Alle intendenze di finanza

                                  Agli   ispettorati  compartimentali
                                  delle imposte dirette

                                  Agli   uffici   distrettuali  delle
                                  imposte dirette

                                  Ai  centri  di  servizio  di Roma e
                                  Milano

                                     e p.c.

                                  Alla   Direzione   generale   degli
                                  affari  generali  e del personale -
                                  Servizio ispettivo

                              PREMESSA

La legge 19 marzo 1983, n. 72, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
80  del 29 marzo 1983, reca disposizioni concernenti la rivalutazione
monetaria dei beni e del capitale delle imprese, l'imposta locale sui
redditi  delle  piccole  imprese,  nonche'  le  banche  popolari,  le
societa' per azioni e le cooperative ed il trattamento tributario dei
conti interbancari.
La ratio delle nuove disposizioni di legge va ricercata, per la parte
riguardante  la  rivalutazione  monetaria,  nella  esigenza  di porre
rimedio  agli  effetti  negativi  originati  dal persistente fenomeno
della  inflazione  monetaria  che, tra l'altro, compromette una delle
funzioni  fondamentali  cui assolve la moneta, intesa come misura del
valore  delle  cose,  rendendo  incerta  la gestione delle imprese in
relazione alla valutazione dei beni aziendali.
Tale  fenomeno  ha, infatti, comportato che il bilancio delle imprese
stesse  ha  finito  col  perdere  significato, in quanto le poste che
concorrono  a  formarlo  sono calcolate in base ad un metro monetario
non   costante   ma   variabile   e   quindi  esse  sono  scarsamente
rappresentative  ai  fini  della valutazione economica e patrimoniale
dell'impresa.
A  tali  inconvenienti  intende  porre  rimedio  la  legge  n. 72 con
l'adozione   di   due   misure:  una  di  natura  civilistica,  volta
all'adeguamento  dei  valori  dei  cespiti  aziendali con conseguente
possibilita'  di  eseguire  ammortamenti  piu'  elevati;  l'altra  di
carattere  fiscale,  diretta  ad  escludere dal reddito imponibile le
plusvalenze  meramente  nominali iscritte in bilancio a seguito della
rivalutazione monetaria.
Con  la presente circolare, attesa la notevole importanza che riveste
il   provvedimento   legislativo   per   la   parte   attinente  alla
rivalutazione  dei beni d'impresa, vengono dettagliatamente esaminate
le  disposizioni  della  legge  n.  72,  nonche' quelle contenute nel
decreto   ministeriale   di   attuazione  del  19  aprile  1983,  con
riferimento,   in   particolare,   all'individuazione   dei  soggetti
destinatari  delle  disposizioni  stesse, ai beni che possono formare
oggetto  di rivalutazione ed alle condizioni, modalita' e termini per
la corretta applicazione della rivalutazione medesima.
Nella  seconda parte della circolare vengono brevemente illustrate le
altre   disposizioni   della   legge   n.   72,  non  riguardanti  la
rivalutazione monetaria, modificative di alcune norme dei decreti del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numeri 597, 599, 600 e
601,  in  ordine  alle  quali  si prende riserva di fornire ulteriori
chiarimenti.
Per comodita' di consultazione si riportano in allegato alla presente
circolare  i  testi  della  legge  19 marzo 1983, n. 72 e del decreto
ministeriale 19 aprile 1983.

                             PARTE PRIMA
                       RIVALUTAZIONE MONETARIA

                             Capitolo I
                       AMBITO DI APPLICAZIONE
                            1. - Soggetti

Nel  delimitare  l'ambito  soggettivo  di  applicazione  delle  norme
concernenti  la  rivalutazione  monetaria, la legge 19 marzo 1983, n.
72, negli articoli 1 e 11, riproduce sostanzialmente l'elencazione di
cui  agli  articoli 22, primo comma, e 25, primo e sesto comma, della
legge   2   dicembre   1975,  n.  576,  alla  quale  risale  l'ultima
regolamentazione della specifica materia.
I soggetti titolari di reddito d'impresa, che possono avvalersi delle
particolari   disposizioni   sulla   rivalutazione,   vanno  pertanto
individuati come segue:
a) i soggetti di cui all'art. 2, primo comma, lettera a), del decreto
del  Presidente  della  Repubblica 29 settembre 1973, n. 598, e cioe'
societa'  per  azioni, societa' in accomandita per azioni, societa' a
responsabilita'  limitata,  societa'  cooperative e societa' di mutua
assicurazione,  che  siano residenti nel territorio dello Stato (art.
1, primo comma, della legge);
b)  i soggetti di cui all'art. 2, primo comma, lettera b), del citato
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  598 e cioe' gli enti
commerciali  pubblici e privati residenti nel territorio dello Stato,
ivi  compresi,  anche se non espressamente menzionati, i consorzi, le
associazioni   non  riconosciute  e  le  altre  organizzazioni  senza
personalita'  giuridica  non  appartenenti ad altri soggetti passivi,
nei  confronti delle quali il presupposto dell'imposta si verifica in
modo unitario ed autonomo (art. 1, primo comma, della legge);
c)  i soggetti di cui all'art. 2, primo comma, lettera e), del citato
decreto  del  Presidente della Repubblica n. 598 e cioe' gli enti non
commerciali  pubblici  e privati residenti nel territorio dello Stato
(art. 11, primo comma, della legge);
d)  le  persone  fisiche  residenti  nel  territorio  dello Stato che
svolgono  attivita'  produttiva  di  reddito d'impresa secondo quanto
previsto  dall'art. 51 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, numero 597 (art. 11, primo comma, della legge);
e)  le societa' in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle
ad esse equiparate di cui all'art. 5 del decreto del Presidente della
Repubblica  n.  597,  residenti  nel territorio dello Stato (art. 11,
primo comma, della legge);
f)  le persone fisiche non residenti e le societa' e gli enti di ogni
tipo  di cui all'art. 2, lettera d), del decreto del Presidente della
Repubblica   n.   598,   che  esercitano  attivita'  commerciali  nel
territorio  dello  Stato  mediante  stabili  organizzazioni (art. 11,
quinto comma, della legge).
Anticipando quanto sara' di seguito meglio specificato, si rileva che
solo  i  soggetti  indicati  alle  precedenti lettere a) e b) possono
eseguire  la  rivalutazione  monetaria  avvalendosi  sia  del  metodo
diretto  che di quello indiretto; tuttavia, per espressa disposizione
di  legge  l'adozione del metodo indiretto e' consentito per tutte le
aziende  municipalizzate  anche  se  appartenenti  ad  altro soggetto
passivo.

2.-Beni
Ai sensi dell'art. 1, primo comma, della legge n. 72, possono formare
oggetto  di rivalutazione monetaria, alle condizioni e nei limiti che
saranno  analizzati  partitamente  per ciascuna categoria, i seguenti
beni:
gli immobili, gli impianti, il macchinario ed i mobili (art. 2425, n.
1, codice civile);
i  diritti  di brevetto industriale, i diritti di utilizzazione delle
opere  dell'ingegno, i diritti di concessione ed i marchi di fabbrica
(art. 2425, n. 3, codice civile);
le  azioni e quote di societa' controllate e di societa' collegate ai
sensi dell'art. 2359 del codice civile.
Occorre  subito rilevare che l'elencazione di cui sopra e tassativa e
che,    conseguentemente,   restano   tra   l'altro   esclusi   dalla
rivalutazione,  oltre  a  quelli  espressamente  indicati nel secondo
comma   dell'art.   1   in  esame,  beni  costituenti  il  magazzino,
l'avviamento, i costi pluriennali in genere, i beni monetari (denaro,
crediti, obbligazioni, comprese le obbligazioni convertibili, ecc.).
a) Immobili.
I beni immobili, cioe' i terreni e i fabbricati, sono rivalutabili in
quanto   compresi   nel   n.  1  dell'art.  2425  del  codice  civile
espressamente  richiamato  dal primo comma dell'art. 1 e, per rinvio,
dal  primo  comma dell'art. 11 della legge, mentre sono esclusi dalla
rivalutazione  i  terreni  e  i  fabbricati al cui scambio e' diretta
l'attivita' dell'impresa.
Pertanto,  non  possono essere rivalutati i terreni compresi in piani
regolatori  o in programmi di fabbricazione che sono stati oggetto di
lottizzazione  o di esecuzione di opere intese a renderli edificabili
in  quanto  si  presumono  destinati  alla  vendita, come a suo tempo
precisato con risoluzione ministeriale n. 9/1632 del 2 ottobre 1978.
Per  quanto  riguarda  i  fabbricati,  l'art. 1, secondo comma, della
legge  e  l'art.  4  del  decreto  di  attuazione stabiliscono che le
societa',  gli  enti  e  le imprese che hanno per oggetto esclusivo o
principale  l'attivita'  edilizia  non  possono  rivalutare le unita'
immobiliari  costruite  in  proprio,  sia  direttamente  che mediante
appalto,  ad  eccezione  di  quelle che da data anteriore al 24 marzo
1983  sono  adibite  ininterrottamente  all'esercizio  dell'attivita'
stessa o di altre attivita' esercitate in via ordinaria, ivi compresa
la   locazione   anche   finanziaria.   Cio'  significa  che,  se  la
rivalutazione  viene  eseguita  nel primo esercizio chiuso dopo il 24
marzo 1983, tale condizione deve sussistere ininterrottamente da data
anteriore  a tale giorno fino alla chiusura dell'esercizio; se invece
la  rivalutazione viene eseguita con riferimento all'esercizio chiuso
anteriormente  al  24 marzo 1983, la condizione stessa e' sufficiente
che sussista alla data di chiusura dell'esercizio.
Si  precisa  che  l'oggetto  esclusivo  o  principale della attivita'
dell'impresa  e'  desumibile  dall'atto  costitutivo, dallo statuto o
dalla  legge  istitutiva  dell'ente  e  che  a  tal fine non assumono
rilievo  le  attivita' che possono essere svolte in via sussidiaria o
quelle  meramente  strumentali  per  il conseguimento delle finalita'
primarie, ne' l'attivita' svolta in via prevalente.
In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto e, comunque, per le
imprese  individuali, l'oggetto principale o esclusivo va determinato
in  base  alle  risultanze  dei  registri delle camere di commercio e
all'attivita' effettivamente esercitata.
b) Impianti, macchinari e mobili.
Gli  impianti,  i  macchinari  ed  i mobili possono essere rivalutati
essendo  essi  compresi  tra i beni di cui al n. 1 dell'art. 2425 del
codice  civile  al quale rinvia l'art. 1 della legge. Per detti beni,
sempre  che  non  siano  destinati  alla vendita, la rivalutazione e'
ammessa a prescindere dal fatto che siano ammortizzabili o meno e che
siano usati direttamente o dati in locazione o ceduti in uso a terzi.
c)  Diritti  di  brevetto industriale, diritti di utilizzazione delle
opere dell'ingegno, diritti di concessione e marchi di fabbrica.
Trattasi di beni immateriali indicati nell'art. 2425, primo comma, n.
3,  del  codice  civile,  la cui rivalutazione e' ammessa dall'art. i
della  legge, sempreche' risultino iscritti nell'attivo del bilancio.
Fra  tali  beni  non  rientra  l'avviamento  che,  pertanto, anche se
iscritto in bilancio, non e' rivalutabile.
d) Azioni e quote di partecipazione.
Le  azioni,  ivi comprese quelle di risparmio e quelle privilegiate e
le  quote  di partecipazione possono essere rivalutate soltanto se il
loro  possesso  integri una delle ipotesi di controllo della societa'
partecipata prevista dal primo comma dell'art. 2359 del codice civile
ovvero  quando  realizzi la figura di societa' collegata ai sensi del
secondo comma dello stesso articolo.
In  merito  si  precisa  che,  per  effetto  delle disposizioni sopra
citate,  si  ha  il  controllo  quando  un soggetto (societa', ente o
impresa)  direttamente  o tramite altra societa', della quale abbia a
sua  volta  il controllo, possiede azioni o quote di societa' di ogni
tipo  in  misura  tale  da costituire la maggioranza richiesta per la
deliberazione  dell'assemblea  ordinaria;  ovvero  quando la societa'
partecipata  e' sotto l'influenza dominante del soggetto partecipante
in  virtu'  delle azioni o quote da questo possedute o di particolari
vincoli  contrattuali  con esso; sono invece considerate collegate le
societa' delle quali si possiedono azioni o quote in misura superiore
al  dieci  per  cento  del loro capitale sociale ovvero al cinque per
cento se trattasi di societa' quotate in borsa.
Non sono suscettibili di rivalutazione, per effetto del secondo comma
dell'art.  1, le azioni e le quote ricevute dalla societa' conferente
quale  corrispettivo  degli  apporti effettuati ai sensi dell'art. 34
della  legge  2  dicembre 1975, n. 576, qualora risultino iscritte in
bilancio  per  un  valore  superiore  al  costo  dell'azienda  o  del
complesso  aziendale conferito riconosciuto ai fini delle imposte sul
reddito,  giusta  quanto  stabilito  nell'art.  3, secondo comma, del
decreto ministeriale 19 aprile 1983.
Si  rileva  che la rivalutazione degli anzidetti titoli e', tuttavia,
ammessa   per   la   parte   del  relativo  costo  corrispondente  ai
conferimenti  o  versamenti  fatti alla societa' concentrataria al di
fuori  dell'operazione  agevolata, come previsto nel successivo terzo
comma dell'art. 3 del predetto decreto.
Sono, inoltre, esclusi dalla rivalutazione i titoli che non esprimono
la  partecipazione in una societa' di capitali o di persone, quali le
quote   consortili   e  associative,  le  quote  di  associazione  in
partecipazione,   le  quote  di  partecipazione  a  fondi  comuni  di
investimento e tutti i cosiddetti titoli atipici.
E'  da  sottolineare  che,  giusta quanto disposto dall'art. 3, primo
comma,  del  menzionato  decreto  ministeriale,  agli  effetti  della
rivalutabilita'  dei  beni  in  parola, il rapporto di controllo o di
collegamento  deve  sussistere  ininterrottamente da data anteriore a
quella  di  entrata  in vigore della legge (24 marzo 1983), tenendo a
tal  fine  conto  anche  delle azioni o quote non rivalutabili di cui
alla legge n. 576 sopra citata.
La  predetta  disposizione  va  intesa  nel  senso che il rapporto di
controllo  o  di collegamento richiesto quale condizione per eseguire
la  rivalutazione  deve  ovviamente  sussistere alla data di chiusura
dell'esercizio  con  riferimento  al  quale  la  rivalutazione  viene
eseguita; peraltro, per espressa disposizione dell'art. 3 del decreto
ministeriale,  occorre fare riferimento anche alla data di entrata in
vigore  della  legge  n.  72. Cio' significa che, se la rivalutazione
viene  eseguita  nel primo esercizio chiuso dopo il 24 marzo 1983, il
rapporto   di   controllo   o   di   collegamento   deve   sussistere
ininterrottamente  da data anteriore a tale giorno fino alla chiusura
dell'esercizio;   se  invece  la  rivalutazione  viene  eseguita  con
riferimento  all'esercizio  chiuso anteriormente al 24 marzo 1983, il
citato  rapporto deve sussistere alla data di chiusura dell'esercizio
stesso.
Non   e'  rilevante  l'esistenza  del  rapporto  di  controllo  o  di
collegamento al 31 dicembre 1981.
Per  quanto attiene alle modalita' da seguire nella rivalutazione, si
precisa  che  le  azioni  possono  essere  rivalutate  per  categorie
omogenee  determinate  con riferimento allo stesso soggetto emittente
ed  alla  identita' di caratteristiche (tenendo conto anche di quelle
derivanti  da  eventuali  vincoli  sopravvenuti),  conformemente alle
disposizioni  contenute  nell'art. 64, secondo comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597.
Ai  fini  della  individuazione  del  costo dei titoli rivalutabili e
dell'applicazione  dei  coefficienti va adottato il criterio del LIFO
e,  pertanto, ove i titoli abbiano subito un decremento rispetto alle
consistenze  inventariali,  saranno  considerati venduti prima quelli
acquistati per ultimi e, conseguentemente, saranno rivalutati in base
al  coefficiente  dei singoli periodi di formazione, anche se in tali
periodi  non sussisteva il rapporto di controllo o di collegamento di
cui all'art. 2359 del codice civile.
Si  rileva  che, in conformita' a quanto precisato nella circolare n.
350360  del  18 febbraio 1953 ed in quella successiva del 30 dicembre
1975, n. 10, il riporto delle azioni con il prezzo di acquisto pari a
quello  di  vendita si configura come un'operazione di finanziamento,
nel  senso che non puo' essere considerato come realizzo e successivo
riacquisto  di  detti  titoli,  i  quali, pertanto, sono da ritenersi
posseduti senza soluzione di continuita' e, percio', rivalutabili con
riferimento alla data dell'acquisto originario.
Per quanto concerne le azioni gratuite si ricorda che per gli aumenti
gratuiti  di capitale sociale deliberati anteriormente al 18 dicembre
1977, data di entrata in vigore della legge 16 dicembre 1977, n. 904,
ma  dopo  il  31  dicembre  1973,  si  applica il principio contenuto
nell'art.   64,   terzo  comma,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  597, secondo cui "il numero ed il valore delle azioni
ricevute  gratuitamente  si aggiungono al numero e al costo di quelle
gia' possedute in proporzione alla quantita' delle singole voci della
corrispondente categoria. Nella stessa proporzione l'aumento gratuito
del  valore nominale delle azioni gia' possedute si aggiunge al costo
delle stesse".
Ne  discende  che,  mentre  il  costo dei titoli sara' rivalutato con
l'applicazione  del coefficiente previsto per l'esercizio in cui essi
vennero  acquistati,  la  quota  di valore corrispondente all'aumento
gratuito   va,   invece,  rivalutata  con  il  coefficiente  relativo
all'esercizio nel quale la societa' emittente ha deliberato l'aumento
gratuito stesso.
Con  la  legge  n. 904 e' stata introdotta una nuova disciplina delle
azioni  gratuite,  valevole tanto ai fini civilistici quanto a quelli
tributari,  per  effetto  della  quale  le azioni stesse si intendono
acquisite  per  sole quantita' e non piu' anche per valore, nel senso
cioe'  che  le  nuove azioni vengono distribuite proporzionalmente in
aggiunta  a quelle gia' possedute con conseguente attribuzione di una
parte del relativo costo a queste ultime.
Pertanto,  la  rivalutazione  delle  azioni  puo'  essere effettuata,
sempre  che  ne ricorrano le condizioni, assumendo come parametro per
ciascun  periodo  di  formazione  il  costo medio unitario risultante
dalla  divisione del costo originario per il numero complessivo delle
azioni  da rivalutare, ivi comprese quelle gratuite, ed applicando il
coefficiente di rivalutazione relativo al periodo stesso.
Per  quanto  riguarda  le  azioni gratuite emesse anteriormente al 1°
gennaio  1974  data di entrata in vigore della riforma tributaria, il
loro  trattamento,  ai  fini  della  rivalutazione,  seguira' l'uno o
l'altro  dei  metodi innanzi descritti a seconda che esse siano state
tassate o meno in base alle disposizioni allora vigenti.
Da  quanto  precede  consegue  che anche le azioni gratuite acquisite
dopo  il  31  dicembre 1981 possono essere rivalutate se aggiunte per
numero  e  non per valore ai titoli acquistati in precedenza. In ogni
altro  caso  resta  fermo  il  divieto di rivalutazione per le azioni
acquisite  nel  corso  di  esercizi  chiusi dopo il 31 dicembre 1981,
anche se tali azioni, qualora i soggetti interessati abbiano adottato
il metodo di valutazione a costo medio, risentono della rivalutazione
dei titoli acquistati in precedenti esercizi.

