(parte 1)
                 Politica forestale e programmazione
1. La ripresa della programmazione, come sistema coordinato di scelte
amministrative e come regola di spesa in un arco di medio periodo, ha
rappresentato l'elemento saliente della politica recentemente seguita
dal  Ministero  dell'Agricoltura  e  delle  Foreste.  Si  sono  avuti
dapprima  il  programma  quadro  del Piano Agricolo Nazionale (agosto
1985),  quindi  la  legge  752 (Legge Pluriennale per l'attuazione di
interventi  programmati  in agricoltura: novembre 1986). Quest'ultima
rappresenta  non  solo  la maggiore e piu' significativa ricaduta del
Piano in materia di allocazione e ordinamento della spesa, ma anche e
soprattutto l'atto che conferisce sanzione legislativa agli obiettivi
e alle procedure della programmazione in agricoltura.
2.  La legge 752 estende direttamente al settore forestale i principi
e  la  disciplina  applicativa  dettati  per  il settore propriamente
agricolo  (articolo  1);  prevede  espressamente l'adozione del Piano
Forestale   Nazionale   (articolo   2);   destina   500  miliardi  al
finanziamento delle azioni del Piano (articolo 6); prescrive, sia per
l'approvazione  del  Piano  sia  per le decisioni di spesa, la stessa
procedura  CIPE  stabilita per le determinazioni programmatorie e per
gli interventi di spesa concernenti il settore agricolo. La legge 752
rappresenta  percio',  in  qualche  modo, un elemento unificante e un
quadro  di  accordo  tra  politica  agricola  e  politica  forestale.
Quest'ultima   si   potra'  giovare,  ai  fini  di  una  piu'  rapida
operativita', della preesistenza della legge di spesa.
3.  Sotto  il  profilo di una ordinata ed efficace programmazione nel
settore  forestale,  si riafferma il convincimento che rappresenti un
progresso  sulla  situazione  precedente  (legge  984  del  1977,  la
cosidetta  legge  Quadrifoglio,  e Piano Agricolo Nazionale approvato
dal CIPAA nel dicembre 1979) l'aver tenuto distinto il Piano Agricolo
Nazionale dal Piano Forestale Nazionale.
Mantenendo  validita' le osservazioni contenute nel paragrafo 21, dal
Piano  Agricolo  Nazionale:  "Alla  base  di  questa  scelta  sta  la
considerazione  che  il  settore forestale ha una specifica rilevanza
autonoma  e  sue proprie peculiarieta'. La sua inclusione in un piano
agricolo  comporterebbe  di  fatto  una  qualche  marginalita' per un
settore  che  non  puo'  essere  considerato  ne'  comparto di quello
agricolo ne' una sua appendice residuale. Il settore forestale merita
un   suo   Piano,   che   tenga   conto  del  carattere  marcatamente
interdisciplinare  delle azioni destinate a coprire l'ampio ventaglio
che   va   dagli   aspetti  ecologici  a  quelli  della  forestazione
produttiva, a quelli della forestazione industriale".
4.  Il  presente  documento,  rispetta,  nella  successione delle sue
parti, una sequenza che puo' considerarsi consueta a testi consimili.
Precede  una  parte  cognitiva della situazione forestale e a livello
mondiale  e  a  livello nazionale. Naturalmente l'analisi e' condotta
tenendo   conto   del   carattere   multifunzionale   dell'ecosistema
forestale. Segue l'individuazione degli obiettivi, di quelli generali
e  di  quelli  specifici, essendo questi secondi oggetto piu' diretto
delle  indicazioni  operative.  Segue  infine  la parte dedicata alle
azioni,  con  le  relative  indicazioni  di carattere finanziario. Si
tratta della parte piu' significativa e rilevante su cui si misurera'
la reale portata del Piano Forestale Nazionale.
5.  Il  quadro  attuale  in  cui si inserisce il Piano e' pero' anche
assai denso di importanti elementi ereditati dal passato, piu' o meno
lontano, dell'intervento pubblico sulle foreste.
6.  La  politica  forestale  italiana si e' sviluppata, nel corso dei
decenni,  secondo  linee evolutive molteplici. Mentre le foreste come
"bene  naturale"  hanno  ricevuto da tempo una attenzione legislativa
specifica  che  ha conferito ad esse evidenti caratteri di patrimonio
collettivo  e  quindi  di  "proprieta' speciale", per le foreste come
settore   dell'economia   ha   sempre   stentato   ad   emergere   un
riconoscimento  specifico. La quasi completa "sovrapposizione" che si
evidenzia tra i pricipali fattori produttivi dell'agricoltura e delle
foreste  e'  stata,  al  riguardo,  determinante. Il diverso grado di
identita' riconosciuto nell'intervento pubblico ai vari aspetti delle
foreste  le ha condotte ad essere contemporaneamete oggetto, sia come
parte  principale  che  accessoria,  di  politica  del territorio, di
politica  dell'ambiente, di politica agricola, di politica sociale e,
in parte, di politica industriale.
7.  Di  ancor grande rilevanza attuale, e' il nucleo originario della
politica   forestale  italiana,  costituito  dai  vari  provvedimenti
legislativi  degli  anni  '20  e  '30,  tra  i quali spicca la "legge
forestale"  del  1923  (r.d.l. n. 3267). All'epoca piuttosto avanzata
nel  panorama  internazionale, essa risente ora dell'aver risposta ad
una  situazione ormai superata di espansione delle attivita' umane in
montagna  e  collina, in cui si facevano forti i pericoli di erosione
delle risorse forestali. Di essa rimane percio' vitale soprattutto il
forte  contenuto  protettivo,  espresso  dalla  generalizzazione  del
vincolo idrogeologico tuttora in vigore; ma sono tuttavia operanti le
norme  di  pianificazione, le Aziende speciali e i Consorzi forestali
ed altro ancora.
8.  Vitali rimangono per le foreste alcune delle numerose e complesse
linee  di intervento sui problemi della montagna che, originatesi con
la  "legge  per  la  montagna" del 195 (n. 991), hanno dato luogo tra
l'altro,  con  le "nuove norme per lo sviluppo della montagna" (legge
n. 1102/71), alla costituzione del
le  Comunita'  Montane  oggi  delegate  in  varie  Regioni ad operare
l'intervento forestale.
9.  Mentre  e'  ancora  attuale  la  "diversita'"  di  alcune regioni
meridionali  sotto  il  profilo forestale, che puo' essere ricondotta
allo  sviluppo  dell'intervento  per  il  Mezzogiorno negli anni '50,
l'elemento  che  caratterizza  in modo piu' marcato il quadro attuale
della   politica   forestale  e'  tuttavia  l'avvenuta  realizzazione
dell'ordinamento regionale, che, in un difficile processo protrattosi
per  buona  parte  degli  anni  '70, ha portato al trasferimento alle
regioni delle competenze in materia forestale.
10.  Oggi il quadro dell'intervento regionale e' piuttosto composito.
Abbondante  e'  stata  la produzione legislativa riguardante in vario
modo  le  foreste,  seppure  con  forti asimmetrie tra Regioni. Varie
differenze  emergono nelle linee di politica forestale impostate, che
non  sempre  hanno riferimento in programmi coordinati e pluriennali.
Le  Regioni  si  sono  dotate  inoltre di organismi forestali interni
assai  diversi,  inquadrandovi  in  modo diverso anche i preesistenti
ispettorati  Regionali, Ripartimentali e distrettuali. Alcune Regioni
hanno  istituito  Aziende  regionali  delle  foreste,  altri appositi
uffici  all'interno di assessorati. La maggior parte delle Regioni ha
utilizzato   sul  piano  operativo  lo  strumento  della  delega  nei
confronti  delle Provincie, delle Comunita' Montane, dei comuni anche
consorziati.
11.  Da un quadro cosi' complesso, dinamcio e multidimensionale della
politica  nazionale,  regionale  e  comunitaria,  emerge  evidente la
necessita'  di  un  comune  riferimento programmatorio della politica
forestale nazionale che ne tracci le finalita' e le linee guida.
12.  Cio' puo' prendere avvio oggi dalla nuova, piu' certa e completa
conoscenza delle risorse forestali italiane derivante dall'Inventario
Forestale   Nazionale.  Sulla  base  giuridica  fornita  dalla  legge
"Quadrifoglio",  le  rivelazioni  dell'Inventario sono state condotte
tra la fine del 1983 e l'inizio del 1985 con la partecipazione di 550
persone  tra  Ispettori,  Sottufficiali, guardie forestali e tecnici.
L'operazione di rilevazione e' risultata, per la metodologia adottata
di   campionamento  sistematico  in  unica  fase,  poco  costosa  non
superando  la  spesa  di  3,5  miliardi  al  netto delle spese per il
personale.
13.  Il  momento  in  cui si colloca lo sviluppo della programmazione
forestale  attraverso  il  Piano,  e' certamente un momento dinamico.
L'esaurirsi  della  "Quadrifoglio",  del  Regolamento  CEE  n. 269/79
sull'azione   forestale   nelle  regioni  mediterranee  e  la  mutata
configuarazione degli Organismi per l'intervento nel Mezzogiorno, che
tuttavia  non dovrebbe spezzare la continuita' operativa del Progetto
Speciale  n.  24  per  la  forestazione  produttiva,  trova immediato
seguito  nello  sviluppo  dei "Programmi Integrati Mediterranei", del
Regolamento  CEE  n.  797/85 sull'agricoltura di montagna e le misure
forestali  per  le  aziende  agricole;  trova  inoltre  una  continua
vivacita' di iniziative legislative regionali.
