IL GARANTE PER LA PROTEZIONE
                         DEI DATI PERSONALI

  Nella  riunione  odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti,
presidente,  del  dott.  Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del
dott.  Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del
dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
  Vista  la  normativa  internazionale  e  comunitaria e il Codice in
materia  di  protezione  dei  dati  personali (direttiva n. 95/46/CE;
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196);
  Vista la documentazione in atti;
  Viste   le  osservazioni  dell'Ufficio,  formulate  dal  segretario
generale  ai  sensi  dell'art.  15  del  regolamento  del Garante, n.
1/2000;
  Relatore il prof. Francesco Pizzetti;
                              Premesso:

1. Considerazioni introduttive.

  Il  codice  entrato in vigore il 1° gennaio 2004 ha riunito in modo
organico  la  normativa  di  tutela  relativa al trattamento dei dati
personali;    ha    offerto   all'intera   amministrazione   pubblica
un'occasione  significativa  per  portare a compimento il processo di
modernizzazione, in modo da adeguare il proprio assetto organizzativo
e funzionale dando idonee risposte alle istanze dei cittadini rivolte
al massimo rispetto dei diritti e delle liberta' fondamentali.
  In  questo  quadro,  il  Garante  rileva,  pero', con rammarico che
numerose amministrazioni pubbliche non hanno dato piena attuazione al
Codice.
  In  particolare, questa Autorita' segnala che non sono state ancora
introdotte  le  garanzie  previste in ordine al trattamento di alcune
informazioni  che  riguardano  profili particolarmente delicati della
sfera privata delle persone, ovvero dei c.d. dati «sensibili».
  La  vicenda incide in termini rilevanti sulla sfera dei diritti dei
cittadini.
  L'utilizzo  di  queste informazioni (concernenti la salute, la vita
sessuale,   la  sfera  religiosa,  politico-sindacale  o  filosofica,
nonche'  l'origine razziale ed etnica) e' inoltre soggetto a rigorose
cautele  anche in base alla disciplina comunitaria, la quale vieta il
loro  trattamento  a meno che ricorrano specifici motivi di interesse
pubblico  rilevante  e  siano  altresi' assicurate opportune garanzie
(art. 8 direttiva cit.). Analoghe cautele sono previste per i dati di
carattere  giudiziario.  L'inerzia  delle  pubbliche  amministrazioni
lede,  quindi,  non solo il diritto dei cittadini alla protezione dei
dati   personali,  ma  comporta  anche  una  violazione  del  diritto
comunitario.
  Il  ritardo  accumulato su questo piano e' eccessivo. Sin dal 1997,
vigente la legge n. 675/1996, ed anche dopo l'approvazione del codice
nel  2003,  i  soggetti pubblici hanno infatti potuto avvalersi di un
lungo   periodo   transitorio  e  di  diverse  proroghe.  L'eventuale
protrarsi   dell'inerzia   delle   amministrazioni   anche   dopo  il
31 dicembre  2005 (data di scadenza dell'ultima proroga) risulterebbe
del tutto ingiustificata.
  L'Autorita'  esprime  viva  preoccupazione in relazione al rispetto
del termine di legge del 31 dicembre prossimo.
  Se  non  interverranno  per  tale  data  i necessari atti di natura
regolamentare  il  trattamento dei dati sensibili e giudiziari dovra'
essere  infatti  interrotto  a  decorrere dal 1° gennaio prossimo. La
prosecuzione del trattamento di dati sensibili e giudiziari dopo tale
data concretizzerebbe un illecito, con conseguenti responsabilita' di
diverso  ordine,  anche  contabile  e  per  danno  erariale; potrebbe
inoltre    comportare    l'inutilizzabilita'    dei   dati   trattati
indebitamente, nonche' il possibile intervento di provvedimenti anche
giudiziari  di  blocco  o  di  divieto  del trattamento (art. 154 del
codice;  art. 3 decreto-legge 24 giugno 2004, n. 158, come modificato
dalla legge 27 luglio 2004, n. 188; art. 11, commi 1, lettera a) e 2,
del codice).
  Nel  quadro  della  tematica in esame, le amministrazioni pubbliche
hanno  l'obbligo  -  accanto  ad altri doveri in materia - di rendere
trasparenti  ai  cittadini  quali  informazioni  vengono raccolte tra
quelle  particolarmente  delicate cui si e' fatto riferimento; devono
altresi'   chiarire   come  utilizzano  queste  informazioni  per  le
finalita' di rilevante interesse pubblico individuate con legge. Tali
indicazioni vanno trasfuse in un atto regolamentare cui va data ampia
pubblicita' (articoli 4, comma 1, lettera d) ed e), 20, comma 2 e 21,
comma 2, del codice).
  Non  si  tratta  di  un  mero  adempimento  formale,  oppure di una
semplice   ricognizione   di   prassi   esistenti,  poiche'  da  tali
regolamenti   discenderanno   effetti  sostanziali  per  i  cittadini
interessati.
  Gli  schemi dei regolamenti devono essere sottoposti al Garante per
l'espressione   del  parere,  cui  i  soggetti  pubblici  devono  poi
conformarsi.
  Considerata  l'ampiezza  del  settore,  il  codice prevede anche la
possibilita'  che  siano  redatti schemi tipo per insiemi omogenei di
amministrazioni,  sui  quali  puo'  essere pertanto espresso un unico
parere.
  Per  contribuire  alla corretta applicazione del codice, il Garante
ha  intensificato  la collaborazione finalizzata alla predisposizione
di  tali  schemi  tipo  con  organismi  rappresentativi  di  regioni,
autonomie   locali  ed  universita',  nonche',  in  riferimento  alle
rispettive  funzioni  istituzionali,  con la Presidenza del Consiglio
dei Ministri e il Dipartimento della funzione pubblica.
  Il  Garante resta pero' in attesa di ricevere per il parere sia gli
schemi  tipo  eventualmente  proposti,  sia gli schemi di regolamento
predisposti da singole amministrazioni.
2. Aspetti procedurali.

