Allegato Autorita' Nazionale Anticorruzione Piano Nazionale Anticorruzione 2016 PARTE GENERALE 1 Premessa: il nuovo PNA e le recenti modifiche legislative 1. Orientamenti internazionali 2. Esiti della valutazione dei PTPC 2016-2018 3. Soggetti tenuti all'adozione di misure di prevenzione della corruzione 3.1 Pubbliche amministrazioni 3.2 Enti pubblici economici, ordini professionali, societa' in controllo pubblico ed altri enti di diritto privato assimilati 3.3 Societa' in partecipazione pubblica ed altri enti di diritto privato assimilati 4. Ulteriori contenuti dei PTPC alla luce delle recenti modifiche normative 5. Soggetti interni coinvolti nel processo di predisposizione e adozione del PTPC 5.1 Organi di indirizzo 5.2 Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza 5.3 Organismi indipendenti di valutazione 6. Gestione del rischio di corruzione 7. Azioni e misure per la prevenzione 7.1 Trasparenza 7.2 Rotazione 7.3 Verifica delle dichiarazioni sulla insussistenza delle cause di inconferibilita' 7.4 Revisione dei processi di privatizzazione e esternalizzazione di funzioni, attivita' strumentali e servizi pubblici 7.5 Whistleblowing PARTE SPECIALE - APPROFONDIMENTI I - PICCOLI COMUNI Premessa 1. I "piccoli comuni" nella normativa di prevenzione della corruzione 2. Valutazione dei PTPC dei piccoli comuni 3. Prevenzione della corruzione nelle forme associative tra enti locali 3.1 Unioni di comuni 3.2 Convenzioni di Comuni 4. Altre semplificazioni per i piccoli comuni 5. Coordinamento fra gli strumenti di programmazione II - CITTA' METROPOLITANE Premessa 1. Valutazione dei PTPC delle citta' metropolitane 2. Rapporto citta' metropolitane ed enti territoriali (regione, comune capoluogo, comuni del territorio) 2.1 Rapporto tra citta' metropolitana e regione per identificare le funzioni e i relativi processi da mappare nei PTPC 2.2 Rapporto tra citta' metropolitana e comune capoluogo al fine di favorire forme di coordinamento per la predisposizione dei rispettivi PTPC 2.3 Rapporto tra citta' metropolitana e piccoli comuni del territorio, per coordinare e semplificare l'attivita' di elaborazione dei rispettivi PTPC 3. Individuazione dell'organo di indirizzo che adotta il PTPC 4. Nomina del RPCT 5. Obblighi di trasparenza 6. Coordinamento fra gli strumenti di programmazione III - ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI Premessa 1. Responsabile della prevenzione della corruzione e adozione del PTPC e di misure di prevenzione della corruzione 1.1 Responsabile della Prevenzione della corruzione e della trasparenza 1.2 Predisposizione del PTPC e delle misure di prevenzione della corruzione 1.3 Organo che adotta il PTPC o le misure di prevenzione della corruzione 2. Esemplificazione di aree di rischio specifiche negli ordini e collegi professionali 2.1 Formazione professionale continua 2.2 Adozione di pareri di congruita' sui corrispettivi per le prestazioni professionali 2.3 Indicazione di professionisti per lo svolgimento di incarichi 3. Trasparenza ai sensi del d.lgs. 33/2013 IV - ISTITUZIONI SCOLASTICHE Premessa 1. Precisazioni in merito al RPCT e ai contenuti dei PTPC in relazione al d.lgs. 97/2016 2. Istituzioni dell'Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM) V - TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI Premessa 1. Programmazione delle misure di prevenzione e di trasparenza e nomina del RPCT nel MIBACT 2. Procedimento per la dichiarazione di interesse culturale 3. Circolazione internazionale intracomunitaria dei beni culturali 4. Autorizzazioni paesaggistiche: il ruolo delle Soprintendenze VI - GOVERNO DEL TERRITORIO Premessa 1. Pianificazione territoriale regionale, provinciale o metropolitana 2. Processi di pianificazione comunale generale 2.1 Varianti specifiche 2.2 Fase di redazione del piano 2.3 Fase di pubblicazione del piano e raccolta delle osservazioni 2.4 Fase di approvazione del piano 3. Processi di pianificazione attuativa 3.1 Piani attuativi d'iniziativa privata 3.2 Piani attuativi di iniziativa pubblica 3.3 Convenzione urbanistica 3.4 Approvazione del piano attuativo 3.5 Esecuzione delle opere di urbanizzazione 4. Permessi di costruire convenzionati 5. Il processo attinente al rilascio o al controllo dei titoli abilitativi edilizi 5.1 Assegnazione delle pratiche per l'istruttoria 5.2 Richiesta di integrazioni documentali 5.3 Calcolo del contributo di costruzione 5.4 Controllo dei titoli rilasciati 6. Vigilanza VII - SANITA' Introduzione Ruolo del responsabile della prevenzione della corruzione Premessa 1. Ambito soggettivo 1.1 Altri soggetti non di diritto pubblico: gli ospedali classificati e altri soggetti accreditati con il SSN 2. Conoscenze e competenze generali e comuni del RPCT in ambito sanitario e requisiti soggettivi 2.1 Profili di competenza 2.2 Aspetti organizzativi 3. Criteri di esclusione 4. Criteri di scelta 5. Fattori di rischio/criticita' 6. Struttura di supporto 7. Durata dell'incarico 8. Formazione Acquisti in ambito sanitario 1. Misure per la gestione dei conflitti di interessi nei processi di procurement in sanita' 1.1 Possibili ambiti di conflitto di interesse 2. Rafforzamento della trasparenza nel settore degli acquisti 2.1 Altre proposte di misure di trasparenza nel settore degli acquisti 3. Misure di controllo 4. Sotto-processo di adesione agli strumenti delle centrali di committenza o dei soggetti aggregatori 5. Rilevazione delle performance gestionali delle aziende sanitarie e degli enti del SSN in tema di acquisti: strumento operativo Nomine Premessa 1. Dirigenza medica e sanitaria 1.1 Incarichi di direzione di struttura complessa 1.2 Incarichi di direzione di struttura semplice 1.3 Incarichi di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo 2. Sostituzione della dirigenza medica e sanitaria 3. Altre tipologie di incarichi 3.1 Incarichi conferiti ai sensi dell'art. 15 septies del d.lgs. 502/1992 3.2 Personale proveniente dagli ospedali classificati Rotazione del personale Premessa 1. Criticita' ed elementi di valutazione 1.1 Area clinica 1.2 Area tecnica e amministrativa 1.3 Altre professioni sanitarie 2. Indicazioni generali e ulteriori Rapporti con i soggetti erogatori Premessa 1. Autorizzazione all'esercizio 1.1 Rafforzamento della trasparenza 1.2 Rafforzamento dei controlli 2. Accreditamento istituzionale 2.1 Rafforzamento della trasparenza 2.2 Rafforzamento dei controlli 2.3 Altre indicazioni 3. Accordi/contratti di attivita' 3.1 Misure specifiche per la fase contrattuale 4. Valutazione del fabbisogno Ulteriori temi di approfondimento 1. Misure per l'alienazione degli immobili 2. Sperimentazioni cliniche. Proposta di ripartizione dei proventi derivanti da sperimentazioni cliniche 2.1 Criteri per la ripartizione dei proventi 3. Comodati d'uso/ valutazione "in prova" 4. Ulteriori misure per la trasparenza, il governo e la gestione dei tempi e delle liste di attesa e dell'attivita' libero professionale intra moenia PARTE GENERALE Premessa: il nuovo PNA e le recenti modifiche legislative Il presente Piano Nazionale Anticorruzione 2016 (di seguito PNA) e' il primo predisposto e adottato dall'Autorita' Nazionale Anticorruzione (di seguito ANAC), ai sensi dell'art. 19 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, che ha trasferito interamente all'Autorita' le competenze in materia di prevenzione della corruzione e della promozione della trasparenza nelle pubbliche amministrazioni. Il PNA e' in linea con le rilevanti modifiche legislative intervenute recentemente, in molti casi dando attuazione alle nuove discipline della materia, di cui le amministrazioni dovranno tener conto nella fase di attuazione del PNA nei loro Piani triennali di prevenzione della corruzione (di seguito PTPC), in particolare a partire dalla formazione dei PTPC per il triennio 2017-2019. Si fa riferimento, in particolare, al decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, «Recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicita' e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» (di seguito d.lgs. 97/2016) e al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 sul Codice dei contratti pubblici. Innovazioni rilevanti deriveranno anche dai decreti delegati in materia di societa' partecipate dalle pubbliche amministrazioni, dai decreti sulla dirigenza pubblica e dal nuovo Testo Unico sul lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Le principali novita' del d.lgs. 97/2016 in materia di trasparenza riguardano il definitivo chiarimento sulla natura, sui contenuti e sul procedimento di approvazione del PNA e, in materia di trasparenza, la definitiva delimitazione dell'ambito soggettivo di applicazione della disciplina, la revisione degli obblighi di pubblicazione nei siti delle pubbliche amministrazioni unitamente al nuovo diritto di accesso civico generalizzato ad atti, documenti e informazioni non oggetto di pubblicazione obbligatoria. La nuova disciplina chiarisce che il PNA e' atto generale di indirizzo rivolto a tutte le amministrazioni (e ai soggetti di diritto privato in controllo pubblico, nei limiti posti dalla legge) che adottano i PTPC (ovvero le misure di integrazione di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231). Il PNA, in quanto atto di indirizzo, contiene indicazioni che impegnano le amministrazioni allo svolgimento di attivita' di analisi della realta' amministrativa e organizzativa nella quale si svolgono le attivita' di esercizio di funzioni pubbliche e di attivita' di pubblico interesse esposte a rischi di corruzione e all'adozione di concrete misure di prevenzione della corruzione. Si tratta di un modello che contempera l'esigenza di uniformita' nel perseguimento di effettive misure di prevenzione della corruzione con l'autonomia organizzativa, spesso costituzionalmente garantita, delle amministrazioni nel definire esse stesse i caratteri della propria organizzazione e, all'interno di essa, le misure organizzative necessarie a prevenire i rischi di corruzione rilevati. L'ANAC, ai fini dell'attuazione del PNA, e' dotata (art. 1, commi 2 e 3, della legge 6 novembre 2012, n. 190) di poteri di vigilanza sulla qualita' di Piani adottati dalle pubbliche amministrazioni, che possono comportare l'emissione di raccomandazioni (ovvero nei casi piu' gravi l'esercizio del potere di ordine) alle amministrazioni perche' svolgano le attivita' previste dal Piano medesimo (dalle attivita' conoscitive alla individuazione di concrete misure di prevenzione). L'ANAC ha, infine, (art. 19, co. 5, d.l. 90/2014) poteri di sanzione nei casi di mancata adozione dei PTPC (o di carenza talmente grave da equivalere alla non adozione). La nuova disciplina tende a rafforzare il ruolo dei Responsabili della prevenzione della corruzione (RPC) quali soggetti titolari del potere di predisposizione e di proposta del PTPC all'organo di indirizzo. E', inoltre, previsto un maggiore coinvolgimento degli organi di indirizzo nella formazione e attuazione dei Piani cosi' come di quello degli organismi indipendenti di valutazione (OIV). Questi ultimi, in particolare, sono chiamati a rafforzare il raccordo tra misure anticorruzione e misure di miglioramento della funzionalita' delle amministrazioni e della performance degli uffici e dei funzionari pubblici. La nuova disciplina persegue, inoltre, l'obiettivo di semplificare le attivita' delle amministrazioni nella materia, ad esempio unificando in un solo strumento il PTPC e il Programma triennale della trasparenza e dell'integrita' (PTTI) e prevedendo una possibile articolazione delle attivita' in rapporto alle caratteristiche organizzative (soprattutto dimensionali) delle amministrazioni. In piena aderenza agli obiettivi fissati dalla l. 190/2012 il PNA ha il compito di promuovere, presso le amministrazioni pubbliche (e presso i soggetti di diritto privato in controllo pubblico), l'adozione di misure di prevenzione della corruzione. Misure di prevenzione oggettiva che mirano, attraverso soluzioni organizzative, a ridurre ogni spazio possibile all'azione di interessi particolari volti all'improprio condizionamento delle decisioni pubbliche. Misure di prevenzione soggettiva che mirano a garantire la posizione di imparzialita' del funzionario pubblico che partecipa, nei diversi modi previsti dall'ordinamento (adozione di atti di indirizzo, adozione di atti di gestione, compimento di attivita' istruttorie a favore degli uni e degli altri), ad una decisione amministrativa. L'individuazione di tali misure spetta alle singole amministrazioni, perche' solo esse sono in grado di conoscere la propria condizione organizzativa, la situazione dei propri funzionari, il contesto esterno nel quale si trovano ad operare. Il PNA, dunque, deve guidare le amministrazioni nel percorso che conduce necessariamente all'adozione di concrete ed effettive misure di prevenzione della corruzione, senza imporre soluzioni uniformi, che finirebbero per calarsi in modo innaturale nelle diverse realta' organizzative compromettendone l'efficacia preventiva dei fenomeni di corruzione. L'ANAC gia' con l'Aggiornamento 2015 al PNA (determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015) ha dimostrato consapevolezza delle difficolta' delle amministrazioni a compiere per intero questo percorso, come rilevato nell'analisi dei PTPC approvati negli anni 2014 e 2015. L'analisi di un ristretto campione di PTPC adottati nel 2016 (di cui al successivo § 2) mette in luce che, nonostante alcuni significativi progressi, le difficolta' delle amministrazioni permangono e che le stesse non sembrano legate alla specifica complessita' delle attivita' di prevenzione della corruzione da compiere, ma ad una piu' generale difficolta' nella autoanalisi organizzativa, nella conoscenza sistematica dei processi svolti e dei procedimenti amministrativi di propria competenza, nella programmazione unitaria di tutti questi processi di riorganizzazione. Tali criticita' potranno essere progressivamente superate anche all'esito dei processi di riforma amministrativa introdotti dalla legge 7 agosto 2015, n. 124 e dai relativi decreti delegati. Nel campo specifico della lotta alla corruzione l'Autorita' continua decisamente nell'opera di prevenzione, sottolineando la centralita' del risultato (le misure di prevenzione) anche rispetto ai passaggi e al metodo generale per raggiungerlo. Di qui la scelta nella direzione dell'approfondimento di specifiche realta' amministrative, per tipologie di amministrazioni o per settori specifici di attivita'. Con il presente PNA 2016 la scelta viene confermata e rafforzata. A una parte generale volta ad affrontare problematiche relative all'intero comparto delle pubbliche amministrazioni (e dei soggetti di diritto privato in loro controllo) segue una parte dedicata ad una piu' ampia serie di approfondimenti specifici. In tal modo l'Autorita' continua a offrire un supporto progressivo, che verra' dunque implementato e integrato nel corso dei prossimi anni, cominciando da alcune delle amministrazioni che in questi primi anni hanno mostrato maggiori problematiche nell'applicazione della legge e in alcuni settori particolarmente esposti a fenomeni di corruzione. Le tipologie di amministrazioni sono i piccoli comuni, le citta' metropolitane e gli ordini professionali. Sono state, inoltre, svolte alcune precisazioni in ordine all'applicazione della normativa anticorruzione nella Istituzioni scolastiche e negli Istituti di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM) ad integrazione e aggiornamento della delibera n. 43/2016 «Linee guida sull'applicazione alle istituzioni scolastiche delle disposizioni di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 e al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33». Le materie riguardano la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, il governo del territorio e la sanita'. Un approfondimento specifico e' dedicato alla misura della rotazione ed alcune indicazioni integrative concernono la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, determinazione n. 6/ 2015 «Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)». Procedimento di predisposizione del PNA Per tutti questi ambiti di attenzione sono stati costituiti appositi tavoli tecnici di approfondimento con l'attiva partecipazione delle amministrazioni direttamente interessate e dei principali operatori del settore. In particolare, gli approfondimenti sui piccoli comuni e le citta' metropolitane hanno formato oggetto di un tavolo di lavoro con ANCI, UPI, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome e Ministero dell'Interno. Al tavolo sugli ordini professionali hanno partecipato: la rete delle professioni tecniche in rappresentanza di architetti pianificatori paesaggisti e conservatori, chimici, dottori agronomi e dottori forestali, geologi, geometri e geometri laureati, ingegneri, periti agrari e periti agrari laureati, periti industriali e periti industriali laureati, tecnologi alimentari, il consiglio nazionale del notariato, il comitato unico delle professioni, il consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, il consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, consiglio nazionale degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori, consiglio nazionale degli ingegneri. Sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali, il referente e' stato il Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo (di seguito MIBACT). Al tavolo del governo del territorio hanno partecipato ANCI, UPI, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome. Le indicazioni relative alla misura della rotazione sono state oggetto di un confronto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica (di seguito DFP) - in considerazione delle strette connessioni fra l'applicazione della misura e la normativa sull'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e del pubblico impiego. Le parti relative alla sanita' sono state predisposte grazie all'ausilio di tavoli di lavoro costituiti insieme all'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (di seguito AGENAS) e al Ministero della salute. Il lavoro svolto ha condotto alla individuazione, sempre con finalita' di indirizzo piu' che di imposizione di obblighi, di misure di prevenzione non piu' generali, ma specifiche, calibrate ai processi rilevati ed emerse dalle esperienze concrete delle amministrazioni. Nella definizione dei contenuti si e' tenuto conto anche delle importanti indicazioni e degli orientamenti che provengono dal contesto internazionale (cfr. § 1) nonche' degli esiti della valutazione di un campione di PTPC di amministrazioni centrali e locali (cfr. § 2). Ne risulta un quadro di misure sempre piu' articolato e differenziato, con effetti diversi nei settori esaminati e nella generalita' delle pubbliche amministrazioni. Le misure, sia pure suggerite e non imposte, nascono dall'analisi dei rischi di corruzione che, nelle amministrazioni considerate, risultano ricorrenti. Nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento, le amministrazioni interessate potranno anche adottare diverse misure preventive, sempre che dimostrino la loro maggiore congruita' in relazione al proprio contesto organizzativo e a quanto indicato nel PNA. Nella generalita' delle amministrazioni, le misure di settore hanno un valore ancora piu' accentuatamente indicativo e costituiscono pur sempre delle valide indicazioni di misure da adattare a casi simili. Per fare solo un esempio: se nel settore del governo del territorio si suggerisce l'introduzione di controlli successivi a campione sui titoli abilitativi rilasciati o sull'attivita' di vigilanza edilizia svolta dagli uffici, analoghe misure potranno essere introdotte per il controllo di analoghe attivita' dell'amministrazione in settori diversi. Nei prossimi anni, con gli Aggiornamenti al presente PNA, si proseguira' con il metodo degli approfondimenti di settore, in qualche caso dando continuita' ai tavoli gia' insediati (sanita', beni culturali, piccoli comuni), in altri affrontando settori e tematiche nuove (l'ambiente, la scuola, gli enti di diritto privato in controllo pubblico). In questo senso, l'Autorita' propone il PNA come strumento di indirizzo e sostegno alle amministrazioni orientato a favorire l'attuazione sostanziale, secondo un principio improntato allo scopo, non meramente formale e adempitivo, della normativa. Procedimento di approvazione del PNA I lavori di predisposizione del PNA sono stati avviati in un fase in cui la l. 190/2012, art. 1, co. 4, prevedeva che il PNA fosse approvato «anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri». Ai sensi del novellato art. 1 della l. 190/2012, da parte dell'art. 41, co. 1, lett. b) del d.lgs. 97/2016, il PNA e', invece, adottato dall'ANAC, sentiti il Comitato interministeriale istituito con d.p.c.m. del 16 gennaio 2013 e la Conferenza unificata di cui all'art. 8, co. 1, del decreto legislativo. 