14.  La formulazione del Piano Forestale Nazionale dovrebbe segnare e
guidare  una  decisa  svolta  verso  una ricomposizione di un unico e
coerente quadro di riferimento per le linee di intervento sul sistema
forestale   italiano.   La   scelta  di  uno  strumento  completo  di
programmazione  settoriale  specifica,  quale  e'  il Piano, dovrebbe
permettere  di valorizzare i molteplici ruoli delle foreste come loro
elmento  di  identita'  senza rischi di subordinazione e marginalita'
rispetto ad altre politiche che in tale identita' sono impliciti. Con
il  Piano  Forestale  Nazionale  dovrebbero inoltre ricomporsi quelle
linee di coordinamento ed indirizzo che competono all'Amministrazione
centrale, in un quadro istituzionale che vede le Regioni protagoniste
dell'azione di politica forestale.
15.  La  razionalita' della scelta gia' ricordata, di una distinzione
tra programmazione forestale e programmazione agricola, e' confermata
dalle profonde differenze tecniche ed economiche che intercorrono tra
attivita'   agricole   e  forestali.  All'elevata  specificita  delle
tecniche   selvicolturali,   si  associano  infatti  per  le  foreste
orizzonti  temporali  lunghi o lunghissimi e mercati dei prodotti che
sono  in  prevalenza  non alimentari. Tuttavia, la distinzione tra le
due politiche non puo' implicare in alcun modo la rinuncia ad un loro
coordinamento. La comunanza dei fattori di produzione dei due settori
e' infatti solo un aspetto dei loro forti legami, che si esplicano al
massimo  grado  nei  problemi della montagna e delle aree interne del
paese.  Nuovi  legami  si  originano,  inoltre  dall'evoluzione della
Politica  Agricola  Comune e dell'avvio di una azione comunitaria nel
settore  forestale.  Politica  forestale  e  politica  agricola vanno
percio'  condotte  con strumenti programmatori distinti ma l'una alla
luce dell'altra.
16.  Questo testo ha carattere di schema, sul quale si esercitera' la
riflessione   e   il   giudizio  di  una  molteplicita'  di  soggetti
interessati.  Rilevanza  tutta  speciale  acquisita  naturalmente  il
parere  che  sara'  espresso  dalle  Regioni,  anche  alla luce delle
procedure stabilite dalla legge 752, in quanto soggetti istituzionali
pubblici  con  competenza  primaria nella materia. Nella sua versione
finale  il documento sara' sottoposto al Ministro dell'Agricoltura al
CIPE,  a cui compete da un lato l'approvazione del Piano e dall'altro
l'adozione  delle  determinazioni  di  spesa previste dall'articolo 6
della legge 752.
                      IL QUADRO INTERNAZIONALE
17.  Rilevanti  mutamenti  investono,  nel mondo, le foreste, il loro
ruolo,  le  attivita' che intorno ad esse si sviluppano. Storicamente
perdenti  nei  conflitti  per l'occupazione degli spazi territoriali,
incontrano  oggi  traiettorie  "secolari" piu' favorevoli ad una piu'
forte comprensione della loro importanza come strumento equilibratore
del sistema globale di utilizzo della natura. E' un processo per vari
aspetti   graduale,   per   altri   rapido   e   comunque   ricco  di
contraddizioni.  Permangono  conflitti e nuove minacce, alle quali si
affiancano  tuttavia  fattori  propulsivi  nuovi,  come  l'evoluzione
nell'utilizzo  delle  risorse  da  parte delle attivita' agricola. Ne
emerge  un  quadro  che,  su  scala  globale,  vede crescere, pur con
accentuazioni    diverse   realta   economiche   e   ambientali,   le
preoccupazioni   e   gli  interventi  di  rafforzamento  dei  sistemi
forestali.
             La foresta come ecosistema multifunzionale
18.  Allo  stato  attuale,  gran  parte  degli  ecosistemi  forestali
mondiali   si   presentano   come   fortemente   plasmati  dall'uomo.
L'"interferenza",   oltre  che  attraverso  la  deforestazione  e  la
creazione  di  vaste  foreste  artificiali,  si esplica sulle foreste
esistenti  attraverso  le  pratiche  selvicolturali,  l'esercizio del
pascolo, il "carico" determinato delle varie modalita' di presenza.
19.   Si   determinano  generalmente  con  cio'  "semplificazioni"  e
situazioni  di  incompletezza dell'ecosistema foresta caratterizzato,
invece,   allo   stato  naturale,  da  straordinaria  complessita'  e
ricchezza  di  interazioni  tra  fattori  fisici  -  terra, clima - e
fattori  biologici - vegetali, animali, microorganismi - oltreche' da
capacita'  di  autosostentamento. L'interazine tra gli alberi, al cui
livello   di   realizza   la   piu'   intensa  attivita'  di  sintesi
clorofilliana,  e  varie  forme  di  vegetali  ed  animali  del suolo
forestale,  che  producono  humus  e sostanze nutritive, contribuisce
alla  creazione  e  alla  vitalita'  del  terreno  e  a  regolare  la
circolazione  dell'aria  e  dell'acqua.  Altre componenti vegetali ed
animali,  seppure  non essenziali all'autoperpetuazione del ciclo, lo
rendono piu' complesso e ricco.
20.   L'adozione   umana  di  modellamento  risponde  generalmente  e
storicamente  alle  scelte  sulla importanza relativa attribuita alle
numerose  funzioni  del  bosco,  che  associa  "in  natura"  in  modo
indistinto  la produzione di legno a quella di prodotti non legnosi e
alla  capacita'  di protezione del suolo, di regimazione delle acque,
di  produzione  di  ossigeno,  di  protezione  delle specie animali e
vegetali.  Qualunque  sia la finalita' prevalente, l'intervento umano
puo'  tuttavia,  se condotto razionalmente, preservare gran parte dei
tratti ecosistemici, non intaccando ne' le riserve di fertilita', ne'
il  potere  di  regimazione  idrica ne' la capacita' di produzione di
ossigeno,  quindi  mantenendo un elevato grado di multifunzionalita'.
Assai piu' problematica e' invece la ricostruzione da parte dell'uomo
di ecosistemi forestali su terreni da tempo disboscati o investiti ex
novo  a  foresta.  I  tempi  necessari  possono  essere secolari e la
tendenza   dei   rimboschimenti  a  divenire  "foresta  complessa"  e
multifunzionale  risulta  comunque subordinata alle finalita' per cui
vengono realizzati.
21.  Molto  della difficile interazione tra attivita' umane e foresta
si  focalizza  quindi  nei  modi dell'intervento e nelle scelte umane
sull'importanza  delle diverse funzioni dell'ecosistema foresta. Cio'
da luogo a sinergie e conflitti, squilibri e processi di riequilibrio
che seguono nel mondo una evoluzione continua e problematica.
                 Le tensioni sulle risorse forestali
22.  L'estensione  complessiva  delle  foreste mondiali e' stabile da
alcuni decenni intorno a 40 milioni di chilometri quadrati. Tuttavia,
la  forte  dinamica  demografica ha fatto si che l'attuale superficie
forestale  pro capite, poco meno di un ettaro a livello mondiale, sia
circa  la  meta'  di  quella di cinquant'anni fa. Stime FAO prevedono
che,  pure  in  presenza  di  un rallentato tasso di incremento della
popolazione,  la  superficie pro capite si riduca a solo mezzo ettaro
alla  fine  del  secolo. Emerge inoltre, da almeno un trentennio, una
netta  divaricazione  delle  risorse  forestali  nelle  diverse  aree
geografiche,  a riprova di uno stretto collegamento fra tali processi
e le fasi dello sviluppo economico.
23.  Le  foreste  tropicali,  soggette  nei  secoli  ad  una erosione
relativamente  ridotta, stimata intorno al 12% circa della superficie
originaria,  sono  state invece investite nel dopoguerra da imponenti
fenomeni   di  deforestazione.  La  coscienza  di  questo  gravissimo
problema  e' maturata in tempi relativamente recenti. Lo testimoniano
anche  le  incertezza  di  valutazione  sull'entita' del fenomeno. Le
stime  variano  tra  80.000  e  150.000 chilometri quadrati l'anno di
superfici deforestate. I piu' colpiti sono i paesi in via di sviluppo
dell'Africa,  dell'Asia e dell'America Latina. La copertura forestale
e'  passata,  ad  esempio,  da  115 a 71 milioni di ettari in America
Centrale,  da  901  a  690  milioni  di  ettari in Africa. I tassi di
deforestazione  sono  stati  nelle  aree  tropicali  da 10 a 20 volte
superiore  a  quelli di riforestazione. Le previsioni per la fine del
secolo,  sulla  base  delle  attuali tendenze, vanno da una riduzione
totale  netta  delle superfici del 12% ad una del 40. In quest'ultimo
caso  le conseguenze sarebbero di totale sconvolgimento dell'ambiente
su  scala planetaria. Anche nelle ipotesi meno pessimistiche, i danni
ambientali  sono fin d'ora pesanti e riguardano l'erosione dei suoli,
la  desertificazione,  gli  effetti  negativi  sulla  agricoltura, la
perdita  definitiva  di  specie vegetali ed animali, le modificazioni
del  clima.  Si  accentua  in  altri  termini  la tipica instabilita'
ecologica delle aree tropicali. La foresta e' in esse, d'altro canto,
un  ecosistema ricchissimo e indispensabile ma estremamente fragile e
quasi mai ricostruibile.
24.  Nel determinare i fenomeni di deforestazione, si associano l'uso
massiccio  del  legno come fonte di energia, il pascolo nomade, ed un
ancora   elevato   tasso  di  insediamento  agricolo.  Si  stima  che
nell'ultimo  decennio  circa  10-12  milioni  di  ettari  di  foreste
tropicali  abbiano  fatto  posto  ogni  anno a coltivazioni agricole,
spesso  su terreni totalmente inadatti ed estremamente impoveriti. Lo
sfruttamento  industriale  e commerciale del legno ha assunto d'altro
canto  un  importante  ruolo  per  lo  sviluppo  economico  dei paesi
tropicali,  contribuendo  tuttavia  ad  intaccarne  in  vari  casi le
risorse  forestali.  Dagli  anni  '60 ad oggi i prelevamenti annui di
legname tropicale per solo uso industriale sono aumentati del 100%.