  Diversi  documenti  del Garante e piu' di una circolare evidenziano
da  tempo  la problematica e la circostanza, ribadita dal codice, che
le amministrazioni non possono avvalersi, nel caso di specie, di meri
atti  che,  anche  se denominati regolamenti, non hanno, anche per la
loro  eventuale rilevanza solo interna, la necessaria natura di fonte
normativa suscettibile di incidere su diritti e liberta' fondamentali
di terzi (Provv. Garante del 17 gennaio 2002, in Boll. n. 24, p. 40 e
16 giugno  1999,  in Boll. n. 9, p. 19; note del Garante rivolte alla
Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  il  10 settembre  1999, il
10 novembre  2000 e il 3 maggio 2001, in Boll. n. 9, p. 31, n. 14-15,
p. 26 e n. 20, p. 36).
  Spetta  ai soggetti pubblici che trattano i dati adottare l'atto di
natura  regolamentare,  o avvalendosi dei poteri ad essi riconosciuti
dall'ordinamento  di riferimento, oppure promuovendo l'adozione di un
regolamento  da parte della competente amministrazione di riferimento
la  quale eserciti, ad esempio, poteri di indirizzo e controllo (es.:
articoli 4 e 14 decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e, a titolo
esemplificativo,   articoli 8   e   successivi   decreti  legislativi
30 luglio  1999,  n.  300 e 9 decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.
419).
  Gli   atti  di  natura  regolamentare  da  adottare  devono  essere
predisposti  previa  ricognizione  attenta  dei  trattamenti  di dati
sensibili  e  giudiziari  in  fase  di  attuale  trattamento o che si
intende trattare in futuro.
  Occorre   poi   tenere   presente  che  potranno  essere  prese  in
considerazione   nei  regolamenti  le  sole  finalita'  di  rilevante
interesse pubblico gia' individuate specificamente dal codice o, come
quest'ultimo  prevede,  da un'espressa previsione di legge che, anche
se  collocata fuori del codice, le evidenzi comunque puntualmente nei
termini richiesti (art. 20 e Parte II del codice).
  La  ricognizione, che presuppone il necessario coinvolgimento delle
articolazioni  interne  del soggetto pubblico interessato, permette a
quest'ultimo  di  effettuare  anche  un'ulteriore  verifica  circa la
rispondenza  dei  trattamenti in corso con i principi del codice oggi
gia'  direttamente  applicabili  (e ovviamente da rispettare anche in
sede  regolamentare),  nonche'  di  adeguare prontamente procedure in
atto    eventualmente    non   conformi   a   legge   (principio   di
indispensabilita'  in  rapporto  alle finalita' perseguite; verifiche
periodiche  dei  vari  requisiti dei dati - esattezza, aggiornamento,
pertinenza,   completezza,   ecc.-   e  del  loro  rapporto  con  gli
adempimenti  da  svolgere;  scelta  di  modalita'  volte  a prevenire
violazioni  di  diritti  e  liberta'  fondamentali; raccolta dei dati
sensibili  e giudiziari di regola presso gli interessati; particolari
cautele rispetto a dati riferiti a terzi non direttamente interessati
ai  compiti  o adempimenti da svolgere; divieto di diffusione di dati
sulla salute ecc.: cfr. art. 22 del codice).
3. Il parere del Garante.

