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane e/o lesioni gravi
alle  persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, danni
al    patrimonio    culturale   o   la   distruzione   di   attivita'
socio-economiche.

Gli  Enti in funzione di dati aggiornati, indagini e studi specifici,
realizzazione  di  opere ed interventi per la mitigazione del rischio
possono  avanzare,  in  conformita'  al comma precedente, proposte di
modifica  alla  individuazione  e perimetrazione delle aree a rischio
idrogeologico elevato e molto elevato.

Queste  saranno  in  ogni caso valutate dall'Autorita' di Bacino che,
sentiti  i  redattori  del  Piano Straordinario, e previa istruttoria
della   Struttura   Tecnica   Operativa,   provvedera'   in   merito,
comunicandone   gli   esiti   positivi   e/o   negativi  al  soggetto
richiedente.

2.7  -  Misure di salvaguardia derivanti dalle condizioni di dissesto
idrogeologico

2.7.1 - Generalita'

Le  aree  interessate  dai  fenomeni di dissesto sono classificate in
relazione  alla  specifica tipologia dei fenomeni idrogeologici cosi'
come  sono  definiti  nell'ambito degli specifici elaborati del Piano
Straordinario.

In  particolare,  per le aree soggette a rischio di frana, sono state
individuate due classi di pericolosita' : Fa e Fp:

- Fa, aree interessate da frane attive - con pericolosita' da elevata
a molto elevata;
-  Fp,  aree  interessate  da frane potenziali - con pericolosita' da
elevata a media;

Per  le  aree soggette a rischio di alluvioni ed esondazioni lungo le
aste  dei  corsi d' acqua di 1 e 2 livello sono state individuate due
classi  di  pericolosita'  :  Aa, Ap, ed un'area di attenzione Ac, da
sottoporre a piani di protezione civile:

-  Aa,  aree  ad alta probabilita' di inondazione (periodo di ritorno
Tr= 20-50 anni);
- Ap, aree a moderata probabilita' di inondazione (periodo di ritorno
Tr=100-200 anni);
-  Ac, aree a bassa probabilita' di inondazione (tempo di ritorno Tr=
300-500 anni).

2.7.2 - Interventi nelle aree soggette a rischio di frana.

Nelle aree Fa sono consentiti:

- gli interventi di demolizione, senza ricostruzione e gli interventi
di  manutenzione  ordinaria e straordinaria degli edifici, cosi' come
definiti  alla lettera a) b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978
n.  457,  purche'  in  regola con gli strumenti urbanistici e che non
comportino  aumenti  di superficie o di volume ne' aumento del carico
urbanistico;

-  gli  interventi  volti  a mitigare la vulnerabilita' degli edifici
esistenti,  quelli  volti  a  migliorare  la  tutela  della  pubblica
incolumita'  senza  aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti
di destinazione d'uso e che comportino aumento del carico insediativo
ed urbanistico;

-   gli   interventi   necessari  per  la  manutenzione  ordinaria  e
straordinaria  di  opere  pubbliche  o  di  interesse  pubblico e gli
interventi  di  consolidamento  e  restauro  conservativo  di beni di
interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;

- la realizzazione di nuovi interventi infrastrutturali e nuove opere
pubbliche a condizione che sia dimostrata l'assenza di alternative di
localizzazione.

- le opere di bonifica e di sistemazione dei movimenti franosi;
- le opere di regimentazione delle acque superficiali e sotterranee.

Nelle  aree  Fp, oltre agli interventi indicati nel comma precedente,
sono consentiti:

-   gli   interventi   di   manutenzione  straordinaria,  restauro  e
risanamento  conservativo, cosi' come definiti dalle lettere a), b) e
c)  dell'art.  31  della  L.  5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di
superficie  e volume, purche' in regola con gli strumenti urbanistici
e  che  non  comportino aumenti di superficie o di volume ne' aumento
del carico urbanistico;

-  gli  interventi  di  adeguamento igienico funzionale degli edifici
esistenti,  ove  necessario,  per  il  rispetto dalla legislazione in
vigore  anche in materia di sicurezza del lavoro connessi ad esigenze
delle attivita' e degli usi in atto;

- l'ampliamento e/o la ristrutturazione di infrastrutture pubbliche o
di  interesse  pubblico esistenti purche' compatibili con lo stato di
dissesto esistente.

Nelle aree Fp compete alle Regioni e agli Enti Locali, attraverso gli
strumenti    di    pianificazione    territoriale   ed   urbanistica,
regolamentare  le  attivita' consentite, i limiti e i divieti, tenuto
anche conto delle indicazioni dei Piani di protezione civile, nonche'
dei  programmi  di previsione e prevenzione redatti ai sensi della L.
24 febbraio 1992, n. 225.

2.7.3  -  Interventi  nelle aree soggette a rischio di inondazioni ed
alluvioni.

Nelle aree Aa sono esclusivamente consentiti:

- gli interventi di demolizione, senza ricostruzione e gli interventi
di  manutenzione  ordinaria e straordinaria degli edifici, cosi' come
definiti  alla lettera a) b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978
n.  457,  purche'  in  regola con gli strumenti urbanistici e che non
comportino  aumenti  di superficie o di volume ne' aumento del carico
urbanistico;

-  gli  interventi  volti  a mitigare la vulnerabilita' degli edifici
esistenti  e  a migliorare la tutela della pubblica incolumita' senza
aumenti  di  superficie  e  volume, senza cambiamenti di destinazione
d'uso  che  comportino  aumento  del  carico  insediativo, purche' in
regola con gli strumenti urbanistici;

-   gli   interventi   necessari  per  la  manutenzione  ordinaria  e
straordinaria  di  opere  pubbliche  e  di  interesse  pubblico e gli
interventi  di  consolidamento  e  restauro  conservativo  di beni di
interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;

- i cambi colturali, purche' non interessanti una ampiezza di 5 m dal
ciglio della sponda;

-  gli  interventi  volti alla ricostruzione degli equilibri naturali
alterati  ed  alla  eliminazione,  per  quanto possibile, dei fattori
incompatibili di interferenza antropica;

- le opere di difesa e di sistemazione idraulica;

- la realizzazione di nuovi interventi infrastrutturali e nuove opere
pubbliche a condizione che sia dimostrata l'assenza di alternative di
localizzazione.

Nella aree Ap, oltre agli interventi di cui al precedente comma, sono
consentiti:

-   gli   interventi   di   manutenzione  straordinaria,  restauro  e
risanamento  conservativo, cosi' come definiti dalle lettere a), b) e
c)  dell'art.  31  della  L.  5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di
superficie  e volume, purche' in regola con gli strumenti urbanistici
e  che  non  comportino aumenti di superficie o di volume ne' aumento
del carico urbanistico;

-  gli  interventi  di  adeguamento igienico funzionale degli edifici
esistenti  e  necessari  per il rispetto della legislazione in vigore
anche  in  materia di sicurezza sul lavoro connessi ad esigenze delle
attivita'  e  degli  usi in atto, purche' in regola con gli strumenti
urbanistici;

-  la  realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche o di interesse
pubblico  nonche' l'ampliamento o la ristrutturazione delle esistenti
purche' compatibili con lo stato di dissesto esistente;

2.7.4 - Misure di salvaguardia nelle altre aree

Nelle  aree classificate Ac, compete alle Regioni e agli Enti Locali,
attraverso   gli   strumenti   di   pianificazione   territoriale  ed
urbanistica,  regolamentare  le  attivita'  consentite,  i limiti e i
divieti,  tenuto  anche  conto  delle  indicazioni  dei  programmi di
previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225.

2.8 - Verifica di compatibilita' per gli interventi

Tutti  gli  interventi  consentiti,  di cui ai precedenti commi, sono
subordinati  ad  una verifica tecnica, condotta anche in ottemperanza
alle  prescrizioni di cui al D.M. 11 marzo 1988 volta a dimostrare la
compatibilita'  tra  l'intervento  e le condizioni di dissesto e/o il
livello  di  rischio  esistente,  sia  per  quanto riguarda possibili
aggravamenti   delle  condizioni  di  instabilita'  presenti  sia  in
relazione  alla  sicurezza dell'intervento stesso. Tale verifica deve
essere  allegata  al  progetto  d'intervento, redatta e firmata da un
tecnico abilitato.

Il  controllo  sui  divieti  e  sulla compatibilita' degli interventi
consentiti  sara'  effettuata dagli enti e dagli organismi competenti
in materia ai sensi delle vigenti disposizioni nazionali e regionali,
non ultimo il D. Lgs. n. 112/98.

Le  integrazioni  e  le modifiche agli elaborati costituenti il Piano
Straordinario  possono  essere  effettuate,  su proposta dei soggetti
comunque  interessati,  corredata  da  studi  ed  indagini di maggior
dettaglio,  in  conformita' dei disposti normativi, con deliberazione
del Comitato Istituzionale, dell'Autorita' di Bacino.

L'Autorita'  di  Bacino  provvede,  attraverso  gli  Enti  Locali, ad
aggiornare  il  Piano  Straordinario  con le modalita' previste dalla
normativa  ed  in  conformita'  a quant'altro previsto nelle presenti
norme.

Nella  Regione Campania continuano ad applicarsi le norme transitorie
previste  dall'art.14  della  L.R. n.8/94, considerando, altresi', la
Legge della Regione Basilicata 16 luglio 1994, n. 29.

Nella Regione Basilicata continuano ad applicarsi le norme vigenti in
materia.

2.9 - Interventi autorizzati in area a rischio

I  Comuni dovranno notificare ai titolari di concessioni, nel termine
di  quarantacinque  giorni  dalla  pubblicazione  del  presente Piano
Straordinario, le condizioni di rischio rilevato.

I  titolari  di  concessioni  ricadenti  in  aree a rischio, dovranno
trasmettere,   pena  decadenza  della  concessione,  nel  termine  di
sessanta   giorni   decorrenti   dalla   notifica   del   Comune,  la
documentazione  tecnica completa anche degli elaborati indicati nelle
linee  guida.  Gli  elaborati tecnici dovranno essere sottoscritti da
tecnici  abilitati  che  se ne assumeranno la piena, incondizionata e
totale responsabilita'.

Nei  successivi  sessanta  giorni  dalla  data  di  acquisizione  dei
predetti  elaborati tecnici, i Comuni dovranno esprimersi nel merito.
Nel  caso  di  parere  favorevole  sul  rilascio della concessione, i
Comuni ne daranno immediata comunicazione all'Autorita' di Bacino.

Gli  interventi di interesse pubblico e quelli gia' autorizzati o per
i quali sia stata gia' presentata denuncia di inizio di attivita' (ai
sensi  dell'art. 4 comma 7 del D.L. 5 ottobre 1993 n. 398, cosi' come
convertito  in  legge  n.  493  del  4  dicembre  1993), i cui lavori
dovranno  essere  completati  entro  tre  anni  dalla data di inizio,
potranno   essere   completati   esclusivamente  previa  verifica  di
compatibilita'  idrogeologica da parte dei Comuni ed a condizione che
gli  stessi  ricadano  nella zona A o B degli strumenti urbanistici o
nella  zona  C  purche',  in  quest'ultimo caso, destinati a edilizia
residenziale pubblica e/o ad insediamenti di interesse pubblico.

3. Attivita' di programmazione

3.1 - Piena di progetto

L'Autorita'  di Bacino definisce, con atto formale, da emanarsi entro
sei mesi dalla data di pubblicazione delle presenti norme:

- i criteri ed i metodi di calcolo per determinare i tempi di ritorno
delle  portate  di  piena  da  impiegare  nel dimensionamento o nella
verifica delle diverse opere;

-  i  valori delle portate di piena e delle precipitazioni intense da
assumere  come  base  di  progetto  e  relativi metodi e procedure di
valutazione per le diverse aree del bacino;

-  i  criteri  e  i  metodi di calcolo dei profili di piena nei corsi
d'acqua;

-  i  franchi  (la distanza dalla sommita' dell'argine al pelo libero
dell'acqua)  da  assumere  per  rilevati  arginali  e per le opere di
contenimento ed attraversamento.

Nella  progettazione  delle opere di difesa idraulica, delle opere di
consolidamento dei versanti e delle infrastrutture interferenti con i
corsi d'acqua, le Amministrazioni competenti sono tenute a rispettare
la  direttiva  di  cui al precedente comma. Le stesse Amministrazioni
possono  applicare  deroghe,  in  relazione  a particolari situazioni
collegate  sia  a  specifiche  modalita'  di uso del territorio e dei
relativi  insediamenti,  sia  alle caratteristiche dei corsi d'acqua,
esplicitando  le  motivazioni  delle  scelte ed indicando gli effetti
sulle opere progettate e sul livello di rischio.

3.2 - Portate limite di deflusso nella rete idrografica

I valori limite delle portate o dei livelli idrometrici nelle sezioni
critiche   delle   aste  dei  fiumi  presenti  l'interno  del  bacino
idrografico  di  competenza,  da assumere come base di progetto, sono
definiti  dall'Autorita'  di  Bacino con apposita direttiva che sara'
emanata entro sei mesi dalla pubblicazione delle presenti norme.

Le  sezioni critiche attualmente individuate devono essere oggetto, a
cura  delle  Amministrazioni  competenti,  di monitoraggio ideologico
continuativo  con  aggiornamento costante della geometria dell'alveo,
misura  dei  livelli  idrometrici, costruzione ed aggiornamento delle
scale di deflusso.

I   valori   fissati  rappresentano  condizioni  di  vincolo  per  la
progettazione  degli  interventi  di  difesa dalle piene sul reticolo
idrografico  del  bacino. La sistemazione dei tratti fluviali a monte
delle  sezioni  critiche  di cui al precedente comma 2, devono essere
fatte in modo tale che nelle stesse sezioni non venga convogliata una
portata  massima  superiore  a quella limite. A questo fine i singoli
interventi  di difesa devono essere definiti dall'Autorita' idraulica
competente  all'interno  di  un progetto preliminare che interessi la
porzione  di  corso  d'acqua  significativamente  influenzabile dagli
effetti di dette opere.