                           3. - Condizioni
La  possibilita'  di  effettuare la rivalutazione e' subordinata alle
seguenti condizioni:
a)  che  il  bene  sia  stato  acquisito  entro  la  data di chiusura
dell'esercizio chiuso nell'anno 1981;
b)  che  il  bene risulti iscritto nel bilancio chiuso al 31 dicembre
1981 o nell'ultimo bilancio chiuso anteriormente a tale data;
c)  che il bene risulti iscritto nel bilancio nel quale viene operata
la rivalutazione.
Per  quanto  riguarda la condizione sub a), si precisa che il termine
ivi  indicato  deve  essere  riferito  all'ultima  delle acquisizioni
effettuate,  nel  caso  che  il  medesimo  bene  sia  stato  ceduto e
successivamente riacquistato.
I  beni si intendono acquisiti al patrimonio della impresa al momento
in  cui  si  e' verificato l'effetto traslativo della proprieta' o di
altro  diritto reale, secondo le regole previste dal codice civile e,
conseguentemente,  il  coefficiente  di  rivalutazione applicabile e'
quello  relativo all'esercizio nel corso del quale tale effetto si e'
prodotto.
Relativamente  ai  beni  trasferiti  con  clausola  di  riserva della
proprieta'  tale  momento  va riferito alla data di consegna dei beni
stessi.
Per  quanto  concerne  i  beni  la  cui  acquisizione  al  patrimonio
dell'impresa  avviene per gradi, nell'arco di piu' periodi d'imposta,
siano  essi costruiti in proprio o mediante appalto, la rivalutazione
puo' essere effettuata applicando i coefficienti previsti per ciascun
periodo  d'imposta all'ammontare dei costi risultanti dalle scritture
contabili relative al periodo stesso.
In ordine alla condizione sub b) si precisa che restano esclusi dalla
rivalutazione  quei beni che, pur acquisiti fino all'esercizio chiuso
entro  il  1981,  siano  stati  iscritti  solamente  nella successiva
situazione patrimoniale iniziale ai sensi dell'art. 15, decimo comma,
del  decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, e successive modificazioni
ed  integrazioni,  recante  norme  per la definizione agevolata delle
pendenze  tributarie;  restano  altresi'  esclusi i beni che, sebbene
acquisiti  prima  del  31  dicembre  1981,  non risultino iscritti in
bilancio  a  tale data perche' facenti parte del patrimonio personale
dell'imprenditore   individuale  o  perche'  destinati  ad  attivita'
istituzionale dell'ente non commerciale.
Per  l'esatta  applicazione  dei vari coefficienti sia ai beni che si
intendono  rivalutare,  sia  ai  relativi  fondi  di ammortamento, si
devono tenere presenti le seguenti regole:
1)  i  beni acquisiti anteriormente al 1° gennaio 1974 ed in relativi
fondi  di  ammortamento  possono  essere  rivalutati sulla base delle
risultanze  contabili  se  il soggetto che opera la rivalutazione era
tassato  in  base  a  bilancio  secondo le regole contenute nel testo
unico   29  gennaio  1958,  n.  645,  ovvero  sulla  base  di  idonea
documentazione  se  tale  soggetto non era fiscalmente obbligato alla
tenuta   della   contabilita'.  In  quest'ultimo  caso  le  quote  di
ammortamento   si   presumono   accantonate   nella   misura  massima
deducibile;
2)  i beni acquisiti anteriormente al 1° gennaio 1974, per i quali in
relazione alla natura del soggetto non esisteva alcun obbligo fiscale
di   contabilizzazione   al  momento  dell'acquisto,  possono  essere
rivalutati   unitamente   al   relativi   fondi  di  ammortamento  se
inseritinella  situazione  patrimoniale  al 1° gennaio 1974 di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689, per
i  soggetti  tenuti  alla sua compilazione; ovvero, se inseriti nella
situazione  patrimoniale  al  1°  gennaio 1975, per i soggetti che si
siano  avvalsi delle disposizioni dell'art. 25 della legge 2 dicembre
1975,  n.  576;  o,  infine,  se sono stati inseriti nella situazione
patrimoniale  iniziale  redatta  per l'attivazione della contabilita'
ordinaria;
3)  i  beni  acquisiti  dal  1°  gennaio  1974 ed i relativi fondi di
ammortamento  possono  essere  rivalutati sulla base delle risultanze
delle  scritture  contabili  ordinarie o semplificate che il soggetto
interessato deve aver tenuto nei vari periodi d'imposta a norma delle
disposizioni vigenti.
Va  peraltro  rilevato  che  l'art.  2,  quarto  comma,  del  decreto
ministeriale  stabilisce  che  "In  mancanza dei registri o prospetti
contabili fiscalmente rilevanti, relativi ad alcuno degli esercizi di
riferimento  i  beni  si considerano acquisiti nel primo esercizio in
cui risultano contabilizzati".
Ne  discende  che, se la contabilizzazione del bene da rivalutare non
e'  stata  effettuata secondo le regole sopra esposte, il bene stesso
potra'  essere  rivalutato  soltanto  con  il  coefficiente  relativo
all'esercizio  nel  quale e' stato tardivamente contabilizzato mentre
il   relativo   fondo   di   ammortamento  dovra'  essere  rivalutato
considerando  come  accantonate,  a  partire dall'esercizio in cui il
bene  e'  stato  acquisito,  le quote massime fiscalmente deducibili,
salvo  che  possa essere analiticamente dimostrata la deduzione di un
diverso minore importo.
Infine,  per  quanto riguarda la condizione sub c), si osserva che la
stessa  scaturisce  dalla  disposizione  contenuta  nell'art. 5 della
legge  n.  72  che riproduce quella dell'art. 22, quarto comma, della
legge 2 dicembre 1975, n. 576.
Pertanto,  si conferma quanto precisato con la circolare n. 10 del 30
dicembre  1975,  secondo  la quale non possono essere rivalutati beni
che  alla data di chiusura dell'esercizio con riferimento al quale si
esegue la rivalutazione siano stati alienati, distrutti o posti fuori
uso.
Alle  condizioni sopra evidenziate sono rivalutabili anche i beni che
risultino completamente ammortizzati.

                  4. - Valori massimi rivalutabili
Per  il  disposto  del primo comma dell'art. 4 della legge, "i valori
iscritti  in  bilancio  e in inventario a seguito della rivalutazione
non   possono   in  nessun  caso  superare  i  valori  effettivamente
attribuibili  ai  beni  con riguardo alla loro consistenza, alla loro
capacita'   produttiva,  alla  effettiva  possibilita'  economica  di
utilizzazione   nell'impresa,  nonche'  ai  valori  correnti  e  alle
quotazioni in borsa".
La  disposizione  ha carattere civilistico e fiscale e pone un limite
invalicabile  che  deve  essere  comunque osservato, qualunque sia il
metodo di rivalutazione adottato.
Nel  caso di beni ammortizzabili, i valori iscritti in bilancio ed in
inventario  per ogni singolo bene devono essere posti in correlazione
con  l'ammontare del relativo fondo di ammortamento, rivalutato o non
rivalutato  a seconda che si sia operato con il metodo diretto ovvero
con  l'indiretto. Pertanto, e' il costo residuo del bene che non puo'
in  alcun  caso superare il suo valore effettivo e non il solo valore
iscritto nell'attivo del bilancio; ne consegue che tale costo residuo
non puo' essere superiore al valore effettivo del bene gia' prima che
venga   accantonata  al  fondo  la  maggiore  quota  di  ammortamento
dell'esercizio commisurata al valore rivalutato.
L'art.  10  del decreto ministeriale precisa ulteriormente cosa debba
intendersi  per "valore effettivamente attribuibile al bene": esso e'
dato   dal  valore  realizzabile  nel  mercato  e  cioe'  dal  prezzo
conseguibile  in  sede  di alienazione del bene, oppure, se maggiore,
dal  valore  che  puo' essere fondatamente attribuito al bene in base
alla  stima  della  sua  capacita' produttiva ed alla possibilita' di
utilizzazione economica nell'impresa.
Pertanto,  si  dovra'  tener  conto,  fra l'altro, sia dello stato di
degrado   fisico   del   bene,   dato   che  questo  elemento  incide
negativamente ai fini della valutazione del prezzo di mercato e della
determinazione  del  valore economico-produttivo del bene stesso, sia
del suo deprezzamento economico dovuto al fenomeno dell'obsolescenza.
In  ogni  caso,  per  il disposto del secondo comma dell'art. 4 della
legge,  gli amministratori ed il collegio sindacale devono indicare e
motivare, nelle loro relazioni che accompagnano il bilancio in cui si
esegue  la  rivalutazione, i criteri seguiti nella determinazione dei
maggiori  valori  attribuiti  alle  varie  categorie  di beni. Devono
inoltre  attestare che la rivalutazione eseguita non supera il valore
effettivamente attribuibile a ciascun bene rivalutato.
L'ultimo  comma  dell'art.  4  della legge dispone, infine, che se la
rivalutazione  e'  stata  eseguita  con  il  metodo  diretto previsto
dall'art.  2,  nell'inventario dell'esercizio o degli esercizi in cui
e'  stata eseguita devono essere indicati oltre ai nuovi valori anche
i  prezzi  di  costo  o  di acquisto dei singoli beni rivalutati e le
eventuali precedenti rivalutazioni monetarie eseguite.