25.  Nettamente diversa e' stata l'evoluzione dei fenomeni nelle Zone
temperate.  Dopo intensi processi di insediamento agricolo e urbano e
di sfruttamento industriale, che avevano condotto ad una riduzione di
un  terzo  delle foreste originarie, nei paesi della fascia temperata
si  e'  avuta  una  netta  interruzione  dei processi di erosione. Le
superfici  forestali  dei  paesi  OCSE  in  complesso  sono aumentate
nell'ultimo  trentennio  di  circa  il  15%,  seppure  con differenze
notevoli  nei  vari  paesi  dell'area.  Anche  le  masse legnose sono
cresciute  notevolmente  nel dopoguerra nella maggior parte dei paesi
sviluppati,  con accrescimenti medi unitari via via piu' consistenti.
La  facilita'  di  accesso alle risorse tropicali ha condotto d'altro
canto,  nell'ultimo  trentennio,  ad un aumento di circa 16 volte del
consumo di legno tropicale nei paesi industriali: questi ultimi hanno
contribuito  anche  per  questa  via  alla stabilita' di talune delle
proprie  risorse  interne.  Le  prospettive, pur nel quadro di questa
generale  stabilita'  sono  per  un  leggero  decremento  delle  aree
forestali americane e per una continua, anche se graduale, espansione
delle foreste europee.
26.  I  prelevamenti  annui  di  legnami  da  lavoro e da ardere sono
cresciuti  nei paesi industriali dell'11% soltanto, dagli anni '60 ad
oggi,   contro  aumenti  del  50%  nei  paesi  in  via  di  sviluppo.
Nell'Europa  in  complesso  i prelevamenti sono cresciuti di circa il
16% negli ultimi trent'anni per la quasi totalita' nei Paesi Nordici,
nell'Europa  Centrale e in quella dell'Est. La CEE ha evidenziato una
sostanziale  invarianza  nei  volumi  di legname estratti. Nonostante
l'elevato  tasso  di  sfruttamento delle risorse complessive europee,
pari  ogni  anno  al  2,2%  dello  stock,  quest'ultimo  continua  ad
arricchirsi  a  causa  di  accrescimenti  mediamente piu' elevati dei
prelievi.
27.   A   queste   dinamiche  quantitativamente  soddisfacenti  fanno
riscontro,  per  il continente europeo, minacce senza precedenti allo
stadio  di  salute  delle  foreste. Una combinazione letale di agenti
inquinanti,  stress  naturali,  fattori antropici e climatici avversi
determinano  estesi fenomeni di moria del bosco. Circa 6,9 milioni di
ettari  di  foresta  ne  sono investiti, in vario grado una decina di
paesi,  tra  i  quali  Germania  Federale,  Austria,  Cecoslovacchia,
Polonia,  Jugoslavia,  Svizzera.  La  prevalenza  e'  di danni lievi.
Tuttavia  con  estrema  rapidita',  in  pochissimi  anni,  le foreste
tedesche  ne  sono state investite per il 50%, quelle svizzere per il
34,  quelle  cecoslovacche per il 16, quelle austriache per il 10. Il
fenomeno tocca in varia misura tutti i paesi europei, Italia inclusa,
oltreche' il Nord America ed il Giappone.
28.  I  fattori  di  inquinamento  atmosferico,  che  danno  luogo al
fenomeno  delle piogge acide, appaiono tra i principali responsabili.
Essi  si  innestano tuttavia in un quadro poco confortante di foreste
dallo  stato  di  salute  gia'  in  parte  degradato.  Tra  i fattori
predisponenti   si   segnalano:   scelte   non   sempre   felici  nei
rimboschimenti,   invecchiamenti   ed   infoltimenti,   scarse   cure
colturali.  Tali  fattori preesistevano a dimostrazione del fatto che
le  modalita'  di  ricostituzione delle risorse forestali europee, in
termini di superfici e di masse, non sempre sono state ottimali.
29. Le regioni mediterranee, e tra queste l'Italia, hanno visto negli
anni  '70  aumentare il numero e l'estensione degli incendi boschivi.
Recenti  stime  FAO  indicano  in  3,5 milioni di ettari le superfici
colpite  in  nove paesi del bacino del Mediterraneo dal 1978 al 1983.
Le cause umane rappresentano il 97% di quelle conosciute.
30.  Anche  nei  paesi dell'area industriale e sviluppata, le foreste
sono  quindi  sottoposte ad una pressione umana conflittuale, che non
si  esercita attraverso la deforestazione per l'insediamento agricolo
o  per  l'intenso  sfruttamento  del  legno,  ma piuttosto attraverso
fenomeni   di   degrado  complessivo  dell'ambiente  naturale  e  dei
comportamenti   umani,   ed  in  vari  casi,  attraverso  l'abbandono
colturale delle risorse forestali.
I mutamenti dei mercati del legno
31.  I mercati mondiali dei prodotti legnosi sono da tempo soggetti a
processi di mutamento strutturale.
32. La distribuzione dei consumi mondiali di legno industriale grezzo
e  dei  principali semilavorati a bassa trasformazione presenta forti
asimmetrie  rispetto  alla  dotazione  di  risorse forestali. I paesi
"sviluppati", seconda la definizione FAO, possiedono meno della meta'
dello  stock mondiale di legno in foresta, ma trasformano e consumano
l'80%  dei  segati, l'86 dei pannelli, l'88 della carta e cartone, il
93  delle  paste  di  legno.  Vi  e'  tuttavia  all'interno dei paesi
sviluppati  una  concentrazione  della  produzione  di  legno  ad uso
industriale - per oltre il 50% Stati Uniti, Canada e Unione Sovietica
- molto piu' forte dei consumi.
33.  Ne derivano scambi commerciali consistenti, pari, in equivalente
di  tondo,  ad  oltre il 30% del legname industriale estratto, per un
valore  compreso  negli  ultimi  anni  tra  i  50  e i 60 miliardi di
dollari,  inferiore  quindi  tra i prodotti di base solo a quello dei
prodotti    petroliferi    ed   agro-alimentari.   Pur   nell'estrema
complessita'  del mercato mondiale, le direzioni di scambio dominanti
procedono dai paesi in via di sviluppo ai paesi sviluppati, e per una
quota  molto  elevata  degli  scambi  mondiali totali, oltre l'80% in
quantita',  tra  gli  stessi  paesi sviluppati. Alcuni di questi sono
infatti  grandi  produttori ed esportatori, come Stati Uniti, Canada,
URSS, mentre il Giappone e vari paesi della Comunita', in particolare
Gran Bretagna, Italia e Francia, costituiscono le aree deficitarie di
maggior assorbimento netto di materie prime legnose. I paesi europei,
esclusa la Scandinavia, presentano un deficit legnoso in quantita' di
oltre   120   milioni   di   metri  cubi  in  equivalente  di  tondo,
confrontabile con scambi mondiali di quasi 500 milioni di metri cubi.
Sono in grado di attivare da soli oltre il 40% del commercio mondiale
di  legno grezzo, semilavorati e carta, ed il 30% anche escludendo il
commercio interno all'area.
34. Il commercio mondiale ha manifestato e vede rafforzata una chiara
tendenza  a mutare di composizione verso i prodotti piu' trasformati.
Il volume complessivo degli scambi e' aumentato nello scorso decennio
molto  piu'  dei  consumi,  circa  il  36% rispetto al 18, ma con una
riduzione  degli  scambi di legno grezzo in rapporto alla produzione.
Sono  contemporaneamente  aumentate  rispetto  a  quanto  prodotto le
quantita'  commerciate  a livello internazionale di segati, pannelli,
paste per carta, carta e cartone. Gli aumenti degli scambi sono stati
ad esempio del 62% per i pannelli in soli dieci anni.
35. Tali tendenze, generalizzate a tutti i flussi di commercio tra le
varie aree, sono molto evidenti negli scambi con i paesi tropicali.
L'Europa  escludendo  l'Unione  Sovietica, ha accresciuto di circa il
37%  negli  anni  70  le  proprie  importazioni  di  legno tropicale.
Tuttavia,  mentre l'import di tronchi e' diminuito del 9%, quello dei
segati e' raddoppiato e quello di pannelli e' aumentato del 150%.
36.  Si  sono  progressivamente  accentuate nel tempo le tendenze dei
paesi esportatori netti alla valorizzazione industriale delle risorse
interne.   La   generale   propensione   a   sviluppare  in  loco  la
trasformazione  e'  molto evidente per le prime lavorazioni, ma tende
ad interessare anche le produzioni finali. Il processo puo' risultare
agevole  nel settore cartario, meno agevole, ma con tentativi gia' in
atto,  per  i  prodotti  finiti  del  legno-mobilio.  E'  inoltre una
tendenza  che  non  riguarda  solo  i  paesi  piu'  dotati di risorse
"originarie", ma anche quelli che hanno da tempo intrapreso programmi
di  riforestazione.  Lo provano l'espansione dell'offerta sui mercati
cartari  di  prodotti  brasiliani  derivanti  per lo piu' dai corposi
rimboschimenti   di   eucalitto,   e   la   crescita   del  grado  di
autosufficienza  e della capacita' di esportazione della Spagna e del
Portogallo,   sostenuta  da  un  ampliamento  delle  risorse  interne
intrapreso nel dopoguerra.