Ai  fini  del rispetto dei valori limite, di cui ai commi precedenti,
le  Amministrazioni competenti devono provvedere alla progettazione e
alla  realizzazione degli interventi necessari a garantire, mantenere
e/o  ripristinare i volumi idrici invasabili all'interno della fascia
di  espansione  ove individuata nel presente Piano Straordinario, per
ciascun  tratto  di  corso  d'acqua.  Nell'ambito  delle attivita' di
progettazione  ed  a seguito della realizzazione degli interventi, le
Amministrazioni   sopra   indicate  attuano  adeguate  operazioni  di
monitoraggio  sulla  morfologia  e  sulle  caratteristiche idrauliche
dell'alveo,  finalizzate  all'approfondimento  della  valutazione dei
volumi invasati ed al controllo nel tempo degli stessi.

Ogni variazione rispetto al valori limite delle portate e dei livelli
idrometrici   viene   comunicata  all'Amministrazione  competente  ed
all'Autorita'   di  Bacino  che  provvede  a  verificare  i  dati  ed
aggiornare le relative tabelle di riferimento.

3.3   -  Limiti  alle  portate  scaricate  dalle  reti  di  drenaggio
artificiali

L'Autorita'  di Bacino definisce, con atto formale, le modalita' ed i
limiti  a cui assoggettare gli scarichi delle reti di drenaggio delle
acque  pluviali  dalle  aree  urbanizzate  e  quelle individuate come
future espansioni nel reticolo idrografico.

Nella realizzazione dei nuovi interventi infrastrutturali deve essere
limitato  lo  sviluppo  delle aree impermeabili, e nel contempo, sono
definite opportune aree nell'ambito delle quali possa essere favorito
il temporaneo ristagno delle acque di precipitazione meteoriche.

Per i territori dei comuni individuati nella direttiva, gli strumenti
urbanistici  comunali  generali  ed  attuativi  devono  contenere  la
progettazione  preliminare  delle  reti  di  smaltimento  delle acque
meteoriche,  comprensiva della compatibilita' delle portate scaricate
nei corpi idrici ricettori nel rispetto dei limiti di cui al medesimo
comma.

I  Consorzi  di  Bonifica, ove presenti, verificano la compatibilita'
degli  scarichi  delle  nuove aree urbanizzate o di nuovi impianti di
serre  con  i propri ricettori, proponendo gli interventi e le azioni
necessari  agli  adeguamenti  finalizzati  a  mantenere  situazioni e
livelli  di  sicurezza  idonei al grado di urbanizzazione presente al
contorno e/o nelle aree d'influenza.

4. Programmazione degli interventi per la mitigazione del rischio

4.1  - Attuazione degli interventi e formazione dei Programmi annuali
e pluriennali

Gli  interventi  coerenti  con il Piano Straordinario sono attuati in
tempi  successivi, anche per singole parti del territorio, attraverso
programmi annuali e pluriennali di intervento, in analogia con quanto
previsto  dall'articolo 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989 n. 183,
redatti  tenendo  conto  delle  finalita'  e  dei contenuti del Piano
stesso e dei suoi allegati.

I  Programmi  di cui al precedente comma riguardano principalmente le
seguenti categorie di intervento:

-  manutenzione  degli  alvei,  delle opere di difesa e dei versanti;
opere di sistemazione e difesa del suolo;
- interventi di manutenzione dei sistemi fluviali e dei versanti
-  opere  nel  settore  agricolo  e forestale finalizzate alla difesa
idraulica e idrogeologica;
- adeguamento delle opere viarie di attraversamento.

Il  Piano  Straordinario  puo' essere attuato, per gli interventi che
coinvolgono  piu'  soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni
istituzionali   e   risorse  finanziarie  statali,  regionali,  delle
province  autonome nonche' degli enti locali, anche mediante le forme
di  accordo  tra  i soggetti interessati secondo i contenuti definiti
dall'art.  2  della L. 23 dicembre 1996, n.662 (Accordi di programma,
Contratti    di    programma,    Programmazione   negoziata,   Intese
istituzionali di programma, ecc.).

Nell'ambito  delle  procedure di cui al precedente comma, l'Autorita'
di Bacino puo' assumere il compito di promozione delle intese e anche
di Autorita' preposta al coordinamento degli interventi programmati.

L'Autorita'  di  Bacino, sulla base degli indirizzi e delle finalita'
del   Piano  di  Bacino  e  dei  suoi  stralci,  tenuto  conto  delle
indicazioni  delle  Amministrazioni competenti, redige i Programmi di
intervento ai sensi degli art. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989,
n.  183 ed aggiorna le direttive tecniche concernenti i criteri e gli
indirizzi   di   formulazione   della   programmazione   nonche'   di
progettazione degli interventi oggetto di programmazione.

L'Autorita'  di  Bacino definisce e aggiorna un quadro del fabbisogno
di  interventi  tenendo  conto delle linee di intervento, anche sulla
base  delle indicazioni delle Amministrazioni regionali. Il quadro di
fabbisogno di interventi individua le opere strutturali da realizzare
ed  i  relativi  costi  di  massima ed e' ordinato secondo criteri di
priorita'.

Le   Amministrazioni   competenti,   ai  fini  della  programmazione,
sviluppano   a   livello   di  progetto  preliminare  gli  interventi
prioritari  ricadenti  nelle  aree  a rischio molto elevato di cui al
presente  Piano  Straordinario.  L'Autorita' di Bacino, su tale base,
predispone  un parco progetti da proporre agli organismi nazionali ed
internazionali per il relativo finanziamento.

I   Progetti   preliminari   realizzati   in  conformita'  del  comma
precedente,   potranno  costituire  un  Parco  progetti  da  attivare
periodicamente in funzione delle disponibilita' finanziarie.

Detti progetti oltre ad essere compatibili con le norme contenute nel
presente Piano Straordinario devono garantire un corretto inserimento
paesaggistico ambientale.

A tal fine:

-  i  progetti  delle  opere  strutturali di modesta rilevanza devono
uniformarsi alle indicazioni delle Linee Guida;

-  i progetti delle opere strutturali e delle opere rilevanti, devono
contenere  uno studio di inserimento ambientale che tenga conto degli
elementi  di  rilevanza  naturalistica  e paesaggistica presenti, con
riferimento a quanto indicato nelle suddette Linee Guida.

Il  Programma  pluriennale e' redatto sulla base del Parco progetti e
tiene  conto  della programmazione finanziaria, con priorita' per gli
interventi  sui  nodi  critici  individuati  nell'ambito del presento
Piano  Straordinario. Possono, inoltre, essere considerati interventi
di  rilevanza  locale  sulla  base  di  necessita'  documentata  e in
coerenza con le linee di intervento fissate negli elaborati del Piano
Straordinario.

I  progetti  preliminari  inseriti nel Programma di cui al precedente
comma,  qualora  riguardino  o  interferiscano  con le aree o i beni,
tutelati ai sensi delle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939
n. 14/97, dovranno ottenere preventivo parere favorevole dagli Uffici
competenti   alla   tutela   archeologica   architettonica,   storica
artistica, paesaggistica e ambientale.

I  progetti  degli  interventi inseriti nel suddetto Programma devono
contenere,   unitamente  alla  definizione  delle  opere  strutturali
previste,  la  perimetrazione delle aree di dissesto conseguente alla
realizzazione delle opere stesse e le relative norme d'uso del suolo.

Ai fini della programmazione degli interventi di manutenzione vengono
costituiti  e  aggiornati  appositi  archivi  presso  l'Autorita'  di
Bacino,   sulla   base   delle   indicazioni   delle  Amministrazioni
competenti. Gli archivi contengono:

-  il  censimento  e  la caratterizzazione dei tratti fluviali aventi
maggiori necessita' di manutenzione periodica;
-  il  parco  dei  progetti  di  ristrutturazione,  redatti a livello
preliminare.

I  progetti  sono ordinati secondo un parametro di priorita' definito
in   base   alle  linee  d'intervento  indicate  nel  presente  Piano
Straordinario.

Il  Programma  pluriennale  di  manutenzione e' redatto sulla base di
appositi  progetti  di  manutenzione, redatti e/o proposti dagli Enti
locali, e tiene conto della programmazione finanziata.

4.2 - Interventi di manutenzione idraulica e idrogeologica

Il   Piano  Straordinario  ha  quale  obiettivo  primario  quello  di
promuovere  gli  interventi  di manutenzione e le opere di difesa del
territorio,  al fine di assicurare il progressivo miglioramento delle
condizioni di sicurezza e della qualita' ambientale.

Gli interventi di manutenzione devono essere realizzati tenendo conto
di  quanto previsto dal DPR 14/4/93 (Atto d'indirizzo e coordinamento
-  Criteri  e modalita' per la redazione di programmi di manutenzione
idraulica e forestale).

In particolare, lo scopo del Piano Straordinario e' di mantenere:

-  in  buono  stato  idraulico  e  ambientale il reticolo idrografico
eliminando gli ostacoli al deflusso delle piene in alveo e in golena;
- in buone condizioni idrogeologiche e ambientali i versanti;
-  in  piena  funzionalita'  le  opere  di  difesa  essenziali per la
sicurezza idraulica e idrogeologica.

Gli   interventi   di  manutenzione  idraulica  devono  mantenere  le
caratteristiche  naturali dell'alveo e salvaguardare la varieta' e la
molteplicita'  delle  biocenosi  riparie,  tenendo  conto anche delle
risultanze  della Carta della natura di cui all'art. 3 comma 3, della
L.  16  dicembre  1991,  n.  394  (Legge quadro sulle aree protette).
Devono inoltre essere effettuati in maniera tale da non compromettere
le   funzioni   biologiche  del  corso  d'acqua  e  degli  ecosistemi
ripariali.

Gli    interventi    di   manutenzione   idraulica   che   comportano
l'asportazione   di  materiale  litoide  dagli  alvei  devono  essere
conformi   alle   direttive   in   materia  di  attivita'  estrattive
attualmente vigenti nelle aree fluviali.

Gli  interventi  di  manutenzione  dei  versanti  e  delle  opere  di
consolidamento  o  protezione dai fenomeni di dissesto devono tendere
al  mantenimento  di  condizioni  di  stabilita', alla protezione del
suolo   da   fenomeni  di  erosione  accelerati  e  instabilita',  al
trattenimento   idrico   ai   fini   della   riduzione  del  deflusso
superficiale   e   dell'aumento   dei   tempi   di  corrivazione.  In
particolare,   devono   privilegiare  il  ripristino  di  boschi,  la
ricostruzione  di  boschi degradati e di zone umide, i reimpianti, il
cespugliamento, la semina di prati e altre opere a verde.

Detti  interventi  sono  inoltre  effettuati  in  maniera tale da non
compromettere le caratteristiche naturali degli ecosistemi.

Le  Amministrazioni  competenti  costituiscono  e aggiornano, secondo
modalita'  coordinate  con  l'Autorita'  di  Bacino, un catasto delle
opere  di  difesa  idraulica e di consolidamento dei versanti ai fini
della  programmazione degli interventi di manutenzione. Il catasto ed
i  relativi  aggiornamenti periodici vengono trasmessi da parte delle
Amministrazioni competenti all'Autorita' di Bacino.

L'Autorita'  di  Bacino aggiorna periodicamente le linee guida per la
programmazione  e  la  pianificazione  degli  interventi strutturali,
nonche',   provvede   alla  formulazione  di  appositi  programmi  di
manutenzione delle opere esistenti.

Al  fine di consentire interventi di manutenzione con mezzi meccanici
nelle  reti  di  scolo  artificiali, le aree di rispetto lungo canali
consortili  sono estese rispetto ai limiti di cui all'art. 140, lett.
e ) del RD 8/5/1904 n.368 fino a 5 m.

4.3    -    Interventi    di   riqualificazione   ambientale   e   di
rinaturalizzazione

Il  Piano  Straordinario  promuove  interventi  di riqualificazione e
rinaturalizzazione al fine di favorire:

-  la  riattivazione  e  l'avvio  di processi evolutivi naturali e il
ripristino o la creazione di ambienti umidi naturali;
-  il  ripristino  e l'ampliamento delle aree a vegetazione spontanea
allo scopo di ripristinare, ove possibile, gli equilibri ambientali e
idrogeologici;
-   il  recupero  dei  territori  fluviali  ad  uso  naturalistico  e
ricreativo o scientifico educativo.

4.4 - Interventi di sistemazione idraulica e di difesa del suolo

Il   complesso  delle  opere  di  sistemazione  e  difesa  del  suolo
necessarie al conseguimento degli obiettivi di Piano Straordinario e'
definito sulla base delle indicazioni contenute nelle linee guida.

Gli  interventi  di  cui  al  precedente  comma 1 sono oggetto di una
attivita' di verifica e monitoraggio di attuazione da svolgere a cura
dell'Autorita'  di  Bacino  in  collaborazione con le Amministrazioni
competenti con le seguenti finalita':

-  la  verifica  dello  stato  di  avanzamento  dell'attuazione degli
interventi  finanziati  e  l'individuazione  di azioni correttive che
dovessero  risultare  utili  o necessarie sulla base delle risultanze
circa lo stato di avanzamento degli interventi;

-  la  predisposizione  degli aggiornamenti della programmazione e la
rilevazione  dello  stato  di  attuazione  dal  punto  di  vista  dei
finanziamenti impegnati;
- l'analisi critica e la valutazione dei risultati raggiunti.

