Alle intendenze di finanza Agli ispettorati compartimentali delle tasse e delle imposte indirette sugli affari Agli uffici del registro Alle conservatorie dei registri immobiliari Agli uffici imposta sul valore aggiunto e, p.c.: A tutte le direzioni generali Al servizio centrale degli ispettori tributari Al comando generale della Guardia di finanza Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri A tutti i Ministeri All'Avvocatura generale dello Stato Al Consiglio nazionale del notariato Al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti Al Consiglio nazionale forense Al Consiglio nazionale dei geometri Al Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali All'Associazione fra le societa' italiane per azioni All'Associazione bancaria italiana All'Associazione nazionale dei comuni d'Italia All'Associazione nazionale dei costruttori edili Alla Confederazione italiana del commercio Alla Confederazione generale dell'agricoltura italiana P R E M E S S A Con D.P.R. 26 aprile 1986, n.131, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 1986, e' stato approvato il testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, che entrera' in vigore il 1° luglio 1986. Il testo unico conserva nella disciplina della materia la stessa ripartizione in nove titoli gia' attuata nel D.P.R. n.634 del 1972 e rimane inalterato il numero degli allegati, che, come per il citato decreto, si sostanziano in una tariffa divisa in due parti, la prima relativa agli atti da registrare in termine fisso e la seconda concernente quelli da registrare in caso d'uso, in una tabella recante l'indicazione degli atti per i quali non vi e' obbligo di richiedere la registrazione e nel prospetto dei coefficienti per la determinazione dei valori attuali dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite e pensioni vitalizie calcolati al saggio di interesse del 5%. Si rileva, poi, che nell'elaborazione del testo unico sono stati osservati i seguenti criteri: a) inserire nel corpo del decreto n. 634 le disposizioni contenute in precedenti leggi rimaste in vigore o in leggi pubblicate fino a tre mesi prima la pubblicazione del testo unico; b) apportare alcune integrazioni, correzioni e modificazioni nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui alle leggi 9 ottobre 1971, n.825 (legge delega per la riforma tributaria), 12 aprile 1984, n.68, e 24 dicembre 1985, n.777, legge che da ultimo ha prorogato il termine per l'emanazione dei testi unici. Il criterio guida, peraltro, e' stato quello di conferire certezza al sistema normativo, alla luce anche degli indirizzi giurisprudenziali formatisi in precedenza, dei pareri emessi dagli Organi consultivi, nonche' degli orientamenti amministrativi. Con la presente circolare si intende illustrare il nuovo provvedi-mento ed indirizzare in modo uniforme l'attivita' degli uffici, con l'avvertenza che non ci si soffermera', in questa sede, su quelle norme che non hanno subito alcuna modificazione, a meno che le stesse non siano correlate con altra disposizione innovativa. Rispetto a tali norme restano, pertanto, ancora efficaci le istruzioni impartite durante il periodo di vigenza del D.P.R. n.634 del 1972 e successive modificazioni ed integrazioni. TITOLO PRIMO DISPOSIZIONI GENERALI Il titolo primo, che si compone di otto articoli, tratta delle disposizioni generali relative al tributo. Le modifiche apportate al precedente decreto sono intese, essenzialmente, a colmare talune lacune evidenziatesi durante la pratica attuazione del medesimo, nonche' ad adeguare le norme alla continua evoluzione della esperienza giuridica ed economica. Relativamente all'articolo 2 si osserva che e' stata modificata la lettera b) dello stesso con il testuale richiamo ai contratti verbali indicati nel primo comma dell'articolo 3. La modifica ha inteso eliminare il dubbio interpretativo che poteva sorgere dalla lettura della disposizione contenuta nel numero 2) del corrispondente articolo 2 del D.P.R. n.634 del 1972, circa una contraddizione fra il disposto di tale ultimo articolo e quello del secondo comma del successivo articolo 3. Infatti, precisando che sono soggetti a registrazione soltanto i contratti verbali di locazione o affitto di beni immobili e quelli di trasferimento o affitto di aziende, e' stato confermato piu' chiaramente il principio che unicamente l'enunciazione di un contratto verbale in un atto registrato, posto in essere fra le stesse parti che hanno dato vita al detto contratto, comporta l'obbligo di registrare anche il contratto verbale. Altre novita' presenti nell'articolo 2 sono contenute nella nuova formulazione della lettera d). La prima consiste nel considerare soggetti a registrazione non soltanto le sentenze emesse all'estero dai consoli italiani, aventi per oggetto i beni ed i diritti gia' indicati nel n. 4) dell'articolo 2 del D.P.R. n.634 del 1972, ma altresi' tutti gli atti formati dagli stessi consoli che comportino il trasferimento di proprieta' di immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali sugli stessi. Non sembra superfluo sottolineare che fta i diritti reali sui beni immobili sono stati compresi legislativamente anche quelli di garanzia, al fine di eliminare alcune perplessita' evidenziate da qualche dipendente ufficio. Ulteriore innovazione consiste, poi, nell'indicazione, fra gli atti soggetti a registrazione, anche degli atti che comportano la costituzione o il trasferimento di tutti i diritti reali, anche di garanzia, su aziende esistenti nel territorio dello Stato, nonche' di quelli che hanno per oggetto l'affitto di tali aziende. L'articolo 3 recante in epigrafe "contratti verbali" non ha subito alcuna sostanziale modifica. Tuttavia l'obbligo tributario che deriva dalla previsione della registrazione dei contratti verbali di locazione ed affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato risulta piu' incisivamente tutelato dalle innovazioni in tema di procedura di registrazione disposta dal successivo articolo 17 (come si vedra' in seguito) che, modificando l'articolo 16-bis del D.P.R. n.634 del 1972, limita la possibilita' dell'adempimento tramite conto corrente postale solo a fattispecie (annualita' successive alla prima, cessioni, risoluzioni e proroghe, anche tacite) derivanti da contratti originari regolarmente registrati, anche se formati verbalmente. Tali modifiche tendono a restituire agli uffici concrete possibilita' di controllo in ordine al corretto adempimento dell'obbligo tributario. Le modifiche presenti nell'articolo 4 tendono a comprendere nell'alveo impositivo fattispecie che di fatto realizzano gli stessi presupposti di altre situazioni gia' sottoposte a tassazione. Nella lettera a), pertanto, e' stato aggiunto, nell'individuare l'oggetto esclusivo o principale dell'impresa, oltre l'esercizio di attivita' commerciali, anche quello di attivita' agricole, da parte di organizzazioni, diverse da quelle societarie gia' prese in considerazione dalla precedente normativa. Tale esigenza era gia' stata avvertita, per quanto riguarda gli atti degli enti o organizzazioni diversi dalle societa' costituite in Italia, in sede di formulazione dell'articolo 47 del D.P.R. n. 634 del 1972, che trova riscontro nell'attuale articolo 50. Con la nuova formulazione delle lettere d) ed e) dell'articolo 4 in disamina e' stato reso piu' puntuale il riferimento alla direttiva della Comunita' Economica Europea del 17 luglio 1969, n. 335, concernente le imposte indirette sulla raccolta dei capitali, secondo la quale le operazioni sottoposte a tassazione devono assolvere le imposte indirette in uno soltanto degli Stati membri della Comunita'. Pertanto nelle predette lettere d) ed e) e' stato stabilito che l'imposta di registro deve essere corrisposta soltanto se gli atti relativi alle operazioni in esse indicate non abbiano gia' assolto analogo tributo in uno Stato facente parte della Comunita' Economica Europea. La disposizione contenuta nella lettera g) e' stata meglio precisata, realizzandosi una piu' puntuale attuazione della suaccennata direttiva della Comunita' Economica Europea, facendosi riferimento non piu' all'aumento dei capitali destinati alle sedi secondarie, ma, piu' compiutamente, alla messa a disposizione di capitali di investimento o di esercizio da parte di societa' extracomunitarie a favore di sedi secondarie istituite nel territorio dello Statc. Infine, con la lettera h) dell'articolo 4) e' stata prevista anche la tassazione per l'istituzione o per il trasferimento nel territorio dello Stato dell'oggetto principale dell'impresa da parte di societa' o di altri enti esteri non aventi la sede legale o dell'amministrazione in uno Stato della C.E.E. ovvero ivi non assoggettati a tassazione, indicati nella stessa lettera a). La disposizione trova fondamento anche nella necessita' di armonizzare i criteri di imposizione ai principi del nostro ordinamento (articolo 2505 del codice civile) secondo i quali le societa' costituite all'estero che hanno l'oggetto principale dell'impresa nel territorio dello Stato sono soggette a tutte le disposizioni della legge italiana. L'articolo 5 reca le norme che regolano la registrazione in termine fisso e la registrazione in caso d'uso. Mentre non e' stata apportata alcuna modifica al primo comma, la disposizione del secondo comma e' stata rettificata al fine di superare alcune incertezze in presenza di atti che contengono piu' disposizioni (cioe' piu' negozi) alcune delle quali si riferiscono ad operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto ed altre non soggette alla stessa imposta. Il comma in esame, nel confermare il principio che le scritture private non autenticate, quando contengono disposizioni relative ad operazioni soggette ad imposta sul valore aggiunto, sono soggette a registrazione soltanto in caso d'uso, precisa, peraltro, che tale disciplina opera quando tutte le disposizioni contenute in dette scritture prevedono operazioni soggette alla menzionata imposta. Resta inteso, quindi, che ove un atto contenga piu' disposizioni alcune delle quali contemplano fattispecie soggette all'imposta sul valore aggiunto ed altre invece attratte dalla disciplina ordinaria dell'imposta di registro, l'atto deve essere presentato alla registrazione in termine fisso. In tali casi l'ufficio provvedera' a liquidare l'imposta dovuta per le disposizioni soggette al tributo di registro, mentre applichera' tante imposte fisse quante sono le disposizioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, tenendo peraltro conto del dettato del successivo articolo 21 relativamente alle connessioni fra di loro delle disposizioni presenti in un unico atto. Nel precisare poi quali sono le operazioni che devono essere considerate soggette ad imposta sul valore aggiunto e' stato disposto, ad integrazione di quanto stabilito nel ricordato D.P.R. n. 634 del 1972, che devono considerarsi tali anche le operazioni poste in essere da soggetti all'imposta sul valore aggiunto, per le quali tale tributo non e' dovuto a norma delle disposizioni in materia di territorialita' dell'imposta stessa (articolo 7 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni ed integrazioni). Per quanto concerne, poi, i contratti relativi ad operazioni esenti dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, permane l'obbligo della registrazione per i contratti di affitto e di locazione di beni immobili, esenti a norma del numero 8) dello stesso articolo 10, precisandosi, peraltro, che l'obbligo della registrazione riguarda anche le relative cessioni, risoluzioni e proroghe, anch'esse da ritenere esenti dall'I.V.A.. Nell'articolo 6, il quale disciplina la registrazione in caso d'uso, e' stato chiarito che non si realizza il caso d'uso quando l'obbligo del deposito di un atto deriva da una legge o da altro provvedimento autoritativo, quale, ad esempio, il regolamento; mentre, nel successivo articolo 7, si e' circoscritto l'indiscriminato obbligo di registrazione degli atti redatti in forma pubblica, riconoscendosi che tale forma, connaturale o necessaria per alcuni specifici atti (testamento, atti di protesto cambiario, ecc.), non comporta di per se' l'obbligo di registrazione degli stessi. E' appena il caso di precisare che l'avverbio "volontariamente", presente nella precedente formulazione dell'articolo 7, non e' stato riportato in quella attuale in quanto ritenuto pleonastico. TITOLO SECONDO REGISTRAZIONE DEGLI ATTI Il titolo secondo, che comprende gli articoli dal 9 al 19, riguarda la materia relativa alla registrazione degli atti. Il primo di questi articoli, il nono, disciplina la competenza degli uffici del registro confermando il principio, gia' affermato nel D.P.R. n. 634 del 1972, secondo il quale gli atti pubblici, le scritture private autenticate e gli atti degli organi giurisdizionali devono essere registrati presso l'ufficio nella cui circoscrizione risiede il pubblico ufficiale obbligato a richiederne la registrazione. Al di fuori di tale ipotesi viene autorizzata l'esecuzione della formalita' presso qualsiasi ufficio del registro. Appare opportuno rilevare che il primo comma dell'articolo in esame e' stato coordinato con le innovazioni apportate dai successivi articoli 10 e 15, precisandosi che i pubblici ufficiali obbligati a richiedere la registrazione all'ufficio nella cui circoscrizione gli stessi risiedono,sono quelli indicati nelle lettere b) e c) dello stesso articolo 10 e non anche quelli indicati nella successiva lettera d), introdotta dal presente testo unico. Tali ultimi pubblici dipendenti sono tenuti infatti a richiedere la registrazione degli atti che devono essere registrati d'ufficio ai sensi del successivo articolo 15; in tal caso, la registrazione puo' essere richiesta a norma del secondo comma dell'articolo in argomento e, quindi, presso qualsiasi ufficio del registro. Peraltro, non sembra superfluo segnalare l'opportunita' che la registrazione venga richiesta dai funzionari di cui sopra all'ufficio nella cui circoscrizione risiede il contribuente tenuto al pagamento del tributo. Cosi' operando si realizza il duplice scopo di distribuire fra un maggiore numero di uffici gli obblighi connessi all'applicazione della norma e, nel contempo, di agevolare l'attivita' di riscossione. Le modifiche apportate all'articolo 10 tendono, per evidenti motivi di cautela fiscale, ad ampliare, sotto il profilo soggettivo, l'ambito di applicazione della norma per quanto riguarda a soggetti tenuti a richiedere la registrazione. Cosi', per gli atti e le operazioni di' societa' ed enti esteri, l'obbligo e' stato disposto per i loro rappresentanti ovvero, comunque, per coloro i quali rispondono delle obbligazioni delle societa' o degli enti (articolo 10, lettera a). L'ampliamento soggettivo di maggior rilievo, che coinvolge gli impiegati dell'amministrazione finanziaria e gli appartenenti al corpo della Guardia di Finanza, e' stato previsto in relazione alle nuove disposizioni introdotte in tema di registrazione d'ufficio dal successivo articolo 15 e delle quali si e' gia' fatto cenno in relazione al precedente articolo 9. Peraltro, l'individuazione di tali soggetti come obbligati a richiedere la registrazione elimina le incertezze della precedente normativa in relazione ad ipotesi gia' previste di registrazione d'ufficio (ad esempio, atti sequestrati in quanto non regolari agli effetti dell'imposta di bollo) per le quali non era stabilita la procedura relativa alla richiesta di registrazione. L'indicazione dei soggetti tenuti a richiedere la registrazione assicura una piu' rapida attivazione del procedimento della registrazione d'ufficio, con effetti anche sui tempi di riscossione del tributo. L'articolo 11 riguarda la richiesta di registrazione degli atti scritti. Al primo comma e' stata riprodotta la norma che formalizza la richiesta di registrazione mediante la presentazione di un modello appositamente predisposto. Tale disposizione, gia' esistente in base all'articolo 6 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.605 e riprodotta nell'articolo 6 del D.P.R. 2 novembre 1976, n.784, e' stata riportata nell'articolo in esame per un organico coordinamento. Si ricorda che il decreto del Ministro delle Finanze che approva il modello di richiesta di registrazione e' il decreto ministeriale 10 maggio 1980, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 maggio 1980, n.139. Sempre nell'intento di una migliore tutela del tributo, il quarto comma dell'articolo 11 dispone che i soggetti indicati alla lettera d) dell'articolo 10 devono presentare alla registrazione gli atti pubblici e le scritture private autenticate rinvenuti presso il pubblico ufficiale che li ha redatti o le ha autenticate, gli atti giudiziari rinvenuti presso le cancellerie, nonche' le scritture private delle quali sono venuti legittimamente in possesso, intendendosi per legittimo possesso quello derivante dal sequestro dell'atto consentito esplicitamente da una norma tributaria che e' stata violata (ad esempio, violazione all'imposta di bollo). Per quanto concerne, invece, le scritture private non sequestrabili, ma di cui si sia presa visione, in quanto, pur esse rinvenute nel corso di accessi, ispezioni o verifiche eseguite ai fini di altri tributi, i predetti soggetti sono tenuti, non detenendo l'atto, ad indicare nella richiesta di registrazione gli elementi necessari ai fini dell'esecuzione della registrazione (soggetti, oggetto e imponibile) rilevati dall'atto preso in visione. I medesimi soggetti devono richiedere la registrazione anche per gli atti iscritti nei repertori dei pubblici ufficiali, ma non rinvenuti presso questi ultimi, ricavando dai repertori stessi i dati sopra indicati. L'ultimo comma dell'articolo in discorso contiene, come nel corrispondente comma dell'articolo 11 del D.P.R. n.634 del 1972, la disposizione che la richiesta di registrazione di un atto vale anche per gli atti ad esso allegati. Comunque, e' stato ridotto l'onere tributario derivante da tale principio disponendosi che gli allegati che fanno parte integrante dell'atto, nonche' i frazionamenti, le planimetrie, i disegni e simili non devono pagare alcuna imposta. Analogamente e' stato disposto che l'imposta non e' dovuta neppure quando vengono allegati atti compresi nella tabella annessa al testo unico che in precedenza, se allegati, scontavano l'imposta fissa ai sensi dell'articolo 11 della parte prima della tariffa annessa al D.P.R. n.634 del 1972. Non sembra superfluo ricordare che l'imposta non e' dovuta se trattasi di allegazione di atti gia' registrati, e cio' per l'evidente principio che nessun atto puo' essere tassato due volte. L'articolo 12 regola la richiesta di registrazione dei contratti verbali e delle operazioni di societa' ed enti esteri. La nuova formulazione, per quanto concerne i contratti verbali di locazione e di affitto di beni immobili, sottrae alla procedura della denuncia solo le cessioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione di cui al successivo articolo 17 e, quindi, inequivocabilmente, riconduce nella procedura della registrazione tramite denuncia da presentare all'ufficio del registro i contratti di locazione e di affitto di beni immobili; ne risulta quindi abrogata la parte della disposizione contenuta nel previgente articolo 16-bis che consentiva anche per tali contratti (oltre che per le cessioni, risoluzioni e proroghe) l'assolvimento del tributo tramite conto corrente postale. E' da rilevare al riguardo che il ripristino dell'obbligo di registrazione con le modalita' previste dall'articolo in esame del contratto verbale di locazione e di affitto di beni immobili, esclude, nel modo piu' assoluto, la possibilita' di provvedere al versamento dell'imposta tramite conto corrente postale, mediante i bollettini previsti per le altre fattispecie regolate dal successivo articolo 17. L'articolo 15 regola l'istituto della registrazione d'ufficio che, come e' noto, costituisce una sostanziale deroga alla disciplina ordinaria, secondo la quale la formalita' deve essere sempre richiesta dai soggetti obbligati o interessati all'atto. In primo luogo, nella lettera a) del primo comma sono state completate le ipotesi di registrazione d'ufficio, annoverando anche gli atti degli organi giurisdizionali non registrati, conservati presso le cancellerie giudiziarie. In secondo luogo - e trattasi della innovazione piu' incisiva rispetto alla precedente formulazione della norma - la lettera b) del primo comma, dopo aver chiarito, in linea con gli orientamenti giurisprudenziali, il concetto di legittimo possesso che consente la registrazione d'ufficio delle scritture private non autenticate, amplia ora la possibilita' della registrazione d'ufficio anche ad atti non sequestrabili di cui si prenda visione in occasione di accessi, ispezioni o verifiche eseguiti ai fini di altri tributi e per i quali non sia decorso il termine di decadenza. La nuova disposizione attrae quindi nella sfera di applicazione dell'imposta di registro anche atti che in precedenza erano sottratti alla registrazione obbligatoria. Sembra opportuno avvertire che fra le ipotesi di legittima apprensione di una scrittura, capaci di conferire legittimita' al possesso della stessa ai fini della registrazione d'ufficio, vanno comprese tutte quelle (non riconducibili soltanto alla previsione della legge di bollo o dell'imposta sul valore aggiunto) in cui una norma tributaria conferisce specificamente all'Amministrazione finanziaria il potere di sequestro degli atti irregolari ai fini della norma stessa. La nuova formulazione prevede, altresi', che i soggetti autorizzati agli accessi, alle ispezioni o alle verifiche ai fini di tributi diversi dall'imposta di registro possono procedere alla richiesta di registrazione d'ufficio anche per gli atti soggetti a registrazione in termine fisso ma non sequestrabili ai sensi di cui sopra, dei quali abbiano preso visione nel corso dell'esecuzione dei suddetti accessi, ispezioni o verifiche. Si' ritiene opportuno chiarire che il termine "prendere visione" deve essere inteso come materiale, effettiva lettura dell'atto rinvenuto ma non sequestrabile, non essendo sufficiente ai fini della procedura di registrazione d'ufficio l'acquisizione di notizie desunte indirettamente o conclusioni fondate su presunzioni, anche se precise e concordanti. Pertanto, nel verbale che e' alla base della richiesta di registrazione deve risultare che i verbalizzanti hanno preso visione dell'atto di cui si chiede la