Art. 2. Esclusioni oggettive dall'amnistia 1. L'amnistia non si applica: a) ai delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale: 1) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui); 2) 318 (corruzione per un atto d'ufficio); 3) 319, comma quarto (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio); 4) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), in relazione ai fatti previsti negli articoli 318, comma primo, e 319, comma quarto; 5) 321 (pene per il corruttore); 6) 355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture), salvo che si tratti di fatto commesso per colpa; 7) 371 (falso giuramento della parte); 8) 372 (falsa testimonianza), quando la deposizione verte su fatti relativi all'esercizio di pubbliche funzioni espletate dal testimone; 9) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste nel comma secondo; 10) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste nel comma primo; 11) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti); 12) 444 commercio di sostanze alimentari nocive); 13) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica); 14) 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio); 15) 501-bis (manovre speculative su merci); 16) 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, n. 2, o dal secondo comma dell'art. 583 del codice penale; 17) 595, comma terzo, quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato ed e' commessa con mezzo di diffusione radiofonica o televisiva; 18) 644 (usura). b) al delitto previsto dall'art. 218 del codice penale militare di pace (peculato militare mediante profitto dell'errore altrui); c) ai reati previsti: 1) dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica), dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10 (norme per la edificabilita' dei suoli), e dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie); 2) dagli articoli 9, 10, 14, 15, 18 e 20 della legge 13 luglio 1966, n. 615 (provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico), e dagli articoli 21, 22 e 24-bis della legge 10 maggio 1976, n. 319 (norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), salvo che il reato consista nella mancata presentazione della domanda di autorizzazione o di rinnovo di cui all'art. 15, comma secondo, della stessa legge; 3) dall'art. 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (interventi per la salvaguardia di Venezia), cosi' come sostituiti dall'art. 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690, salvo che si tratti di inquinamento organico di lieve entita' provocato dalla lavorazione non industriale di prodotti ittici; 4) dagli articoli 24, 25, primo e terzo comma, 26, 27, 29 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (norme in materia di smaltimento dei rifiuti); 5) dall'art. 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 (biodegradabilita' dei detergenti sintetici) e dall'art. 14 del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667 (provvedimenti urgenti per il contenimento dei fenomeni di eutrofizzazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 1986, n. 7; 6) dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 (disposizioni per la difesa del mare); 7) dall'art. 3 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (alterazione di armi); 8) dall'art. 1-bis del decreto-legge 4 marzo 1976, n. 31 (disposizioni penali in materia di infrazioni valutarie), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 aprile 1976, n. 159, inserito dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1976, n. 863. 2. Quando vi e' stata condanna ai sensi dell'art. 81 del codice penale, ove necessario, il giudice, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione, applica l'amnistia secondo le disposizioni del presente decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.
Nota all'art. 2, comma 1, lettera a), n. 3): Il quarto comma dell'art. 319 del codice penale prevede che: "Qualora il pubblico ufficiale riceva il denaro o la utilita' per aver agito contro i doveri del suo ufficio, o per aver omesso o ritardato un atto di ufficio, la pena e' della reclusione da uno a tre anni e della multa da lire duecentomila a due milioni". [La multa e' stata cosi' aumentata per effetto dell'art. 3 della legge 12 luglio 1961, n. 603 e poi dell'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689]. Nota all'art. 2, comma 1, lettera a), n. 4): il primo comma dell'art. 318 del codice penale (per il quarto comma dell'art. 319 si veda nella nota precedente) cosi' dispone: "Il pubblico ufficiale, che per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per se' o per un terzo, in denaro o altra utilita', una retribuzione che non gli e' dovuta, o ne accetta la