4.5 - Interventi idraulico-forestali ed idraulico-agrari

Nella  definizione dei programmi di intervento in agricoltura e nella
gestione forestale, sono considerati prioritari quelli finalizzati a:

- migliorare il patrimonio forestale esistente;
-  favorire  l'instaurarsi  delle  successioni  naturali  in atto nei
terreni abbandonati dall'agricoltura;
- monitorare e controllare le successioni naturali al fine di evitare
condizioni di dissesto conseguenti all'abbandono;
-  gestire  e realizzare le adeguate sistemazioni idraulico agrarie e
idraulico forestali;
- incrementare la forestazione naturalistica lungo le aste fluviali;
-   mantenere   una   opportuna   copertura   erbacea  nelle  colture
specializzate collinari (viticoltura e frutticoltura);
- realizzare interventi coordinati di tipo estensivo (forestazione ed
inerbimenti  a  completamento  di  opere  o  di  interventi  di  tipo
intensivo);
-  realizzare  interventi  intensivi,  ove  possibile,  attraverso le
tecniche di ingegneria naturalistica

Ai  sensi  dell'art.  9  della L. 31 gennaio 1994 n. 97, le Comunita'
montane sono tenute a promuovere la costituzione di forme programmate
di   gestione   del   patrimonio  forestale  (Piani  di  assestamento
forestale)   redatti   in  conformita'  alla  normativa  nazionale  e
regionale  vigente.  In  conformita'  a  tali  piani e' sviluppata la
gestione compatibile delle superfici forestali.

Ai  fini  della  salvaguardia  e  del  ripristino delle condizioni di
equilibrio del sistema idrogeologico e forestale, gli Enti competenti
adottano  i  criteri  e  gli  indirizzi  di  buona  pratica agricola,
funzionali   a   conseguire   effetti   di   stabilizzazione   e   di
consolidamento  dei  terreni  e  di  riduzione dei deflussi di piena.
Laddove  non  risultino  adottati tali criteri, l'Autorita' di Bacino
interverra'  in  via  sostitutiva  ai  sensi  e per gli effetti della
normativa sulla difesa del suolo e delle acque.

4.6 - Indicazioni alla pianificazione urbanistica

Le   Regioni,   ove  lo  ritengano  opportuno,  emanano  disposizioni
concernenti  l'adeguamento  delle  norme  degli strumenti urbanistici
comunali   rispetto   alle   condizioni   di  dissesto  idrogeologico
individuate  e perimetrate nella cartografia di cui al presente Piano
Straordinario.  Tali disposizioni hanno validita' fino alla redazione
del  Piano  Stralcio  e  comunque  per un periodo non superiore a tre
anni.

Per  tali  zone, esposte a condizioni di "rischio molto elevato", ove
non  provvedano  le Regioni interessate, valgono le limitazioni d'uso
del suolo di cui all'art. 2 delle presenti norme.

Le  stesse  Regioni definiscono, eventualmente, i Comuni esonerati da
tali  disposizioni  in  quanto  gia'  dotati di strumenti urbanistici
compatibili  con  le  condizioni di dissesto individuate nel presente
Piano  Straordinario  e/o  perche' gia' soggetti ad altre limitazioni
piu' restrittive.

I   Comuni,  in  sede  di  formazione  ed  adozione  degli  strumenti
urbanistici  generali  o  di variante, sono tenuti a tenere in debita
considerazione  le  risultanze  del Piano Straordinario, adeguando le
loro  previsioni  alle  delimitazioni  e  alle disposizioni di cui al
comma  precedente.  Al  fine di migliorare l'efficacia dell'azione di
prevenzione,   i   Comuni   devono   effettuare  una  verifica  della
compatibilita'  idraulica  e  idrogeologica  delle  previsioni  degli
strumenti  urbanistici vigenti con le condizioni di dissesto presenti
o   potenziali   rilevate   nella   citata   cartografia   di   Piano
Straordinario,  avvalendosi,  tra  l'altro,  di  analisi  di  maggior
dettaglio  eventualmente disponibili in sede Regionale, Provinciale o
della Comunita' Montana di appartenenza.

La  verifica di compatibilita' deve essere effettuata con le seguenti
modalita' e contenuti:

-  rilevazione e caratterizzazione dei fenomeni di dissesto idraulico
e  idrogeologico  attivi  o  potenzialmente  attivi che sulla base di
ulteriori  accertamenti  tecnici condotti in sede locale, interessano
il  territorio  comunale,  con  particolare  riferimento  alle  parti
urbanizzate o soggette a previsioni di espansione urbanistica;

-  delimitazione,  in  scala opportuna, delle porzioni del territorio
soggette   a   dissesti   idraulici   e  idrogeologici,  prendendo  a
riferimento quelle contenute negli elaborati del Piano Straordinario,
in funzione delle risultanze degli accertamenti tecnici espressamente
condotti, di cui al punto precedente;

-  descrizione,  con  elaborati  adeguati  e  di  maggior  dettaglio,
riferiti   all'ambito   territoriale  ritenuto  significativo,  delle
interferenze  fra  lo  stato  del dissesto presente o potenziale e le
previsioni  del  piano  regolatore  generale,  e/o degli strumenti di
attuazione;

- indicazione delle misure da adottare al fine di rendere compatibili
le  previsioni  degli strumenti urbanistici con lo stato dei dissesti
presenti  o  potenziali, in relazione al loro grado di pericolosita',
ai tempi necessari per gli interventi ed agli oneri conseguenti.

I  Comuni,  in  sede  di adozione di strumenti urbanistici generali o
relative varianti, allegano la verifica di compatibilita' idraulica o
idrogeologica redatta in conformita' alle disposizioni richiamate nel
presente articolo.

I  Comuni  sono  tenuti  a  trasmettere  all'Autorita'  di  Bacino le
risultanze   della   verifica  di  compatibilita'  di  cui  ai  commi
precedenti,   comprensiva   delle  eventuali  proposte  di  modifiche
apportate  alle perimetrazioni delle aree in dissesto e alle relative
limitazioni d'uso del suolo.

I   Comuni  sono  tenuti  a  informare  i  soggetti  attuatori  delle
previsioni  dello  strumento  urbanistico sulle limitazioni di cui al
precedente  art.  2  e  sugli  interventi  prescritti  nei  territori
delimitati  come  aree  in  dissesto idraulico o idrogeologico per la
loro   messa  in  sicurezza.  Provvedono  altresi'  ad  inserire  nel
certificato  di  destinazione  urbanistica,  previsto  dalle  vigenti
disposizioni  di legge, la classificazione del territorio in funzione
del   dissesto  individuato  dal  presente  Piano  Straordinario.  Il
soggetto  attuatore e' tenuto a sottoscrivere un atto liberatorio che
escluda  ogni responsabilita' dell'amministrazione pubblica in ordine
ad  eventuali  futuri danni a cose e a persone comunque derivanti dal
dissesto segnalato.

Sono  fatte salve in ogni caso le norme di cui al R.D. 3267/23, della
L.  9  luglio 1908, n. 445, della L. 2 febbraio 1974, n. 64, nonche',
quella  dettata  dalla  Legge 1 giugno 1989, n. 1089 e dalla Legge 29
giugno  1939, n. 1497 e dell'art. 82 del D.P.R 24 luglio 1977, n. 616
e successive modificazioni.

4.7 - Opere di attraversamento

Le  nuove opere di attraversamento stradale o ferroviario, o comunque
le infrastrutture a rete interessanti il reticolo idrografico, devono
essere  progettate  nel  rispetto  dei  criteri  e delle prescrizioni
tecniche  per la verifica idraulica di cui all'apposita direttiva che
verra' successivamente emanata dall'Autorita' di Bacino.

Gli  Enti  proprietari  delle  opere  viarie  di  attraversamento del
reticolo  idrografico  predispongono,  entro  un  anno  dalla data di
pubblicazione  dell'atto  di  approvazione  del  presente  Piano, una
verifica   di   compatibilita'  idraulica  delle  stesse  sulla  base
dell'apposita direttiva emanata dall'Autorita' di Bacino. Laddove non
risultino  adottati  tali criteri l'Autorita' di Bacino, interverra',
in  via  sostitutiva ai sensi e per gli effetti della normativa sulla
difesa del suolo e delle acque.

Gli   Enti   medesimi,  in  relazione  ai  risultati  della  verifica
menzionata,   individuano   e  progettano  gli  eventuali  interventi
strutturali correttivi e di adeguamento necessari.

L'Autorita' di Bacino, anche su proposta degli Enti proprietari ed in
coordinamento  con i settori regionali competenti, delibera specifici
Programmi  triennali di intervento ai sensi degli artt. 21 e seguenti
della L. 18 maggio 1989, n. 183, per gli interventi di adeguamento di
cui  al  precedenti  comma, con priorita' per le opere che comportano
condizioni  di  rischio idraulico per gli abitati o per la protezione
di opere di notevole valore culturale ed ambientale.

4.8  -  Infrastrutture  pubbliche ed impianti tecnologici a carattere
pubblico

L'Autorita' di Bacino stabilisce, con apposita direttiva avente anche
carattere  prescrittivo,  i  requisiti  di sicurezza ambientale a cui
devono  esser  adeguati  le  infrastrutture  e  gli impianti, qualora
esistenti, che ricadono all'interno delle aree inondabili con diverso
periodo  di  ritorno,  nonche'  in aree potenzialmente interessate da
condizioni  di  dissesto idrogeologico delimitate negli strumenti del
Piano Straordinario dell'Autorita' di Bacino stessa.

4.9 - Adeguamento dei tratti tombinati dei corsi d'acqua naturali

I   soggetti   pubblici   o  privati,  proprietari  o  concessionari,
predispongono, entro un anno dalla data di pubblicazione dell'atto di
approvazione  del  Piano  Straordinario, una verifica idraulica delle
opere  di  tombinamento  dei corsi d'acqua naturali in corrispondenza
degli  attraversamenti  dei  centri  urbani  e/o in aree urbanizzate,
sulla base di apposita direttiva emanata dall'Autorita' di Bacino. Le
Amministrazioni  competenti  in relazione ai risultati della verifica
menzionata,   individuano  e  progettano,  gli  eventuali  interventi
strutturali  di adeguamento necessari, privilegiando ove possibile il
ripristino  di  sezioni  di  deflusso  a  cielo  libero.  Laddove non
risultino  attuate tali verifiche l'Autorita' di Bacino, interverra',
in  via sostitutiva, ai sensi e per gli effetti della normativa sulla
difesa del suolo e delle acque.

L'Autorita'  di Bacino, su proposta delle Amministrazioni locali e in
coordinamento  con  le Regioni territorialmente competenti, inserisce
nei  programmi  annuali  di intervento di cui agli art. 21 e seguenti
della  L. 18 maggio 1989 n. 183, gli interventi di adeguamento di cui
al  precedente  comma,  con  priorita'  per  le  opere che comportano
condizioni di rischio idraulico per le aree abitate.

4.10 - Compatibilita' dalle attivita' estrattive

Le  attivita'  di escavazione di sabbia e ghiaia nell'alveo dei corsi
d'acqua,  al  di  fuori del demanio fluviale, per il quale valgono le
prescrizioni  di  cui  ai R.D. 25 luglio 1904 n. 523, nelle spiagge e
nei  fondali lacuali e di coltivazione di cave e torbiere (cosi' come
definite  dal  D.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616)  sono  individuate
nell'ambito  dei  Piani  di  settore,  i  quali  devono  garantire la
compatibilita' delle stesse con le finalita' del Piano Straordinario.
A  tal  fine,  i  piani  di  settore  regionali  e provinciali e loro
varianti  devono  essere  corredati  da  uno studio di compatibilita'
idraulico   -geologico   -   ambientale;   dell'adozione   del  Piano
Straordinario di settore deve essere data comunicazione all'Autorita'
di Bacino.

I  piani  di  settore  devono  definire  le  modalita'  di ripristino
ambientale,  coerente  con le finalita' e gli effetti del piano delle
aree   estrattive   al   termine   della   coltivazione,  nonche'  di
manutenzione  e  gestione  a  conclusione  dell'attivita' di recupero
ambientale per quelle insistenti in aree protette.

I  piani  di  settore, vigenti alla data di approvazione del presente
Piano, devono essere adeguati alle presenti norme.

Nelle  more  di  approvazione  dei piani di settore, i progetti delle
attivita'   di   cava  devono  essere  corredati  da  uno  studio  di
compatibilita'  idraulica  redatto da un ingegnere idraulico e da uno
studio geologico-ambientale, redatto da un geologo.

4.11 - Protezione civile

Gli  Enti  competenti,  ai  sensi  della L. 24 febbraio 1992, n. 225,
predispongono  Programmi  di  previsione  e prevenzione, tenuto conto
delle ipotesi di rischio indicate nel presente Piano Straordinario.

Gli  Enti  di  cui  sopra,  nell'ambito  delle rispettive competenze,
curano  i  rapporti con i Comuni interessati dal Piano Straordinario,
per   l'organizzazione  e  la  dotazione  di  strutture  comunali  di
Protezione  Civile  ai sensi dell'art. 15 della richiamata L. 225/92,
ovvero  per  la  stesura  dei  Piani  comunali  ed  intercomunali  di
Protezione  Civile, secondo quanto disposto dal dettato dell'art. 108
del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.
         ---->   Vedere TABELLA da pag. 59 a pag. 63  <----


Linee   guida   per  la  programmazione  e  la  pianificazione  degli
interventi  strutturali  e  non  strutturali  per  la mitigazione del
                               rischio
                               PARTE I
                          NOTIZIE GENERALI
1. Lineamenti generali

1.1 Premesse

Con  legge  n.  267  del  3  agosto  1998,  pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale  183  del  7  agosto  1998,  venivano  emanate norme per la
prevenzione del rischio idrogeologico. In particolare con detta legge
veniva  stabilito  che  "entro  il  31  ottobre 1999, le Autorita' di
Bacino  di  rilievo  nazionale  e  interregionale  e le Regioni per i
restanti  bacini, in deroga alle procedure della legge 18 maggio 1989
n.  183 approvano, ove non si sia gia' provveduto, piani straordinari
diretti  a rimuovere le situazioni a rischio piu' alto, redatti anche
sulla  base delle proposte delle Regioni e degli Enti Locali. I piani
straordinari  devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio
idrogeologico per le quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza,
ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225. I piani
straordinari   contengono   in   particolare  l'individuazione  e  la
perimetrazione,  delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per
l'incolumita'  delle persone, per la sicurezza delle infrastrutture e
del  patrimonio  ambientale e culturale. Per dette aree sono adottate
le  misure  di  salvaguardia  con  il contenuto di cui al comma 6-bis
dell'art.  17  della legge n. 183 del 1989, oltre che con i contenuti
di  cui  alla  lettera  d)  del comma 3 del medesimo articolo 17. ...
omissis  ....  qualora  le  misure  di salvaguardia siano adottate in
assenza  del piani stralcio di cui all'articolo 17, comma 6-ter della
legge n. 183 del 1989, esse rimangono in vigore sino all'approvazione
di detti piani".

