(parte 1)
                                  Alle intendenze di finanza
                                  Agli   ispettorati  compartimentali
                                  delle   tasse   e   delle   imposte
                                  indirette sugli affari
                                  Agli uffici del registro
                                  Alle   conservatorie  dei  registri
                                  immobiliari
                                  Agli   uffici  imposta  sul  valore
                                  aggiunto
                                    e, p.c.:
                                  A tutte le direzioni generali
                                  Al    servizio    centrale    degli
                                  ispettori tributari
                                  Al  comando  generale della Guardia
                                  di finanza
                                  Alla  Presidenza  del Consiglio dei
                                  Ministri
                                  A tutti i Ministeri
                                  All'Avvocatura generale dello Stato
                                  Al    Consiglio    nazionale    del
                                  notariato
                                  Al  Consiglio nazionale dei dottori
                                  commercialisti
                                  Al Consiglio nazionale forense
                                  Al Consiglio nazionale dei geometri
                                  Al    Consiglio    nazionale    dei
                                  ragionieri e periti commerciali
                                  All'Associazione  fra  le  societa'
                                  italiane per azioni
                                  All'Associazione bancaria italiana
                                  All'Associazione    nazionale   dei
                                  comuni d'Italia
                                  All'Associazione    nazionale   dei
                                  costruttori edili
                                  Alla  Confederazione  italiana  del
                                  commercio
                                  Alla     Confederazione    generale
                                  dell'agricoltura italiana

                           P R E M E S S A

Con   D.P.R.  26  aprile  1986,  n.131,  pubblicato  nel  supplemento
ordinario  alla Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 1986, e' stato
approvato  il testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di
registro, che entrera' in vigore il 1° luglio 1986.
Il  testo  unico  conserva  nella  disciplina della materia la stessa
ripartizione  in nove titoli gia' attuata nel D.P.R. n.634 del 1972 e
rimane  inalterato  il numero degli allegati, che, come per il citato
decreto,  si sostanziano in una tariffa divisa in due parti, la prima
relativa  agli  atti  da  registrare  in  termine  fisso e la seconda
concernente  quelli  da  registrare  in  caso  d'uso,  in una tabella
recante  l'indicazione  degli  atti  per i quali non vi e' obbligo di
richiedere  la  registrazione e nel prospetto dei coefficienti per la
determinazione  dei  valori attuali dei diritti di usufrutto a vita e
delle  rendite  e pensioni vitalizie calcolati al saggio di interesse
del 5%.
Si  rileva,  poi,  che  nell'elaborazione  del testo unico sono stati
osservati i seguenti criteri:
a) inserire nel corpo del decreto n. 634 le disposizioni contenute in
precedenti  leggi  rimaste in vigore o in leggi pubblicate fino a tre
mesi prima la pubblicazione del testo unico;
b)  apportare  alcune  integrazioni,  correzioni  e modificazioni nel
rispetto dei principi e criteri direttivi di cui alle leggi 9 ottobre
1971, n.825 (legge delega per la riforma tributaria), 12 aprile 1984,
n.68,  e 24 dicembre 1985, n.777, legge che da ultimo ha prorogato il
termine per l'emanazione dei testi unici.
Il criterio guida, peraltro, e' stato quello di conferire certezza al
sistema  normativo, alla luce anche degli indirizzi giurisprudenziali
formatisi  in  precedenza, dei pareri emessi dagli Organi consultivi,
nonche' degli orientamenti amministrativi.
Con   la   presente   circolare   si   intende  illustrare  il  nuovo
provvedi-mento  ed  indirizzare  in  modo  uniforme l'attivita' degli
uffici,  con  l'avvertenza che non ci si soffermera', in questa sede,
su quelle norme che non hanno subito alcuna modificazione, a meno che
le stesse non siano correlate con altra disposizione innovativa.
Rispetto   a   tali  norme  restano,  pertanto,  ancora  efficaci  le
istruzioni  impartite  durante il periodo di vigenza del D.P.R. n.634
del 1972 e successive modificazioni ed integrazioni.

                            TITOLO PRIMO
                        DISPOSIZIONI GENERALI

Il  titolo  primo,  che  si  compone  di  otto articoli, tratta delle
disposizioni generali relative al tributo.
Le   modifiche   apportate   al   precedente   decreto  sono  intese,
essenzialmente,  a  colmare  talune  lacune  evidenziatesi durante la
pratica  attuazione  del  medesimo, nonche' ad adeguare le norme alla
continua evoluzione della esperienza giuridica ed economica.
Relativamente  all'articolo  2  si osserva che e' stata modificata la
lettera b) dello stesso con il testuale richiamo ai contratti verbali
indicati nel primo comma dell'articolo 3.
La  modifica  ha inteso eliminare il dubbio interpretativo che poteva
sorgere  dalla lettura della disposizione contenuta nel numero 2) del
corrispondente  articolo  2  del  D.P.R.  n.634  del  1972, circa una
contraddizione  fra  il disposto di tale ultimo articolo e quello del
secondo comma del successivo articolo 3.
Infatti,  precisando  che  sono  soggetti  a registrazione soltanto i
contratti verbali di locazione o affitto di beni immobili e quelli di
trasferimento   o  affitto  di  aziende,  e'  stato  confermato  piu'
chiaramente   il   principio  che  unicamente  l'enunciazione  di  un
contratto  verbale  in  un  atto  registrato,  posto in essere fra le
stesse  parti  che  hanno  dato  vita  al  detto  contratto, comporta
l'obbligo di registrare anche il contratto verbale.
Altre  novita'  presenti  nell'articolo  2 sono contenute nella nuova
formulazione della lettera d).
La  prima  consiste  nel  considerare  soggetti  a  registrazione non
soltanto  le  sentenze emesse all'estero dai consoli italiani, aventi
per oggetto i beni ed i diritti gia' indicati nel n. 4) dell'articolo
2 del D.P.R. n.634 del 1972, ma altresi' tutti gli atti formati dagli
stessi  consoli  che  comportino  il  trasferimento  di proprieta' di
immobili  o la costituzione o il trasferimento di diritti reali sugli
stessi.
Non  sembra  superfluo  sottolineare che fta i diritti reali sui beni
immobili   sono  stati  compresi  legislativamente  anche  quelli  di
garanzia,  al  fine  di  eliminare alcune perplessita' evidenziate da
qualche dipendente ufficio.
Ulteriore  innovazione  consiste, poi, nell'indicazione, fra gli atti
soggetti   a  registrazione,  anche  degli  atti  che  comportano  la
costituzione  o  il  trasferimento di tutti i diritti reali, anche di
garanzia, su aziende esistenti nel territorio dello Stato, nonche' di
quelli che hanno per oggetto l'affitto di tali aziende.
L'articolo  3  recante  in epigrafe "contratti verbali" non ha subito
alcuna sostanziale modifica. Tuttavia l'obbligo tributario che deriva
dalla   previsione  della  registrazione  dei  contratti  verbali  di
locazione  ed affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello
Stato  risulta  piu' incisivamente tutelato dalle innovazioni in tema
di  procedura  di  registrazione  disposta dal successivo articolo 17
(come  si  vedra'  in seguito) che, modificando l'articolo 16-bis del
D.P.R.  n.634  del  1972,  limita  la  possibilita'  dell'adempimento
tramite   conto  corrente  postale  solo  a  fattispecie  (annualita'
successive  alla  prima,  cessioni,  risoluzioni  e  proroghe,  anche
tacite)  derivanti  da  contratti  originari regolarmente registrati,
anche se formati verbalmente.
Tali modifiche tendono a restituire agli uffici concrete possibilita'
di   controllo   in   ordine  al  corretto  adempimento  dell'obbligo
tributario.
Le   modifiche   presenti   nell'articolo  4  tendono  a  comprendere
nell'alveo  impositivo fattispecie che di fatto realizzano gli stessi
presupposti di altre situazioni gia' sottoposte a tassazione.
Nella  lettera  a),  pertanto,  e'  stato  aggiunto, nell'individuare
l'oggetto  esclusivo  o principale dell'impresa, oltre l'esercizio di
attivita'  commerciali,  anche quello di attivita' agricole, da parte
di  organizzazioni,  diverse  da  quelle  societarie  gia'  prese  in
considerazione dalla precedente normativa.
Tale  esigenza era gia' stata avvertita, per quanto riguarda gli atti
degli  enti  o  organizzazioni  diversi  dalle societa' costituite in
Italia,  in  sede  di formulazione dell'articolo 47 del D.P.R. n. 634
del 1972, che trova riscontro nell'attuale articolo 50.
Con  la  nuova formulazione delle lettere d) ed e) dell'articolo 4 in
disamina  e'  stato  reso piu' puntuale il riferimento alla direttiva
della  Comunita'  Economica  Europea  del  17  luglio  1969,  n. 335,
concernente le imposte indirette sulla raccolta dei capitali, secondo
la  quale  le  operazioni sottoposte a tassazione devono assolvere le
imposte indirette in uno soltanto degli Stati membri della Comunita'.
Pertanto  nelle  predette  lettere  d)  ed  e) e' stato stabilito che
l'imposta  di  registro  deve essere corrisposta soltanto se gli atti
relativi  alle  operazioni  in esse indicate non abbiano gia' assolto
analogo  tributo in uno Stato facente parte della Comunita' Economica
Europea.
La disposizione contenuta nella lettera g) e' stata meglio precisata,
realizzandosi   una   piu'   puntuale  attuazione  della  suaccennata
direttiva  della  Comunita'  Economica Europea, facendosi riferimento
non piu' all'aumento dei capitali destinati alle sedi secondarie, ma,
piu'   compiutamente,  alla  messa  a  disposizione  di  capitali  di
investimento  o  di esercizio da parte di societa' extracomunitarie a
favore di sedi secondarie istituite nel territorio dello Statc.
Infine, con la lettera h) dell'articolo 4) e' stata prevista anche la
tassazione  per  l'istituzione  o per il trasferimento nel territorio
dello Stato dell'oggetto principale dell'impresa da parte di societa'
o   di   altri   enti   esteri   non   aventi   la   sede   legale  o
dell'amministrazione  in  uno  Stato  della  C.E.E.  ovvero  ivi  non
assoggettati a tassazione, indicati nella stessa lettera a).
La   disposizione   trova   fondamento   anche  nella  necessita'  di
armonizzare   i   criteri  di  imposizione  ai  principi  del  nostro
ordinamento  (articolo  2505  del  codice  civile) secondo i quali le
societa'   costituite   all'estero  che  hanno  l'oggetto  principale
dell'impresa  nel  territorio  dello  Stato  sono soggette a tutte le
disposizioni della legge italiana.
L'articolo  5  reca le norme che regolano la registrazione in termine
fisso e la registrazione in caso d'uso.
Mentre  non  e'  stata  apportata  alcuna modifica al primo comma, la
disposizione  del  secondo  comma  e'  stata  rettificata  al fine di
superare  alcune  incertezze  in presenza di atti che contengono piu'
disposizioni (cioe' piu' negozi) alcune delle quali si riferiscono ad
operazioni  soggette  all'imposta  sul  valore  aggiunto ed altre non
soggette alla stessa imposta.
Il  comma  in  esame,  nel  confermare  il principio che le scritture
private  non  autenticate, quando contengono disposizioni relative ad
operazioni  soggette  ad imposta sul valore aggiunto, sono soggette a
registrazione  soltanto  in  caso  d'uso, precisa, peraltro, che tale
disciplina  opera  quando  tutte  le  disposizioni contenute in dette
scritture prevedono operazioni soggette alla menzionata imposta.
Resta  inteso,  quindi,  che  ove  un atto contenga piu' disposizioni
alcune  delle  quali contemplano fattispecie soggette all'imposta sul
valore  aggiunto  ed altre invece attratte dalla disciplina ordinaria
dell'imposta   di   registro,  l'atto  deve  essere  presentato  alla
registrazione in termine fisso.
In  tali  casi l'ufficio provvedera' a liquidare l'imposta dovuta per
le  disposizioni  soggette al tributo di registro, mentre applichera'
tante  imposte fisse quante sono le disposizioni soggette all'imposta
sul   valore   aggiunto,  tenendo  peraltro  conto  del  dettato  del
successivo  articolo  21  relativamente  alle connessioni fra di loro
delle disposizioni presenti in un unico atto.
Nel  precisare  poi  quali  sono  le  operazioni  che  devono  essere
considerate   soggette  ad  imposta  sul  valore  aggiunto  e'  stato
disposto, ad integrazione di quanto stabilito nel ricordato D.P.R. n.
634  del 1972, che devono considerarsi tali anche le operazioni poste
in  essere  da soggetti all'imposta sul valore aggiunto, per le quali
tale  tributo  non e' dovuto a norma delle disposizioni in materia di
territorialita' dell'imposta stessa (articolo 7 del D.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633, e successive modificazioni ed integrazioni).
Per  quanto  concerne, poi, i contratti relativi ad operazioni esenti
dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 10 del D.P.R.
n.  633  del  1972,  permane  l'obbligo  della  registrazione  per  i
contratti  di affitto e di locazione di beni immobili, esenti a norma
del  numero  8) dello stesso articolo 10, precisandosi, peraltro, che
l'obbligo  della  registrazione  riguarda anche le relative cessioni,
risoluzioni e proroghe, anch'esse da ritenere esenti dall'I.V.A..
Nell'articolo  6, il quale disciplina la registrazione in caso d'uso,
e'  stato chiarito che non si realizza il caso d'uso quando l'obbligo
del  deposito di un atto deriva da una legge o da altro provvedimento
autoritativo,   quale,   ad  esempio,  il  regolamento;  mentre,  nel
successivo articolo 7, si e' circoscritto l'indiscriminato obbligo di
registrazione  degli  atti  redatti in forma pubblica, riconoscendosi
che  tale  forma,  connaturale o necessaria per alcuni specifici atti
(testamento,  atti  di protesto cambiario, ecc.), non comporta di per
se'  l'obbligo  di  registrazione  degli stessi. E' appena il caso di
precisare che l'avverbio "volontariamente", presente nella precedente
formulazione  dell'articolo  7,  non  e'  stato  riportato  in quella
attuale in quanto ritenuto pleonastico.

