Art. 4
                 Tutela giurisdizionale dei diritti

  1.  La tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti di
cui  all'articolo  2 si svolge nelle forme previste dall'articolo 44,
commi da 1 a 6, 8 e 11, del testo unico.
  2.  Chi  intende  agire  in  giudizio  per  il riconoscimento della
sussistenza  di una delle discriminazioni di cui all'articolo 2 e non
ritiene  di  avvalersi  delle procedure di conciliazione previste dai
contratti  collettivi,  puo' promuovere il tentativo di conciliazione
ai  sensi  dell'articolo  410  del  codice  di  procedura  civile  o,
nell'ipotesi  di rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche,
ai  sensi  dell'articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, anche tramite le associazioni di cui all'articolo 5, comma 1.
  3.  Il  ricorrente,  al  fine  di  dimostrare  la sussistenza di un
comportamento  discriminatorio  a  proprio  danno,  puo'  dedurre  in
giudizio,  anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in
termini  gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta ai sensi
dell'articolo 2729, primo comma, del codice civile.
  4. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a
provvedere,  se  richiesto,  al  risarcimento  del  danno  anche  non
patrimoniale,  ordina la cessazione del comportamento, della condotta
o  dell'atto  discriminatorio,  ove  ancora  sussistente,  nonche' la
rimozione  degli  effetti.  Al  fine  di impedirne la ripetizione, il
giudice puo' ordinare, entro il termine fissato nel provvedimento, un
piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
  5.  Il giudice tiene conto, ai fini della liquidazione del danno di
cui  al  comma  4,  che  l'atto  o  il  comportamento discriminatorio
costituiscono  ritorsione  ad una precedente azione giudiziale ovvero
ingiusta reazione ad una precedente attivita' del soggetto leso volta
ad ottenere il rispetto del principio della parita' di trattamento.
  6.  Il giudice puo' ordinare la pubblicazione della sentenza di cui
ai  commi  4  e  5,  a  spese del convenuto, per una sola volta su un
quotidiano di tiratura nazionale.
  7.  Resta  salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il
personale  di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165.
 
          Note all'art. 4:
              -  Il testo dell'art. 44 del citato decreto legislativo
          n. 286 del 1998, e' il seguente:
              "Art.  44  (Azione  civile  contro la discriminazione).
          (Legge  6 marzo  1988,  n.  40,  art.  42)  -  1. Quando il
          comportamento    di    un    privato   o   della   pubblica
          amministrazione  produce  una  discriminazione  per  motivi
          razziali,  etnici,  nazionali o religiosi, il giudice puo',
          su   istanza   di   parte,   ordinare   la  cessazione  del
          comportamento   pregiudizievole   e   adottare  ogni  altro
          provvedimento  idoneo,  secondo le circostanze, a rimuovere
          gli effetti della discriminazione.
              2.  La domanda si propone con ricorso depositato, anche
          personalmente  dalla  parte,  nella cancelleria del pretore
          del luogo di domicilio dell'istante.
              3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalita'
          non  essenziale  al  contraddittorio,  procede nel modo che
          ritiene    piu'   opportuno   agli   atti   di   istruzione
          indispensabili  in  relazione  ai presupposti e ai fini del
          provvedimento richiesto.
              4. Il pretore provvede con ordinanza all'accoglimento o
          al  rigetto  della domanda. Se accoglie la domanda emette i
          provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.
              5.  Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto
          motivato,  assunte,  ove occorre, sommarie informazioni. In
          tal  caso  fissa,  con  lo  stesso  decreto,  l'udienza  di
          comparizione delle parti davanti a se' entro un termine non
          superiore  a  quindici  giorni,  assegnando  all'istante un
          termine  non  superiore  a otto giorni per la notificazione
          del  ricorso e del decreto. A tale udienza, il pretore, con
          ordinanza,  conferma,  modifica  o  revoca  i provvedimenti
          emanati nel decreto.