28 agosto 1997, n. 281. Nella fase interlocutoria che ha caratterizzato la predisposizione del presente PNA, l'Autorita' ha, da un lato, formalmente chiesto alla Presidenza del Consiglio se volesse adottare nuove linee di indirizzo. Dall'altro, ha predisposto il PNA tenendo conto che, in base alla normativa vigente, l'adozione di nuove linee di indirizzo non e' obbligatoria e non impedisce la sua approvazione. Il presente PNA, pertanto, e' stato adottato in via preliminare dal Consiglio dell'Autorita' nella seduta del 18 maggio 2016, ed e' stato sottoposto a consultazione pubblica aperta, al fine di ricevere osservazioni e proposte di integrazione. Sono pervenuti complessivamente 48 contributi da parte di regioni, enti locali, enti del servizio sanitario nazionale, enti pubblici, societa', ordini professionali, associazioni, dipendenti pubblici, soggetti privati. Sono, inoltre, stati coinvolti 52 soggetti istituzionali nazionali e internazionali (1) attraverso scambi di note. In particolare hanno fornito suggerimenti o riscontri: l'Avvocatura generale dello Stato, il Dipartimento della funzione pubblica, il Ministro per le riforme costituzionali e rapporti con il Parlamento, il Ministro dell'interno, il Ministro dello Sviluppo Economico, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro per gli affari regionali, il Ministro dell'istruzione dell'universita' e della ricerca, il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, la Banca d'Italia, l'Unita' di informazione finanziaria della Banca d'Italia (UIF), il Garante per la protezione dei dati personali, l'Unione delle province d'Italia (UPI), la CGIL, l'UGL, la Confindustria, il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU) presso il Ministero dello sviluppo economico. Lo schema di PNA e' stato anche oggetto di una specifica sessione di approfondimento nel corso della Seconda giornata nazionale dei RPC che si e' svolta il 24 maggio 2016 e nella quale sono emersi importanti spunti di riflessione. Le osservazioni e i suggerimenti pervenuti sono stati valutati ai fini della stesura del testo finale del PNA approvato dall'Autorita' in data 6 luglio 2016 e inviato per il parere previsto dalla piu' recente normativa, al Comitato interministeriale e alla Conferenza unificata Stato, Regioni e Autonomie locali. In data 21 luglio e in data 28 luglio 2016, rispettivamente, la Conferenza Unificata (2) e il Comitato interministeriale hanno espresso parere favorevole. La Conferenza ha riportato anche osservazioni del 9 giugno 2016 valutate ai fini della versione del PNA licenziata dal Consiglio il 6 luglio 2016. L'auspicio dell'Autorita' e' che il PNA possa contribuire a responsabilizzare maggiormente tutti i soggetti che a vario titolo operano nelle amministrazioni - dagli organi di indirizzo, ai RPC, ai dirigenti e ai dipendenti tutti - nella consapevolezza che la prevenzione dei fenomeni corruttivi non possa che essere il frutto di una necessaria interazione delle risorse, delle competenze e delle capacita' di ognuno. Coordinamento con il PNA 2013 Come anticipato, il presente PNA ha un'impostazione diversa rispetto al precedente del 2013. Sia nella parte generale che nella parte speciale l'Autorita' ha scelto di svolgere approfondimenti su temi specifici senza soffermarsi su tutti quelli gia' trattati in precedenza. Di seguito sono riportate alcune indicazioni sui termini della modifica o dell'integrazione fra i due documenti. Alla luce delle recenti modifiche normative, in particolare dell'art. 2-bis del d.lgs. 33/2013, introdotto dall'art. 3 del d.lgs. 97/2016 e dell'art. 1, co. 2 bis della l. 190/2012, introdotto dall'art. 41 del d.lgs. 97/2016 (di seguito art. 1, co. 2-bis, l. 190/2012), il PNA 2013 e' da intendersi superato con riferimento all'identificazione delle pubbliche amministrazioni e degli enti direttamente destinatari del PNA. Lo stesso puo' dirsi per la misura della rotazione, che nel presente PNA trova una piu' compiuta disciplina, e per la tutela del dipendente che segnala illeciti (cd. whistleblower) su cui l'Autorita' ha adottato apposite Linee guida a cui si rinvia. Sulla trasparenza, oggetto di profonde innovazioni apportate dal d.lgs. 97/2016, vengono forniti alcuni nuovi indirizzi interpretativi, salvo il rinvio a successive Linee guida. Sui codici di comportamento e sulle altre misure generali, oggetto di orientamenti dell'ANAC successivi all'adozione del PNA (es. Linee guida sui codici di comportamento), l'Autorita', pur confermando l'impostazione generale, si riserva di intervenire anche ai fini di un maggior coordinamento. Resta ferma l'impostazione relativa alla gestione del rischio elaborata nel PNA 2013, come integrato dall'Aggiornamento 2015 al PNA, anche con riferimento alla distinzione tra misure organizzative generali e specifiche e alle loro caratteristiche. Le amministrazioni e gli enti non sono invece piu' tenuti a trasmettere ad ANAC i dati che il DFP richiedeva secondo quanto previsto nel § 4 del PNA 2013. Quanto gia' indicato nell'Aggiornamento 2015 al PNA, sia per la parte generale che per quella speciale, e' da intendersi integrativo del presente PNA. 1. Orientamenti internazionali I contenuti e le raccomandazioni raccolte nel presente PNA sono strettamente ancorati ad adempimenti internazionali alla cui attuazione l'ordinamento italiano e' tenuto. L'Autorita', infatti, e' chiamata a dare il proprio apporto anche in sede di elaborazione e esecuzione di norme internazionali entro l'ordinamento italiano in coerenza di quanto previsto dall'art. 1, co. 2, lett. a) della l. 190/2012 secondo cui l'Autorita' «collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali e internazionali competenti». In questa prospettiva l'ANAC partecipa attivamente alle attivita' svolte nelle sedi internazionali quali l'ONU, il G20, l'OCSE, il Consiglio d'Europa e l'Unione europea da cui emergono, a fianco dell'azione repressiva, importanti orientamenti e leve di tipo preventivo della corruzione di cui questo PNA fa parte. Si consideri, anzitutto, l'ambito della cooperazione intergovernativa che si situa a livello internazionale entro le Nazioni Unite. Il Report adottato dallo United Nations Office on Drugs and Crime (di seguito UNODC) nel 2015 al termine del primo esercizio di peer review, nel sottolineare positivamente il lavoro svolto dal nostro Paese (a legislazione vigente al termine del 2013), ha tuttavia indicato taluni punti sui quali occorre introdurre miglioramenti. In particolare e' evidenziata la necessita' di dare corretta esecuzione ai procedimenti disciplinari nei confronti di chi, all'interno della pubblica amministrazione e degli ordini professionali, venga coinvolto in fatti di corruzione. Il Global Compact - che opera nel quadro dell'Agenda delle NU 2030 per lo sviluppo sostenibile - incoraggia le aziende che operano in campo sia pubblicistico che privatistico ad adottare politiche di impresa socialmente responsabili, in adempimento dell'Obiettivo 16° dell'Agenda stessa indirizzato alla promozione di una societa' giusta, pacifica e inclusiva. Il 10° Principio del Global Compact (2014) indica l'obiettivo di sviluppare politiche e programmi contro la corruzione con riferimento alle catene di subfornitura imprenditoriali: evidenti sono i riflessi della tematica sul mondo degli appalti di opere pubbliche. Il Global Compact ha anche emanato il Business for the Rule of Law Framework (2015) che impegna il mondo imprenditoriale socialmente responsabile a iniziative di rilievo per il rafforzamento della trasparenza e dello stato di diritto, con diretta attenzione ai diritti umani e agli investimenti sociali. Nella stessa direzione si situa il Report Ruggie intitolato al Protect, Respect and Remedy Framework (2008), seguito dal Guiding Principles on Business and Human Rights (2011): la comunita' internazionale segnala la diretta responsabilita' dell'attivita' di impresa nel rispetto di standard minimi di tutela dei diritti dell'uomo gravemente pregiudicati anche da pratiche di corruzione. L'enfasi e' posta sul diritto di ciascuna persona a vivere in un ambiente legale ed integro e sul volano che quest'ultimo rappresenta per la crescita economica del paese. Nell'ambito del G20 l'Anti Corruption Working Group (di seguito ACWG) lavora con l'OCSE e la Banca Mondiale per fornire indirizzi di policy nella definizione e attuazione delle misure contro la corruzione: gli High Level Principles sulla governance dell'anticorruzione mondiale vengono adottati dai Leader nel corso dei summit che, di volta in volta, concludono l'esercizio multilaterale annuale. Tra i documenti piu' recenti, vi sono specifici riferimenti alle aeree di approfondimento nel presente PNA. Si segnalano, tra gli altri: gli High Level Principles on Beneficial Ownership Transparency (2014) sulla (effettiva) trasparenza degli assetti societari, alla base dell'adozione del Piano nazionale italiano sui beneficial ownership del 2015 e in linea con la IV Direttiva antiriciclaggio dell'UE (849/2015) per l'adozione del registro delle imprese. La Direttiva riguarda, poi, piu' in generale i presidi di prevenzione antiriciclaggio consistenti in misure di adeguata verifica, tracciabilita' delle operazioni e di segnalazione di operazioni sospette. Rilevanti risultano anche gli High Level Principles on integrity and security in private sector (2015) sulla trasparenza nel settore privato. Particolare importanza, in detto contesto, assumono gli High Level Principles on integrity in Procurement (2015), frutto dello sforzo comune in ambito G20 di OCSE, Italia e Brasile: essi contengono sempre specifici riferimenti agli appalti telematici e all'integrita' e trasparenza delle procedure. Per rimarcare l'importanza di quest'ultimo documento, e piu' in generale la necessita' di presidiare efficacemente il settore del Procurement, l'OCSE ha di recente pubblicato un Report (3) in cui si sottolinea come il tema sia di rilievo fondamentale, sia per l'intrinseco legame tra settore pubblico e privato, sia perche' nei Paesi OCSE nel 2013 gli appalti pubblici hanno rappresentato il 12% del PIL e il 29% della spesa delle amministrazioni pubbliche. Il G20, in collaborazione con OCSE, con il Gruppo d'Azione Finanziaria Internazionale (di seguito GAFI), UNODC e World Bank, adotta anche un Piano d'Azione biennale che individua, con la tecnica del risk management, le aree piu' esposte e prioritarie per la lotta alla corruzione. Le stesse sono censite come segue: ownership transparency; bribery; private sector transparency and integrity; international cooperation; public sector transparency and integrity, extractives, fisheries, forestry, customs e, da ultimo, sport), per una sempre piu' incisiva lotta alla corruzione nei settori pubblico e privato, nonche' per la trasparenza nei rapporti tra imprese e Governi. A completamento si richiamano anche le 40 Raccomandazioni del GAFI che attribuiscono particolare rilievo al rafforzamento dei presidi relativi alle persone politicamente esposte (PEP) e dettano standard stringenti in materia di trasparenza delle societa' e dei trust, al fine di identificare i titolari effettivi e contrastare l'utilizzo illecito dei veicoli societari. Dai tavoli di cooperazione multilaterale instaurati presso l'OCSE e dalle raccomandazioni e linee guida di orientamento generale in essi prodotti giungono all'Italia importanti sollecitazioni. L'OCSE ha infatti da anni attivato gruppi di lavoro e comitati sui temi, tra gli altri, dell'integrita', della trasparenza, dell'anticorruzione e degli appalti pubblici, nell'ambito dei quali periodicamente vengono elaborati con il contributo di tutti i Paesi aderenti e dei delegati partecipanti, documenti che cristallizzano esperienze di successo e forniscono indicazioni metodologiche e pratiche per favorire la convergenza su standard e best practices internazionalmente riconosciuti. E' il caso ad esempio della Recommendation on Public Integrity (la cui adozione e' prevista per l'autunno del 2016) destinata a sostituire la Recommendation on Improving Ethical Conduct in the Public Service (1998), sviluppandone ulteriormente i contenuti e rafforzando il presidio dei temi dell'integrita' e della trasparenza, portando a frutto le piu' recenti esperienze e lezioni apprese a livello internazionale nel settore. Nel draft del documento all'esito della consultazione pubblica si sottolinea l'imprescindibile necessita' di garantire l'integrita' di tutti i processi e le attivita' pubbliche dei Paesi OCSE, a tutti i livelli di governo, da perseguire anche attraverso i principi e le indicazioni contenute nelle Raccomandazioni. Esse riconoscono la necessita' di prevedere in ogni contesto nazionale un "sistema di integrita'" generale nell'ambito del quale sviluppare "sotto-sistemi di integrita'" specifici. Si raccomanda inoltre di sviluppare un approccio strategico, che delinei gli obiettivi e le priorita' nella gestione dei rischi relativi a irregolarita', corruzione, frodi e illegalita' in generale. La gestione dei rischi dovrebbe portare in ciascun settore, e all'interno di esso in particolare per i processi identificati come critici, alla predisposizione di segnali di avvertimento - le c.d. red flags - che permettano di monitorarli efficacemente per prevenire la corruzione e le illegalita'. Anche la Recommendation on Public Procurement del 2015, sebbene focalizzata sull'ambito specifico degli appalti pubblici, delinea un piu' generale approccio in cui viene raccomandato l'utilizzo dell'analisi dei rischi per orientare le misure di prevenzione della corruzione e di promozione dell'integrita' per settori e ambiti specifici dei diversi livelli di governo e amministrazione territoriale. Insieme alla trasparenza, alla piena accessibilita' ai dati e alle informazioni sulle attivita' e sull'uso delle risorse pubbliche, alle procedure e le pratiche promosse per favorire la partecipazione degli stakeholder, questa misura e' un leit motiv della produzione documentale in ambito OCSE. Nella stessa prospettiva si situano gli High Level Principles per l'integrita', la trasparenza e i controlli efficaci di grandi eventi e delle relative infrastrutture elaborati da OCSE e ANAC (2015) sulla base della comune esperienza di lavoro per EXPO Milano 2015: da essi, infatti, sono state tratte lezioni e principi generali in tema di trasparenza e accountability, che possono rappresentare un modello a disposizione della comunita' internazionale e degli attori che operano ai fini della realizzazione di grandi eventi e delle relative infrastrutture. Nel documento riferito alle grandi infrastrutture e eventi, ma mutatis mutandis a ogni ambito di attivita' pubblica, la trasparenza e' concepita come il principio fondamentale per ottenere la fiducia pubblica e per assicurare l'accountability delle attivita'. L'apertura verso il pubblico puo' aiutare a rispondere all'esigenza di informazione della societa' civile e a ridurre in questo modo possibili tensioni, oltre a coinvolgere i cittadini in una forma di controllo sociale diffuso. «L'uso dei siti web, per esempio, si rivela un mezzo molto utile per veicolare tra gli stakeholders ed i cittadini informazioni sugli appalti pubblici, sullo stato di evoluzione dei progetti, sul modello di governance, etc., cosi' da permettere anche l'interoperabilita' con il mondo accademico o con altre organizzazioni. Si raccomanda la pubblicazione dei dati in formato aperto e in sezioni ben evidenziate dei siti web e strutturate in modo standardizzato, affinche' le informazioni siano facilmente accessibili e efficacemente riutilizzabili da parte degli stakeholders». Anche il Gruppo di lavoro dell'OCSE Working Group on Bribery (di seguito WGB) - competente sulla corruzione nelle operazioni economiche internazionali - ha espresso, in sede di Conferenza Ministeriale (16 marzo 2016) un'importante dichiarazione con specifici riferimenti alla trasparenza dell'azione amministrativa e all'integrita' negli appalti pubblici, soprattutto in occasione dei grandi eventi. Venendo all'ambito della cooperazione internazionale interessata a livello europeo, l'Addendum al Rapporto di conformita' sull'Italia per il primo e secondo ciclo di valutazione congiunti adottato nel 2013 dal Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO), nell'ambito del Consiglio d'Europa, affronta in modo specifico il tema della trasparenza e dell'accesso ai dati e documenti rilevanti dell'azione amministrativa negli enti locali, raccomandando l'apertura alle richieste di conoscenza dell'azione amministrativa di cittadini e portatori di interesse e una maggiore uniformita' nell'applicazione delle norme in materia di trasparenza e accesso civico negli enti locali. Anche dall'ambito dell'Unione europea giungono importanti sollecitazioni. Nella Relazione della Commissione europea (COM (2014) 38 final, ANNEX 12), si sottolinea la necessita' che l'ordinamento italiano presidi in modo efficace gli enti locali e i livelli di governo territoriale attraverso misure per la prevenzione della corruzione che siano in grado di promuovere la trasparenza e di contrastare i conflitti di interesse, le infiltrazioni della criminalita' organizzata, la corruzione e il malaffare, sia nelle cariche elettive sia nell'apparato amministrativo. Si raccomanda inoltre di garantire un quadro uniforme per i controlli e la verifica dell'uso delle risorse pubbliche a livello regionale e locale, soprattutto in materia di appalti pubblici. Una particolare enfasi e' posta sul tema della trasparenza ad ogni livello di governo e per tutte le pubbliche amministrazioni. In particolare la Commissione si sofferma sull'esigenza di rendere piu' trasparenti gli appalti pubblici, prima e dopo l'aggiudicazione, come richiesto peraltro dalle Raccomandazioni del 2013 e del 2014 del Consiglio europeo sul programma nazionale di riforma dell'Italia (cfr. COM (2013) 362 final; COM (2014) 413 final), anche attraverso l'obbligo per le strutture amministrative di pubblicare online i conti e i bilanci annuali, insieme alla ripartizione dei costi per i contratti pubblici di opere, forniture e servizi e all'apertura del mercato dei servizi pubblici locali. Nel generale capitolo in cui viene effettuata una ricognizione sui settori maggiormente esposti alla corruzione in tutti gli Stati Membri, la Relazione ha anche raccomandato l'applicazione sistematica dell'analisi dei rischi per meglio individuare le aree in cui concentrare l'attenzione e gli sforzi per prevenire la corruzione e disegnare strategie specifiche per il contrasto della corruzione. Tra i settori individuati come particolarmente a rischio di corruzione sono indicati quello della pianificazione e dello sviluppo urbano e ambientale nonche' quello della sanita', con riguardo soprattutto agli appalti e ai rapporti con le industrie farmaceutiche. 2. Esiti della valutazione dei PTPC 2016-2018 Nel corso del 2016 e' stato individuato un campione ristretto di amministrazioni pubbliche (198) al fine di analizzare i PTPC 2016-2018 adottati. Il primo dato che emerge e' la percentuale significativa di soggetti che, almeno fino al mese di aprile 2016, risultavano non aver adottato il PTPC, pari al 31,8% del campione; in particolare, per i comuni non metropolitani la percentuale si attesta al 53,8%. Il successivo ricampionamento per tipologia di amministrazione (ove possibile) ha permesso di individuare un ulteriore insieme di 186 amministrazioni; i PTPC da queste ultime adottati hanno costituito l'oggetto dell'analisi, con il duplice obiettivo di comprendere, alla luce dell'Aggiornamento 2015 al PNA, lo scostamento rispetto alle indicazioni ivi contenute, nonche' il miglioramento dei documenti adottati rispetto al precedente monitoraggio. La metodologia di analisi dei PTPC e' stata improntata a criteri qualitativi, piuttosto che quantitativi. Emerge un timido miglioramento dei livelli qualitativi dei PTPC, anche se l'analisi effettuata lascia intravedere ampi margini di miglioramento. Si continuano, tra l'altro, a rilevare criticita' in tutte le fasi del processo di gestione del rischio, cosi' come nella governance generale del sistema e nella previsione, attuazione e monitoraggio delle misure, confermando una certa difficolta' nell'applicazione della normativa. In particolare, i principali risultati dell'analisi sono i seguenti: Adozione del PTPC Per le amministrazioni del campione (che hanno adottato i PTPC 2016-2018) risulta che il 19,89% ha adottato anche la prima versione del PTPC 2013-2015; il 67,2% ha adottato la versione del PTPC 2014-2016; l'80,1% ha adottato la versione del PTPC 2015-2017. Da notare che tali dati si riferiscono non soltanto all'adozione ma anche alla pubblicazione sul sito istituzionale. Pertanto, si rileva una diffusa propensione all'aggiornamento dei PTPC, pur se con livelli qualitativi differenziati, da parte delle amministrazioni adempienti. Il coinvolgimento degli stakeholder interni ed esterni L'Aggiornamento 2015 al PNA sottolineava l'importanza di adottare i PTPC assicurando il pieno coinvolgimento di tutti i soggetti dell'amministrazione e degli stakeholder esterni, al fine di migliorare la strategia complessiva di prevenzione della corruzione dell'amministrazione. Sebbene ancora lontani dai livelli ottimali, i dati del monitoraggio vedono emergere un miglioramento significativo in termini di maggior coinvolgimento degli organi di indirizzo politico-amministrativo e/o degli uffici di diretta collaborazione (lo scorso anno nei PTPC non erano presenti indicazioni di questo tipo) e degli stakeholder interni ed esterni. Il ruolo del RPC Nei PTPC analizzati continuano a permanere alcune criticita' generalizzate, anche se si sottolinea l'impegno delle amministrazioni nel tentativo di una migliore declinazione ed interpretazione del ruolo del RPC rispetto alle peculiarita' di ciascuna amministrazione. Una buona percentuale di amministrazioni ha meglio esplicitato i poteri di interlocuzione e di controllo (36,6% dei casi), la posizione di autonomia e indipendenza organizzativa del RPC e della struttura di supporto (8,6% dei casi), nonche' l'attribuzione di un supporto conoscitivo e operativo riconosciuto al RPC (nel 32,3% dei casi). Il sistema di monitoraggio Il sistema di monitoraggio sull'implementazione del PTPC continua a essere una variabile particolarmente critica e un miglioramento di tale aspetto e' necessario per assicurare l'efficacia del sistema di prevenzione della corruzione delle singole amministrazioni. Quasi la meta' delle amministrazioni esaminate non vi fa riferimento (45,2%) e buona parte delle restanti amministrazioni lo esplicita ma in termini del tutto generici. Di contro, il 25,8% delle amministrazioni indica sia tempi che responsabili del monitoraggio e il restante 6% circa si divide tra quelle amministrazioni che esplicitano i tempi ma non i responsabili (1,6%) e quelle che indicano i responsabili ma non i tempi (4,3%). Analisi del contesto esterno Si e' riscontrato