registrazione stessa e devono inoltre risultare anche tutti gli elementi necessari ai fini dell'applicazione dell'imposta (soggetti, natura dell'atto ed imponibile). Sempre in ordine alla norma in commento e con riferimento al disposto del primo comma dell'articolo 79 del testo unico - in forza del quale le disposizioni modificative correttive o integrative di quelle anteriormente in vigore si applicano, fra l'altro, alle scritture private non autenticate presentate per la registrazione a decorrere dal 1° luglio 1986, si deve chiarire che, se dopo tale data i soggetti autorizzati, nel corso dei suaccennati accessi, ispezioni o verifiche, prendono visione di scritture private non autenticate formate anteriormente alla stessa data, i medesimi devono procedere alla richiesta di registrazione d'ufficio delle scritture. E' pero' da evidenziare, in merito a tale particolare aspetto dell'applicazione della disposizione in discorso, che i soggetti autorizzati dovranno richiedere la registrazione delle scritture private non autenticate del genere in esame relativamente alle quali l'obbligo di registrazione in termine fisso sia previsto anche dal nuovo testo unico. Se, infatti, tale obbligo sancito dal D.P.R. n.634 del 1972 e' venuto meno a decorrere dal l° luglio 1986, e' evidente che, dovendosi applicare - ai sensi del primo comma dell'articolo 79 - la norma piu' favorevole ai contribuenti, le scritture in parola non potranno essere sottoposte a registrazione d'ufficio. La norma contenuta nella lettera e) del primo comma - secondo la quale devono essere registrati d'ufficio gli atti depositati presso le cancellerie giudiziarie e le amministrazioni dello Stato e degli Enti pubblici territoriali ed i rispettivi organi di controllo, ai sensi dell'articolo 6, ma per i quali non e' stata richiesta dalle parti la registrazione o per i quali la Finanza non avrebbe potuto percepire l'imposta, essendo maturati i termini di decadenza di cui al successivo articolo 76, primo comma - elimina un dubbio interpretativo, sorto in applicazione del D.P.R. n. 634 del 1972, soprattutto per il carente coordinamento tra le previgenti disposizioni di cui all'articolo 15, numero 2) e l'articolo 74, ultimo comma, del detto decreto. Per quanto riguarda l'articolo 16 si osserva che il legislatore delegato non ha apportato allo stesso notevoli modificazioni. In sostanza, oltre a dare alla norma una formulazione piu' chiara ed organica, e' stata collegata meglio con le disposizioni di cui al successivo articolo 17 e al precedente articolo 15. Per quanto riguarda il primo collegamento, con il periodo iniziale "salvo quanto disposto nell'articolo 17", il legislatore ha inteso escludere che le cessioni, le risoluzioni e le proroghe, anche tacite, dei contratti di locazione ed affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato possano essere soggette a registrazione in alternativa con il disposto del successivo articolo 17, chiarendo in via legislativa il dubbio che si era manifestato in sede di pratica applicazione dell'articolo 16 bis del D.P.R. n. 634 del 1972. Per quanto concerne il secondo collegamento, il terzo comma dell'articolo in esame prevede che nei registri di formalita' devono essere annotati gli atti e le denunce presentati per la registrazione. In loro mancanza sono annotate le richieste di' registrazione: e cio' nei casi in cui la registrazione deve essere effettuata d'ufficio, ai sensi dell'articolo 15, primo comma, lettere a) e b), in quanto gli atti pubblici, benche' iscritti nei repertori, non sono stati rinvenuti presso i pubblici ufficiali che li hanno redatti ovvero le scritture private, rinvenute e prese in visione in corso di accessi, ispezioni o verifiche, non siano sequestrabili. Sempre con riferimento al terzo comma in esame, si fa presente che il decreto interministeriale previsto da tale disposizione circa le modalita' di esecuzione della registrazione per gli uffici dotati di sistemi elettrocontabili e' in corso di emanazione. L'articolo 17 contiene alcune innovazioni rispetto all'articolo 16 bis del D.P.R. n.634 del 1972 nel duplice intento di contenere l'evasione e di consentire una migliore gestione del tributo nel settore degli affitti e delle locazioni di beni immobili. Il primo comma di tale articolo circoscrive la possibilita' di autoliquidare il tributo alle sole ipotesi contrattuali indicate in epigrafe, vale a dire alle cessioni, alle risoluzioni e alle proroghe, anche tacite, dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili regolarmente registrati. Ne deriva che il contratto originario, sia che si tratti di contratto scritto che di contratto verbale, deve essere in ogni caso registrato secondo l'ordinaria procedura di cui al precedente articolo 16. Delineato cosi' il campo di applicazione dell'autoliquidazione del tributo, meritano rilievo, in primo luogo, le nuove, relative modalita'. L'adempimento va compiuto dai contribuenti entro venti giorni a decorrere dalla data in cui hanno effetto la proroga, la cessione o la risoluzione e la somma corrispondente all'imposta deve essere versata sul conto corrente postale intestato all'ufficio presso il quale e' stato registrato il contratto originario di locazione o di affitto, ufficio cui viene demandata ogni competenza per seguire nelle varie fasi, eventualmente anche contenziose, il rapporto tributario in questione. In secondo luogo e' da sottolineare, in relazione alla base imponibile dei cennati contratti, la non rilevanza degli, aggiornamenti "ex lege" del canone di locazione intervenuti nel corso dell'anno come meglio si specifichera' in sede di commento dell'articolo 35. Con l'occasione si avvertono i dipendenti uffici che e' in corso di emanazione il decreto del Ministro delle Finanze, adottato di concerto con il Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, con il quale sono stabiliti i numeri di conto corrente postale dei diversi uffici del registro ed approvato il nuovo modello di versamento dell'imposta. Il decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Le modalita' di pagamento del tributo di registro, secondo il principio dell'autoliquidazione, vengono poi estese, dal secondo comma dell'articolo 17, anche ai contratti di affitto o di locazione a tempo indeterminato o con patto di recesso anticipato, s+empreche' i contratti originari siano stati gia' sottoposti alla formalita' della registrazione. Degna di notazione, poi, appare anche la precisazione giusta la quale l'apposizione del bollo a data da parte dell'ufficio postale e la conservazione del modello da parte del competente ufficio del registro, costituiscono registrazione per gli atti in esame (ultima parte del terzo comma dell'articolo 17). La disposizione del quarto comma riproduce il testo dell'articolo 34 bis del D.P.R. n.634 del 1972 concernente i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale. E' confermato, quindi, che l'imposta relativa a tali contratti e' dovuta annualmente sull'ammontare del canone riguardante ciascun anno o frazione di esso e che l'imposta per le annualita' successive alla prima deve essere autoliquidata dal contribuente con le modalita' dianzi illustrate. Per completezza di argomento si ricorda che con l'articolo 79, terzo comma, e' stato stabilito che per la prima proroga, anche tacita, intervenuta dopo l'entrata in vigore del testo unico, dei contratti di cui si discute deve essere prodotta la richiesta di registrazione a norma del presente articolo, come appresso piu' diffusamente si dira'. L'articolo 18 riproduce sostanzialmente le disposizioni dell'articolo 17 del D.P.R. n.634 del 1972, ma con una migliore formulazione per quanto attiene alla necessaria organicita' del tessuto normativo ed alla incisivita' dei principi giuridici che regolano l'imposta di registro. Ne consegue che gli effetti della registrazione risultano piu' esattamente delimitati all'attestazione dell'esistenza dell'atto ed all'attribuzione allo stesso della data certa ex articolo 2704 del codice civile. La conservazione degli atti ed il rilascio di copie si evidenziano, invece, piu' correttamente come obblighi degli uffici, ma non come effetti della registrazione. Si evidenzia, poi, che l'ultimo comma dell'articolo in esame prevede la possibilita' di rilasciare anche la copia delle richieste di registrazione indipendentemente dal rilascio della copia dell'atto. La norma si appalesa tanto piu' puntuale per quanto concerne le disposizioni degli articoli 15 e 16 relative alla registrazione d'ufficio degli atti non rinvenuti presso i pubblici ufficiali e per le scritture private per le quali non e' stato possibile procedere al sequestro. Il titolo secondo si conclude con la norma recata dall'articolo 19 che regola le denunce degli eventi successivi alla registrazione confermando sostanzialmente due principi fondamentali in materia di imposta di registro, gia' individuati nell'articolo 18 del D.P.R. n.634 del 1972, vale a dire l'obbligo di denunciare un'evento successivo, riferentesi ad un atto gia' registrato, che dia luogo ad ulteriore liquidazione d'imposta e la competenza territoriale in ordine alla presentazione di una tale denuncia che e' attribuita all'ufficio che ha registrato l'atto. Per quanto concerne l'obbligo di denunciare eventi che diano luogo ad ulteriore liquidazione d'imposta si fa rilevare la piu' ampia formulazione della norma che impone tale obbligo non solo per gli eventi gia' individuati dalla previgente normativa, ma, piu' in generale, per tutti gli eventi che diano luogo ad ulteriore liquidazione dell'imposta ai sensi di una qualsiasi delle disposizioni del testo unico che preveda una tassazione sospesa nel tempo. Il terzo comma contiene alcune modifiche ai termini per la presentazione delle denunce relative alle delibere di aumenti di capitale a pagamento effettuati da societa' di capitali ed alle delibere di emissione di obbligazioni convertibili in azioni delle quali si dira' anche in seguito in sede di commento dell'articolo 27. Il legislatore per tali ipotesi, nello stabilire termini per la presentazione delle denunce diversi da quelli contemplati nel corrispondente terzo comma dell'articolo 18 del D.P.R. n.634 del 1972, ha tenuto in considerazione le difficolta' riscontrate nel vigore del cennato decreto nel denunciare tempestivamente e in modo compiuto le entita' sottoscritte, in particolare per le sottoscrizioni avvenute in prossimita' della scadenza del termine di presentazione delle denunce. E' noto, infatti, che la quasi totalita' delle societa' delegano per la sottoscrizione delle azioni e per la conversione delle obbligazioni in azioni le banche e gli istituti di credito i quali, a loro volta, si avvalgono delle rispettive filiali e si e' rilevata, quindi, la quasi assoluta impossibilita' che nell'ultimo giorno utile per la presentazione delle denunce le societa' stesse siano in grado di conoscere esattamente le quantita' delle azioni sottoscritte e delle obbligazioni convertite entro il medesimo giorno. Tenendo conto delle difficolta' e delle esigenze sopra evidenziate, il legislatore da un canto ha ridotto la durata del periodo oggetto di denuncia dal semestre ad un trimestre, ma nel contempo ha previsto che le societa' abbiano il normale termine di venti giorni, decorrente dalla scadenza del trimestre, per la presentazione della denuncia. TITOLO TERZO APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA Il titolo terzo riguarda l'applicazione dell'imposta e comprende gli articoli dal 20 ai 42. Per quanto concerne l'articolo 21 si fa presente che lo stesso riproduce l'articolo 20 del D.P.R. n.634 del 1972 cosi' come modificato, nell'ultimo comma, dall'articolo 5 del decreto-legge 30 dicembre 1982, n.953, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n.53. Peraltro, per quanto riguarda l'efficacia temporale della norma da ultimo citata se ne rimanda l'illustrazione ed il commento in sede di esame dell'articolo 80. L'ultimo comma dell'articolo 23 rettifica il criterio di imputazione delle passivita' ai fini dell'applicazione delle diverse aliquote in caso di cessione di azienda, disponendo come regola generale, applicabile in ogni caso, che le passivita' si imputano ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore. Tale criterio di tassazione vale anche per le cessioni di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa. Nell'articolo 26 viene confermato e, entro certi limiti, anche ampliato sotto l'aspetto soggettivo ed oggettivo il principio gia' disciplinato dall'articolo 25 del D.P.R. n.634 del 1972, della presunzione assoluta di liberalita' nei trasferimenti immobiliari tra parenti in linea retta. Sotto il primo profilo, nel coordinare la disposizione con la normativa che regola l'imposta di successione e donazione, e' stata recepita una nozione di parente in linea retta corrispondente a quella presente in tale ultimo sistema impositivo. Relativamente all'aspetto oggettivo, poi, e' da rilevare la specifica disciplina dettata per le permute, per le quali la presunzione vale limitatamente all'eccedenza del maggiore dei valori permutati e, inoltre, la diversa portata dell'attuale articolo rispetto al corrispondente articolo 25 del D.P.R. n.634 del 1972 sotto il profilo che il confronto, al fine di stabilire se l'atto debba essere tassato come liberalita' o non, deve essere effettuato tenendo conto dei rispettivi carichi d'imposta globalmente considerati. Attese, pertanto, le precisazioni contenute nella nuova formulazione della norma, particolare attenzione porranno gli uffici, sia al momento della liquidazione dell'imposta principale, sia nella successiva fase dell'accertamento, nel ritenere la presunzione assoluta di liberalita' operante quando l'ammontare complessivo da corrispondere, anche in sede di applicazione dell'imposta complementare e suppletiva non soltanto dell'imposta di registro ma anche delle altre imposte ipotecarie e catastali) dovute per il trasferimento, risulta inferiore a quello delle imposte applicabili in caso di trasferimento a titolo gratuito, al netto delle detrazioni spettanti ai sensi dell'articolo 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.637. La norma sancisce, poi, che devono applicarsi le disposizioni del presente articolo alle sentenze che accertano l'intervenuta usucapione di immobili quando esiste un rapporto di coniugio o di parentela in linea retta fra le parti della sentenza. Invero, l'amministrazione ha avuto in passato motivo di occuparsi del problema relativo alla imponibilita' delle sentenze in parola sotto il profilo della possibilita' che le stesse hanno di costituire un espediente per eludere le ordinarie imposte di trasferimento. Infatti tali sentenze, essendo di mero accertamento dell'acquisto del diritto di proprieta' derivante dal possesso di un immobile per venti anni, in modo pacifico ed ininterrotto, ove non fossero state disciplinate dal presente articolo, sarebbero in ogni caso rientrate nell'ambito di previsione della lettera d) dell'articolo 8 della tariffa, parte prima, allegato al testo unico in esame e scontando quindi sempre l'imposta con la modesta aliquota dell'l%. II secondo comma dell'articolo 26 impone la dichiarazione, anche negativa, del rapporto di parentela o di coniugio in tutti gli atti comportanti trasferimenti immobiliari. La formulazione del corrispondente comma dell'articolo 25 del D.P.R. n.634 del 1972, che faceva riferimento soltanto alla dichiarazione della sussistenza del suaccennato rapporto di parentela, appariva illogica in quanto collegava alla mancata dichiarazione, indipendentemente dalla reale sussistenza della parentela, l'operativita', sia pure in via provvisoria, della presunzione. La dichiarazione deve essere nell'atto, ma, in mancanza puo' essere resa anche al di fuori dell'atto ma prima della registrazione. Il quinto comma dell'articolo 27 del testo unico, si presenta quale deroga al principio, disciplinato nel successivo articolo 42, secondo cui e' imposta principale il tributo applicato al momento della registrazione. Nel citato articolo 27 si precisa, infatti, che l'imposta assolta su un atto soggetto ad approvazione o omologazione nel caso in cui l'atto sia stato presentato volontariamente alla registrazione prima della intervenuta approvazione od omologazione, conserva la natura di imposta principale, nonostante che l'atto in parola abbia gia' assolto l'imposta di registro in misura fissa. La lettura di tale norma, invero, deve essere coordinata con quella dell'articolo 14 il quale precisa che tutto il procedimento relativo alla tassazione ai fini dell'imposta di registro deve far capo al soggetto che ha formato l'atto. Ne consegue che l'imposta non puo' che essere considerata principale, in quanto soltanto dal momento in cui e' avvenuta l'omologazione dell'atto l'imposta stessa deve essere corrisposta, a nulla rilevando se, per motivi non di carattere fiscale, l'atto e' gia' stato presentato alla registrazione e da parte dell'ufficio e' gia' stato percepito sl tributo in misura fissa. Il sesto comma dello stesso articolo 27 conferma ai fini dell'applicazione dell'imposta proporzionale che gli aumenti di capitale a pagamento deliberati da societa' per azioni, in accomandita per azioni, da societa' a responsabilita' limitata si considerano sottoposti alla condizione sospensiva della sottoscrizione delle azioni o quote; se trattasi di obbligazioni convertibili in azioni la norma stabilisce che la delibera si considera sottoposta allacondizione dellaloroconversione. Il testo unico, a tal ultimo proposito, invero, come si evidenziera' commentando l'articolo 4 della parte prima della tariffa, non contempla piu' l'obbligo della registrazione delle delibere di emissione di obbligazioni non convertibili. E' da rilevare, da ultimo, che la condizione sospensiva regolata dal comma in esame non rappresenta una deroga al principio generale di considerare per gli atti di aumento di capitale, l'omologazione, come gia' affermato da questo Ministero, quale condizione di efficacia dello stesso atto. Le suddette delibere non possono essere trattate in maniera diversa dagli altri atti soggetti ad approvazione ed omologazione (articolo 14) per cui l'esecuzione di fatto del contratto - nel caso di specie effettuato con la sottoscrizione delle azioni o conversione delle obbligazioni - non comporta il perfezionamento dello stesso contratto e la relativa tassazione ai fini dell'imposta di registro. La condizione sospensiva in esame, il cui avveramento e' sottoposto a denuncia nei termini e nei modi previsti dal gia' citato articolo 19, esplichera' effetto dopo che sai intervenuta l'omologazione e, quindi, l'imposta proporzionale e' dovuta se l'avvenuta sottoscrizione o conversone si riferisce ad atti di aumento di capitale giuridicamente eseguibili perche' omologati. L'articolo 28 nella seconda parte del primo comma prevede una nuova disciplina relativamente a quei casi di risoluzione per i quali e' stabilito un corrispettivo. Infatti, a differenza delle precedenti disposizioni secondo le quali la tassazione del corrispettivo doveva avvenire con l'applicazione della stessa aliquota afferente il contenuto dell'atto risolto, la nuova norma dispone che sull'ammontare del corrispettivo previsto per la risoluzione debba applicarsi l'aliquota di cui all'articolo 9 della parte prima della tariffa - contenente gli atti aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale - (3%), ovvero l'aliquota di cui all'articolo 6 della tariffa sopra indicata (0,50%), se si e' in presenza di quietanza. Non sembra superfluo rilevare che, ove la risoluzione sia gratuita, anche nel silenzio della legge, dovra' percepirsi la sola imposta fissa. A sua volta il secondo comma, modificando il principio contenuto nella precedente legislazione secondo il quale il corrispettivo della risoluzione e gli effetti da questa derivanti dovevano essere considerati ai fini della tassazione disposizioni necessariamente connesse, stabilisce che deve essere sottoposta a tassazione la prestazione, derivante dalla risoluzione, maggiorata dall'eventuale corrispettivo, dovendosi considerare il corrispettivo pattuito come un'autonoma, nuova obbligazione derivante dallo stesso atto di risoluzione. L'articolo 29 non trova riscontro nel D.P.R. n.634 del 1972. In effetti nell'articolo in argomento si e' inteso trattare in modo piu' organico e completo la disciplina, ai fini dell'imposta di registro, del contratto di transazione stralciandola dalle disposizioni dell'articolo 27 del D.P.R. n.634. Infatti, l'attuale formulazione, oltre ad eliminare il dubbio, sorto in precedenza, che la disposizione si potesse riferire alle sole transazioni risolutive, piu' puntualmente indica la disciplina tributaria cui sono sottoposti tali contratti. E' stato precisato, invero, che l'imposta deve essere applicata esclusivamente agli obblighi di pagamento che derivano dal contratto stesso, senza peraltro tenere conto di eventuali obblighi di restituzione, ne' di quelli gia' previsti da rapporti controversi e che vengono estinti per effetto della transazione stessa. Data la chiara formulazione dell'articolo in esame e' appena il caso di ricordare che ove le transazioni comportino trasferimento di proprieta' di beni immobili ovvero trasferimento o costituzione di diritti reali sugli stessi, la transazione deve essere assoggettata all'imposta con le aliquote previste dall'articolo 1 della parte prima della tariffa allegata al testo unico in esame, relativamente a tali immobili o diritti. Con riferimento all'articolo 32 si evidenzia come il legislatore delegato abbia precisato la non imponibilita' della dichiarazione di nomina fatta nello stesso atto o contratto che contiene la riserva. Tale norma va riferita, per lo piu', agli atti di aggiudicazione formati dagli ufficiali roganti delle pubbliche amministrazioni ove la nomina della persona per la quale un soggetto ha concorso avviene di regola dopo l'aggiudicazione stessa, ma nello stesso atto. Con il primo comma dell'articolo 34 e' stato puntualizzato che per le comunioni ereditarie la massa comune e' costituita dal valore dell'asse ereditario, depurato pero' di tutte le passivita' riconosciute dalla legge sull'imposta di successione e non gia', come disponeva il corrispondente articolo 32 del D.P.R. n. 634 del 1972, soltanto degli oneri ereditari ancora esistenti al momento della divisione. Nel quarto comma dell'articolo in esame e' stata apportata una sostanziale modifica alle norme che regolano la