              6.  Contro  i  provvedimenti  del  pretore  e'  ammesso
          reclamo  al  tribunale  nei  termini  di  cui all'art. 739,
          secondo   comma,   del   codice  di  procedura  civile.  Si
          applicano,  in  quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e
          739 del codice di procedura civile.
              7.  Con  la  decisione  che  definisce  il  giudizio il
          giudice   puo'   altresi'   condannare   il   convenuto  al
          risarcimento del danno, anche non patrimoniale.
              8.  Chiunque  elude  l'esecuzione  di provvedimenti del
          pretore  di  cui  ai  commi  4  e 5 e dei provvedimenti del
          tribunale  di  cui  al comma 6 e' punito ai sensi dell'art.
          388, primo comma, del codice penale.
              9.  Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza
          a   proprio  danno  del  comportamento  discriminatorio  in
          ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della
          provenienza geografica, della confessione religiosa o della
          cittadinanza   puo'  dedurre  elementi  di  fatto  anche  a
          carattere  statistico  relativi  alle assunzioni, ai regimi
          contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche,
          ai  trasferimenti,  alla  progressione  in  carriera  e  ai
          licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i
          fatti dedotti nei limiti di cui all'art. 2729, primo comma,
          del codice civile.
              10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto
          o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo,
          anche  in  casi  in  cui  non  siano  individuabili in modo
          immediato    e    diretto    i    lavoratori   lesi   dalle
          discriminazioni,  il  ricorso  puo' essere presentato dalle
          rappresentanze   locali   delle   organizzazioni  sindacali
          maggiormente   rappresentative   a  livello  nazionale.  Il
          giudice,  nella  sentenza  che  accerta  le discriminazioni
          sulla  base  del  ricorso  presentato ai sensi del presente
          articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i
          predetti  soggetti e organismi, un piano di rimozione delle
          discriminazioni accertate.
              11.   Ogni   accertamento   di   atti  o  comportamenti
          discriminatori  ai  sensi  dell'art.  43 posti in essere da
          imprese  alle quali siano stati accordati benefici ai sensi
          delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che
          abbiano    stipulato   contratti   di   appalto   attinenti
          all'esecuzione   di   opere  pubbliche,  di  servizi  o  di
          forniture,   e'   immediatamente  comunicato  dal  Pretore,
          secondo   le   modalita'   previste   dal   regolamento  di
          attuazione,  alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici
          che  abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse
          le  agevolazioni  finanziarie o creditizie, o dell'appalto.
          Tali  amministrazioni,  o enti revocano il beneficio e, nei
          casi  piu'  gravi, dispongono l'esclusione del responsabile
          per   due   anni  da  qualsiasi  ulteriore  concessione  di
          agevolazioni  finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi
          appalto.
              12. Le regioni, in collaborazione con le province e con
          i   comuni,   con   le  associazioni  di  immigrati  e  del
          volontariato sociale, ai fini dell'applicazione delle norme
          del   presente   articolo  e  dello  studio  del  fenomeno,
          predispongono  centri di osservazione, di informazione e di
          assistenza   legale   per   gli  stranieri,  vittime  delle
          discriminazioni  per  motivi  razziali, etnici, nazionali o
          religiosi".
              - Il  testo  dell'art.  410  del  codice  di  procedura
          civile, e' il seguente:
              "Art.  410 (Tentativo obbligatorio di conciliazione). -
          Chi  intende  proporre  in giudizio una domanda relativa ai
          rapporti  previsti dall'art. 409 e non ritiene di avvalersi
          delle  procedure  di conciliazione previste dai contratti e
          accordi   collettivi   deve   promuovere,   anche   tramite
          l'associazione  sindacale  alla quale aderisce o conferisca
          mandato,   il   tentativo   di   conciliazione   presso  la
          commissione  di conciliazione individuata secondo i criteri
          di cui all'art. 413.