Con  Decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri in data 29
settembre  1999  veniva approvato l'atto di indirizzo e coordinamento
dei  criteri  per  l'individuazione  e la perimetrazione delle aree a
rischio. In detto documento veniva specificato che l'individuazione e
la   perimetrazione  delle  aree  a  rischio  idraulico  deve  essere
formulata sulla base:

- delle segnalazioni provenienti dagli Enti locali;
-   delle  segnalazioni  provenienti  dalle  attivita'  di  emergenza
idrogeologica (per la Regione Campania Commissariato O.P.C.M. 2499/97
e 2787/98);
- delle conoscenze storiche disponibili riguardanti la localizzazione
e la caratterizzazione di eventi avvenuti nel passato integrato dalle
informazioni  archiviate  dal  Gruppo  Nazionale  per la difesa delle
catastrofi idrogeologiche;
- di rilievi e campagne di indagini speditive;
-  su  valutazioni  idrologiche  basate  su  applicazioni, a scala di
bacino, di studi a carattere regionale;
- su calcoli idraulici semplificati elaborati sulla base del D.P.C.M.
29/9/98.

La  predisposizione di tali atti rappresenta una prima fase di studio
e   definizione   delle  aree  soggette  a  rischio  di  esondazione.
L'individuazione  e la perimetrazione delle aree a rischio idraulico,
elevato  ed  molto  elevato,  infatti, secondo i dettati dell'atto di
indirizzo  sono necessariamente soggetti a successivi approfondimenti
piu'  ampi  e  rigorosi.  Con  tempi e disponibilita' economiche piu'
adeguate,   oltre   che,  ovviamente,  con  accertamenti  di  maggior
dettaglio,  le  Autorita'  potranno  definire  la  reale  entita'  ed
estensione del rischio.

L'individuazione   delle   possibili   situazioni  di  pericolosita',
dipendenti   dalle   condizioni   idrauliche  ed  idrogeologiche  del
territorio, potra' essere realizzata attraverso indagini e rilievi di
dettaglio, anche sullo stato delle antropizzazioni esistenti.

Tali   accertamenti   una   volta   definito   il   reale   stato  di
antropizzazione  del  territorio, ivi comprese le aree di espansione,
renderanno  possibile  l'applicazione di metodologie complesse capaci
di  valutare  la probabilita' di accadimento in aree mai interessate,
in epoca storica, da tali fenomeni.

1.2 Campo di applicazione

La nuova formulazione del Piano Straordinario, introdotta dalla Legge
di  conversione  del  D.L.  132/99 (art. 9 L. 226/99), prevede, oltre
all'individuazione  ed  alla  perimetrazione  delle  aree  a  rischio
idrogeologico molto elevato, l'adozione di misure di salvaguardia con
il disposto del comma 6-bis e del comma 3 lettera d) dell'articolo 17
della L. 183/89.

Il  comma  6-bis,  sopra  citato,  prevede  che, in assenza dei Piani
Stralcio,   le   Autorita'   di  Bacino  adottino  idonee  misure  di
salvaguardia nei corsi d'acqua, in particolare nelle zone nelle quali
la  maggiore vulnerabilita' dei territori si lega a maggiori pericoli
per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale.

La nuova formulazione del Piano Straordinario, introdotta dalla Legge
di  conversione  del  D.L.  132/99  (art. 9 L. 226/99) prevede, oltre
all'individuazione  ed  alla  perimetrazione  delle  aree  a  rischio
idrogeologico molto elevato, l'adozione di misure di salvaguardia con
il  contenuto  di cui al comma 6-bis dell'articolo 17 della L. 183/89
oltre  che  ai  contenuti  di  cui  alla  lettera  d) del comma 3 del
medesimo art. 17.

Il  comma  6-bis,  sopra citato, (introdotto dalla L. 493/93) prevede
che,  in  attesa  del  Piano  di Bacino, le Autorita' adottano idonee
misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani,
ai  torrenti  di  alta  valle ed ai corsi d'acqua di fondovalle ed ai
contenuti di cui alle lettere b) c) f) l) ed m) del comma 3.

I  contenuti del comma 3, dell'art. 17 della L. 183/89, relativamente
alle lettere sopra citate, prevedono:

b.  individuazione  e  la  quantificazione delle situazioni in atto e
potenziali di degrado del sistema fisico, nonche' le relative cause;

c. le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la
sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque
e dei suoli;

d.  l'indicazione  delle  opere  necessarie  distinte in funzione dei
pericoli  di inondazione e della gravita' ed estensione del dissesto,
del  perseguimento  degli obiettivi di sviluppo economico e sociale o
di   riequilibrio  territoriale  nonche'  del  tempo  necessario  per
assicurare l'efficacia degli interventi;

f.  l'individuazione  delle  prescrizioni,  dei vincoli e delle opere
idrauliche,  idrauliche  agrarie,  idraulico-forestali,  di  bonifica
idraulica,  di  stabilizzazione  e consolidamento dei terreni ed ogni
altra  azione  o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione
del suolo ed alla tutela dell'ambiente;

l.  la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei
materiali  litoidi  dal  demanio  fluviale,  lacuale e marittimo e le
relative  fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione
del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico
e geomorfologico dei terreni e dei litorali;

m.  l'indicazione  delle  zone  da  assoggettare a speciali vincoli e
prescrizioni  in  rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche,
ai  fini  della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e
dalla  prevenzione  contro  presumibili effetti dannosi di interventi
antropici.

La sola lettura dei commi sopra richiamati evidenzia l'imponente mole
di  lavoro che occorrerebbe mettere in piedi per attuare alla lettera
tale complessa normativa, risultando, di fatto, inattuabile nei tempi
e con le modalita' imposte dal dettato normativo sopra citato.

Si  e'  quindi  cercato  nell'ambito  dell'articolazione del presente
lavoro  di  dare  comunque una risposta, anche se in forma sintetica,
alle  norme  sopra riportate facendo tesoro di quanto elaborato dalle
altre  Autorita'  di Bacino Nazionali e Regionali in modo da fornire,
per  quanto  possibile,  testi  e  norme  vincolistiche  piu'  o meno
congruenti,  e  comunque  rispecchianti  le specifiche connotazioni e
caratterizzazioni degli areali di rispettiva competenza.

Partendo dall'atto di indirizzo di cui al D.P.C.M. 29 settembre 1998,
che  prescrive al punto 2.2 che nella seconda fase delle attivita' da
svolgere per il conseguimento degli scopi del precitato atto, si deve
procedere alla perimetrazione delle aree a rischio, nell'ambito della
perimetrazione    sono    state   individuate   per   il   territorio
dell'Autorita'  di  Bacino  le seguenti classi di rischio idraulico e
idrogeologico:

-  aree  a rischio elevato, nelle quali e' possibile l'instaurarsi di
fenomeni comportanti rischi per l'incolumita' delle persone, di danni
funzionali   agli  edifici  e  alle  infrastrutture  con  conseguente
inagibilita'   degli   stessi   ed   l'interruzione  delle  attivita'
socio-economiche danni al patrimonio culturale;

-   aree   a   rischio   molto  elevato,  nelle  quali  e'  possibile
l'instaurarsi  di fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane
e/o  lesioni  gravi  alle  persone,  danni gravi agli edifici ed alle
infrastrutture,  danni  al  patrimonio  culturale e la distruzione di
attivita' socio-economiche.

Per  dette  aree  sono state individuate le misure di salvaguardia da
adottare  al  fine  di  limitare  i danni e l'aumento di insediamenti
potenzialmente a rischio.

Si  e'  cercato nell'ambito dell'articolazione del presente lavoro di
dare  attuazione,  anche  se  in  forma  sintetica,  alle norme sopra
riportate,   fornendo,   per  quanto  possibile,  indirizzi  e  norme
vincolistiche piu' o meno congruenti e di immediata applicabilita'.

Pertanto,  mentre nelle misure di salvaguardia sono stati evidenziati
i  vincoli  e  le  prescrizioni da osservare nelle aree individuate e
perimetrate  ad  alto  rischio  idrogeologico, nel presente documento
vengono   fornite   indicazioni   sulle  tipologie  degli  interventi
consentiti  nonche'  le  modalita'  tecniche  (linee guida) a cui far
riferimento  per  una  corretta  progettazione  degli  stessi,  fermo
restando, la normativa tecnica di riferimento e la sfera di autonomia
di ogni singolo progettista.

Le aree sottoposte a misura di salvaguardia possono essere modificate
ed  integrate  in  qualsiasi  direzione secondo le modalita' previste
dall'art.  1  comma 1 bis della D.L. 180/98 e dell'art. 9 della legge
226/99.  In  particolare  le  variazione  al Piano Straordinario sono
ammesse  purche'  gli  interessati  presentino  indagini  e  studi di
maggiore  dettaglio, risultanze di studi specifici o nuove conoscenze
tecniche.  Sono  altresi' consentite variazioni al Piano allorquando,
per  effetto  di interventi finalizzati alla messa in sicurezza delle
aree  a  rischio,  si  verificano  variazioni  delle  condizioni  del
rischio.

Tutte  le  misure  di  cui ai successivi articoli sono immediatamente
vincolanti  per la gestione del territorio e restano in vigore, salvo
precedenti  variazioni,  per un periodo di tempo non superiore ai tre
anni a decorrere dalla data del presente atto.

L'osservanza   delle  misure  stabilite  nel  presente  documento  e'
assicurata  dagli  Enti competenti per territorio, a cui e' demandata
la  vigilanza  ed il controllo sulle attivita' consentite e non dalle
presenti norme.
                              PARTE II
                          RISCHIO ALLUVIONI

1. Studio di compatibilita' idraulica

I progetti relativi ad interventi ammessi nelle aree a rischio devono
essere   corredati   da   uno   studio  di  compatibilita'  idraulica
commisurato all'importanza ed al dimensionamento degli stessi.

Detto  studio  non  sostituisce  gli  altri  studi  di  settore ed in
particolare  le  valutazioni  di  impatto ambientale, gli studi e gli
atti  istruttori  di qualunque tipo richiesti dalla normativa vigente
nell'ambito della zona oggetto d'intervento;

Lo  studio  di compatibilita' idraulica dovra' valutare gli eventuali
effetti   che   l'evento  produce  sulla  dinamica  fluviale  ed,  in
particolare,  sulle condizioni di stabilita' dell'alveo, sull'assetto
vegetazionale  preesistente nella zona di intervento, sull'ecosistema
fluviale e sui valori paesaggistici ed ambientali.

A corredo dello studio di compatibilita' in funzione della criticita'
dell'area  (concomitanza  di fenomeni franosi e/o aree potenzialmente
instabili)  e  dei  vincoli  ivi  presenti e' obbligatorio allegare i
seguenti elaborati:

-     una    relazione    geologica    e    geotecnica    finalizzata
all'individuazione,  per il tratto d'alveo di influenza, del grado di
stabilita'  attuale  dell'alveo e delle sponde, di eventuali dissesti
in  atto  e/o  potenziali  e delle probabili tendenze evolutive degli
stessi,  anche  in  connessione  con  la  stabilita' dei versanti. La
relazione,  redatta in conformita' del D.M. 11/3/88, dovra' contenere
una   valutazione   degli  effetti  che  l'intervento  produce  sulle
condizioni  di  stabilita'  attuali  per  un significativo tratto del
corso  d'acqua  (non  inferiore  ai  300  m), sia a monte che a valle
dell'intervento;

-    una    relazione    idrologica    ed    idraulica    finalizzata
all'individuazione, per il tratto d'alveo di influenza, dei parametri
idrologici ed idraulici in relazione sia allo stato di fatto che alle
previsioni  di  progetto,  in  cui  dovranno  essere  evidenziati gli
effetti   che   l'intervento  produce  sulla  dinamica  fluviale.  Le
verifiche   dovranno   essere   realizzate  secondo  le  prescrizioni
contenute nel presente documento;

-  ove  vi  siano presenze arboree ed arbustive di un certo interesse
paesagaistico-ambientali   e/od   in  presenza  di  essenze  vegetali
autoctone  di  particolare  pregio,  va  redatta  una  relazione  che
descriva  le caratteristiche della vegetazione presente nella zona di
intervento e nel territorio circostante; ove necessario dovra' essere
redatta  una  carta  tematica  e  dovranno quindi essere valutati gli
effetti   che   l'intervento   produce   sull'assetto   vegetazionale
preesistente.

Gli  interventi  consentiti  nelle  aree  a  rischio  debbono  essere
realizzati,   in   accordo  con  le  presenti  linee  guida,  per  la
definizione  degli  interventi  strutturali  e non strutturali per la
mitigazione del rischio.

Di seguito vengono descritte le categorie principali degli interventi
che  si  ritengono  a grandi linee ammissibili in tali zone lasciando
ampia  liberta'  e  responsabilita'  al  professionista incaricato di
valutare  caso  per  caso  l'azione  piu'  opportuna  per mitigare le
condizioni di rischio ivi presenti.