tassazione delle cosiddette masse plurime. Tale disposizione, invero, risolve l'annosa questione della divisione delle comunioni che trovano origine in titoli diversi nel senso che esse sono considerate come una sola comunione se i comunisti sono gli stessi e se l'ultimo titolo di acquisto di quota derivi da successione a causa di morte. La norma merita una breve riflessione. Infatti, poiche' la legge stabilisce che le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origini in piu' titoli, sono considerate come una sola comunione se l'ultimo acquisto di quota deriva da successione a causa di morte, gli uffici dovranno tenere presente che: a) la successione a causa di morte dalla quale deriva l'ultimo acquisto di quote deve riguardare tutti i condividendi e non soltanto alcuni di essi; b) gli acquisti precedenti derivanti sia da altre successioni sia da compravendite, sia da donazioni, devono sempre riferirsi a tutti i condividendi. Lo spirito della legge, quindi, tende a favorire la definitiva attribuzione di beni a soggetti, di regola legati fra loro da vincoli di parentela, che hanno proprieta' comuni, seppure derivanti da titoli diversi. Per completezza di argomento si precisa che le assegnazioni sono state stralciate dall'articolo in esame nonche' dalla nota all'articolo 3 della parte prima della tariffa in quanto si e' ritenuto dare un migliore ordine sistematico a tutta la materia relativa agli atti societari, regolata dall'articolo 50 del testo unico e dall'articolo 4 della parte prima della tariffa stessa. L'articolo 35, che stabilisce la base imponibile dei contratti a prezzo indeterminato, prevede nel secondo comma, di nuova istituzione, una deroga alla norma generale contenuta nel primo comma secondo il quale, relativamente ai contratti suindicati, deve essere denunciata a norma dell'articolo 19 la determinazione definitiva del corrispettivo. Tale deroga, che concerne gli aggiornamenti o gli adeguamenti del canone di locazione di cui alla legge 27 luglio 1978, n. 392, (legge sull'equo canone) si sostanzia nell'esentare dall'obbligo di denunciare detti aggiornamenti o adeguamenti allorquando si verifichino nel corso dell'annualita' del contratto. La norma tende ad alleviare il lavoro degli uffici e, nello stesso tempo, a non gravare i contribuenti di incombenze ulteriori rispetto a quella principale relativa all'assolvimento dell'imposta sul contratto di locazione. Gli aggiornamenti o gli adeguamenti in parola concorreranno a formare l'imponibile riferito all'annualita' successiva, ma, ovviamente, in tale sede non piu' come adeguamento o aggiornamento, bensi' come nuovo canone. L'articolo 37, che ora si compone di due commi, riporta al primo comma le disposizioni dell'articolo 35 del D.P.R. n. 634 del 1972 con la specificazione, al primo rigo, che "gli atti dell'autorita' giudiziaria in materia di controversie civili etc.... " sono soggetti all'imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successive sentenze passate in giudicato. Con l'aggiunta apportata, si e' inteso chiarire che sono da assoggettare a registrazione, non soltanto le sentenze del giudice civile, ma anche quelle del giudice penale o speciale quando, nello statuire in materia di controversie civili, assumono percio' stesso rilevanza agli effetti dell'imposta di registro. L'ultima parte del comma in esame ha ampliato la portata della norma precedente equiparando agli atti giudiziari anche gli atti di conciliazione giudiziale nonche' quelli di transazione stragiudiziale, ma in tal caso solo se ne e' parte l'amministrazione dello Stato. Tali atti, pertanto, concorrono a determinare l'imposta definitivamente dovuta sulle sentenze cui si riferiscono e, quindi, possono dar luogo a conguagli o a rimborsi con riferimento alla tassazione in precedenza operata sulle sentenze medesime. Con il secondo comma e' stata colmata una lacuna legislativa in quanto non era previsto nel D.P.R. n.634 del 1972 quale ufficio fosse competente ad operare il rimborso spettante al contribuente nel caso in cui, come di regola accade, gli organi che hanno emesso le sentenze nei vari gradi di giudizio abbiano sede in diverse circoscrizioni. La norma ha stabilito, pertanto, che il contribuente potra' chiedere il rimborso dell'imposta soltanto all'ufficio che ha riscosso l'imposta medesima. Attesa la diversita' degli organi dell'autorita' giudiziaria che potrebbero aver emesso la sentenza che da' diritto al rimborso (ad esempio: Corte d'Appello, Cassazione, etc.), e' stato precisato che il contribuente il quale intenda avvalersi del rimborso dovra' produrre al competente ufficio istanza di rimborso, nei termini di decadenza previsti dall'articolo 77 del testo unico, corredata dalla relativa documentazione. L'articolo 38 conferma il principio, gia' affermato dal corrispondente articolo 36 del D.P.R. n. 634 del 1972, circa l'obbligo di richiedere la registrazione e di pagare le relative imposte anche per gli atti nulli o annullabili. Il secondo comma dell'articolo in esame, nell'indicare che l'imposta assolta ai sensi del primo comma deve essere restituita per la parte eccedente la misura fissa, quando l'atto sia dichiarato nullo o annullato per effetto di sentenza passata in giudicato, non richiede piu' che la sentenza sia emessa in contraddittorio anche con l'amministrazione finanziaria, alleggerendo sotto tale profilo gli oneri degli organi competenti. L'articolo 40 delimita il campo di applicazione dell'imposta di registro e quello dell'imposta sul valore aggiunto per quegli atti che contengono cessioni di beni o prestazioni di servizio che, come e' noto, scontano il tributo da ultimo indicato. Rispetto alla precedente norma il primo comma specifica, al pari di quanto operato dall'articolo 5 del testo unico, che devono considerarsi soggette all'imposta sul valore aggiunto anche le operazioni per le quali l'imposta non e' dovuta a norma delle disposizioni in materia di territorialita' di tale tributo. In questo modo e' stato chiarito che la non assoggettabilita' per motivi di territorialita' all'imposta sul valore aggiunto di operazioni che diversamente sarebbero soggette a tale tributo non comporta l'applicabilita' dell'imposta di registro. Del tutto nuova e' la disposizione contenuta nel secondo comma dell'articolo in esame. In tale norma viene, infatti, per la prima volta, affrontato legislativamente il problema della tassazione degli atti che contengono permute di beni, rientranti in regimi tributari diversi, e cioe' l'uno soggetto all'imposta sul valore aggiunto e l'altro soggetto all'imposta di registro. E' noto, infatti, come questo problema, non affrontato nella precedente legislazione, abbia dato luogo a difficolta' di applicazione, nonche' a decisioni contrastanti da parte delle commissioni tributarie. Al riguardo il legislatore ha ritenuto di dare esplicita soluzione al problema applicando il principio dell'autonomia della tassazione delle singole prestazioni, ancorcha' le stesse derivino da un contratto, quale e' quello di permuta, da considerare unitariamente sotto il profilo civilistico. Ne, consegue che se a fronte di prestazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto sono previste controprestazioni soggette all'imposta di registro, i due tributi si renderanno entrambi dovuti, ognuno sulla prestazione di propria rilevanza. Si richiama l'attenzione sulla formulazione dell'articolo 41 che, al primo comma, stabilisce, al fine di semplificare i servizi di cassa degli uffici, che l'imposta deve essere arrotondata sempre a lire diecimila. Peraltro la norma, a differenza di quanto disposto dal primo comma dell'articolo 39 del D.P.R. n.634 del 1972, non stabilisce sempre l'arrotondamento per eccesso ma prevede che tale arrotondamento e' possibile soltanto se la frazione e' superiore a lire cinquemila, mentre se detta frazione e' inferiore deve essere effettuato un arrotondamento per difetto. Con il secondo comma si e' precisato che soltanto l'imposta principale non puo' essere liquidata in misura inferiore all'imposta fissa, eliminando cosi' alcune perplessita', relative al pagamento delle imposte suppletive e complementari, sorte in applicazione del previgente secondo comma dell'articolo 39. TITOLO QUARTO DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE Il titolo quarto riguarda, con gli articoli dal 43 al 53, la determinazione della base imponibile. La lettera a) del primo comma dell'articolo 43 - da coordinare con il successivo articolo 51, primo comma, che fornisce l'esatto significato della locuzione "valore dei beni e dei diritti" - precisa che per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali la base imponibile e' costituita dal valore del bene o del diritto alla data dell'atto, eliminando cosi' il riferimento, fatto dal corrispondente articolo 41 del D.P.R. n.634 del 1972 - gia' fonte di qualche incertezza interpretativa - "ai corrispettivi pattuiti per l'intera durata del contratto". Si richiama l'attenzione dei dipendenti uffici sull'opportunita', in sede di applicazione della norma, di attenersi comunque ai criteri stabiliti con il successivo articolo 51, primo comma, in quanto come gia' fatto presente, la modifica sopra riferita tende a sgombrare il campo da qualche dubbio precedentemente sorto dalla lettura di una disposizione non perfettamente calibrata, ma non intende incidere sulla prassi applicativa del tributo. Con la lettera b) e' stata disciplinata piu' correttamente la determinazione della base imponibile delle permute. Anche tale norma non appariva chiara nell'articolo 41 del D.P.R. n.634 del 1972 nei casi in cui dovesse essere sottoposto a tassazione un atto contenente permuta di beni non omogenei sottoposti ad aliquote diverse. La disposizione in esame ha stabilito che la base imponibile della permuta di beni sottoposti ad aliquote diverse e' costituita dal valore del bene che da' luogo all'applicazione dell'imposta che consente il gettito maggiore. Relativamente alla determinazione della base imponibile della permuta di un bene assoggettabile ad imposta sul valore aggiunto con altro imponibile ai fini del tributo di registro si rinvia a quanto chiarito in sede di commento al precedente articolo 40, secondo comma. Per cio' che concerne la lettera c) dell'articolo 43 si osserva che sono state apportate le medesime modifiche di cui alla lettera b) tendenti ad ancorare la tassazione al valore del bene ceduto o della prestazione che da' luogo all'applicazione della maggiore imposta. In tali sensi va indirizzato l'operato dei dipendenti uffici. La lettera g) indica la base imponibile del contratto di associazione in partecipazione, contratto in precedenza inserito nella disciplina dell'articolo 47 del D.P.R. n.634 del 1972 avente in epigrafe "atti ed operazioni di societa' e di associazioni". E stata invero ritenuta piu' corretta, sotto il profilo sistematico, l'attuale collocazione della disposizione in parola, atteso che il rapporto nascente dal contratto di associazione in partecipazione ha la natura di rapporto obbligatorio e non societario. La collocazione nell'articolo 43 elimina, inoltre, il dubbio che il legislatore tributario, inserendo la relativa disposizione fra gli atti societari abbia voluto equiparare gli apporti dell'associato ai conferimenti in societa', con tutte le diverse conseguenze che tale asserita equiparazione avrebbe comportato. L'inserimento del contratto di associazione in partecipazione nell'articolo che individua la base imponibile di tutti i contratti non specificamente individuati dagli altri articoli del provvedimento, non comporta, peraltro, che al contratto in argomento sia applicabile lo stesso trattamento tributario previsto per tali ultimi contratti. Dal disposto della lettera a) dell'articolo 1 della parte seconda della tariffa si ricava, invero, che il contratto di associazione in partecipazione, anche se formato mediante corrispondenza, deve essere sempre assoggettato a registrazione in termine fisso (come si avra' modo di precisare ulteriormente in sede di commento dell'articolo 2 della parte prima della tariffa). Per completezza di argomento si sottolinea che, quando il contratto in parola prevede l'apporto di solo lavoro, il medesimo contratto e' soggetto a registrazione, a norma dell'articolo 10 della parte seconda della tariffa, unicamente in caso d'uso con l'assoggettamento all'imposta in misura fissa. Con la lettera i) dell'articolo 43, di nuova istituzione rispetto alla precedente normativa, e' stata indicata la base imponibile dei contratti aventi per oggetto operazioni soggette ed operazioni non soggette all'imposta sul valore aggiunto e, in coerenza con quanto stabilito nei precedenti articoli 5 e 40, e' stato previsto che si rendono tassabili soltanto quelle disposizioni che prevedono cessioni o prestazioni che non sono considerate soggette ad imposta sul valore aggiunto agli effetti del testo unico. Nell'articolo 44, recante in epigrafe espropriazione forzata e trasferimenti coattivi, il legislatore delegato ha recepito il principio desumibile dal disposto della pronuncia della Corte Costituzionale di illegittimita' di parte dell'articolo 42 del D.P.R. n. 634 del 1972, che regolava la soggetta materia, ed ha quindi completato la norma prevedendo che nei casi di espropriazione forzata la base imponibile e' sempre costituita dal prezzo di aggiudicazione non soltanto se la vendita e' avvenuta mediante pubblico incanto, ma anche quando si e' realizzata attraverso altre forme autoritative, anche se solo nella determinazione del corrispettivo. L'ultima parte del secondo comma contiene una nuova disposizione' relativa alla base imponibile dei contratti con i quali l'espropriato cede volontariamente, cioe' senza attendere l'esito della procedura espropriativa, il bene all'espropriante. Poiche' la norma precisa che la base imponibile per tali atti e' costituita dal prezzo, i dipendenti uffici dovranno astenersi dal compiere atti di accertamento, sia pure nei limiti in cui gli stessi sono ammissibili ai sensi del successivo articolo 52, nei confronti di tali contratti. Con l'articolo 45 e' stato chiarito, anzitutto, che per gli atti concernenti le concessioni su beni demaniali e quelle di diritti d'acqua a tempo determinato la base imponibile e' costituita dall'ammontare del canone. Inoltre con lo stesso articolo e' stato disposto che, per gli atti portanti trasferimento di beni immobili o di diritti reali immobiliari nei quali e' comunque parte lo Stato ed il cui valore e' stato preventivamente determinato dall'ufficio tecnico erariale, il corrispettivo pattuito costituisce la base imponibile. La lieve modifica apportata al primo comma dell'articolo 46, di carattere piu' che altro formale, ha lo scopo di evitare l'incertezza interpretativa derivante dalla lettura dell'articolo 43 del D.P.R. n.634 del 1972 il quale, nel primo comma, non facendo riferimento alle costituzioni di pensioni, dava adito a dubbi relativi alla determinazione della base imponibile di tale costituzione. Pertanto, nell'attuale primo comma si e' provveduto a chiarire espressamente che per la costituzione di pensioni la base imponibile e' costituita dal valore della pensione. Con l'articolo 50 e' stata data un'impostazione piu' organica alla materia gia' contenuta nell'articolo 47 del D.P.R. n. 634 del 1972. In relazione alla modifica apportata all'articolo 4 della parte prima della tariffa allegata al testo unico, il legislatore delegato ha fatto richiamo, nell'epigrafe dell'articolo in esame, anche alle societa', enti, consorzi, associazioni ed altre organizzazioni svolgenti attivita' agricole. Per quanto riguarda gli atti costitutivi e gli aumenti di capitale delle societa' di capitale, comprese le cooperative, la norma in esame ha previsto un nuovo sistema per la deduzione delle spese e degli oneri inerenti alla costituzione o all'esecuzione dell'aumento. Infatti la misura forfettaria di deduzione e' stata portata al due per cento dell'ammontare complessivo del valore nominale delle azioni o delle quote sociali e del loro sopraprezzo fino a duecento milioni di lire, mentre e' rimasta invariata la deduzione forfettaria dell'uno per cento per la parte dell'ammontare stesso che ecceda duecento milioni di lire, ma con un tetto, pari a un miliardo di lire di deduzione. La norma ha inteso favorire quindi le societa' di piu' modeste dimensioni, per le quali la deduzione dell'uno per cento poteva rivelarsi non adeguata, mentre, limitando ad un miliardo l'ammontare della deduzione stessa, ha inteso evitare che la misura si traducesse in un beneficio per le societa' di maggiori dimensioni. Giova appena far notare che gli uffici, nel determinare le spese e gli oneri di cui sopra, dovranno comunque calcolarli nella misura del due per cento, fino al predetto ammontare di duecento milioni di lire, anche per quegli atti di costituzione o di aumento di capitale recanti importi complessivi che eccedono tale ultimo ammontare. Lo stesso beneficio e' stato, poi, accordato dal secondo comma dell'articolo 50 anche relativamente agli atti di costituzione o di aumento di capitale delle societa' ed enti indicati nello stesso comma, modificando il disposto del quarto comma dell'articolo 47 del D.P.R. n. 634 del 1972 che non prevedeva la possibilita' delle deduzioni di cui sopra. Per le modalita' di calcolo valgono le istruzioni impartite per quanto riguarda il primo comma dell'articolo in esame. Il terzo comma dell'articolo 50, che individua la base imponibile dei conferimenti in societa', o in uno degli enti di cui sopra, di immobili, diritti reali immobiliari, aziende o complessi aziendali, nell'equiparare alle aziende i complessi aziendali, non esige piu' il requisito che i rami dell'impresa pertinenti a tali complessi siano "gestiti distintamente e con contabilita' separata" - come richiedeva il previgente D.P.R. n. 634 del 1972 - ma prevede quale condizione per l'equiparazione in argomento l'inerenza dei complessi aziendali a singoli rami dell'impresa. Con cio' la norma ha recepito, in sostanza, il contenuto del secondo comma dell'articolo 7 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, il quale gia' aveva operato tale equiparazione. Recependo, poi, l'altra disposizione contenuta nel secondo comma del menzionato articola 7 della legge n. 904 del 1977, l'ultima parte del terzo comma dell'articolo 50 ha ribadito, relativamente ai conferimenti di aziende o di complessi aziendali che, quando i medesimi sono effettuati ad una societa' di capitali, il valore e' quello risultante dalla relazione di stima di cui all'articolo 2343 del codice civile, con la conseguenza che, in tali ipotesi, e' escluso qualsiasi sindacato di valore. Per quanto concerne la tassazione del passaggio di riserve a capitale, poiche' l'articolo 4, punto 6), della parte prima della tariffa tratta specificamente la materia stessa, si rinvia al commento che si fara' in quella sede. Non e' stata infine riprodotta nell'articolo 50, per le considerazioni gia' svolte nel commento all'articolo 43, la disposizione del quinto comma dell'articolo 47 del D.P.R. n. 634 del 1972, relativa agli atti di associazione in partecipazione. Il primo comma dell'articolo 51, riproducendo la formulazione del corrispondente primo comma dell'articolo 48 del D.P.R. n. 634 del 1972, conferma che, in linea di principio, deve essere assunto come valore dei beni e dei diritti - quale base imponibile del tributo - quello dichiarato dalle parti nell'atto presentato alla registrazione. Se il valore non viene dichiarato in atto, l'ufficio deve assumere come tale il corrispettivo pattuito. La norma precisa, quindi, che qualora fossero indicati sia il valore dei beni o dei diritti, che il corrispettivo pattuito, la base imponibile e' determinata da quello fra i due termini di rapporto sopra indicati che e' di importo superiore. Per completezza, si evidenzia che, ove l'atto non contenesse alcuna dichiarazione di valore, ne' indicazione di corrispettivo, l'ufficio dovra' procedere autonomamente alla determinazione della base imponibile come previsto dal successivo articolo 53. Mentre la disposizione del primo comma dell'articolo 51 e' applicabile in via generale a tutti gli atti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, alle permute, ai contratti che fanno sorgere rapporti obbligatori e, comunque, a tutti i contratti aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, il secondo comma dello stesso articolo si riferisce esclusivamente agli atti che hanno per oggetto i beni immobili, i diritti reali immobiliari, nonche' le aziende o i diritti reali su di esse. Per tali atti la base imponibile e' costituita dal valore venale in comune commercio dei beni o dei diritti. Come conseguenza di tale norma i commi terzo e quarto stabiliscono il sistema di determinazione della base imponibile, il comma terzo per gli atti di trasferimento di beni immobili o di trasferimento o costituzione dei diritti reali immobiliari, il comma quarto per gli atti di trasferimento di aziende o di trasferimento o costituzione dei diritti reali sulle stesse. Rispetto alle norme contenute nell'articolo 48 del D.P.R. n. 634 del 1972 si deve evidenziare che il terzo comma dell'articolo in esame, nell'indicare gli elementi di valutazione da tener presenti ai fini della rettifica dei valori, ha ampliato la possibilita' dell'ufficio di reperire informazioni mediante l'acquisizione di ogni utile elemento. In via esemplificativa tali elementi possono essere indicati, in primo luogo, nelle perizie dell'ufficio tecnico erariale e, successivamente, nei dati e nelle notizie forniti dalla Guardia di Finanza e da altri organi tecnici della pubblica amministrazione, nonche' nei dati e nelle notizie eventualmente forniti dai comuni. Per quanto riguarda la determinazione del valore venale delle aziende il quarto comma, nel riportare i criteri di valutazione di cui al terzo comma del ripetuto articolo 48, precisa peraltro che dagli elementi che compongono l'azienda devono essere esclusi i beni indicati dall'articolo 7 della parte prima della tariffa allegata al testo unico e cioe' automobili, motocicli e simili, in quanto sottoposti ad autonoma tassazione. Particolare attenzione dovranno porre gli uffici sul criterio di esclusione dalla valutazione della base imponibile degli autoveicoli: infatti, se debbono essere esclusi tali beni dal computo del valore complessivo dell'azienda, anche le passivita' che espressamente si riferiscono ai beni stessi non potranno essere