promessa, e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da lire centomila a due milioni". [La multa e' stata cosi' aumentata per effetto dell'art. 3 della legge 12 luglio 1961, n. 603 e poi dell'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689]. Nota all'art. 2, comma 1, lettera a), n. 9): Il comma secondo dell'art. 385 del codice penale, come sostituito dall'art. 15 della legge 12 gennaio 1977, n. 1, cosi' dispone: "La pena e' della reclusione da uno a tre anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed e' da tre a cinque anni se la violenza o minaccia e' commessa con armi o da piu' persone riunite". Nota all'art. 2, comma 1, lettera a), n. 10): Il primo comma dell'art. 391 del codice penale cosi' dispone: "Chiunque procura o agevola l'evasione di una persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva, ovvero nasconde l'evaso o comunque lo favorisce nel sottrarsi alle ricerche dell'autorita', e' punito con la reclusione fino a due anni. Si applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'art. 386". Note all'art. 2, comma 1, lettera a), n. 16): I comuni secondo e terzo dell'art. 590 del codice penale cosi' dispongono: "Se la lesione e' grave la pena e' della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire quattrocentomila a due milioni; se e' gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire un milione a quattro milioni. [La multa e' stata cosi' aumentata per effetto dell'art. 3 della legge 12 luglio 1961, n. 603 e poi dell'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689]. Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da due a sei mesi o della multa da lire quattrocentottantamila a un milione duecentomila; e la pena per lesioni gravissime e' della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da lire un milione duecentomila a due milioni quattrocentomila". [Il presente comma e' stato aggiunto dalla legge 11 maggio 1966, n. 296; la multa e' stata cosi' triplicata dall'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689]. - Il n. 2) del primo comma dell'art. 583 del codice penale e il secondo comma del medesimo articolo cosi' dispongono: "La lesione personale e' grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni: (omissis) 2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo. La lesione personale e' gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva: 1) una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2) la perdita di un senso; 3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacita' di procreare, ovvero una permanente e grave difficolta' della favella; 4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso". Nota all'art. 2, comma 1, lettera a), n. 17): Il comma terzo dell'art. 595 del codice penale (Diffamazione) cosi' dispone: "Se l'offesa e' recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicita', ovvero in atto pubblico, la pena e' della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione". [La multa e' stata cosi' aumentata per effetto dell'art. 3 della legge 12 luglio 1961, n. 603 e poi dell'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689]. Note all'art. 2, comma 1, lettera c), n. 2): - Il testo degli articoli 9, 10, 14, 15, 18 e 20 della legge n. 615/1966 e' il seguente: "Art. 9. - Per l'installazione di un nuovo impianto termico di cui al precedente art. 8 o per la trasformazione o l'ampliamento di un impianto preesistente, il proprietario o possessore deve presentare domanda corredata da un progetto particolareggiato dell'impianto - con l'indicazione della potenzialita' in Kcal/h - al comando provinciale dei vigili del fuoco, che lo approva dopo avere constatato la corrispondenza dell'impianto alle norme stabilite dal regolamento. Avverso la mancata approvazione del progetto dell'impianto, e' ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla notifica, al prefetto. Il provvedimento del prefetto e' definitivo. Chiunque installa, trasforma o amplia un impianto termico di cui al precedente articolo 8, senza la preventiva approvazione di cui al presente articolo, e' punito con l'ammenda da lire 300 mila a lire tre milioni". "Art. 10. - Entro 15 giorni dalla installazione o dalla trasformazione o dall'ampliamento dell'impianto, l'utente deve fare denuncia, indicando anche la potenzialita' in Kcal/h, al comando provinciale dei vigili del fuoco che provvedera' ad effettuare il collaudo dell'impianto verificandone la rispondenza con le norme stabilite nel regolamento. Avverso l'esito negativo di tale collaudo e' ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla notifica, al prefetto. Il provvedimento del prefetto e' definitivo. Chiunque ometta nel termine prescritto di fare la denuncia di cui sopra, e' punito con