un indubbio sforzo da parte delle amministrazioni analizzate nel rispondere positivamente alle indicazioni dell'Aggiornamento 2015 al PNA. E' cresciuta in modo significativo la percentuale delle amministrazioni che ha effettuato l'analisi del contesto esterno. Inoltre, sembrano migliorare anche i livelli qualitativi di tale analisi. Se e' vero che il 24,7% delle amministrazioni ha realizzato l'analisi del contesto esterno in un'ottica di mera compliance e, quindi, con dati poco significativi, il 19,9% ha realizzato tale analisi dando anche evidenza dell'impatto dei dati sul rischio corruttivo per la propria organizzazione. Il restante 9,1%, pur avendo utilizzato dati significativi, non li ha interpretati alla luce delle dinamiche del rischio corruttivo per la propria organizzazione. Analisi del contesto interno Con riferimento all'analisi del contesto interno, il precedente monitoraggio poneva l'accento quasi esclusivamente sull'analisi dei processi organizzativi. A seguito dell'emanazione dell'Aggiornamento 2015 al PNA, si e' ribadita l'importanza di segnalare la complessita' organizzativa dell'amministrazione in esame, attraverso l'esame della struttura organizzativa, dei ruoli e delle responsabilita' interne, cosi' come delle politiche, degli obiettivi e strategie dell'ente, anche utilizzando dati su eventi o ipotesi di reato verificatesi in passato o su procedure derivanti dagli esiti del controllo interno. In tal senso, il monitoraggio 2016 mostra come il 66% circa del campione di amministrazioni esaminate abbia segnalato nei propri PTPC 2016-2018 informazioni mirate alla comprensione della propria complessita' organizzativa e l'8% circa ha utilizzato informazioni concernenti eventi o ipotesi di reato verificatesi in passato o su procedure derivanti dagli esiti del controllo interno. Con riferimento all'analisi (mappatura) dei processi organizzativi, focus del precedente monitoraggio, la situazione appare tendenzialmente stabile, non evidenziando particolari scostamenti tra i due monitoraggi. Nei PTPC analizzati, tendenzialmente, il numero medio di processi censiti per ciascuna area di rischio non supera le 10 unita', suggerendo un livello di analiticita' piuttosto basso; a cio' si aggiunge, inoltre, che circa il 12% del campione ha individuato, per ciascun processo censito, sia le fasi sia i responsabili dell'attuazione, percentuale che aumenta al 19% circa, se si considera esclusivamente l'identificazione dei responsabili. Analisi e valutazione del rischio Il precedente rapporto di monitoraggio lasciava emergere un quadro di sostanziale inadeguatezza anche del cosiddetto risk assessment (analisi e valutazione del rischio). Il monitoraggio 2016 evidenzia un significativo miglioramento, con circa il 50% del campione che ha individuato gli eventi rischiosi per ciascun processo, di cui il 12% ha realizzato una puntuale analisi del rischio, attraverso l'identificazione delle loro cause, dato pressoche' assente in precedenza. Anche con riferimento alla valutazione e ponderazione del rischio si evince, un seppur lieve, miglioramento. In particolare, si evidenzia un calo della percentuale di amministrazioni che non hanno effettuato alcun tipo di analisi, dal 31,5% dello scorso monitoraggio all'11% circa del monitoraggio 2016. Misure di prevenzione Ancora critica, seppure in miglioramento, appare la fase relativa al trattamento del rischio, sia con riferimento all'individuazione delle misure sia alla loro programmazione. L'individuazione delle misure generali risulta prevalente rispetto a quelle specifiche, la cui presenza nei PTPC delle amministrazioni analizzate oscilla tra l'88,2% (codice di comportamento) e il 33,3% (sensibilizzazione e rapporto con la societa' civile). La programmazione delle misure generali ha registrato un certo livello di miglioramento, anche se in diversi PTPC risultano solo elencate e solo in una minoranza sono indicati tempi, responsabili, indicatori di monitoraggio e viene data evidenza della loro attuazione. Aumentano le amministrazioni che menzionano le misure specifiche, anche se e' limitato il loro approfondimento. Approfondimento - Contratti pubblici Con riferimento alle indicazioni fornite con l'Aggiornamento 2015 al PNA, nella parte dedicata ai Contratti pubblici, i PTPC analizzati hanno presentato le maggiori criticita'. In tal senso, la gran parte delle amministrazioni non ha effettuato l'autoanalisi organizzativa suggerita dall'Autorita'. Riguardo all'analisi dei processi organizzativi, l'auspicata considerazione delle diverse fasi della gara risulta presente in una bassa percentuale di amministrazioni e oscilla tra il 25,8% (progettazione della gara) e il 18,3% (rendicontazione). Inoltre, anche la presenza di misure specifiche per le summenzionate fasi oscilla tra il 18,3% (progettazione della gara) e l'11,8% (rendicontazione). Appare evidente, quindi, la difficolta' delle amministrazioni di recepire tali indicazioni e la necessita' di un periodo di tempo maggiore per l'adeguamento. Approfondimento - Sanita' Anche la parte specifica sulla sanita' risulta ancora lontana dal risultato atteso. Se si considerano le amministrazioni facenti parte del campione e interessate all'analisi, una bassa percentuale di ASL e Policlinici universitari hanno censito alcuni dei processi tipici delle amministrazioni del comparto (tra cui, attivita' libero professionale e liste di attesa per circa il 35%, attivita' conseguenti al decesso in ambito intraospedaliero, per circa il 28% delle amministrazioni campionate). Anche con riferimento alle misure specifiche suggerite dall'Aggiornamento 2015 al PNA nel focus sulla sanita', i livelli di adempimento sono sempre tendenzialmente bassi (comunque sempre inferiori al 40%). Dalla valutazione effettuata, l'Autorita' ha tratto alcune indicazioni per la predisposizione del presente PNA. In primo luogo, l'effetto tempo e, presumibilmente, anche le indicazioni contenute nell'Aggiornamento 2015 al PNA sembrano aver aiutato le amministrazioni a superare almeno alcune delle difficolta? sperimentate nelle precedenti annualita' in relazione all'individuazione dei rischi di corruzione e alla capacita' di collegarli adeguatamente ai processi organizzativi. Cio' induce a valutare gli effetti della normativa anticorruzione in una prospettiva temporale ampia. La valenza di innovazione amministrativa che la normativa anticorruzione comporta e il cambio culturale ad essa connesso richiedono tempi medio lunghi, continuita' e stabilita' di scelte di fondo. In questa prospettiva, il PNA (che si muove sul solco metodologico gia' introdotto dal PNA 2013 e ripreso nell'Aggiornamento 2015 al PNA) ribadisce la centralita' dell'analisi del rischio e delle misure specifiche di prevenzione della corruzione contestualizzate, fattibili e verificabili nonche' offre ulteriori orientamenti e indicazioni a supporto delle amministrazioni favorendo anche lo scambio di buone pratiche. In secondo luogo, si e' riscontrata una tendenziale difficolta' delle amministrazioni ad adeguare autonomamente misure e strumenti previsti nel PNA 2013, con particolare riferimento alle fasi di ponderazione del rischio. Cio' evidenzia, ancora una volta, il disagio delle amministrazioni di uscire da schemi pre-impostati, alla ricerca di soluzioni meglio rispondenti alle peculiarita' delle stesse e la necessita', quindi, di offrire strumenti differenziati a seconda del comparto e/o della complessita' organizzativa. Il PNA, cercando di superare la logica dell'applicazione uniforme e formalistica della disciplina, si muove proprio nella direzione di provare a dare indicazioni e strumenti differenziati, in particolare con riferimento a possibili semplificazioni organizzative, in caso di ridotte dimensioni degli enti e con riferimento alla tipologia di misure di prevenzione della corruzione. 3. Soggetti tenuti all'adozione di misure di prevenzione della corruzione Sull'ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni in materia di trasparenza e degli indirizzi in materia di prevenzione della corruzione dettati dal PNA e' recentemente intervenuto il d.lgs. 97/2016 che ha introdotto modifiche ed integrazioni sia al d.lgs. 33/2013 sia alla l. 190/2012. Le modifiche hanno delineato un ambito di applicazione della disciplina della trasparenza diverso, e piu' ampio, rispetto a quello che individua i soggetti tenuti ad applicare le misure di prevenzione della corruzione. Questi ultimi, inoltre, sono distinti tra soggetti che adottano il PTPC e quelli che adottano misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. In particolare il d.lgs. 97/2016 inserisce all'interno del d.lgs. 33/2013, specificamente dedicato alla trasparenza, un nuovo articolo, l'art. 2-bis, rubricato «Ambito soggettivo di applicazione», che sostituisce l'art. 11 del d.lgs. 33/2013, contestualmente abrogato dall'art. 43. Esso individua tre macro categorie di soggetti: le pubbliche amministrazioni (art. 2-bis, co. 1); altri soggetti tra cui enti pubblici economici, ordini professionali, societa' in controllo ed enti di diritto privato (art. 2-bis, co. 2); altre societa' a partecipazione pubblica ed enti di diritto privato (art. 2-bis, co. 3). Per quanto riguarda in generale le altre misure di prevenzione della corruzione in attuazione della l. 190/2012, il co. 1, lett. a) e b) dell'art. 41 del d.lgs. 97/2016, modificando la l. 190/2012, specifica che il PNA «costituisce atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai fini dell'adozione dei propri piani triennali di prevenzione della corruzione, e per gli altri soggetti di cui all'art. 2-bis, co. 2 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai fini dell'adozione di misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche per assicurare l'attuazione dei compiti di cui al comma 4, lettera a)». A tal proposito, si ritiene utile fornire un quadro riassuntivo di quanto recentemente previsto in relazione alle diverse categorie di soggetti individuate dalle nuove disposizioni citate al fine di assicurare coerenza e coordinamento del dettato normativo. 3.1 Pubbliche amministrazioni La disciplina in materia di trasparenza si applica pienamente alle pubbliche amministrazioni, intese come «tutte le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, ivi comprese le autorita' portuali, nonche' le autorita' amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione» (art. 2-bis, co. 1, d.lgs. 33/2013). Con riguardo alle autorita' amministrative indipendenti la relazione illustrativa del decreto contiene un'elencazione che ricomprende l'Autorita' Garante della concorrenza e del mercato, la Commissione nazionale per le societa' e la borsa, l'Autorita' di regolazione dei trasporti, l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas il sistema idrico, l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali, l'Autorita' nazionale anticorruzione, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, la Banca d'Italia. Le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2 del d.lgs. 165/2001 e successive modificazioni, adottano PTPC per i quali il PNA costituisce atto di indirizzo (art. 1, co. 2-bis, l. 190/2012). Al fine di assicurare l'applicazione coordinata di tutte le misure di prevenzione della corruzione, ivi compresa quella della trasparenza, e considerato che per definire i soggetti tenuti ad adottare il PTPC o le misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del d.lgs. 231/2001, l'art. 1, co. 2-bis della l. 190/2012 rinvia all'art. 2-bis del d.lgs. 33/2013, tale rinvio non puo' che essere interpretato come riferito anche a tutti i soggetti ivi richiamati, comprese le Autorita' portuali e le Autorita' amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, tenute ad adottare un proprio PTPC. 3.2 Enti pubblici economici, ordini professionali, societa' in controllo pubblico ed altri enti di diritto privato assimilati Il legislatore ha disciplinato in modo unitario, in via residuale e speciale, altri soggetti che hanno natura e caratteristiche organizzative differenti fra loro, ovvero gli enti pubblici economici, gli ordini professionali, le societa' in controllo pubblico, le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato comunque denominati. Per quanto concerne la trasparenza, l'art. 2-bis, co. 2, del d.lgs. 33/2013, introdotto dal d.lgs. 97/2016, dispone infatti che la normativa del d.lgs. 33/2013 si applica, in quanto compatibile, anche a: a) enti pubblici economici e ordini professionali; b) societa' in controllo pubblico come definite dallo schema di decreto legislativo predisposto in attuazione dell'art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, «Testo Unico in materia di societa' a partecipazione pubblica» (4) (nel prosieguo schema di testo unico); Sono escluse, invece, le societa' quotate come definite dallo stesso decreto legislativo emanato in attuazione dell'art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124. (5) c) associazioni, fondazioni e enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalita' giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attivita' sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell'ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalita' dei titolari o dei componenti dell'organo di amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni. I soggetti di cui alle lettere a) b) c) applicano la medesima disciplina sulla trasparenza prevista per le pubbliche amministrazioni, con riguardo sia all'organizzazione sia all'attivita' svolta, «in quanto compatibile». Per quanto concerne le altre misure di prevenzione della corruzione, dall'art. 41 citato si evince che detti soggetti debbano adottare misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (art. 1, co. 2-bis, l. 190/2012). Essi, pertanto, integrano il modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231 del 2001 con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalita' in coerenza con le finalita' della l. 190/2012. Le misure sono ricondotte in un documento unitario che tiene luogo del PTPC anche ai fini della valutazione dell'aggiornamento annuale e della vigilanza dell'ANAC. Se riunite in un unico documento con quelle adottate in attuazione del d.lgs. n. 231/2001, dette misure sono collocate in una sezione apposita e dunque chiaramente identificabili, tenuto conto che ad esse sono correlate forme di gestione e responsabilita' differenti. Nei casi in cui ai soggetti di cui alle lettere a) b) c) non si applichi il d.lgs. 231/2001, o essi ritengano di non fare ricorso al modello di organizzazione e gestione ivi previsto, al fine di assicurare lo scopo della norma e in una logica di semplificazione e non aggravamento, gli stessi adottano un PTPC ai sensi della l. 190/2012 e s.m.i.. 3.3 Societa' in partecipazione pubblica ed altri enti di diritto privato assimilati Il legislatore ha considerato separatamente, e con solo riferimento alla disciplina in materia di trasparenza, le societa' a partecipazione pubblica e altri enti di diritto privato assimilati. L'art. 2-bis, co. 3, del d.lgs. 33/2013, dispone infatti che alle societa' in partecipazione come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell'articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (schema di testo unico) e alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalita' giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attivita' di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, si applica la medesima disciplina in materia di trasparenza prevista per le pubbliche amministrazioni «in quanto compatibile» e «limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all'attivita' di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea». Per i suddetti soggetti, invece, l'art. 1, co. 2-bis, della l. 190/2012 non prevede alcuna espressa disciplina in materia di adozione di misure di prevenzione della corruzione. In linea con l'impostazione della determinazione ANAC 8/2015, le amministrazioni partecipanti o che siano collegate a detti soggetti in relazione alle funzioni amministrative o ai servizi pubblici da essi svolti ovvero all'attivita' di produzione di beni e servizi dovrebbero, per le societa', promuovere l'adozione del modello di organizzazione e gestione ai sensi del d.lgs. 231/2001, ferma restando la possibilita', anche su indicazione delle amministrazioni partecipanti, di programmare misure organizzative ai fini di prevenzione della corruzione ex l. 190/2012; per gli altri soggetti indicati al citato co. 3, invece, promuovere l'adozione di protocolli di legalita' che disciplinino specifici obblighi di prevenzione della corruzione e, laddove compatibile con la dimensione organizzativa, l'adozione di modelli come quello previsto nel d.lgs. 231/2001 ***** Al momento della stesura del presente PNA il decreto legislativo sulle societa' a partecipazione pubblica (schema di testo unico) non e' stato ancora adottato, circostanza che determina incertezze sulla definizione dell'ambito soggettivo di applicazione del d.lgs. 33/2013 e della l. 190/2012. Tenuto, inoltre, conto del fatto che l'Autorita' deve individuare gli obblighi di pubblicazione applicabili a dette societa' e agli altri enti di diritto privato indicati nell'art. 2-bis secondo il criterio della "compatibilita'", l'Autorita' si riserva l'approfondimento di tutte queste problematiche e di quelle collegate all'applicazione della l. 190/2012 a detti soggetti in apposite Linee guida, di modifica della determinazione n. 8/2015, da adottare appena in vigore il decreto sopra citato, da considerare parte integrante del presente PNA. Giova fin da ora evidenziare che il comma 2 del nuovo art. 2-bis del d.lgs. 33/2013 esclude le societa' quotate controllate dalla categoria delle societa' in controllo pubblico, cui si applica, in quanto compatibile, il regime di trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Le societa' quotate e quelle che emettono strumenti finanziari in mercati regolamentati non sono, invece, espressamente escluse dall'applicazione del co. 3 dello stesso articolo, che prevede un regime di trasparenza per le societa' partecipate da pubbliche amministrazioni limitato alle attivita' di pubblico interesse svolte. Sarebbe plausibile, allora, ritenere che, in considerazione delle peculiarita' delle societa' quotate dovute alla quotazione delle azioni e alla contendibilita' delle societa' sul mercato, indice dello svolgimento di attivita' prevalentemente in regime di libera concorrenza, e valutata l'esistenza di una specifica regolamentazione di settore, le societa' quotate o che emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati, siano considerate, ai fini della trasparenza e della prevenzione della corruzione, quali societa' partecipate, indipendentemente dall'esistenza di una situazione di effettivo controllo pubblico o meno. 4. Ulteriori contenuti dei PTPC alla luce delle recenti modifiche normative Le amministrazioni e i soggetti specificamente indicati nell'art. 2-bis, co. 2 del d.lgs. 33/2013, sono tenuti ad adottare il PTPC o le misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle gia' adottate ai sensi del d.lgs. 231/2001. Oltre ai contenuti evidenziati nel PNA 2013 e nella determinazione 12/2015, si evidenzia che il d.lgs. 97/2016, nel modificare il d.lgs. 33/2013 e la l. 190/2012, ha fornito ulteriori indicazioni sul contenuto del PTPC. In particolare, il Piano assume un valore programmatico ancora piu' incisivo, dovendo necessariamente prevedere gli obiettivi strategici per il contrasto alla corruzione fissati dall'organo di indirizzo. L'elaborazione del PTPC presuppone, dunque, il diretto coinvolgimento del vertice delle p.a. e degli enti in ordine alla determinazione delle finalita' da perseguire per la prevenzione della corruzione, decisione che e' elemento essenziale e indefettibile del Piano stesso e dei documenti di programmazione strategico-gestionale. Altro contenuto indefettibile del PTPC riguarda la definizione delle misure organizzative per l'attuazione effettiva degli obblighi di trasparenza. La soppressione del riferimento esplicito al Programma triennale per la trasparenza e l'integrita', per effetto della nuova disciplina, comporta che l'individuazione delle modalita' di attuazione della trasparenza non sia oggetto di un separato atto, ma sia parte integrante del PTPC come "apposita sezione". Quest'ultima deve contenere, dunque, le soluzioni organizzative idonee ad assicurare l'adempimento degli obblighi di pubblicazione di dati e informazioni previsti dalla normativa vigente. In essa devono anche essere chiaramente identificati i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei dati, dei documenti e delle informazioni. Si raccomanda alle amministrazioni e agli altri enti e soggetti interessati dall'adozione di misure di prevenzione della corruzione, di curare la partecipazione degli stakeholder nella elaborazione e nell'attuazione delle misure di prevenzione della corruzione, anche attraverso comunicati mirati, in una logica di sensibilizzazione dei cittadini alla cultura della legalita'. Le nuove disposizioni normative (art. 1, co. 8, l. 190/2012) prevedono che il PTPC debba essere trasmesso all'ANAC. Al riguardo si precisa che, in attesa della predisposizione di un'apposita piattaforma informatica, in una logica di semplificazione degli adempimenti, non deve essere trasmesso alcun documento ad ANAC. Tale adempimento si intende assolto con la pubblicazione del PTPC sul sito istituzionale, sezione "Amministrazione trasparente/Altri contenuti Corruzione". I documenti in argomento e le loro modifiche o aggiornamenti devono rimanere pubblicati sul sito unitamente a quelli degli anni precedenti. Il rinvio alla comunicazione dei PTPC deve intendersi riferito anche alle misure di prevenzione integrative di quelle adottate ai sensi del d.lgs. n. 231/2001. Anche queste ultime sono pubblicate sul sito istituzionale degli enti, analogamente a quanto evidenziato sopra per i PTPC. 5. Soggetti interni coinvolti nel processo di predisposizione e adozione del PTPC L'Autorita' conferma le indicazioni gia' date nell'Aggiornamento 2015 al PNA, cui si rinvia, con riferimento al ruolo e alle responsabilita' di tutti i soggetti che a vario titolo partecipano alla programmazione, adozione, attuazione e monitoraggio delle misure di prevenzione della corruzione. Si evidenzia che le nuove disposizioni ribadiscono che l'attivita' di elaborazione dei PTPC, nonche' delle misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del d.lgs. 231/2001, non puo' essere affidata a soggetti estranei all'amministrazione o ente (art. 1, co. 8, l. 190/2012, come modificato dall'art. 41, co. 1, lett. g) del d.lgs. 97/2016). Lo scopo della norma e' quello di considerare la predisposizione del PTPC un'attivita' che deve essere necessariamente svolta da chi opera esclusivamente all'interno dell'amministrazione o dell'ente interessato, sia perche' presuppone una profonda conoscenza della struttura organizzativa, di come si configurano i processi decisionali (siano o meno procedimenti amministrativi) e della possibilita' di conoscere quali profili di rischio siano involti; sia perche' comporta l'individuazione delle misure di prevenzione che piu' si attagliano alla fisionomia dell'ente e dei singoli uffici. Tutte queste attivita', da ricondurre a quelle di gestione del rischio, trovano il loro logico presupposto nella partecipazione attiva e nel coinvolgimento di tutti i dirigenti e di coloro che a vario titolo sono responsabili dell'attivita' delle PA e degli enti. Sono quindi da escludere affidamenti di incarichi di consulenza comunque considerati nonche' l'utilizzazione di schemi o di altri supporti forniti da soggetti esterni. In entrambi i casi, infatti, non viene soddisfatto lo scopo della norma che e' quello di far svolgere alle amministrazioni e agli enti un'appropriata ed effettiva analisi e valutazione dei rischio e di far individuare misure di prevenzione proporzionate e contestualizzate rispetto alle caratteristiche della specifica amministrazione o ente. D'altra parte, la citata disposizione va letta anche alla luce della clausola di invarianza della spesa che deve guidare p.a. ed enti nell'attuazione della l. 190/2012 e dei decreti delegati ad essa collegati. Di seguito si riportano solamente alcune indicazioni integrative alla luce di richieste di chiarimenti e delle modifiche normative intervenute. 