detratte al fine della suddetta valutazione (ad esempio, l'importo di un mutuo ipotecario su autoveicolo). Il secondo comma dell'articolo 52, relativamente alla motivazione dell'avviso di accertamento del maggior valore, prevede che nell'avviso stesso deve essere contenuta, oltre che l'indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti, anche l'indicazione degli elementi, di cui al precedente articolo 51, che sono stati posti dall'ufficio a fondamento della determinazione del medesimo valore. La modifica tende ad ottenere una congrua motivazione degli avvisi di accertamento, idonea a sostenere la pretesa dell'amministrazione ed a dare conto della rettifica operata. Di rilievo e' la norma del quarto comma dell'articolo 52, la quale e' stata introdotta con il duplice scopo di facilitare i rapporti fra l'amministrazione finanziaria ed i contribuenti e di evitare un notevole contenzioso in materia di atti sottoposti a valutazione da parte degli uffici. Con tale disposizione e' stato posto un limite al potere di rettifica del valore o corrispettivo dichiarato per gli immobili, quando il valore o corrispettivo sia stato indicato nell'atto in misura non inferiore all'ammontare determinato sulla base di un criterio valutativo ancorato alle rendite catastali. Il limite al potere di rettifica e' disposto se il valore o corrispettivo dichiarato per gli immobili non e' inferiore, per i terreni e per i diritti reali sugli stessi, a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto, aggiornato con i coefficienti stabiliti ai fini delle imposte sul reddito e, per i fabbricati, nonche' per i diritti reali sugli stessi, a ottanta volte il reddito risultante in catasto, con gli aggiornamenti ora detti. Gli uffici potranno desumere i dati catastali dall'atto registrato il quale normalmente li contiene a norma dell'articolo 4 della legge 10 ottobre 1969, n. 679. Qualora tali dati, comunque, non risultassero dall'atto le parti dovranno allegare all'atto stesso il certificato catastale relativo agli immobili oggetto del contratto. Si richiama l'attenzione sulla norma contenuta nello stesso quarto comma dell'articolo 52, in base alla quale le modifiche dei coefficienti stabiliti per le imposte sua redditi hanno effetto per gli atti pubblici formati, per le scritture private autenticate e gli atti giudiziari pubblicati o emanati dal decimoquinto giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti ministeriali con i quali tali coefficienti vengono modificati, nonche' per le scritture private non autenticate che saranno presentate per la registrazione da tale data. Peraltro, poiche' i contribuenti conservano la facolta' di non avvalersi del sopradescritto procedimento valutativo dichiarando nell'atto un valore o un corrispettivo inferiore a quello determinabile sulla base dei suddetti parametri, gli uffici, in tal caso, conservano il potere di rettifica e nell'accertare l'effettivo valore venale in comune commercio del bene non sono vincolati al limite risultante dai criterio catastale, ma potranno accertare valori superiori o anche inferiori, ove essi risultino tali dall'esame degli elementi che l'ufficio potra' acquisire ai sensi dell'articolo 51. Si fa presente, comunque, che il suddetto sistema valutativo non potra' essere adottato per gli immobili che non sono iscritti in catasto, anche se l'iscrizione e' gia' stata richiesta dagli interessati, ne' per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria. Occorre richiamare l'attenzione dei dipendenti uffici su quali siano gli strumenti urbanistici che, prevedendo la destinazione edificatoria di un terreno, comportino la non applicabilita' della disposizione di' cui al quarto comma dell'articolo 5. Tali strumenti, dunque, secondo la normativa vigente, vanno individuati nei piani regolatori generali, in quelli particolari, che costituiscono la derivazione diretta dei primi e, in mancanza di tali piani, nei programmi comunali di fabbricazione. E' peraltro da precisare che gli indicati strumenti urbanistici sono validi anche se adottati dai comuni, ma non ancora approvati dal competente organo regionale di controllo: i comuni, invero, fanno obbligatoriamente osservare i vincoli posti da tali provvedimenti. E' infine da ricordare, in merito alla problematica in questione che gli uffici nell'individuazione della natura agricola o meno dei terreni oggetto di valutazione troveranno ausilio anche nel disposto del secondo comma dell'articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n.47, giusta il quale gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati ne' trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata. Si precisa che la determinazione del valore non puo' essere operata per gli atti di cui agli articoli 44 e 45 del testo unico, dovendosi assumere come base imponibile, per l'articolo 44, se trattasi di vendita di beni immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all'asta pubblica, dal prezzo di aggiudicazione e, se trattasi di espropriazioni per pubblica utilita', o di altro atto della pubblica autorita', traslativi o costitutivi della proprieta' di beni immobili e di diritti reali sugli stessi, dall'ammontare definitivo dell'indennizzo, mentre per l'articolo 45, per quanto riguarda gli atti concernenti le concessioni su beni immobili di cui all'articolo 5 della parte prima della tariffa, nonche' per gli atti portanti trasferimento di beni immobili o di diritti reali sugli stessi da o ad amministrazioni dello Stato - con valore determinato dall'ufficio tecnico erariale, dall'ammontare del canone ovvero da quello del corrispettivo pattuito. Si chiarisce, altresi', che la disposizione innovativa di cui al quarto comma dell'articolo 52 e' applicabile anche agli atti di divisione di immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita. La norma, invero, non specifica la natura dell'atto concernente tali immobili, che, pertanto, puo' essere oltre che traslativa o costitutiva, puramente dichiarativa. Non sembra inutile sottolineare che le norme del quarto comma dell'articolo 52 non possono applicarsi agli atti di donazione, ne' alla determinazione del valore delle aziende o di complessi aziendali. Per completezza di argomento si richiama l'attenzione sulla circostanza che il testo unico in esame non ha confermato la norma con tenuta nell'articolo 50 del D.P.R. n.634 del 1972 la quale prevedeva la definizione dell'imponibile con l'adesione del contribuente prima che il procedimento di determinazione del valore venale fosse concluso con decisione definitiva. Pertanto, a partire dal 1° luglio 1986 gli accertamenti di maggior valore non potranno piu' essere definiti utilizzando l'istituto dell'adesione e cio' nemmeno per gli atti di data anteriore all'entrata in vigore del testo unico e conseguentemente le diverse disposizioni contenute nella circolare del 10 gennaio 1973, n.6 devono ritenersi superate. TITOLO QUINTO RISCOSSIONE DELL'IMPOSTA Il successivo titolo quinto disciplina, con gli articoli dal 54 al 61, le varie modalita' di riscossione dell'imposta in argomento. Anche su tale titolo ha inciso il legislatore delegato razionalizzando il sistema di riscossione. L'articolo 54, che sostanzialmente riproduce le norme contenute nel D.P.R. n.634 del 1972, con il terzo comma introduce una disposizione non prevista nel precedente ordinamento concernente le modalita' ed i termini di pagamento dell'imposta di registro' sugli atti giudiziari. La norma riveste particolare importanza perche' risolve, tenendo, peraltro conto dell'orientamento della Suprema Corte - espresso con la sentenza del 12 agosto 1932, n.4574 -, le problematiche di ordine tecnico-giuridico concernenti il surriportato istituto. Si deve premettere che in vigenza del D.P.R. n.634 del 1972 era stato previsto, in via generale, che il pagamento dell'imposta di registro dovesse essere effettuato entro venti giorni dalla data di stipulazione dell'atto quale evento ben preciso dal punto di vista cronologico. Esso pero' non poteva essere assunto come spazio temporale utilizzabile anche per la registrazione degli atti giudiziari, diversi dai decreti di trasferimento emanati nei procedimenti esecutivi e dagli atti ricevuti dai cancellieri, per il fatto che in essi esiste una scissione fra il momento della formazione dell'atto e quello in cui lo stesso assume una giuridica rilevanza per effetto della pubblicazione o emanazione. Inoltre si deve ricordare come i soggetti tenuti alla richiesta della registrazione (cancellieri e segretari) non fossero anche obbligati al contestuale pagamento dell'imposta, che era dovuta dai soggetti interessati. Pertanto, mentre tali soggetti non sempre potevano essere tempestivamente informati dell'avvenuta richiesta di registrazione, gli uffici, in mancanza di una precisa disposizione legislativa, ritenevano che il pagamento dell'imposta dovesse essere effettuato entro venti giorni dalla data di pubblicazione della sentenza e, in caso di ritardo, applicavano la pena pecuniaria di cui all'articolo 67 del previgente decreto: di qui il prodursi di incertezze ed anche di notevole contenzioso. Con la nuova disciplina di tutto l'istituto, fermi restando, in via generale, i termini temporali per la richiesta di registrazione, il legislatore ha inteso ovviare alla precedente carenza normativa prevedendo che il pagamento del tributo per atti giudiziari della specie debba avvenire con le stesse modalita' e gli stessi termini stabiliti per gli atti che vengono sottoposti a registrazione d'ufficio. Pertanto, in presenza di tali richieste di registrazione, l'ufficio dovra' invitare, con apposto avviso di liquidazione, gli interessati a procedere, entro sessanta giorni dalla notifica dell'avviso stesso, al pagamento dell'imposta principale e, soltanto ove i contribuenti non ottemperino a tale invito, potra' procedere al recupero coattivo dell'imposta ed all'erogazione della dovuta soprattassa per ritardato pagamento. Con il quarto comma viene precisato che, in mancanza del pagamento del tributo o in mancanza del deposito per differimento della liquidazione del tributo, si puo' procedere alla registrazione d'ufficio a norma dell'articolo 15 lettere a) e b). Sembra opportuno ricordare che tale procedura deve essere eseguita anche nel caso in cui il contribuente, dopo aver effettuato il deposito, non lo integri nel termine di legge secondo la richiesta che gli deve essere fatta dall'ufficio. Infatti, se il contribuente ha adempiuto alla richiesta di deposito non adeguandolo alla successiva richiesta dell'ufficio, si rendera' inadempiente al pagamento del tributo e, pertanto, le norme del quarto comma saranno applicabili anche in tal caso. Relativamente alle modalita' di riscossione dell'imposta va rilevato l'espresso richiamo, inserito nell'ultimo comma dell'articolo 55, alle disposizioni legislative che regolano l'applicazione degli interessi di mora quale obbligazione accessoria al tributo. E' appena il caso di ricordare che l'articolo 1 della legge 26 gennaio 1961, n.29, integrato dall'articolo 1 della legge 18 aprile 1978, n.130, dispone che "sulle somme dovute all'Erario per tasse e imposte indirette sugli affari si applicano gli interessi moratori nella misura semestrale del 6% da computarsi per ogni semestre compiuto". Gli interessi in parola si computano (articolo 2 della citata leege) dai giorno in cui il tributo e' divenuto esigibile ai sensi delle vigenti disposizioni, salvo che non si tratti (articolo 3 della ripetuta legge) di formalita' o autotassazioni omesse o di denunce insufficienti o mancate, nel qual caso il computo si effettua "dal giorno in cui la tassa o l'imposta sarebbe stata dovuta se la formalita' fosse stata eseguita o l'autotassazione effettuata o la denuncia presentata in forma completa o fedele". In ordine, poi, alla decorrenza degli interessi con particolare riferimento alle imposte complementari, l'articolo unico della legge 28 marzo 1962, n. 147, ha precisato - in via interpretativa - che il relativo momento coincide col "giorno in cui, per essere sorto il rapporto tributario, e' dovuto il tributo principale". L'articolo 56, a differenza dell'articolo 54 del D.P.R. n.634 del 1972, si pone in sintonia con le disposizioni che regolano le modalita' di riscossione per le imposte sul valore aggiunto e sul reddito delle persone fisiche, nelle ipotesi in cui il contribuente abbia prodotto ricorso dinanzi alle commissioni tributarie avverso la richiesta di pagamento del tributo effettuata dall'amministrazione finanziaria. La norma raggiunge, indirettamente, anche la finalita' di scoraggiare l'indiscriminata presentazione di ricorsi da parte di contribuenti al solo scopo di ritardare l'obbligo tributario con conseguente aggravio di lavoro per gli uffici ed eventuale perdita di gettito. Resta confermato nella citata disposizione che, per quanto concerne l'imposta di registro, la riscossione, in presenza di ricorso del contribuente e' sospesa solo se trattasi di richiesta di pagamento dell'imposta complementare, per il maggior valore accertato dall'ufficio ovvero di imposta suppletiva. Per comodita' dei dipendenti uffici, si esemplificano, qui di seguito, i criteri di riscossione, in pendenza di giudizio, dell'imposta complementare: a) immediata riscossione dell'imposta ccrrispendenta ad un terzo del valore accertato dall'ufficio, previa detrazione delle somme gia' riscosse a titolo di imposta principale; b) riscossione dell'imposta corrispondente ai due terzi del valore stabilito dalla commissione tributaria di primo grado, sempre al netto delle somme gia' complessivamente riscosse; c) riscossione dell'intera imposta complementare sempre al netto delle somme gia' eventualmente riscosse, che risulti ancora dovuta in relazione al valore deciso dalla commissione tributaria di secondo grado. Per chiarire ulteriormente il sistema di riscossione dell'imposta dovuta a norma del primo comma dell'articolo 56 si formula il seguente esempio, supponendo per comodita' di calcolo che il valore dichiarato in atto per un fabbricato sia stato di 30 milioni di lire, che il valore accertato dall'ufficio sia stato di 180 milioni di lire e che le aliquote applicabili ammontino complessivamente al 10 per cento: a) a seguito del ricorso alla commissione tributaria di primo grado, l'ufficio dovra' riscuotere un'imposta di 3 milioni di lire e cioe': 6 milioni di lire (10 per cento di 60 milioni di lire che costituiscono un terzo di 180 milioni di lire, valore accertato) meno 3 milioni di lire (somma pagata al momento della registrazione dell'atto); b) dopo la decisione di primo grado, nell'ipotesi in cui la stessa riduca il valore accertato a 150 milioni di lire, l'ufficio dovra' riscuotere un'imposta di 4 milioni di lire e cioe': 10 milioni di lire (10 per cento di 100 milioni che costituiscono i due terzi dei 150 milioni di lire accertati dal giudice tributario) meno 3 milioni di lire (gia' riscossi a titolo di imposta principale) meno 3 milioni di lire (gia' riscossi anteriormente alla decisione di primo grado); c) qualora, poi, la commissione tributaria di secondo grado riduca ulteriormente il valore accertato a 120 milioni di lire, l'ufficio dovra' percepire un'imposta di 2 milioni di lire e cioe': 12 milioni di lire (10 per cento del valore deciso dalla detta commissione) meno 3 milioni di lire (gia' riscossi a titolo di imposta principale) meno 3 milioni di lire (gia' riscossi in pendenza del giudizio di primo grado) meno 4 milioni di lire (gia' riscossi a seguito della decisione di primo grado). Nell'ambito delle descritte modalita' di acquisizione all'Erario dell'imposta complementare sul maggior valore accertato dagli uffici del registro, si rileva come la lettera a) del primo comma dell'articolo in esame temperi ragionevolmente il rigore della nuova procedura riconoscendo all'Intendente di Finanza, ove ricorrano gravi motivi, il potere di sospendere la riscossione dell'imposta dovuta ai sensi della stessa norma fino alla decisione della commissione tributaria di primo grado. Data la formulazione della norma si suggerisce che, nell'emanare il provvedimento sospensivo, si tenga conto di particolari motivi obiettivi che possano giustificare l'adozione del provvedimento stesso. In altri termini, l'Intendente potra' sospendere, fra l'altro, la suddetta riscossione quando potra' rilevare "ictu oculi" che gli uffici abbiano effettuato, sia pure per motivi di ordine tecnico-pratico, accertamenti recanti valori notevolmente superiori a quelli venali in comune commercio degli immobili o delle aziende oggetto dei trasferimenti o delle costituzioni dei diritti reali ad essi riferiti. In via esemplificativa, si ritiene che sussistono i presupposti per la sospensione della riscossione anche nei casi in cui si sia in presenza di errori materiali (come l'errata individuazione catastale del cespite) o di fatto (come l'errata indicazione della consistenza dei beni trasferiti). Non sembra opportuno, invece, che vengano presi in considerazione, ai fini della concessione della sospensione, motivi personali che non permettono al contribuente di assolvere il proprio obbligo tributario, come ad esempio quelli relativi alla sua momentanea difficolta' finanziaria. Degna di rilievo appare, altresi', nel contesto della presente parte normativa dell'articolo 56, la nuova disposizione che riconosce al contribuente il diritto al rimborso della maggiore imposta di registro pagata in relazione all'esito di ciascuno dei gradi del giudizio. Infatti, in base alle decisioni delle commissioni di primo o di secondo grado, l'ufficio dovra' procedere al rimborso di quella parte di imposta, provvisoriamente corrisposta in applicazione delle norme in parola, che risulti non dovuta a seguito delle decisioni dei predetti organi. Per quanto concerne la successiva lettera b) del primo comma, relativa alla riscossione delle imposte suppletive, la norma in esame, nel confermare quanto stabilito dalla corrispondente disposizione contenuta nella precedente normativa, e cioe' che tali imposte sono riscosse per intero solo dopo la decisione della commissione tributaria centrale o della corte d'appello, aggiunge colmando una lacuna della previgente normativa, la fattispecie secondo la quale le imposte stesse devono essere riscosse comunque dopo l'ultima decisione non impugnata. Relativamente al secondo comma dell'articolo 56, il quale prevede, fra l'altro, che oltre alle imposte dovute a seguito delle decisioni emesse dalle commissioni tributarie, nei vari gradi del giudizio, i contribuenti devono corrispondere, i relativi interessi di mora, e' appena il caso di evidenziare come, per converso, ai contribuenti stessi spettino gli interessi di mora sulle somme che eventualmente dovranno essere rimborsate agli stessi in forza delle decisioni in parola. Nei quarto comma dell'articolo 56 viene chiarito che nel richiamo al Regio decreto 14 aprile 1910, n.639, che disciplina il procedimento per la riscossione coattiva delle somme dovute dai contribuenti, deve comprendersi anche l'articolo 2 dello stesso decreto e che il procedimento coattivo vale anche per la riscossione degli interessi di mora. Il sesto comma dell'articolo 57, in deroga al principio di solidarieta' passiva tra i soggetti intervenuti in un atto, prevede che, nelle ipotesi in cui l'atto stesso contenga piu' convenzioni non necessariamente connesse, ne' derivanti le une dalle altre, le parti intervenute sono responsabili per il pagamento dell'imposta complementare o suppletiva con riferimento esclusivo alle convenzioni che le riguardano direttamente. La norma cosi' formulata, nel codificare un principio costantemente affermato dalla Corte di Cassazione, che aveva appunto escluso la solidarieta' dei partecipanti ad un atto per le imposte afferenti convenzioni delle quali non erano parti, specifica che tale esclusione riguarda soltanto l'imposta complementare e quella suppletiva. Viene quindi sgombrato il campo dal dubbio che i soggetti sopraindicati siano esclusi dall'obbligo solidale del pagamento anche per quanto concerne l'imposta principale. Con il settimo comma viene confermato il principio, gia' consacrato nel preesistente articolo 55 del D.P.R. n.634 del 1972 - secondo il quale lo Stato non puo' essere soggetto passivo d'imposta - precisando che quest'ultima grava comunque ed esclusivamente sulle parti che con lo Stato stesso abbiano stipulato il contratto. E' tuttavia da rilevare che il rigore di tale disposizione viene attenuato ora da quanto previsto nell'ultima parte del settimo comma dell'articolo in esame, in ordine alle ipotesi di registrazione volontaria richiesta direttamente dalle amministrazioni dello Stato. Tale soluzione e' giustificata dalla considerazione che non puo' farsi carico al soggetto, che non ha alcun interesse alla registrazione del contratto, di corrispondere un tributo che allo stesso contratto si riferisce quando la richiesta della formalita' e' avvenuta per volonta' e nell'interesse dell'altra parte contraente. Ne consegue che, pur nel silenzio della legge, quando gli atti vengono presentati volontariamente alla registrazione, in sintonia con quanto disposto dall'ottavo comma dell'articolo in esame, l'ufficio dovra' eseguire la registrazione gratuita dei contratti in parola. Nell'articolo 59, che regola la registrazione a debito, e' stata aggiunta, alle fattispecie previste dall'articolo 57 del D.P.R. n.634 del 1972, la lettera d) relativa alle sentenze portanti condanna al risarcimento del danno susseguente a fatti che costituiscono reato. Il motivo dell'introduzione di tale norma si basa non su principi di carattere tributario, bensi' su considerazioni etico-morali, in quanto il legislatore ha ritenuto di non dover gravare il danneggiato dal reato di ulteriori spese, considerato, peraltro, che il recupero del credito cui di regola si riferisce l'imposta da pagare si appalesa spesso aleatorio. Pertanto gli uffici, che riceveranno dai cancellieri le sentenze di cui sopra, procederanno alla registrazione a debito, con le modalita' di cui al successivo articolo 60, ma, ai sensi del secondo comma di tale ultimo articolo, procederanno al recupero dell'imposta prenotata soltanto nei confronti della parte obbligata al risarcimento, dovendosi considerare anche per questa fattispecie non applicabile il principio della solidarieta' di cui al precedente articolo 57. Degna di rilievo, infine, e' la circostanza che il medesimo secondo comma dell'articolo 60 stabilisce che nelle sentenze di cui alla