                        5. - Limiti temporali
Ai  sensi  dell'art.  5,  primo comma, della legge, i soggetti che si
avvalgono  del  sistema  diretto di rivalutazione possono eseguire la
rivalutazione  stessa  nel primo bilancio o rendiconto approvato dopo
l'entrata in vigore della legge e nel successivo.
Per  effetto  di tale norma, i soggetti interessati possono procedere
alla  rivalutazione in un solo esercizio ovvero in due esercizi anche
con  riferimento  agli  stessi  cespiti,  sempreche' siano rispettate
tutte  le  condizioni volute dalla legge in relazione ai coefficienti
massimi ed ai valori attuali dei cespiti.
Di  contro,  le  societa' e gli enti indicati nell'art. 1 della legge
che  procedono  alla  rivalutazione  secondo il metodo indiretto sono
obbligati  ad  effettuarla  in  una  sola  volta nel primo bilancio o
rendiconto  approvato  dopo  l'entrata  in  vigore  della legge o nel
successivo.
La  rivalutazione deve essere annotata nell'inventario dell'esercizio
in cui viene operata.
Il  secondo  comma  dell'art.  5  consente  che  ai  soli  fini della
determinazione  delle  quote di ammortamento deducibili, ivi comprese
quelle  relative  all'ammortamento finanziario dei beni gratuitamente
devolvibili,  la  rivalutazione  spieghi  efficacia,  ove il soggetto
interessato  si  avvalga di tale facolta', a decorrere dall'esercizio
cui  si  riferisce  il  bilancio  o  il  rendiconto  nel  quale viene
eseguita.  Tale disposizione si applica anche ai fini del terzo comma
dell'art.  68  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica n. 597
riguardante l'ammortamento accelerato e quello anticipato.
Ne  deriva  che,  salvo  quanto  sopra  illustrato  per  le  quote di
ammortamento,  gli  altri  effetti  della  rivalutazione,  come  gia'
disposto  dalla  precedente  legge  2  dicembre 1975, n. 576, possono
verificarsi   dall'esercizio   successivo   a  quello  nel  quale  la
rivalutazione stessa e' stata operata.
Il  terzo  comma,  infine,  dell'art.  5, dispone che le societa' che
hanno    chiuso   l'esercizio   il   31   dicembre   1982,   possono,
indipendentemente  da  quanto previsto nell'art. 2364, secondo comma,
del codice civile, approvare il bilancio entro il 30 giugno 1983, con
conseguente  differimento  del  termine previsto per la presentazione
della dichiarazione dei redditi.
In  ordine  alla  portata della richiamata disposizione si precisa, a
conferma  di  quanto  gia' affermato dallo scrivente con la circolare
del  25  marzo  1983,  n. 9, che la proroga del termine ivi contenuta
deve ritenersi operante per tutti i soggetti passivi dell'imposta sul
reddito delle persone giuridiche indicati nell'art. 2 del decreto del
Presidente  della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598, con esercizio
ad  anno  solare  ed  obbligati  dalla  legge o dall'atto costitutivo
all'approvazione  del  bilancio  o  del rendiconto entro quattro mesi
dalla chiusura dell'esercizio stesso.
Come  rilevato  nella  predetta  circolare  la  disposta  proroga del
termine  di  approvazione  del  bilancio  risponde  alla  esigenza di
consentire  un  piu'  congruo  margine  di tempo per l'adozione delle
scelte  in  ordine  alla  facolta'  di  avvalersi della rivalutazione
monetaria  atteso  che  la  relativa legge e' entrata in vigore il 24
marzo 1983.
Ad  integrazione  di  quanto  affermato  nella  circolare anzidetta e
tenuto   conto   di   quanto   disposto   dall'art.  12  del  decreto
ministeriale,  si  precisa  che  possono  giovarsi  della  proroga in
questione fino al 30 giugno 1983 anche quei soggetti con esercizio ad
anno  solare  tenuti,  per  legge  o  statuto,  all'approvazione  del
bilancio o del rendiconto entro un termine ivi stabilito piu' breve o
piu'  lungo  rispetto  a quello considerato nell'art. 2364 del codice
civile,  sempreche'  il  termine stesso non sia scaduto anteriormente
alla data di entrata in vigore della legge.
Va  altresi'  precisato  che  la proroga non e' subordinata ad alcuna
condizione ne' all'effettiva esecuzione della rivalutazione.
Non possono, in ogni caso avvalersi della proroga le societa' di ogni
tipo  che abbiano chiuso l'ultimo esercizio in data diversa da quella
del  31 dicembre 1982, ancorche' alla data di entrata in vigore della
legge  di  rivalutazione  non risultava ancora scaduto il termine per
l'approvazione del bilancio.

                             Capitolo II
                      MODALITA' DI APPLICAZIONE

Analogamente  a  quanto previsto dalla legge 2 dicembre 1975, n. 576,
anche  la  normativa  in  commento  prevede  due  diversi  metodi  di
rivalutazione  distinguendo, per l'adozione dell'uno o dell'altro, le
societa' di capitali e gli enti commerciali dagli altri soggetti, per
cui  si  ritiene  opportuno  esaminare  partitamente  le disposizioni
concernenti,  rispettivamente,  le  due  categorie di destinatari del
provvedimento.

            6. - Societa' di capitali ed enti commerciali
I soggetti indicati nell'art. 1 della legge possono scegliere tra due
diversi  metodi  di  rivalutazione  e cioe' tra il cosiddetto "metodo
diretto"  disciplinato dall'art. 2 ed il "metodo indiretto" di cui al
successivo  art.  3:  il primo consiste nell'applicazione diretta dei
coefficienti   stabiliti   dalla   legge  e'  graduati  per  anno  di
acquisizione  al  valore dei beni rivalutabili ed alle relative quote
di  ammortamento;  il  secondo  invece si realizza distribuendo tra i
vari   beni   rivalutabili   l'importo   globale   risultante   dalla
rivalutazione del patrimonio netto.
a) Metodo diretto.
Il  soggetto  che  intende  avvalersi del metodo diretto deve percio'
determinare   il  nuovo  valore  attribuibile  al  bene  che  intende
rivalutare  moltiplicando  l'originario prezzo di costo odi acquisto,
fatto salvo quanto appresso specificato, per il coefficiente relativo
all'anno di acquisizione del bene stesso.
I  coefficienti  applicabili  sono  quelli riepilogati nella seguente
tabella:


Anno di acquisizione esercizio chiuso nel:


                                                      Coefficiente
                                                    di rivalutazione
                                                            -
1977 e precedenti ...............................          1,7
1978 ............................................          1,6
1979 ............................................          1,4
1980 ............................................          1,2
1981 ............................................          1,1