                           TITOLO SECONDO
                      REGISTRAZIONE DEGLI ATTI

Il  titolo  secondo, che comprende gli articoli dal 9 al 19, riguarda
la materia relativa alla registrazione degli atti.
Il  primo di questi articoli, il nono, disciplina la competenza degli
uffici  del  registro  confermando  il  principio, gia' affermato nel
D.P.R.  n.  634  del  1972,  secondo  il  quale gli atti pubblici, le
scritture private autenticate e gli atti degli organi giurisdizionali
devono  essere  registrati  presso l'ufficio nella cui circoscrizione
risiede   il   pubblico   ufficiale   obbligato   a   richiederne  la
registrazione.
Al  di  fuori  di  tale  ipotesi viene autorizzata l'esecuzione della
formalita' presso qualsiasi ufficio del registro.
Appare  opportuno  rilevare che il primo comma dell'articolo in esame
e'  stato  coordinato  con  le  innovazioni  apportate dai successivi
articoli  10  e 15, precisandosi che i pubblici ufficiali obbligati a
richiedere  la registrazione all'ufficio nella cui circoscrizione gli
stessi  risiedono,sono  quelli  indicati  nelle lettere b) e c) dello
stesso  articolo  10  e  non  anche  quelli indicati nella successiva
lettera d), introdotta dal presente testo unico. Tali ultimi pubblici
dipendenti  sono  tenuti  infatti a richiedere la registrazione degli
atti  che  devono essere registrati d'ufficio ai sensi del successivo
articolo  15;  in  tal caso, la registrazione puo' essere richiesta a
norma  del secondo comma dell'articolo in argomento e, quindi, presso
qualsiasi  ufficio  del  registro.  Peraltro,  non  sembra  superfluo
segnalare  l'opportunita'  che  la  registrazione venga richiesta dai
funzionari  di cui sopra all'ufficio nella cui circoscrizione risiede
il  contribuente  tenuto  al pagamento del tributo. Cosi' operando si
realizza  il  duplice  scopo di distribuire fra un maggiore numero di
uffici  gli  obblighi  connessi  all'applicazione  della norma e, nel
contempo, di agevolare l'attivita' di riscossione.
Le  modifiche  apportate all'articolo 10 tendono, per evidenti motivi
di  cautela  fiscale,  ad  ampliare,  sotto  il  profilo  soggettivo,
l'ambito  di  applicazione della norma per quanto riguarda a soggetti
tenuti a richiedere la registrazione.
Cosi',  per  gli  atti  e  le operazioni di' societa' ed enti esteri,
l'obbligo  e'  stato  disposto  per  i  loro  rappresentanti  ovvero,
comunque,  per  coloro  i  quali  rispondono delle obbligazioni delle
societa' o degli enti (articolo 10, lettera a).
L'ampliamento  soggettivo  di  maggior  rilievo,  che  coinvolge  gli
impiegati  dell'amministrazione  finanziaria  e  gli  appartenenti al
corpo  della  Guardia di Finanza, e' stato previsto in relazione alle
nuove  disposizioni introdotte in tema di registrazione d'ufficio dal
successivo  articolo  15  e  delle  quali  si  e' gia' fatto cenno in
relazione al precedente articolo 9.
Peraltro,   l'individuazione   di  tali  soggetti  come  obbligati  a
richiedere  la  registrazione  elimina le incertezze della precedente
normativa  in  relazione  ad  ipotesi  gia' previste di registrazione
d'ufficio  (ad  esempio, atti sequestrati in quanto non regolari agli
effetti  dell'imposta  di  bollo)  per  le quali non era stabilita la
procedura relativa alla richiesta di registrazione.
L'indicazione  dei  soggetti  tenuti  a  richiedere  la registrazione
assicura   una   piu'   rapida  attivazione  del  procedimento  della
registrazione  d'ufficio,  con effetti anche sui tempi di riscossione
del tributo.
L'articolo  11  riguarda  la  richiesta  di  registrazione degli atti
scritti.
Al  primo  comma  e'  stata  riprodotta  la  norma  che formalizza la
richiesta  di  registrazione  mediante la presentazione di un modello
appositamente predisposto.
Tale  disposizione,  gia' esistente in base all'articolo 6 del D.P.R.
29  settembre  1973,  n.605 e riprodotta nell'articolo 6 del D.P.R. 2
novembre  1976,  n.784, e' stata riportata nell'articolo in esame per
un organico coordinamento.
Si  ricorda  che il decreto del Ministro delle Finanze che approva il
modello  di  richiesta di registrazione e' il decreto ministeriale 10
maggio  1980, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 maggio 1980,
n.139.
Sempre  nell'intento  di  una  migliore tutela del tributo, il quarto
comma  dell'articolo  11 dispone che i soggetti indicati alla lettera
d)  dell'articolo  10  devono  presentare alla registrazione gli atti
pubblici  e  le  scritture  private  autenticate  rinvenuti presso il
pubblico  ufficiale  che  li ha redatti o le ha autenticate, gli atti
giudiziari  rinvenuti  presso  le  cancellerie,  nonche' le scritture
private   delle   quali   sono  venuti  legittimamente  in  possesso,
intendendosi  per  legittimo  possesso quello derivante dal sequestro
dell'atto  consentito  esplicitamente  da una norma tributaria che e'
stata violata (ad esempio, violazione all'imposta di bollo).
Per  quanto concerne, invece, le scritture private non sequestrabili,
ma  di  cui  si  sia presa visione, in quanto, pur esse rinvenute nel
corso  di  accessi,  ispezioni  o verifiche eseguite ai fini di altri
tributi,  i  predetti  soggetti sono tenuti, non detenendo l'atto, ad
indicare  nella  richiesta di registrazione gli elementi necessari ai
fini   dell'esecuzione   della  registrazione  (soggetti,  oggetto  e
imponibile) rilevati dall'atto preso in visione.
I  medesimi soggetti devono richiedere la registrazione anche per gli
atti  iscritti nei repertori dei pubblici ufficiali, ma non rinvenuti
presso  questi  ultimi,  ricavando  dai repertori stessi i dati sopra
indicati.
L'ultimo   comma   dell'articolo   in  discorso  contiene,  come  nel
corrispondente  comma  dell'articolo 11 del D.P.R. n.634 del 1972, la
disposizione  che la richiesta di registrazione di un atto vale anche
per  gli  atti  ad  esso allegati. Comunque, e' stato ridotto l'onere
tributario  derivante da tale principio disponendosi che gli allegati
che  fanno  parte  integrante  dell'atto, nonche' i frazionamenti, le
planimetrie,  i  disegni  e  simili non devono pagare alcuna imposta.
Analogamente  e'  stato  disposto che l'imposta non e' dovuta neppure
quando  vengono allegati atti compresi nella tabella annessa al testo
unico  che  in precedenza, se allegati, scontavano l'imposta fissa ai
sensi  dell'articolo  11  della  parte prima della tariffa annessa al
D.P.R. n.634 del 1972.
Non  sembra  superfluo  ricordare  che  l'imposta  non  e'  dovuta se
trattasi   di  allegazione  di  atti  gia'  registrati,  e  cio'  per
l'evidente principio che nessun atto puo' essere tassato due volte.
L'articolo  12  regola  la  richiesta  di registrazione dei contratti
verbali  e  delle  operazioni  di  societa'  ed enti esteri. La nuova
formulazione,  per quanto concerne i contratti verbali di locazione e
di  affitto  di  beni immobili, sottrae alla procedura della denuncia
solo  le  cessioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione
di  cui  al  successivo  articolo  17  e, quindi, inequivocabilmente,
riconduce  nella  procedura  della  registrazione tramite denuncia da
presentare  all'ufficio  del  registro  i contratti di locazione e di
affitto  di  beni immobili; ne risulta quindi abrogata la parte della
disposizione  contenuta nel previgente articolo 16-bis che consentiva
anche  per  tali  contratti (oltre che per le cessioni, risoluzioni e
proroghe) l'assolvimento del tributo tramite conto corrente postale.
E'  da  rilevare  al  riguardo  che  il  ripristino  dell'obbligo  di
registrazione  con  le  modalita' previste dall'articolo in esame del
contratto  verbale  di  locazione  e  di  affitto  di  beni immobili,
esclude,  nel  modo  piu'  assoluto, la possibilita' di provvedere al
versamento  dell'imposta  tramite  conto corrente postale, mediante i
bollettini  previsti per le altre fattispecie regolate dal successivo
articolo 17.
L'articolo  15  regola  l'istituto della registrazione d'ufficio che,
come  e'  noto,  costituisce  una  sostanziale deroga alla disciplina
ordinaria,   secondo  la  quale  la  formalita'  deve  essere  sempre
richiesta dai soggetti obbligati o interessati all'atto.
In  primo  luogo,  nella  lettera  a)  del  primo  comma  sono  state
completate  le  ipotesi di registrazione d'ufficio, annoverando anche
gli  atti  degli  organi  giurisdizionali  non registrati, conservati
presso le cancellerie giudiziarie.
In  secondo  luogo  -  e  trattasi  della  innovazione  piu' incisiva
rispetto alla precedente formulazione della norma - la lettera b) del
primo  comma,  dopo  aver  chiarito,  in  linea  con gli orientamenti
giurisprudenziali,  il concetto di legittimo possesso che consente la
registrazione  d'ufficio  delle  scritture  private  non autenticate,
amplia  ora  la  possibilita'  della registrazione d'ufficio anche ad
atti  non  sequestrabili  di  cui  si  prenda visione in occasione di
accessi,  ispezioni  o  verifiche eseguiti ai fini di altri tributi e
per i quali non sia decorso il termine di decadenza.
La  nuova  disposizione  attrae  quindi  nella  sfera di applicazione
dell'imposta di registro anche atti che in precedenza erano sottratti
alla registrazione obbligatoria.
Sembra   opportuno   avvertire   che  fra  le  ipotesi  di  legittima
apprensione  di  una  scrittura,  capaci di conferire legittimita' al
possesso  della  stessa  ai fini della registrazione d'ufficio, vanno
comprese  tutte  quelle  (non  riconducibili soltanto alla previsione
della  legge  di bollo o dell'imposta sul valore aggiunto) in cui una
norma   tributaria   conferisce   specificamente  all'Amministrazione
finanziaria  il  potere  di  sequestro  degli atti irregolari ai fini
della norma stessa.
La  nuova  formulazione prevede, altresi', che i soggetti autorizzati
agli  accessi,  alle  ispezioni  o  alle verifiche ai fini di tributi
diversi  dall'imposta di registro possono procedere alla richiesta di
registrazione  d'ufficio  anche per gli atti soggetti a registrazione
in  termine  fisso  ma  non  sequestrabili ai sensi di cui sopra, dei
quali  abbiano  preso  visione nel corso dell'esecuzione dei suddetti
accessi, ispezioni o verifiche.
Si' ritiene opportuno chiarire che il termine "prendere visione" deve
essere  inteso  come materiale, effettiva lettura dell'atto rinvenuto
ma non sequestrabile, non essendo sufficiente ai fini della procedura
di   registrazione   d'ufficio   l'acquisizione  di  notizie  desunte
indirettamente o conclusioni fondate su presunzioni, anche se precise
e concordanti. Pertanto, nel verbale che e' alla base della richiesta
di  registrazione  deve  risultare  che  i  verbalizzanti hanno preso
visione  dell'atto  di cui si chiede la registrazione stessa e devono
inoltre   risultare  anche  tutti  gli  elementi  necessari  ai  fini
dell'applicazione   dell'imposta   (soggetti,   natura  dell'atto  ed
imponibile).
Sempre in ordine alla norma in commento e con riferimento al disposto
del primo comma dell'articolo 79 del testo unico - in forza del quale
le  disposizioni  modificative  correttive  o  integrative  di quelle
anteriormente  in  vigore  si  applicano, fra l'altro, alle scritture
private  non  autenticate presentate per la registrazione a decorrere
dal  1°  luglio  1986,  si  deve  chiarire  che,  se dopo tale data i
soggetti  autorizzati, nel corso dei suaccennati accessi, ispezioni o
verifiche,  prendono  visione  di  scritture  private non autenticate
formate  anteriormente  alla stessa data, i medesimi devono procedere
alla richiesta di registrazione d'ufficio delle scritture.
E'  pero'  da  evidenziare,  in  merito  a  tale  particolare aspetto
dell'applicazione  della  disposizione  in  discorso,  che i soggetti
autorizzati  dovranno  richiedere  la  registrazione  delle scritture
private  non autenticate del genere in esame relativamente alle quali
l'obbligo  di  registrazione  in termine fisso sia previsto anche dal
nuovo testo unico. Se, infatti, tale obbligo sancito dal D.P.R. n.634
del  1972  e' venuto meno a decorrere dal l° luglio 1986, e' evidente
che,  dovendosi applicare - ai sensi del primo comma dell'articolo 79
-  la  norma  piu' favorevole ai contribuenti, le scritture in parola
non potranno essere sottoposte a registrazione d'ufficio.
La  norma  contenuta  nella  lettera  e) del primo comma - secondo la
quale  devono  essere registrati d'ufficio gli atti depositati presso
le  cancellerie  giudiziarie e le amministrazioni dello Stato e degli
Enti  pubblici  territoriali  ed i rispettivi organi di controllo, ai
sensi  dell'articolo  6,  ma per i quali non e' stata richiesta dalle
parti  la  registrazione  o per i quali la Finanza non avrebbe potuto
percepire  l'imposta,  essendo maturati i termini di decadenza di cui
al   successivo   articolo  76,  primo  comma  -  elimina  un  dubbio
interpretativo,  sorto  in  applicazione  del D.P.R. n. 634 del 1972,
soprattutto   per   il   carente   coordinamento  tra  le  previgenti
disposizioni  di  cui  all'articolo  15,  numero  2) e l'articolo 74,
ultimo comma, del detto decreto.
Per  quanto  riguarda  l'articolo  16  si  osserva che il legislatore
delegato  non  ha  apportato  allo  stesso notevoli modificazioni. In
sostanza,  oltre  a  dare  alla norma una formulazione piu' chiara ed
organica,  e'  stata  collegata  meglio con le disposizioni di cui al
successivo articolo 17 e al precedente articolo 15.
Per  quanto  riguarda  il primo collegamento, con il periodo iniziale
"salvo  quanto  disposto  nell'articolo 17", il legislatore ha inteso
escludere  che  le  cessioni,  le  risoluzioni  e  le proroghe, anche
tacite,  dei  contratti  di  locazione  ed  affitto  di beni immobili
esistenti  nel  territorio  dello  Stato  possano  essere  soggette a
registrazione  in alternativa con il disposto del successivo articolo
17,  chiarendo in via legislativa il dubbio che si era manifestato in
sede  di  pratica applicazione dell'articolo 16 bis del D.P.R. n. 634
del 1972.
Per   quanto   concerne  il  secondo  collegamento,  il  terzo  comma
dell'articolo  in esame prevede che nei registri di formalita' devono
essere   annotati   gli   atti   e   le  denunce  presentati  per  la
registrazione.  In  loro  mancanza  sono  annotate  le  richieste di'
registrazione:  e  cio'  nei casi in cui la registrazione deve essere
effettuata d'ufficio, ai sensi dell'articolo 15, primo comma, lettere
a) e b), in quanto gli atti pubblici, benche' iscritti nei repertori,
non  sono  stati  rinvenuti  presso i pubblici ufficiali che li hanno
redatti  ovvero le scritture private, rinvenute e prese in visione in
corso di accessi, ispezioni o verifiche, non siano sequestrabili.
Sempre con riferimento al terzo comma in esame, si fa presente che il
decreto  interministeriale  previsto  da  tale  disposizione circa le
modalita'  di esecuzione della registrazione per gli uffici dotati di
sistemi elettrocontabili e' in corso di emanazione.
L'articolo  17  contiene  alcune innovazioni rispetto all'articolo 16
bis  del  D.P.R.  n.634  del  1972  nel  duplice intento di contenere
l'evasione  e  di  consentire  una  migliore gestione del tributo nel
settore degli affitti e delle locazioni di beni immobili.
Il  primo  comma  di  tale  articolo  circoscrive  la possibilita' di
autoliquidare  il  tributo alle sole ipotesi contrattuali indicate in
epigrafe,  vale  a  dire  alle  cessioni,  alle  risoluzioni  e  alle
proroghe,  anche  tacite,  dei contratti di locazione e di affitto di
beni  immobili  regolarmente  registrati.  Ne deriva che il contratto
originario,  sia  che si tratti di contratto scritto che di contratto
verbale,  deve  essere  in  ogni  caso registrato secondo l'ordinaria
procedura di cui al precedente articolo 16.
Delineato  cosi'  il  campo di applicazione dell'autoliquidazione del
tributo,  meritano  rilievo,  in  primo  luogo,  le  nuove,  relative
modalita'.
L'adempimento  va  compiuto  dai  contribuenti  entro  venti giorni a
decorrere  dalla  data in cui hanno effetto la proroga, la cessione o
la  risoluzione  e  la  somma  corrispondente all'imposta deve essere
versata  sul  conto  corrente postale intestato all'ufficio presso il
quale  e'  stato registrato il contratto originario di locazione o di
affitto,  ufficio  cui  viene  demandata  ogni competenza per seguire
nelle  varie  fasi,  eventualmente  anche  contenziose,  il  rapporto
tributario in questione.
In   secondo  luogo  e'  da  sottolineare,  in  relazione  alla  base
imponibile   dei   cennati   contratti,   la   non  rilevanza  degli,
aggiornamenti "ex lege" del canone di locazione intervenuti nel corso
dell'anno   come   meglio   si  specifichera'  in  sede  di  commento
dell'articolo 35.
Con  l'occasione  si avvertono i dipendenti uffici che e' in corso di
emanazione  il  decreto  del  Ministro  delle  Finanze,  adottato  di
concerto  con  il Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, con
il  quale  sono  stabiliti  i  numeri  di  conto corrente postale dei
diversi  uffici  del  registro  ed  approvato  il  nuovo  modello  di
versamento  dell'imposta.  Il decreto sara' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale.
Le  modalita'  di  pagamento  del  tributo  di  registro,  secondo il
principio  dell'autoliquidazione,  vengono  poi  estese,  dal secondo
comma  dell'articolo 17, anche ai contratti di affitto o di locazione
a  tempo indeterminato o con patto di recesso anticipato, s+empreche'
i  contratti  originari  siano  stati gia' sottoposti alla formalita'
della registrazione.
Degna di notazione, poi, appare anche la precisazione giusta la quale
l'apposizione  del  bollo  a  data da parte dell'ufficio postale e la
conservazione  del  modello  da  parte  del  competente  ufficio  del
registro,  costituiscono  registrazione per gli atti in esame (ultima
parte del terzo comma dell'articolo 17).
La  disposizione del quarto comma riproduce il testo dell'articolo 34
bis  del D.P.R. n.634 del 1972 concernente i contratti di locazione e
sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale. E' confermato,
quindi, che l'imposta relativa a tali contratti e' dovuta annualmente
sull'ammontare del canone riguardante ciascun anno o frazione di esso
e  che  l'imposta per le annualita' successive alla prima deve essere
autoliquidata dal contribuente con le modalita' dianzi illustrate.
Per  completezza di argomento si ricorda che con l'articolo 79, terzo
comma,  e'  stato  stabilito  che per la prima proroga, anche tacita,
intervenuta  dopo  l'entrata in vigore del testo unico, dei contratti
di  cui si discute deve essere prodotta la richiesta di registrazione
a  norma  del  presente  articolo, come appresso piu' diffusamente si
dira'.
L'articolo 18 riproduce sostanzialmente le disposizioni dell'articolo
17  del  D.P.R.  n.634 del 1972, ma con una migliore formulazione per
quanto  attiene  alla necessaria organicita' del tessuto normativo ed
alla  incisivita'  dei  principi  giuridici che regolano l'imposta di
registro.
Ne  consegue  che  gli  effetti  della  registrazione  risultano piu'
esattamente  delimitati  all'attestazione dell'esistenza dell'atto ed
all'attribuzione  allo  stesso  della data certa ex articolo 2704 del
codice civile. La conservazione degli atti ed il rilascio di copie si
evidenziano,  invece,  piu' correttamente come obblighi degli uffici,
ma non come effetti della registrazione.
Si  evidenzia, poi, che l'ultimo comma dell'articolo in esame prevede
la  possibilita'  di  rilasciare  anche  la  copia delle richieste di
registrazione  indipendentemente  dal rilascio della copia dell'atto.
La  norma  si  appalesa  tanto  piu'  puntuale per quanto concerne le
disposizioni  degli  articoli  15  e  16  relative alla registrazione
d'ufficio  degli atti non rinvenuti presso i pubblici ufficiali e per
le scritture private per le quali non e' stato possibile procedere al
sequestro.
Il  titolo  secondo  si conclude con la norma recata dall'articolo 19
che  regola  le  denunce  degli  eventi successivi alla registrazione
confermando  sostanzialmente  due principi fondamentali in materia di
imposta  di  registro,  gia'  individuati nell'articolo 18 del D.P.R.
n.634  del  1972,  vale  a  dire  l'obbligo  di  denunciare un'evento
successivo,  riferentesi ad un atto gia' registrato, che dia luogo ad
ulteriore  liquidazione  d'imposta  e  la  competenza territoriale in
ordine  alla  presentazione  di  una  tale denuncia che e' attribuita
all'ufficio che ha registrato l'atto.
Per quanto concerne l'obbligo di denunciare eventi che diano luogo ad
ulteriore  liquidazione  d'imposta  si  fa  rilevare  la  piu'  ampia
formulazione  della  norma  che  impone tale obbligo non solo per gli
eventi  gia'  individuati  dalla  previgente  normativa,  ma, piu' in
generale,   per  tutti  gli  eventi  che  diano  luogo  ad  ulteriore
liquidazione   dell'imposta   ai   sensi   di   una  qualsiasi  delle
disposizioni  del  testo unico che preveda una tassazione sospesa nel
tempo.
Il   terzo   comma  contiene  alcune  modifiche  ai  termini  per  la
presentazione  delle  denunce  relative  alle  delibere di aumenti di
capitale  a  pagamento  effettuati  da  societa'  di capitali ed alle
delibere  di  emissione  di obbligazioni convertibili in azioni delle
quali si dira' anche in seguito in sede di commento dell'articolo 27.
Il  legislatore  per  tali  ipotesi,  nello  stabilire termini per la
presentazione   delle  denunce  diversi  da  quelli  contemplati  nel
corrispondente  terzo  comma  dell'articolo  18  del D.P.R. n.634 del
1972,  ha  tenuto  in  considerazione  le difficolta' riscontrate nel
vigore  del  cennato decreto nel denunciare tempestivamente e in modo
compiuto   le   entita'   sottoscritte,   in   particolare   per   le