lettera d) dell'articolo precedente deve sempre essere indicata la parte obbligata al risarcimento del danno. Cio' al fine di facilitare l'ufficio nel cennato recupero dell'imposta prenotata a debito. TITOLO SESTO DISPOSIZIONI VARIE Il titolo sesto detta alcune norme di carattere generale e sancisce alcuni obblighi non solo degli uffici dipendenti dalla Direzione Generale delle Tasse e delle Imposte Indirette sugli Affari, ma anche di pubbliche amministrazioni, nonche' di pubblici, ufficiali, per la corretta applicazione del tributo di registro. Degne di rilievo sono le modifiche apportate alle precedenti disposizioni dagli articoli 65, 66 e 68. L'articolo 65 appare razionalizzato rispetto al corrispondente articolo 63 del precedente decreto. Gia' l'intitolazione dell'articolo stesso, che e' stata modificata rispetto alla precedente formulazione "divieto di allegare o enunciare atti non registrati" in "divieti relativi agli atti non registrati", introduce una piu' ampia disamina dei divieti nei confronti dei soggetti sopraindicati, divieti che non si limitano a quelli relativi alla allegazione ed alla enunciazione degli atti non registrati. L'inciso iniziale del primo comma dell'articolo 63 del D.P.R. n.634 del 1972 ("salvo il disposto degli articoli 2669 e 2836 del codice civile") e' stato trasfuso in un apposito comma (il quinto) di nuova formulazione. La diversa collocazione di tale disposizione non ha un carattere soltanto sistematico, ma serva ad eliminare qualche perplessita' sorta in sede di applicazione del D.P.R. n.634 del 1972. Infatti, poiche' nel secondo comma del previgente articolo 63, che poneva, fra l'altro, il divieto per gli impiegati dell'amministrazione dello Stato di ricevere in deposito o di assumere a base dei loro provvedimenti atti soggetti a registrazione in termine fisso e non registrati, non era ripetuto l'inciso sopra richiamato, era sorto il dubbio che la mancanza del medesimo inciso precludesse, ad esempio, al conservatore dei registri immobiliari di trascrivere atti non registrati. Ora tale dubbio e' stato eliminato essendo stato esplicitamente stabilito, nel quinto comma dell'articolo 65, che rimane fermo il disposto degli articoli 2669 e 2836 del codice civile per gli atti da trascrivere o iscrivere nei registri immobiliari. Ulteriore effetto della suaccennata razionalizzazione delle disposizioni contenute nell'articolo 63 del D.P.R. n.634 del 1972 e' lo sdoppiamento in due distinti commi (il secondo ed il terzo dell'articolo 65) delle disposizioni di cui al secondo comma dello stesso articolo 63. Il divieto posto, dal ripetuto secondo comma dell'articolo 63, a carico degli impiegati dell'amministrazione dello Stato, degli enti pubblici territoriali e dei rispettivi organi di controllo, di ricevere in deposito o di assumere a base dei loro provvedimenti atti soggetti a registrazione in termine fisso e non registrati e' stato, dunque, confermato dal secondo comma dell'articolo 65. Peraltro, in coordinamento con la disposizione introdotta dalla lettera e) del secondo comma del successivo articolo 66, e' stato previsto che il divieto in parola non operi in p.esenza di copie di atti che il pubblicc ufficiale e' tenuto per legge a depositare presso pubblici uffici. Il divieto posto, sempre dal richiamato secoecio comma dell'articolo 63 del D.P.R. n.634 del 1972, a carico degli impiegati sopra individuati, di ricevere in deposito o di assumere a base dei loro provvedimenti atti soggetti a registrazione in caso d'uso e' stato, poi, eliminato e la nuova disposizione collocata nel terzo comma dell'articolo 65. Quest'ultimo, invero, prevede che gli impiegati indicati nel comma precedente possono ricevere in deposito atti soggetti a registrazione in caso d'uso e assumere gli atti depositati a base dei loro provvedimenti, ma sono tenuti a trasmettere gli atti stessi in originale o in copia autenticata all'ufficio del registro ai fini della registrazione d'ufficio. In coerenza con quanto stabilito dalla seconda parte della lettera e) del primo comma dell'articolo 15 la richiesta per la registrazione d'ufficio deve essere fatta in tali casi dal direttore dell'ufficio del registro cui vengono trasmessi gli atti da registrare in caso d'uso. Il quarto comma dell'articolo 65 recependo il disposto del primo comma dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1982, n.947, dispone che gli impiegati delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e gli impiegati addetti alla tenuta di albi previsti dalle vigenti leggi non possono procedere all'iscrizione di societa' nell'anagrafe delle ditte o negli albi se non venga prodotto l'atto scritto e registrato da cui risulti la costituzione della societa'. La norma di cui al sesto comma dell'articolo in esame ribadisce, anzitutto, che i divieti di cui al primo e al secondo comma dello stesso articolo non si applicano per gli atti allegati alle citazioni, ai ricorsi e agli scritti defensionali o comunque prodotti o esibiti davanti a giudici e ad arbitri, ne per quelli indicati nei provvedimenti giurisdizionali o nei lodi arbitrali. Peraltro, la medesima norma dispone che, quando il provvedimento o il lodo sono stati emessi in base a tali atti, questi ultimi devono essere inviati, unitamente con il provvedimento o con il lodo, a cura del cancelliere o del segretario competente, all'ufficio del registro il quale provvedera' a registrarli ai sensi dell'articolo 15. Peraltro, proprio al fine di rendere possibile la registrazione d'ufficio degli atti in base ai quali e' stato emesso il lodo arbitrale, il medesimo sesto comma dell'articolo 65 stabilisce che la parte interessata all'esecutivita' del lodo deve depositare tali atti nella cancelleria della pretura unitamente al lodo stesso. La norma e' in sintonia con il dettato della legge 9 febbraio 1983, n.28, secondo la quale soltanto se la parte interessata intende far eseguire il lodo questo deve essere depositato in cancelleria: la richiesta di esecutivita' del lodo, invero, e' volontaria. Una volta, pero', richiesto ed ottenuto dal pretore il provvedimento che rende esecutivo il lodo arbitrale, l'obbligo della registrazione in termine fisso di tale provvedimento deriva dall'articolo 37, che disciplina la registrazione degli atti dell'autorita' giudiziaria, e deve essere adempiuto, nel termine sancito dall'articolo 13, con tutte le conseguenze circa il pagamento delle imposte dovute e delle penalita' applicabili per gli atti depositati. In coerenza con le disposizioni del precedente comma, l'ultimo comma dell'articolo 65 stabilisce che gli atti in base ai quali sono stati emessi i provvedimenti giurisdizionali non soggetti a registrazione, indicati nella tabella allegata al testo unico, devono essere inviati all'ufficio del registro per la liquidazione delle imposte dovute, a cura del cancelliere o del segretario, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione degli stessi. Per quanto concerne l'articolo 66 e' da rilevare come, al secondo comma, siano stati aggiunti due temperamenti ai divieti di cui al precedente comma, relativamente alle copie degli atti occorrenti per l'approvazione od omologazione ed alle copie di atti che il pubblico ufficiale e' tenuto per legge a depositare presso pubblici uffici. Il primo comma dell'articolo 68 stabilisce che i soggetti obbligati alla tenuta del repertorio devono presentare il repertorio stesso all'ufficio del registro, per il controllo a termini di legge, entro il mese successivo a ciascun quadrimestre solare, nei giorni indicati dal medesimo ufficio. La norma modifica il contenuto del corrispondente primo comma dell'articolo 66 del D.P.R. n.634 del 1972 il quale prevedeva che il repertorio dovesse essere presentato all'ufficio ogni quattro mesi. Con il nuovo articolo 68 il legislatore intende ora dare un maggiore ordine al controllo dei repertori, stabilendo che lo stesso deve avvenire in mesi fissi e in giorni opportunamente prefissati. Sara', pertanto, cura dell'ufficio stabilire i giorni della presentazione del repertorio; resta, comunque, inteso che nessuna responsabilita' puo' essere addossata ai pubblici ufficiali se l'ufficio non porta a loro conoscenza, anche mediante affissione di appositi avvisi nei locali dell'ufficio aperti al pubblico, in quali giorni i repertori devono essere presentati per il controllo. TITOLO SETTIMO SANZIONI Il titolo settimo prevede, negli articoli che vanno dal 69 al 75, le sanzioni che vengono comminate per l'inosservanza delle norme contenute dal testo unico. Il primo comma dell'articolo 69 riferisce, piu' puntualmente, la sanzione ai soggetti trasgressori degli obblighi cui l'articolo fa richiamo, conservando peraltro la misura della pena pecuniaria gia' prevista dall'articolo 67 del D.P.R. n.634 del 1972. Con il secondo comma dell'articolo 69, poi, e' stata elevata a 50 mila lire la misura della pena pecuniaria minima in coerenza con l'ammontare dell'imposta fissa, stabilita anch'essa nella stessa misura. Il primo comma dell'articolo 71, recependo un orientamento dell'amministrazione finanziaria, ha inteso porre fine ai dubbi derivanti dalla non chiara normativa di cui al primo comma dell'articolo 69 del ricordato D.P.R. n.634 del 1972. E' stato quindi esplicitamente disposto che l'individuazione del presupposto per l'applicazione della pena pecuniaria per insufficiente dichiarazione del valore degli immobili, delle aziende e dei relativi diritti reali va ricercato nella circostanza che il valore definitivamente accertato, ridotto di un quarto, superi quello dichiarato dalle parti. E' stato, peraltro, inserita nella seconda parte del primo comma dell'articolo 71 una disposizione in base alla quale, qualora l'immobile sia suscettibile di valutazione con il criterio previsto dal quarto comma dell'articolo 52, e tale criterio non sia stato utilizzato, la pena pecuniaria per l'insufficiente dichiarazione di valore e' sempre applicabile, anche nella ipotesi in cui la differenza fra il valore definitivamente accertato e quello dichiarato non sia superiore al quarto. La norma intende scoraggiare il contribuente dai dichiarare valori minori rispetto a quelli desumibili dai dati catastali ai soli fini dilatori del pagamento dell'imposta; pertanto, si suggerisce agli uffici di provvedere rei casi in argomento alla irrogazione della pena pecuniaria con lo stesso atto con il quale viene liquidata tale imposta. Come nel secondo comma dell'articolo 69, il Legislatore ha adeguato agli attuali valori monetari la pena pecuniaria minima prevista nel primo comma dell'articolo 73 e nel terzo e quarto comrna dell'articolo 74, elevundola da 10 mila lire a 50 mila lire. Parimenti la pena pecuniuria massima di cui al quarto comma dello stesso articolo 74 e' stata aumentata da 50 mila a 200 mila lire. Il secondo comma dell'articolo 75, nel confermare che nella determinazione della misura della pena pecuniaria l'ufficio del registro deve tener conto della gravita' del danno o del pericolo cagionato all'erario e della personalita' dell'autore della violazione desunta dai suoi precedenti, non fa piu' riferimento alla circostanza che debbono essere tenute presenti anche le condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell'autore della violazione, circostanza esplicitamente prevista dal secondo comma dell'articolo 73 del D.P.R. n.634 del 1972, considerata l'estrema difficolta' di valutare tali dati in relazione alla registrazione degli atti. TITOLO OTTAVO DECADENZA E PRESCRIZIONE Gli articoli 76, 77 e 78, che sostanziano il titolo ottavo, regolano gli istituti della decadenza e della prescrizione in materia di imposta di registro, sia per quanto concerne il diritto dell'amministrazione a richiedere il pagamento del tributo e dei relativi accessori ai contribuenti, sia per quanto riguarda il diritto dei contribuenti stessi a richiedere la restituzione delle imposte indebitamente corrisposte. Il legislatore delegato, nel regolare la soggetta materia, ha lasciato quasi completamente inalterate le norme contenute nel titolo ottavo del D.P.R. n.634 del 1972, cercando peraltro di apportare modifiche le quali, piu' che incidere nella sostanza, risolvessero dubbi interpretativi sorti in costanza della previgente disciplina. L'articolo 76, relativo alla decadenza dell'azione della Finanza indica, nel primo comma, con maggiore chiarezza, il termine iniziale di decadenza anche per gli atti soggetti a registrazione in caso d'uso. Infatti, mentre l'articolo 74 del D.P.R. n.634 del 1972 individuava soltanto negli atti da registrare in termine fisso quelli cui la decadenza si riferiva, la nuova norma fa richiamo all'articolo 5 e cioe' anche a quelli da registrare in caso d'uso. La stessa norma stabilisce, piu' in particolare, il "dies a quo" della decadenza dell'azione dell'amministrazione per alcune fattispecie previste dall'articolo 15 del testo unico in esame. Escluso il richiamo alle lettere a) e b) del primo comma in quanto, trattando le stesse la registrazione d'ufficio per atti pubblici e scritture private, il termine iniziale di decadenza si trova gia' indicato nella prima parte dell'articolo 76, la norma individua il "dies a quo" della decadenza per le fattispecie che per maggior chiarezza, qui di seguito si riportano: - riguardo ai contratti verbali di locazione o affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite e per le operazioni di societa' ed enti esteri, dal momento in cui, in difetto di prova diretta, la relativa esistenza sia emersa da presunzioni gravi, precise e concordanti; - riguardo ai contratti verbali di trasferimento e di affitto di aziende esistenti nel territorio dello Stato e di costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento sulle stesse e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, dal momento in cui, in mancanza della prova diretta la loro esistenza risulti, continuando nello stesso locale o in parte di esso la stessa attivita' commerciale, da cambiamenti nella ditta, nell'insegna o nella titolarita' dell'esercizio ovvero da altre presunzioni gravi, precise e concordanti; - riguardo agli atti soggetti a registrazione in termine fisso rispetto ai quali e' intervenuta la decadenza di cui allo stesso primo comma dell'articolo 76, e per gli atti soggetti a registrazione in caso d'uso ai sensi dell'articolo 6, dal momento in cui siano depusitat; a norma di tale ultimo articolo. L'articolo 77 presenta alcune modifiche rispetto all'articolo 75 del D.P.R. n.634 del 1972. Il primo comma, infatti, e' stato completato mediante la menzione della pena pecuniaria e degli interessi. La mancata previsione della pena pecuniaria nel precedente testo di legge creava non poche difficolta' interpretative, soprattutto in considerazione che l'analogo articolo 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.635, concernente la disciplina dell'imposta ipotecaria, portava l'indicazione anche della suddetta sanzione. Data l'intima connessione dei due tributi si era creata una notevole perplessita' circa la decorrenza del termine per chiedere il rimborso ove fosse stata corrisposta una pena pecuniaria non dovuta. Parimenti chiarificatrice risulta la menzione degli interessi in quanto, seppure gli stessi seguano di regola la sorte del tributo, pur tuttavia non e' infrequente il caso che essi possano essere richiesti in restituzione indipendentemente dalla domanda di rimborso del tributo ove oggetto della vertenza sia soltanto la debenza o la decorrenza degli interessi stessi. Sotto il profilo soggettivo la norma ha precisato che il termine di decadenza in essa contenuto riguarda non soltanto il contribuente che ha maturato il diritto al rimborso, bensi' anche tutti coloro nei confronti dei quali la sanzione e' stata applicata. Appare chiaro, quindi, anche se non esplicitamente espresso, il riferimento ai trasgressori delle norme contenute nella legge di registro, indicate nell'articolo 73 e nel secondo e terzo comma dell'articolo 74. Altra ipotesi presa ora in considerazione e' quella relativa al rimborso dell'imposta complementare a seguito delle decisioni delle commissioni tributarie di primo e secondo grado quando il contribuente abbia corrisposto parte del tributo ai sensi della norma introdotta dal primo comrna, lettera a), dell'articolo 56. Nella cennata ipotesi il termine di decandenza triennale del diritto a rimborso decorre dalla data in cui al contribuente e' stata notificata la decisione della commissione tributaria. Il terzo comma dell'articolo 77, nel riprodurre con modifiche il disposto del secondo comma dell'articolo 75 del D.P.R. n.634 del 1972, non fa piu' riferimento al termine entro il quale la domanda di rimborso puo' essere considerata respinta nel caso di silenzio dell'amministrazione, ma e' ovvio che sull'argomento si applicano le disposizioni di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n.636, come modificato dal D.P.R. 3 novembre 1961, n.739, che disciplina il contenzioso tributario. L'articolo 77 e' completato poi dal richiamo, relativamente agli interessi di mora spettanti al contribuente sulle somme rimborsate, alle disposizioni regolatrici degli interessi stessi e cioe' alla legge 26 gennaio 1961, n.29 e alle successive modificazioni ed integrazioni. TITOLO NONO DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Il titolo nono riguarda (articoli 79, 80 e 81) le disposizioni transitorie e finali. Premesso che il testo unico, pubblicato nel supplemento della Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 1986,entra in vigore il 1° luglio 1986, si precisa che la lunga "vacatio legis" e' in attuazione della norma contenuta nel secondo comma, ultima parte, dell'articolo 1 della legge 12 aprile 1984, n.68, la quale prevede che le disposizioni relative ai testi unici diversi da quelli riguardanti l'imposta sul valore aggiunto, l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e l'accertamento delle imposte sui redditi devono essere emanate almeno sessanta giorni prima della loro entrata in vigore. Tale lunga "vacatio legis" ha comportato l'insorgere di vari problemi cui le disposizioni contenute nell'articolo 79 del testo unico intendono dare soluzione. La prima parte del primo comma dell'articolo 79 stabilisce che le disposizioni contenute nel testo unico e nei relativi allegati modificative, correttive o integrative di quelle contemplate nel D.P.R. n.634 del 1972 si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati e alle scritture private autenticate, a decorrere dal 10 luglio 1086, nonche' alle scritture private non autenticate e alle denunce presentate per la registrazione decorrere dalla stessa data. In tal modo il legislatore ha preliminarmente chiarito che tutte le norme comunque modificative di quelle contenute nel D.P.R. n.634 del 1972 hanno efficacia dall'entrata in vigore del testo unico che le contiene, salvo quanto si dira' appresso a proposito delle disposizioni piu' favorevoli e di quelle contenute nell'articolo 80. Tale scelta e' stata soprattutto determinata dall'intento di evitare l'insorgere di controversie circa la natura dichiarativa o innovativa delle disposizioni comunque modificative, correttive o integrative contenute nel testo unico rispetto alle precedenti. Risulta quindi normativamente sancito che la legge applicabile alle singole fattispecie impositive previste negli atti pubblici, negli atti giudiziari e nelle scritture private autenticate, e' quella vigente alla data di formazione di tali atti e non alla data della loro registrazione, mentre per le scritture private non autenticate e' applicabile il regime tributario in vigore al momento della registrazione. Si deve anche evidenziare che gli atti soggetti ad approvazione od omologazione da parte della pubblica amministrazione o dell'autorita' giudiziaria ordinaria e quelli che non possono avere esecuzione senza che sia trascorso l'intervallo di tempo fissato dalla legge (articolo 14, primo comma, del testo unico), anche se formati o registrati prima dell'entrata in vigore del testo unico, sono soggetti alle nuove disposizioni se l'approvazione o l'omologazione sono intervenute dopo tale data oppure se gli atti suddetti sono divenuti eseguibili successivamente a tale data. Cio' deriva dal principio di cui al settimo comma dell'articolo 26 del D.P.R. n.634 del 1972, principio confermato dal quinto comma dell'articolo 27 del testo unico,giusta il quale per gli atti sopracitati l'imposta proporziona-le e' dovuta secondo le disposizioni vigenti al momento dell'approvazione, dell'omologazione o della eseguibilita' degli atti stessi. Del pari si deve desumere dal combinato disposto della prima parte dell'articolo in esame e dell'articolo 39, relativo agli atti soggetti a registrazione in caso d'uso, che rientrano nella sfera di applicazione delle nuove disposizioni anche gli atti indicati nella parte seconda della tariffa allegata al D.P.R. n.634 del 1972 formati in data anteriore al 1° luglio 1986 ma registrati dopo tale data. Cio' in quanto il menzionato articolo 39, nel considerare come fatto generatore del tributo l'uso che di detti atti si fa, stabilisce che agli stessi devono comunque applicarsi le disposizioni vigenti al momento della richiesta di registrazione, disposizioni che nel caso di specie sono, appunto, quelle contenute nel testo unico in argomento. La seconda parte del primo comma dell'articolo 79 prevede una deroga al suaccennato principio generale dell'irretroattivita' delle disposizioni modificative, correttive o integrative contenute nel testo unico. Viene stabilito che se tali disposizioni sono per i contribuenti piu' favorevoli di quelle contenute nel D.P.R. n.634 del 1972 esse hanno effetto - alle condizioni e nei limiti di seguito illustrati - anche per gli atti pubblici, per gli atti giudiziari, per le scritture private, autenticate o non, e per le denunce anteriori al 1° luglio 1986. Fra le norme piu' favorevoli viene ricompresa quella di cui al quarto comma dell'articolo 52, concernente la valutazione degli immobili, per la quale si ritiene necessario un piu' approfondito esame di cui si dira' appresso. Le condizioni previste per l'applicazione retroattiva delle disposizioni piu' favorevoli ai contribuenti sono due, entrambe riferite al l° luglio 1986: a) che a tale data sia pendente uni controversia relativa alla tassazione degli atti, delle scritture e delle denunce sopra richiamati; b) ovvero che alla data stessa non sia ancora decorso il termine di decadenza previsto dall'articolo 74 del D.P.R. n.634 del 1972, per