L'importo cui' deve essere applicato il coefficiente di rivalutazione
e', nella generalita' dei casi, quello iscritto in bilancio.
E'  tuttavia  possibile  che,  il  suddetto importo non corrisponda a
quello  da  assumere  a  base  della  rivalutazione. Cio' si verifica
quando  l'originario  prezzo di costo o di acquisto sia stato oggetto
di  successive  variazioni  contabili  in piu' o in meno e, comunque,
come  chiaramente emerge dall'art. 7 del decreto ministeriale, quando
il   valore   iscritto   diverga  dal  costo  originario  fiscalmente
riconosciuto. In quest'ultimo caso, ai fini fiscali, la rivalutazione
e' effettuabile solo con riferimento ai valori fiscalmente rilevanti.
Per  quanto  concerne  le  variazioni  contabili si osserva che se il
valore   iscritto  in  bilancio  nell'esercizio  in  cui  si  operala
rivalutazione  e' inferiore al prezzo di costo o di acquisto del bene
originariamente   contabilizzato,   la  rivalutazione  potra'  essere
eseguita  applicando al costo originario il coefficiente dell'anno di
acquisizione   e   agli   ammontari  delle  svalutazioni  eseguite  i
coefficienti relativi agli esercizi nei quali sono state operate; se,
invece,  il  valore  iscritto in bilancio e' superiore all'originario
prezzo  di  costo  o  di  acquisto,  si  devono  operare  le seguenti
distinzioni:
1)   se   il   valore   del  bene  e'  stato  oggetto  di  precedenti
rivalutazioni, eseguite in base a specifiche disposizioni di legge di
rivalutazione  monetaria,  esso  puo'  essere interamente assunto per
determinare  l'ammontare  massimo  attualmente  rivalutabile  con  il
coefficiente relativo all'anno di acquisizione;
2)  se  il  prezzo  di  costo  o di acquisto del bene originariamente
iscritto  e''  stato  rettificato  in  aumento  per  effetto di costi
incrementativi  ad  esso  imputati,  la  rivalutazione sara' eseguita
sull'attuale  valore,  applicando  al  costo  originario  del bene il
coefficiente  relativo  all'esercizio  di  acquisizione  e ai singoli
incrementi i coefficienti relativi agli esercizi nei quali gli stessi
sono  stati  contabilizzati;  ai  fini fiscali, per effetto dei commi
secondo  e  quarto dall'art. 7 del decreto ministeriale di attuazione
potra'  tenersi  conto  dei  costi incrementativi che non siano stati
dedotti  in  sede  di  determinazione  del  reddito e che siano stati
imputati ad aumento del costo dei beni;
3)  se,  invece, il valore del bene originariamente iscritto e' stato
successivamente  aumentato  per  effetto  di ogni altra rivalutazione
(ivi  comprese  quelle  eseguite,  dalle  imprese di assicurazione ai
sensi  dell'art.  36  della  legge  1°  giugno 1978, n. 295, e quelle
evidenziate  in occasione di operazioni di fusione ai sensi dell'art.
83  della  stessa legge) riconducibile o meno alle "speciali ragioni"
di  deroga  dell'ordinario regime di valutazione previste dall'ultimo
comma  dell'art.  2425  del  codice  civile,  esso  non potra' essere
interamente   assunto   per   il   calcolo   dell'ammontare   massimo
rivalutabile  ai  sensi  della  legge  n. 72, indipendentemente dalla
circostanza  che  sia  stato  o  meno  assoggettato  a tassazione: il
coefficiente  di  rivalutazione,  pertanto,  dovra'  essere applicato
sull'originario  prezzo  di  costo o di acquisto, ovvero sul, diverso
maggiore  o  minore valore determinabile secondo quanto in precedenza
detto.
Soluzione  analoga  a  quella indicata al n. 3) va adottata anche per
gli  incrementi  di  costo  forfettariamente  eseguiti  iscrivendo  a
bilancio,  in  contropartita,  l'apposita  "Riserva tassata" prevista
dall'ultimo  comma  dell'art. 4 del decreto-legge 5 novembre 1973, n.
660,  convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973, n.
823  ("Norme  per  agevolare la definizione delle pendenze in materia
tributaria").
Detta,  ipotesi  ricorre  altresi' in tutti i casi in cui siano stati
contabilizzati   incrementi   di   costo   che  abbiano  generato  le
conseguenze  fiscali  previste  dal  secondo  comma  dell'art. 16 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598.
I   beni   materiali   di   costo   unitario  non  superiore  a  lire
cinquantamila,  per  i  quali  ai  sensi dell'art. 68 del decreto del
Presidente  della  Repubblica n. 597 e' stata effettuata la deduzione
integrale nel periodo d'imposta in cui sono stati acquisiti, non sono
rivalutabili in quanto considerati beni di consumo.
Si  fa  presente che, analogamente a quanto previsto con la circolare
n. 10 del 30 dicembre 1975, la rivalutazione puo' essere eseguita per
categorie  di  beni omogenei, considerando tali quelli compresi nella
stessa  voce della tabella dei coefficienti di ammortamento di cui al
decreto  ministeriale  29  ottobre  1974  con riferimento al gruppo e
specie  in  cui  e'  classificabile  l'attivita'  svolta dal soggetto
interessato   e   tenendo   conto   delle   eventuali  autorizzazioni
semplificative concesse in materia.
Nell'ambito  della  categoria occorre, tuttavia, che sia i beni sia i
relativi   fondi   di   ammortamento   siano  distinti  per  anno  di
acquisizione  al  fine  di  potere  applicare  i vari coefficienti di
rivalutazione.
Tale  procedura,  salve  le  sopra  indicate autorizzazioni, non puo'
essere  applicata  relativamente  ai beni immobili registrati che, ai
sensi  dell'art.  16, secondo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica  n.  600,  devono  essere  evidenziati  singolarmente  nel
registro dei beni ammortizzabili.
Le  imprese  di  assicurazione  che  abbiano iscritto nel passivo del
bilancio  lo  speciale  fondo,  di integrazione previsto dall'art. 36
della   legge  10  giugno  1978,  n.  295,  possono  avvalersi  delle
disposizioni  della  legge  n. 72, oltre che aumentando il valore dei
beni  rivalutabili nei limiti consentiti dall'art. 4 di quest'ultima,
anche  stornando  in  tutto o in parte l'importo accantonato in detto
fondo di integrazione all'apposito fondo di rivalutazione monetaria.
Il secondo comma dell'art. 2 della legge n. 72 e l'art. 7 del decreto
ministeriale  dispongono  che,  nel  caso  in cui si rivaluta un bene
ammortizzabile,  deve  provvedersi  alla  contemporanea rivalutazione
delle  quote  di  ammortamento  in  precedenza dedotte, tenendo conto
delle  variazioni  conseguenti  a  rettifiche  fiscali definitive. Ne
consegue che, nel caso di quote dedotte in misura inferiore al limite
fissato dal quarto comma, seconda parte, dell'art. 68 del decreto del
Presidente   della  Repubblica  n.  597,  la  rivalutazione  concerne
soltanto l'ammontare effettivamente dedotto. In linea generale quando
non  sia ricostruibile l'ammontare effettivamente dedotto, si presume
che  l'ammortamento  sia stato stanziato nella misura stabilita dalla
tabella.
Per  quanto concerne i beni immateriali di cui al n. 3 dell'art. 2425
del  codice  civile  e'  da  tener  presente  che essi sono in genere
direttamente   ammortizzati  nell'attivo  del  bilancio:  il  valore,
infatti,  viene  ridotto  in  ogni  esercizio di quote determinate in
funzione  della loro durata o della perdita o della diminuzione della
loro   utilita'.   Tali  beni,  pertanto,  devono  essere  rivalutati
applicando al costo originario il coefficiente relativo all'esercizio
di  acquisizione e diminuendo l'importo cosi' ottenuto delle predette
quote  di  ammortamento  a  loro  volta  rivalutate  per  i  relativi
coefficienti.  Nel  caso  in  cui  i  predetti  beni  immateriali non
figurino  piu' in bilancio in quanto gia' completamente ammortizzati,
la  reimpostazione  contabile  e  la rivalutazione con il metodo gia'
consentito  con  la circolare 30 dicembre 1975, n. 10, e' subordinata
al  fatto  che  i  beni  stessi siano tuttora tutelati ai sensi delle
vigenti disposizioni in materia.
La  rivalutazione  del  fondo  di  ammortamento  deve essere eseguita
applicando   alle   singole  quote  accantonate  il  coefficiente  di
rivalutazione  corrispondente  al  relativo anno; nel caso in cui sia
stata  gia'  eseguita  a  norma di legge una precedente rivalutazione
monetaria  devono  essere  rivalutate  anche  le  maggiori  quote  di
ammortamento  risultanti da tale operazione. Si precisa che, per ogni
esercizio  pregresso,  devono  essere  rivalutati  gli accantonamenti
eseguiti  per  la parte corrispondente all'importo massimo risultante
dall'applicazione  dei  coefficienti  di cui alla tabella allegata al
decreto  ministeriale  29  ottobre  1974,  e successive modifiche: ne
consegue  che,  per calcolare le variazioni in aumento da imputare al
fondo  di  ammortamento,  puo' non tenersi conto delle maggiori quote
accantonate.
Si  rileva  che, agli effetti del secondo comma dell'articolo 2 della
legge  ed  in conformita' a quanto disposto dall'art. 5, terzo comma,
del decreto ministeriale 19 aprile 1983, non si considerano superiori
ai  coefficienti  tabellari  i  maggiori  ammortamenti  effettuati in
dipendenza  della  piu' intensa utilizzazione dei beni e della durata
ultrannuale dell'esercizio.
Conformemente  a  quanto  stabilito dall'ultimo comma dell'art. 7 del
decreto   ministeriale   di  attuazione,  le  quote  di  ammortamento
contabilizzate  nei  periodi  d'imposta  definiti  automaticamente ai
sensi  dell'art.  19  del  decreto-legge  10  luglio 1982;. n. 429, e
successive  modificazioni  ed  integrazioni, devono essere rivalutate
per  l'intero  ammontare stanziato indipendentemente dai coefficienti
tabellari di cui sopra.
Per  effetto  della disposizione contenuta nell'art. 7, quinto comma,
del  decreto  ministeriale,  deve essere rivalutato anche l'ammontare
delle  plusvalenze  accantonate  e rinvestite, trasferite al fondo di
ammortamento  ai  sensi del quinto comma dell'art. 54 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  n.  597, fino a concorrenza del limite
corrispondente  all'importo  delle plusvalenze stesse, ridotto del 45
per cento, a titolo di ammortamento anticipato.
Va'  precisato che, ai fini fiscali, la determinazione delle quote di
ammortamento  del  bene, acquistato con le plusvalenze reinvestite va
eseguita   applicando   i   coefficienti   tabellari   sull'ammontare
risultante dalla diffe renza tra il costo rivalutato del bene, stesso
al  lordo della plusvalenza reinvestita e l'importo della plusvalenza
accantonata al fondo e rivalutata nei modi sopraindicati.
L'importo corrispondente alla rivalutazione del fondo di ammortamento
deve  essere aggiunto al valore del fondo precedentemente iscritto in
bilancio  e,  ai  soli  fini fiscali, al valore del fondo accantonato
risultante dal registro dei beni ammortizzabili di cui all'art.16 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 600.
Per  quanto  concerne i beni di proprieta' di soggetti che esercitano
attivita'  in  forza  di  concessione  amministrativa, che al termine
della  concessione  stessa  dovrapno'  essere  gratuitamente devoluti
all'ente  concedente,  le  quote  di  ammortamento  finanziario vanno
rivalutate   per   l'intero  ammontare  effettivamente  dedotto  fino
all'esercizio   chiuso   entro   il   1981   sempre  che  le  imprese
concessionarie  non  abbiano  effettuato  l'ammortamento tecnico, nel
qual  caso  dovranno  essere  rivalutate soltanto le quote relative a
quest'ultimo.
Gli  ultimi  tre  commi  dell'art.  2  del  provvedimento in rassegna
riguardano  la rivalutazione dei beni, mobili ed immobili, acquistati
in  dipendenza  di  contratti  di  locazione  finanziaria ("leasing")
effettuabile con un metodo alternativo rispetto a quello previsto nel
primo comma.
Come   e'   noto,   tale   tipo  di  contratto  consente  all'impresa
utilizzatrice,   alla   scadenza   pattuita,  di  riscattare  i  beni
acquisendoli  definitivamente  ad  un  prezzo notevolmente piu' basso
rispetto  al  costo originario. In tali casi e' possibile determinare
il  valore  da iscrivere all'attivo dei bilancio prendendo a base non
il  prezzo  effettivamente  pagato,  bensi'  il costo originariamente
sostenuto  dall'impresa  concedente,  quale  risulta iscritto nel suo
bilancio  dell'esercizio  in  cui  il  bene  e'  stato  consegnato al
locatario  ed  applicando il coefficiente di rivalutazione relativo a
tale  esercizio; dall'importo cosi' ottenuto deve essere sottratto un
ammontare  pari  alla differenza tra il costo originario ed il prezzo
di   riscatto   pagato  dal  soggetto  che  opera  la  rivalutazione,
moltiplicato  per  il coefficiente medio del periodo durante il quale
ha   avuto   effetto   la  locazione.  Il  risultato  cosi'  ottenuto
rappresenta il valore rivalutato del bene, a fronte del quale saranno
iscritte  le  quote  di  ammortamento, rivalutate relative ai periodi
d'imposta decorsi dal momento in cui e' avvenuto il riscatto.
Il  calcolo  sopra  descritto  puo'  essere adottato solo se il costo
originario  sostenuto dall'impresa concedente risulta evidenziato nel
contratto  di  "leasing",  ovvero  se  tale costo viene attestato con
apposita  dichiarazione  scritta  dell'impresa stessa e sempreche' la
durata della locazione convenuta non sia inferiore ai due o ai cinque
anni, rispettivamente per i beni mobili ed immobili, intendendosi per
tale  il  periodo  intercorrente  tra  la data di consegna del bene e
quella prevista per il riscatto.
La data di consegna va provata con idonea documentazione.
Occorre  inoltre  che  l'utilizzatore  abbia esercitato il diritto di
riscatto  anteriormente  alla  data  del  24 marzo 1983 di entrata in
vigore  della  legge;  diversamente  la  rivalutazione  potra' essere
eseguita  dal concedente secondo la regola generale di cui all'art. 2
della legge.
A tale proposito si precisa che il riferimento temporale di cui sopra
costituisce  una  deroga  al  principio  generale secondo cui il bene
rivalutabile   deve   risultare   iscritto   nel   bilancio  relativo
all'esercizio  chiuso al 31 dicembre 1981, fermo restando che il bene
stesso   deve   figurare  nel  bilancio  in  cui  viene  eseguita  la
rivalutazione.
b) Metodo indiretto.
La  rivalutazione  eseguita  secondo  il  metodo  indiretto  si attua
determinando,  in  primo  luogo,  l'ammontare massimo rivalutabile in
funzione  di  tutti  i  beni  posseduti e, successivamente, imputando
l'importo  cosi'  ottenuto al valore del bene o dei singoli beni, che
si intendono rivalutare.
La  prima  delle suddette operazioni va effettuata eseguendo la somma
algebrica dei seguenti importi:
80%  del  capitale  proprio  della  societa'  o  ente  risultante dal
bilancio dell'esercizio chiuso nell'anno 1977;
60°%  dell'  incremento  o  del  decremento  risultante  dal bilancio
dell'esercizio chiuso nell'anno 1978;
45%   dell'incremento   o  del  decremento  risultante  dal  bilancio
dell'esercizio chiuso nell'anno 1979;
30%   dell'incremento   o  del  decremento  risultante  dal  bilancio
dell'esercizio chiuso nell'anno 1980;
15%   dell'incremento   o  del  decremento  risultante  dal  bilancio
dell'esercizio chiuso nell'anno 1981.
Per  le  societa'  e gli enti il cui primo esercizio si e' chiuso nel
1978,  nel  1979,  nel  1980 o nel 1981 si assume come primo addendo,
rispettivamente,  l'importo  del  60%, del 45%, del 30% o del 15% del
capitale proprio risultante dal bilancio di tale esercizio.
Se  in  un esercizio il capitale proprio risulta interamente perduto,
il  decremento  e'  rivalutato  soltanto  per la parte corrispondente
all'ammontare   del   capitale   proprio   esistente   alla  chiusura
dell'esercizio   precedente;   non  sono  rivalutabili  i  successivi
decrementi  ne'  i  successivi  incrementi  fino  a  concorrenza  del
ripianamento  della  perdita.  Non  si  rivaluta la perdita emergente
nell'esercizio  chiuso  nel  1977 ne' quella dell'esercizio chiuso in
anni  successivi  qualora  esso  costituisca  il  primo  esercizio di
societa' di nuova costituzione.
Per  un maggior chiarimento si procede alle seguenti esemplificazioni
tenendo  conto  che gli esercizi successivi al 1981 non sono presi in
considerazione  in  quanto  i  relativi  incrementi o decrementi sono
irrilevanti.

                                                            ESEMPIO 1


                     Coefficiente      Capitale
Esercizio          di rivalutazione    proprio        Rivalutazione
    -                      -              -                -
1977                      80%            100         100 x 80% = 80
1978                      60%            150          50 X 60% = 30
1979                      45%            150               -
1980                      30%            150               -
1981                      15%            120        - 30 X 15% = -4,5
                                                                -----
Ammontare complessivo della rivalutazione eseguibile ..         105,5


                                                            ESEMPIO 2



                     Coefficiente      Capitale
Esercizio          di rivalutazione    proprio        Rivalutazione
    -                      -              -                -
1977                      80%            100         100 x 80% = 80
1978                      60%             80        - 20 X 60% =-12
1979                      45%            150          70 x 45% = 31,5
1980                      30%            150               -
1981                      15%            120        - 30 X 15% =- 4,5
                                                                -----
Ammontare complessivo della rivalutazione eseguibile ..          95