2. Interventi di manutenzione

Gli  interventi  di  manutenzione  idraulica  sono  finalizzati  alla
eliminazione  di situazioni di pericolo per i centri abitati e per le
infrastrutture,   in  conseguenza  di  eventi  critici  di  deflusso,
derivanti  da  carenze  dello  stato manutentorio degli alvei e delle
opere  idrauliche,  (Atto  di  indirizzo  e  coordinamento-Criteri  e
modalita'  per  la redazione di programmi di manutenzione idraulica e
forestale - DPR 14/4/93).

In particolare, gli interventi devono avere finalita' di manutenzione
e  caratteristiche  tali  da  non  comportare alterazioni sostanziali
dello  stato  dei  luoghi. Gli interventi devono porsi come obiettivo
primario  il  mantenimento ed il ripristino del buon regime idraulico
delle acque, il recupero della funzionalita' delle opere idrauliche e
la  conservazione dell'alveo del corso d'acqua, riducendo, per quanto
possibile, l'uso dei mezzi meccanici.

3. Tipologie degli interventi

3.1 Interventi nei corsi d'acqua non regimati

Le  tipologie  degli interventi manutentori da effettuarsi secondo la
norma sopra citata, nei corsi d'acqua non regimati sono le seguenti:

-  rimozione  dei  rifiuti  solidi  e  taglio di alberature in alveo,
intesi come eliminazione dalle sponde e dagli alvei dei corsi d'acqua
dei  materiali  di  rifiuto provenienti dalle varie attivita' umane e
collocazione  a discarica autorizzata; rimozione dalle sponde e dagli
alvei  attivi delle alberature che sono causa di ostacolo al regolare
deflusso   delle   piene   ricorrenti,   con   periodo   di   ritorno
orientativamente   trentennale,   sulla   base   di  misurazioni  e/o
valutazioni   di  carattere  idraulico  e  idrologico,  tenuto  conto
dell'influenza  delle  alberature  sul regolare deflusso delle acque,
nonche'   delle   alberature   pregiudizievoli   per   la   difesa  e
conservazione   delle   sponde,  salvaguardando,  ove  possibile,  la
conservazione   dei   consorzi   vegetali  che  colonizzano  in  modo
permanente  gli  habitat  riparii  e  le zone di deposito alluvionale
adiacenti;

-  rinaturazione  delle sponde, intesa come protezione al piede delle
sponde dissestate od in frana con strutture flessibili spontaneamente
rinaturabili;    restauro    dell'ecosistema    ripariale,   compresa
l'eventuale   piantumazione  di  essenze  autoctone.  Per  quanto  e'
possibile,    gli    interventi    non   devono   essere   realizzati
contemporaneamente  su  entrambe  le sponde, in modo da facilitare la
colonizzazione   spontanea   della   sponda   opposta   e  conservare
l'ecosistema fluviale preesistente;

-  ripristino  della  sezione  di deflusso, inteso come eliminazione,
nelle  tratte  critiche  per  il  deflusso delle portate idriche, dei
materiali   litoidi,   trasportati  e  accumulati  in  punti  isolati
dell'alveo,  pregiudizievoli  al  regolare  deflusso  delle acque. La
sistemazione  degli  stessi  di norma deve avvenire nell'ambito dello
stesso   alveo.   Solo   in   casi   eccezionali   o   di   manifesto
sovralluvionamento puo' essere prevista l'asportazione dall'alveo del
materiale estratto, nel rispetto delle vigenti normative;

-  sistemazione  e  protezione  spondale,  intese come risagomatura e
sistemazione  di materiale litoide collocato a protezione di Erosioni
spondali;   sostituzione   di   elementi   di   gabbionata  metallica
deteriorata  od  instabile od altra difesa artificiale deteriorata od
in frana, utilizzando tecnologie di ingegneria ambientale;

-  interventi  di  riduzione  dei  detrattori ambientali, intesi come
rinaturazione  delle protezioni spondali con tecnologie di ingegneria
ambientale,    allo   scopo   di   favorire   il   riformarsi   della
stratificazione vegetazionale;

- ripristino della funzionalita' di tratti tombati, tombini stradali,
ponticelli  ecc.,  inteso come ripristino del regolare deflusso sotto
le  luci  dei  ponti,  con  rimozione del materiale di sedime e vario
accumulato  nei  sottopassi  stradali, nei tombini, nei sifoni, sulle
pile od in altre opere d'arte;

-  ripristino  della  stabilita' dei versanti, inteso come ripristino
della  stabilita'  dei  versanti  prospicienti  le  sponde  di  corsi
d'acqua, mediante tecniche di ingegneria ambientale.

3.2 Interventi nei corsi d'acqua regimati

Le  tipologie  degli  interventi manutentori da effettuarsi nei corsi
d'acqua regimati sono le seguenti:

-  manutenzione delle arginature e loro accessori, intesa come taglio
di vegetazione sulle scarpate, ripresa di scoscendimenti, ricarica di
sommita'  arginale,  interventi  di  conservazione  e  ripristino del
parametro,  manutenzione  di  opere  d'arte  e  manufatti connessi al
sistema  arginale  (chiaviche,  scolmatori,  botti  a  sifone  ecc.),
manutenzione e ripristino dei cippi di delimitazione e individuazione
topografica  delle  pertinenze  idrauliche e delle aree demaniali per
una attiva individuazione dei tratti fluviali;

-  rimozione di rifiuti solidi e taglio delle alberature, intesi come
eliminazione  dalle  sponde  e  dagli  alvei  dei  corsi  d'acqua dei
materiali   di   rifiuto   provenienti   da  attivita'  antropiche  e
collocazione  a discarica autorizzata; rimozione dalle sponde e dagli
alvei  attivi delle alberature che sono causa di ostacolo al regolare
deflusso   delle   piene   ricorrenti,   con   periodo   di   ritorno
orientativamente   trentennale,   sulla   base   di  misurazioni  e/o
valutazioni   di  carattere  idraulico  e  idrologico,  tenuto  conto
dell'influenza  delle  alberature  sul regolare deflusso delle acque,
nonche'   delle   alberature   pregiudizievoli   per   la   difesa  e
conservazione   delle   sponde,  salvaguardando,  ove  possibile,  la
conservazione   dei   consorzi   vegetali  che  colonizzano  in  modo
permanente  gli  habitat  riparii  e  le zone di deposito alluvionale
adiacenti;

- rimozione di materiale di sedime dalle banchine pavimentate, intesa
come  allontanamento  a discariche autorizzate del materiale presente
sulle banchine del corso d'acqua;

-  taglio  di  vegetazione  e  rimozione  di  depositi alluvionali su
banchine  in  terra,  intesi come sfalcio di vegetazione infestante e
rimozione  dei depositi alluvionali che riducono la sezione idraulica
del corso d'acqua;

-  rinnovo  di  pavimentazioni  di  banchine, inteso come rimozione e
ripristino  di  tratte  di  pavimentazione  fatiscenti  con  analoghi
materiali;

-  rimozione  di  materiale  vario  dagli  accessi  e  dalle  discese
pubbliche a fiume con trasporto a pubbliche discariche autorizzate;

-  rimozione  di  tronchi  d'albero dalle luci di deflusso dei ponti,
intesa come ripristino del regolare deflusso sotto le luci dei ponti,
con  rimozione  del  materiale  di  sedime  e  vario  accumulato  nei
sottopassi  stradali, nei tombini, nei sifoni, sulle pile od in altre
opere d'arte;

-  ripristino  di  protezioni spondali deteriorate o franate in alveo
(gabbioni  e  scogliere),  inteso come risagomatura e sistemazione di
materiale  litoide  collocato  a  protezione  di  erosioni  spondili;
sostituzione  di  elementi  di  gabbionata  metallica  deteriorata  o
instabile  od  altra  difesa  artificiale  deteriorata  od  in frana,
utilizzando, ove possibile, tecnologie di ingegneria ambientale;

-  manutenzione di briglie e salti di fondo, intesa come sistemazione
delle  briglie  ed  idonei  interventi  a  salvaguardia  di possibili
fenomeni  di aggiramento o scalzamento o erosione dell'opera da parte
delle acque, interventi di mitigazione dell'impatto visivo;

-  ripristino  della  stabilita' dei versanti, inteso come ripristino
della  stabilita'  dei  versanti  prospicienti  le  sponde  di  corsi
d'acqua, mediante tecniche di ingegneria ambientale.

4. Attuazione degli interventi

Nei  bacini  di  rilievo  interregionale  e regionale, ai sensi della
legge  18  maggio  1989,  n. 183, alla realizzazione degli interventi
provvedono  le  regioni,  le province, gli enti locali nonche' i vari
organismi subdelegati, secondo le rispettive competenze territoriali.

Per  la  esecuzione  dei  lavori,  detti  enti  ed  organismi possono
avvalersi dei soggetti indicati dall'art. 11, comma 1, della legge 18
maggio 1989, n. 183.

Per  quanto  riguarda  la  tutela  del  patrimonio naturalistico, gli
interventi  di manutenzione ordinaria, rientranti tra quelli previsti
dal  suddetto  Atto  d'indirizzo,  vanno  eseguiti sotto la vigilanza
degli   enti   competenti   e/o  dal  Corpo  forestale  dello  Stato,
nell'ambito  delle  funzioni allo stesso demandate ai sensi dell'art.
8, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349.

Ove  occorra,  i  soggetti  preposti  alla vigilanza sulla attuazione
degli  interventi possono avvalersi dei servizi tecnici di altri enti
pubblici anche nazionali competenti per materia.

Per  quanto  attiene  i  criteri  di  priorita'  per la redazione dei
programmi  di  manutenzione  possono  essere  seguite  le indicazione
contenute nel DPR 14/4/93.

Pertanto,   oltre   al   presupposto   di   base   costituito   dalla
individuazione  e  perimetrazione  di  aree  a  rischio  i  programmi
d'intervento  possono essere realizzati in funzione della valutazione
dei seguenti elementi:

a) situazione a rischio di evento dannoso a causa di:

- officiosita' delle sezioni;
- condizioni delle arginature;
- condizioni delle opere d'arte interessanti il corso d'acqua;
- mancata osservanza delle norme di polizia idraulica;

b) situazione a rischio ambientale a causa di:

- mancata conservazione degli habitat naturali;
- potenziale perdita delle caratteristiche naturali degli alvei.

5. Interventi di regimazione e difesa idraulica

Gli  interventi di regimazione e difesa idraulica sono identificabili
in una serie di interventi strutturali capaci di aumentare il periodo
di ritorno critico dell'asta fluviale e possono essere di tipo attiva
o passivo.

Nel  tempo  di  vigenza  delle  presenti  misure  di salvaguardia, la
realizzazione  di  ulteriori  nuove  opere di regimazione e di difesa
idraulica nelle aree a rischio e' consentita soltanto nei casi in cui
sia  dimostrata  la  necessita', l'urgenza e l'indifferibilita' degli
stessi,  in  funzione  di  situazione  connesse  a motivi di pubblica
incolumita'  e  finalizzati  ad  azioni di protezione degli abitati e
delle infrastrutture o comunque mirate alla mitigazione del rischio.

Gli  interventi di regimazione e di difesa idraulica devono favorire,
ove possibile, la progressiva dismissione e rinaturazione delle opere
non funzionali alla sicurezza idraulica.

Qui   di   seguito,   vengono   riportati  i  criteri  guida  per  la
pianificazione degli interventi di regimazione e difesa idraulica:

- il valore della portata di piena da assumere per il dimensionamento
delle  opere finalizzate alla regimazione ed alla difesa idraulica e'
fissato  pari  a quello corrispondente ad un periodo di ritorno Tr di
100  anni, salvo casi particolari in cui, il progettista incaricato o
per  situazioni locali, sia necessario assumere un periodo di ritorno
superiore,  oppure in tratti di alveo in cui le opere di protezione e
di  sistemazione  idraulica  siano  dimensionate  per  un  periodo di
ritorno piu' elevato;

-  il progetto elaborato dovra' evidenziare inoltre che per la scelta
delle  opere  sono  state  esaminate diverse soluzioni, tenendo conto
della  valutazione  costi-benefici  e  considerando anche i costi e i
benefici  di  carattere  ambientale,  optando  per  la  soluzione che
realizza il miglior grado di integrazione tra i diversi obbiettivi.

A  livello  di  progetto  preliminare  o  di fattibilita', oltre agli
elaborati   standard  previsti  dalla  normativa  vigente,  (vedi  L.
415/98), dovranno essere allegati:

-  una  relazione  sintetica  con la giustificazione del progetto, la
descrizione  dei risultati che con esso si intendono raggiungere e le
eventuali  interconnessioni  con  i  progetti  riguardanti altre aree
critiche;
-  una  cartografia, in scala possibilmente 1:10.000 o superiore, con
la localizzazione delle opere e degli interventi proposti;
- una scheda con l'indicazione delle caratteristiche dell'intervento;
il  grado  di  dettaglio  nella  descrizione  dell'opera  deve essere
sufficiente per un'attendibile stima dei costi;
- l'analisi costi - benefici delle soluzioni esaminate.

All'atto  della  progettazione  definitiva  e/o esecutiva, oltre agli
elaborati   standard  previsti  dalla  normativa  vigente,  (vedi  L.
415/98),  il  dimensionamento  delle opere di difesa idraulica andra'
definito in funzione:

-  degli  elementi idrologici del corso d'acqua in termini di portate
(definendo  la  piena  di progetto, ed eventualmente di altre portate
caratteristiche  del  corso  d'acqua nel caso di opere di regimazione
idraulica);

-  delle  valutazioni  sull'assetto  morfologico  dell'alveo  e della
relativa tendenza evolutiva (erosioni di sponda e di fondo, depositi,
caratteristiche tipologiche dell'alveo);

-  delle  caratteristiche idrauliche della corrente in relazione alle
portate  di  dimensionamento  delle  opere (velocita' della corrente,
altezza idrica, resistenza dell'alveo, ecc.);

-  della  dinamica  del  trasporto  solido  e delle relative fonti di
alimentazione,  per  tutti  gli  aspetti  interferenti  con  il  buon
funzionamento delle opere in progetto;

- degli effetti indotti dalle opere in progetto sul comportamento del
corso d'acqua per i tratti di monte e di valle;

-  delle  condizioni d'uso a cui destinare le pertinenze demaniali in
rapporto alla situazione in atto;

-  delle  valutazioni  sulle  componenti  naturali  proprie del corso
d'acqua   e   sulle  relative  esigenze  di  protezione,  ripristino,
conservazione.