  Gli  atti  di  natura regolamentare devono essere adottati, in ogni
caso, in conformita' al parere del Garante. Come accennato, il parere
puo'  essere  espresso  anche  su  schemi tipo, il che contribuisce a
rendere   piu'   organiche   le  garanzie  in  riferimento  ad  altre
amministrazioni  e  semplifica, inoltre, l'iter di approvazione degli
atti.
  Infatti,  una  volta  espresso  dal Garante il parere su uno schema
tipo  riguardante  l'attivita'  di  soggetti  pubblici  che  svolgono
attivita'  omogenee, lo schema di ciascun regolamento non deve essere
sottoposto   singolarmente   a   questa   Autorita',   sempreche'  il
trattamento  ipotizzato  sia  attinente  e  conforme allo schema tipo
esaminato.
  E'   invece   necessario   sottoporre  al  Garante  uno  schema  di
regolamento per uno specifico parere solo se:
      a) manca uno schema tipo gia' esaminato dall'Autorita';
      b) vi  e'  uno  schema  tipo  al  quale  l'amministrazione deve
apportare  modifiche  sostanziali  o  integrazioni  non  formali  che
riguardano  (a  causa  di  ulteriori  categorie  di  dati  o di altre
rilevanti  operazioni  di  trattamento)  casi in esso non considerati
nello schema tipo.
  Anche  in  questi due casi, il Garante e' impegnato ad esprimere il
parere  nel  termine  di  qurantacinque  giorni dal ricevimento della
richiesta   (o  nei  venti  giorni  dal  ricevimento  degli  elementi
istruttori  ricevuti  dalle  amministrazioni  interessate), decorsi i
quali, se non interviene un parere formale, il soggetto puo' adottare
comunque  il  regolamento  e proseguire poi il trattamento (art. 154,
comma 5, del codice).
4. Contenuto dell'atto regolamentare e pubblicita'.