5.1 Organi di indirizzo Gli organi di indirizzo nelle amministrazioni e negli enti dispongono di competenze rilevanti nel processo di individuazione delle misure di prevenzione della corruzione ossia la nomina del RPC e l'adozione del PTPC (art. 41, co. 1, lett. g) del d.lgs. 97/2016). Per gli enti locali la norma precisa che «il piano e' approvato dalla giunta». Per quanto riguarda le Province, la legge 7 aprile 2014, n. 56 «Disposizioni sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», nel ridefinire la forma di governo provinciale (cui sono dedicati i commi da 54 a 56) non prevede piu' la "giunta", a favore di una gestione collegiale di "presidente" e "consiglio delle funzioni provinciali". Si ritiene, pertanto, che nelle Province, attesa l'assenza di Giunta, l'adozione del PTPC debba, di norma, prevedere un doppio passaggio: l'approvazione da parte del Consiglio provinciale di un documento di carattere generale sul contenuto del PTPC e l'adozione da parte del Presidente, fatta salva una diversa previsione statutaria. Ne consegue che la responsabilita' in caso di "omessa adozione" si configura in capo all'organo competente all'adozione finale, individuato, salvo diversa disposizione statutaria, nel Presidente. Resta fermo che per omessa adozione si intende tutto quanto evidenziato dall'Autorita' nell'art. 1, lett. g) del «Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio dell'Autorita' Nazionale Anticorruzione per l'omessa adozione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, dei Programmi triennali di trasparenza, dei Codici di comportamento» del 9 settembre 2014. Quanto previsto sull'organo competente ad adottare il PTPC e' da intendersi riferito anche all'adozione dei codici di comportamento. La medesima indicazione vale altresi' per le citta' metropolitane come precisato al § 3 dell'approfondimento del presente PNA. Resta fermo quanto previsto dall'Aggiornamento 2015 al PNA (§ 4.1) per quel che riguarda gli enti territoriali caratterizzati dalla presenza di due organi di indirizzo politico, uno generale (Consiglio) ed uno esecutivo (Giunta) nonche' per quelli dotati di un solo organo di indirizzo. Tra i contenuti necessari del PTPC vi sono gli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza (art 1, co 8, come novellato dall'art. 41 del d.lgs. 97/2016). Si raccomanda agli organi di indirizzo di prestare particolare attenzione alla individuazione di detti obiettivi nella logica di una effettiva e consapevole partecipazione alla costruzione del sistema di prevenzione. Tra questi gia' l'art. 10, co. 3, del d.lgs. 33/2013, come novellato dall'art. 10 del d.lgs. 97/2016, stabilisce che la promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce obiettivo strategico di ogni amministrazione, che deve tradursi in obiettivi organizzativi e individuali. In tal caso, ad esempio, puo' darsi come indicazione quella di pubblicare "dati ulteriori" in relazione a specifiche aree a rischio. La mancanza di tali obiettivi puo' configurare un elemento che rileva ai fini della irrogazione delle sanzioni di cui all'art. 19, co. 5, lett. b) del d.l. 90/2014. Sempre nell'ottica di un effettivo coinvolgimento degli organi di indirizzo nella impostazione della strategia di prevenzione della corruzione, ad essi spetta anche la decisione in ordine all'introduzione di modifiche organizzative per assicurare al RPC funzioni e poteri idonei allo svolgimento del ruolo con autonomia ed effettivita'. Si ricorda, inoltre, che gli organi di indirizzo ricevono la relazione annuale del RPC, possono chiamare quest'ultimo a riferire sull'attivita' e ricevono dallo stesso segnalazioni su eventuali disfunzioni riscontrate inerenti l'attuazione delle misure di prevenzione e di trasparenza. In relazione al coinvolgimenti degli organi di indirizzo, nei termini sopra evidenziati, l'Autorita' si riserva di poter chiedere informazioni in merito direttamente agli stessi. 5.2 Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza La figura del RPC e' stata interessata in modo significativo dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 97/2016. La nuova disciplina e' volta a unificare in capo ad un solo soggetto l'incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e a rafforzarne il ruolo, prevedendo che ad esso siano riconosciuti poteri e funzioni idonei a garantire lo svolgimento dell'incarico con autonomia ed effettivita', eventualmente anche con modifiche organizzative. D'ora in avanti, pertanto, il Responsabile viene identificato con riferimento ad entrambi i ruoli come Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT). Si precisa sin da ora che in attuazione delle nuove disposizioni normative, gli organi di indirizzo formalizzano con apposito atto l'integrazione dei compiti in materia di trasparenza agli attuali RPC, avendo cura di indicare la relativa decorrenza. Altro elemento di novita' e' quello della interazione fra RPCT e organismi indipendenti di valutazione. Si evidenzia, infine, quanto disposto dal decreto del Ministero dell'interno del 25 settembre 2015 (6) «Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l'individuazione di operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte degli uffici della pubblica amministrazione» che, all'art. 6, co. 5 prevede che nelle amministrazioni indicate all'art. 1, lett. h) del decreto, la persona individuata come "gestore" delle segnalazioni di operazioni sospette puo' coincidere con il Responsabile della prevenzione della corruzione, in una logica di continuita' esistente fra i presidi anticorruzione e antiriciclaggio e l'utilita' delle misure di prevenzione del riciclaggio a fini di contrasto della corruzione. Le amministrazioni possono quindi valutare e decidere, motivando congruamente, se affidare l'incarico di "gestore" al RPCT oppure ad altri soggetti gia' eventualmente provvisti di idonee competenze e risorse organizzative garantendo, in tale ipotesi, meccanismi di coordinamento tra RPCT e soggetto "gestore". Si ritiene opportuno, pertanto, precisare e modificare, alla luce del d.lgs. 97/2016 le indicazioni del PNA 2013 e quelle fornite con l'Aggiornamento 2015 al PNA. a) Criteri di scelta Nelle pubbliche amministrazioni Come anticipato, la recente normativa ha optato per l'unificazione in capo ad un unico soggetto delle funzioni di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, anche in coerenza alla ormai completa integrazione della definizione organizzativa dei flussi informativi per la pubblicazione dei dati di cui al d.lgs. 33/2013 all'interno del PTPC e della eliminazione della predisposizione di un autonomo Programma triennale per la trasparenza e l'integrita'. In via generale, per declinare i criteri di scelta del Responsabile e' importante tenere conto dell'estensione definitiva delle sue competenze anche alla materia della trasparenza. L'art. 1, co. 7, della l. 190/2012, come novellato, prevede che «l'organo di indirizzo individua, di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza.» (41, co. 1, lett. f, d.lgs. 97/2016). Viene superata la precedente disposizione che considerava in via prioritaria i dirigenti amministrativi di prima fascia quali soggetti idonei all'incarico. Tale nuovo orientamento, che risponde a esigenze di amministrazioni con un numero ridotto di dirigenti di vertice, e' tuttavia opportuno sia letto in relazione alla necessita' che il RPCT debba poter adeguatamente svolgere il proprio ruolo con effettivita' e poteri di interlocuzione reali con gli organi di indirizzo e con l'intera struttura amministrativa. Laddove possibile, pertanto, e' altamente consigliabile mantenere in capo a dirigenti di prima fascia, o equiparati, l'incarico di RPCT. La nomina di un dipendente con qualifica non dirigenziale deve essere adeguatamente motivata con riferimento alle caratteristiche dimensionali e organizzative dell'ente. Poiche' il legislatore ha ribadito che l'incarico di RPCT sia attribuito di norma a un dirigente di ruolo in servizio, e' da considerare come un'assoluta eccezione la nomina di un dirigente esterno, con onere di una congrua e analitica motivazione anche in ordine all'assenza di soggetti aventi i requisiti previsti dalla legge. Resta quindi ferma la sicura preferenza per personale dipendente dell'amministrazione, che assicuri stabilita' ai fini dello svolgimento dei compiti. Considerata la posizione di autonomia che deve essere assicurata al RPCT, e il ruolo di garanzia sull'effettivita' del sistema di prevenzione della corruzione, non appare coerente con i requisiti di legge la nomina di un dirigente che provenga direttamente da uffici di diretta collaborazione con l'organo di indirizzo laddove esista un vincolo fiduciario. Si evidenzia, inoltre, l'esigenza che il RPCT abbia adeguata conoscenza dell'organizzazione e del funzionamento dell'amministrazione, sia dotato della necessaria autonomia valutativa, che non sia in una posizione che presenti profili di conflitto di interessi e scelto, di norma, tra i dirigenti non assegnati ad uffici che svolgano attivita' di gestione e di amministrazione attiva. In questa ottica va evitato, per quanto possibile, che il RPCT sia scelto tra i dirigenti assegnati a uffici che svolgono attivita' nei settori piu' esposti al rischio corruttivo, come l'ufficio contratti o quello preposto alla gestione del patrimonio. Per il tipo di funzioni svolte dal RPCT, improntate alla collaborazione e all'interlocuzione con gli uffici, occorre valutare con molta attenzione la possibilita' che il RPCT sia il dirigente che si occupa dell'ufficio procedimenti disciplinari. Questa soluzione, peraltro, sembra ora preclusa da quanto previsto nel nuovo co. 7 dell'art. 1, l. 190/2012 secondo cui il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza indica «agli uffici competenti all'esercizio dell'azione disciplinare» i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza. A questo riguardo, si ritiene che la comunicazione agli uffici competenti all'esercizio dell'azione disciplinare debba essere preceduta, nel rispetto del principio del contraddittorio, da un'interlocuzione formalizzata con l'interessato. Parimenti, il RPCT deve essere una persona che abbia sempre mantenuto una condotta integerrima, escludendo coloro che siano stati destinatari di provvedimenti giudiziali di condanna o provvedimenti disciplinari. Alla luce di quanto sopra e' rimessa agli organi di indirizzo delle amministrazioni, cui compete la nomina, in relazione alle caratteristiche strutturali dell'ente e sulla base dell'autonomia organizzativa, la valutazione in ordine alla scelta del RPCT, compatibilmente con i vincoli posti dal legislatore in materia di dotazione organica. Nella nuova normativa rimane la previsione che negli enti locali, la scelta ricada, di norma, sul segretario, in continuita' con l'orientamento delineato nel previgente art. 1, co. 7, della l. 190/2012. Tuttavia, considerate le modifiche normative previste dalla l. 124/2015 che interessano le figure dei segretari, il d.lgs. 97/2016 ha espressamente contemplato la possibilita' di affidare l'incarico anche a un dirigente apicale, salva una diversa e motivata determinazione dell'ente. Per quanto riguarda le unioni di comuni, e' prevista la possibilita' di nominare un unico responsabile. Al riguardo si rinvia all'approfondimento del presente PNA riguardante i piccoli comuni (§ 3.1.2) in cui si da' conto anche delle indicazioni in questo senso della l. 56/2014 e del d.lgs. 97/2016. In caso di carenza di posizioni dirigenziali, soprattutto per gli enti di piccole dimensioni, puo' essere individuato un dipendente con posizione organizzativa, fermo restando quanto sopra esposto nel caso di nomina di dipendenti con qualifica non dirigenziale. Nelle societa' controllate e negli altri soggetti di cui all'art.2-bis, co. 2, del d.lgs. 33/2013 Per le societa' controllate e gli altri soggetti indicati all'art. 2-bis, co. 2, del d.lgs. 33/2013, si osserva che l'obbligo di adottare misure di prevenzione integrative del modello organizzativo e gestionale ex d.lgs. 231/2001, espressamente previsto al co. 2-bis della l. 190/2012, a seguito del recente intervento di modifica, risulta del tutto coerente con la linea interpretativa gia' suggerita dall'Autorita' nella determinazione n. 8 del 2015 a cui si rinvia. L'Autorita' si riserva di formulare ulteriori indicazioni al riguardo, a seguito dell'emanazione delle norme attuative dell'art. 18 della l. 124/2015 in materia di societa' pubbliche (schema di testo unico). Si rammenta l'obbligo di comunicare all'ANAC i nominativi dei RPCT, utilizzando il modulo pubblicato sul sito istituzionale dell'Autorita'. b) Posizione di indipendenza e di autonomia dall'organo di indirizzo L'intento principale del legislatore, nelle modifiche apportate alla l. 190/2012 (art. 41, co. 1 lett. f) d.lgs. 97/2016), e' chiaramente quello di rafforzare e tutelare il ruolo del RPCT, nel senso auspicato dall'Autorita' nell'Aggiornamento 2015 al PNA. Il decreto, infatti, stabilisce che l'organo di indirizzo disponga eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare che al RPCT siano attribuiti funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell'incarico con piena autonomia ed effettivita'. Inoltre, il medesimo decreto, da un lato, attribuisce al RPCT il potere di indicare agli uffici della pubblica amministrazione competenti all'esercizio dell'azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza. Dall'altro lato, stabilisce il dovere del RPCT di segnalare all'organo di indirizzo e all'OIV «le disfunzioni inerenti all'attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza». In considerazione dei numerosi compiti direttamente attribuiti al RPCT nei confronti del personale dell'ente, ed eventualmente per quel che concerne le disfunzioni anche nei confronti degli organi di indirizzo, e' indispensabile che tra le misure organizzative da adottarsi da parte degli organi di indirizzo vi siano anche quelle dirette ad assicurare che il RPCT svolga il suo delicato compito in modo imparziale, al riparo da possibili ritorsioni, come gia' indicato nell'Aggiornamento 2015 al PNA. Si ribadisce l'invito a tutte le amministrazioni e ai soggetti di cui all'art. 2-bis, co. 2, del d.lgs. 33/2013 a regolare adeguatamente la materia con atti organizzativi generali (ad esempio negli enti locali il regolamento degli Uffici e dei servizi) e comunque nell'atto con il quale l'organo di indirizzo individua e nomina il RPCT. A garanzia dello svolgimento delle funzioni del RPCT in condizioni di autonomia e indipendenza, occorre considerare anche la durata dell'incarico di RPCT che deve essere fissata tenendo conto della non esclusivita' della funzione. Il RPCT, infatti, come anticipato, puo' essere un dirigente che gia' svolge altri incarichi all'interno dell'amministrazione. La durata dell'incarico di RPCT in questi casi, dunque, e' correlata alla durata del contratto sottostante all'incarico dirigenziale gia' svolto. Nelle ipotesi di riorganizzazione o di modifica del precedente incarico, quello di RPCT e' opportuno che prosegua fino al termine della naturale scadenza del contratto legato al precedente incarico (o di quella che sarebbe dovuta essere la naturale scadenza) e, comunque, in coerenza di quanto previsto nel PTPC. Per incrementare le garanzie del ruolo esercitato dal RPCT e' intervenuta l'estensione generalizzata della previsione di doveri di segnalazione all'ANAC di eventuali misure discriminatorie - quindi non piu' solo in caso di revoca - dirette o indirette nei confronti del RPCT comunque collegate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle sue funzioni. In tal caso l'ANAC puo' richiedere informazioni all'organo di indirizzo e intervenire con i poteri di cui all'art. 15, co. 3 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 «Disposizioni in materia di inconferibilita' e incompatibilita' di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190». Inoltre, sempre a maggiore tutela del RPCT, puo' essere letta la novella legislativa laddove prevede l'esclusione dall'imputazione di responsabilita' del RPCT (per omesso controllo, sul piano disciplinare) nei casi di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal Piano, qualora lo stesso possa provare «di avere comunicato agli uffici le misure da adottare e le relative modalita' e di avere vigilato sull'osservanza del Piano» (art. 41, co. 1, lett. l), d.lgs. 97/2016). c) Supporto conoscitivo e operativo al RPCT Al fine di garantire che il RPCT possa svolgere il proprio ruolo con autonomia ed effettivita', come previsto dall'art. 41 del d.lgs. 97/2016, l'organo di indirizzo dispone «le eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei» al RPCT. E', dunque, altamente auspicabile, da una parte, che il RPCT sia dotato di una struttura organizzativa di supporto adeguata, per qualita' del personale e per mezzi tecnici, al compito da svolgere. Dall'altra, che vengano assicurati al RPCT poteri effettivi, preferibilmente con una specifica formalizzazione nell'atto di nomina, di interlocuzione nei confronti di tutta la struttura, sia nella fase della predisposizione del Piano e delle misure sia in quella del controllo sulle stesse. Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, ferma restando l'autonomia di ogni amministrazione o ente, appare necessaria la costituzione di un apposito ufficio dedicato allo svolgimento delle funzioni poste in capo al RPCT. Ove cio' non sia possibile, e' opportuno rafforzare la struttura di supporto mediante appositi atti organizzativi che consentano al RPCT di avvalersi di personale di altri uffici. Tale struttura, che potrebbe anche non essere esclusivamente dedicata a tale scopo, puo', in una necessaria logica di integrazione delle attivita', essere anche a disposizione di chi si occupa delle misure di miglioramento della funzionalita' dell'amministrazione (si pensi, ad esempio, ai controlli interni, alle strutture di audit, alle strutture che curano la predisposizione del piano della performance). A tal riguardo, e' opportuno prevedere un'integrazione di differenti competenze multidisciplinari di supporto al RPCT. Nel PTPC sono esplicitate le soluzioni organizzative adottate in tal senso. La necessita' di rafforzare il ruolo e la struttura organizzativa a supporto del RPCT e' tanto piu' evidente anche alla luce delle ulteriori e rilevanti competenze in materia di accesso civico attribuite al RPCT dal d.lgs. 97/2016. In tale contesto il RPCT, oltre alla facolta' di chiedere agli uffici della relativa amministrazione informazioni sull'esito delle istanze, deve occuparsi, per espressa disposizione normativa (art. 5, co. 7, d.lgs. 33/2013, come novellato dal d.lgs. 97/2016), dei casi di riesame (sia che l'accesso riguardi dati a pubblicazione obbligatoria o meno). d) Poteri di interlocuzione e controllo Come gia' evidenziato nell'Aggiornamento 2015 al PNA, nella l. 190/2012 sono stati succintamente definiti i poteri del RPCT nella sua interlocuzione con gli altri soggetti interni alle amministrazioni o enti, nonche' nella sua attivita' di vigilanza sull'attuazione delle misure di prevenzione della corruzione. All'art. 1, co. 9, lett. c) e' disposto che il PTPC preveda «obblighi di informazione nei confronti del RPC chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del Piano». Tali obblighi informativi ricadono su tutti i soggetti coinvolti, gia' nella fase di formazione del Piano e, poi, nelle fasi di verifica del suo funzionamento e dell'attuazione delle misure adottate. L'atto di nomina del RPCT dovrebbe essere accompagnato da un comunicato con cui si invitano tutti i dirigenti e il personale a dare allo stesso la necessaria collaborazione. Al riguardo si rammenta che l'art. 8 del d.p.r. 62/2013 prevede un dovere di collaborazione dei dipendenti nei confronti del RPCT, dovere la cui violazione e' sanzionabile disciplinarmente e da valutare con particolare rigore. E' imprescindibile, dunque, un forte coinvolgimento dell'intera struttura in tutte le fasi di predisposizione e di attuazione delle misure anticorruzione. Per la fase di elaborazione del PTPC e dei relativi aggiornamenti, lo stesso PTPC e' necessario contenga regole procedurali fondate sulla responsabilizzazione degli uffici alla partecipazione attiva, sotto il coordinamento del RPCT. Ove necessario, il PTPC puo' rinviare la definizione di tali regole a specifici atti organizzativi interni. Nelle modifiche apportate dal d.lgs. 97/2016 risulta evidente l'intento di rafforzare i poteri di interlocuzione e di controllo del RPCT nei confronti di tutta la struttura. Emerge piu' chiaramente che il RPCT deve avere la possibilita' di incidere effettivamente all'interno dell'amministrazione o dell'ente e che alla responsabilita' del RPCT si affiancano con maggiore decisione quelle dei soggetti che, in base alla programmazione del PTPC, sono responsabili dell'attuazione delle misure di prevenzione. Lo stesso d.lgs. 165/2001 all'art. 16, co. 1 lett. l-bis) l-ter) e l-quater), prevede, d'altra parte, tra i compiti dei dirigenti di uffici dirigenziali generali quello di concorrere alla definizione di misure idonee a prevenire e a contrastare i fenomeni di corruzione fornendo anche informazioni necessarie per l'individuazione delle attivita' nelle quali e' piu' elevato il rischio corruttivo e provvedendo al loro monitoraggio. Un modello a rete, quindi, in cui il RPCT possa effettivamente esercitare poteri di programmazione, impulso e coordinamento e la cui funzionalita' dipende dal coinvolgimento e dalla responsabilizzazione di tutti coloro che, a vario titolo, partecipano dell'adozione e dell'attuazione delle misure di prevenzione. Dal d.lgs. 97/2016 risulta anche l'intento di creare maggiore comunicazione tra le attivita' del RPCT e in particolare quelle dell'OIV, come specificato al § 5.3. Cio' al fine di sviluppare una sinergia tra gli obiettivi di performance organizzativa e l'attuazione delle misure di prevenzione. In tal senso, si prevede, da un lato, la facolta' all'OIV di richiedere al RPCT informazioni e documenti necessari per lo svolgimento dell'attivita' di controllo di sua competenza (art. 41, co. 1 lett. h), d.lgs. 97/2016). Dall'altro lato, si prevede che la relazione annuale del RPCT, recante i risultati dell'attivita' svolta da pubblicare nel sito web dell'amministrazione, venga trasmessa oltre che all'organo di indirizzo dell'amministrazione anche all'OIV (art. 41, co. 1, lett. l), d.lgs. 97/2016). e) Responsabilita' Le modifiche apportate dal d.lgs. 97/2016 precisano che in caso di ripetute violazioni del PTPC sussiste la responsabilita' dirigenziale e per omesso controllo, sul piano disciplinare, se il RPCT non prova di aver comunicato agli uffici le misure da adottare e le relative modalita' e di aver vigilato sull'osservanza del Piano. I dirigenti, pertanto, rispondono della mancata attuazione delle misure di prevenzione della corruzione, ove il RPCT dimostri di avere effettuato le dovute comunicazioni agli uffici e di avere vigilato sull'osservanza del Piano. Resta immutata, in capo al RPCT, la responsabilita' di tipo dirigenziale, disciplinare, per danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, prevista all'art. 1, co. 12, della l. 190/2012, in caso di commissione di un reato di corruzione, accertato con sentenza passata in giudicato, all'interno dell'amministrazione. Il RPCT puo' andare esente dalla responsabilita' ove dimostri di avere proposto un PTPC con misure adeguate e di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza dello stesso. f) RPCT e RASA Al fine di assicurare l'effettivo inserimento dei dati nell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA) (7), il RPCT e' tenuto a sollecitare l'individuazione del soggetto preposto all'iscrizione e all'aggiornamento dei dati e a indicarne il nome all'interno del PTPC. Occorre considerare, infatti, che ogni stazione appaltante e' tenuta a nominare il soggetto responsabile (RASA) dell'inserimento e dell'aggiornamento annuale degli elementi identificativi della stazione appaltante stessa. Si evidenzia, al riguardo, che tale obbligo informativo - consistente nella implementazione della BDNCP presso l'ANAC dei dati relativi all'anagrafica della s.a., della classificazione della stessa e dell'articolazione in centri di costo - sussiste fino alla data di entrata in vigore del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti previsto dall'art. 38 del nuovo Codice dei contratti pubblici (cfr. la disciplina transitoria di cui all'art. 216, co. 10, del d.lgs. 50/2016). L'individuazione del RASA e' intesa come misura organizzativa di trasparenza in funzione di prevenzione della corruzione. In caso di mancata indicazione nel PTPC del nominativo del RASA, previa richiesta di chiarimenti al RPCT, l'Autorita' si riserva di esercitare il potere di ordine ai sensi dell'art. 1, co. 3, della l. 190/2012, nei confronti dell'organo amministrativo di vertice, che, nel silenzio del legislatore, si ritiene il soggetto piu' idoneo a rispondere dell'eventuale mancata nomina del RASA. Nel caso di omissione da parte del RPCT, il potere di ordine viene esercitato nei confronti di quest'ultimo. Resta salva la facolta' delle amministrazioni, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, di valutare l'opportunita' di attribuire a un unico soggetto entrambi i ruoli (RASA e RPCT) con le diverse funzioni previste, rispettivamente, dal d.l. 179/2012 e dalla normativa sulla trasparenza, in relazione alle dimensioni e alla complessita' della propria struttura. g) Eventuali "referenti" Come gia' chiarito nell'Aggiornamento 2015 al PNA, eventuali "referenti" del RPCT devono essere individuati nel PTPC. I referenti possono rivelarsi utili nelle organizzazioni particolarmente complesse, quali, ad esempio, un Ministero dotato di una rete di uffici periferici. Fermo restando il regime delle responsabilita' in capo al RPCT, i referenti possono svolgere attivita' informativa nei confronti del responsabile, affinche' questi abbia elementi e riscontri per la formazione e il monitoraggio del PTPC e sull'attuazione delle misure. La stessa soluzione non e' opportuna, invece, nelle strutture meno complesse nelle quali il successo del PTPC e delle sue misure e' affidato alla diretta interlocuzione tra RPCT e responsabili degli uffici. Nelle Linee guida di cui alla determinazione n. 8/2015 sugli enti di diritto privato, e' stata prevista la possibilita' di nominare referenti del RPCT nelle societa' di ridotte dimensioni appartenenti ad un gruppo societario, laddove sia stato predisposta un'unica programmazione delle misure di prevenzione ex l. 190/2012 da parte del RPCT della capogruppo. 5.3 Organismi indipendenti di valutazione Gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV) rivestono un ruolo importante nel sistema di gestione della performance e della trasparenza nelle pubbliche amministrazioni, svolgendo i compiti previsti dall'art. 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Al riguardo si rinvia al d.p.r. del 9 maggio 2016, n. 105 «Regolamento di disciplina delle funzioni del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di misurazione e valutazione della performance delle amministrazioni pubbliche» e, in particolare all'art. 6. Gli OIV validano la relazione sulle performance, di cui all'art. 10 del d.lgs. 150/2009, dove sono riportati i risultati raggiunti rispetto a quelli programmati e alle risorse; propongono all'organo di indirizzo la valutazione dei dirigenti; promuovono e attestano l'assolvimento degli obblighi di trasparenza (art. 14, co. 1, lett. g), d.lgs. 150/2009). La connessione fra gli obiettivi di performance e le misure di trasparenza ha trovato conferma nel d.lgs. 33/2013, ove si e' affermato che la promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce un obiettivo strategico di ogni amministrazione (art. 10). Gli OIV sono tenuti a verificare la coerenza tra gli obiettivi di trasparenza e quelli indicati nel piano della performance, utilizzando altresi' i dati relativi all'attuazione degli obblighi di trasparenza ai fini della valutazione delle performance (art. 44). L'attivita' di controllo sull'adempimento degli obblighi di pubblicazione, posta in capo al RPCT, e' svolta con il coinvolgimento dell'OIV, al quale il RPCT segnala i casi di mancato o ritardato adempimento (art. 43). Resta fermo il compito degli OIV concernente l'attestazione dell'assolvimento degli obblighi di trasparenza, previsto dal d.lgs. 150/2009. L'OIV, inoltre, esprime parere obbligatorio sul codice di comportamento che ogni amministrazione adotta ai sensi dell'art. 54, co. 5, d.lgs. 165/2001. Le modifiche che il d.lgs. 97/2016 ha apportato alla l. 190/2012 rafforzano le funzioni gia' affidate agli OIV in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza dal d.lgs. 33/2013, anche in una logica di coordinamento con il RPCT e di relazione con l'ANAC. In linea con quanto gia' disposto dall'art. 44 del d.lgs. 33/2013, detti organismi, anche ai fini della validazione della relazione sulla performance, verificano che i PTPC siano coerenti con gli obiettivi stabiliti nei documenti di programmazione strategico-gestionale e, altresi', che nella misurazione e valutazione delle performance si tenga conto degli obiettivi connessi all'anticorruzione e alla trasparenza. In rapporto agli obiettivi inerenti la prevenzione della corruzione e la trasparenza l'OIV verifica i contenuti della relazione recante i risultati dell'attivita' svolta che il RPCT predispone e trasmette all'OIV, oltre che all'organo di indirizzo, ai sensi dell'art. 1, co. 14, della l. 190/2012. Nell'ambito di tale verifica l'OIV ha la possibilita' di chiedere al RPCT informazioni e documenti che ritiene necessari ed effettuare audizioni di dipendenti (art. 1, co. 8-bis, l. 190/2012). Nell'ambito dei poteri di vigilanza e controllo attribuiti all'ANAC, l'Autorita' si riserva di chiedere informazioni tanto all'OIV quanto al RPCT in merito allo stato di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e trasparenza (art. 1, co. 8-bis, l. 190/2012), anche tenuto conto che l'OIV riceve dal RPCT le segnalazioni riguardanti eventuali disfunzioni inerenti l'attuazione dei PTPC (art. 1, co. 7, l. 190/2012). Cio' in linea di continuita' con quanto gia' disposto dall'art. 45, co. 2, del d.lgs. 33/2013, ove e' prevista la possibilita' per l'ANAC di coinvolgere l'OIV per acquisire ulteriori informazioni sul controllo dell'esatto adempimento degli obblighi di trasparenza. Ulteriori indicazioni sull'attivita' degli OIV in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza potranno essere oggetto di atti di regolamentazione da valutarsi congiuntamente al Dipartimento della funzione pubblica. 6. Gestione del rischio di corruzione Partendo dalla considerazione che gli strumenti previsti dalla normativa anticorruzione richiedono un impegno costante anche in termini di comprensione effettiva della loro portata da parte delle amministrazioni per produrre gli effetti sperati, l'Autorita' in questa fase ha deciso di confermare le indicazione gia' date con il PNA 2013 e con l'Aggiornamento 2015 al PNA per quel che concerne la metodologia di analisi e valutazione dei rischi. Sono indicazioni centrali per la corretta progettazione di misure di prevenzione contestualizzate rispetto all'ente di riferimento. In particolare l'Autorita' ribadisce quanto gia' precisato a proposito delle caratteristiche delle misure di prevenzione della corruzione che devono essere adeguatamente progettate, sostenibili e verificabili. E' inoltre necessario che siano individuati i soggetti attuatori, le modalita' di attuazione di monitoraggio e i relativi termini. Alcune semplificazioni, per i comuni di piccole dimensioni, sono possibili grazie al supporto tecnico e informativo delle Prefetture in termini di analisi dei dati del contesto esterno. Fermo restando che, come anche specificato nel PNA 2013 (All. 1, p. 24) e nell'Aggiornamento 2015 al PNA, le indicazioni metodologiche non sono vincolanti, con successive linee guida l'Autorita' si riserva di apportare le modifiche necessarie al sistema di misurazione. 7. Azioni e misure per la prevenzione Fermo restando quanto gia' riportato nel PNA 2013 e nell'Aggiornamento 2015 al PNA, l'Autorita' ha inteso, in questa sede, dare alcune indicazioni piu' specifiche sulla misura della trasparenza, in relazione alle modifiche apportate al d.lgs. 33/2013 dal d.lgs. 97/2016, sulla rotazione del personale nonche' sulle misure di revisione dei processi di privatizzazione e esternalizzazione di funzioni, attivita' strumentali e servizi pubblici. In materia di inconferibilita' e incompatibilita' degli incarichi, in considerazione dei problemi applicativi registrati, e sulla tutela del dipendente pubblico che sagnala illeciti (c.d. whistleblowing), l'Autorita' ha adottato apposite Linee guida a cui viene fatto rinvio. Per quel che concerne i codici di comportamento, si richiama quanto gia' previsto nell'Aggiornamento 2015 al PNA circa i loro contenuti e la loro valenza. In particolare si ribadisce che gli enti sono tenuti all'adozione di codici che contengano norme e doveri di comportamento destinati a durare nel tempo, da calibrare in relazione alla peculiarita' delle finalita' istituzionali perseguite dalle singole amministrazioni: non quindi una generica ripetizione dei contenuti del codice di cui al d.p.r. 62/2013, ma una disciplina che, a partire da quella generale, diversifichi i doveri dei dipendenti e di coloro che vi entrino in relazione, in funzione delle specificita' di ciascuna amministrazione. Al riguardo l'Autorita' si riserva di adottare linee guida di carattere generale, ove ritenuto necessario procedere a modifiche della delibera n. 75 del 24 ottobre 2013, e linee guida per tipologia di amministrazioni e enti. In questa ottica e' stato gia' avviato un tavolo di lavoro «Conflitto di interessi e Codici di comportamento» con AGENAS e Ministero della salute volto ad esaminare il livello di implementazione dei codici di comportamento negli enti del SSN destinatari del presente PNA e a fornire indicazioni migliorative. Il tavolo di lavoro ha operato un'analisi su un campione di 60 aziende ed enti del SSN rappresentativo per area geografica e per tipologia di aziende/enti. Lo studio ha messo in rilievo, a fronte di differenziazioni tra aziende nell'applicazione del d.p.r. 62/2013, anche la presenza di buone prassi trasferibili quali esempi di implementazione delle previsioni contenute nella normativa di settore in maniera da incidere sulle tipicita' dell'organizzazione dell'ente di riferimento. 7.1 Trasparenza La trasparenza e' una misura di estremo rilievo e fondamentale per la prevenzione della corruzione. Essa e' posta al centro di molte indicazioni e orientamenti internazionali (cfr. § 1) in quanto strumentale alla promozione dell'integrita', allo sviluppo della cultura della legalita' in ogni ambito dell'attivita' pubblica. L'Autorita' raccomanda, quindi, alle amministrazioni e a tutti gli altri soggetti destinatari del presente PNA di rafforzare tale misura nei propri PTPC anche oltre al rispetto di specifici obblighi di pubblicazione gia' contenuti in disposizioni vigenti. All'attuale quadro normativo in materia di trasparenza il d.lgs. 97/2016 ha apportato rilevanti innovazioni. Un nuovo ambito soggettivo di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza e' definito all'art. 2-bis rubricato «Ambito soggettivo di applicazione», che sostituisce l'art. 11 del d.lgs. 33/2013. Si rinvia in merito ai contenuti del § 3. Il decreto persegue, inoltre, l'importante obiettivo di razionalizzare gli obblighi di pubblicazione vigenti mediante la concentrazione e la riduzione degli oneri gravanti sulle amministrazioni pubbliche. In questa direzione vanno interpretate le due misure di semplificazione introdotte all'art. 3 del d.lgs. 33/2013. La prima (co. 1-bis) prevede la possibilita' di pubblicare informazioni riassuntive, elaborate per aggregazione, in sostituzione della pubblicazione integrale, conferendo all'ANAC il compito di individuare i dati oggetto di pubblicazione riassuntiva con propria delibera da adottare previa consultazione pubblica e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, qualora siano coinvolti dati personali. Cio' in conformita' con i principi di proporzionalita' e di semplificazione e all'esclusivo fine di ridurre gli oneri gravanti sui soggetti tenuti a osservare le disposizioni del d.lgs. 33/2013. La seconda (co. l-ter) consente all'ANAC, in sede di adozione del PNA, di modulare gli obblighi di pubblicazione e le relative modalita' di attuazione in relazione alla natura dei soggetti, alla loro dimensione organizzativa e alle attivita' svolte prevedendo, in particolare, modalita' semplificate per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, per gli ordini e collegi professionali. Si consideri, inoltre, quanto previsto all'art. 9-bis del d.lgs. 33/2013, introdotto dal d.lgs. 97/2016, in base al quale qualora i dati che le amministrazioni e gli enti sono tenute a pubblicare ai sensi del d.lgs. 33/2013 corrispondano a quelli gia' presenti nelle banche dati indicate nell'allegato B) del d.lgs. 33/2013, le amministrazioni e gli enti assolvono agli obblighi di pubblicazione mediante la comunicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti dagli stessi detenuti all'amministrazione titolare della corrispondente banca dati. Nella sezione "Amministrazione trasparente" dei rispettivi siti istituzionali e' inserito un mero collegamento ipertestuale alle banche dati contenenti i dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione. A fronte della rimodulazione della trasparenza on line obbligatoria, l'art. 6, nel novellare l'art. 5 del d.lgs. 33/2013, ha disciplinato anche un nuovo accesso civico, molto piu' ampio di quello previsto dalla precedente formulazione, riconoscendo a chiunque, indipendentemente dalla titolarita' di situazioni giuridicamente rilevanti, l'accesso ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati, e salvi i casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall'ordinamento. Alla luce di quanto sopra, l'Autorita' si riserva di intervenire con appositi atti di regolazione. Oltre alle specifiche Linee guida dedicate alle societa' e agli altri enti di diritto privato partecipati, destinate alla modifica della determinazione n. 8 del 2015, questa Autorita' adottera' Linee guida, sempre integrative del PNA, con le quali operare una generale ricognizione dell'ambito soggettivo e oggettivo degli obblighi di trasparenza delle p.a., in sostituzione delle Linee guida di cui alla delibera CIVIT n. 50/2013 (8). Con riguardo al c.d. "accesso civico generalizzato", l'Autorita' e' stata investita, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza Unificata Stato, Regioni Autonomie locali di cui all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, della regolazione attraverso l'adozione di specifiche Linee guida recanti indicazioni operative. Dette Linee guida e' previsto siano adottate entro dicembre 2016. Si precisa sin da ora che le disposizioni transitorie dettate al co. 1 dell'art. 42 del d.lgs. 97/2016 prevedono che i soggetti di cui all'art. 2-bis del d.lgs. 33/2013 si adeguino alle modifiche allo stesso decreto legislativo, introdotte dal d.lgs. n. 97/2016, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto correttivo medesimo (23 dicembre 2016), sia con riferimento agli obblighi di trasparenza sia all'accesso civico generalizzato. L'Autorita', come precisato sopra, si propone di supportare tali soggetti con Linee guida di generale ricognizione degli obblighi di pubblicazione. Fino al 23 dicembre 2016 resta ferma la disciplina vigente e l'attivita' di vigilanza dell'ANAC avra' a oggetto gli obblighi di trasparenza non modificati dal d.lgs. 97/2016. Invece, sui nuovi obblighi e su quelli oggetto di modifica da parte del d.lgs. 97/2016, l'attivita' di vigilanza sara' svolta nella fase immediatamente successiva al termine del periodo di adeguamento. Non sono considerati modificati gli obblighi di cui all'art. 14, del d.lgs. 33/2013 riferiti allo Stato, alle Regioni e agli enti locali e quelli di cui all'art. 22, co. 2, del medesimo decreto. Sempre in un'ottica di semplificazione e coordinamento degli strumenti di programmazione in materia di prevenzione della corruzione possono interpretarsi le modifiche all'art. 10 del d.lgs. 33/2013. In base a queste ultime il PTPC contiene, in una apposita sezione, l'individuazione dei responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi del d.lgs. 33/2013. Si e' cosi' disposta la confluenza dei contenuti del PTTI all'interno del PTPC. Non per questo l'organizzata programmazione della trasparenza perde il suo peso: anzi, chiaramente le nuove disposizioni normative stabiliscono che devono essere indicati i soggetti cui compete la trasmissione e la pubblicazione dei dati, in un'ottica di responsabilizzazione maggiore delle strutture interne delle amministrazioni ai fini dell'effettiva realizzazione di elevati standard di trasparenza. Si ricorda, infine, che oltre alla trasparenza intesa come misura generale quale adeguamento agli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 33/2013 e dalla normativa vigente, le amministrazioni e gli enti possono pubblicare i c.d. "dati ulteriori", come espressamente previsto dalla l. 190/2012, art. 1, co. 9, lett. f) e dall'art. 7-bis, co. 3 del d.lgs. 33/2013. L'ostensione di questi dati on line deve avvenire nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza e procedendo all'anonimizzazione di dati personali eventualmente presenti. Negli approfondimenti del presente PNA sono esemplificate numerose ulteriori misure specifiche di trasparenza in funzione di prevenzione della corruzione. 