il recupero da parte dell'amministrazione dell'imposta dovuta per tali atti. In presenza di tali condizioni le disposizioni piu' favorevoli ai contribuenti hanno effetto per le definizione delle controversie pendenti nella prima ipotesi ovvero costituiscono, nella seconda ipotesi,normativa di riferimento di cui gli uffici devono tener conto nell'azione di recupero delle imposte nei confronti di atti stipulati o autenticati prima dell'entrata in vigore del testo unico o di scritture o denunce presentate o che avrebbero dovuto essere presentate per la registrazione prima della suddetta data. In stretta connessione con le richiamate condizioni e' anche il limite, presente nell'ultima parte del secondo periodo del primo comma del ripetuto articolo 79, in ordine alla possibilita' di rimborso. Il legislatore, infatti, prevedendo che dall'applicazione delle norme piu' favorevoli ai contribuenti potessero scaturire rimborsi di somme da questi gia' pagate in precedenza, ha posto un limite a tali possibilita' di rimborso. E' staio stabilito infatti che i rimborsi potranno essere effettuati a favore di quei contribuenti che abbiano contestato l'applicazione delle previgenti disposizioni o comunque abbiano avanzato istanza di rimborso sempreche', in tale ultimo caso, alla data del 1° luglio 1986, sia ancora pendente il termine di decadenza a favore dell'amministrazione finanziaria. In mancanza dell'una o dell'altra delle condizioni di cui alle precedenti lettere a) e b) non si dovra' procedere ad alcun rimborso di imposta. Circa il concetto di controversia pendente si precisa che deve essere considerata tale, oltre a quella derivante da una impugnativa gia' proposta dal contribuente contro l'accertamento tributario effettuato dall'ufficio (ad esempio, avviso di accertamento di maggior valore, ingiunzione di pagamento), anche quella derivante da provvedimenti notificati prima del 1° luglio 1986 e per i quali alla data stessa penda ancora il termine per l'impugnativa. Per quanto poi riguarda la seconda condizione prevista dall'articolo 79 in commento per l'applicazione retroattiva delle disposizioni piu' favorevoli ai contribuenti - e cioe' che non sia decorso il termine di decadenza dell'azione dell'amministrazione - si chiarisce che tale condizione e' da ritenere realizzata ogni qual volta alla data di entrata in vigore del testo unico (1° luglio 1986) non siano ancora decorsi i termini, triennale o quinquennale, di decadenza previsti dall'articolo 74 del D.P.R. n.634 del 1972 per le due ipotesi di atto gia' registrato o di atto non ancora sottoposto a registrazione alla suddetta data e sia stata presentata istanza di rimborso entro il termina triennale di decadenza previsto dall'articolo 75 dello stesso D.P.R. n.634. Per quanto concerne, invece, gli atti sottoposti alla registrazione prima dell'entrata in vigore del testo unico, cioe' fino al 30 giugno 1986, e' appena il caso di precisare che le norme applicabili sono quelle previste dal D.P.R. n.634 del 1972 e dalle disposizioni successivamente emanate, anche se gli atti stessi sono stati formati o stipulati dopo il 30 aprile 1986, data di pubblicazione del testo unico. In tale ipotesi, peraltro, il contribuente avra' diritto al rimborso dell'imposta pagata, qualora entro la suddetta data del 30 giugno 1986 abbia presentato istanza di rimborso. Le norme piu' favorevoli ai contribuenti, inoltre, devono ritenersi applicabili anche agli atti stipulati prima del 10 luglio 1986, ma registrati a partire da tale data, salva l'applicazione - ove sussista ancora l'obbligo della registrazione - delle relative sanzioni nel caso di tardiva registrazione. A tali criteri gli uffici uniformeranno la loro azione sia per quanto riguarda le controversie pendenti, sia per l'esercizio dell'azione diretta a recuperi d'imposte che non trovano piu' fondamento alla luce delle nuove norme. Nel caso in cui dall'applicazione di tali criteri dovessero scaturire rimborsi a favore del contribuente gli stessi sono riconosciuti solo in caso di controversie pendenti al 30 giugno 1986 ovvero, in mancanza di controversia - e sempre che non sia ancora decorso il termine di decadenza dell'azione dell'amministrazione - qualora sia presentata, entro il 30 giugno 1946, domanda di rimborso ai sensi e nei termini di cui all'articolo 75 del D.P.R. n. 634 del 1972. Pertanto gli uffici prima di procedere ai rimborsi avranno cura di controllare che la domanda di rimborso sia stata presentata entro il 30 giugno 1986 e che alla stessa data non era ancora decorso il termine di scadenza previsto dall'articolo 74 del D.P.R. n. 634 del 1972. Un cenno particolare meritano gli atta registrati anteriormente al 10 luglio 1986 che contengono una condizione sospensiva, la quale si verifica a decorrere da tale data. In questa ipotesi l'imposta sara' liquidata con i criteri dettati dalla norma contenuta nel secondo comma dell'articolo 27 del testo unico, con l'avvertenza, peraltro, che anche in tale ipotesi saranno applicabili le nuove disposizioni, se piu' favorevoli al contribuente, a norma della disposizione contenuta nella seconda parte del primo comma dell'articolo 79 in quanto non puo' ritenersi ancora decorso il termine di decadenza dell'azione della Finanza. E' appena il caso di rilevare che le nuove disposizioni piu' favorevoli possono trovare applicazione, ricorrendone le condizioni generali gia' illustrate, anche limitatamente al criteri di tassazione di un atto il cui aspetto valutativo risulti gia' definito alla data di entrata in vigore del testo unico. Come si e' gia' rilevato il primo comma dell'articolo 79 prevede anche l'applicazione, se piu' favorevole, della nuova disciplina dettata dal quarto comma dell'articolo 52, sempre sussistendo una delle condizioni sopra ricordate (controversia pendente o permanere dell'azione dell'amministrazione per l'accertamento alla data di entrata in vigore del testo unico). Tale ultima norma limita la possibilita' dell'ufficio di rettificare i valori o i corrispettivi dichiarati qualora gli stessi risultino indicati nell'atto in misura uguale o superiore al parametro valutativo previsto dalla medesima norma. Il significato del richiamo della disposizione risiede essenzialmente nel fatto che, se i valori o i corrispettivi indicati nell'atto non risultano inferiori ai parametri valutativi, trovera' applicazione la disposizione contenuta nel quarto comma dell'articolo 52 e, pertanto, il rapporto sotto il profilo della valutazione non sara' oggetto di rettifica e, se la rettifica e' stata gia' notificata e pende controversia, la disposizione esplichera' effetto ai fini della definizione della controversia stessa. Anche sotto il profilo valutativo le relative, nuove disposizioni si riferiscono agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati e alle scritture private autenticate anteriormente al 1° luglio 1986, nonche' alle scritture private non autenticate e alle denunce registrate prima di tale data, a condizione, pero', che, alla ripetuta data, sia pendente controversia sul maggior valore accertato o non sia ancora decorso il termine di decadenza dell'azione della Finanza per l'accertamento del maggior valore dei beni o diritti di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 51. Esulano, peraltro, dall'applicazione della norma in parola tutti quegli atti, quelle scritture e quelle denunce relativamente ai quali gli accertamenti di maggior valore sono divenuti definitivi anteriormente al 10 luglio 1986, sia per acquiescenza delle parti interessate, sia per decisioni non piu' impugnabili o per sentenze passate in giudicato, sia per atti di adesione sottoscritti dai contribuenti. Resta inteso, peraltro, che ove i contribuenti abbiano dichiarato un valore o un corrispettivo inferiore a quello risultante dall'applicazione dei parametri sopraindicati e l'ufficio abbia notificato l'avviso di accertamento di maggior valore contro il quale sia stato presentato tempestivo ricorso, l'"iter" contenzioso proseguira' nei modi e nei termini previsti del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.636, e successive modificazioni ed integrazioni, ai fini della determinazione del valore venale del bene immobile in comune commercio. Sembra, poi, opportuno evidenziare che ove nell'atto registrato anteriormente alla data di entrata in vigore del testo unico fosse dichiarato un valore superiore a quello risultante dall'applicazione del criterio valutativo catastale indicato nel testo unico stesso, la tassazione rimane non modificabile e, quindi, eventuali istanze di rimborso non potranno essere accolte. Si deve tener presente, infatti, che il testo unico nel disporre un limite alle rettifiche di valore, non ha inteso innovare, ne' in concreto ha modificato, uno dei principi cardine dell'imposta di registro, secondo il quale la base imponibile dei beni immobili e' costituita dal valore venale dei beni o, se maggiore, dal corrispettivo pattuito. Relativamente al primo comma in esame si richiama l'attenzione sull'ultima parte dello stesso, la quale stabilisce che per l'anno 1986 per gli atti e le scritture relativi ai terreni si deve tener conto dei coefficienti stabiliti ai fini delle imposte sul reddito per l'anno 1985. La necessita' di tale disposizione e' dovuta all'esigenza di dare certezza, in tutto il territorio nazionale, nei dati utilizzabili ai fini dell'applicazione della norma di cui al quarto comma dell'articolo 52, per l'anno 1986, e cio' prescindendo dal contenuto del primo comma dell'articolo 2 del decreto-legge 6 gennaio 1986, n.2, convertito in legge 7 marzo 1986, n.60. Sempre nell'intento, poi, di ridurre, per quanto consentito, la possibilita' di nuove controversie di valutazione, il legislatore delegato ha previsto un particolare regime transitorio per gli atti e le scritture relative a beni o diritti il cui valore e' suscettibile di rettifica, usa con i limiti derivanti dalla indicazione di valori non inferiori a quelli rapportati ai dati catastali aggiornati. Dispone infatti al secondo comma dell'articolo 79 che per gli atti e le scritture relativi a beni o diritti di cui al quarto comrna dell'articolo 52, presentati per la registrazione anteriormente alla data di pubblicazione del testo unico nella Gazzetta Ufficiale (e quindi entro il 29 aprile 1986), per i quali alla data stessa non sia stato ancora notificato avviso di accertamento di maggior valore, i contribuenti possono adeguare il valore dichiarato dei beni o dei diritti al valore convenzionale stabilito nella disposizione da ultimo detta mediante la presentazione all'ufficio del registro di apposita dichiarazione integrativa; gli uffici, in tal caso, non procederanno alla irrogazione della pena pecuniaria prevista per l'insufficiente dichiarazione del valore, ai sensi di quanto esplicitamente previsto nello stesso secondo comma dell'articolo 79; ma nel silenzio della legge resta inteso che dovranno essere corrisposti gli interessi moratori di cui alla legge 26 gennaio 1961, n.29 e successive modificazioni. La dichiarazione integrativa in argomento, da presentare al competente ufficio entro tre mesi dal 10 luglio 1986 - e cioe' con scadenza al 30 settembre 1986 - dovre' essere redatta in duplice esemplare conforme all'apposito modello approvato con decreto del Ministro delle Finanze del 9 maggio 1986 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 maggio 1986, n.ll8. Il relativo modello e' stato gia' inviato in congruo numero ai dipendenti uffici. Relativamente alla dichiarazione integrativa sl sottolinea, anzitutto, come essa debba essere sottoscritta da tutte le parti tenute al pagamento dell'imposta complementare che scaturisce dalla integrazione del valore dichiarato. Cio' in quanto il valore che si indica, che sostituisce quello risultante dall'atto, non puo' non essere, al pari di quest'ultimo, che definitivo ed incontestabile per le parti contraenti: come tale pertanto esplichera' effetto anche ai fini di altri tributi. Cio' permettera' all'ufficio di riliquidare, nel confronti di tutte le parti contraenti, tutti i tributi relativi all'atto, cioe' le imposte ipotecarie e catastali e l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, cui la dichiarazione integrativa si riferisce e che sulla base di quest'ultima ed in virtu' delle norme regolatrici delle imposte indicate, debbono essere corrisposti dagli interessati. E' poi da evidenziare che la dichiarazione integrativa potra' essere presentata anche nel caso in cui gli immobili risultino accatastati anteriormente alla data di presentazione della dichiarazione sebbene non lo fossero al momento della registrazione dell'atto, considerato che anche in tal caso esiste la disponibilita' dei dati necessari per la determinazione del valore sulla base del criterio catastale. E' da sottolineare, poi, come la dichiarazione integrativa in parola non possa essere presentata (come, peraltro, specificato nelle avvertenze al modello di dichiarazione integrativa) relativamente al valore degli immobili oggetto di atti di donazione. La disposizione concernente la limitazione del potere degli uffici (articolo 52, quarto comma), disposizione applicabile appunto a seguito della presentazione della dichiarazione in parola, non puo', invero, essere invocata dai contribuenti per la valutazione degli immobili in discorso in quanto l'articolo 55 del U.P.R. 26 ottobre 1972, n.637, per la determinazione della base imponibile dell'imposta sulle donazioni fa esplicito rinvio al precedente articolo 26, relativo alle modalita' di accertamento di maggior valore dei beni ai fini dell'imposta sulle successioni e non, invece, al corrispondente articolo della legge sull'imposta di registro. Come, peraltro specificato nell'avvertenza al modello sopradetto la dichiarazione in argomento non puo' essere presentata neppure per gli atti relativi alle cessioni di azienda o a immobili che non risultino censiti, o, infine, per gli atti aventi per oggetto aree fabbricabili, in quanto tali fattispecie non sono state contemplate dal quarto comma dell'articolo 52 e la valutazione di beni o diritti sopraindicati deve essere operata con i criteri di cui all'articolo 51. Si raccomanda ai dipendenti uffici cui le presenti istruzioni sono espressamente dirette di dare la massima divulgazione, con tutti i mezzi consentiti, alla norma transitoria in esame, al fine di raggiungere un duplice scopo, e cioe' l'immediata percezione del gettito ed una conseguente riduzione di controversie di valutazione. Si suggerisce, inoltre, agli uffici del registro di organizzarsi con il necessario anticipo, al fine di poter ricevere le dichiarazioni integrative e svolgere le conseguenti incombenze con la massima efficienza e nei tempi piu' brevi. Si evidenzia, infatti, che la cennata norma prevede che il competente ufficio, previo accertamento della conformita' dei due esemplari di dichiarazione integrativa e apposizione del timbro a calendario ne restituisce una al contribuente, provvedendo al recupero della differenza di imposta complementare dovuta sulla base della dichiarazione stessa. In proposito, peraltro, si sottolinea come non sia ammessa la presentazione della dichiarzione integrativa tramite il servizio postale (come del resto specificato nelle avvertenze al cennato modello di dichiarazione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale). La norma in discorso, invero, nel disporre che l'ufficio deve accertare - contestualmente alla ricezione della dichiarazione - la conformita' dei due esemplari di quest'ultima, apponendovi il timbro a calendario e restituendo uno dei due esemplari ai contribuenti, fa riferimento ad una serie di adempimenti che presuppongono un diretto rapporto tra contribuenti ed ufficio. Del resto, allorquando il legislatore tributario ha volutoti concedere la possibilita' ai contribuenti di spedire per posta le loro dichiarazioni lo ha espressamente stabilito con apposite norme (vedi, ad esempio, l'articolo 37 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633). Si fa, poi, presente agli uffici stessi che, ove dovesse essere prodotta dichiarazione integrativa, senza l'uso dell'apposito modello anche prima dell'entrata in vigore del testo unico, essi non potranno tenere conto di tali dichiarazioni ai fini della liquidazione del tributo. Sarebbe, pero', in tali casi opportuno invitare i contribuenti interessati a riprodurre le dichiarazioni prescritte nei modi e termini di legge. E' doveroso richiamare l'attenzione dei dipendenti uffici sulla circostanza che ai fini, sia di una piu' rapida riscossione delle somme da percepire a titolo di imposta complementare per il maggior valore integrato, sia al fine di evitare possibili contestazioni da pare dei contribuenti, si dovra' prestare la massima attenzione nel riscontrare i dati da questi ultimi indicati nella dichiarazione integrativa con quelli desumibili dagli atti in possesso degli uffici stessi ovvero dai certificati catastali che dovranno essere presentati dagli interessati - cosi' come previsto dalle avvertenze al modello in argomento - nel caso in cui tali dati non sono rilevabili dall'atto. Al fine di un rapido rilevamento statistico si pregano, infine, gli uffici di comunicare mensilmente al competente Ispettorato Compartimentale, sia il numero delle dichiarazioni presentate, sia l'ammontare delle liquidazioni di imposta effettuate, sia il gettito conseguito. Gli Ispettorati Compartimentali, a loro volta, dopo aver raccolto i dati provenienti da tutti gli uffici del registro della loro circoscrizione, li dovranno comunicare alla Direzione Generale per via terminale, entro il 5 del mese successivo. L'ultima parte del secondo comma dell'articolo 79 stabilisce poi che per gli atti, le scritture e le denunce relative ai beni o ai diritti per i quali e' possibile presentare denuncia integrativa di valore, i termini di decadenza per l'accertamento del maggior valore da parte dell'ufficio, scadenti tra la data di pubblicazione del testo unico nella Gazzetta Ufficiale (30 aprile 1986) ed il 1° luglio 1986 sono prorogati di sei mesi da quest'ultima e cioe' fino al 31 dicembre 1986. Per cio' che concerne la disposizione contenuta nel terzo comma dell'articolo 79, nel richiamare quanto gia' illustrato a commento dell'articolo 12 circa il nuovo obbligo di registrazione dei contratti verbali di locazione e di affitto di beni immobili e la conseguente abrogazione del previgente articolo 16 bis del D.P.R. n.634 del 1972, si evidenzia che con la disposizione in parola il legislatore ha compiutamente regolato - con una norma transitoria - la nuova modalita' di registrazione dei contratti stessi. E' stato dunque stabilito che per la prima proroga, anche tacita, intervenuta dopo il 1° luglio 1986, dei contratti in argomento registrati a norma del richiamato articolo 16 bis del D.P.R. n.634 del 1972, deve essere presentata all'ufficio del registro richiesta di registrazione, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 12, mediante denuncia compilata sui moduli messi a disposizione dallo stesso ufficio del registro. Tale norma ha lo scopo di riattribuire ai singoli uffici del registro la competenza in materia di tassazione dei contratti nn argomento sia per quanto riguarda l'eventuale richiesta di imposte complementari, sia per la eventuale gestione delle pratiche di contenzioso o di rimborso. Particolare attenzione merita la norma transitoria di cui al quarto comma dello stesso articolo 79. Posto, infatti, che a norma del testo unico il momento impositivo della tassazione delle obbligazioni convertibili in azioni e' quello in cui la obbligazione viene convertita e viene effettuato l'aumento di capitale, mentre in vigenza del D.P.R. n.634 del 1972 le obbligazioni venivano tassate fin dal momento della loro emissione, il legislatore, al fine di evitare una duplicazione nel pagamento del tributo, nei casi in cui il prestito obbligazionario sia stato collocato prima dell'entrata in vigore del testo unico, ma la conversione sia avvenuta dopo tale data, ha stabilito che l'imposta per l'aumento di capitale non e' dovuta fino a concorrenza di quella pagata, anteriormente al 1° luglio 1986, in dipendenza del collocamento delle obbligazioni. Il primo comma dell'articolo 30 prevede che la disposizione del terzo comma dell'articolo 21, relativa agli accolli di debiti e oneri, ha effetto dal 1° gennaio 1973 per gli atti pubblici formati, per atti giudiziari pubblicati o emanati e per le scritture private autenticate o presentate per la registrazione anteriormente alla data di entrata in vigore del testo unico, relativamente ai quali alla data stessa sia pendente controversia o non sia ancora decorso il termine di decadenza dell'azione della Finanza o quello dell'azione del contribuente per il rimborso. Pertanto si invitano i dipendenti uffici a sospendere ogni eventuale richiesta di imposta suppletiva relativa agli atti di compravendita per i quali il corrispettivo sia determinato mediante accollo di mutuo e a non coltivare ulteriormente i relativi procedimenti contenziosi gia' in corso. Il secondo comma dell'articolo 80 dispone che l'imposta relativa alla riunione dell'usufrutto alla nuda proprieta' trasferita a titolo oneroso con atti posti in essere quando era in vigore il Regio decreto 30 dicembre 1923, n.3269, si applica solo se la consolidazione dell'usufrutto si e' verificata anteriormente alla data di entrata in vigore del D.P.R. n.634 del 1972. Per effetto della citata disposizione, che riporta il contenuto dell'articolo 6 del decreto-legge 6 gennaio 1986, n.2, convertito, con modificazioni, nella legge 7 marzo 1986, n.60, rimangono superate le istruzioni di cui alla circo]are ministeriale del 10 gennaio 1973, n.7/3026972/72, con le quali si era precisato che la cosidetta "tassa di consolidazione" dell'usufrutto alla nuda proprieta', come parte residua dell'imposta ancora dovuta a complemento di quella gia' pagata sull'atto contenente il distacco della nuda proprieta' dall'usufrutto, doveva essere corrisposta anche per le consolidazioni avvenute dopo il 31 dicembre 1972, qualora i "distacchi" si fossero versificati entro tale data. IL superamento in via legislativa dell'orientamento espresso in materia dall'amministrazione finanziaria pone fine ad una lunga vicenda interpretativa. E' indubbio, comunque, che la nuova disposizione avra' come effetto un alleggerimento del carico di lavoro dei dipendenti uffici che non saranno piu' tenuti ne' a liquidare, con il macchinoso congegnq previsto