              La  comunicazione  della  richiesta di espletamento del
          tentativo  di  conciliazione  interrompe  la prescrizione e
          sospende,  per  la  durata del tentativo di conciliazione e
          per  i  venti  giorni  successivi  alla sua conclusione, il
          decorso di ogni termine di decadenza.
              La   commissione,   ricevuta   la  richiesta  tenta  la
          conciliazione  della controversia, convocando le parti, per
          una   riunione  da  tenersi  non  oltre  dieci  giorni  dal
          ricevimento della richiesta.
              Con    provvedimento    del    direttore   dell'ufficio
          provinciale  del  lavoro  e  della  massima  occupazione e'
          istituita  in  ogni  provincia presso l'ufficio provinciale
          del  lavoro  e  della  massima occupazione, una commissione
          provinciale   di   conciliazione   composta  dal  direttore
          dell'ufficio  stesso,  o da un suo delegato, in qualita' di
          presidente,   da  quattro  rappresentanti  effettivi  e  da
          quattro  supplenti  dei  datori  di  lavoro  e  da  quattro
          rappresentanti   effettivi   e  da  quattro  supplenti  dei
          lavoratori,   designati   dalle  rispettive  organizzazioni
          sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
              Commissioni di' conciliazione possono essere istituite,
          con  le  stesse modalita' e con la medesima composizione di
          cui  al  precedente  comma,  anche presso le sezioni zonali
          degli   uffici  provinciali  del  lavoro  e  della  massima
          occupazione.
              Le  commissioni,  quando  se  ne ravvisi la necessita',
          affidano   il   tentativo   di   conciliazione   a  proprie
          sottocommissioni,  presiedute  dal  direttore  dell'ufficio
          provinciale  del lavoro e della massima occupazione o da un
          suo  delegato  che rispecchino la composizione prevista dal
          precedente terzo comma.
              In  ogni  caso  per  la  validita'  della  riunione  e'
          necessaria  la  presenza  del  presidente  e  di  almeno un
          rappresentante   dei   datori   di  lavoro  e  di  uno  dei
          lavoratori.
              Ove la riunione della commissione non sia possibile per
          la  mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al
          precedente comma, il direttore dell'ufficio provinciale del
          lavoro certifica l'impossibilita' di procedere al tentativo
          di conciliazione.".
              -   Il  testo  dell'art.  66  del  decreto  legislativo
          30 marzo  2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del
          lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e'
          il seguente:
              "Art.  66  (Collegio  di  conciliazione).  -  1.  Ferma
          restando  la  facolta'  del  lavoratore  di avvalersi delle
          procedure   di   conciliazione   previste   dai   contratti
          collettivi,  il  tentativo obbligatorio di conciliazione di
          cui all'art. 65 si svolge, con le procedure di cui ai commi
          seguenti, dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito
          presso  la  Direzione  provinciale  del  lavoro  nella  cui
          circoscrizione  si  trova  l'ufficio  cui  il lavoratore e'
          addetto, ovvero era addetto al momento della cessazione del
          rapporto.  Le  medesime  procedure  si applicano, in quanto
          compatibili,  se  il tentativo di conciliazione e' promosso
          dalla    pubblica    amministrazione.    Il   collegio   di
          conciliazione  e'  composto dal direttore della Direzione o
          da  un  suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante
          del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione.
              2.   La   richiesta  del  tentativo  di  conciliazione,
          sottoscritta  dal  lavoratore, e' consegnata alla Direzione
          presso  la  quale e' istituito il collegio di conciliazione
          competente  o  spedita  mediante raccomandata con avviso di
          ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnata o
          spedita  a cura dello stesso lavoratore all'amministrazione
          di appartenenza.
              3. La richiesta deve precisare:
                a) l'amministrazione  di  appartenenza e la sede alla
          quale il lavoratore e' addetto;
                b) il   luogo   dove   gli  devono  essere  fatte  le
          comunicazioni inerenti alla procedura;
                c) l'esposizione  sommaria  dei fatti e delle ragioni
          poste a fondamento della pretesa;
                d) la  nomina del proprio rappresentante nel collegio
          di  conciliazione  o  la  delega  per la nomina medesima ad
          un'organizzazione sindacale.