37.  In  questo quadro evolutivo si accentuano nel commercio mondiale
le  posizioni  di  forza  relativa  dei  paesi ricchi di risorse e di
debolezza  dell'area comunitaria e del Giappone, forti consumatori ma
dalle   risorse   forestali  in  molti  casi  ridotte  e  soprattutto
scarsamente  sfruttabili.  Nello  scorso  decennio, l'export netto di
prodotti forestali in tondo equivalente del Nord America e' aumentato
del  50%  e quello dei paesi scandinavi del 9. L'Europa comunitaria e
centrale  ha  aumentato invece la sua dipendenza netta del 8,7% ed il
Giappone  del  36%  nello  stesso  periodo.  La  Comunita'  a nove in
particolare  ha cosi' sperimentato negli anni '70 una diminuzione del
grado  di  autoapprovvigionamento per tutte le materie prime legnose,
piu'  accentuata  in  quei  paesi,  come  l'Italia,  dove  la domanda
industriale e di consumo finale e' aumentata maggiormente.
38.   Certamente  in  discussione  appare  la  capacita'  delle  aree
deficitarie  di  mantenere  l'offerta  proveniente  dalle lavorazioni
interne  in  linea  con  il  continuo,  seppur  graduale, aumento dei
consumi  interni  fino  alla  fine  del secolo, su cui concordano gli
studi  previsionali  a medio e lungo periodo condotti dagli organismi
della   FAO.   Le   possibilita'   di  tensioni  sulla  capacita'  di
approvvigionamento  esterno  appaiono in generale ridotte. Le analisi
previsionali  evidenziano  infatti  un  quadro tranquillizzante delle
future  disponibilita' complessive di materie prime su scala globale.
Le  possibilita' di tensione appaiono circoscritte ai paesi in via di
sviluppo.  La stretta connessione tra crescita economica e consumi di
legno  fa  prevedere,  infatti,  per  essi  uno scenario di crescenti
fabbisogni  interni  a cui si associa una ulteriore crescita prevista
per i consumi di legna da ardere.
39.  Per  il  futuro, la risposta dei paesi deficitari alla crescente
pressione  concorrenziale sui settori di trasformazione del legno che
in   Europa   sono   gia'   stati   soggetti   ad  ampi  processi  di
ristrutturazione,  concentrazione  ed  ammodernamento delle capacita'
produttive  - si e' avviata lungo la strada dell'ottimizzazione degli
imput   e   dell'innovazione   degli   output:   specializzazione   e
diversificazione   dei  prodotti  intermedi  e  finali,  risparmio  e
sostituzione  di  materiali  attraverso processi innovativi, sviluppo
del  recupero  dei materiali legnosi, e infine, ma in modo certamente
agevole, sviluppo delle risorse forestali interne.
Le politiche delle risorse forestali nel mondo
40.  I problemi di erosione delle risorse, il mutamento del commercio
mondiale,  la  crescita  intensa  e  generalizzata  della  domanda di
conservazione  ambientale,  le  dinamiche dell'agricoltura, conducono
nel  mondo  ad  una  attenzione  senza precedenti nei confronti delle
foreste.
41.  Rispetto ad un passato recente, dove il peso delle foreste nella
determinazione  delle  azioni  e  dei  finanziamenti  e'  stato basso
rispetto   ad   altri   settori,   le  principali  Organizzazioni  di
cooperazione  internazionale,  come  FAO e Banca Mondiale, operano in
modo piu' intenso intorno ai problemi della deforestazione tropicale.
L'avvio  di  piu'  corrette  ed  efficaci linee di cooperazione con i
paesi   in   via   di  sviluppo  sui  problemi  forestali,  e'  nelle
preoccupazioni  dei  governi  occidentali e della Comunita', sotto la
doppia  esigenza  di  salvaguardare risorse di rilevanza economica ed
ecologica  mondiale  e  di  veder  rassicurati  rapporti  commerciali
indispensabili  ma  soggetti  ad  un  intrinseca  instabilita'  nelle
dimensioni, nella composizione e nelle direzioni geografiche.
42.  La  moria  del  bosco  nei paesi industrializzati contribuisce a
porre  in  discussione,  divenendone  uno  degli  elementi di maggior
stimolo,  l'intera  politica  dell'ambiente  nei suoi rapporti con lo
sviluppo economico. Difficilmente curabile nei suoi effetti, richiede
infatti  una  decisa  rimozione  delle  cause,  che  risiedono per la
maggior parte fuori della foresta.
Il fenomeno e' recente ed in rapida evoluzione. Ancora in discussione
ne  sono  le  cause  scientifiche.  Si  sviluppa l'azione di studio e
monitoraggio  in  tutti  i  paesi,  coordinata  in ambito comunitario
attraverso  il  recente Regolamento n. 3528/86, e si tenta inoltre di
valutarne   l'impatto   sui  mercati  del  legno  e  sulle  attivita'
economiche.  Le  linee  di  azione  preventiva  dei governi si stanno
concentrando sul contenimento delle emissioni tossiche. Limitatissime
sono tuttavia le possibilita' di previsione delle conseguenze e delle
capacita' di soluzione sia a breve che a lungo termine.
43.  Si  accentuano  contemporaneamente  le  azioni e le strategie di
conservazione  della  natura a livello globale. Esse toccano in buona
parte  le  foreste,  come  sede  della  maggiore e piu' diversificata
varieta'   di   forme   di  vita  e  come  regolatore  universalmente
riconosciuto   della   qualita'   dell'ambiente.  Oltre  alle  azioni
generali, ha preso un poderoso impulso nel mondo la creazione di aree
protette  dalle  caratteristiche  diversissime  e molteplici, sia sul
piano  funzionale che della loro componente forestale. La crescita in
estensione   delle   aree   protette  a  livello  mondiale  e'  stata
esponenziale,    soprattutto   nell'ultimo   quindicennnio   L'Unione
Internazionale  per  la  Conservazione della Natura stima che le aree
definibili  a  vario  titolo  "protette"  coprano nel mondo circa 400
milioni  di ettari, una estensione tripla rispetto a quella dei primi
anni '70 e cresciuta soprattutto al di fuori dell'area OCSE.
Nei  paesi  industriali  tuttavia  si potevano contare gia' nel 1980,
1.160  principali  aree protette per una estensione di 114 milioni di
ettari,  pari al 2,8% della superficie totale dei paesi OCSE. Le aree
dotate  dello  "status"  di  aree  protette sono cresciute di quattro
volte  nel  dopoguerra.  Si  ritiene  che le aree boscate europee con
accentuate funzioni conservative della natura, ammontino a 33 milioni
di ettari, pari al 23% delle foreste "dense" totali.
44.  Sono  stati  avviati nel mondo, da parte dei governi nazionali e
con l'apporto delle organizzazioni internazionali, rilevanti processi
di  potenziamento  ed  estensione  degli ecosistemi originari: spesso
elevano  il  grado di "artificializzazione" dei sistemi forestali; ma
assumono   comunque   valenze  molteplici  ed  importanti  sul  piano
economico ed ecologico.
45.  Le  esperienze  di riforestazione sono diversissime e sono state
avviate  in tempi diversi e secondo diverse finalita' e programmi. Si
stima  che all'inizio degli anni 80 il ritmo delle riforestazioni nel
mondo fosse di 14,5 milioni di ettari l'anno.
Tutavia, se si esclude la Cina, la cui azione e' poderosa, i paesi in
via  di  sviluppo  tropicali  in complesso riforestano a ritmi di 1,1
milioni di ettari l'anno, molto inferiori a quanto deforestato.
Anche  se  non  sempre  da'  luogo ad incrementi netti di superficie,
intensa  e'  invece  la  riforestazione  nei  paesi  industriali: 1,8
milioni di ettari l'anno negli Stati Uniti, 720.000 ettari in Canada,
240.000 ettari in Giappone.
46.   Assai  complessa  e  variegata  e'  l'azione  di  potenziamento
forestale in Europa, dove la riforestazione trova quasi sempre spazio
all'interno  di  piu' ampi programmi di difesa e valorizzazione delle
foreste  esistenti. Quasi sempre presente e' l'accento sulle funzioni
multiple  della  foresta,  anche  se  gli elevati fabbisogni di legno
hanno condotto spesso a dare risalto agli aspetti produttivi.
Francia,  Gran  Bretagna, Irlanda, Spagna e Portogallo sono state tra
le  nazioni  piu'  attive  nel  dopoguerra. Dalla molteplicita' delle
strumentazioni  adottate e dei problemi incontrati, emergono evidenti
le  difficolta'  di  impostazione  e di perseguimento delle politiche
forestali in Europa, specie in quella mediterranea.
47.  Le  potenzialita'  per  sviluppare  nel mondo una politica delle
risorse  forestali  trovano un forte elemento di amplificazione nelle
dinamiche   storie   dell'occupazione   del   territorio   da   parte
dell'agricoltura. L'insediamento agricolo e' ancora molto elevato nei
paesi  in  via  di  sviluppo,  sospinto  da una ancora forte dinamica
demografica.
Tuttavia  nell'ultimo  ventennio  l'estensione  delle  terre agricole
coltivate  e'  aumentata  nel  mondo  del  5,7%,  soltanto, mentre le
principali  produzioni  agricole  raddoppiavano  come  nel  caso  dei
cereali, o quintuplicavano, come nel caso dei semi oleosi.
48.  L'innovazione  in  agricoltura  e'  stata,  ed  e'  un  elemento
dirompente  per  la  combinazione  dei  fattori  produttivi.  I forti
aumenti  di  produttivita'  si  sono  sviluppati in parte come frutto
della  meccanizzazione  ed  in  parte  come  frutto delle innovazioni
"biologiche",  e  quindi  con una diversa intensita' di risparmio del
fattore  terra. La linea che conduce attualmente verso un ulteriore e
forte  sviluppo  della  produttivita'  biologica  fa ritenere, per il
futuro,  che il fabbisogno di terra a parita' di risultati produttivi
diminuira'   ulteriormente,   accentuando  gli  effetti  determinati,
soprattutto  nelle aree sviluppate, dalla progressiva saturazione dei
consumi.