dal R.D. n.3269 del 1923, la cosidetta tassa di consolidazione, ne' a seguire, in via contenziosa, le numerose vertenze che l'applicazione di questa particolare imposta aveva fatto nascere fin dall'entrata in vigore del D.P.R. n.634 del 1072. Sembra, pero', opportuno richiamare l'attenzione dei dipendenti uffici sull'esatto ambito di applicazione della disposizione in argomento: cio' al fine di meglio andividaare i compiti degli uffici stessi. Con l'espressione "l'imposta relativa alla riunione dell'usufrutto alla nuda proprieta' trasferita a titolo oneroso" il legislatore si e' riferito - adottando la stessa formulazione letterale - alla fattispecie prevista dal primo comma dell'articolo 21 del R.D. n.3269 del 1923, 11 quale stabiliva: "Nella riunione dell'usufrutto alice nuda proprieta' trasferita a titolo oneroso l'imposta si applica sulla differenza tra il prezzo o corrispettivo tassato al tempo dell'alienazione ed il valore della piena proprieta' al momento della riunione". Il procedimento di imposizione del trasferimento alla nuda proprieta' di un immobile si divideva in due fasi temporalmente distinte. La prima, che era quella della registrazione dell'atto di vendita del diritto in parola, si sostanziava nel pagamento dell'imposta sul prezzo o corrispettivo dichiarato e nell'iscrizione da parte dell'ufficio di un articolo di memoria, sul campione tasse in sospeso, per la successiva liquidazione dell'imposta di consolidazione. La seconda fase, che seguiva alla denuncia da parte del nudo proprietario dell'avvenuta consolidazione con l'indicazione del valore della piena proprieta', si sostanziava nel pagamento dell'imposta su tale ultimo valore denunciato, detratto il valore gia' dichiarato per la nuda proprieta', nel giudizio di stima dell'immobile e nel pagamento dell'eventuale imposta dovuta a seguito della rettifica del valore dichiarato per la piena proprieta'. E' a tale seconda fase del procedimento di imposizione che fa dunque riferimento il secondo comma dell'articolo 80 statuendo che l'imposta dovuta al momento della registrazione della denuncia della consolidazione dell'usufrutto puo' essere richiesta dagli uffici del registro solo se la consolidazione stessa si e' verificata anteriormente al 10 gennaio 1973. Ne deriva che per le consolidazioni di usufrutto verificatesi a decorrere da tale data e non essendo piu' le medesime consolidazioni presupposti per l'integrazione del tributo gia' pagato, gli uffici non dovranno piu' porre in essere i sopraindicati adempimenti. E' da rilevare, incidentalmente, come non assuma alcuna importanza, ai fini dell'applicazione della norma in commento, la causa della consolidazione dell'usufrutto (sia essa la morte o la rinuncia dell'usufruttuario, sia essa il trasferimento a titolo oneroso o a titolo gratuito dell'usufrutto al nudo proprietario sia essa la scadenza del termine convenuto per la durata dell'usufrutto, ecc.). Anche in considerazione di tale ultima circostanza e' stata rappresentata, da parte di alcuni dipendenti uffici, la possibilita' che alla chiusura dei summenzionati articoli di memoria si possa procedere d'ufficio. Poiche' il tributo non e' piu' dovuto in seguito all'entrata in vigore della nuova disciplina e tenuto conto che la estinzione del diritto di usufrutto non comporta trascrizione, ma semplicemente l'annotazione da richiedere presso la competente conservatoria dei registri immobiliari, si ritiene che i summenzionati articoli di memoria possano essere chiusi. Deve, pero', rilevarsi che, se e' dovuta, relativamente alla consolidazione dell'usufrutto, l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, in tali casi, dovra' essere presentata la reiativa denuncia, e dovra' essere liquidato quest'ultimo tributo. L'ultima parte del secondo comma dell'articolo 80 sancisce, poi, che non si puo' far luogo al rimborso delle imposte gia' pagate dai contribuenti per la riunione dell'usufrutto alla nuda proprieta', a meno che alla data del 20 novembre 1985, non risulti presentato dai contribuenti stessi ricorso a prova della preesistente volonta' dei medesimi di ottenere il rimborso delle imposte gia' pagate. Per completezza di trattazione ed al fine di eliminare dubbi che potrebbero sorgere circa l'effettiva portata del testo unico, si ricorda che non e' stata prevista alcuna norma, nemmeno fra quelle transitorie, in materia di agevolazioni ed esenzioni ai fini dell'imposta di registro. Cio' non significa, peraltro, che debbano intendersi abrogate le agevolazioni attualmente in vigore, sia quelle previste dal secondo comma dell'articolo 80 del D.P.R. n.G34 del 1972 e sia quelle stabilite con leggi successive al l° gennaio 1973, data di entrata in vigore del ripetuto D.P.R. n.634 del 1972. Invero, tutta la complessa materia delle esenzioni e delle agevolazioni, non regolata del testo unico in esame, formera' oggetto di apposito testo unico in corso di preparazione. TARIFFA PARTE PRIMA ATTI SOGGETTI A REGISTRAZIONE IN TERMINE FISSO La tariffa allegata al testo unico in esame conserva in sostanza la stessa impostazione e la stessa numerazione di articoli della tariffa allegata al D.P.R. n. 634 del 1972, quindi nella prima parte sono sta ti compresi gli atti soggetti a registrazione in termine fisso e nella se conda quelli soggetti a registrazione in caso d'uso. Nella parte prima della tariffa e' stato soppresso l'articolo 1-bis, riguardante gli atti traslativi a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze nonche' gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, e la norma che lo sostanziava e' stata riportata integralmente nel corrispondente articolo 1 del testo unico. Tale articolo, prevedendo ora an che gli atti concernenti il trasferimento di immobili di interesse storico, artistico e archeologico soggetti alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, nonche' gli atti di trasferimento di immobili situati all'estero o di diritti reali di godimento sugli stessi, presenta una sistematica piu' organica di tutte le fattispecie relative agli atti di trasferimento di beni o diritti immobiliari, consentendo in tal modo una migliore lettura delle disposizioni in esso contenute. Nella prima parte del suddetto articolo, sono riprodotte le norme di cui al primo comma dell'articolo 1 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 634 del 1972, con la sola esclusione degli atti di concessione di miniere compresi nel successivo articolo 5. Giova, infine, porre in rilievo che nell'articolo 1 in argomento non e' stata confermata la disposizione prevista nel D.P.R. n. 634 del 1g72, che stabiliva l'applicazione dell'aliquota ridotta al 6% (o all'11,25% per i trasferimenti di terreni agricoli) per gli atti traslativi posti in essere entro cinque anni da altro trasferimento a titolo oneroso dello stesso immobile o diritto immobiliare gia' assoggettato all'imposta normale. Tale soppressione e' dovuta, da un lato, al fatto che la norma non trovava piu', a differenza di quanto accadeva all'epoca della sua formulazione, una congrua motivazione socio-economica e, dell'altro, alla circostanza che la norma stessa risultava mal coordinata con il sistema normativo di altri tributi (vedi, ad esempio, il disposto dell'articolo 76 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597). Con la seconda parte dell'articolo 1 in esame si e' rielaborata, mediante l'assorbimento, come gia' precisato, dell'articolo 1 bis del D.P.R. n. 634 del 1972, la disposizione introdotta dall'artitolo 2 della legge 21 febbraio 1977, n. 36, secondo cui gli atti traslativi a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze, gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari sui medesimi e la rinuncia pura e semplice agli stessi, scontano la aliquota del 15%. Con l'attuale formulazione della norma in parola sono stati compresi tutti i tipi di trasferimenti (anche coattivi) a titolo oneroso aventi per oggetto sia la proprieta', sia i diritti reali immobiliari di godimento relativamente a terreni agricoli ( e relative pertinenze). Dato che la disposizione in disamina esclude dall'applicazione della citata aliquota del 15% gli atti stipulati da imprenditori agricoli a titolo principale o da associazioni o societa' cooperative di cui agli articoli 12 e 13 della legge 9 maggio 1975, numero 153, si deve affermare che per detti atti si applica in genere l'aliquota dell'8% (come, d'altra parte, chiarito dalla nota I), salvo quanto disposto dalle norme agevolative per la cooperazione. Nella ricordata nota I) e' stato confermato quanto previsto nella nota aggiuntiva al previgente articolo 1 bis circa gli obbli ghi degli acquirenti che in ordine alla certificazione della sussistenza dei requisiti di cui ai menzionati articoli 12 e 13 della legge n. 153 del 1975, con l'ulteriore precisazione secondo la quale, nelle ipotesi in cui ai procede al recupero della differenza di imposta (per mancata presentazione della documentazione prescritta) sono dovuti gli interessi di mora di cui al quarto comma dell'articolo 55 del testo unico e, quindi, nella misura del 6% semestrali. Viene altresi' precisato nella nota in commento che i citati interessi decorrono dal momento del pagamento dell'imposta principale oppure, nell'ipotesi di mutamento della destinazione, da tale ultimo momento. Da rilevare che la terza parte dell'articolo 1 e la nota seconda riguardano i trasferimenti che hanno per oggetto immobili di interesse storico, artistico ed archeologico soggetti alla legge 1° giugno 1939, n. 1089. Tali disposizioni sono state recepite dall'articolo 5 della legge 2 agosto 1982, n. 512. Nella quarta parte dell'articolo in esame, rispetto al testo del 1972, e' stato precisato che sconta l'imposta in misura fissa il trasferimento immobiliare posto in essere a favore non soltanto dello Stato o degli enti pubblici territoriali (Regioni, Province e Comuni), ma anche quello effettuato a favore dei consorzi costituiti tra detti enti e quello a favore delle comunita' montane. Per quanto riguarda i consorzi, la previsione dell'estersio ne agli stessi del trattamento di favore sopraindicato ha recepito l'orientamento in tal senso seguito dall'amministrazione finanziaria, la quale aveva gia' avuto modo di affermare in diverse risoluzioni che la norma agevolativa "de qua" doveva trovare applicazione anche nei confronti dei consorzi costituiti tra enti pubblici territoriali, dato che pure in quest'ultima ipotesi trattasi, in defintiva, degli etessi soggetti destinatari, considerati non piu' singolarmente ma riuniti in una particolare organizzazione. Si deve pero' ribadire in questa sede che l'applicazione dell'imposta fissa dovra' ammettersi nei rigorosi limiti soggettivi innanzi indicati, e cioe' nei soli confronti dei consorzi costituiti esclusivamente tra enti pubblici territoriali, con la conseguenza che deve negarsi il trattamento di favore ad analoghi organismi in cui partecipino, ai sensi dell'articolo 172 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383 (legge comunale e provinciale), anche enti pub blici diversi da quelli sopra specificati. Per quanto concerne le comunita' montane, la disposizione in esame non fa che confermare quanto gia' stabilito dall'articolo 5 della legge 23 marzo 1981, n. 93, secondo cui ai trasferimenti di proprieta' a qualsiasi ti tolo a favore delle comunita' montane si applicano le disposizioni fiscali in vigore per i comuni. L'articolo 2 e' stato, rispetto alla precedente formulazione dell'ar ticolo 2 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 634 del 1972, ampiamente ristrutturato e modificato. Lo stesso, infatti, suddiviso in due commi, detta disposizioni che, in parte, non erano previste dal decreto del 1972. Se la prima norma del primo comma riproduce la previgente disposizio ne, specificando pero', per maggiore chiarezza, che non rientrano in essa oltre che i beni immobili ed i diritti reali immobiliari, anche gli autoveicoli, la cui tassazione e' regolata dal successivo articolo 7,con la seconda par' te del suddetto articolo e' stata prevista l'imposta fissa nei casi in cui il trasferimento dei beni avviene a favore dello Stato ovvero di altri enti pub blici meritevoli di un particolare trattamento fiscale. Con tale norma e' stato uniformato il trattamento dei trasferimenti agli enti suddetti dei beni mobili a quello gia' previsto per i beni immobili, la cui tassazione in misura fissa era contemplata dall'articolo 1 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 634 del 1972. La diversita' non solo non trovava giustificazioni sul piano giuridico, ma creava difficolta' pratiche e interpretative su quello tecnico am ministrativo. Sembra opportuno, poi, richiamare l'attenzione sul secondo comma dell'articolo in parola. E' stata, invero, prevista una autonoma tassazione dei contratti di associazione in partecipazione, con apporto di beni diversi da immobili e da autoveicoli. Poiche', infatti, come ai e' gia' fatto presente, la norma relativa alla base imponibile delle associazioni in partecipazione e' stata piu' correttamente collocata nell'articolo 43 del testo unico, e cioe' fra quelle concernenti i contratti di scambio in genere, e' stata conseguen temente prevista l'aliquota, sebbene in misura autonoma, per la tassazione dei contratti in parola nell'ambito dell'articolo 2 in argomento. Poiche' la norma indica quali apporti devono essere tassati ai sei si dell'articolo in parola, gli uffici dovranno percepire la imposta di cui agli articoli 1 e 7 della parte prima, della tariffa qualora i contratti contemplino gli apporti previsti da questi ultimi articoli. Peraltro, poiche' il secondo comma stabilisce che l'aliquota dell'l% e' applicabile in presenza di "apporto di beni", se il contratto prevede anche apporto di lavoro per un valore distinto, su questo ultimo e' applicabile l'imposta fissa di cui all'articolo 10 della parte seconda del la tariffa. Qualora, invece, il valore dell'apporto di beni e quello dello apporto di lavoro non fossero indicati distintamente, sarebbe applicabile l'aliquota dell'1% sull'intero imponibile a norma del primo comma dell'ar ticolo 23 del testo unico. Per completezza di trattazione si fa presente che ove i contrat ti della specie dovessero essere stipulati per corrispondenza gli stessi dovranno essere presentati per la registrazione entro 20 giorni dalla data della loro conclusione, non essendo tali ipotesi considerate dall'articolo 1 della parte seconda della tariffa che indica, fra gli atti da registrare in caso d'uso, espressamente quelli di cui al primo comma dell'articolo in trattazione. L'articolo 3, rispetto all'articolo corrispondente del D.P.R. n. 634 del 1972, indica che la norma si applica a tutti gli atti di natura dichiarativa tranne quelli aventi per oggetto gli autoveicoli. Molto opportunamente il legislatore ha riportato nel corpo della norma una disposizione gia' esistente in precedenza ma che compariva nella nota al citato articolo 3 del D.P.R. n. 634. La nota 8 stata eliminata, in quanto, per cio' che concerne l'assegnazione ed ogni eventuale atto di natura dichiarativa derivanti da atti sociali, il richiamo sarebbe risultato pleonastico essendo stata la fattispecie puntualmente prevista dalla lettera d) del successivo art. 4. L'articolo 4 nella nuova formulazione prevede le aliquote applicabili agli atti propri delle societa' di qualunque tipo ed oggetto e degli enti diversi dalle societa' compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita' commerciali o agricole. Relativamente agli atti delle societa' ed enti di cui trattasi lo articolo precisa che deve aversi riguardo agli "atti propri", con evidente riferimento agli atti tipici delle societa' e degli altri enti suindicati che, nella loro specifica qualita', solo essi possono porre in essere. Nell'ambito degli "atti propri" sono individuati, in modo esaustivo, quelli che per natura e contenuto economico (ad esempio, conferimento) sono rilevanti agli effetti dell'imposta di registro. Coordinando tale disposizione con quella di cui all'articolo 9 della tabella che elimina l'obbligo di chiedere la registrazione per gli "atti propri" dei soggetti di cui sopra "diversi" da quelli indicati nell'articolo 4 in commento, se ne ricava una conseguenza destinata a risolvere i dubbi interpretativi sorti in relazione alla previgente disciplina, dubbi che si fondavano sul dilemma se un atto societario non previsto nell'articolo 4 della prima parte della tariffa allegata al D.P.R. n. 634 del 1972 dovesse soggiacere alla diversa tassazione proporzionale di cui all'articolo 9 di tale ultima tariffa o andare invece esente dall'obbligo della registrazione. E' appunto a quest'ultima conclusione che e' pervenuto il legislatore delegato per gli atti tipici delle societa' e degli enti non espressamente indicati nell'articolo 4. Rimanendo, dunque, soggetti all'imposta i conferimenti eseguiti in sede di costituzione o di aumento di capitale della societa', al numero 1) della lettera a) del primo comma dell'articolo 4 e' stato precisato che se il conferimento ha per oggetto la proprieta' o un diritto reale di godimento su beni immobili, si applicano le aliquote previste per i trasferimenti di immobili dal precedente articolo 1. Ne consegue che ove fossero conferiti beni di interesse storico, artistico e archeologico, soggetti alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, tale conferimento dovra' scontare l'aliquota del 4% prevista dalla terza parte dell'articolo 1 della tariffa in esame. Resta inteso che le condizioni stabilite a carico dei contribuenti dalla nota II) apposta al cennato articolo 1 dovranno essere vagliate dall'ufficio anche relativamente agli atti di conferimento in parola. E' da sottolineare che la lettera a) in discorso cha compreso nell'imposizione qualsiasi conferimento che comporti un aumento del patrimonio nella considerazione che anche tali conferimenti realizzano un trasferimento da un soggetto ad un altro al pari di quelli fatti in se de di aumento di capitali. Per tali aumenti di patrimonio la tassazione viene operata sulla base della denuncia prevista dalla nota I) all'articolo in esame. In merito al conferimento di fabbricati destinati specificamente ad attivita' commerciali e non suscettibili di altra destinazione senza radicale trasformazione si segnala che l'aliquota del 4% riguarda, con la nuova formulazione della norma, anche le aree destinate ad essere utilizzate per la costruzione di fabbricati commerciali non suscettibili di diversa destinazione o come loro pertinenze. La norma in sostanza tende e perequare l'onere tributario in sede di conferimento, sia per l'ipotesi in cui l'apporto ha per oggetto direttamente un fabbricato commerciale, che nell'ipotesi ari cui abbia per oggetto un'area da utilizzare per la costruzione di un fabbricato della stessa natura. La nuova disposizione opera anche per le aree pertinenziali dei fabbricati commerciali da edificare con le suddette caratteristiche. Peraltro, al fine di evitare abusi, la legge prevede la condizione che i fabbricati devono essere ultimati, con le indicate caratteristiche, entro cinque anni dal conferimento del terreno. Gli uffici del registro, nel procedere alla tassazione di atti portanti il conferimento di terreni di cui sopra, dovranno iscrivere articolo a campione unico ai fini dell'accertamento della verificata condizione di legge e dei requisiti, nonche', eventualmente, ai fini del recupero della differenza d'imposta. In relazione al conferimento di proprieta' o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa si rinvia, in ordine alla configurazione del "complesso aziendale" conformemente all'espressione adottata dall'articolo 7 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, a quanto gia' chiarito in sede di commento dell'articolo 50 del testo unico. Inoltre, la nuova espressione di cui al punto 3) dell'art. 4 in commento - in luogo di quella "conferimenti di azienda o di complessi a ziendali relativi a singoli rami dell'impresa, fatti da una societa' ad altra societa' esistente o da costituire", che esisteva nella corrispondente norma del D.P.R. n. 634 del 1972, recepisce le innovazioni apportate dall'art. 7 della succitata legge n. 904 del 1977, confermando l'applicazione dell'unica aliquota dell'l% per qualunque tipo di conferimento (e quindi anche da parte di un imprenditore individuale) ferma restando la condizione che il soggetto destinatario sia uno di quelli contemplati dalla parte introduttiva del ricordato art. 4 in commento. L'articolo in parola ha previsto anche, con il n. 4), che, nel caso di conferimento di proprieta' o di diritto reale di godimento su autoveicoli, devono essere corrisposte le stesse imposte di cui al successivo art. 7. L'inserimento di tale specifica disposizione dirime i dubbi sorti nel vigore del D.P.R. n. 634 del 1972 in quanto, in mancanza di una espressa disposizione di legge, da parte di molti uffici si riteneva che l'imposta prevista per il conferimento di tali beni o diritti fosse quella dell'l% indicata dal n. 3) dell'art. 4 della parte prima della tariffa allegata al decreto da ultimo citato. La tassazione dell'aumento di capitale mediante la conversione di obbligazioni in azioni, espressamente disciplinata dall'articolo 2420-bis del codice civile, e' stata prevista esplicitamente dalla prima parte del n.6) della lettera a) della norma in commento, con riferimento a quanto disposto dal sesto comma dell'art. 27 del testo unico al cui commento si fa rinvio. Sembra opportuno fa presente che, non avendo l'art. 4 riprodotto la disposizione di cui alla lettera e) del corrispondente art. 4 della parte prima della tariffa allegata al L.P.R. n. 634 del 1972, non e' piu' prevista la tassazione delle delibere di emissione di obbligazioni o di altri titoli di credito emessi in serie. Il legislatore ha, infatti, ritenuto opportuno adeguarsi alle disposizioni contenute nell'art. 11 della direttiva gia' richiamata della Comunita' Economica Europea del 1969, n. 335, che dispone l'esenzione, dalla cosiddetta imposta sulla raccolta dei capitali, dell'emissione dei predetti titoli. Altra espressa previsione di cui al punto 6) lettera a) dell'art. 4 in discorso e' quella relativa alla tassazione del passaggio a capitale di riserve diverse da quelle costituite con sopraprezzi o con versamenti dei soci in conto capitale o a fondo perduto e da quelle iscritte in bilancio a norma di leggi di rivalutazione monetaria. Appare opportuno a questo proposito precisare che