              4.  Entro  trenta  giorni  dal  ricevimento della copia
          della  richiesta, l'amministrazione, qualora non accolga la
          pretesa   del  lavoratore,  deposita  presso  la  Direzione
          osservazioni  scritte.  Nello stesso atto nomina il proprio
          rappresentante  in seno al collegio di conciliazione. Entro
          i  dieci giorni successivi al deposito, il Presidente fissa
          la   comparizione   delle   parti   per   il  tentativo  di
          conciliazione.  Dinanzi  al  collegio  di conciliazione, il
          lavoratore  puo'  farsi  rappresentare o assistere anche da
          un'organizzazione  cui  aderisce  o conferisce mandato. Per
          l'amministrazione  deve  comparire  un  soggetto munito del
          potere di conciliare.
              5.  Se  la conciliazione riesce, anche limitatamente ad
          una  parte  della  pretesa  avanzata  dal lavoratore, viene
          redatto  separato processo verbale sottoscritto dalle parti
          e  dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale
          costituisce  titolo  esecutivo.  Alla  conciliazione non si
          applicano  le  disposizioni  dell'art.  2113, commi, primo,
          secondo e terzo del codice civile.
              6.  Se  non  si  raggiunge  l'accordo  tra le parti, il
          collegio  di  conciliazione deve formulare una proposta per
          la  bonaria  definizione della controversia. Se la proposta
          non  e'  accettata,  i  termini  di essa sono riassunti nel
          verbale  con  indicazione  delle valutazioni espresse dalle
          parti.
              7.  Nel  successivo  giudizio  sono acquisiti, anche di
          ufficio,    i   verbali   concernenti   il   tentativo   di
          conciliazione   non   riuscito.   Il   giudice   valuta  il
          comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai
          fini del regolamento delle spese.
              8.   La  conciliazione  della  lite  da  parte  di  chi
          rappresenta  la  pubblica amministrazione, in adesione alla
          proposta  formulata  dal collegio di cui al comma 1, ovvero
          in  sede  giudiziale  ai  sensi dell'art. 420, commi primo,
          secondo  e  terzo, del codice di procedura civile, non puo'
          dar luogo a responsabilita' amministrativa.".
              -  Il  testo  dell'art.  2729,  del codice civile e' il
          seguente:
              "Art. 2729 (Presunzioni semplici). - Le presunzioni non
          stabilite  dalla  legge  sono  lasciate  alla  prudenza del
          giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi,
          precise e concordanti.
              Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui
          la legge esclude la prova per testimoni.".
              -  Il testo dell'art. 3, del citato decreto legislativo
          n. 165 del 2001, e' il seguente:
              "Art. 3 (Personale in regime di diritto pubblico). - 1.
          In  deroga  all'art. 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati
          dai   rispettivi   ordinamenti:   i   magistrati  ordinari,
          amministrativi  e  contabili,  gli  avvocati  e procuratori
          dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di
          Stato,  il  personale  della  carriera  diplomatica e della
          carriera  prefettizia  nonche'  i dipendenti degli enti che
          svolgono   la  loro  attivita'  nelle  materie  contemplate
          dall'art.  1  del  decreto legislativo del Capo provvisorio
          dello  Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno
          1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e
          10 ottobre 1990, n. 287.
              2.   Il  rapporto  di  impiego  dei  professori  e  dei
          ricercatori    universitari    resta   disciplinato   dalle
          disposizioni   rispettivamente  vigenti,  in  attesa  della
          specifica  disciplina  che la regoli in modo organico ed in
          conformita'  ai  principi  della autonomia universitaria di
          cui  all'art.  33  della  Costituzione ed agli articoli 6 e
          seguenti  della  legge  9 maggio 1989, n. 168, e successive
          modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di
          cui  all'art.  2,  comma  1, della legge 23ottobre 1992, n.
          421.".