7.2 Rotazione Nell'ambito del PNA la rotazione del personale e' considerata quale misura organizzativa preventiva finalizzata a limitare il consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione. L'alternanza riduce il rischio che un dipendente pubblico, occupandosi per lungo tempo dello stesso tipo di attivita', servizi, procedimenti e instaurando relazioni sempre con gli stessi utenti, possa essere sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate. In generale la rotazione rappresenta anche un criterio organizzativo che puo' contribuire alla formazione del personale, accrescendo le conoscenze e la preparazione professionale del lavoratore. In tale direzione va anche l'esperienza del settore privato dove, a fronte di un mondo del lavoro sempre piu' flessibile e di rapido cambiamento delle competenze richieste, il livello di professionalita' si fonda non tanto o, non solo, sulle capacita' acquisite e dimostrate, ma anche su quelle potenziali e future. La rotazione e' una tra le diverse misure che le amministrazioni hanno a disposizione in materia di prevenzione della corruzione. Il ricorso alla rotazione deve, infatti, essere considerato in una logica di necessaria complementarieta' con le altre misure di prevenzione della corruzione specie laddove possano presentarsi difficolta' applicative sul piano organizzativo. In particolare occorre considerare che detta misura deve essere impiegata correttamente in un quadro di elevazione delle capacita' professionali complessive dell'amministrazione senza determinare inefficienze e malfunzionamenti. Per le considerazioni di cui sopra, essa va vista prioritariamente come strumento ordinario di organizzazione e utilizzo ottimale delle risorse umane da non assumere in via emergenziale o con valenza punitiva e, come tale, va accompagnata e sostenuta anche da percorsi di formazione che consentano una riqualificazione professionale. Ove, pertanto, non sia possibile utilizzare la rotazione come misura di prevenzione contro la corruzione, le amministrazioni sono tenute a operare scelte organizzative, nonche' ad adottare altre misure di natura preventiva che possono avere effetti analoghi, quali a titolo esemplificativo, la previsione da parte del dirigente di modalita' operative che favoriscono una maggiore condivisione delle attivita' fra gli operatori, evitando cosi' l'isolamento di certe mansioni, avendo cura di favorire la trasparenza "interna" delle attivita' o ancora l'articolazione delle competenze, c.d. "segregazione delle funzioni". Restano, naturalmente, ferme le discipline speciali di rotazione previste per particolari categorie di personale non contrattualizzato. 7.2.1 Inquadramento normativo: rotazione ordinaria e straordinaria La rotazione del personale all'interno delle pubbliche amministrazioni nelle aree a piu' elevato rischio di corruzione e' stata introdotta come misura di prevenzione della corruzione dall'art. 1, co. 5, lett. b) della l. 190/2012, ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni devono definire e trasmettere all'ANAC «procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari». Inoltre, secondo quanto disposto dall'art. 1, co. 10, lett. b) della l. 190/2012, il RPCT deve verificare, d'intesa con il dirigente competente, «l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attivita' nel cui ambito e' piu' elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione». Questo tipo di rotazione, c.d. "ordinaria" (si veda infra § 7.2.2) e' stata, quindi, inserita dal legislatore come una delle misure organizzative generali a efficacia preventiva che puo' essere utilizzata nei confronti di coloro che operano in settori particolarmente esposti alla corruzione. L'istituto della rotazione era stato gia' previsto dal d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, c.d. Testo Unico sul pubblico impiego, dall'art. 16, co. 1, lett. l-quater) (lettera aggiunta dall'art. 1, co. 24, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 135), sia pure come misura di carattere successivo al verificarsi di fenomeni corruttivi. La norma citata prevede, infatti, la rotazione «del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva». Di tale misura, c.d. rotazione straordinaria, che solo nominalmente puo' associarsi all'istituto generale della rotazione, si trattera' nel § 7.2.3. 7.2.2 Rotazione ordinaria La rotazione ordinaria del personale e' espressamente richiamata nelle Linee guida adottate dal Comitato interministeriale, istituito con d.p.c.m. 16 gennaio 2013, come misura da valorizzare nella predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione. L'art. 1, co. 4, lett. e) della l. 190/2012, dispone che spetta all'ANAC definire i criteri che le amministrazioni devono seguire per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione. Si ricorda, infatti, che l'art. 19, co. 15, del d.l. 90/2014 ha previsto che «Le funzioni del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, commi 4, 5 e 8, della legge 6 novembre 2012 n. 190, e le funzioni di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, sono trasferite all'Autorita' nazionale anticorruzione». L'ambito soggettivo di applicazione della rotazione va identificato con riguardo sia alle organizzazioni alle quali essa si applica, sia ai soggetti interessati dalla misura. Con riferimento alle organizzazioni, ai sensi dell'art. 1, co. 59, della l. 190/2012, si deve trattare delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001. Pur in mancanza di una specifica previsione normativa relativa alla rotazione negli enti di diritto privato a controllo pubblico e negli enti pubblici economici, l'Autorita' ritiene opportuno che le amministrazioni controllanti e vigilanti promuovano l'adozione da parte dei suddetti enti di misure di rotazione come gia', peraltro, indicato nelle Linee guida di cui alla determinazione n. 8 del 17 giugno 2015. In tale sede, sono inoltre state suggerite, in combinazione o in alternativa alla rotazione, misure quali quella della articolazione delle competenze (c.d. "segregazione delle funzioni") con cui sono attribuiti a soggetti diversi i compiti relativi a: a) svolgimento di istruttorie e accertamenti; b) adozione di decisioni; c) attuazione delle decisioni prese; d) effettuazione delle verifiche. Per quanto concerne l'individuazione specifica di quali siano i dipendenti pubblici interessati dalla misura, la lettura sistematica delle disposizioni normative, (co. 4, lett. e), e co. 5, lett. b) dell'art. 1 della l. 190/2012), tenuto anche conto della finalita' sostanziale della misura e dello scopo della norma e, peraltro, in continuita' con le indicazioni gia' fornite nel PNA 2013, inducono a ritenere che l'ambito soggettivo sia riferito a tutti i pubblici dipendenti. Vincoli alla rotazione Le condizioni in cui e' possibile realizzare la rotazione sono strettamente connesse a vincoli di natura soggettiva attinenti al rapporto di lavoro e a vincoli di natura oggettiva, connessi all'assetto organizzativo dell'amministrazione. • Vincoli soggettivi Le amministrazioni sono tenute ad adottare misure di rotazione compatibili con eventuali diritti individuali dei dipendenti interessati soprattutto laddove le misure si riflettono sulla sede di servizio del dipendente. Si fa riferimento a titolo esemplificativo ai diritti sindacali, alla legge 5 febbraio 1992 n. 104 (tra gli altri il permesso di assistere un familiare con disabilita') e al d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (congedo parentale). Con riferimento all'applicabilita' della misura della rotazione, se attuata tra sedi di lavoro differenti, nei confronti del personale dipendente che riveste il ruolo di dirigente sindacale, si ritiene necessaria, in conformita' con recenti orientamenti giurisprudenziali, una preventiva informativa da indirizzarsi all'Organizzazione sindacale con lo scopo di consentire a quest'ultima di formulare in tempi brevi osservazioni e proposte in ragione dei singoli casi. • Vincoli oggettivi La rotazione va correlata all'esigenza di assicurare il buon andamento e la continuita' dell'azione amministrativa e di garantire la qualita' delle competenze professionali necessarie per lo svolgimento di talune attivita' specifiche, con particolare riguardo a quelle con elevato contenuto tecnico. Si tratta di esigenze gia' evidenziate dall'ANAC nella propria delibera n. 13 del 4 febbraio 2015, per l'attuazione dell'art. 1, co. 60 e 61, della l. 190/2012, ove si esclude che la rotazione possa implicare il conferimento di incarichi a soggetti privi delle competenze necessarie per assicurare la continuita' dell'azione amministrativa. Tra i condizionamenti all'applicazione della rotazione vi puo' essere quello della cosiddetta infungibilita' derivante dall'appartenenza a categorie o professionalita' specifiche, anche tenuto conto di ordinamenti peculiari di settore o di particolari requisiti di reclutamento. Occorre tenere presente, inoltre, che sussistono alcune ipotesi in cui e' la stessa legge che stabilisce espressamente la specifica qualifica professionale che devono possedere alcuni soggetti che lavorano in determinati uffici, qualifica direttamente correlata alle funzioni attribuite a detti uffici; cio' avviene di norma nei casi in cui lo svolgimento di una prestazione e' direttamente correlato al possesso di un'abilitazione professionale e all'iscrizione nel relativo albo. Nel caso in cui si tratti di categorie professionali omogenee non si puo' invocare il concetto di infungibilita'. Rimane sempre rilevante, anche ai fini della rotazione, la valutazione delle attitudini e delle capacita' professionali del singolo. Proprio per prevenire situazioni come questa, in cui la rotazione sembrerebbe esclusa da circostanze dovute esclusivamente alla elevata preparazione di determinati dipendenti, le amministrazioni dovrebbero programmare adeguate attivita' di affiancamento propedeutiche alla rotazione. Rotazione e formazione La formazione e' una misura fondamentale per garantire che sia acquisita dai dipendenti la qualita' delle competenze professionali e trasversali necessarie per dare luogo alla rotazione. Una formazione di buon livello in una pluralita' di ambiti operativi puo' contribuire a rendere il personale piu' flessibile e impiegabile in diverse attivita'. Si tratta, complessivamente, attraverso la valorizzazione della formazione, dell'analisi dei carichi di lavoro e di altre misure complementari, di instaurare un processo di pianificazione volto a rendere fungibili le competenze, che possano porre le basi per agevolare, nel lungo periodo, il processo di rotazione. In una logica di formazione dovrebbe essere privilegiata una organizzazione del lavoro che preveda periodi di affiancamento del responsabile di una certa attivita', con un altro operatore che nel tempo potrebbe sostituirlo. Cosi' come dovrebbe essere privilegiata la circolarita' delle informazioni attraverso la cura della trasparenza interna delle attivita', che, aumentando la condivisione delle conoscenze professionali per l'esercizio di determinate attivita', conseguentemente aumenta le possibilita' di impiegare per esse personale diverso. Misure alternative in caso di impossibilita' di rotazione Non sempre la rotazione e' misura che si puo' realizzare, specie all'interno di amministrazioni di piccole dimensioni. In casi del genere e' necessario che le amministrazioni motivino adeguatamente nel PTPC le ragioni della mancata applicazione dell'istituto. In questi casi le amministrazioni sono comunque tenute ad adottare misure per evitare che il soggetto non sottoposto a rotazione abbia il controllo esclusivo dei processi, specie di quelli piu' esposti al rischio di corruzione. In particolare dovrebbero essere sviluppate altre misure organizzative di prevenzione che sortiscano un effetto analogo a quello della rotazione, a cominciare, ad esempio, da quelle di trasparenza. A titolo esemplificativo potrebbero essere previste dal dirigente modalita' operative che favoriscano una maggiore compartecipazione del personale alle attivita' del proprio ufficio. Inoltre, perlomeno nelle aree identificate come piu' a rischio e per le istruttorie piu' delicate, potrebbero essere promossi meccanismi di condivisione delle fasi procedimentali, prevedendo di affiancare al funzionario istruttore un altro funzionario, in modo che, ferma restando l'unitarieta' della responsabilita' del procedimento a fini di interlocuzione esterna, piu' soggetti condividano le valutazioni degli elementi rilevanti per la decisione finale dell'istruttoria. Altro criterio che potrebbe essere adottato, in luogo della rotazione, e' quello di attuare una corretta articolazione dei compiti e delle competenze. Infatti, la concentrazione di piu' mansioni e piu' responsabilita' in capo ad un unico soggetto puo' esporre l'amministrazione a rischi come quello che il medesimo soggetto possa compiere errori o tenere comportamenti scorretti senza che questi vengano alla luce. Sarebbe auspicabile, quindi, che nelle aree a rischio le varie fasi procedimentali siano affidate a piu' persone, avendo cura in particolare che la responsabilita' del procedimento sia sempre assegnata ad un soggetto diverso dal dirigente, cui compete l'adozione del provvedimento finale. Attuazione della rotazione Per l'attuazione della misura e' necessario che l'amministrazione nel proprio PTPC chiarisca i criteri, individui la fonte di disciplina e sviluppi un'adeguata programmazione della rotazione. Tali contenuti sono mirati ad evitare che la rotazione sia impiegata al di fuori di un programma predeterminato e possa essere intesa o effettivamente utilizzata in maniera non funzionale alle esigenze di prevenzione di fenomeni di cattiva amministrazione e corruzione. - Criteri della rotazione e informativa sindacale Il PTPC deve indicare i criteri della rotazione. Tra i criteri vi sono, ad esempio: a) quello dell'individuazione degli uffici da sottoporre a rotazione; b) la fissazione della periodicita' della rotazione; c) le caratteristiche della rotazione, se funzionale o territoriale. Sui criteri di rotazione declinati nel PTPC le amministrazioni devono dare preventiva e adeguata informazione alle organizzazioni sindacali, cio' al fine di consentire a queste ultime di presentare proprie osservazione e proposte. Cio' non comporta l'apertura di una fase di negoziazione in materia. - Fonti della disciplina in materia di rotazione Se e' necessario che il PTPC di ogni amministrazione contenga i criteri di rotazione, lo stesso, invece, puo' rinviare la disciplina della rotazione a ulteriori atti organizzativi. A tal fine possono essere utili i regolamenti di organizzazione sul personale o altri provvedimenti di carattere generale gia' adottati. Il PTPC e' necessario chiarisca sempre qual e' l'atto a cui si rinvia. Per quanto riguarda la rotazione dei dirigenti, il PTPC potra' rinviare alla disciplina piu' specifica quale la "direttiva incarichi" o atti equivalenti. - Programmazione pluriennale della rotazione E' fondamentale che la rotazione sia programmata su base pluriennale, tenendo in considerazione i vincoli soggettivi e oggettivi come sopra descritti, dopo che sono state individuate le aree a rischio corruzione e al loro interno gli uffici maggiormente esposti a fenomeni corruttivi. Cio' consente di rendere trasparente il processo di rotazione e di stabilirne i nessi con le altre misure di prevenzione della corruzione. La programmazione della rotazione richiede non solo il coordinamento del RPCT, ma anche e soprattutto il forte coinvolgimento di tutti i dirigenti e dei referenti del RPCT, se presenti all'interno della struttura. Come ogni misura specifica, la rotazione deve essere calibrata in relazione alle caratteristiche peculiari di ogni struttura (dimensione e relativa dotazione organica, qualita' del personale addetto, modalita' di funzionamento degli uffici, distribuzione del lavoro e delle mansioni). - Gradualita' della rotazione Tenuto conto dell'impatto che la rotazione ha sull'intera struttura organizzativa, e' consigliabile programmare la stessa secondo un criterio di gradualita' per mitigare l'eventuale rallentamento dell'attivita' ordinaria. A tal fine dovranno essere considerati, innanzitutto, gli uffici piu' esposti al rischio di corruzione, per poi considerare gli uffici con un livello di esposizione al rischio piu' basso. Con specifico riferimento al personale non dirigenziale, il criterio della gradualita' implica, ad esempio, che le misure di rotazione riguardino in primo luogo i responsabili dei procedimenti nelle aree a piu' elevato rischio di corruzione e il personale addetto a funzioni e compiti a diretto contatto con il pubblico. Allo scopo di evitare che la rotazione determini un repentino depauperamento delle conoscenze e delle competenze complessive dei singoli uffici interessati, potrebbe risultare utile programmare in tempi diversi, e quindi non simultanei, la rotazione dell'incarico dirigenziale e del personale non dirigenziale all'interno di un medesimo ufficio. - Monitoraggio e verifica Nel PTPC e' necessario siano indicate le modalita' attraverso cui il RPCT effettua il monitoraggio riguardo all'attuazione delle misure di rotazione previste e al loro coordinamento con le misure di formazione. In ogni caso, tanto gli organi di indirizzo politico amministrativo che i dirigenti generali, con riferimento rispettivamente agli incarichi dirigenziali di livello generale e al personale dirigenziale, sono tenuti a mettere a disposizione del RPCT ogni informazione utile per comprendere come la misura venga progressivamente applicata e quali siano le eventuali difficolta' riscontrate. Analogamente, il dirigente con responsabilita' in materia di formazione rende disponibile al RPCT ogni informazione richiesta da quest'ultimo sull'attuazione delle misure di formazione coordinate con quelle di rotazione. Nella relazione annuale il RPCT espone il livello di attuazione delle misure di rotazione e delle relative misure di formazione, motivando gli eventuali scostamenti tra misure pianificate e realizzate. Quest'ultima, insieme alle segnalazioni comunque pervenute all'Autorita', costituira' una base informativa di grande rilievo da cui muovera' l'azione di vigilanza di ANAC. Rotazione del personale dirigenziale Per quanto riguarda i dirigenti la rotazione ordinaria e' opportuno venga programmata e sia prevista nell'ambito dell'atto generale approvato dall'organo di indirizzo politico, contenente i criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali che devono essere chiari e oggettivi. Il PTPC di ogni amministrazione deve fare riferimento a tale atto generale (come, ad esempio, la Direttiva ministeriale che disciplina gli incarichi dirigenziali) ove vengono descritti i criteri e le modalita' per la rotazione dirigenziale. Cio' anche per evitare che la rotazione possa essere impiegata in modo poco trasparente, limitando l'indipendenza della dirigenza. Per il personale dirigenziale, la disciplina e' applicabile ai dirigenti di prima e di seconda fascia, o equiparati. Negli uffici individuati come a piu' elevato rischio di corruzione, sarebbe preferibile che la durata dell'incarico fosse fissata al limite minimo legale. Alla scadenza, la responsabilita' dell'ufficio o del servizio dovrebbe essere di regola affidata ad altro dirigente, a prescindere dall'esito della valutazione riportata dal dirigente uscente. Invero, l'istituto della rotazione dirigenziale, specie in determinate aree a rischio, dovrebbe essere una prassi "fisiologica", mai assumendo carattere punitivo e/o sanzionatorio. Essendo la rotazione una misura che ha effetti su tutta l'organizzazione di un'amministrazione, progressivamente la rotazione dovrebbe essere applicata anche a quei dirigenti che non operano nelle aree a rischio. Cio' tra l'altro sarebbe funzionale anche a evitare che nelle aree di rischio ruotino sempre gli stessi dirigenti. La mancata attuazione della rotazione deve essere congruamente motivata da parte del soggetto tenuto all'attuazione della misura. - In prospettiva: rotazione del personale dirigenziale in relazione alla legge 7 agosto 2015 n. 124 (c.d. Legge Madia) Le questioni organizzative che si pongono a proposito della rotazione della dirigenza sono di diverso tenore. Una decisa influenza su di esse avra' l'effettiva adozione del decreto legislativo di attuazione di quanto disposto dall'art. 11 della l. 124/2015, che prevede la costituzione di ruoli unici per la dirigenza e soprattutto modalita' di affidamento degli incarichi dirigenziali attraverso un "interpello" al quale possono rispondere tutti i dirigenti appartenenti ai ruoli. Tutto questo, in prospettiva, potra' favorire la rotazione dei dirigenti fino a rendere probabilmente ininfluente l'elemento della limitata disponibilita' di dirigenti nelle amministrazioni di piccole e medie dimensioni, potendo queste contare su un mercato delle professionalita' dirigenziali reso piu' ampio. Rotazione del personale non dirigenziale La rotazione ordinaria del personale non dirigenziale puo' essere effettuata o all'interno dello stesso ufficio o tra uffici diversi nell'ambito della stessa amministrazione. La rotazione e' applicabile anche ai titolari di posizione organizzativa, nei casi in cui nell'amministrazione il personale dirigenziale sia carente o del tutto assente. Puo' essere citato, quale esempio di best practice, quello messo in atto da un Comune del nord Italia che ha