la norma prende in considerazione il "passaggio a capitale di riserve" e non anche l'ultilizzazione delle riserve stesse nell'ipotesi in cui l'operazione venisse effettuata per coprire le perdite di esercizio. In quest'ultima ipotesi, invero, l'applicazione del tributo non sarebbe giustificata in quanto non si verificherebbe alcuna modifica statutaria, rimanendo il capitale sempre dello stesso ammontare. Conseguentemente gli atti della specie devono ritenersi compresi fra quelli di cui all'art. 9 della tabella. Nel caso di passaggio a capitale di riserve costituite con sopraprezzi la ragione dell'inapplicabilita' del tributo risiede nella considerazione che, essendo il sopraprezzo costituito dal maggior onere a carico dell'azionista o partecipante nell'ipotesi di scarto tra valore nominale e valore venale delle azioni o quote, la relativa tassazione e' gia' avvenuta in sede di tassazione dell'aumento di capitale. Altra disposizione contenuta nel predetto punto 6) dell'art. 4 e' quel la relativa ella non tassabilita' del passaggio a capitale delle riserve costituite con versamenti dei soci in conto capitale o a fondo perduto. A proposito di tali versamenti la prima nota all'art. 4 in rassegna dispone che "per conferimenti si intendono anche i versamenti in conto capitale o a fondo perduto fatto dai soci, associati o partecipanti", dettando, peraltro, le modalita' per l'applicazione dell'imposta. Risulta evidente, pertanto, come non sia imponibile il passaggio a capitale delle riserve formate con tali conferimenti gia' tassati. Il ripetuto punto 6) prevede,infine, l'esenzione dall'imposta per i passaggi a capitale di riserve iscritte in bilancio a norma di leggi di rivalutazione monetaria. Viene cosi' seperato l'orientamento espresso dall'amministrazione con la nota del 14 febbraio 1983, n. 250967, tendente a considerare tassabili gli atti del genere. Per completezza d'argomento si richiama l'attenzione dei dipendenti uffici sulla seconda nota all'art. 4 in esame, che, in caso di riduzione del capitale per perdite, esenta dall'imposta, fino a concorrenza dell'ammontare della riduzione, i conferimenti in danaro relativi all'aumento di capitale contemporaneamente deliberato. Gli esempi piu' evidenti di operazioni del genere sono rappresentati dalle ipotesi contemplate dagli articoli 2446 e 2447 del codice civile (adeguamento del capitale di societa' per azioni diminuito di oltre un terzo per perdite al fine, rispettivamente, di integrarlo o di riportarlo ad un ammontare non inferiore al minimo legale), ipotesi per le quali l'assenza di una disciplina specifica nel D.P.R. n. 634 del 1972 non poteva che comportare la tassazione proporzionale delle operazioni stesse. La norma in esame dispone, ora, l'inapplicabilita' dell'imposta per i conferimenti necessari per riportare il capitale alla misura preesistente al la riduzione per perdite. L'inapplicabilita' del tributo, peraltro, e' subordinata alla condizione che la delibera con la quale e' reintegrato il capitale fino al suo precedente ammontare sia adottata nel corso della stessa assemblea che ha deliberato la riduzione per perdite e che il conferimento sia in danaro. Il regime piu' favorevole introdotto con la citata nota rappresenta un limitato adeguamento alla direttiva della Comunita' Economica Europea del 1969, n. 335, la quale, all'art. 7, paragrafo 3 - come modificato dall'art. 1 della direttiva 10 giugno 1985 -, con riferimento all'aumento del capitale di una societa' di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura, sempre che' tale aumento faccia seguito ad una riduzione del capitale effettuato a causa di perdite subite ed avvenga nei quattro anni successivi alla riduzione del capitale, consente l'esenzione per la parte dell'aumento corrispondente alla riduzione del capitale. Si richiama l'attenzione dei dipendenti uffici sulla quarta nota allo art. 4 riferentesi alla lettera a), dello stesso articolo fin qui commentata, ed alla lettera b), che in sostanza riproduce la precedente disposizione relativa alle fusioni fra societa', ma che prevede anche le analoghe operazioni poste in essere da enti diversi dalle societa'. Tale nota contempla un trattamento di favore consistente nell'applicazione della sola imposta fissa quando la societa' deatinataria del conferimento o la societa' risultante dalla fusione o incorporante ha la sede legale o amministrativa in altro Stato membro della Comunita' Economica Europea. Detta nota riproduce in parte la nota al corrispondente articolo del D.P.R. n. 634 del 1972, la quale, poiche' era posta dopo la lettera b) dello stesso articolo, che riguardava, oltre le fusioni, i conferimenti di aziende o complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa, si riferiva soltanto a detti conferimenti e non a tutti quelli previsti dalla lettera a) del ripetuto articolo. Ne consegue che per effetto della nuova nota, il beneficio dell'imposta fissa si applica altresi' a qualsiasi tipo di conferimento in societa', sempreche' sussista il cennato requisito della sede comunitaria della societa' stessa. Collegando detta nuova quarta nota con la disposizione - non prevista nel D.P.R. n. 634 del 1972 - di cui alla lettera f) dell'art. 4 in argomento, che comporta l'aliquota proporzionale dell'l% per le operazioni di societa' ed enti esteri di cui all'art. 4 del testo unico, ne risulta una disciplina complessiva degli atti ed operazioni di societa' ed enti esteri piu' chiara e maggiormente informata allo spirito comunitario, tendente a livellare l'imposizione sulla raccolta dei capitali nell'area del mercato comune europeo in modo da non turbare la libera circolazione dei capitali stessi. Per quanto riguarda le regolarizzazione di societa' di fatto, derivanti da comunione ereditaria di azienda, tra eredi che continuano in forma societaria l'esecizio dell'impresa, la lettera e) del ricordato art. 4, recependo l'art. 3, secondo comma, della legge 23 dicembre 1982, n. 947, stabilisce, la aliquota dell'imposta proporzionale nella misura dell'l%. Tale aliquota, pero', si applica - come precisa la quinta nota all'art. 4 in commento - solo se l'atto di regolarizzazione e' registrato entro un anno dall'apertura della successione. La "ratio" della norma di cui alla lettera e) dell'articolo in esame appare essere quella di consentire agli eredi, entro un ragionevole lasso di tempo fissato in un anno, di valutare l'opportunita' di continuare o meno in comune l'attivita' dell'impresa, senza dover corrispondere, dopo aver assolto di regola l'imposta di successione, anche l'imposta di registro per la costituzione della societa'. Diversamente si renderanno applicabili le normali imposte proporzionali, secondo la natura dei beni, sull'enunciazione della costituzione di societa', fatta in sede di regolarizzazione, come avverte la quinta nota all'articolo in argomento, la quale al riguardo richiama l'art. 22 del testo unico. La normativa di cui all'art. 4 in rassegna non ha riprodotto la disposizione contenuta nella prima parte della nota al corrispondente articolo del D.P.R. n. 634 del 1972 che, con riferimento alle societa' ed altri enti menzionati nello stesso articolo, preveda l'assimilazione alle costituzioni delle proroghe deliberate dopo la scadenza. Pertanto, non essendo stata riprodotta tale norma, le proroghe di qualsiasi tipo di societa', siano esse di capitali, che di persone, anche se deliberate dopo la scadenza daranno luogo non ad una nuova tassazione come nuova costituzione di societa', ma saranno soggette all'imposta fissa. La nuova norma elimina una disarmonia della legislazione precedente con le disposizioni di diritto comune, nonche' con l'art. 4, punto 3, lettera d) della direttiva della Comunita' Economica Europea del 1969, n. 335, il quale, non distinguendo fra proroghe di societa' deliberate anteriormente e quelle deliberate successivamente alla scadenza, tende ad equiparare, sotto un'unica disciplina, sia le prime, che le seconde. L'art. 5 e' stato ristrutturato in quattro commi, il primo dei quali identico alla precedente formulazione, e' relativo agli affitti e locazioni di beni immobili. Si coglie l'occasione per chiarire, al riguardo, che pur nel silenzio della legge che non li indica espressamente, debbono considerarsi inclusi nella previsione legislativa anche i subaffitti e le sublocazioni, in quanto in entrambe le fattiscpecie il conduttore, nel concedere il bene in subaffitto od in sublocazione, assume la veste propria del concedente. Il secondo comma regola l'imposizione delle concessioni sui beni demaniali e delle relative cessioni e surrogazioni. La norma pone fine ad un lungo periodo di incertezze interpretative in ordine ai criteri di tassazione di tali atti prevedendo l'aliquota del 2% per tutte le concessioni su beni demaniali. Il terzo comma conserva la previgente aliquota dello 0,50% per le concessioni di diritti d'acqua. Tale comma non comprende, come la precedente normativa, i contratti di soccida e le convenzioni per pascolo e per alimento degli animali. Detti contratti, invero, sono stati inseriti dal legislatore nell'articolo 10 della tabella e quindi sono esenti dall'obbligo della registrazione. Tale inserimento e l'aver concesso agli stessi atti il medesimo trattamento di favore previsto per quelli di mezzadria e colonia trovano fondamento nell'opportunita' di non gravare di imposte negozi di rilievo sociale, relativamente, peraltro, ad un settore, quale quello agricolo, meritevole di considerazione. Con il quarto comma e' stato previsto che i comodati di beni immobili devono essere tassati in misura fissa; con tale disposizione e' stato codificato un principio gia' riconosciuto dall'Amministrazione con la circolare dello 8 ottobre 1976, n. 3/250873. Infine, i contratti di comodato aventi per oggetto beni mobili, ove vengano redatti per scrittura privata non autenticata, devono essere assoggettati a registrazione soltanto in caso d'uso. Tale specifica norma e' ora contenuta nell'art. 3 della parte seconda della tariffa. Con l'art. 6, da un lato, e' stata prevista l'aliquota dello 0,50% per le cessioni di credito prescindendo dalla qualita' dei soggetti partecipanti alla operazione e, dall'altro, e' stato chiarito che l'articolo stesso non riguarda le quietanze rilasciate mediante scrittura privata non autenticata, le quali sono soggette all'imposta solo in caso d'uso, ai sensi dell'art. 5 della parte seconda della tariffa. La nota all'articolo in argomento riesamina, poi, i criteri di tassazione degli atti portanti garanzie personali prestate in solido da piu' soggetti disponendo che gli stessi atti sono soggetti ad una sola imposta fissa, salva l'applicazione delle imposte fisse per le garanzie prestate sempre in solido,ma con atto separato. Come e' noto l'amministrazione finanziaria sottolineando che l'obbligazione solidale determina, per costante giurisprudenza della Corde di Cassazione, una pluralita' di vincoli e che il creditore ottiene una ben piu' consistente garanzia per effetto della pluralita' dei fideiussori, sosteneva che l'unica fideiussione prestata in un unico atto (o in piu' atti contemporanei e collegati) da piu' garanti a favore del medesimo debitore e per l'identica obbligazione principale dovesse essere tassata tante volte quanti erano i fideiussori, cioe' come se si fosse trattato di tante distinte fideiussioni (cfr. la risoluzione del 26 aprile 1978, n. 250054 e, da ultima, la risoluzione del 1° agosto 1984, n. 240891). Tale principio, pur confortato dalla decisione emessa dalla commissione tributaria centrale, a sezioni unite, il 27 gennaio 1984, n. 797, e' stato, tuttavia, disatteso dalle commissioni di merito, nonche' successivamente dalla stessa commissione tributaria centrale con le decisioni del 22 alaggio 1984, numeri 5491 e 5492. Il legislatore, ponendo fine alle divergenze negli orientamenti giurisprudenziali, con il testo unico in argomento ha inteso dare una soluzione definitiva alla delicata questione, adottando, nella specie, il criterio della tassazione unica. Ne consegue che deve applicarsi la sola imposta nelle misura dello 0,50% sulla somma garantita allorche' piu' persone prestino garanzie per un medesimo debitore e per uno stesso debito, congiuntamente in uno stesso atto o anche in atti diversi; in tale ultimo caso, peraltro, gli atti posti in essere sono soggetti all'imposta fissa (in aggiunta all'imposta proporzionale pagata sull'atto di garanzia cui si collegano) sempreche' dal loro contenuto risulti l'assunzione della garanzia in solido con altri. Gli uffici in indirizzo dovranno porre la propria attenzione sulle caratteristiche della cofideiussione o fideiussione cumulativa nei termini dianzi esposti, non dimenticando che quest'ultima garanzia si differenzia dalla pluralita' di fideiussioni rilasciate da diversi garanti ognuno per suo conto. Gli uffici, dunque, dovranno porre attenzione alle seguenti tre ipotesi: a) quando piu' soggetti prestano in solido garanzia personale per un medesimo debitore e per uno stesso debito, congiuntamente in uno stesso atto, si applica una sola imposta nella misura dello 0,50% da commisurarsi, a norma dell'art. 43, lettera f), del testo unico, sulla somma garantita; b) quando vengono prestate in solido garanzie personali da piu' soggetti per un medesimo debitore e per uno stesso debito, mediante la stipula di atti separati e non contestuali, (ma collegati sotto l'aspetto della garanzia) si applica una sola volta l'imposta proporzionale dello 0,50% sulla somma garantita e, inoltre, sono dovute tante imposte fisse quanti sono gli altri atti; c) allorche' vengono prestate garanzie personali autonome per un medesimo debitore e per uno stesso debito da piu' fideiussori, divenuti tali con contratti distinti, non si concreta l'ipotesi della cofideiussione, ma si realizza una semplice pluralita' di fideiussioni autonome e separate: in tal caso sono dovute tante imposte proporzionali nella misura suaccennata quanti sono i contratti. L'articolo 8 della parte prima della tariffa, che regola la tassazione degli atti giudiziari in stretta connessione con l'articolo 37 del testo unico in argomento, presenta solo alcune novita' degne di notazione mentre si appalesa notevole lo sforzo compiuto dal legislatore di condensare sempre piu' sinteticamente, in un unico articolato, in precedenza gia' abbastanza conciso, le disposizioni di legge e quelle della tariffa che si ripercuotono sugli atti di specie. Rispetto alla formulazione dell'articolo 8 del D.P.R. n. 634 del 1972 sono state unificate nella nuova lettera a), le lettere a), a bis) e b) nonche' la prima parte della lettera c), cioe' la locuzione "aventi per oggeto beni e diritti diversi da quelli indicati nelle lettere a) e b)", in modo da rendere possibile, con l'apposito richiamo apposto a margine, l'integrale applicazione delle stesse aliquote previste dalla tariffa per le corrispondenti fatti specie contrattuali. Si richiama, peraltro, l'attenzione degli uffici sulla disposizione, in precedenza non prevista, che con il dettato della lettera e) dell'articolo in esame chiarisce che sono soggette all'imposta fissa le sentenze che dichiarano la nullita' o pronunciano l'annullamento di un atto, ancorche' portanti condanna alla restituzione di danaro o di beni, o la risoluzione di un contratto. La disposizione in parola fornisce un definitivo chiarimento nella soggetta materia, eliminando le perplessita', sovente manifestatesi nella vigenza del D.P.R. n.634 del 1972, circa la possibilita' di applicare per i provvedimenti giudiziari di specie la cosidetta imposta di retrocessione. E' stato, poi, recepito alla lettera f) dell'articolo, con la previsione dell'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa, il criterio impositivo previsto dalla legge 10 maggio 1976, n. 260, per le sentenze di scioglimento o di cessazione degli effetti civili dei matrimonio e quelle di separazione personale ancorche' recanti condanne al pagamento di assegni o attribuzioni di beni patrimoniali, gia' facenti parte di comunione fra coniugi. Trattamento che e' stato esteso anche agli at ti modificativi di tali condanne o attribuzioni. Degne di rilievo appaiono poi le due note all'articolo 8 in discorso. La prima nota, nello stabilire che i decreti ingiuntivi emessi in sostituzione di quelli divenuti inefficaci ai sensi dell'articolo 644 del codice di procedura civile sono soggetti all'imposta in misura fissa, tende ad evitare che - come in effetti avveniva vigente il D.P.R. n. 634 del 1972 - vengano liquidate due imposte proporzionali relativamentemente alla stessa vertenza, la prima sul decreto ingiuntivo divenuto inefficace ai sensi del citato articolo 644 e la seconda sul successivo decreto eventualmente emesso in sostituzione del precedente. La seconda delle note in esame, innovando parzialmente la nota al previgente articolo 8 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 634 del 1972, prevede che gli atti recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura non sono soggetti all'imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 40. L'attuale formulazione dell'articolo 9 appare del tutto identica alla corrispondente disposizione del D.P.R. n. 634 del 1972. La norma in esame conserva, dunque, un carattere residuale; in essa cioe' affluiscono le fattispecie assoggettabili all'imposta di registro, non espressamente considerate in altre disposizioni. Relativamente, peraltro, ai dubbi interpretativi sorti nel vigore del precedente decreto e legati alla possibilita' di collocare in detta norma residuale gli atti societari, non epressamente previsti dal precedente articolo 4, si evidenzia che gli stessi dubbi sono stati risolti, come specificato dall'articolo 9 della tabella, nel senso che gli atti societari non specificatamente indicati nel citato articolo 4, non sono soggetti, quali atti interni delle societa', ad alcuna tassazione. Si invitano, quindi, i dipendenti uffici a ritenere superate, considerate 1e intervenute modifiche legislative, le direttive in senso contrario impartite in precedenza da questo Ministero. L'articolo 10 nel regolare i contratti preliminari, risolve, nella nota non presente nella precedente normativa, il problema attinente al trattamento tributario applicabile alle disposizioni, contenute nel preliminare di compravendita, diverse dall'obbligo di concludere il contratto definitivo. La norma dispone, infatti, che se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si rende applicabile l'articolo 6 della parte prima della tariffa in commento; se in tale contratto e' stabilito il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all'imposta sul valore aggiunto ai sensi degli articoli 5, secondo comma, e 40 del testo unico, si applica l'articolo 9 della parte prima della stessa tariffa. L'ultima parte della nota all'articolo 10 in commento, poi, e' stata dettata dall'esigenza di evitare, quando al contratto preliminare segua la relativa compravendita, una duplicazione di imposta. E' stato, infatti, previsto che l'ammontare dell'imposta principale dovuta per la registrazione dell'atto definitivo, dovra' essere detratta l'imposta pagata al momento della registrazione del contratto preliminare. Naturalmente nel caso in cui il contatto definitivo non venga posto in essere, le somme riscosse in sede di registrazione di quello preliminare rimaranno definitivamente acquisite all'Erario. L'articolo 11, oltre a prevedere diverse fattispecie non contemplate negli articoli precedenti, assolve una funzione residuale. La disposizione, rispetto a quella del D.P.R. n. 634 del 1972, presenta un piu' organico collegamento con gli atti della tabella e con quelli di cui all'articolo 6 della parte seconda della tariffa. L'articolo, nel confermare che gli atti pubblici e le scritture private autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale devono scontare la sola imposta fissa di registro, precisa che le procure, di cui all'articolo 6 della parte seconda della tariffa, anche se redatte per atto pubblico o scrittura privata autenticata, sono soggette a registrazione soltanto in caso d'uso. Tale espressa precisazione, non presente nell'articolo 11 del cennato D.P.R. n. 634, risolve, pertanto,i dubbi sorti in vigenza della pregressa normativa circa la possibilita' di considerare o meno le procure redatte per atto pubblico o scrittura privata autenticata una deroga non espressa, ma implicita, alla norma di carattere generale dell'articolo 11 dello stesso decreto. Altra deroga, del tutto in sintonia con la natura degli atti in questione, e' contenuta nella norma in esame laddove, nell'indicare che tutti gli atti della tabella stipulati per atto pubblico o scrittura privata autenticata devono essere registrati in termine fisso e scontare l'imposta nella misura fissa, esclude, gli atti di cui agli articoli 4, 5 4 10, i quali, pertanto, pur se stipulati nelle forme suddette non dovranno comunque essere assoggettati alla registrazione in termine fisso. La norma conferma, inoltre, che gli atti di negoziazione di quote di partecipazione in societa' o enti di cui al precedente articolo 4 o di titoli di cui all'articolo 8 della tabella, sono soggetti all'imposta fissa anche se redatti per scrittura privata autenticata o per atto pubblico, e cio' in ossequio ai principi stabiliti dalla direttiva della Comunita' Economica Europea del 17 luglio 1969, n. 335. TARIFFA PARTE SECONDA ATTI SOGGETTI A REGISTRAZIONE SOLO IN CASO D'USO Questa parte della tariffa individua, come e' noto, la categoria degli atti per i quali e' prevista la registrazione solo in caso d'uso e, benche' non siano numerose le modifiche legislative apportate alla corrispondente parte seconda della tariffa allegata al pregresso D.P.R. n. 634 del 1972, si reputa opportuno evidenziarne le caratteristiche peculiari. L'articolo 1 innova il corripondente articolo del decreto da ultimo citato conservando la possibilita' della registrazione in caso di uso solo agli atti indicati nel primo comma dell'articolo 2 della parte prima della tariffa: in altri termini, come gia' si e' avuto modo di rilevare in sede di esame del suddetto articolo 2, e' stata esclusa la possibilita' di registrare in caso d'uso i contratti di associazione in partecipazione con apporto di beni redatti per corrispondenza. Si richiama l'attenzione degli uffici, poi, su quanto dispone la prima parte dell'articolo 2 in cui e' stata sostanzialmente trasfusa la norma dell'articolo 3 della parte seconda della tariffa allegata