Lo  stesso  terzo  comma dell'art. 3 contiene la nozione del capitale
proprio   che  e'  dato  dall'ammontare  complessivo  risultante  dal
bilancio  o dal rendiconto, del capitale versato o fondo di dotazione
o  fondo  patrimoniale,  comunque formato, e dalle riserve, diminuito
delle perdite e aumentato degli utili dell'esercizio non distribuiti.
Sono esplicitamente escluse le riserve di cui all'art. 34 della legge
n.  576  per le quali si fa rinvio a quanto sara' detto piu' avanti e
quelle  di  cui  agli articoli 36 e 83 della legge 10 giugno 1978, n.
295.
Il  chiaro  riferimento  della disposizione legislativa all'ammontare
del  capitale  e  delle  riserve risultanti dal bilancio o rendiconto
rende  evidente  che i valori da assumere per il computo del capitale
proprio  della  societa' sono esclusivamente quelli rilevanti ai fini
civilistici.  Pertanto  assume importanza fondamentale l'esistenza di
un  bilancio  o  rendiconto  e  la  qualificazione  che a dette poste
contabili  viene  conferita in tali documenti, rimanendo esclusa ogni
indagine di merito circa l'effettiva natura delle poste stesse.
Per  le  principali  voci  che  compongono  il  capitale  proprio  si
forniscono le seguenti precisazioni:
1)  capitale  versato  o  fondo di dotazione o fondo patrimoniale: si
deve  assumere  l'ammontare del capitale sociale che risulta non solo
sottoscritto, ma anche versato; si tiene conto anche dei versamenti a
fronte  di aumento di capitale eseguiti dai soci prima della chiusura
dell'esercizio, su conforme delibera adottata entro la predetta data,
indipendentemente dalla data di omologazione;
2)  si  comprendono  tra  le  riserve  la  riserva legale, la riserva
statutaria e qualunque riserva, indipendentemente dal relativo regime
fiscale. Rientrano infatti fra le riserve anche quelle costituite con
utili  esenti  o  in sospensione d'imposta (quali, ad esempio, quelle
costituite ai sensi degli articoli 54 e 55 del decreto del Presidente
della  Repubblica n. 597), mentre rimangono escluse le varie forme di
riserve  occulte e quelle riserve che, pur essendo state identificate
e  tassate  in  sede  di  determinazione  del reddito d'impresa, sono
rimaste  contabilizzate  in  altre voci del bilancio che non hanno il
carattere  formale  di  riserva.  Pertanto,  per  quanto  concerne in
particolare le riserve tassate e quelle iscritte ai sensi dell'art. 4
del   decreto-legge   5   novembre  1973,  n.  660,  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  19  dicembre  1973,  n. 823, in sede di
condono,  esse  sono comprese nel capitale proprio in quanto iscritte
come tali in bilancio;
3)  saldi  attivi  di rivalutazione monetaria iscritti in bilancio in
base a specifiche disposizioni di leggi precedentemente emanate;
4)  utili  e perdite di precedenti esercizi riportati a nuovo e utile
non  distribuito  o  perdita  dell'esercizio  nel  quale  si opera la
rivalutazione, indipendentemente dalla data della relativa delibera;
5) fondo sovrapprezzo azioni;
6)  fondo  acquisto  azioni proprie, a nulla influendo che sia o meno
avvenuto l'acquisto delle stesse.
Per  quanto  riguarda  in particolare i fondi costituiti ai sensi del
quinto comma dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica
n.  597, essi possono concorrere alla formazione del capitale proprio
solo  se  risultano separatamente in bilancio con menzione della loro
origine.
Inoltre,   nei   confronti   delle   societa'  che  hanno  effettuato
conferimenti  aziendali  ai sensi dell'art. 34 della legge 2 dicembre
1975, n. 576, prorogato dall'art. 10 della legge 16 dicembre 1977, n.
904,  concorrono  a  formare il capitale proprio, nella misura in cui
non  sono  piu'  in  regime  di  sospensione  di  imposta, le riserve
iscritte  in  bilancio,  a  fronte  delle  azioni  o  quote ricevute,
compresa la parte delle riserve stesse imputata a capitale.
Di  contro,  a  titolo esemplificativo, si precisa che non concorrono
alla formazione del capitale le seguenti voci:
1) capitale sociale sottoscritto ma non versato;
2)  versamenti  eseguiti dai soci quando non costituiscono versamenti
in  conto  capitale  ai sensi dell'art. 43 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 597;
3)  riserve  costituite  da  utili  aventi  la  specifica funzione di
sopperire  a  oneri  dell'esercizio,  quali  quelle,  ad esempio, per
imposte e tasse, per oscillazione cambi, per rischi su crediti, ecc.;
4)  riserve  costituite  a  fronte  degli apporti effettuati ai sensi
dell'art. 34 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, prorogato dall'art.
10 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, compresa la parte imputata a
capitale,  nella  misura in cui sono tuttora in regime di sospensione
d'imposta;  sono  inoltre escluse dal computo del capitale proprio le
perdite  derivanti  da  perdite della societa' concentrataria, fino a
concorrenza dell'ammontare delle predette riserve ancora in regime di
sospensione  d'imposta  e per la parte riferibile alle azioni o quote
ancora  detenute.  Rientra  in questa fattispecie la svalutazione dei
titoli  ricevuti  a  fronte  dei  conferimenti  agevolati,  dovuta  a
diminuzione   del  patrimonio  netto  della  societa'  concentrataria
dipendente   da   perdite   di   gestione.  L'importo  delle  perdite
corrispondenti a tale svalutazione, sia che la svalutazione stessa sa
stata  portata a diretta diminuzione dei titoli posseduti sia che sia
stata  evidenziata  in un apposito fondo del passivo od abbia ridotto
la  riserva  in  sospensionedi  imposta,  non  concorre  a formare il
capitale  proprio  della  societa' conferente (e, quindi, agisce come
componente positivo dello stesso) nella misura in cui trova copertura
nell'ammontare   della   riserva   risultante  ancora  in  regime  di
sospensione  di  imposta  alla  data  di  chiusura dell'esercizio con
riferimento  al quale la rivalutazione viene eseguita e limitatamente
alla  parte  della  perdita  riferibile  alle  azioni  o quote ancora
possedute alla stessa data;
5)  fondi  di  integrazione  di cui all'art. 36 della legge 10 giugno
1978, n. 295;
6)  fondo indennita' licenziamento; fondo ammortamenti tecnici; fondo
ammortamento   finanziario;   tutti  gli  altri  fondi  costituiti  a
copertura   di   specifici  oneri  e  passivita'.  Non  rientrano  in
quest'ultima  categoria i fondi costituiti a fronte di oneri generici
(ad  esempio  fondo  rischi diversi, fondo oscillazione valori, fondo
oneri  futuri,  fondo spese impreviste, ecc.) ovvero quelli destinati
all'autofinanziamento  di  futuri  investimenti  patrimoniali  (fondo
rinnovo impianti, fondo rinnovo magazzino, ecc.);
7)  riserve non evidenziate in bilancio, anche se gia' identificate e
acquisite  a tassazione, se sono rimaste contabilizzate in altre voci
del bilancio e non hanno assunto il carattere formale di riserva.
A  norma  dell'ultimo cornma dell'art. 3 della legge, per le societa'
cooperative  e  loro  consorzi il capitale proprio comprende anche le
somme versate dai soci persone fisiche, o trattenute ai soci stessi a
titolo  di  prestito,  a  condizione che i versamenti e le trattenute
siano  effettuate  esclusivamente  per  il conseguimento dell'oggetto
sociale  e  non  superino,  per ciascun socio, la somma di lire dieci
milioni   (elevato  a  diciassette  milioni  per  le  cooperative  di
conservazione, lavorazione, trasformazione ed alienazione di prodotti
agricoli  e  per  le  cooperative di produzione e lavoro) e che siano
state  rispettate  le  condizioni  di cui all'art. 13 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  29  settembre  1973,  n.  601,  cui fa
esplicito rinvio la norma sopra menzionata.
Una   volta   determinato  l'ammontare  massimo  delle  rivalutazioni
eseguibili,  si  deve  procedere alla rettifica in aumento del valore
dei   singoli  beni  risultanti  in  bilancio.  Nell'eseguire  questa
operazione  deve  essere  osservato il limite invalicabile del valore
effettivo di ciascun bene, previsto dall'art. 4 della legge.
Nell'ambito di tutti i beni oggettivamente rivalutabili, la rettifica
dei  valori iscritti in bilancio puo' interessare tutti o solo alcuni
di  essi,  senza  che  debbano  sussistere  particolari  rapporti tra
l'ammontare delle singole variazioni in aumento eseguite.
Ove  il  soggetto  interessato  intenda  operare  la rivalutazione su
categorie  omogenee,  la  rivalutazione si intende ripartita sui beni
appartenenti alla categoria in misura proporzionale.
Nelle  ipotesi di rivalutazione di beni ammortizzabili non si procede
alla  contemporanea  rettifica  in  aumento  del  relativo  fondo  di
ammortamento:  in  ogni  caso,  la  differenza tra il valore del bene
rivalutato  e  l'ammontare del fondo rappresenta il costo residuo del
bene  stesso  e  non  puo'  superare il suo valore effettivo, secondo
quanto precisato nel paragrafo 4.
Con  riferimento alla rivalutazione di azioni, sempre che trattasi di
titoli  emessi  da  societa'  controllate  o  collegate, ai sensi del
quinto  comma  dell'art. 8 del decreto ministeriale di attuazione, il
maggior  valore  che  si intende attribuire deve essere ripartito per
ciascuna  categoria in proporzione alle quantita' di azioni acquisite
in ogni esercizio fino a quello chiuso nell'anno 1981.
Nell'ambito di tale riparto occorre, tuttavia, rispettare i limiti di
rivalutabilita'  economica  stabiliti  dall'art.  4  della  legge  e,
pertanto,  qualora  il  nuovo valore attribuibile in base al suddetto
calcolo  proporzionale  risulti  superiore  a quello effettivo di una
determinata   quantita'   di   azioni,   l'eccedenza   dovra'  essere
ulteriormente ripartita, sempre in misura proporzionale, tra le altre
quantita' residue dei medesimi titoli.

                    7. - Imprenditori individuali
             societa' di persone ed enti non commerciali
I  soggetti  indicati  nel  primo  comma  dell'art.  11  della  legge
(imprenditori   individuali,   societa'   di   persone  ed  enti  non
commerciali)  non  possono  scegliere tra i due metodi alternativi di
rivalutazione  previsti  dagli  artt. 2 e 3 ma, analogamente a quanto
disposto   dalla   legge   n.  576  del  1975,  possono  eseguire  la
rivalutazione  stessa  soltanto con il metodo diretto di cui all'art.
2,  indipendentemente dal fatto che siano obbligati alla tenuta della
contabilita'  ordinaria  o siano ammessi al regime della contabilita'
semplificata. Quest'ultima distinzione, tuttavia, assume rilevanza ai
fini  della  individuazione dei beni rivalutabili cosi' come chiarito
nel precedente paragrafo n. 3.
In  proposito  si  precisa  che  i  beni  rivalutabili  dai  soggetti
obbligati  alla  tenuta  della  contabilita' ordinaria devono in ogni
caso  risultare  iscritti  oltre  che  nel  bilancio o rendiconto con
riferimento  al  quale  viene  eseguita  la  rivalutazione, anche nel
bilancio  o  rendiconto  relativo  al  periodo d'imposta chiuso il 31
dicembre  1981, secondo quanto previsto dall'art. 2, primo comma, del
decreto  ministeriale.  Gli  enti non commerciali possono eseguire la
rivalutazione   nel   primo  bilancio  o  rendiconto  approvato  dopo
l'entrata  in  vigore  della legge e nel successivo; gli imprenditori
individuali  e  le  societa'  di persone nel primo bilancio contenuto
nell'inventario  la  cui vidimazione avviene dopo l'entrata in vigore
della  legge  stessa  e  nel  successivo. Si fa presente che ai sensi
dell'art. 12, secondo comma, del decreto ministeriale, la vidimazione
dell'inventario  delle  imprese  individuali  e  delle  societa' puo'
essere  effettuata,  anche  ai  fini civilistici, entro il termine di
presentazione della dichiarazione dei redditi.
I   soggetti  che,  nel  periodo  d'imposta  nel  quale  eseguono  la
rivalutazione,  non si siano avvalsi della facolta' di cui all'ultimo
comma dell'art. 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
597,  nel  senso che abbiano optato per la determinazione forfettaria
del  reddito  d'impresa,  potranno  rivalutare  i  beni che risultano
regolarmente registrati o annotati nel registro degli acquisti di cui
all'art.  25  del  decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972,  n.  633; coloro, invece, che, avendo avuto un volume di affari
inferiore  a  lire  6.000.000,  non  abbiano  tenuto  tale  registro,
potranno  eseguire  la  rivalutazione  sulla  base dei costi rilevati
dalle  fatture  o  bollette  doganali di cui al n. 4 dell'art. 31 del
predetto  decreto del Presidente della Repubblica n. 633. Nel caso di
rivalutazione  di  beni  ammortizzabili,  si  presumono  imputate  ai
periodi    d'imposta    il   cui   reddito   e'   stato   determinato
forfettariamente   quote  di  ammortamento  corrispondenti  a  quelle
massime  consentite  dall'applicazione  dei  coefficienti  di  cui al
decreto ministeriale 29 ottobre 1974.
Con  riferimento  agli  enti  non  commerciali si precisa che possono
essere rivalutati i beni destinati all'attivita' commerciale e quelli
utilizzati  in  modo  promiscuo  (attivita'  commerciale  e attivita'
istituzionale),  sempre  che tale destinazione emerga chiaramente dal
bilancio o da altre scritture contabili fiscalmente rilevanti.
Per   i   soggetti   che  usufruiscono  del  regime  di  contabilita'
semplificata, la rivalutazione va effettuata in un apposito prospetto
sottoscritto  dall'imprenditore,  che va vidimato entro il termine di
presentazione della dichiarazione (art. 12 del decreto ministeriale).
Detto  prospetto  va  allegato  in  originale, alla dichiarazione dei
redditi  relativa  al periodo d'imposta in cui la rivalutazione viene
effettuata;  copia  di  esso  deve  essere allegata al registro degli
acquisti  previsto  dall'art.  25  del  decreto  del Presidente della
Repubblica n. 633 e conservata con le stesse modalita'.
Nella   dichiarazione  dei  redditi  dovra'  essere  fatta  esplicita
menzione dell'allegazione del prospetto.
La  forma  di  redazione del prospetto e' libera purche' risulti, per
ciascun  bene da rivalutare, il prezzo di costo o di acquisto, l'anno
di  acquisizione,  le  eventuali  quote  di  ammortamento annualmente
calcolate,  nonche'  il  nuovo  valore  ottenuto  per  effetto  della
rivalutazione.
Per  la  tenuta  del  prospetto  valgono  le  disposizioni  contenute
nell'art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973,  n.  600,  e,  pertanto,  la bollatura e la vidimazione possono
essere eseguite anche dagli uffici del registro. Si avverte, inoltre,
che il prospetto medesimo costituisce soltanto prova di come e' stata
eseguita  la  rivalutazione,  mentre  rimane impregiudicato il potere
dell'ufficio   di   esaminare   ed   accertare   gli   effetti  della
rivalutazione  stessa  in  qualsiasi  periodo  d'imposta  in  cui  si
verificheranno.

                     8. - Soggetti non residenti
Tutti  i  soggetti  non  residenti  nel  territorio  dello Stato che,
peraltro,   vi  esercitano  attivita'  commerciali  mediante  stabili
organizzazioni,  possono  eseguire la rivalutazione dei beni indicati
nell'art. 1 della legge, relativi alla stessa stabile organizzazione,
secondo  le  regole  applicabili  agli imprenditori individuali, alle
societa'   di   persone   e   agli  enti  non  commerciali,  previste
dall'articolo 11 precedentemente illustrate.
Si   precisa  che,  ai  fini  delle  modalita'  di  esecuzione  della
rivalutazione  monetaria  non assume alcun rilievo la circostanza che
il  soggetto operante da non residente sia divenuto residente dopo la
data  di  chiusura  dell'esercizio  con  riferimento al quale intende
eseguire  la  rivalutazione  e,  comunque,  dalla  data di entrata in
vigore della legge (24 marzo 1983).