Deve  costituire  parte  integrante del progetto la definizione delle
esigenze  di manutenzione delle opere da realizzare, corredata da una
stima  dei  costi connessi ai sensi della nuova normativa vigente, in
materia  di  opere  pubbliche  (vedi anche le direttive in materie di
manutenzione previste dalla L. 415/98).

Gli  eventuali  interventi  stralcio  (lotti  esecutivi), rispetto al
progetto  generale  complessivo,  devono  avere comunque carattere di
completezza  e  funzionalita'  in  rapporto al conseguimento parziale
delle  finalita'  generali che presiedono all'insieme delle azioni da
attuare.

Oltre   alla  documentazione  progettuale  prevista  dalla  normativa
vigente, dovra' essere predisposta:

-  la documentazione attestante le finalita' da conseguire attraverso
l'intervento proposto e le conseguenti modalita' esecutive prescelte;

-  una  relazione  geologica, finalizzata alla individuazione, per il
tratto d'asta d'influenza, del grado di stabilita' attuale dell'alveo
e  delle  sponde,  di eventuali dissesti in atto e potenziali e delle
probabili  tendenze  evolutive  degli  stessi;  la  relazione  dovra'
contenere  una  valutazione  degli  effetti  che l'intervento produce
sulle  condizioni  di  stabilita' attuali per un significativo tratto
del corso d'acqua, sia a monte che a valle dell'intervento;

-  una  relazione  idrologica  e una relazione idraulica, finalizzate
all'individuazione,  per il tratto d'asta di influenza, dei parametri
idraulici ed idrologici in relazione sia allo stato di fatto che alle
previsioni  di  progetto;  infine,  dovranno  essere  evidenziati gli
effetti che l'intervento produce sulla dinamica fluviale;

-  ove  significativa,  una  relazione  che  illustri  la vegetazione
presente  nella  zona  d'intervento  e nel territorio circostante con
relativa  carta  tematica;  verranno  quindi valutati gli effetti che
l'intervento produce sull'assetto vegetazionale preesistente;

-  qualora  nelle  zone  oggetto  di  intervento siano presenti opere
d'arte  o  manufatti,  dovranno  essere  allegate sezioni eseguite in
corrispondenza  di  dette strutture, di cui dovranno essere riportate
dimensioni e caratteristiche.

6.  Interventi  nei  bacini  montani  e/o  per  corsi d'acqua a forte
pendenza

In  attesa  della  predisposizione  di  apposita  direttiva  da parte
dell'Autorita'  di  Bacino Interregionale, i progetti di sistemazione
idraulica,  in  aree  montane e/o per corsi d'acqua a forte pendenza,
vanno  redatti  seguendo  le norme emanate con D.M. 20/8/1912 nonche'
quelle  previste  dalla L. 24/12/1928 n. 3134 e del R.D. 2477/1930 n.
1145, ove non in contrasto con quanto riportato nelle presenti norme.

Vanno  altresi'  tenute  in  debita  considerazione  le  norme per la
"Compilazione  dei progetti e norme esecutive per la sistemazione dei
corsi  d'acqua  a  forte  pendenza"  riportate  nella  Circolare  del
Ministero dei LL.PP. n. 6122 del 3/7/1969.

7. Interventi di idraulica forestale

Gli interventi di idraulica forestale sono finalizzati alla riduzione
del  grado  di  compromissione di aree soggette ad erosione in ambiti
montani e/o in aree forestali.

Tali interventi attengono, specificamente, ai seguenti aspetti:

-  consolidamento  dello  strato superficiale dei versanti attraverso
opere di bonifica montana e/o idraulico forestale;
- ripristino di superfici forestali in zone montane destinate a bosco
e distrutte da incendi e/o da altre cause naturali o antropiche.
-  essi  sono  sempre di tipo passivo e devono essere in sintonia con
quelli di rinaturazione di seguito riportati.

Il  valore della portata di piena, da assumere per il dimensionamento
del  ripristino  delle  sezioni idrauliche in tali ambiti, e' fissato
pari  a  quello  avente  un periodo di ritorno di 30 anni, salvo casi
particolari  in  cui  sia  necessario  assumere un periodo di ritorno
superiore,  ovvero  tratti  in  cui  le  opere  di  protezione  e  di
sistemazione  presenti  siano  dimensionate per un periodo di ritorno
superiore.

I  progetti di manutenzione idraulica e di idraulica forestale devono
tendere   al  recupero  e  alla  salvaguardia  delle  caratteristiche
ambientali degli alvei.

Il  progetto  esecutivo  delle  opere  di manutenzione e di idraulica
forestale  deve  contenere,  oltre alla descrizione degli interventi,
una relazione concernente:

- le finalita' e gli obiettivi dell'intervento;
-  la  descrizione  del contesto ambientale entro cui l'intervento si
inserisce,  corredata  da  documentazione  fotografica d'insieme e di
dettaglio dell'area;
-  gli  aspetti idrologici caratterizzanti il regime delle portate di
piena del corso d'acqua;
-  per  il  tratto d'asta d'influenza, il grado di stabilita' attuale
dell'alveo   e  delle  sponde,  gli  eventuali  dissesti  in  atto  e
potenziali  e  le  probabili tendenze evolutive degli stessi anche in
connessione con la stabilita dei versanti;
-  la  valutazione  degli  effetti  che  l'intervento  produce  sulle
condizioni  di  stabilita'  attuali  per  un significativo tratto del
corso d'acqua, sia a monte che a valle dell'intervento;
-  ove  significativa, dovra' essere effettuata una descrizione della
vegetazione   presente  nella  zona  d'intervento  e  nel  territorio
circostante   nonche'   degli   effetti   che   l'intervento  produce
sull'assetto  vegetazionale preesistente; inoltre in caso di presenza
di  specie  di  particolare  pregio dovra' essere realizzata apposita
carta tematica;
-  l'indicazione  delle  sezioni  da  tenere  sotto  osservazione per
valutare gli effetti degli interventi;
-  Quando  si  prevede  la  ricollocazione  in alveo del materiale di
risulta    degli    interventi,    il   progetto   dovra'   contenere
l'individuazione    cartografica   delle   aree   di   accumulo,   la
giustificazione e le finalita' perseguite da tale proposta.

L'asportazione   di   materiale   dal  corso  d'acqua  dovra'  essere
giustificata  da  situazioni di manifesto sovralluvionamento (art. 2,
comma   1,   lett.   C,  D.P.R.  14/4/93),  verificando  comunque  la
compatibilita'   dell'operazione   con   il   complessivo  equilibrio
trasporto/sedimentazione del corso d'acqua.

Le  alberature  interessate  dagli  eventi  di  piena  con periodo di
ritorno trentennale, nei tratti fluviali di intervento, devono essere
sottoposte  a  taglio  selettivo, al fine di evitare la formazione di
sezioni   critiche   in  occasione  del  possibile  sradicamento;  la
vegetazione  arbustiva sulle sponde potra' essere controllata nel suo
sviluppo attraverso il taglio periodico (ceduazione).

8. Interventi di rinaturalizzazione

Gli   interventi   di   rinaturalizzazione   sono   finalizzati  alla
riqualificazione e alla protezione delle aree naturali esistenti.

Tali  interventi  sono  favoriti,  in particolare, nell'alveo inciso,
limitatamente alla parte non attiva dello stesso.

Essi attengono, specificamente, ai seguenti elementi:

-  mantenimento  ed  ampliamento  delle  aree  di  esondazione, anche
attraverso  l'acquisizione  di  aree  da  destinare  al  demanio,  la
dismissione delle concessioni in atto (intervento di tipo attivo);
- riattivazione o ricostituzione di ambienti umidi.
Tali  interventi  devono  assicurare  la compatibilita' con l'assetto
delle  opere idrauliche di difesa e la ridotta incidenza sul bilancio
del trasporto solido del tronco.

9. Interazioni tra le infrastrutture e la rete idrografica

Per  la  progettazione  dei  ponti  stradali  si  richiamano le norme
vigenti,  D.M.  2 agosto 1980 e D.M. 4 maggio 1990 Norme tecniche per
la  progettazione, l'esecuzione e il collaudo dei ponti stradali e la
Circolare  del Ministero LL.PP. n. 34233 del 25 febbraio 1991 recante
istruzioni  relative alla normativa tecnica dei ponti stradali in cui
sono  contenuti  indirizzi  e  prescrizioni  circa il dimensionamento
idraulico   dei   manufatti;   ulteriori   riferimenti,   utili  alla
progettazione di tali manufatti, potranno essere desunti, anche dalla
delibera n. 2/99 dell'11/5/99 dell'Autorita' di Bacino del Fiume Po -
G.U. n. 225 del 24/9/99.

Il  valore  della  portata  di  piena  da  assumere  per le verifiche
idrauliche  delle  opere  interferenti  con  la  rete  idrografica e'
fissata pari a quella avente un periodo di ritorno di 100 anni. salvo
casi particolari in cui sia necessario assumere un periodo di ritorno
superiore  ovvero  in  cui  le  opere  di  protezione  e sistemazione
presenti siano dimensionate per un periodo di ritorno superiore.

Il  progetto  delle opere infrastrutturali, oltre alla documentazione
prevista  dalla specifica normativa di settore vigente, dovra' essere
corredato  da una relazione idrologica e da una relazione di progetto
idraulico dei manufatti, contenenti:

-  descrizione e giustificazione della soluzione progettuale proposta
in   relazione   all'ubicazione  e  alle  dimensioni  degli  elementi
strutturali  interessanti  l'alveo  (sia  in  fase di costruzione che
d'esercizio) in rapporto all'assetto morfologico attuale dello stesso
e  alla  sua prevedibile evoluzione, alla natura geologica della zona
interessata, al regime idraulico del corso d'acqua;

-  definizione  della  portata  di  piena  di progetto e del relativo
periodo di ritorno;

-  calcolo  del  profilo  di  corrente  per  la piena di progetto, in
condizioni  di  moto  stazionario,  in  assenza  e  in  presenza  dei
manufatti  stradali o ferroviari, con evidenziazione degli effetti di
rigurgito eventualmente indotti;

- evidenziazione delle interazioni con l'alveo di piena in termini di
eventuale  restringimento  della sezione di piena, orientamento delle
pile  in  alveo  in rapporto alla direzione della corrente, eventuale
riduzione  delle  aree  allagabili,  eventuali  effetti  di possibili
parziali  ostruzioni  delle  luci  a causa del materiale galleggiante
trasportato dall'acqua;

-  individuazione  e  progettazione  degli  eventuali  interventi  di
sistemazione  idraulica  (difesa  di sponda, soglie di fondo, argini,
ecc.)  che si rendano necessari in relazione alla realizzazione delle
opere  secondo  criteri di compatibilita' e integrazione con le opere
idrauliche esistenti;

-  quantificazione  dello  scalzamento  prevedibile in corrispondenza
delle  fondazioni  delle pile in alveo, delle spalle e dei rilevati e
progettazione delle eventuali opere di protezione necessarie;

-   indicazione   delle   eventuali   interferenze   delle  opere  di
attraversamento  con  le  sistemazioni  idrauliche  presenti (argini,
difese  di sponda, ecc.) e delle soluzioni progettuali che consentano
di garantirne la compatibilita';

-  l'ampiezza  e  l'approfondimento  del  progetto  idraulico e delle
indagini  che ne costituiscono la base dovranno essere commisurati al
grado di elaborazione del progetto generale.

I  progetti  degli  attraversamenti dovranno prevedere, ai fini della
sicurezza delle stesse strutture, le seguenti verifiche:

-  franco  minimo  tra  quota di massima piena di progetto e quota di
intradosso  del  ponte  pari  a  0.5  volte  l'altezza cinetica della
corrente e, comunque, non inferiore a 1.00 m;

-  interasse  minimo tra le pile adeguato a non provocare fenomeni di
ostruzione;

-  scalzamento massimo, in corrispondenza delle fondazioni delle pile
e  delle  spalle,  che  tenga conto dello scalzamento diretto e della
tendenza   evolutiva   dell'alveo,   tale  da  non  compromettere  la
stabilita' della struttura.

Il  progetto  dei  rilevati  in  area  golenale  dovra'  prevedere le
seguenti verifiche:

-  franco  minimo  tra quota di massima piena di progetto e quota del
piano  viabile  pari a 0.5 volte l'altezza cinetica della corrente e,
comunque, non inferiore a 1,00 m;

-  scalzamento  massimo  ammissibile  al  piede  compatibile  con  la
stabilita' del rilevato ed eventuali opere di protezione.

Dovra' essere inoltre verificato che la presenza dell'attraversamento
e/o  del  rilevato  non  provochi  ostruzioni e condizionamenti delle
modalita'  di  deflusso  dell'alveo  di  piena  incompatibili  con le
condizioni    di   sicurezza   dell'area   circostante   e   con   le
caratteristiche delle opere di difesa esistenti.

Dovra'  pertanto  essere condotta la valutazione della compatibilita'
dei manufatti con l'assetto dell'alveo in termini di:

-  effetti  di  restringimento dell'alveo e/o di indirizzamento della
corrente: - effetti di rigurgito a monte;

- compatibilita' locale con le opere idrauliche esistenti;

-  effetto  di  riduzione  della  capacita'  di  invaso  dovuto  alla
realizzazione dei rilevati.