favorito la rotazione tra i propri funzionari, attraverso una procedura di interpello per individuare candidature a ricoprire ruoli di posizione organizzativa e alta professionalita', nonche' prevedendo la non rinnovabilita' dello stesso incarico per quanto riguarda i titolari delle posizioni organizzative (9). - Rotazione nell'ambito dello stesso ufficio Il personale potrebbe essere fatto ruotare nello stesso ufficio periodicamente, con la rotazione c.d. "funzionale", ossia con un'organizzazione del lavoro basata su una modifica periodica dei compiti e delle responsabilita' affidati ai dipendenti. Cio' puo' avvenire, ad esempio, facendo ruotare periodicamente i responsabili dei procedimenti o delle relative istruttorie; applicando anche la rotazione dei funzionari che facciano parte di commissioni interne all'ufficio o all'amministrazione. Ancora, a titolo esemplificativo, nel caso di uffici a diretto contatto con il pubblico che hanno anche competenze di back office, si potrebbe prevedere l'alternanza di chi opera a diretto contatto con il pubblico, in alcuni uffici (es. Soprintendenze) potrebbe essere opportuno modificare periodicamente l'ambito delle competenze territoriali affidate a ciascun funzionario. - Rotazione nella stessa amministrazione tra uffici diversi Nell'ambito della programmazione della rotazione, puo' essere prevista una rotazione funzionale tra uffici diversi. La durata di permanenza nell'ufficio deve essere prefissata da ciascuna amministrazione secondo criteri di ragionevolezza, tenuto conto anche delle esigenze organizzative. In altro modo, nelle strutture complesse o con articolazioni territoriali, la rotazione puo' avere carattere di "rotazione territoriale", nel rispetto delle garanzie accordate dalla legge in caso di spostamenti di questo tipo. Sull'argomento l'ANAC e' intervenuta evidenziando come la rotazione territoriale possa essere scelta dall'amministrazione ove la stessa sia piu' funzionale all'attivita' di prevenzione e non si ponga in contrasto con il buon andamento e la continuita' dell'attivita' amministrativa, a condizione che i criteri di rotazione siano previsti nel PTPC o nei successivi atti attuativi e le scelte effettuate siano congruamente motivate (10). - In prospettiva: rotazione tra amministrazioni diverse Attualmente non vi sono le condizioni normative per realizzare la rotazione fra amministrazioni diverse. L'art. 30, co. 1, del d.lgs. 165/2001, come novellato dal d.l. 90/2014, ha previsto che le amministrazioni possono ricoprire i posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti. Il medesimo art. 30, co. 2, dispone che i dipendenti possono essere trasferiti, previo accordo tra le amministrazioni interessate, in altra amministrazione, in sedi collocate nel territorio dello stesso comune ovvero a distanza non superiore a cinquanta chilometri dalla sede cui sono adibiti. Mobilita' e rotazione, pero', in tal caso, rispondono, tuttavia, a finalita' diverse. La mobilita' di personale puo' favorire il crearsi delle condizioni che rendono possibile la rotazione, specie laddove esistono carenze di organico. In prospettiva, l'Autorita' auspica modifiche legislative che possano consentire la rotazione tra amministrazioni, valorizzando forme aggregative attraverso convenzioni fra enti territoriali limitrofi e uniformi (comuni, aziende sanitarie, zone sociali) o unioni di comuni. Al riguardo, l'Autorita' si riserva di fare un'apposita segnalazione al Governo e al Parlamento. 7.2.3 Rotazione straordinaria nel caso di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva Come gia' sopra richiamato, l'art. 16, co. 1, lett. l-quater) del d.lgs. 165/2001 dispone che i dirigenti degli uffici dirigenziali generali «provvedono al monitoraggio delle attivita' nell'ambito delle quali e' piu' elevato il rischio corruzione svolte nell'ufficio a cui sono preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva» (11), senza ulteriori specificazioni. Naturalmente restano ferme le altre misure previste in relazione alle varie forme di responsabilita'. Certamente dalla stessa si desume l'obbligo per l'amministrazione di assegnare il personale sospettato di condotte di natura corruttiva, che abbiano o meno rilevanza penale, ad altro servizio. Si tratta, quindi, di una misura di carattere eventuale e cautelare tesa a garantire che nell'area ove si sono verificati i fatti oggetto del procedimento penale o disciplinare siano attivate idonee misure di prevenzione del rischio corruttivo. Per quanto attiene all'ambito soggettivo di applicazione, dal testo normativo sembra evincersi che detta forma di rotazione in quanto applicabile al "personale" sia da intendersi riferibile sia al personale dirigenziale, sia non dirigenziale. Ulteriore elemento che avvalora la tesi prospettata deriva dalla lettura sistematica della norma che e' collocata nel Capo II, Dirigenza e, pertanto, la rotazione potrebbe essere ipotizzata almeno nei confronti dei dirigenti di seconda fascia, che potrebbero essere fatti ruotare con decisione del direttore generale. Mentre per il personale non dirigenziale la rotazione si traduce in una assegnazione del dipendente ad altro ufficio o servizio, nel caso di personale dirigenziale, ha modalita' applicative differenti comportando la revoca dell'incarico dirigenziale e, se del caso, la riattribuzione di altro incarico. Per quanto attiene all'ambito oggettivo, e dunque alle fattispecie di illecito che l'amministrazione e' chiamata a tenere in conto ai fini della decisione di far scattare o meno la misura della rotazione straordinaria, vista l'atipicita' del contenuto della condotta corruttiva indicata dalla norma e, in attesa di chiarimenti da parte del legislatore, si riterrebbe di poter considerare potenzialmente integranti le condotte corruttive anche i reati contro la Pubblica amministrazione e, in particolare, almeno quelli richiamati dal d.lgs. 39/2013 che fanno riferimento al Titolo II, Capo I «Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica amministrazione», nonche' quelli indicati nel d.lgs. 31 dicembre 2012 , n. 235 (12). Oltre ai citati riferimenti, piu' in generale, l'amministrazione potra' porre a fondamento della decisione di far ruotare il personale la riconduzione del comportamento posto in essere a condotta di natura corruttiva e dunque potranno conseguentemente essere considerate anche altre fattispecie di reato. In ogni caso, l'elemento di particolare rilevanza da considerare ai fini dell'applicazione della norma, e' quello della motivazione adeguata del provvedimento con cui viene disposto lo spostamento. Si evidenzia, infine, che il Presidente dell'ANAC e' destinatario delle informative del pubblico ministero quando esercita l'azione penale per i delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del codice penale, ai sensi dell'art. 129, co. 3, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271, come modificato dalla legge 27 maggio 2015 n. 69. In tal modo l'Autorita', informata dell'esistenza di fatti corruttivi, potra' esercitare i poteri previsti ai sensi dell'art. 1, co. 3, l. 190/2012, chiedendo all'amministrazione pubblica coinvolta nel processo penale l'attuazione della misura della rotazione. 7.3 Verifica delle dichiarazioni sulla insussistenza delle cause di inconferibilita' Tra le misure da programmare nel PTPC vi sono quelle relative alle modalita' di attuazione delle disposizioni del d.lgs. 39/2013, con particolare riferimento alle verifiche e ai controlli dell'insussistenza di cause di inconferibilita' e di incompatibilita' di incarichi. L'Autorita' si e' piu' volta pronunciata su tale materia e sta adottando linee guida relative al ruolo e funzioni del RPCT nel procedimento di accertamento delle inconferibilita' e delle incompatibilita', cui si rinvia. 7.4 Revisione dei processi di privatizzazione e esternalizzazione di funzioni, attivita' strumentali e servizi pubblici La costituzione di enti di diritto privato (societa', associazioni, fondazioni) partecipate o controllate da pubbliche amministrazioni e' un fenomeno molto esteso, che negli ultimi tempi e' stato oggetto di attenzione da parte del legislatore, sia sotto il profilo della moltiplicazione della spesa pubblica (spending review), sia sotto il profilo dell'inefficienza della gestione. Il fenomeno comprende la costituzione di soggetti o totalmente partecipati dall'amministrazione, ovvero controllati per via di una partecipazione maggioritaria al capitale sociale, ovvero solo partecipati in via minoritaria. In totale, secondo la relazione ISTAT 2015, si tratterebbe di 7.757 enti. A tali soggetti vengono sempre piu' spesso affidate, con procedure diverse, che vanno dall'affidamento diretto, anche previa procedura comparativa per la scelta del socio privato, fino all'affidamento in applicazione del codice dei contratti pubblici, attivita' di pubblico interesse, che possono consistere: a) nello svolgimento di vere e proprie funzioni pubbliche; b) nell'erogazione, a favore dell'amministrazione affidante, di attivita' strumentali (circa 3.000 societa' strumentali, sempre secondo la stessa fonte); c) nell'erogazione, a favore delle collettivita' di cittadini, di servizi pubblici (nella duplice accezione, di derivazione comunitaria, di "servizi di interesse generale" e di "servizi di interesse economico generale" (circa 1.700 societa'). Molti di questi soggetti hanno caratteri, quanto al numero di addetti o al valore della produzione, del tutto inadeguati al perseguimento dei fini istituzionali, ovvero svolgono attivita' di pubblico interesse che si sovrappongono a quelle svolte dalle pubbliche amministrazioni. Per questi motivi il legislatore si e' posto l'obiettivo di rivedere l'intera politica di costituzione di tali enti di diritto privato, al fine di evitare di costituire nel futuro enti destinati allo spreco di risorse pubbliche e di ridurre in modo consistente la partecipazione pubblica in tali soggetti, anche attraverso la soppressione di enti e attraverso processi di "reinternalizzazione" (cioe' di riconduzione di compiti alla competenza di uffici delle stesse amministrazioni) delle attivita' di pubblico interesse. In questa prospettiva si e' posta la l. 124/2015, in particolare all'art. 18, nel delegare il Governo alla adozione di un decreto legislativo, vero e proprio Testo Unico, «per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche». In attuazione della delega il Governo ha adottato in via preliminare, il 20 gennaio 2016, uno schema di decreto, cui si e' fatto riferimento nei precedenti paragrafi in merito alla definizione delle societa' controllate, partecipate e quotate, che ha a oggetto «la costituzione di societa' da parte di amministrazioni pubbliche nonche' l'acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni in societa' a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta». La nuova disciplina riguarda, quindi, gli enti in forma di societa' (per azioni o a responsabilita' limitata), ma non gli enti in forma associativa e di fondazione (art. 1, co. 4). La nuova disciplina, al fine di perseguire gli scopi della riconduzione delle partecipazioni al perseguimento dei fini istituzionali dell'amministrazione e del massimo risparmio di risorse pubbliche, detta regole piu' stringenti sulle procedure di scelta quanto alla costituzione di nuove societa' o al mantenimento di partecipazioni in atto, che devono essere oggetto di "analitica motivazione" (art. 5) e di una annuale analisi dell'assetto delle societa' di cui detengono partecipazione, anche attraverso un "piano di riassetto" o di "razionalizzazione" (art. 20). Sono, poi, dettate norme sulle finalita' perseguibili con la partecipazione in societa' (art. 4), sull'organizzazione e gestione delle societa' a controllo pubblico, quali l'adozione di contabilita' separate per la distinzione tra attivita' di pubblico interesse e attivita' "svolte in regime di economia di mercato", la valutazione del rischio aziendale, l'adozione di piu' qualificati strumenti di "governo societario" (art. 6), la gestione del personale secondo regole sul reclutamento che avvicinino tali societa' al regime del lavoro con le pubbliche amministrazioni (art. 19). Il legislatore persegue, quindi, in materia di societa' partecipate, un obiettivo di razionalizzazione e di piu' netta distinzione tra attivita' di pubblico interesse, che possono giustificare il mantenimento di societa' in controllo o di partecipazioni minoritarie, e attivita' economiche di mercato, da lasciare a soggetti privati non partecipati, soprattutto al fine di garantire la libera concorrenza e la riduzione degli sprechi di risorse pubbliche. Considerato dal punto di vista della prevenzione della corruzione e della trasparenza il fenomeno qui esaminato (tenendo conto quindi anche degli enti di diritto privato diversi dalle societa') presenta specifiche criticita' che l'Autorita' ha potuto rilevare anche nello svolgimento della sua attivita' di vigilanza, quali: a) la minore garanzia di imparzialita' di coloro che operano presso gli enti, sia per quanto riguarda gli amministratori sia per quanto riguarda i funzionari, soprattutto quando gli enti siano chiamati a svolgere attivita' di pubblico interesse di particolare rilievo (si pensi allo svolgimento di funzioni pubbliche affidate, ovvero allo svolgimento di attivita' strumentali strettamente connesse con le funzioni pubbliche principali dell'amministrazione). Per gli amministratori valgono norme attenuate quanto ai requisiti di nomina e norme solo civilistiche di responsabilita'. Per i dipendenti (con qualifica dirigenziale o meno) non viene applicato il principio del pubblico concorso; b) la maggiore distanza tra l'amministrazione affidante e il soggetto privato affidatario, con maggiori difficolta' nel controllo delle attivita' di pubblico interesse affidate; il problema e' aggravato dal fatto che in molti casi l'esternalizzazione delle attivita' e' motivata proprio dall'assenza, nell'amministrazione, di competenze professionali adeguate; in questi casi l'attivita' e' svolta dall'ente privato e l'amministrazione si puo' trovare nella difficolta' di controllarne l'operato perche' non e' nelle condizioni di costituire adeguati uffici allo scopo; c) il moltiplicarsi di situazioni di conflitto di interessi in capo ad amministratori che siano titolari anche di interessi in altre societa' e enti di diritto privato; d) la maggiore esposizione delle attivita' di pubblico interesse affidate agli enti privati alle pressioni di interessi particolari, spesso dovuta al fatto obiettivo dello svolgimento di compiti rilevanti connessi all'esercizio di funzioni pubbliche (si pensi ad attivita' istruttorie svolte a favore degli uffici dell'amministrazioni) senza le garanzie di imparzialita' e di partecipazione della legge sul procedimento amministrativo. Nella prospettiva della prevenzione della corruzione, pertanto, il presente PNA ritiene di indicare alle amministrazioni pubbliche, titolari di partecipazioni, soprattutto di controllo, in enti di diritto privato, ivi comprese quindi le associazioni e le fondazioni, una serie di misure, coerenti con il processo di revisione delle partecipazioni avviato con il testo unico di attuazione dell'art. 18 della l. 124/2015, ma mirate in modo specifico alla maggiore imparzialita' e alla trasparenza, con particolare riguardo per le attivita' di pubblico interesse affidate agli enti partecipati. • E' opportuno che le amministrazioni considerino i profili della prevenzione della corruzione tra quelli da tenere in conto nei piani di riassetto e razionalizzazione delle partecipazioni. In questa prospettiva le amministrazioni valutano, ai fini dell'analitica motivazione per la costituzione di nuovi enti o del mantenimento di partecipazione in essere, se la forma privatistica sia adeguata alla garanzia dell'imparzialita' e della trasparenza delle funzioni affidate, considerando, a tal fine, ipotesi di "reinternalizzazione" dei compiti affidati. • Le amministrazioni valutano se sia necessario limitare l'esternalizzazione dei compiti di interesse pubblico. Cio' vale in particolare con riferimento alle attivita' strumentali; le amministrazioni dovrebbero vigilare perche' siano affidate agli enti privati partecipati le sole attivita' strumentali piu' "lontane" dal diretto svolgimento di funzioni amministrative. Ad esempio, se possono essere utilmente esternalizzate attivita' di manutenzione o di pulizia, maggiore attenzione dovrebbe porsi per attivita' quali lo svolgimento di accertamenti istruttori relativi a procedimenti amministrativi o le stesse attivita' di informatizzazione di procedure amministrative. • Laddove si ritenga utile costituire una societa' mista secondo la vigente normativa in materia, le amministrazioni individuano il socio privato con procedure concorrenziali, vigilando attentamente sul possesso, da parte dei privati concorrenti, di requisiti non solo economici e professionali, ma anche di quelli attinenti la moralita' e onorabilita'. • Le amministrazioni sottopongono gli enti partecipati a piu' stringenti e frequenti controlli sugli assetti societari e sullo svolgimento delle attivita' di pubblico interesse affidate. In particolare, occorre avere riguardo alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, alle procedure di espropriazione di pubblico interesse, all'erogazione di servizi di interesse generale e di interesse economico generale. L'esternalizzazione puo', infatti, giustificarsi in termini di maggiore efficienza, efficacia e economicita', ma non in termini di attenuazione delle garanzie di imparzialita'. Nella valutazione di scelte organizzative tra esternalizzazione o reinternalizzazione va considerato anche il profilo della capacita' dell'amministrazione di svolgere adeguati controlli. • Sempre qualora si ritenga di mantenere in vita enti di diritto privato a controllo pubblico destinati allo svolgimento di attivita' di pubblico interesse, le amministrazioni promuovono negli statuti di questi enti, la separazione, anche dal punto di vista organizzativo, di tali attivita' da quelle svolte in regime di concorrenza e di mercato. Qualora la separazione organizzativa sia complessa, e' necessario adottare il criterio della separazione contabile tra le due tipologie di attivita'. • Occorre promuovere l'introduzione negli enti di diritto privato a controllo pubblico (cosi' come definiti dal testo unico attuativo dell'art. 18 della l. 124/2015), quanto alla disciplina del personale, di regole che avvicinino tale personale a quello delle pubbliche amministrazioni, ai fini della garanzia dell'imparzialita'. Cio' comporta, nel rispetto dei principi richiamati dall'art. 19, co. 3, dello schema di testo unico, l'adozione di procedure concorsuali per il reclutamento, sottratte alla diretta scelta degli amministratori degli enti, nonche' procedure di affidamento di incarichi equivalenti agli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni che diano analoghe garanzie di imparzialita', soprattutto qualora tali incarichi siano relativi ad uffici cui sono affidate le attivita' di pubblico interesse (nella misura in cui e' stato possibile separare organizzativamente tali uffici). Comporta altresi' il riconoscimento in capo ai responsabili di tali uffici (comunque delle attivita' di pubblico interesse) di garanzie di autonomia gestionale comparabili con quelle riconosciute ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni. Comporta, poi, l'applicazione a questo personale delle regole sulla trasparenza secondo quanto previsto dal d.lgs. 33/2013. Le amministrazioni promuovono, infine, l'applicazione al personale degli enti a controllo pubblico dei codici di comportamento, vigilando anche sugli effetti giuridici, in termini di responsabilita' disciplinare, della violazione dei doveri previsti nei codici, in piena analogia con quanto e' disposto per il personale delle pubbliche amministrazioni. 7.5 Whistleblowing La tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti e' stata introdotta nel nostro ordinamento quale misura di prevenzione della corruzione, imponendo peraltro alle amministrazioni di individuare una procedura finalizzata a garantire tale tutela e a stimolare le segnalazioni da parte del dipendente. Quale misura di prevenzione della corruzione, il whistleblowing deve trovare posto e disciplina in ogni PTPC. A tal proposito e' visto con favore da parte di questa Autorita' l'inserimento di misure che vadano nella prospettiva di riforma dell'istituto di seguito elencate. Per colmare le lacune della norma e indirizzare le amministrazioni nell'utilizzo di tale strumento di prevenzione della corruzione l'Autorita' ha adottato la determinazione n. 6 del 28 aprile 2015 «Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti» da ritenersi integralmente qui recepita. Si sottolinea la necessita' che la segnalazione, ovvero la denuncia, sia "in buona fede": la segnalazione e' effettuata nell'interesse dell'integrita' della pubblica amministrazione; l'istituto, quindi, non deve essere utilizzato per esigenze individuali, ma finalizzato a promuovere l'etica e l'integrita' nella pubblica amministrazione. Particolare attenzione deve essere posta dai vertici dell'amministrazione e dal RPCT affinche' non si radichino, in conseguenza dell'attivita' svolta dal RPCT, comportamenti discriminatori. Si richiamano, infine, le pubbliche amministrazioni al rispetto dell'art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 e, in particolar modo, si evidenzia che non vi e' una gerarchia fra i canali di segnalazioni previsti dal legislatore, non dovendosi, quindi, sanzionare (disciplinarmente) il dipendente che non si rivolge all'interno della propria amministrazione per denunciare situazioni di maladministration. Si ricorda che l'Autorita' si sta dotando di una piattaforma Open Source basata su componenti tecnologiche stabili e ampiamente diffuse: si tratta di un sistema in grado di garantire, attraverso l'utilizzazione di tecnologie di crittografia moderne e standard, la tutela della confidenzialita' dei questionari e degli allegati, nonche' la riservatezza dell'identita' dei segnalanti. La piattaforma sara' messa a disposizione delle amministrazioni, consentendo cosi' da parte di ciascuna di esse un risparmio di risorse umane e finanziarie nel dotarsi della tecnologia necessaria per adempiere al disposto normativo. PARTE SPECIALE - APPROFONDIMENTI I - PICCOLI COMUNI Premessa Le indicazioni fornite in questo approfondimento del PNA sono rivolte ai piccoli comuni, enti locali di dimensioni organizzative ridotte, che, anche dall'esame dei PTPC dall'Autorita', presentano difficolta' nell'applicazione della normativa anticorruzione e trasparenza, spesso a causa dell'esiguita' di risorse umane e finanziarie a disposizione. Lo stesso legislatore, nella novellata disciplina in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, ha rivolto particolare attenzione a tali enti al fine di agevolare l'applicazione della normativa, individuando modalita' organizzative e attuative semplificate. 