sottoscrizioni  avvenute in prossimita' della scadenza del termine di
presentazione delle denunce.
E'  noto, infatti, che la quasi totalita' delle societa' delegano per
la   sottoscrizione   delle   azioni   e  per  la  conversione  delle
obbligazioni in azioni le banche e gli istituti di credito i quali, a
loro  volta,  si avvalgono delle rispettive filiali e si e' rilevata,
quindi, la quasi assoluta impossibilita' che nell'ultimo giorno utile
per  la presentazione delle denunce le societa' stesse siano in grado
di  conoscere  esattamente  le  quantita' delle azioni sottoscritte e
delle obbligazioni convertite entro il medesimo giorno.
Tenendo  conto  delle difficolta' e delle esigenze sopra evidenziate,
il  legislatore  da un canto ha ridotto la durata del periodo oggetto
di denuncia dal semestre ad un trimestre, ma nel contempo ha previsto
che   le  societa'  abbiano  il  normale  termine  di  venti  giorni,
decorrente  dalla  scadenza del trimestre, per la presentazione della
denuncia.

                            TITOLO TERZO
                      APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA

Il  titolo terzo riguarda l'applicazione dell'imposta e comprende gli
articoli dal 20 ai 42.
Per  quanto  concerne  l'articolo  21  si  fa  presente che lo stesso
riproduce  l'articolo  20  del  D.P.R.  n.634  del  1972  cosi'  come
modificato,  nell'ultimo  comma, dall'articolo 5 del decreto-legge 30
dicembre  1982,  n.953, convertito, con modificazioni, nella legge 28
febbraio  1983,  n.53.  Peraltro,  per  quanto  riguarda  l'efficacia
temporale  della norma da ultimo citata se ne rimanda l'illustrazione
ed il commento in sede di esame dell'articolo 80.
L'ultimo  comma dell'articolo 23 rettifica il criterio di imputazione
delle  passivita' ai fini dell'applicazione delle diverse aliquote in
caso  di  cessione  di  azienda,  disponendo  come  regola  generale,
applicabile  in  ogni  caso, che le passivita' si imputano ai diversi
beni  sia  mobili  che  immobili  in  proporzione del loro rispettivo
valore.  Tale  criterio  di  tassazione vale anche per le cessioni di
complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa.
Nell'articolo  26  viene  confermato  e,  entro  certi  limiti, anche
ampliato  sotto  l'aspetto  soggettivo ed oggettivo il principio gia'
disciplinato  dall'articolo  25  del  D.P.R.  n.634  del  1972, della
presunzione assoluta di liberalita' nei trasferimenti immobiliari tra
parenti in linea retta.
Sotto  il  primo  profilo,  nel  coordinare  la  disposizione  con la
normativa  che  regola l'imposta di successione e donazione, e' stata
recepita  una  nozione  di  parente  in  linea retta corrispondente a
quella presente in tale ultimo sistema impositivo.
Relativamente all'aspetto oggettivo, poi, e' da rilevare la specifica
disciplina  dettata  per le permute, per le quali la presunzione vale
limitatamente  all'eccedenza  del  maggiore  dei  valori permutati e,
inoltre,   la  diversa  portata  dell'attuale  articolo  rispetto  al
corrispondente articolo 25 del D.P.R. n.634 del 1972 sotto il profilo
che il confronto, al fine di stabilire se l'atto debba essere tassato
come  liberalita'  o  non,  deve  essere effettuato tenendo conto dei
rispettivi carichi d'imposta globalmente considerati.
Attese,  pertanto, le precisazioni contenute nella nuova formulazione
della  norma,  particolare  attenzione  porranno  gli  uffici, sia al
momento   della   liquidazione  dell'imposta  principale,  sia  nella
successiva   fase  dell'accertamento,  nel  ritenere  la  presunzione
assoluta  di  liberalita'  operante quando l'ammontare complessivo da
corrispondere,   anche   in   sede   di   applicazione   dell'imposta
complementare  e  suppletiva non soltanto dell'imposta di registro ma
anche  delle  altre  imposte  ipotecarie  e  catastali) dovute per il
trasferimento,  risulta  inferiore a quello delle imposte applicabili
in caso di trasferimento a titolo gratuito, al netto delle detrazioni
spettanti  ai  sensi  dell'articolo  19  del  D.P.R. 26 ottobre 1972,
n.637.
La  norma  sancisce,  poi,  che devono applicarsi le disposizioni del
presente   articolo   alle   sentenze   che  accertano  l'intervenuta
usucapione  di  immobili  quando  esiste un rapporto di coniugio o di
parentela in linea retta fra le parti della sentenza.
Invero, l'amministrazione ha avuto in passato motivo di occuparsi del
problema  relativo  alla imponibilita' delle sentenze in parola sotto
il  profilo  della  possibilita' che le stesse hanno di costituire un
espediente per eludere le ordinarie imposte di trasferimento. Infatti
tali sentenze, essendo di mero accertamento dell'acquisto del diritto
di  proprieta'  derivante dal possesso di un immobile per venti anni,
in  modo pacifico ed ininterrotto, ove non fossero state disciplinate
dal  presente  articolo, sarebbero in ogni caso rientrate nell'ambito
di  previsione  della lettera d) dell'articolo 8 della tariffa, parte
prima,  allegato  al  testo  unico in esame e scontando quindi sempre
l'imposta con la modesta aliquota dell'l%.
II  secondo  comma  dell'articolo  26  impone la dichiarazione, anche
negativa,  del  rapporto di parentela o di coniugio in tutti gli atti
comportanti    trasferimenti   immobiliari.   La   formulazione   del
corrispondente  comma dell'articolo 25 del D.P.R. n.634 del 1972, che
faceva  riferimento soltanto alla dichiarazione della sussistenza del
suaccennato  rapporto  di  parentela,  appariva  illogica  in  quanto
collegava  alla  mancata dichiarazione, indipendentemente dalla reale
sussistenza   della   parentela,  l'operativita',  sia  pure  in  via
provvisoria,   della   presunzione.   La  dichiarazione  deve  essere
nell'atto,  ma,  in  mancanza  puo'  essere  resa  anche  al di fuori
dell'atto ma prima della registrazione.
Il  quinto  comma dell'articolo 27 del testo unico, si presenta quale
deroga al principio, disciplinato nel successivo articolo 42, secondo
cui  e'  imposta  principale  il  tributo  applicato al momento della
registrazione.  Nel  citato  articolo  27  si  precisa,  infatti, che
l'imposta  assolta su un atto soggetto ad approvazione o omologazione
nel  caso  in  cui  l'atto  sia stato presentato volontariamente alla
registrazione  prima  della intervenuta approvazione od omologazione,
conserva  la  natura  di imposta principale, nonostante che l'atto in
parola abbia gia' assolto l'imposta di registro in misura fissa.
La  lettura  di tale norma, invero, deve essere coordinata con quella
dell'articolo  14 il quale precisa che tutto il procedimento relativo
alla  tassazione  ai  fini  dell'imposta di registro deve far capo al
soggetto  che  ha  formato l'atto. Ne consegue che l'imposta non puo'
che  essere considerata principale, in quanto soltanto dal momento in
cui e' avvenuta l'omologazione dell'atto l'imposta stessa deve essere
corrisposta,  a  nulla  rilevando  se,  per  motivi  non di carattere
fiscale,  l'atto  e'  gia'  stato  presentato alla registrazione e da
parte  dell'ufficio  e'  gia'  stato  percepito  sl tributo in misura
fissa.
Il   sesto   comma   dello   stesso  articolo  27  conferma  ai  fini
dell'applicazione  dell'imposta  proporzionale  che  gli  aumenti  di
capitale   a   pagamento   deliberati  da  societa'  per  azioni,  in
accomandita  per  azioni,  da  societa' a responsabilita' limitata si
considerano    sottoposti    alla    condizione    sospensiva   della
sottoscrizione  delle  azioni  o  quote;  se trattasi di obbligazioni
convertibili  in  azioni  la  norma  stabilisce  che  la  delibera si
considera  sottoposta  allacondizione  dellaloroconversione. Il testo
unico,   a   tal  ultimo  proposito,  invero,  come  si  evidenziera'
commentando  l'articolo  4  della  parte  prima  della  tariffa,  non
contempla  piu'  l'obbligo  della  registrazione  delle  delibere  di
emissione di obbligazioni non convertibili.
E'  da rilevare, da ultimo, che la condizione sospensiva regolata dal
comma  in  esame  non rappresenta una deroga al principio generale di
considerare per gli atti di aumento di capitale, l'omologazione, come
gia'  affermato  da  questo  Ministero, quale condizione di efficacia
dello  stesso  atto. Le suddette delibere non possono essere trattate
in  maniera  diversa  dagli  altri  atti  soggetti ad approvazione ed
omologazione   (articolo  14)  per  cui  l'esecuzione  di  fatto  del
contratto - nel caso di specie effettuato con la sottoscrizione delle
azioni   o   conversione   delle   obbligazioni  -  non  comporta  il
perfezionamento  dello  stesso  contratto e la relativa tassazione ai
fini  dell'imposta di registro. La condizione sospensiva in esame, il
cui  avveramento  e'  sottoposto  a  denuncia  nei termini e nei modi
previsti  dal  gia'  citato articolo 19, esplichera' effetto dopo che
sai  intervenuta l'omologazione e, quindi, l'imposta proporzionale e'
dovuta se l'avvenuta sottoscrizione o conversone si riferisce ad atti
di aumento di capitale giuridicamente eseguibili perche' omologati.
L'articolo  28  nella seconda parte del primo comma prevede una nuova
disciplina  relativamente  a  quei casi di risoluzione per i quali e'
stabilito un corrispettivo.
Infatti,  a differenza delle precedenti disposizioni secondo le quali
la  tassazione  del  corrispettivo doveva avvenire con l'applicazione
della  stessa  aliquota  afferente il contenuto dell'atto risolto, la
nuova norma dispone che sull'ammontare del corrispettivo previsto per
la  risoluzione  debba  applicarsi  l'aliquota  di cui all'articolo 9
della  parte  prima  della  tariffa  -  contenente gli atti aventi ad
oggetto   prestazioni   a   contenuto  patrimoniale  -  (3%),  ovvero
l'aliquota  di  cui  all'articolo  6  della  tariffa  sopra  indicata
(0,50%), se si e' in presenza di quietanza.
Non  sembra  superfluo rilevare che, ove la risoluzione sia gratuita,
anche  nel  silenzio  della  legge, dovra' percepirsi la sola imposta
fissa.
A  sua  volta  il  secondo  comma, modificando il principio contenuto
nella precedente legislazione secondo il quale il corrispettivo della
risoluzione  e  gli  effetti  da  questa  derivanti  dovevano  essere
considerati  ai  fini  della  tassazione disposizioni necessariamente
connesse,  stabilisce  che  deve  essere  sottoposta  a tassazione la
prestazione,  derivante  dalla risoluzione, maggiorata dall'eventuale
corrispettivo,  dovendosi  considerare il corrispettivo pattuito come
un'autonoma,  nuova  obbligazione  derivante  dallo  stesso  atto  di
risoluzione.
L'articolo  29  non  trova  riscontro  nel  D.P.R. n.634 del 1972. In
effetti nell'articolo in argomento si e' inteso trattare in modo piu'
organico  e completo la disciplina, ai fini dell'imposta di registro,
del   contratto   di  transazione  stralciandola  dalle  disposizioni
dell'articolo 27 del D.P.R. n.634.
Infatti,  l'attuale formulazione, oltre ad eliminare il dubbio, sorto
in  precedenza,  che  la  disposizione  si potesse riferire alle sole
transazioni   risolutive,  piu'  puntualmente  indica  la  disciplina
tributaria cui sono sottoposti tali contratti.
E'  stato  precisato,  invero,  che  l'imposta  deve essere applicata
esclusivamente  agli obblighi di pagamento che derivano dal contratto
stesso,   senza  peraltro  tenere  conto  di  eventuali  obblighi  di
restituzione,  ne'  di quelli gia' previsti da rapporti controversi e
che vengono estinti per effetto della transazione stessa.
Data  la chiara formulazione dell'articolo in esame e' appena il caso
di  ricordare  che  ove  le  transazioni  comportino trasferimento di
proprieta'  di  beni  immobili ovvero trasferimento o costituzione di
diritti  reali  sugli stessi, la transazione deve essere assoggettata
all'imposta  con  le  aliquote  previste  dall'articolo 1 della parte
prima della tariffa allegata al testo unico in esame, relativamente a
tali immobili o diritti.
Con  riferimento  all'articolo  32  si  evidenzia come il legislatore
delegato  abbia precisato la non imponibilita' della dichiarazione di
nomina  fatta  nello stesso atto o contratto che contiene la riserva.
Tale  norma  va  riferita,  per  lo piu', agli atti di aggiudicazione
formati  dagli  ufficiali roganti delle pubbliche amministrazioni ove
la  nomina della persona per la quale un soggetto ha concorso avviene
di regola dopo l'aggiudicazione stessa, ma nello stesso atto.
Con il primo comma dell'articolo 34 e' stato puntualizzato che per le
comunioni  ereditarie  la  massa  comune  e'  costituita  dal  valore
dell'asse   ereditario,   depurato   pero'  di  tutte  le  passivita'
riconosciute dalla legge sull'imposta di successione e non gia', come
disponeva  il  corrispondente articolo 32 del D.P.R. n. 634 del 1972,
soltanto  degli  oneri  ereditari  ancora  esistenti al momento della
divisione.
Nel  quarto  comma  dell'articolo  in  esame  e'  stata apportata una
sostanziale  modifica  alle  norme  che  regolano la tassazione delle
cosiddette masse plurime.
Tale disposizione, invero, risolve l'annosa questione della divisione
delle  comunioni  che trovano origine in titoli diversi nel senso che
esse sono considerate come una sola comunione se i comunisti sono gli
stessi   e  se  l'ultimo  titolo  di  acquisto  di  quota  derivi  da
successione a causa di morte.
La norma merita una breve riflessione.
Infatti,  poiche' la legge stabilisce che le comunioni tra i medesimi
soggetti,  che  trovano origini in piu' titoli, sono considerate come
una   sola   comunione  se  l'ultimo  acquisto  di  quota  deriva  da
successione  a  causa  di  morte, gli uffici dovranno tenere presente
che:
a)  la  successione  a  causa  di  morte  dalla quale deriva l'ultimo
acquisto di quote deve riguardare tutti i condividendi e non soltanto
alcuni di essi;
b)  gli acquisti precedenti derivanti sia da altre successioni sia da
compravendite,  sia  da  donazioni, devono sempre riferirsi a tutti i
condividendi.
Lo  spirito  della  legge,  quindi,  tende  a  favorire la definitiva
attribuzione di beni a soggetti, di regola legati fra loro da vincoli
di  parentela,  che  hanno  proprieta'  comuni,  seppure derivanti da
titoli diversi.
Per  completezza  di  argomento  si  precisa che le assegnazioni sono
state   stralciate   dall'articolo   in   esame  nonche'  dalla  nota
all'articolo  3  della  parte  prima  della  tariffa  in quanto si e'
ritenuto  dare  un  migliore  ordine  sistematico  a tutta la materia
relativa  agli  atti  societari,  regolata dall'articolo 50 del testo
unico e dall'articolo 4 della parte prima della tariffa stessa.
L'articolo  35,  che  stabilisce  la  base imponibile dei contratti a
prezzo   indeterminato,   prevede   nel   secondo   comma,  di  nuova
istituzione, una deroga alla norma generale contenuta nel primo comma
secondo  il quale, relativamente ai contratti suindicati, deve essere
denunciata  a norma dell'articolo 19 la determinazione definitiva del
corrispettivo.
Tale  deroga,  che  concerne  gli aggiornamenti o gli adeguamenti del
canone  di locazione di cui alla legge 27 luglio 1978, n. 392, (legge
sull'equo   canone)   si   sostanzia  nell'esentare  dall'obbligo  di
denunciare   detti   aggiornamenti   o   adeguamenti  allorquando  si
verifichino  nel  corso dell'annualita' del contratto. La norma tende
ad  alleviare  il  lavoro  degli  uffici e, nello stesso tempo, a non
gravare  i  contribuenti  di  incombenze  ulteriori rispetto a quella
principale  relativa  all'assolvimento  dell'imposta sul contratto di
locazione.
Gli aggiornamenti o gli adeguamenti in parola concorreranno a formare
l'imponibile  riferito  all'annualita' successiva, ma, ovviamente, in
tale  sede  non  piu'  come  adeguamento o aggiornamento, bensi' come
nuovo canone.
L'articolo  37,  che  ora  si  compone di due commi, riporta al primo
comma le disposizioni dell'articolo 35 del D.P.R. n. 634 del 1972 con
la  specificazione,  al  primo  rigo,  che  "gli  atti dell'autorita'
giudiziaria in materia di controversie civili etc.... " sono soggetti
all'imposta  anche  se  al  momento  della  registrazione siano stati
impugnati  o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in
base a successive sentenze passate in giudicato.
Con   l'aggiunta  apportata,  si  e'  inteso  chiarire  che  sono  da
assoggettare  a  registrazione,  non soltanto le sentenze del giudice
civile,  ma  anche quelle del giudice penale o speciale quando, nello
statuire  in  materia di controversie civili, assumono percio' stesso
rilevanza agli effetti dell'imposta di registro.
L'ultima  parte del comma in esame ha ampliato la portata della norma
precedente  equiparando  agli  atti  giudiziari  anche  gli  atti  di
conciliazione    giudiziale    nonche'    quelli    di    transazione
stragiudiziale,  ma in tal caso solo se ne e' parte l'amministrazione
dello Stato.
Tali    atti,    pertanto,   concorrono   a   determinare   l'imposta
definitivamente  dovuta  sulle sentenze cui si riferiscono e, quindi,
possono  dar  luogo  a  conguagli  o  a rimborsi con riferimento alla
tassazione in precedenza operata sulle sentenze medesime.
Con  il  secondo  comma  e'  stata  colmata una lacuna legislativa in
quanto non era previsto nel D.P.R. n.634 del 1972 quale ufficio fosse
competente  ad operare il rimborso spettante al contribuente nel caso
in  cui,  come  di  regola  accade,  gli  organi  che hanno emesso le
sentenze   nei  vari  gradi  di  giudizio  abbiano  sede  in  diverse
circoscrizioni.  La norma ha stabilito, pertanto, che il contribuente
potra'  chiedere il rimborso dell'imposta soltanto all'ufficio che ha
riscosso  l'imposta  medesima.  Attesa  la  diversita'  degli  organi
dell'autorita' giudiziaria che potrebbero aver emesso la sentenza che
da'  diritto  al  rimborso  (ad esempio: Corte d'Appello, Cassazione,
etc.),  e'  stato  precisato  che  il  contribuente  il quale intenda
avvalersi  del rimborso dovra' produrre al competente ufficio istanza
di  rimborso,  nei termini di decadenza previsti dall'articolo 77 del
testo unico, corredata dalla relativa documentazione.
L'articolo   38   conferma   il   principio,   gia'   affermato   dal
corrispondente  articolo  36  del  D.P.R.  n.  634  del  1972,  circa
l'obbligo  di  richiedere  la  registrazione  e di pagare le relative
imposte anche per gli atti nulli o annullabili.
Il  secondo comma dell'articolo in esame, nell'indicare che l'imposta
assolta  ai sensi del primo comma deve essere restituita per la parte
eccedente  la  misura  fissa,  quando  l'atto  sia dichiarato nullo o
annullato  per effetto di sentenza passata in giudicato, non richiede
piu'  che  la  sentenza  sia  emessa  in  contraddittorio  anche  con
l'amministrazione  finanziaria,  alleggerendo  sotto tale profilo gli
oneri degli organi competenti.
L'articolo  40  delimita  il  campo  di  applicazione dell'imposta di
registro  e  quello  dell'imposta sul valore aggiunto per quegli atti
che  contengono  cessioni di beni o prestazioni di servizio che, come
e' noto, scontano il tributo da ultimo indicato.
Rispetto  alla  precedente norma il primo comma specifica, al pari di
quanto   operato   dall'articolo   5  del  testo  unico,  che  devono
considerarsi  soggette  all'imposta  sul  valore  aggiunto  anche  le
operazioni  per  le  quali  l'imposta  non  e'  dovuta  a norma delle
disposizioni in materia di territorialita' di tale tributo. In questo
modo  e'  stato  chiarito  che la non assoggettabilita' per motivi di
territorialita'  all'imposta  sul  valore  aggiunto di operazioni che
diversamente   sarebbero   soggette   a  tale  tributo  non  comporta
l'applicabilita' dell'imposta di registro.
Del  tutto  nuova  e'  la  disposizione  contenuta  nel secondo comma
dell'articolo  in  esame.  In tale norma viene, infatti, per la prima
volta, affrontato legislativamente il problema della tassazione degli
atti  che  contengono permute di beni, rientranti in regimi tributari
diversi,  e  cioe'  l'uno  soggetto all'imposta sul valore aggiunto e
l'altro soggetto all'imposta di registro.
E'   noto,  infatti,  come  questo  problema,  non  affrontato  nella
precedente   legislazione,   abbia   dato   luogo  a  difficolta'  di
applicazione,   nonche'  a  decisioni  contrastanti  da  parte  delle
commissioni tributarie.
Al riguardo il legislatore ha ritenuto di dare esplicita soluzione al
problema  applicando  il  principio  dell'autonomia  della tassazione
delle  singole  prestazioni,  ancorcha'  le  stesse  derivino  da  un
contratto,  quale  e' quello di permuta, da considerare unitariamente
sotto  il  profilo  civilistico.  Ne,  consegue  che  se  a fronte di
prestazioni  soggette  all'imposta  sul valore aggiunto sono previste
controprestazioni  soggette all'imposta di registro, i due tributi si
renderanno  entrambi  dovuti,  ognuno  sulla  prestazione  di propria
rilevanza.
Si  richiama l'attenzione sulla formulazione dell'articolo 41 che, al
primo  comma,  stabilisce, al fine di semplificare i servizi di cassa
degli  uffici,  che  l'imposta  deve essere arrotondata sempre a lire
diecimila.  Peraltro  la  norma,  a differenza di quanto disposto dal
primo   comma  dell'articolo  39  del  D.P.R.  n.634  del  1972,  non
stabilisce  sempre  l'arrotondamento  per eccesso ma prevede che tale
arrotondamento  e'  possibile  soltanto se la frazione e' superiore a
lire  cinquemila,  mentre  se detta frazione e' inferiore deve essere
effettuato un arrotondamento per difetto.
Con   il  secondo  comma  si  e'  precisato  che  soltanto  l'imposta
principale  non puo' essere liquidata in misura inferiore all'imposta
fissa,  eliminando  cosi'  alcune perplessita', relative al pagamento
delle  imposte  suppletive e complementari, sorte in applicazione del
previgente secondo comma dell'articolo 39.