              9. - Effetti fiscali della rivalutazione
                      e regime del saldo attivo
Premesso   che   il   maggiore  importo  derivante  dalla  effettuata
rivalutazione  si  aggiunge  all'intero  costo del bene, ivi compreso
l'ammontare  di  esso escluso dalla rivalutazione, si precisa che, in
aderenza  a  quanto stabilito nel primo comma dell'art. 7 del decreto
ministeriale  del  19  aprile  1983,  i maggiori valori attribuiti ai
singoli   beni  in  dipendenza  della  rivalutazione  si  considerano
riconosciuti  ai  fini  delle  imposte  sul reddito, come e' peraltro
desumibile dal secondo comma dell'art. 5 della legge, con riferimento
alla   deducibilita'  degli  ammortamenti,  e  dal  primo  comma  del
successivo  art.  8,  in  relazione  alla non imponibilita' dei saldi
attivi.
Ne  discende  che  i  predetti nuovi valori, con le variazioni di cui
alle  disposizioni contenute nei commi secondo e seguenti dell'art. 7
del   decreto  ministeriale,  costituiscono  la  nuova  base  per  la
determinazione  degli  ammortamenti  fiscalmente deducibili, i quali,
quindi,  saranno  commisurati  ai  valori  rivalutati  dei beni. Essi
incideranno  sul  regime  delle  plusvalenze e delle minusvalenze nel
senso che risulteranno, rispettivamente, diminuite ed aumentate.
Torna  opportuno  rilevare  che  gli  accennati  effetti spiegheranno
efficacia   a   partire   dall'esercizio   successivo  a  quello  con
riferimento  al  quale  la  rivalutazione e' stata eseguita, salva la
facolta'  prevista dall'art. 5 della legge e dell'art. 11 del decreto
ministeriale,  in virtu' della quale gli effetti della rivalutazione,
ai   soli   fini   dell'ammortamento,   possono   essere   anticipati
all'esercizio  con riferimento al quale la rivalutazione stessa viene
effettuata.
Si  osserva,  inoltre,  che  i nuovi valori, a partire dall'esercizio
successivo   a   quella   della   rivalutazione,   saranno  presi  in
considerazione  anche  ai fini della determinazione del limite del 5%
del  costo  complessivo  di  tutti  i  beni ammortizzabili risultanti
all'inizio   del   periodo   di   imposta   dal   registro  dei  beni
ammortizzabili  e  riconosciuto  ai  fini  delle imposte sul reddito,
entro  cui  sono  fiscalmente  deducibili  i  costi  di manutenzione,
riparazione,  ammodernamento  e  trasformazione, ai sensi dell'ultimo
comma  dell'art.  68  del  decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 597.
Si    reputa    opportuno,   infine,   far   presente,   a   conferma
dell'orientamento  assunto  con  riferimento alla precedente legge di
rivalutazione   del   1975,   che  la  rivalutazione  degli  impianti
effettuata in dipendenza della legge n. 72, non comporta la decadenza
dalle agevolazioni tributarie previste dalla legge 22 luglio 1966, n.
614, richiamata nell'art. 30, primo comma, del decreto del Presidente
della  Repubblica  n.  601,  per  le imprese industriali operanti nei
settori depressi del Centra Nord, qualora risultino superati i limiti
massimi  degli  investimenti  in  impianti fissi ivi stabiliti e come
elevati dalla successiva legge 23 febbraio 1982, n. 47.
E  cio'  nel riflesso che i nuovi valori attribuiti ai detti impianti
ed iscritti in bilancio discendono da un mero adeguamento monetario e
non  da  una  maggiore  potenzialita'  economica  e  produttiva degli
impianti stessi.
Il  saldo  attivo di rivalutazione e' rappresentato dallo importo che
deve  essere  iscritto  nel passivo del bilancio in contropartita dei
maggiori  valori  attribuiti ai diversi beni iscritti nell'attivo del
bilancio   stesso,   solo  parzialmente  compensati  dagli  eventuali
maggiori  valori attribuiti ai relativi fondi di ammortamento. La sua
determinazione   rileva,  pertanto,  esclusivamente  per  i  soggetti
obbligati  alla tenuta della contabilita' ordinaria: ne consegue che,
con  riferimento  al  metodo indiretto, il quale puo' essere adottato
solo  dai  soggetti  indicati  nell'art. 1 della legge in esame per i
quali  opera sempre tale obbligo, il saldo di rivalutazione monetaria
deve essere in ogni caso determinato ed e' costituito dall'incremento
del  capitale  proprio  derivante  dalla rivalutazione secondo quanto
illustrato in precedenza.
Nell'ipotesi  di  adozione  del  metodo  diretto,  il saldo attivo di
rivalutazione   e'   pari  all'importo  risultante  dalla  differenza
intercorrente  tra il nuovo valore dei beni rivalutati ed il relativo
valore  precedentemente  iscritto  in  bilancio,  ridotto dal maggior
valore  attribuito  al  fondo  di ammortamento rivalutato rispetto al
precedente valore del fondo stesso.
A  norma  del primo comma dell'art. 6 della legge, il saldo attivo di
rivalutazione,  ove  non  venga  imputato  a  capitale,  deve  essere
accantonato  in  una speciale riserva, designata con riferimento alla
legge n. 72. In pratica l'operazione contabile e' la seguente:


         --------------------- a -------------------
                 diversi                diversi


rivalutazione eseguita ai sensi dell'art. 2 della
 legge 19 marzo 1983, n. 72 ....................                 1200
immobili .......................................      1000
mobili .........................................       200
                                                      ----
a fondo ammortamento immobili............... 150
a fondo ammortamento mobili ................  30
a...........................................
a riserva di rivalutazione ex legge 19 marzo
 1983, n. 72 ...............................                     1020


oppure:


         --------------------- a -------------------
                 diversi         riserva di rivaluta-
                                 zione (ex legge
                                 19-3-1983, n. 72)


rivalutazione eseguita ai sensi dell'art. 3 della
 legge 19 marzo 1983, n. 72 ....................                 1200
immobili .......................................      1000
mobili .........................................       200


Nell'ambito  dei  soggetti  obbligati  alla tenuta della contabilita'
ordinaria, la disciplina del saldo attivo di rivalutazione e' diversa
a seconda che trattasi dei soggetti indicati nell'art. 1 della legge,
ovvero dei soggetti indicati nel successivo art. 11.
Per  quanto  riguarda  i  primi,  gli  articoli  6  e  8  della legge
precisano,  rispettivamente,  il  regime  civilistico  ed  il  regime
fiscale della "Riserva di rivalutazione" iscritta in bilancio.
La  riserva,  ove  non venga imputata al capitale puo' essere ridotta
soltanto  con  l'osservanza  delle  disposizioni  dei commi secondo e
terzo  dell'art.  2445 del codice civile: pertanto, la delibera della
riduzione    puo'   essere   eseguita   solamente   dopo   tre   mesi
dall'iscrizione  nel  registro  delle  imprese e purche' entro questo
termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto
opposizione;  malgrado  tale opposizione il tribunale puo' consentire
la riduzione previa presentazione, da parte della societa', di idonee
garanzie.
L'ipotesi  di  utilizzo  delle  riserve  a  copertura  di  perdite di
esercizi precedenti viene disciplinata in maniera del tutto analoga a
quella  prevista  dall'art. 23 della legge n. 576: l'unica differenza
si rileva nella precisazione contenuta nell'attuale testo secondo cui
se  la  societa' non si limita alla copertura contabile della perdita
ma  intende  procedere  alla riduzione sostanziale e definitiva della
riserva  di  rivalutazione,  la  delibera che svincola i futuri utili
dall'obbligo  di  reintegro della riserva stessa deve essere adottata
dall'assemblea straordinaria.
Tale  formalita'  e'  richiesta,  d'ora  in  poi,  anche  per i saldi
iscritti in bilancio ai sensi della legge n. 576.
Ai  sensi  dell'art.  8, primo comma, della legge, il saldo attivo di
rivalutazione  non  concorre  alla  formazione del reddito imponibile
della societa' o dell'ente.
Se  il  saldo  viene  attribuito  ai  soci o ai partecipanti mediante
riduzione  della  specifica  riserva  cui  e' stato imputato, ovvero,
mediante  riduzione  del  capitale sociale o del fondo di dotazione o
patrimoniale,   le   somme  attribuite  ai  soci  o  ai  partecipanti
concorrono a formare il reddito imponibile della societa' o dell'ente
ed  il  reddito  imponibile  dei  soci o partecipanti: questi ultimi,
possono far valere il credito d'imposta di cui all'art. 1 della legge
16 dicembre 1977, n. 904.
L'indicata  disciplina riguarda l'intero ammontare del saldo iscritto
nel bilancio civile, a nulla rilevando, per quanto riguarda il metodo
diretto,  che  esso  derivi  dalla rivalutazione di valori diversi da
quelli   fiscalmente   riconosciuti.   Non  si  tratta,  infatti,  di
sottoporre  a  tassazione redditi in sospensione di imposta ma di una
specifica  misura  atta a disincentivare la diminuzione di patrimonio
sociale  mediante  la  distribuzione  ai  soci.  Dalla stessa "ratio"
discende  che  il  saldo di rivalutazione non incide sul regime delle
perdite  che,  anche  se  coperte  con  detto  saldo,  possono essere
ugualmente  portate in diminuzione del reddito complessivo Imponibile
ai  sensi  degli  articoli  17  e 24 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 598.
L'ultimo  comma dell'art. 8 della legge precisa, infine, che nel caso
in  cui il saldo di rivalutazione sia stato imputato a capitale e che
questo  venga  successivamente  ridotto  con  rimborso  ai  soci o ai
partecipanti,  si  presume che la riduzione ha anzitutto per oggetto,
fino  al  corrispondente ammontare, la parte del capitale formata con
il  saldo  di rivalutazione, con conseguente tassazione dello stesso.
Identica  regola del resto era gia stabilita e continua ad applicarsi
nei  confronti  degli  eventuali  saldi  di rivalutazione iscritti in
bilancio a norma di precedenti leggi.
Da  quanto  precede  discende  che  i  saldi  attivi di rivalutazione
monetaria   non   possono  essere  direttamente  imputati  nel  conto
economico  e  nel  conto  patrimoniale  a copertura delle perdite, ma
devono  essere  prima  accantonate  nella  speciale  riserva  di  cui
all'art. 6 della legge.
Ne discende, altresi', che la riserva puo' essere ridotta, secondo le
modalita' prescritte dal citato art. 2445 del codice civile, soltanto
dopo che i saldi in parola sono stati fatti affluire alla riserva del
bilancio nel quale viene eseguita la rivalutazione.
Il  saldo attivo di rivalutazione monetaria dovra' essere evidenziato
nel  prospetto  delle  variazioni di bilancio della dichiarazione dei
redditi  modi  760,  utilizzando  la  casella  in bianco del rigo 82,
colonna 2.
Per  quanto  concerne  gli  imprenditori  individuali, le societa' di
persone  e  gli  enti  non  commerciali,  obbligati alla tenuta della
contabilita'   ordinaria,  non  sussistono  regole  particolari,  ne'
civilistiche  ne'  fiscali, per la contabilizzazione del saldo attivo
di rivalutazione: lo stesso potra' quindi essere iscritto nel passivo
del  bilancio  con una qualsiasi denominazione o imputazione e la sua
utilizzazione  e'  libera  e  non  genera,  in alcun caso, componenti
positivi del reddito d'impresa.
Si   precisa   infine  che  gli  imprenditori  ammessi  a  regimi  di
contabilita'  semplificata procederanno solamente alla determinazione
extracontabile del saldo attivo di rivalutazione.

                           10. - Sanzioni
L'art.  7  della  legge  commina  a  carico degli amministratori, del
sindaci  e  dei  revisori  l'ammenda  da  lire  un  milione a lire 10
milioni,  salvo  che  il  fatto  non  si configuri come un reato piu'
grave, nell'ipotesi di violazione delle disposizioni contenute:
nell'art.  4,  concernente  le  modalita'  e  i  limiti  in cui vanno
iscritti  in  bilancio  o  in  inventario  i' valori risultanti dalla
rivalutazione;
nell'art.  6,  riguardante  l'imputazione al capitale o a riserva dei
saldi attivi di rivalutazione;
nell'art.  11,  quarto  comma,  che pone a carico dei soggetti che si
avvalgono della facolta' di eseguire la rivalutazione, esclusi quelli
esonerati  dalla  tenuta  della  contabilita' ordinaria, l'obbligo di
redigere  l'inventario  e  la  compilazione  del registro dei cespiti
ammortizzabili.
In  caso  di  condanna  il  giudice  puo'  altresi' applicare la pena
accessoria  prevista  dall'art.  2641  del codice civile, consistente
nella   incapacita'   dei  soggetti  suindicati  a  ricoprire  presso
qualsiasi  impresa,  per  la  durata  non  inferiore ad un anno e non
superiore  a  tre  anni,  gli  uffici  direttivi  di  amministratore,
sindaco, liquidatore e direttore generale.

                           Capitolo terzo
                      MODIFICAZIONI SOGGETTIVE
Analogamente  a  quanto  gia'  fatto  con  la  circolare n. 10 del 30
dicembre  1975,  si  ritiene opportuno soffermarsi sulle modalita' di
applicazione  della  legge di rivalutazione monetaria con riferimento
ai  soggetti  che  siano  stati  interessati  da  particolari  atti o
procedure  (fusioni,  concentrazioni, trasformazioni e liquidazioni),
precisando  come  tali  fattispecie si coordinino, sia civilmente che
fiscalmente, con le speciali norme dettate dalla predetta legge.