49.  La riallocazione della risorsa terra verso le foreste non appare
solo una possibilita': puo' divenire una necessita' in quelle aree in
cui  al  "risparmio" del fattore terra si associa un suo abbandono ed
un distacco da essa della popolazione, fenomeno gia' molto accentuato
nei paesi industriali.
Lo  sviluppo  di  risorse  rinnovabili  come  le  foreste,  capaci di
mantenere  i  legami  tra  attivita'  umane  e  territorio, ricreando
contemporaneamente  equilibri ecologici in gran parte devastati, puo'
evitare  il  paradossale spreco di risorse costituito dalle terre non
utilizzate  e  in  degrado,  contribuendo  inoltre  ad  attenuare  il
problema della disoccupazione.
50.  La CEE e' investita in pieno dagli ampi mutamenti e problemi del
sistema  forestale  mondiale.  Ne  e'  anzi  al  centro  come uno dei
principali protagonisti.
Gli indirizzi comunitari
51. Tra le grandi aree economiche la Comunita' a dodici e' quella con
la piu' bassa superficie forestale per abitante, circa 0,2 ettari, ed
i  paesi  comunitari sono i piu' colpiti dal fenomeno della moria del
bosco.  La  CEE  costituisce  l'area  maggiormente deficitaria per il
legno,  ed  e'  seconda  solo  al  Giappone  per  la dipendenza dalle
forniture  dei paesi tropicali. Il deficit commerciale per il legno e
i prodotti di prima lavorazione toccava nel 1984, secondo stime Gatt,
i 18,8 miliardi di ECU, pari ad 1,5 volte quello giapponese.
52.  Ad  una situazione delle foreste e del legno decisamente critica
fa  riscontro  una  dimensione  del  settore agricolo ormai di grande
rilievo  mondiale,  ma  afflitta  da  crescenti  problemi  di offerta
eccedentaria   strutturalmente;   e  cio'  nonostante  la  superficie
agricola  utilizzata  si  sia  ridotta nell'ultimo quindicennio ad un
ritmo dello 0,2% annuo, e la popolazione attiva in agricoltura si sia
ridotta di circa il 60% dagli anni '60 ad oggi.
53.  La  possibilita'  e  l'opportunita'  di  un  riequilibrio tra le
attivita' che si sviluppano sulle risorse del territorio, sono di per
se'  evidenti.  Si  assiste  in ambito comunitario ad una progressiva
presa di coscienza in questa direzione.
54.  Gli  indirizzi di riforma della PAC che dovrebbero prevalere nel
medio  e lungo periodo, chiaramente individuati dal "Libro Verde" del
1985  e  dalle  azioni avviate prima e dopo di esso, vedono associata
una  graduale  riduzione  della  produzione  nei settori eccedentari,
specialmente  nelle grandi aree continentali, ed una diversificazione
degli  indirizzi  colturali  verso  i  prodotti  con potenzialita' di
mercato interno ed internazionale.
Cio'  tuttavia non sostituisce la necessita' di sostenere l'attivita'
agricola  dove  essa e' indispensabile per l'assetto territoriale, il
mantenimento  degli equilibri sociali, la salvaguardia dell'ambiente.
Lo  stesso  "Libro  Verde" indica nelle attivita' forestali uno degli
strumenti capaci di adattarsi alle priorita' indicate.
55.  L'adozione di una specifica Politica Forestale Comune non e' mai
riuscita  a prevalere, nonostante i numerosi tentativi e proposte che
risalgono ai primissimi anni di vita della Comunita'. Le ragioni sono
varie  e  complesse.  Tuttavia  la  Comunita'  ha  condotto  in  modo
crescente  negli ultimi anni una azione forestale "ombra" all'interno
di altre politiche, e principalmente di quella agricola.
56. Azioni forestali sono state finanziate attraverso il FERS, FSE, e
la  BEI,  ma  soprattutto  attraverso  il  FEOGA  in  applicazione  a
regolamenti relativi alla politica delle strutture.
Tra  il  1980  ed  il  1984 gli stanziamenti cosi' allocati ad azioni
forestali  sono  stati  di  circa  496  milioni di ECU, dei quali 274
mediante  il  FEOGA,  in  gran  parte destinati alla azione forestale
nelle regioni mediterranee della Francia e dell'Italia, in attuazione
del Regolamento n. 269/1979.
Altre  iniziative  sono  state  intraprese  nel  1985,  attraverso il
Regolamento  n.  797/1985  riguardante  l'imboschimento delle aziende
agrarie  e  l'avvio  di  azioni  forestali  nelle  zone  a svantaggio
strutturale.  I  Programmi  Integrati  Mediterranei  si  inseriscono,
sviluppandole, nelle linee del Regolamento n. 269/1979 "esaurito" nel
1984.
57.  L'azione  comunitaria tende inoltre a divenire piu' sensibile ai
problemi  di tutela delle foreste. Sotto la spinta del nuovo fenomeno
delle  piogge  acide  e  di  quello,  non  nuovo, degli incendi nelle
regioni  mediterranee,  sono  stati  approvati  nel  novembre 1986 il
Regolamento   n.   3528,   concernente   azioni  di  inventariamento,
monitoraggio  e  studio  degli  effetti dell'inquinamento atmosferico
sulle  foreste della Comunita', ed il Regolamento n. 3529 che prevede
misure  ed  incentivi  per  la creazione di infrastrutture contro gli
incendi.
Entrambe  le  azioni,  di  durata  quinquennale,  si avvarranno di un
Comitato  per  la  protezione  delle  foreste  e prevedono un impegno
finanziario  della  Comunita'  per 30 milioni di ECU in complesso. La
cifra  e'  modesta.  Molto e' lasciato agli interventi e alla finanza
degli Stati membri.
58.  I  segni  di  una  crescente propensione della comunita' per una
azione  forestale  piu' ampia ed organica sono quindi evidenti, anche
se  mantengono un carattere oscillante e richiamano un ampio processo
di  verifica  all'interno  degli Stati membri e tra le organizzazioni
economiche  interessate. Da documenti come il Memorandum del febbraio
1986  sull'azione  della  Comunita'  nel  settore  forestale,  emerge
comunque  un disegno complessivo di azione diretta e di coordinamento
delle  politiche  nazionali,  che puo' essere intrapreso aggirando lo
scoglio  dell'adozione  di  una  vera  e  propria  Politica Forestale
Comune.  Il  disegno  ha  caratteristiche  indubbie  di  organicita',
comprendendo  obiettivi  ed  azioni  di  protezione, valorizzazione e
sviluppo delle foreste.
L'accento   sulla  riconversione  a  foresta  di  risorse  produttive
agricole e' esplicito; il processo appare facilitato, sul piano delle
strutture,  dall'elevata  componente  di  aree boscate che appartiene
alle aziende agrarie della Comunita'.
59.  Quale  ne  sia l'effettiva portata operativa e temporale, questa
ridefinizione congiunta della politica agricola e di quella forestale
in  ambito comunitario rafforza gli impulsi gia' presenti per un piu'
adeguato sviluppo delle politiche forestali nazionali.
                         Il quadro nazionale
60.  La  situazione  del  sistema forestale italiano si presenta oggi
profondamente  segnata  da radicate e strutturali insufficienze. Esse
attengono sia il livello sia i modi del suo sviluppo. La capacita' di
risposta  alle  esigenze  dell'economia  e  della vita sociale appare
ancor piu' inadeguata, se misurata rispetto alla crescente dimensione
e  complessita'  delle  "domande"  che  tendono a rivolgersi verso il
sistema.  Tali  "domande"  investono  l'intero  arco  delle  funzioni
produttive,  protettive  e  ricreative proprie delle foreste. La loro
intensita'  e'  nel  nostro  paese, per condizioni territoriali e d i
raggiunto sviluppo economico, assai forte.
61.  Il  divario  tra  lo  sviluppo  stimato necessario e lo sviluppo
effettivo  del  sistema forestale trova solo in parte giustificazione
in  fattori  di ordine naturale, inerenti ai fattori climatici e alla
difficile  conformazione  del territorio. Ne' si puo' ritenere che il
concentrarsi  di "domande" produttive, protettive e ricreative troppo
diverse su di una risorsa non adeguatamente dimensionata, sia stato e
sia il fattore determinante di freno allo sviluppo.
Piuttosto  cha da uno sfruttamento troppo intenso, molti dei problemi
attuali  derivano  invece  da  un diminuito grado di "gestione" delle
foreste. I fattori frenanti vanno percio' ricercati nella sfera delle
dinamiche economiche e sociali indotte dalle tendenze di sviluppo del
paese, e negli scarsi successi della politica forestale.
62.  La fragilita' delle strutture settoriali, amplificata, sul piano
delle  motivazioni  economiche,  dai tempi lunghi o lunghissimi delle
attivita'   forestali,  la  frammentarieta'  delle  situazioni  nelle
diverse aree del paese, la dispersione dei soggetti interessat, hanno
esposto  il  sistema  forestale  ad  una  progressiva  compressione e
all'incapacita' di avviare stabili processi di crescita spontanea.
63.  L'esperienza  piu'  recente  della politica forestale, pur nella
crescente  ricchezza  di  iniziative degli anni '70, e' stata segnata
dal  protrarsi  di  un  processo  di  ridefinizione  delle competenze
pubbliche rivelatosi difficile e complesso.