                            TITOLO QUARTO
                DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE

Il  titolo  quarto  riguarda,  con  gli  articoli  dal  43  al 53, la
determinazione della base imponibile.
La lettera a) del primo comma dell'articolo 43 - da coordinare con il
successivo   articolo   51,   primo   comma,  che  fornisce  l'esatto
significato della locuzione "valore dei beni e dei diritti" - precisa
che  per  i  contratti  a  titolo oneroso traslativi o costitutivi di
diritti  reali la base imponibile e' costituita dal valore del bene o
del  diritto  alla  data  dell'atto, eliminando cosi' il riferimento,
fatto dal corrispondente articolo 41 del D.P.R. n.634 del 1972 - gia'
fonte  di  qualche  incertezza  interpretativa  -  "ai  corrispettivi
pattuiti per l'intera durata del contratto".
Si  richiama l'attenzione dei dipendenti uffici sull'opportunita', in
sede  di  applicazione  della norma, di attenersi comunque ai criteri
stabiliti  con il successivo articolo 51, primo comma, in quanto come
gia'  fatto presente, la modifica sopra riferita tende a sgombrare il
campo  da  qualche  dubbio precedentemente sorto dalla lettura di una
disposizione  non  perfettamente  calibrata,  ma non intende incidere
sulla prassi applicativa del tributo.
Con  la  lettera  b)  e'  stata  disciplinata  piu'  correttamente la
determinazione  della base imponibile delle permute. Anche tale norma
non  appariva  chiara  nell'articolo 41 del D.P.R. n.634 del 1972 nei
casi in cui dovesse essere sottoposto a tassazione un atto contenente
permuta di beni non omogenei sottoposti ad aliquote diverse.
La  disposizione  in  esame ha stabilito che la base imponibile della
permuta  di  beni  sottoposti  ad  aliquote diverse e' costituita dal
valore  del  bene  che  da'  luogo  all'applicazione dell'imposta che
consente il gettito maggiore.
Relativamente alla determinazione della base imponibile della permuta
di  un  bene  assoggettabile ad imposta sul valore aggiunto con altro
imponibile  ai  fini  del  tributo  di  registro  si  rinvia a quanto
chiarito  in  sede  di  commento  al  precedente articolo 40, secondo
comma.
Per  cio'  che concerne la lettera c) dell'articolo 43 si osserva che
sono  state  apportate  le  medesime modifiche di cui alla lettera b)
tendenti  ad ancorare la tassazione al valore del bene ceduto o della
prestazione che da' luogo all'applicazione della maggiore imposta. In
tali sensi va indirizzato l'operato dei dipendenti uffici.
La lettera g) indica la base imponibile del contratto di associazione
in  partecipazione, contratto in precedenza inserito nella disciplina
dell'articolo  47  del D.P.R. n.634 del 1972 avente in epigrafe "atti
ed operazioni di societa' e di associazioni".
E  stata invero ritenuta piu' corretta, sotto il profilo sistematico,
l'attuale  collocazione  della  disposizione in parola, atteso che il
rapporto  nascente dal contratto di associazione in partecipazione ha
la natura di rapporto obbligatorio e non societario.
La  collocazione  nell'articolo 43 elimina, inoltre, il dubbio che il
legislatore  tributario,  inserendo  la relativa disposizione fra gli
atti  societari abbia voluto equiparare gli apporti dell'associato ai
conferimenti  in  societa', con tutte le diverse conseguenze che tale
asserita equiparazione avrebbe comportato.
L'inserimento   del   contratto  di  associazione  in  partecipazione
nell'articolo  che  individua la base imponibile di tutti i contratti
non    specificamente    individuati   dagli   altri   articoli   del
provvedimento,  non comporta, peraltro, che al contratto in argomento
sia  applicabile  lo  stesso trattamento tributario previsto per tali
ultimi contratti. Dal disposto della lettera a) dell'articolo 1 della
parte  seconda  della  tariffa si ricava, invero, che il contratto di
associazione   in   partecipazione,   anche   se   formato   mediante
corrispondenza,  deve  essere  sempre assoggettato a registrazione in
termine  fisso (come si avra' modo di precisare ulteriormente in sede
di commento dell'articolo 2 della parte prima della tariffa).
Per  completezza  di argomento si sottolinea che, quando il contratto
in  parola prevede l'apporto di solo lavoro, il medesimo contratto e'
soggetto  a  registrazione,  a  norma  dell'articolo  10  della parte
seconda della tariffa, unicamente in caso d'uso con l'assoggettamento
all'imposta in misura fissa.
Con  la  lettera  i)  dell'articolo 43, di nuova istituzione rispetto
alla  precedente  normativa, e' stata indicata la base imponibile dei
contratti  aventi  per  oggetto operazioni soggette ed operazioni non
soggette  all'imposta  sul  valore aggiunto e, in coerenza con quanto
stabilito  nei  precedenti  articoli 5 e 40, e' stato previsto che si
rendono tassabili soltanto quelle disposizioni che prevedono cessioni
o prestazioni che non sono considerate soggette ad imposta sul valore
aggiunto agli effetti del testo unico.
Nell'articolo  44,  recante  in  epigrafe  espropriazione  forzata  e
trasferimenti  coattivi,  il  legislatore  delegato  ha  recepito  il
principio   desumibile  dal  disposto  della  pronuncia  della  Corte
Costituzionale di illegittimita' di parte dell'articolo 42 del D.P.R.
n.  634  del  1972,  che  regolava  la soggetta materia, ed ha quindi
completato la norma prevedendo che nei casi di espropriazione forzata
la  base imponibile e' sempre costituita dal prezzo di aggiudicazione
non  soltanto se la vendita e' avvenuta mediante pubblico incanto, ma
anche  quando  si  e' realizzata attraverso altre forme autoritative,
anche se solo nella determinazione del corrispettivo.
L'ultima  parte  del  secondo  comma contiene una nuova disposizione'
relativa alla base imponibile dei contratti con i quali l'espropriato
cede  volontariamente,  cioe' senza attendere l'esito della procedura
espropriativa, il bene all'espropriante. Poiche' la norma precisa che
la  base  imponibile  per  tali  atti  e'  costituita  dal  prezzo, i
dipendenti   uffici   dovranno   astenersi   dal   compiere  atti  di
accertamento,  sia pure nei limiti in cui gli stessi sono ammissibili
ai sensi del successivo articolo 52, nei confronti di tali contratti.
Con  l'articolo  45  e'  stato  chiarito, anzitutto, che per gli atti
concernenti  le  concessioni  su  beni  demaniali e quelle di diritti
d'acqua   a  tempo  determinato  la  base  imponibile  e'  costituita
dall'ammontare del canone.
Inoltre  con  lo  stesso articolo e' stato disposto che, per gli atti
portanti   trasferimento   di   beni  immobili  o  di  diritti  reali
immobiliari  nei quali e' comunque parte lo Stato ed il cui valore e'
stato  preventivamente  determinato dall'ufficio tecnico erariale, il
corrispettivo pattuito costituisce la base imponibile.
La  lieve  modifica  apportata  al  primo  comma dell'articolo 46, di
carattere piu' che altro formale, ha lo scopo di evitare l'incertezza
interpretativa  derivante  dalla  lettura dell'articolo 43 del D.P.R.
n.634  del  1972  il  quale, nel primo comma, non facendo riferimento
alle  costituzioni  di  pensioni,  dava  adito  a dubbi relativi alla
determinazione  della base imponibile di tale costituzione. Pertanto,
nell'attuale  primo  comma  si e' provveduto a chiarire espressamente
che  per la costituzione di pensioni la base imponibile e' costituita
dal valore della pensione.
Con  l'articolo  50  e' stata data un'impostazione piu' organica alla
materia gia' contenuta nell'articolo 47 del D.P.R. n. 634 del 1972.
In relazione alla modifica apportata all'articolo 4 della parte prima
della  tariffa  allegata  al  testo unico, il legislatore delegato ha
fatto  richiamo,  nell'epigrafe  dell'articolo  in  esame, anche alle
societa',   enti,  consorzi,  associazioni  ed  altre  organizzazioni
svolgenti attivita' agricole.
Per  quanto  riguarda  gli atti costitutivi e gli aumenti di capitale
delle  societa'  di  capitale,  comprese  le cooperative, la norma in
esame  ha  previsto  un  nuovo sistema per la deduzione delle spese e
degli oneri inerenti alla costituzione o all'esecuzione dell'aumento.
Infatti  la  misura  forfettaria di deduzione e' stata portata al due
per cento dell'ammontare complessivo del valore nominale delle azioni
o  delle quote sociali e del loro sopraprezzo fino a duecento milioni
di  lire,  mentre  e'  rimasta  invariata  la  deduzione  forfettaria
dell'uno  per  cento  per  la  parte dell'ammontare stesso che ecceda
duecento milioni di lire, ma con un tetto, pari a un miliardo di lire
di deduzione.
La  norma  ha  inteso  favorire  quindi  le  societa' di piu' modeste
dimensioni,  per  le  quali  la  deduzione  dell'uno per cento poteva
rivelarsi  non adeguata, mentre, limitando ad un miliardo l'ammontare
della deduzione stessa, ha inteso evitare che la misura si traducesse
in un beneficio per le societa' di maggiori dimensioni.
Giova  appena  far  notare che gli uffici, nel determinare le spese e
gli oneri di cui sopra, dovranno comunque calcolarli nella misura del
due  per  cento,  fino  al  predetto ammontare di duecento milioni di
lire,  anche per quegli atti di costituzione o di aumento di capitale
recanti importi complessivi che eccedono tale ultimo ammontare.
Lo  stesso  beneficio  e'  stato,  poi,  accordato  dal secondo comma
dell'articolo  50  anche relativamente agli atti di costituzione o di
aumento  di  capitale  delle  societa'  ed enti indicati nello stesso
comma,  modificando il disposto del quarto comma dell'articolo 47 del
D.P.R.  n.  634  del  1972  che  non  prevedeva la possibilita' delle
deduzioni di cui sopra.
Per  le  modalita'  di  calcolo  valgono  le istruzioni impartite per
quanto riguarda il primo comma dell'articolo in esame.
Il terzo comma dell'articolo 50, che individua la base imponibile dei
conferimenti  in  societa',  o  in  uno  degli  enti di cui sopra, di
immobili,  diritti  reali immobiliari, aziende o complessi aziendali,
nell'equiparare alle aziende i complessi aziendali, non esige piu' il
requisito  che  i rami dell'impresa pertinenti a tali complessi siano
"gestiti distintamente e con contabilita' separata" - come richiedeva
il  previgente  D.P.R.  n. 634 del 1972 - ma prevede quale condizione
per l'equiparazione in argomento l'inerenza dei complessi aziendali a
singoli  rami  dell'impresa.  Con  cio'  la  norma  ha  recepito,  in
sostanza,  il contenuto del secondo comma dell'articolo 7 della legge
16   dicembre  1977,  n.  904,  il  quale  gia'  aveva  operato  tale
equiparazione.
Recependo,  poi, l'altra disposizione contenuta nel secondo comma del
menzionato articola 7 della legge n. 904 del 1977, l'ultima parte del
terzo   comma   dell'articolo   50   ha  ribadito,  relativamente  ai
conferimenti  di  aziende  o  di  complessi  aziendali  che, quando i
medesimi  sono  effettuati  ad una societa' di capitali, il valore e'
quello  risultante  dalla relazione di stima di cui all'articolo 2343
del  codice  civile,  con  la  conseguenza  che,  in tali ipotesi, e'
escluso qualsiasi sindacato di valore.
Per  quanto  concerne  la  tassazione  del  passaggio  di  riserve  a
capitale,  poiche'  l'articolo  4,  punto 6), della parte prima della
tariffa  tratta  specificamente  la  materia  stessa,  si  rinvia  al
commento che si fara' in quella sede.
Non   e'   stata   infine   riprodotta   nell'articolo   50,  per  le
considerazioni   gia'   svolte   nel  commento  all'articolo  43,  la
disposizione  del quinto comma dell'articolo 47 del D.P.R. n. 634 del
1972, relativa agli atti di associazione in partecipazione.
Il  primo  comma  dell'articolo  51, riproducendo la formulazione del
corrispondente  primo  comma  dell'articolo  48 del D.P.R. n. 634 del
1972,  conferma  che, in linea di principio, deve essere assunto come
valore  dei  beni e dei diritti - quale base imponibile del tributo -
quello    dichiarato    dalle   parti   nell'atto   presentato   alla
registrazione.  Se  il valore non viene dichiarato in atto, l'ufficio
deve assumere come tale il corrispettivo pattuito.
La  norma precisa, quindi, che qualora fossero indicati sia il valore
dei  beni  o  dei  diritti,  che  il  corrispettivo pattuito, la base
imponibile  e'  determinata  da  quello fra i due termini di rapporto
sopra indicati che e' di importo superiore.
Per  completezza,  si evidenzia che, ove l'atto non contenesse alcuna
dichiarazione  di valore, ne' indicazione di corrispettivo, l'ufficio
dovra'   procedere   autonomamente  alla  determinazione  della  base
imponibile come previsto dal successivo articolo 53.
Mentre   la   disposizione   del  primo  comma  dell'articolo  51  e'
applicabile  in  via  generale  a  tutti  gli  atti  a titolo oneroso
traslativi o costitutivi di diritti reali, alle permute, ai contratti
che  fanno  sorgere  rapporti  obbligatori  e,  comunque,  a  tutti i
contratti  aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, il
secondo  comma dello stesso articolo si riferisce esclusivamente agli
atti  che  hanno  per  oggetto  i  beni  immobili,  i  diritti  reali
immobiliari,  nonche'  le  aziende  o i diritti reali su di esse. Per
tali  atti  la  base  imponibile  e'  costituita dal valore venale in
comune commercio dei beni o dei diritti.
Come conseguenza di tale norma i commi terzo e quarto stabiliscono il
sistema  di  determinazione della base imponibile, il comma terzo per
gli  atti  di  trasferimento  di  beni  immobili o di trasferimento o
costituzione  dei  diritti reali immobiliari, il comma quarto per gli
atti  di  trasferimento  di aziende o di trasferimento o costituzione
dei diritti reali sulle stesse.
Rispetto  alle norme contenute nell'articolo 48 del D.P.R. n. 634 del
1972  si  deve evidenziare che il terzo comma dell'articolo in esame,
nell'indicare  gli  elementi di valutazione da tener presenti ai fini
della  rettifica dei valori, ha ampliato la possibilita' dell'ufficio
di  reperire  informazioni  mediante  l'acquisizione  di  ogni  utile
elemento.
In  via  esemplificativa  tali  elementi  possono essere indicati, in
primo   luogo,   nelle   perizie  dell'ufficio  tecnico  erariale  e,
successivamente,  nei  dati  e nelle notizie forniti dalla Guardia di
Finanza  e  da  altri  organi tecnici della pubblica amministrazione,
nonche' nei dati e nelle notizie eventualmente forniti dai comuni.
Per quanto riguarda la determinazione del valore venale delle aziende
il  quarto  comma,  nel  riportare i criteri di valutazione di cui al
terzo  comma  del  ripetuto  articolo  48, precisa peraltro che dagli
elementi  che  compongono  l'azienda  devono  essere  esclusi  i beni
indicati  dall'articolo 7 della parte prima della tariffa allegata al
testo  unico  e  cioe'  automobili,  motocicli  e  simili,  in quanto
sottoposti  ad  autonoma  tassazione. Particolare attenzione dovranno
porre  gli  uffici sul criterio di esclusione dalla valutazione della
base imponibile degli autoveicoli: infatti, se debbono essere esclusi
tali  beni  dal computo del valore complessivo dell'azienda, anche le
passivita'  che  espressamente  si  riferiscono  ai  beni  stessi non
potranno  essere  detratte  al  fine  della  suddetta valutazione (ad
esempio, l'importo di un mutuo ipotecario su autoveicolo).
Il  secondo  comma  dell'articolo  52, relativamente alla motivazione
dell'avviso   di   accertamento   del  maggior  valore,  prevede  che
nell'avviso stesso deve essere contenuta, oltre che l'indicazione del
valore  attribuito  a  ciascuno dei beni o diritti in esso descritti,
anche l'indicazione degli elementi, di cui al precedente articolo 51,
che  sono  stati posti dall'ufficio a fondamento della determinazione
del  medesimo  valore.  La  modifica  tende  ad  ottenere una congrua
motivazione  degli  avvisi  di  accertamento,  idonea  a sostenere la
pretesa dell'amministrazione ed a dare conto della rettifica operata.
Di rilievo e' la norma del quarto comma dell'articolo 52, la quale e'
stata  introdotta  con  il duplice scopo di facilitare i rapporti fra
l'amministrazione  finanziaria  ed  i  contribuenti  e  di evitare un
notevole  contenzioso  in materia di atti sottoposti a valutazione da
parte degli uffici.
Con tale disposizione e' stato posto un limite al potere di rettifica
del  valore  o  corrispettivo  dichiarato per gli immobili, quando il
valore  o  corrispettivo  sia  stato indicato nell'atto in misura non
inferiore   all'ammontare  determinato  sulla  base  di  un  criterio
valutativo ancorato alle rendite catastali.
Il  limite  al  potere  di  rettifica  e'  disposto  se  il  valore o
corrispettivo  dichiarato  per  gli  immobili non e' inferiore, per i
terreni  e  per  i  diritti  reali  sugli stessi, a sessanta volte il
reddito   dominicale   risultante   in   catasto,  aggiornato  con  i
coefficienti  stabiliti  ai  fini  delle imposte sul reddito e, per i
fabbricati, nonche' per i diritti reali sugli stessi, a ottanta volte
il reddito risultante in catasto, con gli aggiornamenti ora detti.
Gli uffici potranno desumere i dati catastali dall'atto registrato il
quale  normalmente li contiene a norma dell'articolo 4 della legge 10
ottobre 1969, n. 679.
Qualora  tali  dati,  comunque,  non  risultassero dall'atto le parti
dovranno  allegare  all'atto stesso il certificato catastale relativo
agli immobili oggetto del contratto.
Si  richiama  l'attenzione  sulla norma contenuta nello stesso quarto
comma   dell'articolo  52,  in  base  alla  quale  le  modifiche  dei
coefficienti  stabiliti  per le imposte sua redditi hanno effetto per
gli atti pubblici formati, per le scritture private autenticate e gli
atti   giudiziari   pubblicati  o  emanati  dal  decimoquinto  giorno
successivo  a  quello  di  pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei
decreti   ministeriali   con   i   quali  tali  coefficienti  vengono
modificati,  nonche'  per  le  scritture  private non autenticate che
saranno presentate per la registrazione da tale data.
Peraltro,  poiche'  i  contribuenti  conservano  la  facolta'  di non
avvalersi  del  sopradescritto  procedimento  valutativo  dichiarando
nell'atto   un   valore   o   un  corrispettivo  inferiore  a  quello
determinabile  sulla  base dei suddetti parametri, gli uffici, in tal
caso,  conservano il potere di rettifica e nell'accertare l'effettivo
valore  venale  in  comune  commercio  del bene non sono vincolati al
limite  risultante  dai  criterio  catastale,  ma  potranno accertare
valori   superiori   o  anche  inferiori,  ove  essi  risultino  tali
dall'esame  degli  elementi  che  l'ufficio potra' acquisire ai sensi
dell'articolo 51.
Si  fa  presente,  comunque,  che  il suddetto sistema valutativo non
potra'  essere  adottato  per  gli  immobili che non sono iscritti in
catasto,   anche  se  l'iscrizione  e'  gia'  stata  richiesta  dagli
interessati,  ne' per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici
prevedono la destinazione edificatoria.
Occorre  richiamare l'attenzione dei dipendenti uffici su quali siano
gli   strumenti   urbanistici   che,   prevedendo   la   destinazione
edificatoria  di  un  terreno, comportino la non applicabilita' della
disposizione di' cui al quarto comma dell'articolo 5. Tali strumenti,
dunque,  secondo  la  normativa  vigente, vanno individuati nei piani
regolatori  generali,  in  quelli  particolari,  che costituiscono la
derivazione  diretta  dei  primi	e,  in  mancanza  di tali piani, nei
programmi comunali di fabbricazione. E' peraltro da precisare che gli
indicati  strumenti  urbanistici  sono  validi  anche se adottati dai
comuni,  ma  non  ancora approvati dal competente organo regionale di
controllo:  i  comuni,  invero,  fanno  obbligatoriamente osservare i
vincoli posti da tali provvedimenti.
E'  infine da ricordare, in merito alla problematica in questione che
gli  uffici  nell'individuazione  della  natura  agricola  o meno dei
terreni  oggetto di valutazione troveranno ausilio anche nel disposto
del  secondo  comma  dell'articolo  18  della legge 28 febbraio 1985,
n.47, giusta il quale gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in
forma  privata,  aventi  ad  oggetto  trasferimento  o costituzione o
scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono
nulli  e  non  possono  essere  stipulati ne' trascritti nei pubblici
registri  immobiliari  ove  agli  atti  stessi  non  sia  allegato il
certificato  di  destinazione  urbanistica contenente le prescrizioni
urbanistiche riguardanti l'area interessata.
Si  precisa  che la determinazione del valore non puo' essere operata
per  gli atti di cui agli articoli 44 e 45 del testo unico, dovendosi
assumere  come  base  imponibile,  per  l'articolo 44, se trattasi di
vendita  di  beni  immobili  fatta  in sede di espropriazione forzata
ovvero all'asta pubblica, dal prezzo di aggiudicazione e, se trattasi
di  espropriazioni  per  pubblica  utilita',  o  di  altro atto della
pubblica autorita', traslativi o costitutivi della proprieta' di beni
immobili  e  di diritti reali sugli stessi, dall'ammontare definitivo
dell'indennizzo,  mentre  per  l'articolo 45, per quanto riguarda gli
atti  concernenti le concessioni su beni immobili di cui all'articolo
5  della  parte  prima  della  tariffa, nonche' per gli atti portanti
trasferimento  di  beni immobili o di diritti reali sugli stessi da o
ad  amministrazioni dello Stato - con valore determinato dall'ufficio
tecnico  erariale,  dall'ammontare  del  canone  ovvero da quello del
corrispettivo pattuito.
Si  chiarisce,  altresi',  che  la  disposizione innovativa di cui al
quarto  comma  dell'articolo  52  e'  applicabile  anche agli atti di
divisione  di  immobili  iscritti  in  catasto  con  attribuzione  di
rendita.
La  norma, invero, non specifica la natura dell'atto concernente tali
immobili,   che,   pertanto,  puo'  essere  oltre  che  traslativa  o
costitutiva, puramente dichiarativa.
Non  sembra  inutile  sottolineare  che  le  norme  del  quarto comma
dell'articolo  52  non possono applicarsi agli atti di donazione, ne'
alla   determinazione   del  valore  delle  aziende  o  di  complessi
aziendali.
Per   completezza   di   argomento  si  richiama  l'attenzione  sulla
circostanza  che  il  testo unico in esame non ha confermato la norma
con  tenuta  nell'articolo  50  del  D.P.R.  n.634  del 1972 la quale
prevedeva   la   definizione   dell'imponibile   con  l'adesione  del
contribuente  prima  che il procedimento di determinazione del valore
venale fosse concluso con decisione definitiva.
Pertanto,  a  partire  dal 1° luglio 1986 gli accertamenti di maggior
valore  non  potranno  piu'  essere  definiti  utilizzando l'istituto
dell'adesione   e  cio'  nemmeno  per  gli  atti  di  data  anteriore
all'entrata  in  vigore del testo unico e conseguentemente le diverse
disposizioni  contenute  nella  circolare  del  10  gennaio 1973, n.6
devono ritenersi superate.