1. I "piccoli comuni" nella normativa di prevenzione della corruzione Per delimitare l'ambito di applicazione delle indicazioni relative ai piccoli comuni, occorre identificare un criterio idoneo ad assicurare chiarezza nell'applicazione della disciplina in tema di prevenzione della corruzione. Si ritiene che tale criterio possa essere rappresentato dal numero di abitanti, facendo rientrare nel novero dei piccoli comuni quelli con popolazione inferiore a 15.000 abitanti. Tale criterio riprende quello utilizzato dagli artt. 71 e 73 del decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico degli Enti Locali, di seguito TUEL) per disciplinare i differenti sistemi elettorali vigenti negli enti locali. Esso distingue i comuni in due categorie a seconda che il numero di abitanti sia inferiore o superiore a 15.000 riconoscendo, per quelli rientranti nella prima categoria, rilevanti semplificazioni. L'Autorita', inoltre, ha tenuto conto di quanto previsto nell'art. 3, co. 1-ter, del d.lgs. 33/2013, introdotto dal d.lgs. 97/2016, che dispone che «L'Autorita' nazionale anticorruzione puo', con il Piano Nazionale Anticorruzione, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, precisare gli obblighi di pubblicazione e le relative modalita' di attuazione, in relazione alla natura dei soggetti, alla loro dimensione organizzativa e alle attivita' svolte, prevedendo in particolare modalita' semplificate per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, per gli ordini e collegi professionali». E' stata altresi' seguita un'indicazione di fondo sul favore per forme associative al fine della predisposizione dei PTPC espressa nell'art. 1, co. 6, della l. 190/2012, come sostituito dal d.lgs. 97/2016, secondo cui «i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti possono aggregarsi per definire in comune, tramite accordi ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il piano triennale per la prevenzione della corruzione, secondo le indicazioni contenute nel Piano nazionale anticorruzione». 2. Valutazione dei PTPC dei piccoli comuni Dall'analisi del campione di PTPC 2016 di piccoli comuni (13) svolta dall'Autorita' si e' rafforzata la convinzione della necessita' di interventi di semplificazione dell'attuazione della normativa per gli enti di piccoli dimensioni, in una logica di ausilio e sostegno e non derogatoria della normativa. Cio' al fine di fornire ai piccoli comuni un supporto per evitare che le attivita' di individuazione e attuazione delle misure organizzative di prevenzione della corruzione siano intese come un mero adempimento burocratico, piuttosto che come un processo costante e sinergico finalizzato alla ricerca di maggiore funzionalita' e - di conseguenza - alla prevenzione di fenomeni di maladministration. Gli esiti della valutazione hanno evidenziato in particolare, rispetto a quanto gia' riportato nel § 2 della parte generale, le seguenti criticita': - difficolta' di individuare eventi rischiosi e di effettuare la gestione del rischio; - carente analisi del contesto esterno ed interno in oltre la meta' dei PTPC analizzati e la quasi totale assenza di un sistema di monitoraggio sull'implementazione del PTPC; - genericita' delle misure individuate, presentate per lo piu' in forma di elenco e prevalentemente limitate a quelle relative alla formazione, al whistleblowing e al codice di comportamento; - insufficienti o generiche indicazioni delle prerogative attribuite al RPCT per lo svolgimento dei propri compiti. 3. Prevenzione della corruzione nelle forme associative tra enti locali Alla luce delle valutazioni riportate sopra, si ritiene che l'esigua dimensione organizzativa, la proiezione esclusivamente locale delle scelte amministrative e la conseguente frammentazione della strategia di contrasto alla corruzione tra le molteplici realta' locali rappresentino gravi ostacoli a un efficace contrasto alla corruzione. Le indicazioni che seguono, pertanto, sono principalmente indirizzate a favorire forme di aggregazione tra i comuni che consentano, da un lato, di garantire idoneita' di risorse e mezzi e dall'altro di assicurare una risposta alla corruzione non solo locale ma piu' propriamente territoriale e unitaria. A questo scopo, alcune delle semplificazioni e degli adattamenti proposti si rivolgono esclusivamente ai comuni che abbiano deciso di operare in forma associata, mediante le unioni di comuni, le convenzioni e gli accordi, come previsto dall'art. 41, co. 1, lett. e) del d.lgs. 97/2016. Altre semplificazioni, di carattere generale, destinate tanto alle unioni e alle convenzioni quanto ai singoli comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, sono invece analizzate nel § 4. Il favor per l'associazione delle funzioni sembra in linea con l'attuale processo legislativo di riorganizzazione degli enti locali di piccole dimensioni. Ci si riferisce, in particolare, a quanto previsto dall'art. 14, co. 31 ter, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122) «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica» che introduce, per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, l'obbligo della gestione associata delle funzioni fondamentali tramite unione o convenzione da attuare, a seguito di proroghe successive, entro il 31 dicembre 2016. Con riferimento al tema delle funzioni fondamentali, si ritiene opportuno precisare fin da ora che, ad avviso dell'Autorita', le attivita' in tema di anticorruzione e trasparenza, per le implicazioni gestionali e operative che comportano, dovrebbero essere considerate all'interno della funzione di organizzazione generale dell'amministrazione, a sua volta annoverata tra quelle fondamentali dall'art. 14, co. 27, del gia' citato d.l. 78/2010. In base alle considerazioni esposte, si ritiene di dover far leva sul ricorso a unioni di comuni e a convenzioni, oltre che ad accordi, come previsto dal d.lgs. 97/2016, per stabilire modalita' operative semplificate, sia per la predisposizione del PTPC sia per la nomina del RPCT. Si precisa che l'applicabilita' delle indicazioni del presente paragrafo prescinde dal numero complessivo di abitanti dei comuni che fanno parte dell'unione o della convenzione. Il ricordato favor del legislatore verso le forme di esercizio associato delle funzioni fondamentali comporta che le semplificazioni qui proposte riguardino forme associative tra piccoli comuni, ma anche forme associative tra piccoli comuni e comuni medio-grandi, con le quali si raggiungono dimensioni organizzative dell'amministrazione comunale piu' adeguate, tanto in termini di funzionalita' generale quanto in termini di prevenzione della corruzione. 3.1 Unioni di comuni Dall'esame condotto sui PTPC e' emerso che le unioni di comuni istituite ai sensi dell'art. 32 del TUEL (enti locali con autonoma personalita' giuridica di diritto pubblico rispetto ai comuni aggregati (14) ), hanno gia' svolto un ruolo di coordinamento nell'azione di prevenzione della corruzione. In alcuni casi le unioni, infatti, non solo hanno approvato un proprio PTPC con riferimento alle funzioni trasferite dai comuni aderenti e per le relative aree di rischio ma hanno, al contempo, coordinato la formazione finalizzata alla stesura dei PTPC dei singoli comuni, essendo questi ultimi, comunque, obbligati ad adottare un Piano con riferimento alle funzioni non trasferite. Il coordinamento nell'elaborazione dei PTPC ha consentito di semplificare l'attivita' dei singoli comuni coinvolti mediante la condivisione del processo di individuazione delle aree di rischio e dei criteri di valutazione dello stesso, ma soprattutto attraverso l'analisi del contesto esterno che ha considerato l'intero territorio dell'unione. Di seguito sono indicati gli adattamenti della disciplina in tema di prevenzione della corruzione sia con riferimento alla predisposizione, adozione e attuazione del PTPC, sia con riferimento alla nomina e alle funzioni del RPCT. Le indicazioni che seguono trovano applicazione: - per le unioni istituite per l'esercizio obbligatorio delle funzioni fondamentali; - per le unioni istituite per l'esercizio associato facoltativo di specifiche funzioni. 3.1.1 Il Piano triennale di prevenzione della corruzione In caso di unione di comuni, si puo' prevedere la predisposizione di un unico PTPC distinguendo, in applicazione del criterio dell'esercizio della funzione, a seconda se ci si riferisca a: - funzioni svolte direttamente dall'unione; - funzioni rimaste in capo ai singoli comuni. Rientrano tra le competenze dell'unione la predisposizione, l'adozione e l'attuazione del PTPC e delle misure organizzative in esso contenute, relativamente alle funzioni trasferite all'unione. Cio' in coerenza con il principio secondo cui spetta all'ente che svolge direttamente le funzioni la mappatura dei processi, l'individuazione delle aree di rischio e la programmazione delle misure di prevenzione a esse riferite. Con riferimento alle altre funzioni, che restano in capo ai singoli comuni in quanto non svolte in forma associata: - qualora lo statuto dell'unione preveda l'associazione della funzione di prevenzione della corruzione, da sola o a seguito dell'associazione della funzione fondamentale di «organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo», a seguito di un idoneo coordinamento, l'unico PTPC dell'unione puo' contenere anche le misure relative alle funzioni non associate, svolte autonomamente dai singoli comuni. Qualora si opti per questa modalita' operativa semplificata, resta ferma la responsabilita' diretta per l'attuazione delle misure di prevenzione in capo ai singoli comuni e, in particolare, ai soggetti incaricati dell'attuazione; - in alternativa, ciascun ente puo' continuare a predisporre il proprio PTPC, mutuando o rinviando al PTPC dell'unione per quelle parti del PTPC comuni all'unione, con particolare riferimento all'analisi del contesto esterno. 3.1.2 Responsabile della prevenzione della corruzione La legge 7 aprile 2014, n. 56 «Disposizioni sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», all'art. 1, co. 110, prevede che alcune attivita' possano essere svolte dalle unioni di comuni in forma associata anche per i comuni che le costituiscono, con particolare riferimento alle funzioni di responsabile anticorruzione, svolte da un funzionario nominato dal presidente dell'unione tra i funzionari dell'unione e dei comuni che la compongono. Nella stessa direzione si muove la l. 190/2012, art. 1, co. 7, come sostituito dal d.lgs. 97/2016, che prevede che nelle unioni di comuni puo' essere nominato un unico responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Le funzioni di RPCT dell'unione sono pertanto attribuite dal Presidente della Giunta al segretario comunale dell'unione o di uno dei comuni aderenti o a un dirigente apicale, salvo espresse e motivate eccezioni, in coerenza con quanto previsto all'art.1, co. 7, della l. 190/2012, come modificato dal d.lgs. 97/2016. In alternativa, laddove ricorrano valide ragioni, da indicare analiticamente nel provvedimento di nomina, l'incarico puo' essere assegnato ad altro funzionario dell'unione o dei comuni aderenti, identificato con figure dirigenziali, o titolari di posizione organizzativa. In ogni caso non puo' trattarsi di un soggetto esterno all'amministrazione, cioe' esterno a uno dei comuni facenti parte dell'unione (15). - Qualora i comuni abbiano associato anche la funzione di prevenzione della corruzione, attribuendo all'unione la competenza a redigere un unico PTPC anche per le funzioni non trasferite, il RPCT dell'unione svolge le proprie funzioni anche per i comuni associati. In questo caso, tuttavia, data la difficolta' di assicurare un capillare controllo anche all'interno di questi ultimi, per le funzioni non trasferite all'unione occorre che ciascun comune nomini al proprio interno un referente chiamato a verificare, dandone conto al RPCT, l'effettiva attuazione delle misure nel proprio ente, a proporre l'adozione di possibili ulteriori o diverse misure, ad assicurare un costante flusso informativo nei confronti del RPCT. Come gia' precisato (Aggiornamento 2015 al PNA, parte generale, § 4.2) i referenti svolgono attivita' informativa nei confronti del RPCT affinche' questi abbia elementi e riscontri sia per la formazione e il monitoraggio del PTPC sia sull'attuazione delle misure. In questa prospettiva, al fine di rafforzare le possibilita' di intervento del RPCT e garantire autonomia ed effettivita' dell'incarico mediante espressa previsione statutaria, e' necessario attribuire al RPCT dell'unione: - responsabilita' di proporre e sovrintendere all'attuazione del PTPC unico; - poteri di coordinamento anche all'interno dei comuni, avvalendosi dei referenti nominati e dei soggetti che svolgono funzioni dirigenziali. I poteri di coordinamento e' necessario contemplino, tra l'altro, la possibilita' di organizzare al meglio i flussi informativi tra gli uffici degli enti aderenti, referenti e RPCT; - poteri di vigilanza sull'attuazione delle misure di prevenzione. I poteri di vigilanza comprendono, tra l'altro, la possibilita' di approntare sistemi di verifica e controllo dell'efficace attuazione delle misure con la necessaria collaborazione dei soggetti che svolgono funzioni dirigenziali e in generale dei dipendenti dei comuni aderenti all'unione; - adeguati poteri di interlocuzione con i referenti, con gli altri funzionari e con gli organi di controllo dei comuni coinvolti e conseguente previsione di doveri professionali dei dirigenti e dei referenti di rispondere al RPCT. In questa ottica e' opportuno sottolineare il ruolo di coordinamento generale del RPCT a fronte di precise responsabilita' di attuazione delle misure che spettano ai soggetti che, in ciascun comune, svolgono ruoli di responsabilita' tecnico amministrativa (dirigenti, titolari di posizione organizzativa, funzionari). - Qualora gli enti facenti parte dell'unione non abbiano associato anche la funzione di prevenzione della corruzione e continuino a redigere autonomi PTPC per le funzioni non trasferite, ciascuno di essi e' tenuto a nominare il proprio RPCT. Questi svolge la funzione di referente del RPCT dell'unione per le funzioni ad essa attribuite garantendo, in particolare, la regolare corrispondenza dei flussi informativi. Sia che i comuni abbiano deciso di avvalersi della facolta' di redigere un solo PTPC, associando la funzione di prevenzione della corruzione (da sola o tramite l'associazione dell'«organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo») sia che adottino Piani separati per le funzioni non trasferite, puo' essere, comunque, opportuno attribuire al RPCT dell'unione un ruolo di coordinamento nei riguardi di tutti gli enti e soggetti coinvolti nell'azione di prevenzione della corruzione che puo' riguardare, in particolare: - la formazione del personale di tutti i comuni dell'unione; - l'analisi del contesto esterno per la predisposizione dei PTPC. Essa potra' svilupparsi in modo unitario considerando come riferimento l'intero territorio dell'unione ed essere svolta anche con il supporto tecnico e informativo della Prefettura competente, oltre che della provincia, in quanto ente territoriale di area vasta che esercita funzioni di assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali, ai sensi dell'art.1, commi 85, lett. d), e 88, l. 56/2014. Nel caso di comuni ricadenti in citta' metropolitane, tali enti potranno fornire il necessario ausilio con riguardo alla costituzione di "zone omogenee" previste dalla l. 56/2014, art. 1, co. 11, lett. c). In merito si rinvia all'approfondimento II sulle citta' metropolitane, § 2.3. 3.2 Convenzioni di Comuni La convenzione ai sensi dell'art. 30 del TUEL - l'altra modalita' operativa indicata dalla disciplina sulle gestione aggregate obbligatorie - e' attualmente la forma associativa piu' diffusa tra i comuni, trattandosi di quella certamente piu' flessibile, anche se l'ordinamento sembra manifestare un minor favore verso questo modello rispetto a quello dell'unione. Anche per le convenzioni sono di seguito individuati alcuni possibili adattamenti della disciplina in tema di prevenzione della corruzione, con particolare riferimento al PTPC e al ruolo del RPCT. 3.2.1 Piano triennale di prevenzione della corruzione Per i PTPC dei comuni che abbiano stipulato una convenzione ai sensi dell'art. 30 del TUEL occorre distinguere le funzioni associate dalle funzioni che i comuni convenzionati continuano a svolgere autonomamente. Con riferimento alle funzioni associate, e' il comune capofila (o l'ufficio appositamente istituito) a dover elaborare la parte di Piano concernente tali funzioni, programmando, nel proprio PTPC, le misure di prevenzione, le modalita' di attuazione, i tempi e i soggetti responsabili. Per assicurare il necessario coordinamento con gli altri comuni, occorre che questi ultimi, all'interno dei propri PTPC, recepiscano la mappatura dei processi relativi a dette funzioni. Con riferimento alle funzioni non associate, ciascun comune che aderisce alla convenzione deve redigere il proprio PTPC. A differenza di quanto previsto per le unioni, non si ritiene ammissibile per le convenzioni la possibilita' di redigere un solo PTPC, anche quando i comuni abbiano associato la funzione di prevenzione della corruzione o quando alla convenzione sia demandata la funzione fondamentale di «organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo». A differenza dell'unione, infatti, la convenzione non da' vita a un nuovo ente locale, dotato di una propria organizzazione e di propri organi e rappresenta una forma meno stabile di cooperazione. In ogni caso, sia per le funzioni associate sia per tutte le altre e' opportuno assicurare un necessario coordinamento delle attivita' legate alla gestione del rischio di corruzione. Il coordinamento fra i comuni convenzionati - come per le unioni - puo' riguardare: - iniziative per la formazione in materia di anticorruzione; - elaborazione di documenti condivisi per la predisposizione dei rispettivi PTPC, in particolare per l'analisi del contesto esterno e per le misure di prevenzione relative alle funzioni aggregate. La previsione di queste forme di coordinamento nonche' l'attribuzione al RPCT del comune capofila dei necessari poteri di organizzazione e gestione delle conseguenti iniziative e dei flussi informativi sono disciplinate nelle convenzioni con le quali si delibera l'associazione delle funzioni. Ulteriore ipotesi configurabile per i comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti e' quella della stipula di una convenzione ex art. 30 del TUEL o di un accordo ai sensi dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (art. 1, co. 6, l. 190/2012, come modificato dal d.lgs. 97/2016), unicamente allo scopo di definire in comune i PTPC di ogni singolo ente. Il coordinamento nella definizione in comune del PTPC consente di semplificare l'attivita' dei singoli comuni coinvolti, attraverso la condivisione delle attivita' di formazione, dell'analisi del contesto esterno, del processo di individuazione delle aree di rischio e dei criteri di valutazione delle stesse. Resta fermo che ciascun comune che aderisce alla convenzione o all'accordo, sulla base dei documenti e delle attivita' condivise, adotta il proprio PTPC e nomina il proprio RPCT. 3.2.2. Responsabile della prevenzione della corruzione In virtu' delle considerazioni sopra espresse, i comuni aderenti alla convenzione nominano ciascuno un proprio RPCT anche qualora, tramite la convenzione, decidano di aggregare la funzione di prevenzione della corruzione, o quella di «organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo». I compiti di coordinamento possono essere svolti nelle forme ritenute piu' adeguate, in base all'assetto prescelto per la gestione associata delle funzioni prevedendo, mediante espressa disciplina della convenzione: - ove sia stato indicato un comune capofila, che il RPCT di questo ente possa espletare le funzioni di coordinamento; - ove la convenzione preveda l'istituzione di un ufficio comune per l'esercizio delle funzioni aggregate, che uno dei RPCT - scelto tra quelli dei comuni convenzionati - svolga le descritte funzioni di coordinamento. Il coordinamento delle attivita' finalizzate alla predisposizione dei PTPC nell'ambito della convenzione puo' essere esteso anche alle funzioni che restano di competenza dei singoli comuni; cio', al fine di garantire anche per queste parti dei rispettivi Piani l'applicazione di criteri omogenei per la mappatura dei procedimenti, l'individuazione delle aree di rischio e delle misure di prevenzione. Resta ferma sia la responsabilita' diretta dei RPCT di ogni comune in ordine alla predisposizione del PTPC dell'ente locale, sia quella dei dirigenti per l'attuazione delle misure di prevenzione previste.