Inferiore  a  quanto avrebbe dovuto essere e' stato percio' l'apporto
di  linee  organiche  e  finalizzate  di  sviluppo  che  compete alla
politica  forestale.  Il  superamento  di  quella fase e i livelli di
chiarezza   ormai  raggiunti  appaiono  certamente  positivi  per  le
prospettive dell'intero sistema.
Il settore forestale nella economia nazionale
64.  Notevoli  difficolta' si incontrano nel caratterizzare, sotto il
profilo quantitativo, il rilievo del settore forestale nella economia
italiana.  A  causa delle particolari caratteristiche delle attivita'
forestali, appaiono a tal fine non del tutto significativi i fenomeni
su  cui  esiste  informazione  statistica  ufficiale  e  sistematica;
incerta e' quindi l'immagine che da essi si puo' trarre.
65.  dal  punto di vista dei conti economici nazionali, il contributo
della  "selvicoltura"  alla formazione del reddito appare decisamente
marginale.  Il valore aggiunto ai prezzi di mercato e' stato nel 1986
di  559 miliardi, a fronte dei 1645 miliardi della pesca e dei 36.265
miliardi dell'agricoltura.
66.  Mancano  rilevazioni periodiche ufficiali dell'occupazione nelle
attivita'  forestali,  ma  assai piu' numerosi risultano gli occupati
definiti "forestali" nelle sole regioni dell'Italia meridionale.
Le     difficolta'     di     esatta    classificazione,    derivanti
dall'eterogeneita'  delle  attivita', dalla varieta' dei soggetti che
le  svolgono  e  delle  forme  in cui erogano lavoro, rendono d'altro
canto poco significativi i dati sull'occupazione.
67.  Le  foreste costituiscono in ogni caso un elemento patrimoniale,
oltreche'  fonte  di  reddito e costi, per un elevato e diversificato
numero  di soggetti economici ed istituzionali. Le proprieta' private
sono  stimabili  in  oltre  1.200.000,  il  numero  delle  proprieta'
comunali e di altri enti pubblici a rilevanza locale, si aggira sulle
14.500. A queste vanno aggiunte le proprieta' statali e regionali.
68.  Un  ulteriore  indicatore  indiretto del rilievo economico delle
foreste  risiede  nelle  attivita'  di  trasformazione industriale ed
artigianale del legno. Sebbene nella realta' italiana tali attivita',
molto   sviluppate,   si  rivolgano  prevalentemente  all'estero  per
l'acquisizione di materia prima legno, alcuni comparti dell'industria
presentano  legami  molto  stretti  con l'offerta interna; su di essa
sono   sorti   e  ad  essa  e'  condizionata  la  loro  sopravvivenza
produttiva.
69.  Le  foreste  assumono,  d'altro  canto, una forte rilevanza come
patrimonio    collettivo,    determinando    benefici    sull'assetto
idrogeologico,   sull'agricoltura,   sulla   salute  pubblica,  sulla
valorizzazione  ricreativa  e  turistica  dei  luoghi, anche privati.
Sebbene  siano  quasi mai quantificabili e spesso senza mercato, tali
servizi generano evidenti e rilevanti economie esterne.
Assumono   particolare   importanza   in   un   paese  come  l'Italia
geologicamente  instabile,  densamente  popolato,  a  forte  presenza
turistica,    soggetto    a   rilevanti   tensioni   sulla   qualita'
dell'ambiente.  La  presenza di politiche pubbliche di incentivo alle
attivita'  forestali  e  di  limitazioni  d'uso  dei boschi, riflette
chiaramente   l'esistenza   di   tali  benefici  e  risulta  da  essi
legittimata.
L'inventario Forestale Nazionale e la situazione delle risorse
70.  Da  sempre  soggetta  a  dubbi  e  rilevanti  insufficienze,  la
conoscenza  delle  risorse  forestali  italiane ha trovato un nuovo e
piu'   ampio  quadro  di  riferimento  nel  I›  Inventario  Forestale
Nazionale.
La  metodologia  adottata,  basata  sul  campionamento sistematico in
unica  fase  al  pari di quanto avviene in paesi di grande tradizione
forestale  come  Austria, Finlandia e Svezia, unisce affidabilita' ed
economicita'.  La  permanenza sul terreno della "rete" di rilevazione
inventariale,  costituita dalla suddivisione del territorio in maglie
di   900  ettari  ciascuna,  consentira'  revisioni  e  aggiornamenti
all'Inventario,    "infittimenti"    nell'ambito    degli   inventari
regionanli.  Del  resto  ha  gia' consentito la indagine sulle piogge
acide.
Si dispone ora quindi di uno strumento irrinunciabile di monitoraggio
delle   risorse   e  di  programmazione  del  sistema  forestale  che
contribuisce  a  colmare  ritardi  storici  e a guidare le scelte del
Piano Forestale Nazionale.
71.  Il  quadro  conoscitivo  emerso  dall'Inventario  presenta varie
conferme  ma  anche rilevanti novita' circa le esatte caratteristiche
quantitative e qualitative delle foreste italiane.
La  coscienza,  parziale  ma gia' diffusa, di disporre di una risorsa
tutt'altro  che  esigua  ma  in  condizioni  insoddisfacenti,  emerge
notevolmente  rafforzata e "certificata" delle indagini inventariali.
72.  Rispetto  ai  6,403  milioni  di  ettari di superficie forestale
nazionale   indicati   dalle   piu'  recenti  statistiche  ufficiali,
l'Inventario  ha  rilevato  superfici  a  ceduo  e  fustaia per 6,436
milioni  di ettari e, 2,240 milioni di ettari di "altre informazioni"
che portano la superficie totale a 8,675 milioni di ettari. I criteri
di  rilevazioni  adottati hanno permesso quindi di mettere in luce la
presenza di vaste superfici, oltre 2 milioni di ettari, di formazioni
forestali  "minori"  -  arbusteti,  macchia  mediterranea, riparie ed
altro  -  che  pure  sono  ovunque  parte  integrante  dei  patrimoni
forestali  e  come  tali hanno, da tempo, un riconoscimento ufficiale
nelle statistiche internazionali.
73.  Le  foreste ricoprono il 28,8 per cento del territorio italiano,
una  quota superiore a quella della CEE a dodici, pri al 25% circa, e
molto  piu' prossima al 29,1 per cento della Germania Federale che al
27,4  della  Francia.  In termini di superficie forestale pro-capite,
0,15 ettari, l'Italia risulta in linea con la media della Comunita' a
dieci  anche  se  non  con  quella  della  CEE  a dodici (0,18 ettari
pro-capite).
I  dati  dell'Inventario  mettono  invece  ancor  piu' in evidenza le
differenze  della  situazione italiana rispetto alle medie europee in
termini  di  forme  di  governo  e specie presenti. I cedui ricoprono
3,858  milioni  di  ettari,  una  superficie  piu'  estesa  di quanto
rilevato dalle statistiche precedenti, mentre la superficie a fustaia
e' di soli 2,577 milioni di ettari.
Le  latifoglie  dominano,  conn l'80% della superficie, rispetto alla
conifere, pari soltanto al 16 per cento del totale.
74.  Consistente  e'  il  volume  della  massa  legnosa  presente. La
provvigione   complessiva  stimata  dall'Inventario  e'  prossima  al
miliardo  di  metri  cubi.  Cio'  avvicina  l'Italia ai livelli della
Germania,  1,062 miliardi di metri cubi, secondo le stime ECE/FAO che
risultano  nella  CEE a dodici inferiori solo a quelli della Francia,
1,639 miliardi di metri cubi.
Adeguata  ricchezza  di  provvigione  unitaria,  163  metri  cubi per
ettaro,  presentano  in media le fustaie, che dispongono di una massa
legnosa  complessiva  di  419,61 milioni di metri cubi. Meno ricchi i
boschi  cedui  con  una  massa complessiva di 337,86 milioni di metri
cubi per una provvigione unitaria di 88 metri cubi ad ettaro.
75.  La diminuzione dei ritmi di sfruttamento intervenuta nel periodo
postbellico  ha  quindi  determinato  un notevole arricchimento dello
"spessore" quantitativo delle foreste italiane.
La  situazione  delle  risorse  appare  tuttavia  meno confortante in
termini  di  localizzazione,  struttura,  produttiva  e, soprattutto,
stato delle cure colturali.
76.  La  prevalente  localizzazione montana e collinare, oltre il 95%
della  superficie  totale,  differenzia  notevolmente  la  situazione
italiana  da  quella  degli  altri  paesi della Comunita', dove molto
estese  sono  le  formazioni  boschive  di pianura. Rilevanti sono le
conseguenze di ordine economico e funzionale.
Emerge  evidentissimo  il  ruolo protettivo dei suoli e di regolatore
idrico  svolto  dalle  foreste  italiane; emergono inoltre le strette
connessioni   tra   i   problemi   del  sistema  forestale  e  quelli
dell'agricoltura  e  della  zootecnica  di  montagna  e  di  collina.
Negative  appaiono  le  conseguenze  per la valorizzazione economica.
Sebbene  le  indagini  inventariali  abbiano  messo in luce uno stato
complessivo   di  buona  accessibilita'  infrastrutturale,  la  quasi
totalita'  dei  boschi  e' posta su terreni con pendenze superiori al
20-25%,   con  notevole  amplificazione  rispetto  ad  altre  realta'
nazionali,   dei   costi   connessi   alle   cure  colturali  e  alle
utilizzazioni  boschive  e  con  evidenti  ostacoli  ad  una maggiore
meccanizzazione.