                            TITOLO QUINTO
                      RISCOSSIONE DELL'IMPOSTA

Il  successivo  titolo  quinto disciplina, con gli articoli dal 54 al
61,  le  varie  modalita'  di  riscossione dell'imposta in argomento.
Anche   su   tale   titolo   ha   inciso   il   legislatore  delegato
razionalizzando il sistema di riscossione.
L'articolo  54,  che sostanzialmente riproduce le norme contenute nel
D.P.R.  n.634 del 1972, con il terzo comma introduce una disposizione
non prevista nel precedente ordinamento concernente le modalita' ed i
termini di pagamento dell'imposta di registro' sugli atti giudiziari.
La  norma  riveste  particolare  importanza perche' risolve, tenendo,
peraltro  conto  dell'orientamento della Suprema Corte - espresso con
la  sentenza del 12 agosto 1932, n.4574 -, le problematiche di ordine
tecnico-giuridico concernenti il surriportato istituto.
Si deve premettere che in vigenza del D.P.R. n.634 del 1972 era stato
previsto,  in via generale, che il pagamento dell'imposta di registro
dovesse   essere   effettuato   entro  venti  giorni  dalla  data  di
stipulazione  dell'atto  quale  evento ben preciso dal punto di vista
cronologico.
Esso   pero'   non   poteva  essere  assunto  come  spazio  temporale
utilizzabile  anche  per  la  registrazione  degli  atti  giudiziari,
diversi   dai  decreti  di  trasferimento  emanati  nei  procedimenti
esecutivi  e dagli atti ricevuti dai cancellieri, per il fatto che in
essi esiste una scissione fra il momento della formazione dell'atto e
quello  in  cui  lo stesso assume una giuridica rilevanza per effetto
della pubblicazione o emanazione.
Inoltre si deve ricordare come i soggetti tenuti alla richiesta della
registrazione  (cancellieri  e segretari) non fossero anche obbligati
al  contestuale  pagamento  dell'imposta, che era dovuta dai soggetti
interessati.
Pertanto,   mentre   tali   soggetti   non   sempre  potevano  essere
tempestivamente  informati  dell'avvenuta richiesta di registrazione,
gli  uffici,  in  mancanza  di  una precisa disposizione legislativa,
ritenevano  che  il  pagamento dell'imposta dovesse essere effettuato
entro  venti  giorni dalla data di pubblicazione della sentenza e, in
caso  di  ritardo, applicavano la pena pecuniaria di cui all'articolo
67  del previgente decreto: di qui il prodursi di incertezze ed anche
di notevole contenzioso.
Con  la  nuova disciplina di tutto l'istituto, fermi restando, in via
generale,  i  termini temporali per la richiesta di registrazione, il
legislatore  ha  inteso  ovviare  alla  precedente  carenza normativa
prevedendo  che  il  pagamento  del tributo per atti giudiziari della
specie  debba  avvenire  con le stesse modalita' e gli stessi termini
stabiliti  per  gli  atti  che  vengono  sottoposti  a  registrazione
d'ufficio.
Pertanto,  in  presenza di tali richieste di registrazione, l'ufficio
dovra'  invitare, con apposto avviso di liquidazione, gli interessati
a procedere, entro sessanta giorni dalla notifica dell'avviso stesso,
al  pagamento  dell'imposta principale e, soltanto ove i contribuenti
non  ottemperino a tale invito, potra' procedere al recupero coattivo
dell'imposta ed all'erogazione della dovuta soprattassa per ritardato
pagamento.
Con  il  quarto  comma viene precisato che, in mancanza del pagamento
del  tributo  o  in  mancanza  del  deposito  per  differimento della
liquidazione  del  tributo,  si  puo'  procedere  alla  registrazione
d'ufficio a norma dell'articolo 15 lettere a) e b).
Sembra  opportuno  ricordare  che tale procedura deve essere eseguita
anche  nel  caso  in  cui  il  contribuente,  dopo aver effettuato il
deposito,  non  lo  integri nel termine di legge secondo la richiesta
che gli deve essere fatta dall'ufficio.
Infatti,  se  il contribuente ha adempiuto alla richiesta di deposito
non  adeguandolo  alla successiva richiesta dell'ufficio, si rendera'
inadempiente  al  pagamento  del  tributo  e,  pertanto, le norme del
quarto comma saranno applicabili anche in tal caso.
Relativamente  alle modalita' di riscossione dell'imposta va rilevato
l'espresso  richiamo,  inserito  nell'ultimo  comma dell'articolo 55,
alle  disposizioni  legislative  che  regolano  l'applicazione  degli
interessi di mora quale obbligazione accessoria al tributo.
E'  appena  il  caso  di  ricordare  che  l'articolo 1 della legge 26
gennaio  1961,  n.29, integrato dall'articolo 1 della legge 18 aprile
1978,  n.130,  dispone che "sulle somme dovute all'Erario per tasse e
imposte  indirette  sugli  affari si applicano gli interessi moratori
nella  misura  semestrale  del  6%  da  computarsi  per ogni semestre
compiuto".
Gli  interessi in parola si computano (articolo 2 della citata leege)
dai  giorno  in  cui  il tributo e' divenuto esigibile ai sensi delle
vigenti  disposizioni,  salvo  che  non  si  tratti (articolo 3 della
ripetuta  legge)  di  formalita' o autotassazioni omesse o di denunce
insufficienti  o  mancate,  nel qual caso il computo si effettua "dal
giorno  in  cui  la  tassa  o  l'imposta  sarebbe  stata dovuta se la
formalita'  fosse  stata  eseguita o l'autotassazione effettuata o la
denuncia presentata in forma completa o fedele".
In  ordine,  poi,  alla  decorrenza  degli  interessi con particolare
riferimento  alle imposte complementari, l'articolo unico della legge
28  marzo 1962, n. 147, ha precisato - in via interpretativa - che il
relativo  momento  coincide  col  "giorno in cui, per essere sorto il
rapporto tributario, e' dovuto il tributo principale".
L'articolo  56,  a  differenza  dell'articolo 54 del D.P.R. n.634 del
1972,  si  pone  in  sintonia  con  le  disposizioni  che regolano le
modalita'  di  riscossione  per  le imposte sul valore aggiunto e sul
reddito  delle  persone fisiche, nelle ipotesi in cui il contribuente
abbia prodotto ricorso dinanzi alle commissioni tributarie avverso la
richiesta  di  pagamento  del tributo effettuata dall'amministrazione
finanziaria.
La norma raggiunge, indirettamente, anche la finalita' di scoraggiare
l'indiscriminata presentazione di ricorsi da parte di contribuenti al
solo scopo di ritardare l'obbligo tributario con conseguente aggravio
di lavoro per gli uffici ed eventuale perdita di gettito.
Resta  confermato  nella citata disposizione che, per quanto concerne
l'imposta  di  registro,  la  riscossione, in presenza di ricorso del
contribuente  e'  sospesa  solo se trattasi di richiesta di pagamento
dell'imposta   complementare,   per   il   maggior  valore  accertato
dall'ufficio ovvero di imposta suppletiva.
Per  comodita'  dei  dipendenti  uffici,  si  esemplificano,  qui  di
seguito,   i   criteri  di  riscossione,  in  pendenza  di  giudizio,
dell'imposta complementare:
a)  immediata riscossione dell'imposta ccrrispendenta ad un terzo del
valore  accertato  dall'ufficio,  previa  detrazione delle somme gia'
riscosse a titolo di imposta principale;
b)  riscossione  dell'imposta  corrispondente ai due terzi del valore
stabilito  dalla  commissione  tributaria  di  primo grado, sempre al
netto delle somme gia' complessivamente riscosse;
c)  riscossione  dell'intera  imposta  complementare  sempre al netto
delle somme gia' eventualmente riscosse, che risulti ancora dovuta in
relazione  al  valore  deciso dalla commissione tributaria di secondo
grado.
Per  chiarire  ulteriormente  il  sistema di riscossione dell'imposta
dovuta  a  norma  del  primo  comma  dell'articolo  56  si formula il
seguente  esempio,  supponendo per comodita' di calcolo che il valore
dichiarato in atto per un fabbricato sia stato di 30 milioni di lire,
che il valore accertato dall'ufficio sia stato di 180 milioni di lire
e  che  le  aliquote applicabili ammontino complessivamente al 10 per
cento:
a)  a seguito del ricorso alla commissione tributaria di primo grado,
l'ufficio  dovra' riscuotere un'imposta di 3 milioni di lire e cioe':
6  milioni  di  lire  (10  per  cento  di  60  milioni  di  lire  che
costituiscono un terzo di 180 milioni di lire, valore accertato) meno
3  milioni  di  lire  (somma  pagata  al  momento della registrazione
dell'atto);
b)  dopo  la  decisione di primo grado, nell'ipotesi in cui la stessa
riduca  il  valore  accertato a 150 milioni di lire, l'ufficio dovra'
riscuotere un'imposta di 4 milioni di lire e cioe':
10  milioni  di lire (10 per cento di 100 milioni che costituiscono i
due  terzi  dei 150 milioni di lire accertati dal giudice tributario)
meno 3 milioni di lire (gia' riscossi a titolo di imposta principale)
meno 3 milioni di lire (gia' riscossi anteriormente alla decisione di
primo grado);
c)  qualora,  poi,  la commissione tributaria di secondo grado riduca
ulteriormente  il  valore  accertato a 120 milioni di lire, l'ufficio
dovra' percepire un'imposta di 2 milioni di lire e cioe':
12  milioni  di  lire  (10  per  cento  del valore deciso dalla detta
commissione)  meno  3  milioni  di  lire  (gia'  riscossi a titolo di
imposta principale) meno 3 milioni di lire (gia' riscossi in pendenza
del  giudizio di primo grado) meno 4 milioni di lire (gia' riscossi a
seguito della decisione di primo grado).
Nell'ambito  delle  descritte  modalita'  di  acquisizione all'Erario
dell'imposta  complementare sul maggior valore accertato dagli uffici
del   registro,  si  rileva  come  la  lettera  a)  del  primo  comma
dell'articolo  in esame temperi ragionevolmente il rigore della nuova
procedura riconoscendo all'Intendente di Finanza, ove ricorrano gravi
motivi, il potere di sospendere la riscossione dell'imposta dovuta ai
sensi  della  stessa  norma  fino  alla  decisione  della commissione
tributaria di primo grado.
Data  la  formulazione della norma si suggerisce che, nell'emanare il
provvedimento  sospensivo,  si  tenga  conto  di  particolari  motivi
obiettivi  che  possano  giustificare  l'adozione  del  provvedimento
stesso.   In  altri  termini,  l'Intendente  potra'  sospendere,  fra
l'altro,  la suddetta riscossione quando potra' rilevare "ictu oculi"
che  gli  uffici  abbiano  effettuato,  sia pure per motivi di ordine
tecnico-pratico, accertamenti recanti valori notevolmente superiori a
quelli  venali  in  comune  commercio  degli immobili o delle aziende
oggetto  dei  trasferimenti o delle costituzioni dei diritti reali ad
essi riferiti.
In  via  esemplificativa, si ritiene che sussistono i presupposti per
la  sospensione  della  riscossione  anche  nei casi in cui si sia in
presenza  di errori materiali (come l'errata individuazione catastale
del  cespite) o di fatto (come l'errata indicazione della consistenza
dei beni trasferiti).
Non sembra opportuno, invece, che vengano presi in considerazione, ai
fini  della  concessione  della sospensione, motivi personali che non
permettono   al   contribuente   di   assolvere  il  proprio  obbligo
tributario,  come  ad  esempio  quelli  relativi  alla sua momentanea
difficolta' finanziaria.
Degna  di rilievo appare, altresi', nel contesto della presente parte
normativa  dell'articolo  56,  la nuova disposizione che riconosce al
contribuente  il  diritto  al  rimborso  della  maggiore  imposta  di
registro  pagata  in  relazione  all'esito  di ciascuno dei gradi del
giudizio.
Infatti,  in  base  alle  decisioni  delle  commissioni di primo o di
secondo grado, l'ufficio dovra' procedere al rimborso di quella parte
di  imposta, provvisoriamente corrisposta in applicazione delle norme
in  parola,  che  risulti  non  dovuta  a seguito delle decisioni dei
predetti organi.
Per  quanto  concerne  la  successiva  lettera  b)  del  primo comma,
relativa  alla  riscossione  delle  imposte  suppletive,  la norma in
esame,   nel   confermare   quanto   stabilito  dalla  corrispondente
disposizione  contenuta  nella precedente normativa, e cioe' che tali
imposte  sono  riscosse  per  intero  solo  dopo  la  decisione della
commissione  tributaria  centrale  o  della corte d'appello, aggiunge
colmando  una  lacuna  della  previgente  normativa,  la  fattispecie
secondo  la  quale  le imposte stesse devono essere riscosse comunque
dopo l'ultima decisione non impugnata.
Relativamente  al  secondo  comma dell'articolo 56, il quale prevede,
fra  l'altro, che oltre alle imposte dovute a seguito delle decisioni
emesse  dalle  commissioni tributarie, nei vari gradi del giudizio, i
contribuenti  devono  corrispondere, i relativi interessi di mora, e'
appena  il  caso  di  evidenziare come, per converso, ai contribuenti
stessi  spettino  gli interessi di mora sulle somme che eventualmente
dovranno  essere  rimborsate  agli stessi in forza delle decisioni in
parola.
Nei  quarto comma dell'articolo 56 viene chiarito che nel richiamo al
Regio  decreto  14 aprile 1910, n.639, che disciplina il procedimento
per la riscossione coattiva delle somme dovute dai contribuenti, deve
comprendersi  anche  l'articolo  2  dello  stesso  decreto  e  che il
procedimento  coattivo  vale anche per la riscossione degli interessi
di mora.
Il   sesto   comma  dell'articolo  57,  in  deroga  al  principio  di
solidarieta'  passiva  tra i soggetti intervenuti in un atto, prevede
che, nelle ipotesi in cui l'atto stesso contenga piu' convenzioni non
necessariamente  connesse, ne' derivanti le une dalle altre, le parti
intervenute   sono   responsabili   per   il  pagamento  dell'imposta
complementare o suppletiva con riferimento esclusivo alle convenzioni
che le riguardano direttamente.
La  norma  cosi' formulata, nel codificare un principio costantemente
affermato  dalla  Corte  di  Cassazione, che aveva appunto escluso la
solidarieta'  dei  partecipanti  ad  un atto per le imposte afferenti
convenzioni   delle   quali  non  erano  parti,  specifica  che  tale
esclusione   riguarda   soltanto  l'imposta  complementare  e  quella
suppletiva.
Viene   quindi   sgombrato   il  campo  dal  dubbio  che  i  soggetti
sopraindicati siano esclusi dall'obbligo solidale del pagamento anche
per quanto concerne l'imposta principale.
Con  il  settimo comma viene confermato il principio, gia' consacrato
nel  preesistente  articolo 55 del D.P.R. n.634 del 1972 - secondo il
quale   lo  Stato  non  puo'  essere  soggetto  passivo  d'imposta  -
precisando  che  quest'ultima  grava comunque ed esclusivamente sulle
parti  che  con  lo  Stato  stesso abbiano stipulato il contratto. E'
tuttavia  da  rilevare  che  il  rigore  di  tale  disposizione viene
attenuato  ora da quanto previsto nell'ultima parte del settimo comma
dell'articolo  in  esame,  in  ordine  alle  ipotesi di registrazione
volontaria richiesta direttamente dalle amministrazioni dello Stato.
Tale  soluzione  e'  giustificata  dalla  considerazione che non puo'
farsi   carico   al   soggetto,  che  non  ha  alcun  interesse  alla
registrazione  del  contratto,  di  corrispondere un tributo che allo
stesso contratto si riferisce quando la richiesta della formalita' e'
avvenuta per volonta' e nell'interesse dell'altra parte contraente.
Ne  consegue  che,  pur  nel  silenzio  della  legge, quando gli atti
vengono  presentati  volontariamente  alla registrazione, in sintonia
con   quanto  disposto  dall'ottavo  comma  dell'articolo  in  esame,
l'ufficio  dovra' eseguire la registrazione gratuita dei contratti in
parola.
Nell'articolo  59,  che  regola  la  registrazione a debito, e' stata
aggiunta, alle fattispecie previste dall'articolo 57 del D.P.R. n.634
del  1972,  la lettera d) relativa alle sentenze portanti condanna al
risarcimento del danno susseguente a fatti che costituiscono reato.
Il  motivo dell'introduzione di tale norma si basa non su principi di
carattere  tributario,  bensi'  su  considerazioni  etico-morali,  in
quanto il legislatore ha ritenuto di non dover gravare il danneggiato
dal  reato di ulteriori spese, considerato, peraltro, che il recupero
del  credito  cui  di  regola  si  riferisce  l'imposta  da pagare si
appalesa spesso aleatorio.
Pertanto  gli  uffici, che riceveranno dai cancellieri le sentenze di
cui sopra, procederanno alla registrazione a debito, con le modalita'
di  cui  al successivo articolo 60, ma, ai sensi del secondo comma di
tale ultimo articolo, procederanno al recupero dell'imposta prenotata
soltanto   nei  confronti  della  parte  obbligata  al  risarcimento,
dovendosi considerare anche per questa fattispecie non applicabile il
principio della solidarieta' di cui al precedente articolo 57.
Degna  di  rilievo, infine, e' la circostanza che il medesimo secondo
comma  dell'articolo  60  stabilisce  che  nelle sentenze di cui alla
lettera  d)  dell'articolo  precedente deve sempre essere indicata la
parte obbligata al risarcimento del danno. Cio' al fine di facilitare
l'ufficio nel cennato recupero dell'imposta prenotata a debito.