Per  le  opere minori di attraversamento (ponticelli e scatolari), il
dimensionamento idraulico dei manufatti dovra' considerare e definire
i  seguenti elementi essenziali: - condizioni di deflusso in funzione
della portata liquida di progetto;

-  condizioni  di  deflusso  in  funzione  della  portata  solida  di
progetto;

- effetti di erosione allo sbocco e relative protezioni.
                              PARTE III
                            RISCHIO FRANE

1. Studio di compatibilita' geologica

I progetti relativi ad interventi ammessi nelle aree a rischio devono
essere   corredati   da   uno   studio  di  compatibilita'  geologica
commisurato all'importanza ed al dimensionamento delle opere previste
in  progetto  o  in  funzione  del  grado  di  dissesto  presente sul
territorio.

Detto  studio  non  sostituisce  gli  altri  studi  di  settore ed in
particolare  quello  di  impatto  ambientale,  gli  studi  e gli atti
istruttori  di  qualunque  tipo  richiesti  dalla  normativa  vigente
nell'ambito della zona oggetto d'intervento.

Lo  studio  di compatibilita' geologica dovra' valutare gli eventuali
effetti  che  l'evento  produce  sulla  dinamica  del fenomeno ed, in
particolare,  sulle  condizioni  di stabilita' generale del versante,
sull'assetto  vegetazionale  preesistente  nella  zona di intervento,
sull'ecosistema e sui valori paesaggistici ed ambientali.

A   corredo   dello  studio  di  compatibilita',  in  funzione  della
criticita'  dell'area  e  dei  vincoli  ivi  presenti e' obbligatorio
allegare i seguenti elaborati:

-  una relazione geologica e una relazione geotecnica, opportunamente
estese  a  tutta la zona di influenza, finalizzate all'individuazione
del  grado  di  stabilita'  attuale, ed alla definizione di eventuali
dissesti  in atto e/o potenziali e delle probabili tendenze evolutive
degli  stessi.  Le  relazioni, redatte in conformita' del DM 11/3/88,
dovranno contenere una valutazione degli effetti che l'evento produce
sulle  condizioni  di  stabilita',  opportunamente  estese  alle aree
adiacenti alla zona d'intervento;

-  (in concomitanza di fenomeni alluvionali) una relazione idrologica
ed idraulica finalizzata all'individuazione, per il tratto d'alveo di
influenza,  dei  parametri  idrologici  ed idraulici in relazione sia
allo  stato di fatto che alle previsioni di progetto, in cui dovranno
essere   evidenziati  gli  effetti  che  l'intervento  produce  sulla
dinamica fluviale. Le verifiche dovranno essere realizzate secondo le
prescrizioni contenute nel presente documento;

-  ove  vi  siano presenze arboree ad arbustive di un certo interesse
paesaggistico-ambientali   e/od   in  presenza  di  essenze  vegetali
autoctone  di  particolare  pregio,  va  redatta  una  relazione  che
descriva  le caratteristiche della vegetazione presente nella zona di
intervento e nel territorio circostante; ove necessario dovra' essere
redatta  una  carta  tematica  e  dovranno quindi essere valutati gli
effetti   che   l'intervento   produce   sull'assetto   vegetazionale
preesistente.

Gli  interventi  consentiti  nelle  aree  a  rischio  debbono  essere
realizzati  in accordo con le presenti linee guida per la definizione
degli interventi strutturali e non strutturali per la mitigazione del
rischio.

Di seguito vengono descritte le categorie principali degli interventi
che  si  ritengono  a grandi linee ammissibili in tali zone lasciando
ampia liberta' al professionista incaricato di valutare caso per caso
l'azione  piu'  opportuna  per  mitigare le condizioni di rischio ivi
presenti.

2. Interventi non strutturali

2.1 Presidio territoriale

I classici interventi non strutturali che si attivano in occasione di
un  dissesto  e/o  di  un  evento  che  produce  un certo impatto sul
territorio,  si concretizzano, di fatto, nell'apposizione di vincoli,
divieti  e/o  limitazioni d'uso del territorio ( vedi a tal proposito
il D.M. 14/2/96).

Poiche'   questa  parte  e'  stata  ampiamente  definita  nell'ambito
dell'elaborato  specifico  relativo  alla definizione delle misure di
salvaguardia, previste nell'ambito della L.267/98 e del DPCM 29/9/98,
di seguito viene descritta una serie di attivita' non strutturali che
possono  essere  programmate  ed  attivate  nelle  zone individuate e
perimetrate  come  aree  ad  alto  rischio  idrogeologico,  le  quali
recentemente  vengono sintetizzate e definite con il generico termine
di: "osservatorio o presidio territoriale".

Questa  attivita'  sta  trovando  larghi consensi anche attraverso il
coinvolgimento  degli Enti a carattere locale, regionale e nazionale,
per gli evidenti risvolti di tipo economico nonche' istituzionali.

Comunque,  ritenendo  l'iniziativa  piu' che valida e degna di essere
supportata,  di  seguito,  vengono  delineate  le  attivita' connesse
all'attivazione  di un presidio o di un osservatorio territoriale, da
realizzare  chiaramente  in  ambiti  omogenei  ed  in  situazioni con
contesti  territoriali  ben  definiti, oltre ad avere, possibilmente,
una  sede  baricentrica  nell'ambito  di  zone  riconosciute  ad alto
rischio e/o con situazioni di incombente pericolo.

Sottoliniamo  anche  che le attivita' di presidio territoriale, oltre
ad  essere inquadrabili come un intervento di mitigazione del rischio
di  tipo  non strutturale, costituiscono, di fatto, un vero e proprio
monitoraggio  in  continuo  dei  fenomeni,  per  cui  dette attivita'
possono  essere  inquadrabili  anche  come  vere  e proprie azioni di
monitoraggio e quindi finanziabili e/o attivabili in tale ottica.

2.2 Descrizione delle attivita'

Le  azioni  di  monitoraggio,  da attivare attraverso la costituzione
dell'osservatorio   o  del  presidio  territoriale  prima  descritto,
consistono nella realizzazione di una serie di attivita' sistematiche
da  porre  in  essere  periodicamente  e finalizzate ad acquisire una
serie  di  elementi  mediante  procedure  o metodi standardizzati e/o
innovativi  da  definire  mediante  il  supporto  di  una  unita'  di
coordinamento tecnico scientifica.

Le  azioni  da intraprendere propedeuticamente tendono ad individuare
nell'ambito  delle  aree  a  rischio i siti e/o le situazioni, per le
quali  e'  ragionevole ipotizzare allo stato attuale delle conoscenze
situazioni   di   pericolo  incombente  per  la  pubblica  e  privata
incolumita'.

Una volta individuati tali siti occorre stabilire dei "protocolli" di
attivita'  e/o  di  operazioni  da  realizzare  nel tempo per seguire
l'evoluzione dei fenomeni ritenuti degni di attenzione.

Pertanto  oltre  ad  azioni di primo impatto e di tipo semplicistico,
tese  ad  una  prima individuazione ed alla perimetrazione delle aree
critiche,  dovranno  essere  successivamente  realizzate una serie di
operazioni, sempre piu' approfondite ed a scala di dettaglio.

Poiche'  non  esiste  una  procedura  standardizzata o codificata, ci
permettiamo  di segnalare alcune attivita' che a nostro giudizio sono
sicuramente  fondamentali  per l'avvio di una attivita' di presidio e
di monitoraggio.

Sicuramente  l'elencazione  di  seguito  effettuata  non e' esaustiva
delle  attivita'  che  possono  essere  realizzate ma puo' costituire
l'avvio  di una azione di controllo sistematico da porre in essere da
parte  delle  unita'  territoriali  precedentemente  descritte  e che
potranno   essere   implementate  da  professionisti  incaricati  e/o
costituenti l'unita' di supporto tecnico scientifico.

Tra le attivita' propedeutiche si evidenziano quindi:

-  rilievi  geologici,  idrogeologici,  geomorfologici  e nel caso di
costoni rocciosi, rilievi strutturali (secondo metodologie classiche)
per  la  caratterizzazione degli ammassi rocciosi Bieniawski, Romana,
ecc.)  e  per  la  caratterizzazione e tipicizzazione dei fenomeni in
atto (stato di attivita', tipologia, ecc. - Cruden e Varnes 1993);

-  osservazioni  sui tipi colturali presenti in zona e valutazione di
eventuali squilibri presenti;
-  apposizioni di picchetti, caposaldi, identificativi e quanto altro
necessario  per la verifica periodica degli eventuali spostamenti del
terreno  e  per  il riconoscimento univoco dei punti stazione e delle
zone tenute sotto controllo:
- controllo sistematico dell'evoluzione dei fenomeni;
-  eventuali  rilievi  sui manufatti antropici presenti al contorno e
definizione,  attraverso  grafici  e  foto, del quadro fessurativo ed
eventualmente presente.

In questo ultimo caso si ritiene utile suggerire la messa in opera di
spie  e  mirini  per  il  controllo degli eventuali spostamenti delle
fessure.

Gli  esiti  degli  accertamenti  e  dei  sopralluoghi dovranno essere
riportati  su  moduli  standardizzati (a schede) e dovranno riportare
fondamentalmente  una  serie di informazioni identificative del sito,
dati  sul tipo di fenomeno e sullo stato di attivita'. Essi, inoltre,
dovranno  evidenziare  le  infrastrutture  presenti  ed eventualmente
coinvolte.

Detti moduli, descrittivi anche delle operazioni effettuate, dovranno
essere   corredate   da  foto,  grafici,  diagrammi  e  quanto  altro
necessario  per  dare  un  quadro  informativo  quanto piu' possibile
completo sul fenomeno in atto.

Le   azioni   di   monitoraggio   possono  essere  finalizzate  anche
all'accertamento  dello  stato  di  fatiscienza dei manufatti e delle
opere  presenti in zona al fine di redigere programmi di manutenzione
finalizzati  al  ripristino della funzionalita' delle opere dismesse,
al  recupero  di  quelle  che  potrebbero  risultare  obsolete  e  la
sostituzione di quelle oramai coinvolte e/o dissestate da fenomeni in
atto.

Appare  evidente  che  per l'organizzazione e l'espletamento di dette
attivita'   occorre  costituire  un  gruppo  tecnico  sia  a  livello
operativo che a livello di coordinamento.

Chiaramente le attivita', i programmi e l'entita' dei gruppi potranno
variare  da  zona  a zona e potranno essere implementati, di volta in
volta,   in   funzione   delle  necessita'  che  via  via  potrebbero
presentarsi.

Secondo  procedure che vanno man mano consolidandosi, le attivita' di
monitoraggio  e  di  controllo  tendono  a  realizzare  una  serie di
elaborati  tematici,  ad  implementazione  successiva,  con  scale di
analisi  sempre  piu'  dettagliate  (rispetto  a quello di base). Gli
elementi di base possono essere individuate in:

- carta geolitologica e strutturale;
- carta delle coperture;
-  carta  degli  elementi geomorfologici significativi e dei fenomeni
franosi in atto;
- carta inventario fenomeni franosi;
- carta idrogeologica di dettaglio;
- carta degli insediamenti e delle infrastrutture;

-  schede  per il rilevamento dei dissesti, di tipo semplificato, con
indicazione,  per  ogni fenomeno franoso, (univocamente individuabile
attraverso  una  apposita  sigla distintiva) dalla natura dei terreni
interessati e dei parametri morfologici piu' significativi;

-   schede   semplificate   per   il   rilevamento   dello  stato  di
antropizzazione,  riportanti  il  tipo di strutture ed infrastrutture
presenti nell'area in frana e del relativo stato di conservazione, ed
eventualmente, ove presenti, il rilievo dei dissesti (ausilio di foto
con note e grafici di dettaglio relativi al quadro fessurativo).

I  risultati  dell'attivita' di presidio territoriale dovranno essere
inoltre  forniti  agli  organismi competenti in materia di Protezione
Civile che ne trarranno le indicazioni necessarie per la gestione del
rischio  e  l'eventuale  attivazione,  quando esistenti, di soglie di
allerta e/o di allarme ( vedi "Gestione dell'emergenza nel rischio di
inondazione" P. Versace Roma 1996).

2.3  Attivita'  intermedia  (6 - 12 mesi) - Revisione e/o adeguamento
della normativa relativa ai vincoli territoriali

Come  precedentemente  evidenziato,  la  costituzione  di un presidio
territoriale  ben  si concilia con operazioni di tipo emergenziale da
attivare  a  valle  di  eventi  calamitosi,  mentre una operazione di
questo genere, in tempi normali, trova una serie di ostacoli talvolta
di difficile soluzione.

Una operazione intermedia potrebbe essere costituita dall'attivazione
di  un  centro pilota, nell'ambito del bacino d'interesse, costituito
da  tecnici  locali  che,  saltuariamente  o  in  occasione di eventi
meteorici   particolari,   effettuano   una   serie  di  osservazioni
standardizzate  su  di un areale definito o su un fenomeno specifico,
con procedure codificate da parte di un gruppo di consulenti tecnici.

Tali  azioni  potrebbero  sensibilizzare  maggiormente  le  comunita'
locali  che  in mancanza di un livello di attenzione adeguato (dovuto
alla  mancanza  di un evento catastrofico e/o emergenziale) tendono a
finalizzare  le  attivita'  e  le azioni verso i soliti interventi di
tipo  strutturali  ben  visibili  e  spesso richiesti dalle Comunita'
locali.

L'"handicap"  maggiore  e' costituito dal fatto che, vista l'ampiezza
del  territorio  d'interesse  e  l'estensione  delle  aree  a rischio
elevato, non essendoci un evento certo o piu' probabile rispetto agli
altri,  l'individuazione  della zona e/o del fenomeno da tenere sotto
costante  controllo  appare molto soggettiva e facilmente attaccabile
senza la costruzione di un modello oggettivamente sostenibile.

Per  cui  l'unica  forma  di  controllo attivabile concretamente deve
seguire  necessariamente un modello, creando diversi nuclei operativi
presso  ogni singola comunita' locale (Comunita' Montane, Enti Parco,
ecc.).