77.  La  produttivita'  legnosa delle foreste italiane risulta bassa.
Dall'Inventario emergono accrescimenti correnti superiori in media ai
3  metri  cubi/ettaro/anno, maggiori quindi delle precedenti stime di
2-2,5  metri  cubi ad ettaro. L'Italia conserva tuttavia sotto questo
profilo,  una  delle posizioni meno favorevoli nella CEE a dodici. Le
foreste   francesi   e   tedesche   presentano   produttivita'  medie
rispettivamente  di  4,0 e 5,6 metri cubi/ettaro/anno. La stessa Gran
Bretagna,  tra  i  paesi meno dotati della CEE sotto il profilo delle
risorse,  presenta  una  produttivita' di 5,4 metri cubi/ettaro/anno.
Altri paesi mediterranei come la Spagna ed il Portogallo superano i 4
metri cubi/ettaro/anno.
La  posizione  relativa  dell'Italia  non  muta  anche guardando agli
incrementi  in  termini  percentuali, che sono valutati in circa il 3
per  cento  dello  stock  e  che pure corrispondono ad una produzione
annua  di  massa  legnosa di tutto rilievo, circa 30 milioni di metri
cubi.
78.  Il  dato sulla produttivita' complessiva appare condizionato dai
caratteri  strutturali  e  dalle  condizioni  di salute delle foreste
italiane.  Mentre le fustaie, in particolare quelle di conifere delle
Alpi Orientali ed alcune formazioni di latifoglie, associano adeguate
provvigioni  legnose  e buone condizioni vegetative, realizzando gran
parte  dell'incremennto  legnoso  complessivo, il resto delle foreste
italiane  (soprattutto  i  cedui)  versa  in  condizioni  non  buone,
soggetto   ad   invecchiamento,   infoltimento   eccessivo,  attacchi
parassitari.
79.  La  forte presenza delle forme di governo a ceduo, estese per il
44,5%  della superficie totale e per il 60% se si escludono le "altre
informazioni",   costituisce  un  elemento  di  estremo  rilievo  per
l'intero  sistema  forestale  italiano. Rappresenta, sotto il profilo
economico-sociale,  l'espressione dei comportamenti nei confronti del
bosco  prevalsi  in passato nelle aree rurali collinare e montane. Il
ceduo  associa  infatti  riproduzione  naturale,  turni brevi e bassi
requisiti  gestionali, alla produzione di assortimenti legnosi adatti
alla  combustione  e  a  taluni  impieghi  agricoli, capaci quindi di
contribuire  in passato all'autonomia delle strutture agrarie montane
e  all'ottenimento di redditi integrativi. Benche' le possibilita' di
rivalutazione   economica   dei  cedui  siano  da  tempo  oggetto  di
attenzione  alla  luce dello sviluppo tecnologico delle industrie dei
pannelli  e  delle  paste  per  carta,  l'evoluzione  delle strutture
agrarie  e  dei  mercati dei prodotti legnosi ha reso questa forma di
gestione estremamente povera.
Si  stima  che  solo  un  terzo  dell'attuale  superficie a ceduo sia
sottoposta  come tale a regolare utilizzazione. Alcune delle restanti
superfici  sono in via di conversione a fustaia, ma la gran parte dei
boschi   cedui   versa   in  condizioni  di  abbandono  piu'  o  meno
pronunciato.
80. La diminuzione, e in taluni casi, la totale cessazione delle cure
colturali, investe varie altre formazioni boschive e si puo' ritenere
fenomeno  generale.  Vi e' stata nel tempo, insieme alla caduta delle
utilizzazioni  boschive,  una  diminuzione continua, per la media del
sistema  forestale,  dei diradamenti, delle pulizie e di tutte quelle
attivita'  colturali  che  mantengono  efficienti  le  risorse.  Cio'
comporta  gravi  conseguenze non solo per le potenzialita' produttive
legnose  e  sui  risultati  economici  corrispondenti, ma anche sullo
stato  vegetativo e la capacita' di assolvere le funzioni protettive,
conservative e ricreative.
81.  Alla  perdita di valore economico e funzionale di gran parte del
patrimonio  si  aggiunge  una  tendenza declinante delle attivita' di
rimboschimento   e   di   estensione  "programmata"  delle  superfici
forestali.  I  ritmi attuali di rimboschimento vengono indicati dalla
statistica   ufficiale   in   5-10  mila  ettari/anno,  probabilmente
inferiori  alla realta' ma comunque meno dinamici di quelli degli ani
'50  e  '60.  La  precisa  conoscenza quantitativa delle attivita' di
rimboschimento e' inadeguata. Gli ettari complessivamente rimboschiti
nel  dopoguerra  sono  stimabili  in  oltre  800.000 dei quali almeno
150.000  nella  sola Calabria. Tali dimensioni costituiscono comunque
la  sommatoria  di  valori  tendenzialmente  decrescenti, anche se le
attivita'  si  sono  vivacizzate  negli ultimi anni con l'operare del
Progetto Speciale n. 24 della ex-Cassa per il Mezzogiorno.
Anche  nel  caso  dei  rimboschimenti  tuttavia, le attivita' di cura
colturale appaiono assai ridotte o assenti, con grave pregiudizio per
i risultati.
82.  Motivo  strutturale  di  ulteriore  preoccupazione per la salute
delle  risorse  forestali italiane e' costituito dagli incendi. Ad un
anno  pessimo come il 1985, con oltre 76.000 ettari di bosco percorsi
da  incendi,  ha  fatto  seguito nel 1986 un numero di incendi ancora
elevato, ma con una superficie interessata di soli 26.600 ettari. Dal
1980 la superficie colpita e' stata comunque di quasi 400.000 ettari,
per  una  massa  legnosa distrutta o danneggiata che i dati ufficiali
indicano  in  oltre  10  milioni  di metri cubi. Sebbene difficili da
valutare,  specie  per  quanto  attiene  alla perdita dei servizi del
bosco,  le  perdite monetarie sono valutabili intorno ai 200 miliardi
l'anno.  La  gestione  dei  mezzi e delle attrezzature di repressione
costa allo Stato e alle Regioni circa 100 miliardi l'anno.
Il  prevalere  della  cause  "volontarie",  "involontarie" e non "non
classificabili",   rispetto  a  quelle  "naturali",  indica  come  il
fenomeno  sia  frutto  di patologie comportamentali nei confronti del
bosco,  ma  soprattutto della sua troppo bassa importanza economica e
del  crearsi  in  vari  casi  di  una vera e propria "industria degli
incendi".
83.  L'Italia  e'  stata  toccata finora in modo non drammatico dalle
piogge  acide.  Tuttavia le indagini del MAF rivelano che il fenomeno
e'  in movimento e si e' passati in un anno da una percentuale del 5%
di alberi danneggiati ad una del 7%. Molto forte e' la preoccupazione
per il futuro.
84.  La  ricchezza  ecologica  e  produttiva ormai raggiunta da varie
formazioni   forestali  italiane  non  appare  quindi  sufficiente  a
riequilibrare  lo  stato  di  efficienza complessivo di un sistema di
risorse   con   parti   assai  deboli,  soggetto  ad  una  tendeziale
peggioramento  sotto  il  profilo  della  gestione  ed  investito  da
abbandono e disattenzione.
Riassuntivamente,  emerge  un quadro della realta attuale che conduce
ad  affermare  che  l'Italia  non e' un paese povero di boschi, ma un
paese ricco di boschi poveri.
I   problemi   economici   della   proprieta'   e  le  relazioni  con
l'agricoltura
.  La situazione attuale delle risorse e della loro gestione riflette
un  articolato  isieme  di  fattori  che  si connette alla evoluzione
strutturale  e  territoriale delle attivita' agricole, all'evoluzione
dei  mercati dei prodotti legnosi e alla caduta di redditivita' delle
attivita'  forestali.  Questi  processi  si  sono  combinati nel loro
svolgersi  con  ua  accentuata precarieta' delle strutture economiche
del  sistema forestale, contribuedo ad un loro ulteriore, progressivo
indebolimento.
86. L'estrema frammentazione della proprieta' privata, che occupa per
il  66%  della superficie totale e la cui estensione media e' stimata
in 3 ettari circa, e' uno degli elementi strutturali di debolezza del
sistema.  Esso  preclude  il  raggiungimento  di  economie  di  scala
tecniche  e  gestionali  rilevantissime per le foreste. I problemi di
gestione  appaiono accentuati dalla scarsa specializzazione silvicola
delle  aziende.  I  boschi  sono  collocati in gran parte all'interno
delle  aziende  agricole, occupandone il 24% della superficie totale,
un  livello  molto  piu'  elevato  di  qualunque  altro  paese  della
Comunita'.  I dati del Censimento dell'agricoltura idicavano in quasi
843.000 le aziende agricole che comprendevano boschi.
Frammentazione  e scarsa specializzazione limitano le possibilita' di
attribuire  al  bosco  un ruolo economico specifico all'interno della
proprieta',  e  favoriscono  percio', la "non gestione" del patrimoio
quando  la  sua  efficienza  richiede  investimenti  e  costi che non
trovano scarsi corrispettivi.
87.  Sul  piano  dei  grandi  mutamenti  dell'economia,  il carattere
prevalentemente  agro-silvicolo  delle aziende connette strettamente,
oggi   come   in   passato,   le   vicende  delle  foreste  a  quelle
dell'agricoltura,  seppure  con  modalita'  assai  diverse nelle aree
montane ed in quelle di pianura.
88.  La  forte  espansione delle attivita' agricole e zootecniche nei
territori  collinari  e  montani  avvenuta  fino  alla seconda Guerra
Modiale,  ha determinato, da un lato, ingenti erosioni del patrimonio
forestale  e,  dall'altro,  l'inclusione  delle foreste, in posizione
subordinata  ma  con  un certo grado di equilibrio, all'interno degli
ordinamenti produttivi aziendali.