                            TITOLO SESTO
                         DISPOSIZIONI VARIE

Il  titolo  sesto detta alcune norme di carattere generale e sancisce
alcuni  obblighi  non  solo  degli  uffici dipendenti dalla Direzione
Generale delle Tasse e delle Imposte Indirette sugli Affari, ma anche
di  pubbliche amministrazioni, nonche' di pubblici, ufficiali, per la
corretta applicazione del tributo di registro.
Degne   di  rilievo  sono  le  modifiche  apportate  alle  precedenti
disposizioni dagli articoli 65, 66 e 68.
L'articolo   65  appare  razionalizzato  rispetto  al  corrispondente
articolo 63 del precedente decreto.
Gia'  l'intitolazione  dell'articolo  stesso, che e' stata modificata
rispetto   alla   precedente  formulazione  "divieto  di  allegare  o
enunciare  atti  non  registrati"  in "divieti relativi agli atti non
registrati",  introduce  una  piu'  ampia  disamina  dei  divieti nei
confronti  dei  soggetti sopraindicati, divieti che non si limitano a
quelli  relativi alla allegazione ed alla enunciazione degli atti non
registrati.
L'inciso  iniziale  del primo comma dell'articolo 63 del D.P.R. n.634
del  1972  ("salvo  il disposto degli articoli 2669 e 2836 del codice
civile")  e' stato trasfuso in un apposito comma (il quinto) di nuova
formulazione.  La diversa collocazione di tale disposizione non ha un
carattere   soltanto  sistematico,  ma  serva  ad  eliminare  qualche
perplessita' sorta in sede di applicazione del D.P.R. n.634 del 1972.
Infatti,  poiche'  nel  secondo comma del previgente articolo 63, che
poneva,    fra    l'altro,    il    divieto    per    gli   impiegati
dell'amministrazione  dello  Stato  di  ricevere  in  deposito  o  di
assumere  a base dei loro provvedimenti atti soggetti a registrazione
in  termine  fisso  e non registrati, non era ripetuto l'inciso sopra
richiamato,  era  sorto il dubbio che la mancanza del medesimo inciso
precludesse,  ad esempio, al conservatore dei registri immobiliari di
trascrivere  atti  non registrati. Ora tale dubbio e' stato eliminato
essendo    stato   esplicitamente   stabilito,   nel   quinto   comma
dell'articolo  65, che rimane fermo il disposto degli articoli 2669 e
2836  del  codice  civile per gli atti da trascrivere o iscrivere nei
registri immobiliari.
Ulteriore   effetto   della   suaccennata   razionalizzazione   delle
disposizioni  contenute nell'articolo 63 del D.P.R. n.634 del 1972 e'
lo  sdoppiamento  in  due  distinti  commi  (il  secondo  ed il terzo
dell'articolo  65)  delle  disposizioni di cui al secondo comma dello
stesso articolo 63.
Il  divieto  posto,  dal  ripetuto  secondo comma dell'articolo 63, a
carico  degli  impiegati dell'amministrazione dello Stato, degli enti
pubblici  territoriali  e  dei  rispettivi  organi  di  controllo, di
ricevere in deposito o di assumere a base dei loro provvedimenti atti
soggetti  a registrazione in termine fisso e non registrati e' stato,
dunque,  confermato  dal secondo comma dell'articolo 65. Peraltro, in
coordinamento  con  la  disposizione  introdotta dalla lettera e) del
secondo  comma  del  successivo articolo 66, e' stato previsto che il
divieto  in  parola  non  operi  in  p.esenza di copie di atti che il
pubblicc  ufficiale  e' tenuto per legge a depositare presso pubblici
uffici.
Il  divieto posto, sempre dal richiamato secoecio comma dell'articolo
63  del  D.P.R.  n.634  del  1972,  a  carico  degli  impiegati sopra
individuati,  di  ricevere  in deposito o di assumere a base dei loro
provvedimenti  atti  soggetti a registrazione in caso d'uso e' stato,
poi,  eliminato  e  la  nuova  disposizione collocata nel terzo comma
dell'articolo  65.  Quest'ultimo,  invero,  prevede che gli impiegati
indicati  nel  comma  precedente  possono  ricevere  in deposito atti
soggetti a registrazione in caso d'uso e assumere gli atti depositati
a  base dei loro provvedimenti, ma sono tenuti a trasmettere gli atti
stessi  in  originale o in copia autenticata all'ufficio del registro
ai fini della registrazione d'ufficio.
In coerenza con quanto stabilito dalla seconda parte della lettera e)
del  primo  comma  dell'articolo 15 la richiesta per la registrazione
d'ufficio  deve  essere fatta in tali casi dal direttore dell'ufficio
del  registro  cui  vengono  trasmessi gli atti da registrare in caso
d'uso.
Il  quarto  comma  dell'articolo  65  recependo il disposto del primo
comma  dell'articolo  3  della legge 23 dicembre 1982, n.947, dispone
che gli impiegati delle camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura  e  gli  impiegati  addetti  alla tenuta di albi previsti
dalle  vigenti leggi non possono procedere all'iscrizione di societa'
nell'anagrafe  delle  ditte o negli albi se non venga prodotto l'atto
scritto e registrato da cui risulti la costituzione della societa'.
La  norma  di  cui  al  sesto comma dell'articolo in esame ribadisce,
anzitutto,  che  i  divieti  di cui al primo e al secondo comma dello
stesso   articolo  non  si  applicano  per  gli  atti  allegati  alle
citazioni, ai ricorsi e agli scritti defensionali o comunque prodotti
o  esibiti davanti a giudici e ad arbitri, ne per quelli indicati nei
provvedimenti giurisdizionali o nei lodi arbitrali.
Peraltro, la medesima norma dispone che, quando il provvedimento o il
lodo  sono  stati  emessi  in  base a tali atti, questi ultimi devono
essere inviati, unitamente con il provvedimento o con il lodo, a cura
del cancelliere o del segretario competente, all'ufficio del registro
il quale provvedera' a registrarli ai sensi dell'articolo 15.
Peraltro,  proprio  al  fine  di  rendere  possibile la registrazione
d'ufficio  degli  atti  in  base  ai  quali  e'  stato emesso il lodo
arbitrale, il medesimo sesto comma dell'articolo 65 stabilisce che la
parte interessata all'esecutivita' del lodo deve depositare tali atti
nella cancelleria della pretura unitamente al lodo stesso.
La  norma  e' in sintonia con il dettato della legge 9 febbraio 1983,
n.28,  secondo  la quale soltanto se la parte interessata intende far
eseguire  il  lodo  questo  deve essere depositato in cancelleria: la
richiesta di esecutivita' del lodo, invero, e' volontaria. Una volta,
pero',  richiesto  ed ottenuto dal pretore il provvedimento che rende
esecutivo il lodo arbitrale, l'obbligo della registrazione in termine
fisso  di  tale provvedimento deriva dall'articolo 37, che disciplina
la registrazione degli atti dell'autorita' giudiziaria, e deve essere
adempiuto,  nel  termine  sancito  dall'articolo  13,  con  tutte  le
conseguenze circa il pagamento delle imposte dovute e delle penalita'
applicabili per gli atti depositati.
In  coerenza con le disposizioni del precedente comma, l'ultimo comma
dell'articolo  65 stabilisce che gli atti in base ai quali sono stati
emessi  i provvedimenti giurisdizionali non soggetti a registrazione,
indicati nella tabella allegata al testo unico, devono essere inviati
all'ufficio  del registro per la liquidazione delle imposte dovute, a
cura del cancelliere o del segretario, entro trenta giorni dalla data
di pubblicazione degli stessi.
Per  quanto  concerne  l'articolo  66 e' da rilevare come, al secondo
comma,  siano  stati  aggiunti  due temperamenti ai divieti di cui al
precedente  comma, relativamente alle copie degli atti occorrenti per
l'approvazione  od omologazione ed alle copie di atti che il pubblico
ufficiale e' tenuto per legge a depositare presso pubblici uffici.
Il  primo  comma dell'articolo 68 stabilisce che i soggetti obbligati
alla  tenuta  del  repertorio  devono presentare il repertorio stesso
all'ufficio  del registro, per il controllo a termini di legge, entro
il mese successivo a ciascun quadrimestre solare, nei giorni indicati
dal   medesimo   ufficio.   La   norma   modifica  il  contenuto  del
corrispondente primo comma dell'articolo 66 del D.P.R. n.634 del 1972
il  quale  prevedeva  che  il  repertorio  dovesse  essere presentato
all'ufficio ogni quattro mesi.
Con  il nuovo articolo 68 il legislatore intende ora dare un maggiore
ordine  al  controllo  dei  repertori,  stabilendo che lo stesso deve
avvenire in mesi fissi e in giorni opportunamente prefissati.
Sara',   pertanto,   cura   dell'ufficio  stabilire  i  giorni  della
presentazione  del  repertorio;  resta,  comunque, inteso che nessuna
responsabilita'  puo'  essere  addossata  ai  pubblici  ufficiali  se
l'ufficio  non  porta a loro conoscenza, anche mediante affissione di
appositi  avvisi nei locali dell'ufficio aperti al pubblico, in quali
giorni i repertori devono essere presentati per il controllo.

                           TITOLO SETTIMO
                              SANZIONI

Il  titolo settimo prevede, negli articoli che vanno dal 69 al 75, le
sanzioni   che  vengono  comminate  per  l'inosservanza  delle  norme
contenute dal testo unico.
Il  primo  comma  dell'articolo  69  riferisce, piu' puntualmente, la
sanzione  ai  soggetti  trasgressori degli obblighi cui l'articolo fa
richiamo,  conservando  peraltro la misura della pena pecuniaria gia'
prevista dall'articolo 67 del D.P.R. n.634 del 1972.
Con  il  secondo  comma  dell'articolo 69, poi, e' stata elevata a 50
mila  lire  la  misura  della  pena pecuniaria minima in coerenza con
l'ammontare  dell'imposta  fissa,  stabilita  anch'essa  nella stessa
misura.
Il   primo   comma   dell'articolo   71,  recependo  un  orientamento
dell'amministrazione  finanziaria,  ha  inteso  porre  fine  ai dubbi
derivanti   dalla   non  chiara  normativa  di  cui  al  primo  comma
dell'articolo 69 del ricordato D.P.R. n.634 del 1972.
E'  stato  quindi  esplicitamente  disposto  che l'individuazione del
presupposto    per   l'applicazione   della   pena   pecuniaria   per
insufficiente  dichiarazione del valore degli immobili, delle aziende
e  dei  relativi  diritti reali va ricercato nella circostanza che il
valore definitivamente accertato, ridotto di un quarto, superi quello
dichiarato dalle parti.
E'  stato,  peraltro,  inserita  nella  seconda parte del primo comma
dell'articolo  71  una  disposizione  in  base  alla  quale,  qualora
l'immobile  sia  suscettibile di valutazione con il criterio previsto
dal  quarto  comma  dell'articolo  52,  e tale criterio non sia stato
utilizzato,  la  pena pecuniaria per l'insufficiente dichiarazione di
valore   e'  sempre  applicabile,  anche  nella  ipotesi  in  cui  la
differenza   fra   il   valore  definitivamente  accertato  e  quello
dichiarato non sia superiore al quarto.
La  norma  intende  scoraggiare il contribuente dai dichiarare valori
minori  rispetto  a quelli desumibili dai dati catastali ai soli fini
dilatori  del  pagamento  dell'imposta;  pertanto, si suggerisce agli
uffici  di  provvedere  rei  casi in argomento alla irrogazione della
pena  pecuniaria con lo stesso atto con il quale viene liquidata tale
imposta.
Come  nel  secondo comma dell'articolo 69, il Legislatore ha adeguato
agli  attuali  valori monetari la pena pecuniaria minima prevista nel
primo   comma   dell'articolo   73   e  nel  terzo  e  quarto  comrna
dell'articolo 74, elevundola da 10 mila lire a 50 mila lire.
Parimenti  la  pena  pecuniuria  massima di cui al quarto comma dello
stesso articolo 74 e' stata aumentata da 50 mila a 200 mila lire.
Il   secondo   comma  dell'articolo  75,  nel  confermare  che  nella
determinazione  della  misura  della  pena  pecuniaria  l'ufficio del
registro  deve  tener  conto  della gravita' del danno o del pericolo
cagionato   all'erario   e   della   personalita'  dell'autore  della
violazione  desunta dai suoi precedenti, non fa piu' riferimento alla
circostanza che debbono essere tenute presenti anche le condizioni di
vita  individuale,  familiare e sociale dell'autore della violazione,
circostanza  esplicitamente  prevista dal secondo comma dell'articolo
73  del  D.P.R.  n.634 del 1972, considerata l'estrema difficolta' di
valutare tali dati in relazione alla registrazione degli atti.

                            TITOLO OTTAVO
                      DECADENZA E PRESCRIZIONE

Gli  articoli 76, 77 e 78, che sostanziano il titolo ottavo, regolano
gli  istituti  della  decadenza  e  della  prescrizione in materia di
imposta   di   registro,   sia   per   quanto   concerne  il  diritto
dell'amministrazione  a  richiedere  il  pagamento  del tributo e dei
relativi  accessori  ai  contribuenti,  sia  per  quanto  riguarda il
diritto  dei  contribuenti  stessi a richiedere la restituzione delle
imposte indebitamente corrisposte.
Il  legislatore  delegato,  nel  regolare  la  soggetta  materia,  ha
lasciato quasi completamente inalterate le norme contenute nel titolo
ottavo  del  D.P.R.  n.634  del  1972, cercando peraltro di apportare
modifiche  le  quali,  piu' che incidere nella sostanza, risolvessero
dubbi interpretativi sorti in costanza della previgente disciplina.
L'articolo  76,  relativo  alla  decadenza  dell'azione della Finanza
indica,  nel primo comma, con maggiore chiarezza, il termine iniziale
di  decadenza  anche  per  gli  atti soggetti a registrazione in caso
d'uso.  Infatti,  mentre  l'articolo  74  del  D.P.R.  n.634 del 1972
individuava soltanto negli atti da registrare in termine fisso quelli
cui la decadenza si riferiva, la nuova norma fa richiamo all'articolo
5 e cioe' anche a quelli da registrare in caso d'uso.
La  stessa  norma  stabilisce,  piu'  in particolare, il "dies a quo"
della   decadenza   dell'azione   dell'amministrazione   per   alcune
fattispecie previste dall'articolo 15 del testo unico in esame.
Escluso  il  richiamo alle lettere a) e b) del primo comma in quanto,
trattando  le  stesse  la registrazione d'ufficio per atti pubblici e
scritture  private,  il  termine  iniziale di decadenza si trova gia'
indicato  nella  prima  parte dell'articolo 76, la norma individua il
"dies  a  quo"  della  decadenza  per  le fattispecie che per maggior
chiarezza, qui di seguito si riportano:
-  riguardo  ai  contratti  verbali  di  locazione  o affitto di beni
immobili  esistenti  nel  territorio dello Stato e relative cessioni,
risoluzioni  e  proroghe anche tacite e per le operazioni di societa'
ed  enti  esteri, dal momento in cui, in difetto di prova diretta, la
relativa  esistenza  sia  emersa  da  presunzioni  gravi,  precise  e
concordanti;
-  riguardo  ai  contratti  verbali  di trasferimento e di affitto di
aziende  esistenti  nel  territorio  dello  Stato e di costituzione o
trasferimento  di  diritti reali di godimento sulle stesse e relative
cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, dal momento in cui, in
mancanza  della  prova diretta la loro esistenza risulti, continuando
nello   stesso  locale  o  in  parte  di  esso  la  stessa  attivita'
commerciale,   da  cambiamenti  nella  ditta,  nell'insegna  o  nella
titolarita' dell'esercizio ovvero da altre presunzioni gravi, precise
e concordanti;
-  riguardo  agli  atti  soggetti  a  registrazione  in termine fisso
rispetto  ai  quali  e'  intervenuta  la decadenza di cui allo stesso
primo comma dell'articolo 76, e per gli atti soggetti a registrazione
in  caso  d'uso  ai  sensi  dell'articolo 6, dal momento in cui siano
depusitat; a norma di tale ultimo articolo.
L'articolo  77 presenta alcune modifiche rispetto all'articolo 75 del
D.P.R. n.634 del 1972.
Il  primo  comma,  infatti,  e' stato completato mediante la menzione
della  pena pecuniaria e degli interessi. La mancata previsione della
pena  pecuniaria  nel  precedente  testo  di  legge  creava non poche
difficolta'   interpretative,   soprattutto   in  considerazione  che
l'analogo  articolo 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.635, concernente
la  disciplina  dell'imposta  ipotecaria, portava l'indicazione anche
della suddetta sanzione. Data l'intima connessione dei due tributi si
era  creata una notevole perplessita' circa la decorrenza del termine
per  chiedere  il  rimborso  ove  fosse  stata  corrisposta  una pena
pecuniaria non dovuta.
Parimenti  chiarificatrice  risulta  la  menzione  degli interessi in
quanto,  seppure  gli  stessi seguano di regola la sorte del tributo,
pur  tuttavia  non  e'  infrequente  il  caso che essi possano essere
richiesti in restituzione indipendentemente dalla domanda di rimborso
del  tributo  ove oggetto della vertenza sia soltanto la debenza o la
decorrenza degli interessi stessi.
Sotto  il  profilo soggettivo la norma ha precisato che il termine di
decadenza in essa contenuto riguarda non soltanto il contribuente che
ha  maturato  il  diritto  al rimborso, bensi' anche tutti coloro nei
confronti dei quali la sanzione e' stata applicata.
Appare  chiaro,  quindi,  anche  se  non  esplicitamente espresso, il
riferimento  ai  trasgressori  delle  norme  contenute nella legge di
registro,  indicate  nell'articolo  73  e  nel  secondo e terzo comma
dell'articolo 74.
Altra  ipotesi  presa  ora  in  considerazione  e' quella relativa al
rimborso  dell'imposta  complementare a seguito delle decisioni delle
commissioni   tributarie   di   primo   e  secondo  grado  quando  il
contribuente abbia corrisposto parte del tributo ai sensi della norma
introdotta dal primo comrna, lettera a), dell'articolo 56.
Nella  cennata ipotesi il termine di decandenza triennale del diritto
a  rimborso  decorre  dalla  data  in  cui  al  contribuente e' stata
notificata la decisione della commissione tributaria.
Il  terzo  comma  dell'articolo  77,  nel riprodurre con modifiche il
disposto  del  secondo  comma  dell'articolo  75 del D.P.R. n.634 del
1972, non fa piu' riferimento al termine entro il quale la domanda di
rimborso  puo'  essere  considerata  respinta  nel  caso  di silenzio
dell'amministrazione,  ma e' ovvio che sull'argomento si applicano le
disposizioni di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n.636, come modificato
dal  D.P.R.  3  novembre  1961,  n.739, che disciplina il contenzioso
tributario.
L'articolo  77  e'  completato  poi  dal richiamo, relativamente agli
interessi  di  mora spettanti al contribuente sulle somme rimborsate,
alle  disposizioni  regolatrici  degli  interessi stessi e cioe' alla
legge  26  gennaio  1961,  n.29  e  alle  successive modificazioni ed
integrazioni.