                            11. - Fusioni
L'ultimo  comma dell'art. 2504 del cod. civ. prevede che "la societa'
incorporante  o  quella  che risulta dalla fusione assume i diritti e
gli obblighi delle societa' estinte".
Il  principio  sopra enunciato e' ripreso, ai fini fiscali, dall'art.
16  del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
598,   il  quale  sancisce  che  la  fusione,  sia  propria  che  per
incorporazione,  non costituisce ipotesi di realizzo di plusvalenze o
minusvalenze.
Da  quanto  sopra discende che, come gia' si ebbe ad affermare con la
circolare n. 10 del 30 dicembre 1975, in relazione alla legge n. 576,
la  societa'  incorporante o derivante dalla fusione puo' eseguire la
rivalutazione  dei  beni,  con  il  metodo  diretto,  con  le  stesse
modalita',  alle  stesse condizioni e nella stessa misura in cui, ove
la fusione o la incorporazione non fossero avvenute, avrebbero potuto
procedervi le societa' stesse o incorporate.
Per la societa' incorporante o risultante dalla fusione che, avendone
i  requisiti  alla  chiusura  dell'esercizio  in  cui  si effettua la
rivalutazione,  intenda  adottare  il  metodo indiretto, l'art. 8 del
decreto ministeriale, in attuazione del suindicato principio, dispone
che  per  la  determinazione  dell'ammontare massimo complessivamente
rivalutabile  si  tiene conto per gli esercizi anteriori alla fusione
del  capitale  proprio  di  tutti i soggetti fusi o incorporati e dei
rispettivi  esercizi di formazione. Cio' vale, naturalmente, solo con
riferimento  alle  preesistenti  societa'  che,  per  la  loro  veste
giuridica,   rientrino  tra  i  soggetti  previsti  dal  primo  comma
dell'art.  1;  pertanto,  non  potra'  in  nessun  modo  prendersi in
considerazione il capitale proprio di societa' fuse o incorporate che
avessero la forma di societa' di persone.
Nel  caso  in  cui  le  societa'  che  abbiano  gia'  provveduto alla
rivalutazione  ai  sensi  della  presente  legge siano incorporate in
altra  societa'  che  intenda  procedere  alla  rivalutazione dopo la
incorporazione, si osservano le seguenti regole:
a)  se  la  societa'  ha  adottato  il  metodo  diretto e la societa'
incorporante   intende  utilizzare  lo  stesso  metodo,  essa  potra'
rivalutare  oltre  i  beni  propri,  anche  quelli  provenienti dalla
societa'  incorporata  ma  nella misura in cui quest'ultima non abbia
gia' usufruito della rivalutazione;
b)  se  la  societa' incorporata ha adottato il metodo indiretto e la
societa'   incorporante   intende   adottare   il   metodo   diretto,
quest'ultima  puo'  rivalutare  soltanto  i  beni  propri, non quelli
provenienti dalla societa' incorporata;
c)  se  la  societa'  incorporata ha applicato il metodo diretto e la
societa'  incorporante  intende  adottare il metodo indiretto vale la
soluzione  sub  b)  e  il  computo del capitale proprio va effettuato
senza  tener  conto  degli  incrementi  e  dei decrementi relativi al
capitale  proprio  della societa' incorporata ne' degli incrementi ne
dei  decrementi  derivanti  alla  societa'  incorporante  per effetto
dell'incorporazione;
d)  nel  caso  che  entrambe adottino il metodo indiretto vale quanto
detto sub c),
Nel  caso  di  fusione  propria, la societa' risultante dalla fusione
potra'  adottare il metodo indiretto solo relativamente alle societa'
fuse  che  non  abbiano effettuato la rivalutazione; negli altri casi
valgono i medesimi criteri esposti per i casi di incorporazione.
Per  quanto riguarda la natura e le condizioni di rivalutabilita' dei
beni  si  applica, anche in caso di fusione, il principio generale di
riferimento  alla  data  di  chiusura  dell'esercizio in relazione al
quale  si  opera  la  rivalutazione,  nonche' le diverse disposizioni
speciali illustrate nei precedenti paragrafi.
Per  connessione di argomento, e' opportuno accennare alla disciplina
di rivalutazione delle azioni o quote ricevute in concambio a seguito
di fusioni.
Al  riguardo  si  richiamano  le  istruzioni gia' fornite con nota n.
9/1195  del  26  luglio  1976,  con  la  quale  e' stato chiarito che
l'operazione  di  concambio  delle  azioni  attua una pura e semplice
sostituzione  dei titoli intestati alle societa' estinte con i titoli
della societa' incorporante o risultante dalla fusione.
Per   quanto   riguarda   la   verifica   della  condizione  relativa
all'esistenza  del  rapporto  di  controllo  o di collegamento di cui
all'art.  2359  del  codice civile, si precisa che tale condizione va
verificata  nei  confronti  dell'emittente  (societa'  incorporante o
risultante  dalla  fusione)  alla data di chiusura dell'esercizio con
riferimento  al  quale  la rivalutazione viene effettuata (ovvero con
riferimento  al  23  marzo  1983,  come  chiarito  a pag. 11) a nulla
rivelando  la  situazione  preesistente  alla  data della fusione nei
confronti delle societa' estinte.

                        12. - Concentrazioni
L'operazione   di   concentrazione   si  ha  quando  un  imprenditore
commerciale   cede  ad  una  societa'  preesistente  o  appositamente
costituita  un  insieme  di  beni,  tra  loro  coordinati  in modo da
costituire   un'azienda  o  un  complesso  aziendale,  ricevendo  per
corrispettivo  azioni  o  quote rappresentative, in tutto o in parte,
del  capitale  sociale  della  societa' concentrataria. Quest'ultima,
pertanto,  potra'  eseguire  la  rivalutazione  di detti beni solo se
l'operazione  ha  avuto  effetto  non oltre l'ultimo esercizio chiuso
entro il 31 dicembre 1981.
Se  viene  adottato  il  metodo  diretto,  dovra' essere applicato il
coefficiente  di rivalutazione relativo all'esercizio in cui e' stata
effettuata  la  concentrazione,  a  nulla  rilevando, a differenza di
quanto  avviene  nei  casi  di  fusione,  la  data  alla quale risale
l'originario acquisto del bene da parte del soggetto conferente.
In  proposito  si  precisa  che i coefficienti di rivalutazione vanno
applicati  sul costo di acquisto del bene senza tener conto del fondo
di  ammortamento  iscritto  presso  la  societa' concentrante che sia
stato   erroneamente   riportato   nelle   scritture  della  societa'
concentrataria  (vedasi quanto in proposito chiarito con circolare n.
9, protocollo n. 9/252, del 21 marzo 1980).
Se,  invece,  viene adottato il metodo indiretto, dovra' prendersi in
considerazione   unicamente   il   patrimonio  netto  della  societa'
concentrataria,   non  assumendo,  ovviamente,  alcuna  rilevanza  il
patrimonio netto del soggetto conferente.

                        13. - Trasformazione
Partendo  dalla  premessa che la trasformazione determina un semplice
mutamento  della  veste  giuridica  della societa', non si pone alcun
problema  nell'applicazione  delle norme sulla rivalutazione, qualora
tale  operazione  venga posta in essere nell'ambito dello stesso tipo
di societa' (tra societa' di persone o tra societa' di capitali).
A  diversa  conclusione  si  perviene,  invece,  se  una  societa' di
capitale  si  trasforma  in societa' di persone o viceversa e se cio'
accade prima che sia stata effettuata la rivalutazione dei beni.
Nel  primo  caso, infatti, non si potra' procedere alla rivalutazione
con  il  metodo  indiretto,  essendo  venuta  meno  la qualificazione
soggettiva   richiesta   dalla   legge   per   tale  procedimento  di
rivalutazione.
Nel secondo caso, invece, la rivalutazione con il metodo indiretto e'
ammessa,  assumendo  come  termine di riferimento il capitale proprio
degli  esercizi  chiusi dopo la trasformazione ed applicando al primo
di  questi esercizi i criteri di calcolo dettati dall'art. 8, secondo
comma,   del   decreto   ministeriale   per   le  societa'  di  nuova
costituzione.

                         14. - Liquidazioni
I  soggetti  per  i  quali  abbia  avuto  inizio  la  procedura della
liquidazione,  possono  eseguire la rivalutazione dei beni ricompresi
tra  quelli indicati nell'art. 1 della legge in commento, per i quali
sussistano le condizioni di cui al paragrafo 3.
L'operazione  non  presenta  particolari  problemi  in quanto tornano
applicabili,  anche in questa ipotesi, tutte le regole illustrate nei
paragrafi precedenti.
Per  altro, si ritiene opportuno precisare che, per quanto attiene ai
soggetti  indicati  nel  primo  comma  dell'art. 1, nei cui confronti
sussiste  l'obbligo  dell'iscrizione  in bilancio del saldo attivo di
rivalutazione  monetaria  con  imputazione al capitale sociale o alla
speciale riserva prevista dall'art. 6 della legge, nel momento in cui
si  perviene  al riparto finale del capitale ai soci, si verifichera'
il  presupposto  della  tassazione  ai  sensi  del  secondo comma del
successivo  art.  8:  piu'  precisamente, se risultera' attribuito ai
soci  l'intero  saldo attivo di rivalutazione o una residua parte, il
relativo  importo  concorrera' alla formazione del reddito imponibile
sia della societa' che dei soci stessi.

                            PARTE SECONDA

DISPOSIZIONI  MODIFICATIVE  DELLE  NORME  CONTENUTE  NEI  DECRETI DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 SETTEMBRE 1973, N. 597, N. 599, N. 600
E N. 601, NONCHE' DI ALTRE NORME DI LEGGE.

15.  -  Integrazione  dell'art.  62  del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 597 (art. 12 della legge).
L'art.  12  della legge n. 72 aggiunge quattro commi nell'art. 62 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 597, che, come noto, detta
le regole per la valutazione delle rimanenze finali dei beni alla cui
produzione o al cui scambio e' diretta l'attivita' dell'impresa.
Il primo dei suddetti commi aggiunti prevede che la valutazione delle
rimanenze  puo'  essere effettuata, oltre che con i criteri di cui al
secondo  comma  o  al  terzo  comma dell'art. 62, adottando una delle
seguenti modalita':
a)   determinando   il   valore  secondo  il  cosidetto  "metodo  del
dettaglio";
b) attribuendo un valore pari al maggiore tra gli ultimi due costi di
acquisto;
c)  attribuendo  il  costo  unitario  medio  d'acquisto sostenuto nel
periodo d'imposta.
Il  metodo  di  cui  al  punto  a) e' consentito solo ai soggetti che
esercitano  l'attivita'  di  commercio  al  minuto  e  risponde  alle
esigenze   delle   imprese  che  operano  nel  settore  della  grande
distribuzione,  la  cui  gestione  e' contraddistinta dall'acquisto e
dalla  vendita  di  un  gran  numero  di  beni aventi caratteristiche
merceologiche  diverse.  La  rivelazione della movimentazione di tali
beni   e'   oltremodo   difficile,  sia  per  la  struttura  "divisa"
dell'azienda  appartenente a tale settore sia per il continuo variare
delle quantita'.
Il  "metodo  del  dettaglio"  ("Retail Inventory Method") di cui alla
lettera  a),  per  quanto concerne la determinazione del valore delle
rimanenze  si  discosta  dal  criterio  LIFO,  mentre,  in termini di
quantita',  prescinde  dalla  inventariazione  fisica delle giacenze.
Esso  si  basa sulla contrapposizione tra i valori al costo (annotati
in apposito registro tenuto presso la sede centrale) ed i valori alla
vendita  (i  cui  movimenti  di  carico  e  scarico  sono annotati in
appositi  registri  tenuti  dalle filiali) aggiornati periodicamente,
sempre e soltanto in termini di valore.
In  particolare,  le  modalita'  di applicazione del metodo anzidetto
possono articolarsi come segue:
il  carico  di  magazzino  va  rilevato sia al prezzo di costo che al
prezzo di vendita e vanno, inoltre, rilevate sia le rivalutazioni che
le  svalutazioni  delle  merci  in giacenza, conseguenti ad aumenti o
diminuzioni dei prezzi di vendita intervenuti nel periodo;
la  differenza  tra  il  valore di vendita della merce trattata ed il
relativo   costo  costituisce  il  ricarico  che  viene  espresso  in
percentuale del valore ai prezzi di vendita;
il  complemento  a  100  di  tale percentuale rappresenta il costo di
acquisto delle merci;
il  valore  delle  rimanenze  viene determinato sottraendo dal totale
delle  merci  disponibili, espresse ai prezzi di vendita, l'ammontare
dei  ricavi; l'importo che ne risulta, espresso ai prezzi di vendita,
va  riportato  al  prezzo  di  costo  moltiplicandolo per il suddetto
complemento a 100 della percentuale di ricarico;
ai  fini  delle  registrazioni  di  magazzino i movimenti di carico e
scarico  delle  merci  vanno  registrati  per gruppi sufficientemente
omogenei  (reparti, sezioni o simili, costituiti da beni affini sotto
il profilo commerciale) e per ciascun gruppo l'azienda deve riportare
il  valore  di vendita al valore di costo, riducendo il primo in base
alla percentuale corrispondente al margine lordo e di cui si e' detto
sopra.
Il  metodo di valutazione di cui alla lettera b) puo' essere adottato
da tutti i soggetti titolari di reddito di impresa, indipendentemente
dal  tipo  di  attivita'  commerciale esercitata. La sua applicazione
comporta  l'abbandono  dei  diversi criteri eventualmente seguiti nei
precedenti  periodi  d'imposta  e  la determinazione del valore delle
rimanenze di ciascuna categoria omogenea dei beni esistenti alla fine
dell'esercizio  moltiplicando il numero delle unita' in essa comprese
per  il  maggiore  fra gli ultimi due costi di acquisto sostenuti nel
periodo d'imposta.
Se  nel  corso del periodo d'imposta non sono stati eseguiti acquisti
di  beni  di  una  determinata categoria omogenea, ovvero se e' stato
eseguito  un  solo  acquisto,  il  metodo  in  esame  non puo' essere
applicato.
Il  metodo  di  valutazione  di  cui  alla  lettera  c)  e' anch'esso
applicabile  indipendentemente dal tipo di attivita' svolta e prevede
l'attribuzione,  a tutte le unita' di ogni categoria omogenea di beni
in   rimanenza,  del  costo  unitario  medio  sostenuto  nel  periodo
d'imposta:   tale   valore   sara'  determinato  dividendo  il  costo
complessivo  degli  acquisti  eseguiti  nell'esercizio  per il numero
delle  unita'  acquistate,  senza tener conto del numero e del valore
delle   eventuali   rimanenze   iniziali,  ne  del  diverso  rapporto
quantitativo tra i singoli acquisti.
Anche  questo  metodo  non puo' trovare applicazione nel caso in cui,
nel   corso   del  periodo  d'imposta,  e'  stato  eseguito  per  una
determinata categoria omogenea un solo acquisto.
Il  contribuente  che  si  avvale  di  uno dei metodi precedentemente
illustrati   dovra'   adottarlo  per  almeno  sei  periodi  d'imposta
consecutivi,  fatta  salva  la facolta' di eseguire la valutazione al
valore  normale  dell'ultimo  trimestre,  nel  caso  in  cui  ricorra
l'ipotesi  prevista  dal  quarto comma del citato art. 62 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 597.
Dopo  il  sesto  periodo  d'imposta  il  metodo di valutazione potra'
essere modificato, previa comunicazione scritta al competente ufficio
delle  imposte,  ai  sensi  del primo comma dell'art. 75 del predetto
decreto del Presidente della Repubblica n. 597.
In  virtu'  del  terzo  comma  aggiunto  nell'art.  62  anzidetto, le
disposizioni   concernenti   i  nuovi  metodi  di  valutazione  delle
rimanenze  si  applicano a decorrere dal 1° gennaio 1974 a condizione
che il metodo, una volta adottato, sia stato costantemente seguito.
Entro  tali  limiti  la  norma  ha  effetto  retroattivo  e  comporta
sanatoria  per  i  soggetti che avessero precedentemente adottato uno
dei nuovi criteri di valutazione.
Si precisa che dette disposizioni, fatto salvo quanto sopra rilevato,
spiegano  efficacia  dal  periodo  d'imposta  in  corso alla data (24
marzo) di entrata in vigore della legge n. 72.
Si rammenta tuttavia che il contribuente che intende adottare uno dei
nuovi  metodi di valutazione delle rimanenze deve darne comunicazione
scritta  all'ufficio  delle  imposte  nel  termine  stabilito  per la
presentazione  della  dichiarazione  e  la  comunicazione  stessa  ha
effetto  dal  periodo d'imposta successivo salva opposizione motivata
dall'ufficio,  giusta  quanto disposto dall'art. 75, primo comma, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 597.
Si   rammenta   altresi'   che   tale   comunicazione  va  presentata
autonomamente   senza   cioe'   allegarla   alla   dichiarazione,  in
conformita'  alle  disposizioni  impartite  con  la  circolare del 15
dicembre 1982, n. 50, protocollo n. 9/809/S.
L'ultimo  dei  nuovi  commi  aggiunti nell'art. 62, stabilisce infine
che,  se  per  effetto  della  rivalutazione eseguita secondo uno dei
metodi  sopra indicati, le rimanenze risultano rivalutate rispetto al
precedente  periodo d'imposta, il maggiore valore ad esse attribuito,
a  parita'  di  quantita', concorre per un quinto alla formazione del
reddito  d'impresa  nel  periodo  d'imposta  e, peri restanti quattro
quinti,  in quote costanti, alla formazione del reddito d'impresa dei
quattro periodi d'imposta successivi.