l'ammenda da lire 30 mila a lire 150 mila. Chiunque metta in funzione, senza attendere il collaudo di cui al primo comma del presidente articolo, un impianto termico e', punito con l'ammenda da lire 150 mila a lire 450 mila". "Art. 14. - Chiunque impiega per il funzionamento degli impianti termici di cui al precedente art. 8 combustibili non corrispondenti alle caratteristiche stabilite nei precedenti articoli o in modo difforme alle prescrizioni ivi contenute e' punito con l'ammenda da lire 90 mila a lire 900 mila. Con l'entrata in vigore della presente legge i commercianti di combustibili dovranno precisare in apposito documento, o sulla fattura rilasciata all'utente, le caratteristiche merceologiche del combustibile venduto. Ove il fatto previsto dal primo comma dipenda esclusivamente dal combustibile e risulti provata la responsabilita' del fornitore la penalita' ricadra' su quest'ultimo e sara' raddoppiata rispetto alle cifre indicate nel primo capoverso". Art. 15 - Tutti gli impianti termici devono essere condotti in maniera idonea, cosi' da assicurare una combustione quanto piu' perfetta possibile al fine di evitare i danni ed i pericoli di cui all'articolo 1 della presente legge. Nel regolamento di esecuzione della presente legge saranno stabilite le norme per il controllo dei fumi e delle emissioni in genere, nonche' i limiti massimi ammissibili di materie inquinanti nei fumi e nelle emissioni predette. Chiunque, nella conduzione degli impianti termici, dia luogo ad emissione di fumi aventi contenuti di materie inquinanti superiori ai limiti stabiliti dal regolamento, e' punito con l'ammenda da lire 15.000 a lire 150.000. I limiti di tollerabilita' di tali fumi saranno stabiliti dal regolamento. Al conduttore di impianti termici in caso di recidiva nel reato di cui al comma precedente, puo' essere revocato il patentino di abilitazione". Art. 18 - Chiunque conduca un impianto termico di potenzialita' superiore a 200.000 Kcal/h senza essere munito del patentino di cui al precedente articolo 16 e' punito con l'ammenda da lire 30.000 a lire 90.000". Gli importi delle ammende previste negli articoli soprariportati sono stati cosi' elevati dall'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (gli importi originari erano un terzo di quelli indicati negli articoli). - Il testo degli articoli 21 (come modificato dall'art. 19 della legge 24 dicembre 1979, n. 650 e dall'art. 144 della legge 24 novembre 1981, n. 689), 22 e 24-bis (aggiunto dall'art. 3 della legge 2 maggio 1983, n. 305) della legge n. 319/1976 e' il seguente: "Art. 21. - Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi nelle acque indicate nell'articolo 1 della presente legge, sul suolo o nel sottosuolo, senza aver richiesto la prescritta autorizzazione, ovvero continua ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata negata o revocata, e' punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da lire 500 mila a lire 10 milioni. Alla stessa pena soggiace chi - effettuando al momento di entrata in vigore della presente legge scarichi nei corpi ricettori di cui al precedente comma - non presenta la domanda di autorizzazione o di rinnovo di cui all'articolo 15, secondo comma, lettere a) e b); ovvero non ottempera alle disposizioni di cui all'articolo 25; ovvero chi, avendo presentato la domanda, mantiene lo scarico dopo che essa e' stata respinta, o dopo che l'autorizzazione e' stata revocata. Si applica sempre la pena dell'arresto se lo scarico supera i limiti di accettabilita' di cui alle tabelle allegate alla presente legge, nei rispettivi limiti e modi di applicazione. La condanna importa la incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione. Per i reati previsti al primo, secondo e terzo comma del presente articolo e' consentita, in caso di recidiva specifica, l'emissione del mandato di cattura". Art. 22 - Chiunque effettua o mantiene uno scarico senza osservare tutte le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione e' punito con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda fino a lire 10 milioni". Art. 24-bis. - Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi ed aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali e' imposto il divieto assoluto di versamento, ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantita' tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in quest'ultimo caso, l'obbligo della preventiva autorizzazione". - Il comma secondo dell'art. 15 della medesima legge n. 319, 1976 prevede che: "I titolari degli scarichi gia' in essere provenienti da insediamenti produttivi debbono: a) se sprovvisti di autorizzazione allo scarico, farne domanda entro due mesi dall'entrata in vigore della presente legge [termine prorogato di centottanta giorni dall'art. 9 della legge 24 dicembre 1979, n. 650]; b) se gia' in possesso dell'autorizzazione, presentare domanda di rinnovo entro sei mesi". Nota all'art. 2, comma 1, lettera e), n. 3): I commi sesto e settimo dell'art. 9 della legge n. 171/1973 cosi' dispongono: "In deroga a quanto previsto dall'art. 26 della legge 5 marzo 1963, n. 366, chiunque apra, mantenga o comunque effettui nella laguna uno scarico senza aver richiesto la prescritta autorizzazione ovvero continui ad effettuare o mantenere lo scarico dopo che l'autorizzazione sia stata negata o revocata, e' punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da lire 500 mila a lire 10 milioni. In caso di recidiva specifica, e' consentita l'emissione del mandato di cattura. Se lo scarico supera i limiti di accettabilita' di cui alla tabella allegata al D.P.R. 20 settembre 1973, n. 962, si applica sempre la pena dell'arresto. Chiunque effettua o mantiene uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione e' punito con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda fino a lire 10 milioni". Note all'art. 2, comma 1, lettera e), n. 5): - Il testo dell'art. 2 della legge n. 136/1983 e' il seguente: "Art. 2. - E' vietata la produzione, la detenzione, l'immissione in commercio, l'introduzione nel territorio dello Stato e l'uso da parte degli stabilimenti industriali o degli esercizi pubblici di detersivi quando la biodegradabilita' media dei tensioattivi sintetici in essi contenuti sia inferiore al 90 per cento per ciascuna delle seguenti categorie: anionici, cationici, non ionici, anfoliti. E' in ogni caso vietata nella fabbricazione dei detersivi l'utilizzazione di tensioattivi sintetici o di altre sostanze che nelle normali condizioni di impiego possono arrecare danno alla salute dell'uomo, degli animali e delle piante e piu' in generale all'equilibrio dell'ambiente. I contravventori alle disposizioni dei commi precedenti sono puniti, ove il fatto non costituisca piu' grave reato, con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da L. 2.000.000 a L. 20.000.000". - Il testo dell'art. 14 del D.L. n. 667/1985 (il testo del predetto decreto, coordinato con la legge di conversione, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 27 del 3 febbraio 1936) e' il seguente: "Art. 14. - 1. Le violazioni delle disposizioni contenute nell'art. 2, comma 2, e nell'art. 3, comma 5, del presente decreto sono punite, ove il fatto non costituisca piu' grave reato, con l'ammenda da L. 5.000.000 a L. 50.000.000. 2. L'inosservanza delle condizioni stabilite per il confezionamento, l'etichettatura e la pubblicita' dei prodotti ove il fatto non costituisca piu' grave reato, e' punibile con l'ammenda da L. 1.000.000 a L. 10.000.000. 3. Sono puniti con l'ammenda da L. 2.000.000 a L. 20.000.000, ove il fatto non costituisca piu' grave reato, i contravventori alle disposizioni contenute nell'art. 2, comma 3, e nell'art. 3, comma 6, del presente decreto. 4. La condanna per taluna delle violazioni previste nei precedenti commi importa la pubblicazione della sentenza e la incapacita' di contrattare, con la pubblica amministrazione prevista dall'art. 144 della legge 24 novembre 1981, n. 689". Nota all'art. 2, comma 1, lettera c), n. 4): Il testo delle disposizioni citate e' il seguente: "Art. 24. - Chiunque contravviene al divieto di cui all'art. 9, primo e terzo comma, e' punito con la sanzione amministrativa da L. 20.000 a L. 1.000.000, se trattasi di rifiuti urbani e da L. 100.000 a L. 2.000.000, se trattasi di rifiuti speciali, nonche' con la pena dell'arresto sino a sei mesi o con l'ammenda da L. 200.000 a L. 5.000.000, se trattasi di rifiuti tossici e nocivi". "Art. 25, primo comma. - I titolari degli enti e delle imprese che effettuano smaltimento dei rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi ovvero installano o gestiscono impianti di innocuizzazione e di eliminazione di rifiuti speciali senza l'autorizzazione di cui all'art. 6, lettera d), sono puniti con l'arresto da tre mesi sino ad un anno e con l'ammenda da L. 1.000.000 a L. 5.000.000". "Art. 25, terzo comma. - Se la discarica non autorizzata e' realizzata o gestita da impresa che effettua lo smaltimento per conto proprio, il titolare e' punito con l'arresto sino ad un anno e con l'ammenda da L. 200.000 a L. 5.000.000; nel caso si tratti di ente o impresa che effettua lo smaltimento di rifiuti prodotti da terzi, il titolare e' punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda da L. 2.000.000 a L. 5.000.000". "Art. 26. - Chiunque effettui le fasi di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi senza la relativa autorizzazione prevista dall'art. 16 e' punito con l'arresto