                             TITOLO NONO
                  DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Il  titolo  nono  riguarda  (articoli  79,  80  e 81) le disposizioni
transitorie e finali.
Premesso  che  il  testo  unico,  pubblicato  nel  supplemento  della
Gazzetta  Ufficiale  del  30 aprile 1986,entra in vigore il 1° luglio
1986,  si precisa che la lunga "vacatio legis" e' in attuazione della
norma  contenuta  nel  secondo  comma,  ultima parte, dell'articolo 1
della   legge   12  aprile  1984,  n.68,  la  quale  prevede  che  le
disposizioni  relative  ai  testi unici diversi da quelli riguardanti
l'imposta  sul  valore  aggiunto, l'imposta sul reddito delle persone
fisiche,   l'imposta   sul   reddito   delle   persone  giuridiche  e
l'accertamento delle imposte sui redditi devono essere emanate almeno
sessanta giorni prima della loro entrata in vigore.
Tale lunga "vacatio legis" ha comportato l'insorgere di vari problemi
cui  le  disposizioni  contenute  nell'articolo  79  del  testo unico
intendono dare soluzione.
La  prima  parte  del  primo comma dell'articolo 79 stabilisce che le
disposizioni  contenute  nel  testo  unico  e  nei  relativi allegati
modificative,  correttive  o  integrative  di  quelle contemplate nel
D.P.R.  n.634  del 1972 si applicano agli atti pubblici formati, agli
atti  giudiziari  pubblicati  o  emanati  e  alle  scritture  private
autenticate,  a  decorrere dal 10 luglio 1086, nonche' alle scritture
private   non   autenticate   e   alle   denunce  presentate  per  la
registrazione decorrere dalla stessa data.
In  tal  modo il legislatore ha preliminarmente chiarito che tutte le
norme  comunque modificative di quelle contenute nel D.P.R. n.634 del
1972  hanno  efficacia  dall'entrata in vigore del testo unico che le
contiene,   salvo   quanto   si  dira'  appresso  a  proposito  delle
disposizioni piu' favorevoli e di quelle contenute nell'articolo 80.
Tale  scelta e' stata soprattutto determinata dall'intento di evitare
l'insorgere di controversie circa la natura dichiarativa o innovativa
delle  disposizioni  comunque  modificative, correttive o integrative
contenute nel testo unico rispetto alle precedenti.
Risulta  quindi  normativamente sancito che la legge applicabile alle
singole  fattispecie  impositive  previste negli atti pubblici, negli
atti  giudiziari  e  nelle  scritture  private autenticate, e' quella
vigente  alla  data  di formazione di tali atti e non alla data della
loro  registrazione,  mentre per le scritture private non autenticate
e'  applicabile  il  regime  tributario  in  vigore  al momento della
registrazione.
Si  deve  anche  evidenziare che gli atti soggetti ad approvazione od
omologazione da parte della pubblica amministrazione o dell'autorita'
giudiziaria ordinaria e quelli che non possono avere esecuzione senza
che sia trascorso l'intervallo di tempo fissato dalla legge (articolo
14,  primo  comma,  del  testo  unico), anche se formati o registrati
prima  dell'entrata  in  vigore  del  testo unico, sono soggetti alle
nuove   disposizioni   se   l'approvazione   o   l'omologazione  sono
intervenute  dopo tale data oppure se gli atti suddetti sono divenuti
eseguibili  successivamente a tale data. Cio' deriva dal principio di
cui  al  settimo  comma  dell'articolo  26 del D.P.R. n.634 del 1972,
principio  confermato  dal  quinto  comma  dell'articolo 27 del testo
unico,giusta   il   quale   per   gli   atti   sopracitati  l'imposta
proporziona-le  e'  dovuta secondo le disposizioni vigenti al momento
dell'approvazione, dell'omologazione o della eseguibilita' degli atti
stessi.
Del  pari  si  deve desumere dal combinato disposto della prima parte
dell'articolo  in  esame  e  dell'articolo  39,  relativo  agli  atti
soggetti  a registrazione in caso d'uso, che rientrano nella sfera di
applicazione  delle  nuove disposizioni anche gli atti indicati nella
parte seconda della tariffa allegata al D.P.R. n.634 del 1972 formati
in data anteriore al 1° luglio 1986 ma registrati dopo tale data.
Cio'  in quanto il menzionato articolo 39, nel considerare come fatto
generatore  del tributo l'uso che di detti atti si fa, stabilisce che
agli  stessi  devono  comunque  applicarsi le disposizioni vigenti al
momento  della  richiesta di registrazione, disposizioni che nel caso
di  specie  sono,  appunto,  quelle  contenute  nel  testo  unico  in
argomento.
La  seconda parte del primo comma dell'articolo 79 prevede una deroga
al   suaccennato   principio   generale  dell'irretroattivita'  delle
disposizioni  modificative,  correttive  o  integrative contenute nel
testo  unico.  Viene  stabilito  che  se tali disposizioni sono per i
contribuenti piu' favorevoli di quelle contenute nel D.P.R. n.634 del
1972  esse  hanno  effetto  - alle condizioni e nei limiti di seguito
illustrati  -  anche  per gli atti pubblici, per gli atti giudiziari,
per  le  scritture  private,  autenticate  o  non,  e  per le denunce
anteriori al 1° luglio 1986.
Fra le norme piu' favorevoli viene ricompresa quella di cui al quarto
comma  dell'articolo  52,  concernente la valutazione degli immobili,
per  la quale si ritiene necessario un piu' approfondito esame di cui
si dira' appresso.
Le   condizioni   previste   per   l'applicazione  retroattiva  delle
disposizioni  piu'  favorevoli  ai  contribuenti  sono  due, entrambe
riferite al l° luglio 1986:
a)  che  a  tale  data  sia  pendente  uni controversia relativa alla
tassazione   degli  atti,  delle  scritture  e  delle  denunce  sopra
richiamati;
b)  ovvero  che alla data stessa non sia ancora decorso il termine di
decadenza previsto dall'articolo 74 del D.P.R. n.634 del 1972, per il
recupero  da  parte dell'amministrazione dell'imposta dovuta per tali
atti.
In  presenza  di  tali  condizioni le disposizioni piu' favorevoli ai
contribuenti  hanno  effetto  per  le  definizione delle controversie
pendenti  nella  prima  ipotesi  ovvero  costituiscono, nella seconda
ipotesi,normativa di riferimento di cui gli uffici devono tener conto
nell'azione di recupero delle imposte nei confronti di atti stipulati
o  autenticati  prima  dell'entrata  in  vigore  del testo unico o di
scritture   o  denunce  presentate  o  che  avrebbero  dovuto  essere
presentate per la registrazione prima della suddetta data.
In  stretta  connessione  con  le  richiamate  condizioni e' anche il
limite,  presente  nell'ultima  parte  del  secondo periodo del primo
comma  del  ripetuto  articolo  79,  in  ordine  alla possibilita' di
rimborso.
Il legislatore, infatti, prevedendo che dall'applicazione delle norme
piu' favorevoli ai contribuenti potessero scaturire rimborsi di somme
da  questi  gia'  pagate  in  precedenza,  ha  posto un limite a tali
possibilita'  di  rimborso. E' staio stabilito infatti che i rimborsi
potranno  essere effettuati a favore di quei contribuenti che abbiano
contestato  l'applicazione  delle  previgenti disposizioni o comunque
abbiano avanzato istanza di rimborso sempreche', in tale ultimo caso,
alla  data  del  1°  luglio  1986,  sia ancora pendente il termine di
decadenza a favore dell'amministrazione finanziaria.
In  mancanza  dell'una  o  dell'altra  delle  condizioni  di cui alle
precedenti  lettere a) e b) non si dovra' procedere ad alcun rimborso
di imposta.
Circa il concetto di controversia pendente si precisa che deve essere
considerata  tale,  oltre  a quella derivante da una impugnativa gia'
proposta dal contribuente contro l'accertamento tributario effettuato
dall'ufficio  (ad  esempio, avviso di accertamento di maggior valore,
ingiunzione  di  pagamento),  anche quella derivante da provvedimenti
notificati  prima  del  1° luglio 1986 e per i quali alla data stessa
penda ancora il termine per l'impugnativa.
Per  quanto poi riguarda la seconda condizione prevista dall'articolo
79 in commento per l'applicazione retroattiva delle disposizioni piu'
favorevoli  ai  contribuenti - e cioe' che non sia decorso il termine
di decadenza dell'azione dell'amministrazione - si chiarisce che tale
condizione  e'  da  ritenere  realizzata ogni qual volta alla data di
entrata  in  vigore del testo unico (1° luglio 1986) non siano ancora
decorsi  i  termini,  triennale o quinquennale, di decadenza previsti
dall'articolo 74 del D.P.R. n.634 del 1972 per le due ipotesi di atto
gia'  registrato o di atto non ancora sottoposto a registrazione alla
suddetta  data  e  sia  stata presentata istanza di rimborso entro il
termina triennale di decadenza previsto dall'articolo 75 dello stesso
D.P.R. n.634.
Per  quanto  concerne, invece, gli atti sottoposti alla registrazione
prima dell'entrata in vigore del testo unico, cioe' fino al 30 giugno
1986,  e'  appena  il caso di precisare che le norme applicabili sono
quelle  previste  dal  D.P.R.  n.634  del  1972  e dalle disposizioni
successivamente  emanate, anche se gli atti stessi sono stati formati
o  stipulati  dopo il 30 aprile 1986, data di pubblicazione del testo
unico.  In  tale  ipotesi, peraltro, il contribuente avra' diritto al
rimborso  dell'imposta  pagata, qualora entro la suddetta data del 30
giugno 1986 abbia presentato istanza di rimborso.
Le  norme  piu' favorevoli ai contribuenti, inoltre, devono ritenersi
applicabili  anche  agli  atti stipulati prima del 10 luglio 1986, ma
registrati  a  partire  da  tale  data,  salva  l'applicazione  - ove
sussista  ancora  l'obbligo  della  registrazione  -  delle  relative
sanzioni nel caso di tardiva registrazione.
A tali criteri gli uffici uniformeranno la loro azione sia per quanto
riguarda  le  controversie  pendenti, sia per l'esercizio dell'azione
diretta  a  recuperi  d'imposte  che non trovano piu' fondamento alla
luce delle nuove norme.
Nel caso in cui dall'applicazione di tali criteri dovessero scaturire
rimborsi  a favore del contribuente gli stessi sono riconosciuti solo
in  caso  di  controversie  pendenti  al  30  giugno  1986 ovvero, in
mancanza  di  controversia  -  e sempre che non sia ancora decorso il
termine  di  decadenza dell'azione dell'amministrazione - qualora sia
presentata,  entro  il 30 giugno 1946, domanda di rimborso ai sensi e
nei termini di cui all'articolo 75 del D.P.R. n. 634 del 1972.
Pertanto  gli  uffici  prima di procedere ai rimborsi avranno cura di
controllare  che la domanda di rimborso sia stata presentata entro il
30  giugno  1986  e  che  alla  stessa data non era ancora decorso il
termine  di  scadenza previsto dall'articolo 74 del D.P.R. n. 634 del
1972.
Un cenno particolare meritano gli atta registrati anteriormente al 10
luglio  1986  che  contengono  una condizione sospensiva, la quale si
verifica  a decorrere da tale data. In questa ipotesi l'imposta sara'
liquidata  con  i  criteri  dettati dalla norma contenuta nel secondo
comma  dell'articolo  27 del testo unico, con l'avvertenza, peraltro,
che  anche in tale ipotesi saranno applicabili le nuove disposizioni,
se  piu'  favorevoli  al  contribuente,  a  norma  della disposizione
contenuta  nella  seconda  parte  del primo comma dell'articolo 79 in
quanto  non  puo'  ritenersi  ancora  decorso il termine di decadenza
dell'azione della Finanza.
E'  appena  il  caso  di  rilevare  che  le  nuove  disposizioni piu'
favorevoli  possono  trovare applicazione, ricorrendone le condizioni
generali   gia'   illustrate,   anche  limitatamente  al  criteri  di
tassazione di un atto il cui aspetto valutativo risulti gia' definito
alla data di entrata in vigore del testo unico.
Come  si  e'  gia'  rilevato  il primo comma dell'articolo 79 prevede
anche  l'applicazione,  se  piu'  favorevole,  della nuova disciplina
dettata  dal  quarto  comma  dell'articolo 52, sempre sussistendo una
delle  condizioni  sopra ricordate (controversia pendente o permanere
dell'azione  dell'amministrazione  per  l'accertamento  alla  data di
entrata in vigore del testo unico).
Tale  ultima norma limita la possibilita' dell'ufficio di rettificare
i  valori  o  i corrispettivi dichiarati qualora gli stessi risultino
indicati   nell'atto  in  misura  uguale  o  superiore  al  parametro
valutativo previsto dalla medesima norma.
Il significato del richiamo della disposizione risiede essenzialmente
nel  fatto  che, se i valori o i corrispettivi indicati nell'atto non
risultano inferiori ai parametri valutativi, trovera' applicazione la
disposizione contenuta nel quarto comma dell'articolo 52 e, pertanto,
il  rapporto  sotto il profilo della valutazione non sara' oggetto di
rettifica  e,  se  la  rettifica  e'  stata  gia'  notificata e pende
controversia,  la  disposizione  esplichera'  effetto  ai  fini della
definizione della controversia stessa.
Anche  sotto il profilo valutativo le relative, nuove disposizioni si
riferiscono   agli   atti  pubblici  formati,  agli  atti  giudiziari
pubblicati   o   emanati   e   alle   scritture  private  autenticate
anteriormente  al  1° luglio 1986, nonche' alle scritture private non
autenticate   e  alle  denunce  registrate  prima  di  tale  data,  a
condizione, pero', che, alla ripetuta data, sia pendente controversia
sul  maggior  valore accertato o non sia ancora decorso il termine di
decadenza  dell'azione  della  Finanza per l'accertamento del maggior
valore   dei   beni  o  diritti  di  cui  ai  commi  terzo  e  quarto
dell'articolo 51.
Esulano,  peraltro,  dall'applicazione  della  norma  in parola tutti
quegli atti, quelle scritture e quelle denunce relativamente ai quali
gli   accertamenti   di   maggior  valore  sono  divenuti  definitivi
anteriormente  al  10  luglio  1986, sia per acquiescenza delle parti
interessate,  sia  per  decisioni non piu' impugnabili o per sentenze
passate  in  giudicato,  sia  per  atti  di adesione sottoscritti dai
contribuenti.
Resta  inteso, peraltro, che ove i contribuenti abbiano dichiarato un
valore   o   un   corrispettivo   inferiore   a   quello   risultante
dall'applicazione  dei  parametri  sopraindicati  e  l'ufficio  abbia
notificato l'avviso di accertamento di maggior valore contro il quale
sia   stato   presentato  tempestivo  ricorso,  l'"iter"  contenzioso
proseguira'  nei  modi  e  nei termini previsti del D.P.R. 26 ottobre
1972,  n.636,  e  successive  modificazioni  ed integrazioni, ai fini
della  determinazione  del  valore venale del bene immobile in comune
commercio.
Sembra,  poi,  opportuno  evidenziare  che  ove  nell'atto registrato
anteriormente  alla  data  di entrata in vigore del testo unico fosse
dichiarato  un valore superiore a quello risultante dall'applicazione
del criterio valutativo catastale indicato nel testo unico stesso, la
tassazione  rimane  non  modificabile e, quindi, eventuali istanze di
rimborso non potranno essere accolte.
Si  deve  tener presente, infatti, che il testo unico nel disporre un
limite  alle  rettifiche  di  valore,  non ha inteso innovare, ne' in
concreto  ha  modificato,  uno  dei  principi cardine dell'imposta di
registro,  secondo  il  quale la base imponibile dei beni immobili e'
costituita   dal   valore   venale  dei  beni  o,  se  maggiore,  dal
corrispettivo pattuito.
Relativamente  al  primo  comma  in  esame  si  richiama l'attenzione
sull'ultima  parte  dello  stesso, la quale stabilisce che per l'anno
1986  per  gli  atti e le scritture relativi ai terreni si deve tener
conto  dei  coefficienti  stabiliti ai fini delle imposte sul reddito
per l'anno 1985.
La  necessita'  di  tale  disposizione e' dovuta all'esigenza di dare
certezza,  in tutto il territorio nazionale, nei dati utilizzabili ai
fini   dell'applicazione   della   norma   di  cui  al  quarto  comma
dell'articolo  52, per l'anno 1986, e cio' prescindendo dal contenuto
del  primo  comma  dell'articolo  2 del decreto-legge 6 gennaio 1986,
n.2, convertito in legge 7 marzo 1986, n.60.
Sempre  nell'intento,  poi,  di  ridurre,  per  quanto consentito, la
possibilita'  di  nuove  controversie  di valutazione, il legislatore
delegato ha previsto un particolare regime transitorio per gli atti e
le  scritture relative a beni o diritti il cui valore e' suscettibile
di  rettifica, usa con i limiti derivanti dalla indicazione di valori
non inferiori a quelli rapportati ai dati catastali aggiornati.
Dispone  infatti al secondo comma dell'articolo 79 che per gli atti e
le  scritture  relativi  a  beni  o  diritti  di cui al quarto comrna
dell'articolo  52, presentati per la registrazione anteriormente alla
data  di  pubblicazione  del  testo unico nella Gazzetta Ufficiale (e
quindi entro il 29 aprile 1986), per i quali alla data stessa non sia
stato  ancora  notificato avviso di accertamento di maggior valore, i
contribuenti  possono  adeguare  il  valore dichiarato dei beni o dei
diritti  al  valore  convenzionale  stabilito  nella  disposizione da
ultimo  detta  mediante  la presentazione all'ufficio del registro di
apposita  dichiarazione  integrativa;  gli  uffici,  in tal caso, non
procederanno  alla  irrogazione  della  pena  pecuniaria prevista per
l'insufficiente   dichiarazione   del  valore,  ai  sensi  di  quanto
esplicitamente  previsto nello stesso secondo comma dell'articolo 79;
ma  nel  silenzio  della  legge  resta  inteso  che  dovranno  essere
corrisposti gli interessi moratori di cui alla legge 26 gennaio 1961,
n.29 e successive modificazioni.
La   dichiarazione   integrativa   in  argomento,  da  presentare  al
competente  ufficio  entro  tre mesi dal 10 luglio 1986 - e cioe' con
scadenza  al  30  settembre  1986  - dovre' essere redatta in duplice
esemplare  conforme  all'apposito  modello  approvato con decreto del
Ministro  delle Finanze del 9 maggio 1986 e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 23 maggio 1986, n.ll8.
Il  relativo  modello  e'  stato  gia'  inviato  in congruo numero ai
dipendenti uffici.
Relativamente   alla   dichiarazione   integrativa   sl   sottolinea,
anzitutto,  come  essa  debba  essere  sottoscritta da tutte le parti
tenute  al  pagamento dell'imposta complementare che scaturisce dalla
integrazione  del  valore dichiarato. Cio' in quanto il valore che si
indica,  che  sostituisce  quello  risultante dall'atto, non puo' non
essere, al pari di quest'ultimo, che definitivo ed incontestabile per
le  parti contraenti: come tale pertanto esplichera' effetto anche ai
fini  di  altri tributi. Cio' permettera' all'ufficio di riliquidare,
nel  confronti di tutte le parti contraenti, tutti i tributi relativi
all'atto,  cioe'  le  imposte  ipotecarie  e  catastali  e  l'imposta
comunale   sull'incremento   di   valore   degli   immobili,  cui  la
dichiarazione   integrativa   si   riferisce  e  che  sulla  base  di
quest'ultima  ed  in  virtu'  delle  norme  regolatrici delle imposte
indicate, debbono essere corrisposti dagli interessati.
E'  poi da evidenziare che la dichiarazione integrativa potra' essere
presentata  anche  nel caso in cui gli immobili risultino accatastati
anteriormente  alla data di presentazione della dichiarazione sebbene
non  lo fossero al momento della registrazione dell'atto, considerato
che anche in tal caso esiste la disponibilita' dei dati necessari per
la determinazione del valore sulla base del criterio catastale.
E'  da sottolineare, poi, come la dichiarazione integrativa in parola
non  possa  essere  presentata  (come,  peraltro,  specificato  nelle
avvertenze  al modello di dichiarazione integrativa) relativamente al
valore degli immobili oggetto di atti di donazione.
La  disposizione  concernente  la limitazione del potere degli uffici
(articolo  52,  quarto  comma),  disposizione  applicabile  appunto a
seguito  della presentazione della dichiarazione in parola, non puo',
invero,  essere  invocata  dai  contribuenti per la valutazione degli
immobili  in  discorso  in quanto l'articolo 55 del U.P.R. 26 ottobre
1972, n.637, per la determinazione della base imponibile dell'imposta
sulle  donazioni  fa  esplicito  rinvio  al  precedente  articolo 26,
relativo alle modalita' di accertamento di maggior valore dei beni ai
fini  dell'imposta sulle successioni e non, invece, al corrispondente
articolo della legge sull'imposta di registro.
Come,  peraltro  specificato nell'avvertenza al modello sopradetto la
dichiarazione in argomento non puo' essere presentata neppure per gli
atti relativi alle cessioni di azienda o a immobili che non risultino
censiti,   o,   infine,   per   gli  atti  aventi  per  oggetto  aree
fabbricabili,  in  quanto tali fattispecie non sono state contemplate
dal  quarto comma dell'articolo 52 e la valutazione di beni o diritti
sopraindicati  deve  essere operata con i criteri di cui all'articolo
51.
Si  raccomanda  ai  dipendenti uffici cui le presenti istruzioni sono
espressamente  dirette  di  dare la massima divulgazione, con tutti i
mezzi  consentiti,  alla  norma  transitoria  in  esame,  al  fine di
raggiungere  un  duplice  scopo,  e  cioe' l'immediata percezione del
gettito ed una conseguente riduzione di controversie di valutazione.
Si  suggerisce, inoltre, agli uffici del registro di organizzarsi con
il  necessario  anticipo,  al fine di poter ricevere le dichiarazioni
integrative  e  svolgere  le  conseguenti  incombenze  con la massima
efficienza  e  nei  tempi  piu'  brevi. Si evidenzia, infatti, che la
cennata  norma prevede che il competente ufficio, previo accertamento
della  conformita'  dei  due esemplari di dichiarazione integrativa e
apposizione   del   timbro   a   calendario  ne  restituisce  una  al
contribuente,  provvedendo  al  recupero  della differenza di imposta
complementare dovuta sulla base della dichiarazione stessa.
In  proposito,  peraltro,  si  sottolinea  come  non  sia  ammessa la
presentazione  della  dichiarzione  integrativa  tramite  il servizio
postale  (come  del  resto  specificato  nelle  avvertenze al cennato
modello  di  dichiarazione  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale). La
norma  in discorso, invero, nel disporre che l'ufficio deve accertare
- contestualmente alla ricezione della dichiarazione - la conformita'
dei due esemplari di quest'ultima, apponendovi il timbro a calendario
e  restituendo  uno dei due esemplari ai contribuenti, fa riferimento
ad una serie di adempimenti che presuppongono un diretto rapporto tra
contribuenti  ed  ufficio.  Del  resto,  allorquando  il  legislatore
tributario  ha  volutoti concedere la possibilita' ai contribuenti di
spedire per posta le loro dichiarazioni lo ha espressamente stabilito
con  apposite  norme  (vedi,  ad esempio, l'articolo 37 del D.P.R. 26
ottobre 1972, n.633).
Si  fa,  poi,  presente  agli  uffici  stessi che, ove dovesse essere
prodotta dichiarazione integrativa, senza l'uso dell'apposito modello
anche prima dell'entrata in vigore del testo unico, essi non potranno
tenere  conto  di  tali  dichiarazioni ai fini della liquidazione del
tributo.   Sarebbe,   pero',   in  tali  casi  opportuno  invitare  i
contribuenti interessati a riprodurre le dichiarazioni prescritte nei
modi e termini di legge.
E'  doveroso  richiamare  l'attenzione  dei  dipendenti  uffici sulla
circostanza  che  ai  fini,  sia di una piu' rapida riscossione delle
somme  da  percepire a titolo di imposta complementare per il maggior
valore  integrato,  sia al fine di evitare possibili contestazioni da
pare  dei  contribuenti, si dovra' prestare la massima attenzione nel
riscontrare  i  dati  da  questi  ultimi indicati nella dichiarazione
integrativa con quelli desumibili dagli atti in possesso degli uffici
stessi   ovvero   dai   certificati  catastali  che  dovranno  essere
presentati  dagli  interessati - cosi' come previsto dalle avvertenze
al  modello  in  argomento  -  nel  caso  in  cui  tali dati non sono
rilevabili dall'atto.
Al  fine  di un rapido rilevamento statistico si pregano, infine, gli
uffici   di   comunicare   mensilmente   al   competente  Ispettorato
Compartimentale,  sia  il  numero delle dichiarazioni presentate, sia
l'ammontare  delle liquidazioni di imposta effettuate, sia il gettito
conseguito.  Gli Ispettorati Compartimentali, a loro volta, dopo aver
raccolto  i  dati  provenienti da tutti gli uffici del registro della
loro  circoscrizione,  li dovranno comunicare alla Direzione Generale
per via terminale, entro il 5 del mese successivo.
L'ultima  parte del secondo comma dell'articolo 79 stabilisce poi che
per gli atti, le scritture e le denunce relative ai beni o ai diritti
per i quali e' possibile presentare denuncia integrativa di valore, i
termini  di  decadenza per l'accertamento del maggior valore da parte
dell'ufficio,  scadenti  tra la data di pubblicazione del testo unico
nella  Gazzetta  Ufficiale (30 aprile 1986) ed il 1° luglio 1986 sono
prorogati  di  sei  mesi  da quest'ultima e cioe' fino al 31 dicembre
1986.
Per  cio'  che  concerne  la  disposizione  contenuta nel terzo comma
dell'articolo  79,  nel  richiamare quanto gia' illustrato a commento
dell'articolo   12  circa  il  nuovo  obbligo  di  registrazione  dei
contratti  verbali  di  locazione  e di affitto di beni immobili e la
conseguente  abrogazione  del  previgente  articolo 16 bis del D.P.R.
n.634  del  1972,  si  evidenzia che con la disposizione in parola il
legislatore  ha  compiutamente regolato - con una norma transitoria -
la nuova modalita' di registrazione dei contratti stessi.
E'  stato  dunque  stabilito  che per la prima proroga, anche tacita,
intervenuta  dopo  il  1°  luglio  1986,  dei  contratti in argomento
registrati  a  norma  del richiamato articolo 16 bis del D.P.R. n.634
del  1972,  deve essere presentata all'ufficio del registro richiesta
di  registrazione,  ai  sensi  e  per  gli  effetti dell'articolo 12,
mediante  denuncia  compilata  sui  moduli messi a disposizione dallo
stesso ufficio del registro.
Tale norma ha lo scopo di riattribuire ai singoli uffici del registro
la competenza in materia di tassazione dei contratti nn argomento sia
per  quanto  riguarda l'eventuale richiesta di imposte complementari,
sia  per  la  eventuale  gestione  delle pratiche di contenzioso o di
rimborso.  Particolare  attenzione merita la norma transitoria di cui
al quarto comma dello stesso articolo 79.
Posto,  infatti,  che  a  norma del testo unico il momento impositivo
della  tassazione delle obbligazioni convertibili in azioni e' quello
in  cui la obbligazione viene convertita e viene effettuato l'aumento
di  capitale,  mentre  in  vigenza  del  D.P.R.  n.634  del  1972  le
obbligazioni  venivano  tassate fin dal momento della loro emissione,
il legislatore, al fine di evitare una duplicazione nel pagamento del
tributo,  nei  casi  in  cui  il  prestito  obbligazionario sia stato
collocato  prima  dell'entrata  in  vigore  del  testo  unico,  ma la
conversione  sia  avvenuta dopo tale data, ha stabilito che l'imposta
per  l'aumento di capitale non e' dovuta fino a concorrenza di quella
pagata,   anteriormente   al   1°  luglio  1986,  in  dipendenza  del
collocamento delle obbligazioni.
Il primo comma dell'articolo 30 prevede che la disposizione del terzo
comma  dell'articolo  21, relativa agli accolli di debiti e oneri, ha
effetto  dal  1° gennaio 1973 per gli atti pubblici formati, per atti
giudiziari   pubblicati   o   emanati  e  per  le  scritture  private
autenticate o presentate per la registrazione anteriormente alla data
di  entrata  in  vigore  del testo unico, relativamente ai quali alla
data  stessa  sia  pendente  controversia o non sia ancora decorso il
termine  di  decadenza dell'azione della Finanza o quello dell'azione
del contribuente per il rimborso.
Pertanto  si invitano i dipendenti uffici a sospendere ogni eventuale
richiesta  di  imposta suppletiva relativa agli atti di compravendita
per  i  quali  il  corrispettivo  sia determinato mediante accollo di
mutuo  e  a  non  coltivare  ulteriormente  i  relativi  procedimenti
contenziosi gia' in corso.
Il secondo comma dell'articolo 80 dispone che l'imposta relativa alla
riunione  dell'usufrutto  alla  nuda  proprieta'  trasferita a titolo
oneroso  con  atti  posti  in  essere  quando  era in vigore il Regio
decreto   30   dicembre   1923,   n.3269,   si  applica  solo  se  la
consolidazione  dell'usufrutto  si  e'  verificata anteriormente alla
data di entrata in vigore del D.P.R. n.634 del 1972.
Per  effetto  della  citata  disposizione,  che  riporta il contenuto
dell'articolo  6  del  decreto-legge 6 gennaio 1986, n.2, convertito,
con modificazioni, nella legge 7 marzo 1986, n.60, rimangono superate
le istruzioni di cui alla circo]are ministeriale del 10 gennaio 1973,
n.7/3026972/72, con le quali si era precisato che la cosidetta "tassa
di  consolidazione"  dell'usufrutto  alla nuda proprieta', come parte
residua  dell'imposta  ancora  dovuta  a  complemento  di quella gia'
pagata   sull'atto  contenente  il  distacco  della  nuda  proprieta'
dall'usufrutto, doveva essere corrisposta anche per le consolidazioni
avvenute  dopo  il 31 dicembre 1972, qualora i "distacchi" si fossero
versificati entro tale data.
IL  superamento  in  via  legislativa  dell'orientamento  espresso in
materia  dall'amministrazione  finanziaria  pone  fine  ad  una lunga
vicenda interpretativa.
E'  indubbio,  comunque, che la nuova disposizione avra' come effetto
un  alleggerimento del carico di lavoro dei dipendenti uffici che non
saranno  piu'  tenuti  ne'  a  liquidare,  con il macchinoso congegnq
previsto   dal   R.D.   n.3269   del  1923,  la  cosidetta  tassa  di
consolidazione,  ne'  a  seguire,  in  via  contenziosa,  le numerose
vertenze che l'applicazione di questa particolare imposta aveva fatto
nascere fin dall'entrata in vigore del D.P.R. n.634 del 1072.
Sembra,  pero',  opportuno  richiamare  l'attenzione  dei  dipendenti
uffici  sull'esatto  ambito  di  applicazione  della  disposizione in
argomento:  cio' al fine di meglio andividaare i compiti degli uffici
stessi.
Con  l'espressione  "l'imposta  relativa alla riunione dell'usufrutto
alla  nuda  proprieta' trasferita a titolo oneroso" il legislatore si
e'  riferito  -  adottando  la  stessa  formulazione letterale - alla
fattispecie prevista dal primo comma dell'articolo 21 del R.D. n.3269
del  1923,  11  quale stabiliva: "Nella riunione dell'usufrutto alice
nuda  proprieta'  trasferita  a  titolo  oneroso l'imposta si applica
sulla  differenza  tra  il  prezzo  o  corrispettivo tassato al tempo
dell'alienazione ed il valore della piena proprieta' al momento della
riunione".
Il procedimento di imposizione del trasferimento alla nuda proprieta'
di un immobile si divideva in due fasi temporalmente distinte.
La prima, che era quella della registrazione dell'atto di vendita del
diritto  in  parola,  si  sostanziava  nel pagamento dell'imposta sul
prezzo   o   corrispettivo  dichiarato  e  nell'iscrizione  da  parte
dell'ufficio  di  un  articolo  di  memoria,  sul  campione  tasse in
sospeso,    per    la   successiva   liquidazione   dell'imposta   di
consolidazione.
La  seconda  fase,  che  seguiva  alla  denuncia  da  parte  del nudo
proprietario   dell'avvenuta  consolidazione  con  l'indicazione  del
valore   della   piena   proprieta',  si  sostanziava  nel  pagamento
dell'imposta  su  tale  ultimo  valore denunciato, detratto il valore
gia'  dichiarato  per  la  nuda  proprieta',  nel  giudizio  di stima
dell'immobile e nel pagamento dell'eventuale imposta dovuta a seguito
della rettifica del valore dichiarato per la piena proprieta'.
E'  a tale seconda fase del procedimento di imposizione che fa dunque
riferimento il secondo comma dell'articolo 80 statuendo che l'imposta
dovuta   al   momento   della   registrazione  della  denuncia  della
consolidazione  dell'usufrutto puo' essere richiesta dagli uffici del
registro   solo   se   la  consolidazione  stessa  si  e'  verificata
anteriormente al 10 gennaio 1973.
Ne  deriva  che  per  le  consolidazioni  di usufrutto verificatesi a
decorrere  da tale data e non essendo piu' le medesime consolidazioni
presupposti  per  l'integrazione  del tributo gia' pagato, gli uffici
non dovranno piu' porre in essere i sopraindicati adempimenti.
E'  da  rilevare, incidentalmente, come non assuma alcuna importanza,
ai  fini  dell'applicazione  della  norma in commento, la causa della
consolidazione  dell'usufrutto  (sia  essa  la  morte  o  la rinuncia
dell'usufruttuario,  sia  essa  il trasferimento a titolo oneroso o a
titolo  gratuito  dell'usufrutto  al  nudo  proprietario  sia essa la
scadenza del termine convenuto per la durata dell'usufrutto, ecc.).
Anche   in   considerazione  di  tale  ultima  circostanza  e'  stata
rappresentata,  da parte di alcuni dipendenti uffici, la possibilita'
che  alla  chiusura  dei  summenzionati  articoli di memoria si possa
procedere d'ufficio.
Poiche'  il  tributo  non  e'  piu'  dovuto in seguito all'entrata in
vigore  della  nuova  disciplina e tenuto conto che la estinzione del
diritto  di  usufrutto  non  comporta  trascrizione, ma semplicemente
l'annotazione  da  richiedere  presso la competente conservatoria dei
registri  immobiliari,  si  ritiene  che  i summenzionati articoli di
memoria possano essere chiusi.
Deve,   pero',  rilevarsi  che,  se  e'  dovuta,  relativamente  alla
consolidazione  dell'usufrutto, l'imposta comunale sull'incremento di
valore  degli  immobili,  in  tali  casi, dovra' essere presentata la
reiativa denuncia, e dovra' essere liquidato quest'ultimo tributo.
L'ultima  parte del secondo comma dell'articolo 80 sancisce, poi, che
non  si  puo'  far  luogo  al  rimborso delle imposte gia' pagate dai
contribuenti  per  la riunione dell'usufrutto alla nuda proprieta', a
meno  che  alla data del 20 novembre 1985, non risulti presentato dai
contribuenti  stessi  ricorso a prova della preesistente volonta' dei
medesimi di ottenere il rimborso delle imposte gia' pagate.
Per  completezza  di  trattazione  ed  al fine di eliminare dubbi che
potrebbero  sorgere  circa  l'effettiva  portata  del testo unico, si
ricorda  che  non  e' stata prevista alcuna norma, nemmeno fra quelle
transitorie,   in  materia  di  agevolazioni  ed  esenzioni  ai  fini
dell'imposta  di  registro. Cio' non significa, peraltro, che debbano
intendersi abrogate le agevolazioni attualmente in vigore, sia quelle
previste dal secondo comma dell'articolo 80 del D.P.R. n.G34 del 1972
e  sia quelle stabilite con leggi successive al l° gennaio 1973, data
di entrata in vigore del ripetuto D.P.R. n.634 del 1972.
Invero,   tutta   la   complessa  materia  delle  esenzioni  e  delle
agevolazioni, non regolata del testo unico in esame, formera' oggetto
di apposito testo unico in corso di preparazione.