16.  -  Norme  concernenti  le societa' cooperative (articoli 14, 17,
ultimo comma, e 18 della legge).
Il  primo  comma  dell'art.  14 della legge n. 72 stabilisce che, per
l'esercizio  in  corso alla data (24 marzo 1983) della sua entrata in
vigore  e  per  i  due  successivi, gli utili prodotti dalle societa'
cooperative  di  cui al titolo terzo del decreto del Presidente della
Repubblica  29  settembre  1973,  n. 601, non concorrono a formare il
reddito  imponibile  ai  fini  dell'imposta sul reddito delle persone
giuridiche  (IRPEG)  e  dell'imposta  locale  sui  redditi  (ILOR) se
imputati   ad   aumento   gratuito   delle  quote  di  partecipazione
sottoscritte  da  ciascun  socio.  L'imputazione degli utili non puo'
essere  eseguita  in  ciascun esercizio per un ammontare superiore al
dieci per cento del valore nominale delle quote.
L'imputazione  eseguita  nel  secondo  e  nel  terzo dei tre esercizi
previsti  dalla  legge  potra'  tener  conto  degli  aumenti gratuiti
eseguiti rispettivamente nel primo e nel secondo esercizio, in quanto
detti aumenti hanno comportato l'elevazione del valore nominale delle
singole quote.
Il  secondo  comma  dello  stesso art. 14 stabilisce peraltro che gli
utili di cui sopra costituiscono reddito a tutti gli effetti, sia per
la  societa'  sia  per  i  soci,  nel  periodo d'imposta in cui viene
effettuato  il  rimborso  di  capitale  ai  soci,  fino a concorrenza
dell'ammontare imputato ad aumento della quota di partecipazione.
Per connessione di argomenti si rileva che ai sensi dell'ultimo comma
dell'art.  17 la remunerazione del capitale sociale delle cooperative
e  dei  consorzi  non  puo'  in  nessun  caso  essere  superiore alla
remunerazione dei prestiti sociali fiscalmente agevolati.
La norma costituisce una modifica di quanto disposto dal primo comma,
lettera a), dell'art. 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio
dello  Stato  14  dicembre  1947,  n. 1577, che pone quale condizione
necessaria  per  la  sussistenza  dei requisiti mutualistici cui sono
subordinate  le  agevolazioni fiscali, il divieto di distribuzione di
dividendi  in  misura  superiore  all'interesse  legale  sul capitale
versato.  La  remunerazione  massima  del  capitale  ora  ammessa e',
invece,   pari  a  quella  prevista  dall'art.  13  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  29  settembre  1973,  n.  601, e cioe'
l'equivalente  del  tasso  di  interesse previsto per i buoni postali
fruttiferi,  aumentato di 2,5 punti per effetto della disposizione di
cui  all'art.  6-bis  del  decreto-legge 31 ottobre 1980, n. 693, nel
testo modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 1980, n. 891.
L'art.   18  della  legge  in  esame,  ad  integrazione  del  decreto
legislativo  del  Capo  provvisorio  dello Stato 14 dicembre 1947, n.
1577,  introduce  l'art. 27-quinquies, con il quale si stabilisce che
le  societa'  cooperative  ed  i  loro consorzi possono costituire ed
essere soci di societa' per azioni o a responsabilita' limitata.
Le  disposizioni  contenute  negli articoli 17 e 18 della legge hanno
effetto  dal giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale (24 marzo 1983).

17.  -  Elevazione  di  alcuni  limiti  di  valore contenuti in varie
disposizioni di legge (articoli 15, 16 e 17 della legge).
In  considerazione  delle intervenute variazioni del metro monetario,
gli  articoli  15,  16 e 17 della legge prevedono l'aumento di alcuni
limiti  di  valore stabiliti da varie disposizioni di legge in quanto
non  piu'  adeguati  a soddisfare le esigenze per le quali sono stati
originariamente fissati.
I limiti modificati sono i seguenti:
a) il valore nominale delle azioni di una banca popolare possedute da
ciascun  socio non puo' superare i 15 milioni di lire o i 7,5 milioni
di  lire  a  seconda  che  la banca abbia un capitale non inferiore o
inferiore a 500 milioni di lire (art. 2 della legge 11 dicembre 1952,
n.  3093,  e  successive  modificazioni, ora ulteriormente modificato
dall'art. 15 della legge n. 72);
b)  i  limiti  oltre  i  quali,  per la costituzione degli aumenti di
capitale sociale si rende necessaria la preventiva autorizzazione del
Ministro per il tesoro, ai sensi della legge 3 maggio 1955, n. 428, e
successive  modificazioni,  sono  elevati  a  lire 5 miliardi (art.16
della legge n. 72);
c) i limiti di 2 milioni e 4 milioni di lire previsti dal primo comma
dell'art. 24 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato
14  dicembre  1947, n. 1577, e successive modificazioni, sono elevati
rispettivamente  a  lire  20  milioni e 30 milioni; il limite di lire
ventimila,  previsto  dal  secondo  comma  dello  stesso  art. 24, e'
elevato  a  lire  centomila.  La  disposizione  si  applica  anche ai
consorzi  o alle cooperative aventi ad oggetto esclusivo o principale
la   prestazione   alle   imprese  consociate  o  socie  di  garanzie
mutualistiche  e  di servizi concernenti il controllo qualitativo dei
prodotti,  compresa  l'applicazione  dei  marchi di qualita' (art. 17
della legge n. 72).
Le  disposizioni  contenute  negli  articoli  15, 16 e 17 della legge
entrano   in   vigore  nel  giorno  successivo  a  quello  della  sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (24 marzo 1983).

18.  -  Modalita'  di  applicazione  della  ritenuta  d'acconto sugli
interessi  attivi  dei  conti  correnti interbancari per servizi resi
(art. 19 della legge).
Con  riguardo agli interessi dei conti correnti reciproci per servizi
resi  (c.d.  "conti correnti interbancari"), l'art. 19 della legge n.
72  ha  risolto  il  problema,  sorto  in  merito  alle  modalita' di
applicazione  della  ritenuta  d'acconto  prevista  dal secondo comma
dell'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973,  n.  600,  e  cioe'  se  la  ritenuta  su detti interessi debba
applicarsi  sul  saldo degli interessi attivi e passivi risultante da
tali  conti,  ovvero  se debba applicarsi sull'intero ammontare degli
interessi attivi (cosi' detto conteggio "a conto aperto").
La  disposizione  del  primo  comma  dell'art.  19  reca,  per quanto
concerne   i   conti   correnti   interbancari   per   servizi  resi,
l'interpretazione autentica del richiamato secondo comma dell'art. 26
del  decreto  del  Presidente della Repubblica n. 600, chiarendo che,
fino a tutto il 31 dicembre 1982, la ritenuta deve essere commisurata
sulla  differenza,  o saldo, degli interessi risultanti alla chiusura
dei conti correnti in argomento.
Il   secondo  comma  dello  stesso  art.  19  ha,  invece,  carattere
innovativo  e  dispone  che,  con  effetto  dal  1°  gennaio 1983, la
ritenuta  d'acconto  va  commisurata sulla differenza, o saldo, degli
interessi risultanti alle chiusure trimestrali dei conti stessi.

19. - Ulteriori deduzioni ai fini dell'imposta locale sui redditi per
determinate categorie di imprese (art. 13 della legge).
Il  primo  comma  dell'art.  13  della  legge  n.  72  prevede che, a
decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data (24 marzo 1983) di
entrata  in  vigore  della  legge stessa, cioe' del periodo d'imposta
1983,  ferma  restando  la deduzione prevista dall'art. 7 del decreto
del  Presidente  della  Repubblica  29  settembre  1973,  n.  599, e'
concessa,  ai fini dell'applicazione dell'imposta locale sui redditi,
una  ulteriore deduzione dal reddito d'impresa in favore dei seguenti
soggetti:
a) le imprese artigiane iscritte nell'albo previsto dall'art. 9 della
legge  25  luglio  1956,  n.  860, comprese le imprese di trasporto e
attivita' connesse se iscritte nell'albo di cui all'art. 9 medesimo;
b)  imprese  che  esercitano  attivita'  di  commercio  al minuto, di
intermediazione  o  di  rappresentanza  di  commercio, di prestazioni
alberghiere  o di somministrazione di alimenti e bevande nei pubblici
esercizi e nelle mense aziendali;
c) imprese che esercitano la pesca marittima o in acque interne.
Ai  sensi  del secondo comma dell'art. 13, detta ulteriore deduzione,
che  va ragguagliata ad anno, e' pari al trenta per cento del reddito
calcolato  al  netto della deduzione del cinquanta per cento prevista
dall'art. 7 del citato decreto del Presidente della Repubblica numero
599.  Lo  stesso  secondo  comma dell'art. 13 stabilisce che, in ogni
caso,  l'ulteriore  deduzione, sempre ragguagliata ad anno, spetta in
misura non inferiore a lire 2 milioni ne' superiore a lire 4 milioni.
La disposizione medesima prevede per le imprese artigiane di cui alla
lettera  a),  che  impieghino nella azienda, per la maggior parte del
periodo  d'imposta,  almeno un apprendista, l'elevazione della misura
minima  e  massima dell'ulteriore deduzione, rispettivamente, a 3 e 6
milioni;  se  poi  le  imprese  in  questione  impiegano  due  o piu'
apprendisti, le misure stesse sono elevate a 4 e ad 8 milioni.
L'ufficio  delle  imposte  potra'  verificare  la  esistenza  di tali
presupposti  direttamente  dai libri paga e matricola e dal pagamento
dei contributi previdenziali.
Per  espressa previsione dello stesso secondo comma dell'art. 13, per
la  concessione  della  ulteriore  deduzione,  anche  per  le  misure
maggiorate   a  favore  delle  imprese  artigiane,  si  applicano  le
disposizioni di cui al secondo e quinto comma dell'art. 7 del decreto
del   Presidente   della  Repubblica  n.  599;  pertanto  l'ulteriore
deduzione  si  applica  a  condizione  che  l'imprenditore  presti la
propria  opera nell'impresa e che tale prestazione costituisca la sua
occupazione prevalente.
Il  richiamo  al  quinto comma dell'art. 7 del decreto del Presidente
della  Repubblica  n.  599 comporta che nei confronti dei titolari di
piu'  redditi  per  i  quali  spetta l'anzidetta ulteriore deduzione,
l'ammontare  della  medesima,  entro  i  precisati  limiti  minimo  e
massimo, va determinato sul cumulo dei redditi stessi con imputazione
proporzionale a ciascuno di essi.
Poiche'  l'art.  13  fa riferimento alle "imprese", senza distinguere
tra  imprese  individuali  e  societarie,  deve ritenersi applicabile
anche  il  quarto  comma dell'art. 7 del decreto del Presidente della
Repubblica  n.  599,  nel  senso  che  alle  maggiori deduzioni hanno
diritto anche le societa' di persone. Pertanto, l'ulteriore deduzione
di  cui  trattasi,  beninteso  nei limiti minimo e massimo precisati,
spetta  anche alle imprese di cui alle lettere a), b) e c) costituite
sotto  forma  di  societa'  di persone e va calcolata con riferimento
alla  quota  di  reddito  spettante a ciascuno dei soci che presti la
propria  opera  nella impresa purche' tale prestazione costituisca la
sua occupazione prevalente.
Alle  societa'  di  persone  che  esercitano le attivita' di cui alla
richiamata  legge  n.  860 del 1956, la disposizione di cui al quarto
comma  del  citato art. 7, si applica a condizione che la societa' di
persone  sia  iscritta  nell'albo  previsto  nell'art. 9 della stessa
legge n. 860.
Le  intendenze  di  finanza  e  gli ispettorati compartimentali delle
imposte  dirette  accuseranno  ricevuta della presente circolare alla
Direzione  generale  delle  imposte  dirette di questo Ministero; gli
uffici distrettuali e i centri di servizio delle imposte dirette alle
rispettive intendenze di finanza.

                                                   Il Ministro: FORTE