da mesi sei ad un anno e con l'ammenda da L. 2.000.000 a L. 5.000.000". "Art. 27. - I titolari degli enti e delle imprese che, effettuando lo smaltimento dei rifiuti urbani e/o speciali, non osservano le prescrizioni dell'autorizzazione sono puniti con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda sino a L. 5.000.000. Chiunque effettuando le fasi di operazioni di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, non osserva le prescrizioni della relativa autorizzazione e' punito con l'arresto sino a sei mesi e con l'ammenda sino a L. 5.000.000. Alla stessa pena e' soggetto chi non ottempera all'ordine di sospensione di cui all'art. 17". "Art. 29. - Chiunque non ottemperi al provvedimento adottato dall'autorita' competente ai sensi dell'art. 12 e' punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda da L. 1.000.000 a L. 5.000.000. Se trattasi di rifiuti tossici e nocivi si applica la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno e dell'ammenda da L. 2.000.000 a L. 5.000.000". Nota all'art. 2, comma 1, lettera c), n. 6): Il testo degli articoli 17 e 20 della legge n. 979/1982 e' il seguente: "Art. 17. - Al di la' del limite esterno del mare territoriale italiano, qualora navi italiane, in violazione delle norme in materia di tutela delle acque marine dall'inquinamento stabilite nella presente legge e nelle convenzioni internazionali in vigore, di cui l'Italia e' parte contraente, versino in mare idrocarburi, miscele di idrocarburi od altre sostanze vietate, sono applicabili le pene di cui ai successivi articoli del presente titolo. Il comandante della nave che violi le disposizioni di cui all'art. 19 e' punito con l'arresto fino a sei mesi ovvero con l'ammenda fino a 10 milioni". "Art. 20. - Il comandante di una nave battente bandiera italiana che violi le disposizioni dell'art. 16 o la normativa internazionale di cui all'art. 17, nonche' il proprietario o l'armatore della nave, nel caso in cui la violazione sia avvenuta con il loro concorso, sono puniti con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da L. 500.000 a L. 10 milioni; se il fatto e' avvenuto per colpa le suddette pene sono ridotte alla meta'. Alla stessa pena e' soggetto il comandante di una nave battente bandiera straniera che violi le disposizioni di cui all'art. 16. Per i reati previsti al primo e secondo comma del presente articolo, e' consentita, in caso di recidiva specifica, l'emissione del mandato di cattura. Per il comandante di nazionalita' italiana della nave la condanna per il reato di cui al precedente primo comma comporta la sospensione del titolo professionale, la cui durata sara' determinata ai sensi dell'art. 1083 del codice della navigazione. Ai comandanti di navi di nazionalita' non italiana che abbiano subito condanne in relazione al reato di cui sopra sara' inibito l'attracco a porti italiani per un periodo variabile, da determinarsi con decreto del Ministro della marina mercantile, commisurato alla gravita' del reato commesso ed alla condanna comminata". Nota all'art. 2, comma 1, lettera e), n. 7): Il testo dell'art. 3 della legge n. 110/1975 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi) e' il seguente: "Art. 3. (Alterazione di aromi). - Chiunque, alterando in qualsiasi modo le caratteristiche meccaniche o le dimensioni di un'arma, ne aumenti la potenzialita' di offesa, ovvero ne renda piu' agevole il porto, l'uso o l'occultamento, e' punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da lire seicentomila a lire quattro milioni". [La multa e' stata Cosi' raddoppiata dall'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689]. Nota all'art. 2, comma 1, lettera c), n. 8): Il testo dell'art. 1-bis del D.L. n. 31/1976 e' il seguente: "Art. 1-bis. - Il residente che, costituendo persone giuridiche o enti esteri, ovvero assumendo partecipazioni in persone giuridiche o enti esteri, anche non riconosciuti dalla legge italiana, fa apparire beni siti o attivita' costituite in Italia come appartenenti a non residenti, e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a cinque milioni". Il testo dell'art. 81 del codice penale, come sostituito dall'art. 8 del D.L. 11 aprile 1974, n. 99, convertito nella legge 7 giugno 1974, n. 220, e' il seguente: "Art. 81. (Concorso formale. Reato continuato). - E' punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione piu' grave aumentata fino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette piu' violazioni della medesima disposizione di legge. Alla stessa pena soggiace chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi piu' violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge. Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena non puo' essere precedenti".