  In questa sede, Il Garante intende fornire alle amministrazioni che
non   potranno  avvalersi  di  schemi  tipo  alcune  prescrizioni  di
carattere  generale per contribuire all'adozione di adeguate bozze di
regolamento  piu'  attente  ai  profili  sostanziali  di tutela, piu'
comprensibili  da  parte  dei  cittadini  e  non  basate  su approcci
meramente formali alla tematica.
  Questa  particolare attenzione e' ancor piu' necessaria se si tiene
conto che, dal 1° gennaio 2006 non sara' lecito alcun trattamento dei
dati  sensibili  e  giudiziari che non sia disciplinato espressamente
nei regolamenti.
  Lo  schema  di  regolamento  deve  contenere  sinteticamente, ma in
termini   adeguati   ed   agevolmente   comprensibili,   le  seguenti
indicazioni specificate per categorie.
  1.   Dati  indispensabili.  Occorre  individuare  le  tipologie  di
informazioni  sensibili  e  giudiziarie che si devono necessariamente
utilizzare  in  rapporto  alle attivita' istituzionali svolte, avendo
cura  che a ciascun adempimento corrisponda il trattamento delle sole
informazioni  per cio' strettamente indispensabili (art. 22, comma 3,
del  codice).  I  dati  vanno  indicati  solo per tipologie, evitando
elencazioni eccessivamente sommarie.
  2.   Operazioni  di  trattamento  indispensabili.  Vanno  parimenti
individuate  le operazioni che si devono necessariamente svolgere per
perseguire  le finalita' di rilevante interesse pubblico puntualmente
individuate per legge, mettendo in particolare evidenza le operazioni
che   possono   spiegare   effetti   maggiormente  significativi  per
l'interessato  e per le quali sono pertanto necessarie piu' garanzie.
Anche  in  questo  caso  la  descrizione  e'  per tipologie, evitando
indicazioni del tutto generiche circa l'impiego delle informazioni.
  Tra  tali  operazioni  rientrano,  in  particolare,  quelle  svolte
pressoche' interamente mediante siti web, o volte a definire in forma
completamente automatizzata profili o personalita' di interessati, le
interconnessioni  e i raffronti tra banche di dati gestite da diversi
titolari,  oppure  con  altre  informazioni  sensibili  e giudiziarie
detenute  dal medesimo titolare del trattamento (art. 22, commi 9, 10
e 11, del codice), nonche' la comunicazione dei dati a terzi.
  Si  possono  invece  indicare  piu'  sinteticamente  le  operazioni
«ordinarie»    e    piu'   ricorrenti   di   trattamento   (raccolta,
registrazione,     organizzazione,    conservazione,    elaborazione,
modificazione ecc.).
  3.  Ulteriore  contenuto  dello schema di regolamento. E' opportuno
che   il   soggetto  pubblico  descriva  sinteticamente,  in  termini
comunicativi,  anche la complessiva attivita' svolta, con particolare
riguardo agli aspetti piu' incisivi per i diritti dei cittadini.
  Non e' quindi necessario scendere in eccessivi livelli di dettaglio
non  richiesti dal codice; ne' e' richiesta la riproduzione analitica
delle  disposizioni del codice (in particolare, degli articoli 3, 11,
18-22, 85 s. e 95 s.).
  Andrebbe   altresi'   evitato   di   disciplinare  situazioni  gia'
adeguatamente  regolate  sul piano legislativo e regolamentare quanto
ai  tipi  di  dati  e  di  operazioni, come avviene nel caso dei dati
personali   trattati   per   effetto   di   un  accesso  a  documenti
amministrativi  (articoli 59  e  60  del  codice; legge n. 241/1990 e
successive modificazioni ed integrazioni).
  Va  inoltre rilevato in questa sede che la normativa sugli obblighi
e  compiti  che  rendono  indispensabile  utilizzare dati sensibili e
giudiziari   deve   essere   oggetto   di   un  espresso  riferimento
nell'informativa  da  rendere agli interessati (art. 22, comma 2, del
codice).  L'indicazione  di  tale  normativa puo' essere quindi utile
anche  nell'ambito  dello schema tipo, contribuendo ad evitare che il
regolamento  prenda erroneamente in considerazione attivita' che, pur
essendo  demandate al soggetto pubblico, non rientrano tra quelle che
una  fonte primaria non ha ritenuto di importanza tale da legittimare
il  trattamento  di  dati  sensibili  e  giudiziari,  in  quanto  non
considerate «rilevanti finalita' di interesse pubblico».
  Da ultimo, tra le garanzie individuate dal codice figura il diritto
dei  cittadini  di  conoscere  con quali modalita' sono utilizzate le
predette  informazioni  che  li  riguardano  (art.  20,  comma 2, del
codice).
  Va   pertanto   prescritto  ai  soggetti  pubblici  interessati  di
intraprendere, in aggiunta alla pubblicita' legale da assicurare agli
atti regolamentari secondo i singoli ordinamenti, adeguate iniziative
per assicurare idonea conoscibilita' alle scelte adottate a proposito
dei  dati  sensibili  e  giudiziari,  utilizzando non solo i siti web
istituzionali,  ma anche le iniziative di comunicazione istituzionale
cui essi sono tenuti.
  Riservandosi  di concludere rapidamente in separata sede i processi
di  collaborazione  gia' avviati con alcuni organismi rappresentativi
di  soggetti pubblici, il Garante ritiene infine doveroso prescrivere
in questa sede a tutti i soggetti pubblici interessati di adottare le
predette misure, necessarie o, a seconda dei casi, opportune.
  A  tal  fine,  il  Garante  pone  anche a disposizione dei soggetti
pubblici,  in  allegato  al  presente  provvedimento,  un  modello di
riferimento  per  redigere gli schemi. Questo modello aggiorna quello
gia' predisposto dal Garante il 17 gennaio 2002.
Tutto cio' premesso il Garante:

  a) ai  sensi  dell'art.  154,  comma  1,  lettera  c),  del codice,
prescrive  ai  titolari  di trattamenti di dati personali oggetto del
presente  provvedimento di adottare le misure necessarie ed opportune
ivi  indicate al fine di rendere i trattamenti medesimi conformi alle
disposizioni vigenti;
  b) dispone  che  copia  del presente provvedimento sia trasmessa al
Ministero  della  giustizia  - Ufficio pubblicazione leggi e decreti,
per la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art.
143, comma 2, del codice.
    Roma, 30 giugno 2005
                       Il Presidente Pizzetti

                        Il Relatore Pizzetti

                  Il Segretario generale Buttarelli