Nell'ambito  di  tali  strutture,  come  precedentemente evidenziato,
tecnici  qualificati,  anche  mediante  apposito corso di formazione,
effettuano   con   cadenza   sistematica   rilievi  ed  accertamenti,
infittendo  il  controllo  nel  periodo invernale e/o in occasione di
eventi meteorici particolari.

Nel  contempo occorre sicuramente mettere mano ad una revisione della
normativa  vincolistica  presente  sul territorio ai sensi dell'art.3
della L.183/89 ed in particolare:

- consolidamento abitati, ex L.445/1908;
- vincolo idrogeologico, ex R.D. 3267/1923;
- estrazione d'inerti dai corsi d'acqua, ex T.U. 523/1904;
- servizio di polizia idraulica, ex L.2248/1865 allegato F;
-  regolamentazione  degli interventi di manutenzione e straordinaria
delle opere finalizzate alla difesa del suolo;
- valutazione impatto ambientale, D.P.R. 12/4/96.

L'elencazione  sopra  effettuata  sicuramente  non e' esaustiva delle
varie  problematiche  territoriali  (infatti non sono state citate le
norme  di  tutela paesaggistiche ed ambientali); ma questa attivita',
di  tipo  non  strutturale,  costituisce,  di fatto, un altro sistema
attraverso il quale si puo' procedere alla mitigazione del rischio in
zone particolarmente "sensibili" e di fatto gia' soggette per le loro
caratteristiche intrinseche ad una serie di norme cautelative.

Dette  attivita' si concretizzano in divieti ed autorizzazioni che di
fatto  mitigano  le azioni antropiche prescrivendo, in caso positivo,
una  serie di opere per la mitigazione di alcuni effetti notoriamente
pregiudizievoli  per  la stabilita' di siti riconosciuti storicamente
vulnerabili.

Quindi, attraverso una revisione di tali norme (totalmente trasferite
alle  Regioni  per  effetto  del  D.P.R.  616/77 e del recente D.P.R.
n.112/97),  e  delle  relative  forme  di  utilizzo  del  territorio,
attraverso    un    controllo    sistematico   delle   richieste   di
autorizzazione,  si  puo'  sicuramente  incidere meglio sulle singole
attivita'  antropiche,  cercando di mitigare le condizioni di rischio
presenti  nell'ambito  del territorio di competenza che, tra l'altro,
evidenzia  anche  un'altissima  pericolosita'  sismica (vedi progetto
Finalizzato  Geodinamica, D.M. 7/6/81 ed Individuazione delle zone ad
elevato  rischio  Sismico del territorio nazionale (O.P.C.M. 2788 del
12/6/1998 - G.U. n.112 del 25/6/1998).

2.4 Attivita' di Protezione Civile

In  conformita'  a  quanto  previsto dal comma 4 dell'art. 1 del D.L.
180/98,   entro   sei   mesi   dall'adozione   dei  provvedimenti  di
individuazione   e   perimetrazione   delle   aree  ad  alto  rischio
idrogeologico,  gli  organi  di protezione civile, cosi come definiti
dalla  L.24/2/92  n.225,  e  dal  D.Lgs  31/3/98 n. 112, provvedono a
predisporre  per  le  suddette aree, con priorita' assegnata a quelle
zone  in  cui  la  maggiore  vulnerabilita'  del territorio si lega a
maggiori   pericoli   per  le  persone,  le  cose  ed  il  patrimonio
ambientale.  Piani  Urgenti  di Emergenza contenenti le misure per la
salvaguardia dell'incolumita' delle popolazioni interessate, compreso
il  preallertamento,  l'allarme e la messa in salvo preventiva, anche
utilizzando  appositi  sistemi  di monitoraggio, da programmare anche
con i disposti di cui al comma 7 dell'art.2 dello stesso D.L. 180/98.

Le  azioni  sopra  descritte costituiscono interventi non strutturali
per  la  mitigazione  del  rischio  e debbono essere attivate ai vari
livelli istituzionali in conformita' della normativa vigente.

Cio'   significa   che   oltre  al  Sindaco  e  alle  Amministrazioni
Provinciali, (D. Lgs. 112/98) compete anche agli organismi di livello
nazionale   attivarsi  per  la  realizzazione  di  Piani  Urgenti  di
Emergenza  per  garantire  un  livello  di  sicurezza  adeguato  alla
popolazione esposta a rischio idrogeologico.

In  funzione di tali finalita', appare indispensabile trasmettere gli
elaborati  costituenti  il  Piano  Straordinario  a  tutti  gli  Enti
cointeressati  in  materia di protezione civile affinche' gli stessi,
prendendo coscienza delle condizioni di rischio esistenti nell'ambito
del  territorio  di  competenza,  si  attivino  ognuno  per quanto di
propria competenza.

3. Manutenzione

3.1 Interventi di manutenzione

Per  quanto  attiene  le  attivita'  di  manutenzione  si fa espresso
riferimento a quanto riportato nel D.P.R. 14/4/93 "Atto d'indirizzo e
coordinamento  recante  criteri  e  modalita'  per  la  redazione dei
programmi di manutenzione idraulica e forestale".

Va   altresi'   evidenziato  che  tale  atto  si  riferisce  in  modo
particolare  ad  una  manutenzione  di tipo idraulico (trattata nelle
linee  guida  idrauliche),  per  cui  di seguito si fara' riferimento
specificatamente ad opere di manutenzione dei versanti fermo restando
la stretta interconnessione dei due fenomeni.

Le  finalita'  e  le caratteristiche degli interventi di manutenzione
sono  finalizzati  alla  eliminazione di situazioni di pericolo per i
centri  abitati  e  per  le  infrastrutture, in conseguenza di eventi
critici  derivanti  da  carenze dello stato manutentorio degli alvei,
delle opere idrauliche e delle opere di difesa del suolo.

Pertanto,  di  seguito  vista  la  molteplicita'  di  casi,  si fara'
riferimento  ad  una serie di interventi, generalmente, limitati e di
semplice  esecuzione.  Questi,  ogni  qualvolta  sia  possibile  ed a
seguito  di  accurate  valutazioni  di  un  Geologo,  potranno essere
realizzati  facendo  ricorso  a  tecniche di ingegneria naturalistica
descritte   nelle   linee   guida  del  Ministero  dell'Ambiente  (in
allegato),  lasciando  in  ogni  caso  al  progettista  incaricato la
possibilita'  di  valutare i fenomeni in atto e la soluzione ritenuta
piu' idonea per mitigare lo squilibrio rilevato.

3.2 Costoni rocciosi

In  questi  casi la manutenzione assume una importanza considerevole,
tenuto  conto del fatto che questa va effettuata nelle situazioni che
richiedono  interventi  mirati  attraverso  la  individuazione di una
serie di situazioni particolari, quali:

-  zone  nelle  quali  si puo' verificare di frequente il distacco di
masse lapidee con volumi di limitata estensione;
-  zone  in cui si rilevano reti riempite di materiale detritico, e/o
fatiscenti o obsolete;
-  reti  paramassi dissestate o in condizioni di non svolgere piu' le
loro funzioni di contenimento, ecc.

Le attivita' manutentorie possono essere indirizzate quindi verso due
tipi di finalita':

-  ridurre  la  probabilita'  dell'evento franoso; br; - restituzione
efficienza  alle  opere  di  consolidamento eventualmente presenti in
zona.

Nel  primo  caso  queste potranno, quindi, consistere in una serie di
azioni   di   dimensioni   contenute  dirette  alla  rimozione  delle
specifiche  cause  d'innesco  dei  fenomeni  che  spesso precedono la
rottura. Tra queste segnaliamo le azioni di radici nelle fratture, le
azioni  del  ghiaccio  o  della  pressione dell'acqua nelle fratture,
erosione alla base dei blocchi rocciosi, ecc.).

Nel  secondo  caso  si  tratta  di  realizzare  interventi  piuttosto
limitati  con  l'utilizzo  prevalente  di  mano d'opera e senza mezzi
meccanici. Tra questi possiamo individuare in modo non esaustivo:

-  realizzazione  di  opere  atte  a  ridurre  l'erosione al piede di
blocchi di roccia fratturati;
- pulizia e ripristino delle reti paramassi ostruite dall'accumulo di
materiale detritico;
-  ripristino  delle  opere  di consolidamento soggette a fenomeni di
corrosione, mediante sostituzione di parti o integrazione del sistema
con elementi aggiuntivi;
-  ripristino  e  riqualificazione  di  opere  strutturali lesionate,
mediante rinforzi, ecc.

Al fine di una ottimale utilizzazione delle risorse economiche potra'
essere  opportuno  svolgere,  durante  l'esecuzione  delle  opere  di
manutenzione,  tutti  quei  rilievi  in  parete  che sono spesso resi
impraticabili  dall'inaccessibilita'  dei  luoghi  e che risultano di
fondamentale  importanza  nella  progettazione  dei  piu' impegnativi
interventi di consolidamento.

3.3 Colate di materiale incoerente

Va  precisato  che  nel  territorio  d'interesse le disastrose colate
rapide  di  fango,  che  in  Campania  negli  ultimi anni hanno fatto
registrare  una  serie  di  eventi  luttuosi,  hanno  una scarsissima
incidenza  nell'ambito del bacino di riferimento in quanto i depositi
piroclastici  affioranti  in  tali  aree sono pressoche' nulli e, ove
presenti, gli spessori sono relativamente trascurabili.

Pertanto,  nell'ambito  del  bacino  del F. Sele, possono verificarsi
fenomeni  di colate rapide soprattutto per mobilitazione di materiali
diversificati  per  lo piu' detriti e/o depositi alluvionali posti su
versanti in condizioni giaciturali di precario equilibrio.

Nelle zone soggette a questo tipo di rischio, indipendentemente dalla
natura  del  materiale  mobilitato,  gli  interventi  di manutenzione
esplicano  una  azione fondamentale, considerando che anche in questo
caso l'evento di prima generazione e' scarsamente prevedibile.

Poiche'  tra  le  cause  d'innesco  principali  vengono annoverate le
azioni  destabilizzanti  operate  dalle  acque  meteoriche, una prima
azione fondamentale, in linea quanto previsto nell'Atto d'indirizzo e
coordinamento (D.P.R. 14/4/93) e' costituita dal controllo del regime
delle acque superficiali.

Tale  azione puo' essere esplicata attraverso una serie di interventi
capaci  di  evitare  che  un  deflusso  incontrollato  vada  man mano
concentrandosi   producendo   una   serie  di  fenomeni  di  erosione
accelerata con vistosi effetti non sempre controllabili.

Gli  interventi  che  potrebbero  essere  facilmente attivati con una
certa rapidita', possono essere, ad esempio :

- verifica e controllo del reticolo drenante superficiale (pattern);
- misure periodiche delle portate idriche defluenti in zona;
- controllo delle eventuali fratture presenti nel terreno;
- controllo del grado di saturazione dei terreni di copertura;
verifica delle condizioni di pressioni neutre in profondita'.

In   contemporanea  un'altra  azione  fondamentale  che  puo'  essere
attivata  facilmente e rapidamente consiste nel controllo sistematico
dell'efficienza  dei manufatti destinati alla riduzione dell'erosione
presenti nella zona d'interesse (bacino e/o sottobacino idraulico).

Una verifica della integrita' delle opere idrauliche condizionanti il
deflusso  delle acque superficiali (cunette, briglie, canali, trincee
drenanti,  ecc.)  e  della  funzionalita'  delle opere destinate alla
protezione  degli  insediamenti (vasche di laminazione e di accumulo,
ecc.)   garantisce   un   ulteriore  margine  di  sicurezza  rispetto
all'innesco di eventuali fenomeni erosionali.

Tra  gli  interventi  che  possono  essere attivati facilmente, fermo
restando   la  piena  autonomia  e  responsabilita'  del  progettista
incaricato,  citiamo  alcune opere che nella prassi consolidata degli
interventi  di  consolidamento  vengono  utilizzati  per  eliminare o
quanto meno ridurre alcune di queste cause:

-  messa  in opera e/o l'integrazione su modeste superfici, di specie
arbustive ed arboree capaci di ridurre l'infiltrazione superficiale e
consolidare   col   proprio   apparato   radicale   gli  strati  piu'
superficiali;
- la rimodellazione dei versanti;
- la pulizia delle linee impluviali e dei fossi.

Va  precisato  che  oltre  alle  azioni  delle  acque meteoriche e di
ruscellamento  sopra  descritte  tra  le  altre  cause  d'innesco  di
fenomeni franosi vengono annoverate :

- azioni sismiche;
- azioni antropiche.

Nella  casistica  maggiormente  presente  nell'ambito  del bacino del
Fiume Sele (frane in materiali argillosi o flyschoidi), le operazioni
di  manutenzione  assumono  una  importanza  fondamentale  in  quanto
dirette  al  ripristino  della  funzionalita'  di  tutte  le opere di
presidio eventualmente esistenti sul versante.

Quindi fermo restando gli interventi finalizzati a ridurre l'afflusso
idrico  nelle  aree  instabili  mediante  la costruzione di canali di
gronda,  trincee  drenanti,  ecc.  e  di  tutte le opere destinate al
controllo  dell'erosione,  le attivita' di manutenzione devono essere
improntate   fondamentalmente   al   ripristino  di  tutte  le  opere
strutturali presenti sul territorio (muri, paratie, pozzi, ancoraggi,
opere  in  terra  rinforzata,  ecc.) che possono aver subito, per una
serie di cause, una perdita di efficienza,

4. Indagini

4.1 Premessa

Secondo  la  recente  normativa  in  materia  di  opere  pubbliche le
attivita'  di  progettazione  (art.16  L.  11  febbraio  1994 n.109 e
successive  modifiche  ed integrazioni - testo aggiornato Supplemento
ordinario   G.U.  n.234  del  5/10/99)  evidenzia  la  necessita'  di
procedere  alla  realizzazione di indagini sin dalla fase preliminare
al  fine  di definire la soluzione migliore da adottare rispetto alle
problematiche  oggetto  delle  attivita'  (nel nostro caso interventi
strutturali per la mitigazione del rischio).