                               TARIFFA
                             PARTE PRIMA
           ATTI SOGGETTI A REGISTRAZIONE IN TERMINE FISSO

La  tariffa  allegata al testo unico in esame conserva in sostanza la
stessa impostazione e la stessa numerazione di articoli della tariffa
allegata al D.P.R. n. 634 del 1972, quindi nella prima parte sono sta
ti  compresi  gli  atti  soggetti  a registrazione in termine fisso e
nella se conda quelli soggetti a registrazione in caso d'uso.
Nella  parte prima della tariffa e' stato soppresso l'articolo 1-bis,
riguardante  gli atti traslativi a titolo oneroso di terreni agricoli
e  relative  pertinenze  nonche' gli atti traslativi o costitutivi di
diritti  reali immobiliari, compresa la rinuncia pura e semplice agli
stessi,   e   la   norma   che  lo  sostanziava  e'  stata  riportata
integralmente  nel  corrispondente  articolo  1 del testo unico. Tale
articolo, prevedendo ora an che gli atti concernenti il trasferimento
di  immobili  di interesse storico, artistico e archeologico soggetti
alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, nonche' gli atti di trasferimento
di  immobili situati all'estero o di diritti reali di godimento sugli
stessi,   presenta   una   sistematica  piu'  organica  di  tutte  le
fattispecie  relative  agli  atti  di trasferimento di beni o diritti
immobiliari,  consentendo  in  tal  modo  una  migliore lettura delle
disposizioni in esso contenute.
Nella  prima parte del suddetto articolo, sono riprodotte le norme di
cui  al  primo  comma dell'articolo 1 della parte prima della tariffa
allegata al D.P.R. n. 634 del 1972, con la sola esclusione degli atti
di concessione di miniere compresi nel successivo articolo 5.
Giova,  infine, porre in rilievo che nell'articolo 1 in argomento non
e'  stata  confermata  la disposizione prevista nel D.P.R. n. 634 del
1g72,  che  stabiliva  l'applicazione  dell'aliquota ridotta al 6% (o
all'11,25%  per  i  trasferimenti  di  terreni agricoli) per gli atti
traslativi posti in essere entro cinque anni da altro trasferimento a
titolo  oneroso  dello  stesso  immobile  o  diritto immobiliare gia'
assoggettato all'imposta normale.
Tale  soppressione  e'  dovuta, da un lato, al fatto che la norma non
trovava  piu',  a  differenza  di quanto accadeva all'epoca della sua
formulazione,  una congrua motivazione socio-economica e, dell'altro,
alla  circostanza che la norma stessa risultava mal coordinata con il
sistema  normativo  di  altri  tributi (vedi, ad esempio, il disposto
dell'articolo 76 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597).
Con  la  seconda  parte  dell'articolo  1 in esame si e' rielaborata,
mediante l'assorbimento, come gia' precisato, dell'articolo 1 bis del
D.P.R.  n.  634  del 1972, la disposizione introdotta dall'artitolo 2
della  legge 21 febbraio 1977, n. 36, secondo cui gli atti traslativi
a  titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze, gli atti
traslativi  o costitutivi di diritti reali immobiliari sui medesimi e
la  rinuncia  pura  e  semplice agli stessi, scontano la aliquota del
15%.
Con  l'attuale formulazione della norma in parola sono stati compresi
tutti  i  tipi  di  trasferimenti  (anche  coattivi) a titolo oneroso
aventi per oggetto sia la proprieta', sia i diritti reali immobiliari
di   godimento   relativamente   a  terreni  agricoli  (  e  relative
pertinenze).
Dato  che la disposizione in disamina esclude dall'applicazione della
citata aliquota del 15% gli atti stipulati da imprenditori agricoli a
titolo  principale  o  da  associazioni o societa' cooperative di cui
agli  articoli 12 e 13 della legge 9 maggio 1975, numero 153, si deve
affermare  che per detti atti si applica in genere l'aliquota dell'8%
(come,  d'altra  parte, chiarito dalla nota I), salvo quanto disposto
dalle norme agevolative per la cooperazione.
Nella  ricordata  nota  I)  e' stato confermato quanto previsto nella
nota  aggiuntiva  al  previgente  articolo  1 bis circa gli obbli ghi
degli  acquirenti che in ordine alla certificazione della sussistenza
dei  requisiti  di  cui ai menzionati articoli 12 e 13 della legge n.
153  del  1975,  con l'ulteriore precisazione secondo la quale, nelle
ipotesi  in  cui  ai  procede al recupero della differenza di imposta
(per  mancata  presentazione  della  documentazione  prescritta) sono
dovuti  gli interessi di mora di cui al quarto comma dell'articolo 55
del testo unico e, quindi, nella misura del 6% semestrali.
Viene  altresi'  precisato  nella  nota  in  commento  che  i  citati
interessi decorrono dal momento del pagamento dell'imposta principale
oppure,  nell'ipotesi di mutamento della destinazione, da tale ultimo
momento.
Da  rilevare  che  la  terza  parte dell'articolo 1 e la nota seconda
riguardano   i  trasferimenti  che  hanno  per  oggetto  immobili  di
interesse  storico,  artistico ed archeologico soggetti alla legge 1°
giugno 1939, n. 1089.
Tali  disposizioni  sono state recepite dall'articolo 5 della legge 2
agosto 1982, n. 512.
Nella  quarta  parte  dell'articolo  in  esame, rispetto al testo del
1972,  e'  stato  precisato  che  sconta l'imposta in misura fissa il
trasferimento immobiliare posto in essere a favore non soltanto dello
Stato  o  degli  enti  pubblici  territoriali  (Regioni,  Province  e
Comuni),  ma anche quello effettuato a favore dei consorzi costituiti
tra detti enti e quello a favore delle comunita' montane.
Per  quanto  riguarda i consorzi, la previsione dell'estersio ne agli
stessi   del   trattamento   di   favore  sopraindicato  ha  recepito
l'orientamento in tal senso seguito dall'amministrazione finanziaria,
la  quale  aveva  gia' avuto modo di affermare in diverse risoluzioni
che  la  norma agevolativa "de qua" doveva trovare applicazione anche
nei confronti dei consorzi costituiti tra enti pubblici territoriali,
dato  che  pure in quest'ultima ipotesi trattasi, in defintiva, degli
etessi  soggetti  destinatari,  considerati non piu' singolarmente ma
riuniti in una particolare organizzazione.
Si deve pero' ribadire in questa sede che l'applicazione dell'imposta
fissa  dovra'  ammettersi  nei  rigorosi  limiti  soggettivi  innanzi
indicati,   e  cioe'  nei  soli  confronti  dei  consorzi  costituiti
esclusivamente tra enti pubblici territoriali, con la conseguenza che
deve  negarsi  il  trattamento di favore ad analoghi organismi in cui
partecipino, ai sensi dell'articolo 172 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383
(legge  comunale  e  provinciale),  anche  enti  pub blici diversi da
quelli sopra specificati.
Per  quanto  concerne  le comunita' montane, la disposizione in esame
non  fa  che  confermare  quanto gia' stabilito dall'articolo 5 della
legge  23  marzo  1981,  n.  93,  secondo  cui  ai  trasferimenti  di
proprieta'  a  qualsiasi  ti tolo a favore delle comunita' montane si
applicano le disposizioni fiscali in vigore per i comuni.
L'articolo  2 e' stato, rispetto alla precedente formulazione dell'ar
ticolo  2  della  parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n. 634
del 1972, ampiamente ristrutturato e modificato.
Lo  stesso,  infatti, suddiviso in due commi, detta disposizioni che,
in parte, non erano previste dal decreto del 1972.
Se  la prima norma del primo comma riproduce la previgente disposizio
ne,  specificando pero', per maggiore chiarezza, che non rientrano in
essa  oltre che i beni immobili ed i diritti reali immobiliari, anche
gli  autoveicoli,  la  cui  tassazione  e'  regolata  dal  successivo
articolo  7,con  la  seconda  par'  te del suddetto articolo e' stata
prevista  l'imposta  fissa  nei casi in cui il trasferimento dei beni
avviene  a  favore  dello  Stato  ovvero  di  altri  enti  pub  blici
meritevoli di un particolare trattamento fiscale.
Con  tale  norma e' stato uniformato	il trattamento	dei trasferimenti
agli  enti suddetti dei beni mobili a quello gia' previsto per i beni
immobili,   la   cui  tassazione  in  misura  fissa  era  contemplata
dall'articolo 1 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n.
634 del 1972.
La   diversita'  non  solo  non  trovava  giustificazioni  sul  piano
giuridico,  ma creava difficolta' pratiche e interpretative su quello
tecnico am ministrativo.
Sembra  opportuno,  poi,  richiamare  l'attenzione  sul secondo comma
dell'articolo in parola.
E'  stata,  invero, prevista una autonoma tassazione dei contratti di
associazione  in  partecipazione,  con  apporto  di  beni  diversi da
immobili  e  da  autoveicoli. Poiche', infatti, come ai e' gia' fatto
presente,  la  norma relativa alla base imponibile delle associazioni
in partecipazione e' stata piu' correttamente collocata nell'articolo
43  del  testo  unico,  e cioe' fra quelle concernenti i contratti di
scambio  in  genere,  e' stata conseguen temente prevista l'aliquota,
sebbene in misura autonoma, per la tassazione dei contratti in parola
nell'ambito dell'articolo 2 in argomento.
Poiche' la norma indica quali apporti devono essere tassati ai sei si
dell'articolo  in parola, gli uffici dovranno percepire la imposta di
cui  agli  articoli  1 e 7 della parte prima, della tariffa qualora i
contratti contemplino gli apporti previsti da questi ultimi articoli.
Peraltro,  poiche' il secondo comma stabilisce che l'aliquota dell'l%
e'  applicabile  in  presenza  di  "apporto di beni", se il contratto
prevede  anche  apporto  di  lavoro per un valore distinto, su questo
ultimo  e'  applicabile  l'imposta fissa di cui all'articolo 10 della
parte seconda del la tariffa. Qualora, invece, il valore dell'apporto
di  beni  e  quello  dello  apporto  di  lavoro  non fossero indicati
distintamente,  sarebbe  applicabile  l'aliquota  dell'1% sull'intero
imponibile a norma del primo comma dell'ar ticolo 23 del testo unico.
Per  completezza  di  trattazione si fa presente che ove i contrat ti
della specie dovessero essere stipulati per corrispondenza gli stessi
dovranno essere presentati per la registrazione entro 20 giorni dalla
data  della  loro  conclusione,  non essendo tali ipotesi considerate
dall'articolo 1 della parte seconda della tariffa che indica, fra gli
atti  da  registrare  in  caso  d'uso, espressamente quelli di cui al
primo comma dell'articolo in trattazione.
L'articolo  3, rispetto all'articolo corrispondente del D.P.R. n. 634
del  1972,  indica che la norma si applica a tutti gli atti di natura
dichiarativa tranne quelli aventi per oggetto gli autoveicoli.
Molto  opportunamente  il  legislatore  ha  riportato nel corpo della
norma  una disposizione gia' esistente in precedenza ma che compariva
nella nota al citato articolo 3 del D.P.R. n. 634.
La  nota  8  stata  eliminata,  in  quanto,  per  cio'  che  concerne
l'assegnazione   ed   ogni  eventuale  atto  di  natura  dichiarativa
derivanti  da atti sociali, il richiamo sarebbe risultato pleonastico
essendo  stata  la fattispecie puntualmente prevista dalla lettera d)
del successivo art. 4.
L'articolo 4 nella nuova formulazione prevede le aliquote applicabili
agli  atti propri delle societa' di qualunque tipo ed oggetto e degli
enti diversi dalle societa' compresi i consorzi, le associazioni e le
altre  organizzazioni  di  persone  o  di  beni,  aventi  per oggetto
esclusivo   o  principale  l'esercizio  di  attivita'  commerciali  o
agricole.
Relativamente  agli  atti  delle  societa' ed enti di cui trattasi lo
articolo  precisa  che  deve  aversi riguardo agli "atti propri", con
evidente  riferimento  agli  atti tipici delle societa' e degli altri
enti suindicati che, nella loro specifica qualita', solo essi possono
porre in essere.
Nell'ambito  degli "atti propri" sono individuati, in modo esaustivo,
quelli   che   per   natura   e   contenuto  economico  (ad  esempio,
conferimento) sono rilevanti agli effetti dell'imposta di registro.
Coordinando  tale disposizione con quella di cui all'articolo 9 della
tabella  che  elimina  l'obbligo di chiedere la registrazione per gli
"atti  propri" dei soggetti di cui sopra "diversi" da quelli indicati
nell'articolo 4 in commento, se ne ricava una conseguenza destinata a
risolvere  i  dubbi interpretativi sorti in relazione alla previgente
disciplina,  dubbi che si fondavano sul dilemma se un atto societario
non previsto nell'articolo 4 della prima parte della tariffa allegata
al  D.P.R. n. 634 del 1972 dovesse soggiacere alla diversa tassazione
proporzionale  di  cui all'articolo 9 di tale ultima tariffa o andare
invece   esente   dall'obbligo  della  registrazione.  E'  appunto  a
quest'ultima conclusione che e' pervenuto il legislatore delegato per
gli  atti  tipici  delle  societa'  e  degli  enti  non espressamente
indicati nell'articolo 4.
Rimanendo,  dunque,  soggetti  all'imposta i conferimenti eseguiti in
sede  di  costituzione  o  di  aumento di capitale della societa', al
numero  1)  della lettera a) del primo comma dell'articolo 4 e' stato
precisato  che  se  il conferimento ha per oggetto la proprieta' o un
diritto reale di godimento su beni immobili, si applicano le aliquote
previste  per  i trasferimenti di immobili dal precedente articolo 1.
Ne  consegue  che  ove  fossero  conferiti beni di interesse storico,
artistico  e  archeologico,  soggetti  alla  legge 1° giugno 1939, n.
1089,  tale  conferimento  dovra' scontare l'aliquota del 4% prevista
dalla  terza  parte  dell'articolo  1  della  tariffa in esame. Resta
inteso  che  le  condizioni stabilite a carico dei contribuenti dalla
nota  II)  apposta  al  cennato  articolo  1 dovranno essere vagliate
dall'ufficio anche relativamente agli atti di conferimento in parola.
E'  da  sottolineare  che  la  lettera  a)  in	discorso  cha compreso
nell'imposizione  qualsiasi  conferimento che comporti un aumento del
patrimonio   nella   considerazione   che   anche  tali  conferimenti
realizzano  un  trasferimento  da  un soggetto ad un altro al pari di
quelli  fatti  in  se  de di aumento di capitali. Per tali aumenti di
patrimonio  la  tassazione  viene  operata  sulla base della denuncia
prevista dalla nota I) all'articolo in esame.
In  merito  al conferimento di fabbricati destinati specificamente ad
attivita'  commerciali e non suscettibili di altra destinazione senza
radicale  trasformazione  si  segnala che l'aliquota del 4% riguarda,
con  la  nuova  formulazione  della norma, anche le aree destinate ad
essere  utilizzate  per  la costruzione di fabbricati commerciali non
suscettibili di diversa destinazione o come loro pertinenze.
La  norma in sostanza tende e perequare l'onere tributario in sede di
conferimento,  sia  per  l'ipotesi  in  cui  l'apporto ha per oggetto
direttamente  un  fabbricato  commerciale,  che  nell'ipotesi ari cui
abbia  per  oggetto  un'area  da  utilizzare per la costruzione di un
fabbricato della stessa natura.
La  nuova  disposizione  opera  anche  per  le aree pertinenziali dei
fabbricati commerciali da edificare con le suddette caratteristiche.
Peraltro,  al  fine  di evitare abusi, la legge prevede la condizione
che   i   fabbricati   devono   essere   ultimati,  con  le  indicate
caratteristiche, entro cinque anni dal conferimento del terreno.
Gli  uffici  del  registro,  nel  procedere  alla  tassazione di atti
portanti  il conferimento di terreni di cui sopra, dovranno iscrivere
articolo  a campione unico ai fini dell'accertamento della verificata
condizione  di legge e dei requisiti, nonche', eventualmente, ai fini
del recupero della differenza d'imposta.
In  relazione  al  conferimento  di  proprieta'  o  diritto  reale di
godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami
dell'impresa  si rinvia, in ordine alla configurazione del "complesso
aziendale"  conformemente  all'espressione  adottata  dall'articolo 7
della  legge 16 dicembre 1977, n. 904, a quanto gia' chiarito in sede
di commento dell'articolo 50 del testo unico.
Inoltre,  la  nuova  espressione  di  cui  al punto 3) dell'art. 4 in
commento - in luogo di quella "conferimenti di azienda o di complessi
a  ziendali  relativi  a  singoli  rami  dell'impresa,  fatti  da una
societa'  ad  altra societa' esistente o da costituire", che esisteva
nella  corrispondente  norma del D.P.R. n. 634 del 1972, recepisce le
innovazioni  apportate  dall'art.  7 della succitata legge n. 904 del
1977,  confermando  l'applicazione  dell'unica  aliquota  dell'l% per
qualunque  tipo  di  conferimento  (e  quindi  anche  da  parte di un
imprenditore   individuale)  ferma  restando  la  condizione  che  il
soggetto  destinatario  sia  uno  di  quelli  contemplati dalla parte
introduttiva del ricordato art. 4 in commento.
L'articolo  in  parola ha previsto anche, con il n. 4), che, nel caso
di  conferimento  di  proprieta'  o  di diritto reale di godimento su
autoveicoli,  devono  essere  corrisposte le stesse imposte di cui al
successivo  art.  7.  L'inserimento  di  tale  specifica disposizione
dirime i dubbi sorti nel vigore del D.P.R. n. 634 del 1972 in quanto,
in  mancanza di una espressa disposizione di legge, da parte di molti
uffici si riteneva che l'imposta prevista per il conferimento di tali
beni  o  diritti  fosse quella dell'l% indicata dal n. 3) dell'art. 4
della parte prima della tariffa allegata al decreto da ultimo citato.
La  tassazione  dell'aumento  di  capitale mediante la conversione di
obbligazioni  in  azioni,  espressamente  disciplinata  dall'articolo
2420-bis  del  codice  civile, e' stata prevista esplicitamente dalla
prima  parte  del  n.6) della lettera a) della norma in commento, con
riferimento  a quanto disposto dal sesto comma dell'art. 27 del testo
unico al cui commento si fa rinvio.
Sembra  opportuno  fa presente che, non avendo l'art. 4 riprodotto la
disposizione  di  cui alla lettera e) del corrispondente art. 4 della
parte  prima della tariffa allegata al L.P.R. n. 634 del 1972, non e'
piu'   prevista   la   tassazione  delle  delibere  di  emissione  di
obbligazioni o di altri titoli di credito emessi in serie.
Il   legislatore  ha,  infatti,  ritenuto  opportuno  adeguarsi  alle
disposizioni  contenute  nell'art. 11 della direttiva gia' richiamata
della  Comunita'  Economica  Europea  del  1969,  n. 335, che dispone
l'esenzione,  dalla  cosiddetta  imposta sulla raccolta dei capitali,
dell'emissione dei predetti titoli.
Altra  espressa  previsione di cui al punto 6) lettera a) dell'art. 4
in  discorso  e'  quella  relativa  alla  tassazione  del passaggio a
capitale  di  riserve  diverse da quelle costituite con sopraprezzi o
con  versamenti  dei  soci  in  conto capitale o a fondo perduto e da
quelle  iscritte  in  bilancio  a  norma  di  leggi  di rivalutazione
monetaria.
Appare  opportuno a questo proposito precisare che la norma prende in
considerazione  il  "passaggio  a  capitale  di  riserve" e non anche
l'ultilizzazione   delle   riserve   stesse   nell'ipotesi   in   cui
l'operazione  venisse effettuata per coprire le perdite di esercizio.
In  quest'ultima  ipotesi,  invero,  l'applicazione  del  tributo non
sarebbe  giustificata in quanto non si verificherebbe alcuna modifica
statutaria,  rimanendo  il  capitale  sempre  dello stesso ammontare.
Conseguentemente  gli atti della specie devono ritenersi compresi fra
quelli di cui all'art. 9 della tabella.
Nel   caso   di  passaggio  a  capitale  di  riserve  costituite  con
sopraprezzi  la  ragione  dell'inapplicabilita'  del  tributo risiede
nella  considerazione  che,  essendo  il  sopraprezzo  costituito dal
maggior  onere a carico dell'azionista o partecipante nell'ipotesi di
scarto  tra  valore nominale e valore venale delle azioni o quote, la
relativa   tassazione   e'   gia'  avvenuta  in  sede  di  tassazione
dell'aumento di capitale.
Altra  disposizione  contenuta  nel  predetto punto 6) dell'art. 4 e'
quel la relativa ella non tassabilita' del passaggio a capitale delle
riserve  costituite  con  versamenti  dei  soci in conto capitale o a
fondo  perduto. A proposito di tali versamenti la prima nota all'art.
4  in  rassegna  dispone  che  "per conferimenti si intendono anche i
versamenti  in  conto  capitale  o  a  fondo  perduto fatto dai soci,
associati  o  partecipanti",  dettando,  peraltro,  le  modalita' per
l'applicazione dell'imposta. Risulta evidente, pertanto, come non sia
imponibile  il  passaggio  a  capitale delle riserve formate con tali
conferimenti gia' tassati.
Il  ripetuto  punto 6) prevede,infine, l'esenzione dall'imposta per i
passaggi  a capitale di riserve iscritte in bilancio a norma di leggi
di  rivalutazione  monetaria.  Viene  cosi'  seperato  l'orientamento
espresso  dall'amministrazione  con  la nota del 14 febbraio 1983, n.
250967, tendente a considerare tassabili gli atti del genere.
Per  completezza  d'argomento si richiama l'attenzione dei dipendenti
uffici  sulla  seconda  nota  all'art.  4  in  esame, che, in caso di
riduzione  del  capitale  per  perdite,  esenta  dall'imposta, fino a
concorrenza  dell'ammontare della riduzione, i conferimenti in danaro
relativi all'aumento di capitale contemporaneamente deliberato.
Gli  esempi piu' evidenti di operazioni del genere sono rappresentati
dalle  ipotesi  contemplate  dagli  articoli  2446  e 2447 del codice
civile  (adeguamento del capitale di societa' per azioni diminuito di
oltre  un terzo per perdite al fine, rispettivamente, di integrarlo o
di  riportarlo  ad  un  ammontare  non  inferiore  al minimo legale),
ipotesi per le quali l'assenza di una disciplina specifica nel D.P.R.
n. 634 del 1972 non poteva che comportare la tassazione proporzionale
delle operazioni stesse.
La norma in esame dispone, ora, l'inapplicabilita' dell'imposta per i
conferimenti   necessari   per  riportare  il  capitale  alla  misura
preesistente  al  la  riduzione  per  perdite. L'inapplicabilita' del
tributo, peraltro, e' subordinata alla condizione che la delibera con
la  quale e' reintegrato il capitale fino al suo precedente ammontare
sia  adottata  nel  corso della stessa assemblea che ha deliberato la
riduzione per perdite e che il conferimento sia in danaro.
Il  regime  piu' favorevole introdotto con la citata nota rappresenta
un  limitato  adeguamento  alla  direttiva  della Comunita' Economica
Europea  del  1969,  n. 335, la quale, all'art. 7, paragrafo 3 - come
modificato  dall'art.  1  della  direttiva  10  giugno  1985  -,  con
riferimento  all'aumento  del  capitale  di  una societa' di capitali
mediante  conferimento  di beni di qualsiasi natura, sempre che' tale
aumento  faccia  seguito  ad  una riduzione del capitale effettuato a
causa  di  perdite subite ed avvenga nei quattro anni successivi alla
riduzione   del   capitale,   consente   l'esenzione   per  la  parte
dell'aumento corrispondente alla riduzione del capitale.
Si richiama l'attenzione dei dipendenti uffici sulla quarta nota allo
art.  4  riferentesi  alla  lettera a), dello stesso articolo fin qui
commentata,  ed  alla  lettera  b),  che  in  sostanza  riproduce  la
precedente  disposizione  relativa  alle fusioni fra societa', ma che
prevede  anche le analoghe operazioni poste in essere da enti diversi
dalle societa'.
Tale   nota   contempla   un   trattamento   di   favore  consistente
nell'applicazione   della  sola  imposta  fissa  quando  la  societa'
deatinataria  del conferimento o la societa' risultante dalla fusione
o  incorporante  ha  la  sede  legale o amministrativa in altro Stato
membro  della  Comunita'  Economica  Europea. Detta nota riproduce in
parte  la nota al corrispondente articolo del D.P.R. n. 634 del 1972,
la quale, poiche' era posta dopo la lettera b) dello stesso articolo,
che  riguardava,  oltre  le  fusioni,  i  conferimenti  di  aziende o
complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa, si riferiva
soltanto  a  detti  conferimenti  e non a tutti quelli previsti dalla
lettera a) del ripetuto articolo.
Ne   consegue   che  per  effetto  della  nuova  nota,  il  beneficio
dell'imposta   fissa   si   applica  altresi'  a  qualsiasi  tipo  di
conferimento  in  societa',  sempreche' sussista il cennato requisito
della sede comunitaria della societa' stessa.
Collegando detta nuova quarta nota con la disposizione - non prevista
nel  D.P.R.  n.  634 del 1972 - di cui alla lettera f) dell'art. 4 in
argomento,  che  comporta  l'aliquota  proporzionale  dell'l%  per le
operazioni  di  societa'  ed  enti esteri di cui all'art. 4 del testo
unico, ne risulta una disciplina complessiva degli atti ed operazioni
di  societa' ed enti esteri piu' chiara e maggiormente informata allo
spirito   comunitario,   tendente  a  livellare  l'imposizione  sulla
raccolta dei capitali nell'area del mercato comune europeo in modo da
non turbare la libera circolazione dei capitali stessi.
Per  quanto  riguarda  le  regolarizzazione  di  societa'  di  fatto,
derivanti   da   comunione  ereditaria  di  azienda,  tra  eredi  che
continuano in forma societaria l'esecizio dell'impresa, la lettera e)
del  ricordato art. 4, recependo l'art. 3, secondo comma, della legge
23  dicembre  1982,  n.  947,  stabilisce,  la  aliquota dell'imposta
proporzionale  nella misura dell'l%. Tale aliquota, pero', si applica
- come precisa la quinta nota all'art. 4 in commento - solo se l'atto
di  regolarizzazione  e' registrato entro un anno dall'apertura della
successione.
La  "ratio" della norma di cui alla lettera e) dell'articolo in esame
appare  essere  quella di consentire agli eredi, entro un ragionevole
lasso  di  tempo  fissato  in  un anno, di valutare l'opportunita' di
continuare  o  meno  in  comune l'attivita' dell'impresa, senza dover
corrispondere,  dopo aver assolto di regola l'imposta di successione,
anche l'imposta di registro per la costituzione della societa'.
Diversamente   si   renderanno   applicabili   le   normali   imposte
proporzionali,  secondo  la  natura dei beni, sull'enunciazione della
costituzione  di  societa',  fatta  in sede di regolarizzazione, come
avverte  la  quinta  nota  all'articolo  in  argomento,  la  quale al
riguardo richiama l'art. 22 del testo unico.
La  normativa  di  cui  all'art.  4  in rassegna non ha riprodotto la
disposizione contenuta nella prima parte della nota al corrispondente
articolo  del  D.P.R.  n.  634  del  1972  che,  con riferimento alle
societa'  ed  altri  enti  menzionati  nello stesso articolo, preveda
l'assimilazione  alle  costituzioni delle proroghe deliberate dopo la
scadenza.
Pertanto,  non  essendo  stata  riprodotta tale norma, le proroghe di
qualsiasi  tipo  di societa', siano esse di capitali, che di persone,
anche  se  deliberate dopo la scadenza daranno luogo non ad una nuova
tassazione  come  nuova costituzione di societa', ma saranno soggette
all'imposta fissa.
La  nuova  norma elimina una disarmonia della legislazione precedente
con le disposizioni di diritto comune, nonche' con l'art. 4, punto 3,
lettera  d)  della  direttiva  della  Comunita' Economica Europea del
1969,  n.  335,  il  quale, non distinguendo fra proroghe di societa'
deliberate  anteriormente  e  quelle  deliberate successivamente alla
scadenza,  tende  ad  equiparare,  sotto  un'unica disciplina, sia le
prime, che le seconde.
L'art.  5 e' stato ristrutturato in quattro commi, il primo dei quali
identico  alla  precedente  formulazione,  e' relativo agli affitti e
locazioni di beni immobili.
Si coglie l'occasione per chiarire, al riguardo, che pur nel silenzio
della  legge  che  non  li indica espressamente, debbono considerarsi
inclusi   nella  previsione  legislativa  anche  i  subaffitti  e  le
sublocazioni,  in  quanto  in entrambe le fattiscpecie il conduttore,
nel  concedere  il  bene  in subaffitto od in sublocazione, assume la
veste propria del concedente.
Il  secondo  comma  regola  l'imposizione  delle concessioni sui beni
demaniali e delle relative cessioni e surrogazioni.
La  norma  pone fine ad un lungo periodo di incertezze interpretative
in ordine ai criteri di tassazione di tali atti prevedendo l'aliquota
del 2% per tutte le concessioni su beni demaniali.
Il  terzo  comma  conserva  la previgente aliquota dello 0,50% per le
concessioni  di  diritti  d'acqua.  Tale comma non comprende, come la
precedente  normativa,  i  contratti  di soccida e le convenzioni per
pascolo e per alimento degli animali.
Detti   contratti,   invero,  sono  stati  inseriti  dal  legislatore
nell'articolo  10  della  tabella  e  quindi sono esenti dall'obbligo
della registrazione.
Tale  inserimento  e  l'aver  concesso  agli  stessi atti il medesimo
trattamento  di  favore  previsto  per  quelli di mezzadria e colonia
trovano fondamento nell'opportunita' di non gravare di imposte negozi
di  rilievo  sociale,  relativamente,  peraltro, ad un settore, quale
quello agricolo, meritevole di considerazione.
Con il quarto comma e' stato previsto che i comodati di beni immobili
devono essere tassati in misura fissa; con tale disposizione e' stato
codificato un principio gia' riconosciuto dall'Amministrazione con la
circolare dello 8 ottobre 1976, n. 3/250873.
Infine,  i  contratti di comodato aventi per oggetto beni mobili, ove
vengano  redatti per scrittura privata non autenticata, devono essere
assoggettati  a  registrazione soltanto in caso d'uso. Tale specifica
norma e' ora contenuta nell'art. 3 della parte seconda della tariffa.
Con  l'art.  6,  da un lato, e' stata prevista l'aliquota dello 0,50%
per  le  cessioni di credito prescindendo dalla qualita' dei soggetti
partecipanti  alla  operazione  e,  dall'altro, e' stato chiarito che
l'articolo  stesso  non  riguarda  le  quietanze  rilasciate mediante
scrittura privata non autenticata, le quali sono soggette all'imposta
solo  in  caso  d'uso, ai sensi dell'art. 5 della parte seconda della
tariffa.
La  nota  all'articolo  in  argomento  riesamina,  poi,  i criteri di
tassazione  degli atti portanti garanzie personali prestate in solido
da  piu' soggetti disponendo che gli stessi atti sono soggetti ad una
sola  imposta  fissa, salva l'applicazione delle imposte fisse per le
garanzie prestate sempre in solido,ma con atto separato.
Come   e'   noto   l'amministrazione  finanziaria  sottolineando  che
l'obbligazione  solidale determina, per costante giurisprudenza della
Corde  di  Cassazione,  una  pluralita' di vincoli e che il creditore
ottiene   una   ben  piu'  consistente  garanzia  per  effetto  della
pluralita'   dei  fideiussori,  sosteneva  che  l'unica  fideiussione
prestata  in un unico atto (o in piu' atti contemporanei e collegati)
da  piu'  garanti  a  favore  del  medesimo debitore e per l'identica
obbligazione  principale  dovesse  essere  tassata tante volte quanti
erano  i  fideiussori,  cioe'  come  se  si  fosse  trattato di tante
distinte  fideiussioni  (cfr.  la  risoluzione del 26 aprile 1978, n.
250054 e, da ultima, la risoluzione del 1° agosto 1984, n. 240891).
Tale   principio,   pur   confortato  dalla  decisione  emessa  dalla
commissione tributaria centrale, a sezioni unite, il 27 gennaio 1984,
n.  797,  e'  stato, tuttavia, disatteso dalle commissioni di merito,
nonche'  successivamente dalla stessa commissione tributaria centrale
con le decisioni del 22 alaggio 1984, numeri 5491 e 5492.
Il  legislatore,  ponendo  fine  alle  divergenze  negli orientamenti
giurisprudenziali, con il testo unico in argomento ha inteso dare una
soluzione   definitiva  alla  delicata  questione,  adottando,  nella
specie, il criterio della tassazione unica.
Ne  consegue  che  deve applicarsi la sola imposta nelle misura dello
0,50%  sulla somma garantita allorche' piu' persone prestino garanzie
per  un  medesimo debitore e per uno stesso debito, congiuntamente in
uno  stesso  atto  o  anche  in  atti  diversi;  in tale ultimo caso,
peraltro,  gli  atti  posti in essere sono soggetti all'imposta fissa
(in  aggiunta  all'imposta proporzionale pagata sull'atto di garanzia
cui  si collegano) sempreche' dal loro contenuto risulti l'assunzione
della garanzia in solido con altri.
Gli  uffici  in  indirizzo dovranno porre la propria attenzione sulle
caratteristiche  della  cofideiussione  o fideiussione cumulativa nei
termini dianzi esposti, non dimenticando che quest'ultima garanzia si
differenzia  dalla  pluralita'  di fideiussioni rilasciate da diversi
garanti ognuno per suo conto.
Gli  uffici,  dunque,  dovranno  porre  attenzione  alle seguenti tre
ipotesi:
a)  quando piu' soggetti prestano in solido garanzia personale per un
medesimo  debitore  e  per  uno  stesso debito, congiuntamente in uno
stesso  atto, si applica una sola imposta nella misura dello 0,50% da
commisurarsi,  a  norma  dell'art.  43,  lettera f), del testo unico,
sulla somma garantita;
b)  quando  vengono  prestate  in  solido  garanzie personali da piu'
soggetti  per  un medesimo debitore e per uno stesso debito, mediante
la  stipula  di  atti separati e non contestuali, (ma collegati sotto
l'aspetto  della  garanzia)  si  applica  una  sola  volta  l'imposta
proporzionale  dello  0,50%  sulla  somma  garantita e, inoltre, sono
dovute tante imposte fisse quanti sono gli altri atti;
c)  allorche'  vengono  prestate  garanzie  personali autonome per un
medesimo  debitore  e  per  uno  stesso  debito  da piu' fideiussori,
divenuti tali con contratti distinti, non si concreta l'ipotesi della
cofideiussione,   ma   si   realizza   una   semplice  pluralita'  di
fideiussioni  autonome  e  separate:  in  tal  caso sono dovute tante
imposte   proporzionali   nella  misura  suaccennata  quanti  sono  i
contratti.
L'articolo   8  della  parte  prima  della  tariffa,  che  regola  la
tassazione   degli   atti   giudiziari  in  stretta  connessione  con
l'articolo  37  del  testo  unico  in argomento, presenta solo alcune
novita'  degne  di  notazione  mentre  si appalesa notevole lo sforzo
compiuto dal legislatore di condensare sempre piu' sinteticamente, in
un  unico  articolato,  in  precedenza  gia'  abbastanza  conciso, le
disposizioni  di  legge  e  quelle  della tariffa che si ripercuotono
sugli atti di specie.
Rispetto alla formulazione dell'articolo 8 del D.P.R. n. 634 del 1972
sono  state unificate nella nuova lettera a), le lettere a), a bis) e
b)  nonche'  la  prima  parte  della  lettera  c), cioe' la locuzione
"aventi  per  oggeto  beni e diritti diversi da quelli indicati nelle
lettere  a)  e  b)",  in  modo  da  rendere possibile, con l'apposito
richiamo  apposto  a  margine,  l'integrale applicazione delle stesse
aliquote  previste  dalla  tariffa per le corrispondenti fatti specie
contrattuali.
Si  richiama, peraltro, l'attenzione degli uffici sulla disposizione,
in  precedenza  non  prevista,  che  con  il dettato della lettera e)
dell'articolo  in esame chiarisce che sono soggette all'imposta fissa
le  sentenze  che dichiarano la nullita' o pronunciano l'annullamento
di un atto, ancorche' portanti condanna alla restituzione di danaro o
di beni, o la risoluzione di un contratto.
La  disposizione  in  parola fornisce un definitivo chiarimento nella
soggetta  materia,  eliminando le perplessita', sovente manifestatesi
nella  vigenza  del  D.P.R.  n.634 del 1972, circa la possibilita' di
applicare  per  i  provvedimenti  giudiziari  di  specie la cosidetta
imposta di retrocessione.
E'  stato,  poi,  recepito  alla  lettera  f)  dell'articolo,  con la
previsione  dell'applicazione  dell'imposta  di registro nella misura
fissa, il criterio impositivo previsto dalla legge 10 maggio 1976, n.
260,  per  le  sentenze di scioglimento o di cessazione degli effetti
civili  dei  matrimonio  e  quelle di separazione personale ancorche'
recanti  condanne  al  pagamento  di  assegni  o attribuzioni di beni
patrimoniali,   gia'   facenti   parte   di  comunione  fra  coniugi.
Trattamento che e' stato esteso anche agli at ti modificativi di tali
condanne o attribuzioni.
Degne di rilievo appaiono poi le due note all'articolo 8 in discorso.
La  prima  nota,  nello  stabilire che i decreti ingiuntivi emessi in
sostituzione di quelli divenuti inefficaci	ai sensi dell'articolo 644
del  codice  di  procedura civile sono soggetti all'imposta in misura
fissa,  tende  ad  evitare  che - come in effetti avveniva vigente il
D.P.R.  n. 634 del 1972 - vengano liquidate due imposte proporzionali
relativamentemente   alla  stessa  vertenza,  la  prima  sul  decreto
ingiuntivo  divenuto inefficace ai sensi del citato articolo 644 e la
seconda  sul  successivo decreto eventualmente emesso in sostituzione
del precedente.
La  seconda  delle  note  in esame, innovando parzialmente la nota al
previgente  articolo  8  della  parte prima della tariffa allegata al
D.P.R.  n.  634  del  1972,  prevede che gli atti recanti condanna al
pagamento  di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di
beni  di qualsiasi natura non sono soggetti all'imposta proporzionale
per  la  parte  in  cui  dispongono  il  pagamento di corrispettivi o
prestazioni   soggetti  all'imposta  sul  valore  aggiunto  ai  sensi
dell'articolo 40.
L'attuale formulazione dell'articolo 9 appare del tutto identica alla
corrispondente disposizione del D.P.R. n. 634 del 1972.
La  norma  in esame conserva, dunque, un carattere residuale; in essa
cioe'   affluiscono  le  fattispecie  assoggettabili  all'imposta  di
registro, non espressamente considerate in altre disposizioni.
Relativamente, peraltro, ai dubbi interpretativi sorti nel vigore del
precedente  decreto  e legati alla possibilita' di collocare in detta
norma  residuale  gli  atti  societari, non epressamente previsti dal
precedente  articolo  4, si evidenzia che gli stessi dubbi sono stati
risolti,  come  specificato  dall'articolo 9 della tabella, nel senso
che  gli  atti  societari  non  specificatamente  indicati nel citato
articolo  4, non sono soggetti, quali atti interni delle societa', ad
alcuna tassazione.
Si  invitano,  quindi,  i  dipendenti  uffici  a  ritenere  superate,
considerate  1e  intervenute  modifiche  legislative, le direttive in
senso contrario impartite in precedenza da questo Ministero.
L'articolo  10  nel  regolare i contratti preliminari, risolve, nella
nota  non  presente nella precedente normativa, il problema attinente
al  trattamento  tributario  applicabile alle disposizioni, contenute
nel  preliminare di compravendita, diverse dall'obbligo di concludere
il contratto definitivo.
La norma dispone, infatti, che se il contratto preliminare prevede la
dazione   di  somme  a  titolo  di  caparra  confirmatoria  si  rende
applicabile l'articolo 6 della parte prima della tariffa in commento;
se  in  tale contratto e' stabilito il pagamento di acconti di prezzo
non  soggetti all'imposta sul valore aggiunto ai sensi degli articoli
5, secondo comma, e 40 del testo unico, si applica l'articolo 9 della
parte prima della stessa tariffa.
L'ultima  parte della nota all'articolo 10 in commento, poi, e' stata
dettata  dall'esigenza  di  evitare,  quando al contratto preliminare
segua  la  relativa  compravendita,  una  duplicazione di imposta. E'
stato,  infatti,  previsto  che  l'ammontare  dell'imposta principale
dovuta  per  la  registrazione  dell'atto  definitivo,  dovra' essere
detratta   l'imposta   pagata  al  momento  della  registrazione  del
contratto  preliminare.  Naturalmente  nel  caso  in  cui il contatto
definitivo  non  venga  posto in essere, le somme riscosse in sede di
registrazione   di   quello   preliminare  rimaranno  definitivamente
acquisite all'Erario.
L'articolo  11, oltre a prevedere diverse fattispecie non contemplate
negli articoli precedenti, assolve una funzione residuale.
La  disposizione,  rispetto  a  quella  del  D.P.R.  n. 634 del 1972,
presenta  un  piu' organico collegamento con gli atti della tabella e
con quelli di cui all'articolo 6 della parte seconda della tariffa.
L'articolo,  nel  confermare  che  gli  atti  pubblici e le scritture
private  autenticate  non  aventi per oggetto prestazioni a contenuto
patrimoniale  devono  scontare  la  sola  imposta  fissa di registro,
precisa  che  le  procure,  di cui all'articolo 6 della parte seconda
della tariffa, anche se redatte per atto pubblico o scrittura privata
autenticata,  sono  soggette  a registrazione soltanto in caso d'uso.
Tale espressa precisazione, non presente nell'articolo 11 del cennato
D.P.R.  n.  634,  risolve,  pertanto,i  dubbi  sorti in vigenza della
pregressa  normativa  circa  la possibilita' di considerare o meno le
procure redatte per atto pubblico o scrittura privata autenticata una
deroga  non  espressa, ma implicita, alla norma di carattere generale
dell'articolo 11 dello stesso decreto.
Altra  deroga,  del  tutto  in  sintonia  con la natura degli atti in
questione,  e'  contenuta nella norma in esame laddove, nell'indicare
che  tutti  gli  atti  della  tabella  stipulati  per atto pubblico o
scrittura  privata  autenticata  devono  essere registrati in termine
fisso  e  scontare l'imposta nella misura fissa, esclude, gli atti di
cui  agli  articoli  4,  5  4 10, i quali, pertanto, pur se stipulati
nelle  forme  suddette non dovranno comunque essere assoggettati alla
registrazione in termine fisso.
La  norma conferma, inoltre, che gli atti di negoziazione di quote di
partecipazione  in  societa' o enti di cui al precedente articolo 4 o
di  titoli  di  cui  all'articolo  8  della  tabella,  sono  soggetti
all'imposta  fissa anche se redatti per scrittura privata autenticata
o  per  atto pubblico, e cio' in ossequio ai principi stabiliti dalla
direttiva  della  Comunita'  Economica Europea del 17 luglio 1969, n.
335.

                               TARIFFA
                            PARTE SECONDA
                           ATTI SOGGETTI	
                 A REGISTRAZIONE SOLO IN CASO D'USO

Questa  parte  della  tariffa  individua,  come e' noto, la categoria
degli  atti  per  i  quali  e' prevista la registrazione solo in caso
d'uso   e,  benche'  non  siano  numerose  le  modifiche  legislative
apportate alla corrispondente parte seconda della tariffa allegata al
pregresso D.P.R. n. 634 del 1972, si reputa opportuno evidenziarne le
caratteristiche peculiari.
L'articolo  1  innova il corripondente articolo del decreto da ultimo
citato conservando la possibilita' della registrazione in caso di uso
solo  agli  atti indicati nel primo comma dell'articolo 2 della parte
prima  della tariffa: in altri termini, come gia' si e' avuto modo di
rilevare  in  sede di esame del suddetto articolo 2, e' stata esclusa
la   possibilita'   di  registrare  in  caso  d'uso  i  contratti  di
associazione  in  partecipazione  con  apporto  di  beni  redatti per
corrispondenza.
Si  richiama  l'attenzione  degli  uffici,  poi, su quanto dispone la
prima  parte dell'articolo 2 in cui e' stata sostanzialmente trasfusa
la  norma  dell'articolo 3 della parte seconda della tariffa allegata