La  continua  riduzione  della  pressione  demografica,  i  mutamenti
strutturali   dell'agricoltura   che  hanno  marginalizzato  o  fatto
scomparire  molte  aziende  agrarie di collina e montagna nel periodo
postbellico,   hanno   successivamente  condotto  ad  un  progressivo
deterioramento  di  questo  equilibrio.  L'abbandono  delle  terre ha
comportato  anche  l'abbandono  dei  boschi,  mentre  i  boschi hanno
riguadagnato,  ma  spesso  in  modo  totalmente  spontaneo, parte dei
territori    che   occupavano   anticamente.   La   quasi   totalita'
dell'incremento delle superfici forestali nazionali avvenuto dal 1970
ad  oggi  ha  riguardato  territori  collinari  e montani, ma con una
estensione,  circa  240.000  ettari  sulla  base  dei dati ufficiali,
nettamente  inferiore  alla  diminuzione  della  superficie  agricola
utilizzata,  stimata  dal  Censimento  dell'agricoltura  in circa 1,5
milioni di ettari nello stesso periodo.
89.  Al  ruolo  declinante  dei  boschi, ed in particolare del ceduo,
nell'economia   delle   aziende   agricole  collinari  e  montane  ha
contribuito pesantemente la caduta di redditivita' collegata al forte
declino  degli assorbimenti di legna da ardere da parte del mercato e
alla  lievitazione dei costi delle cure e lavorazioni boschive. Anche
a prescindere dall'esistenza di numerose formazioni boschive a prezzo
di  macchiatico  negativo,  i  redditi  attualmente  ottenibili dallo
sfruttamento   della   maggior   parte   dei   boschi  italiani  sono
assolutamente  non  comparabili  con  quelli  ottenibili  da  colture
agricole   o   da  attivita'  economiche  ed  impieghi  occupazionali
alternativi.
Gli    investimenti    necessari   alla   ristrutturazione   e   alla
valorizzazione  produttiva  dei boschi risultano quindi proibitivi in
relazioni ai ritorni attesi.
90.  Aassai diverso a' il ruolo assunto dai boschi, ed in particolare
dalla pioppicultura, nella dinamica dell'agricoltura padana.
Considerata  talvolta  coltura  agraria  piuttosto  che forestale, la
pioppicultura   appare   la  forma  piu'  avanzata  di  arboricoltura
praticata  in  Italia  ed  assume  posizioni  di  particolare rilievo
nell'offerta di legno all'industria. Ha trovato da tempo collocazione
negli ordinamenti produttivi delle aziende agricole padane, in virtu'
della  tecnica  colturale  molto  prossima  a  quella  agraria, della
brevita' del turno, degli elevati redditi che puo' fornire.
91.  Le  fasi cicliche attraversate dalla pioppicultura a partire dal
periodo  di  forte espansione degli anni '50 e '60, riflettono, oltre
che   le   fasi   dell'industria  utlizzatrice,  anche  il  carattere
"reddittuale",  di  attivita'  subordinata  all'andamento di prezzi e
costi, che ad essa viene attribuito.
Nelle  decisioni  di  piantagione  da  parte  degli  agricoltori,  in
particolare  nei  terreni  non  golenali,  assumono  rilevo  anche le
aspettative  sulla  redditivita' relativa della pioppicoltura e delle
colture  annuali.  In  alcune  fasi  del  passato  si sono verificate
situazioni  di  concorrenzialita  tra  pioppo e frumento, mais, riso.
Attualmente  ci  si trova in una fase di eccesso di offerta, e quindi
di  piantagioni  a ritmo ridotto anche a causa della lievitazione dei
costi colturali.
Le Foreste pubbliche
92.  Mentre  la quota complessiva della superficie forestale occupata
dalle  proprieta'  pubbliche  e'  in  Italia  in  linea  con la media
comunitaria,  ne  differisce  per  l'elevata componente di proprieta'
comunali,  pari  ad  oltre  il  73%  delle  proprieta'  pubbliche  in
complesso  e  ad  un  quarto della superficie totale. Particolarmente
ridotta,  anche  rispetto  agli  altri  paesi,  e'  la  componente di
proprieta'  statali,  specie dopo il trasferimento alle Regioni della
maggior parte del demanio forestale
93.   Le  proprieta'  comunali,  che  raggiungono  una  significativa
diffusione  in  alcune  regioni  dell'arco alpino ed in varie regioni
meridionali,  differiscono  molto, sotto il profilo gestionale, nelle
varie  realta'  territoriali. Sono sottoposte a piani di assestamento
per il 44% circa della superficie, una percentuale pari a qulle delle
proprieta'  pubbliche  in complesso, che tuttavia in base alla "legge
forestale" del 1923 dovrebbero esserne dotate per la totalita'.
94.  Nell'adozione  di  questo  strumento  prevalgono  i comuni delle
regioni  alpine  e  del Trentino in particolare, che da solo conta il
50%  di  tutte  le  superfici  assestate  italiane.  La  gestione dei
patrimoni  pubblici  con  strumenti  razionali  di  pianificazione e'
motivata  in  queste  regioni  dalle  radicate  tradizioni  forestali
connesse  all'importanza  economica delle foreste, e dalla necessita'
di  trovare, soprattutto negli ultimi anni, un buon equilibrio con lo
sviluppo delle attivita' turistiche.
95.  Assai  conflittuale  e'  invece  il rapporto tra foreste e altre
attivita',  pascolo  in  particolare,  in  molte  aree dell'Appennino
centro-meridionale,  dove  sulle  proprieta'  pubbliche  si esplicano
intensamente le attivita' dell'impresa pastorale senza terra.
L'esercizio  dell'uso  civico  che  grava  su  gran parte dei terreni
pubblici   centro-meridionali   ha   contribuito   a  questo  intenso
sfruttamento  del  bosco pubblico con effetti spesso devastanti sulle
condizioni   vegetative   del  bosco.  Sebbene  le  norme  limitative
esistano,  la  loro mancanza di operativita' ed efficacia costituisce
un limite importante alla valorizzazione forestale.
96.  In  generale, seppure con rilevanti eccezioni, si e' manifestato
nel  tempo  un  diminuito  interesse  dei  proprietari  pubblici  per
l'utilizzazione  e,  spesso,  per  le cure del proprio patrimonio. Il
decrescente  rilievo  relativo  dei proventi del bosco, l'aumento dei
costi   di   gestione,   l'accresciuta   rilevanza   delle  attivita'
turistiche,  con  l'allocazione ad esse di risorse e strutture, unite
alle  diffcolta'  finanziarie  di  molti  Enti locali italiani, hanno
mutato  notevolmente  i  ruoli  attribuiti  al bosco nella proprieta'
pubblica.
I servizi delle foreste per il territorio e l'ambiente
97. Le precarie condizioni idrogeologiche del paese caratterizzano in
modo  assai  netto la straordinaria importanza delle foreste italiane
per l'equilibrato assetto fisico del territorio.
Come  gli  altri  paesi della regione mediterranea, l'Italia presenta
infatti  forte  predisposizione al dissesto a causa del combinarsi di
formazioni  geologiche  giovani e instabili, orografia caratterizzata
da  forti  pendenze  e,  soprattutto  al  Sud, clima mediterraneo con
piogge improvvise su terreni inariditi.
A  cio' si aggiunge il contributo dei fattori antropici del dissesto,
collegati  alla  elevata  intensita'  di  presenza umana, che si sono
esplicati  nel  tempo  attraverso  tecniche  agricole  non idonee sui
terreni fragili della collina, opere infrastrutturali ed insediamenti
non rispettosi delle caratteristiche del suolo.
98.  La  copertura  forestale  costituisce uno strumento estremamente
efficace  per  contrastare  e  contenere  i  fenomeni di dissesto. Ha
infatti  una  forte  capacita' di trattenere l'acqua piovana, fattore
climatico   dominante   di   erosione,   diminuendo,   rallentando  e
redistribuiendo il deflusso sia attraverso l'azione delle
chiome  che  attraverso  il suolo forestale. Si stima che il deflusso
superficiale  in percentuale dell'acqua piovana passi da meno del 10%
per i boschi in efficienza al 50-100% per i coltivi abbandonati.
Viceversa, la quantita' d'acqua che il bosco riesce ad infiltrare nel
sottosuolo  e'  molto  piu'  elevata di quella infiltrata dalle altre
coperture   vegetali.   Si   determina  quindi  anche  una  riduzione
notevolissima dall'asportazione di materiali solidi dal terreno e dei
fenomeni  di  torrenzialita'  che  assumono  rilevanti  dimensioni in
Italia  e  contribuiscono  ogni anno alla perdita di milioni di metri
cubi di terreno fertile.
L'azione  regimante  del suolo forestale viene inoltre ritenuta assai
piu'  elevata di quella dei terreni soggetti a lavorazioni periodiche
o a copertura erbacea permanente.
99.  La  preoccupazione  protettiva  del  suolo  ha dominato un lungo
periodo  dell'intervento  pubblico  nei  confronti  delle foreste. Il
vincolo  idrogeologico,  istituito  dalla "legge forestale" del 1923,
interessa  tuttora  oltre  l'89%  dei  boschi  italiani, ed ha svolto
certamente  un  ruolo di rilievo nel proteggere le foreste, i suoli e
le acque.
Con  l'evoluzione  storica  dell'agricoltura  profondi mutamenti sono
tuttavia  intevenuti  nella  gestione  del  suolo.  Il regresso delle
attivita'  agricole  e  della presenza umana in montagna e collina ha
comportato,  insieme all'estensione degli incolti, anche la diminuita
manutenzione  e spesso il degrado di quelle opere idraulico-agrarie e
costruttive che avevano surrogato il bosco nelle funzioni protettive,
dopo  averlo  eliminato per far posto alle coltivazioni agrarie. Dove
il  bosco  non  ha  riguadagnato  il  territorio sono quindi venuti a
cadere importanti fattori di protezione.
100.  Buona parte del territorio italiano si trova oggi in condizioni
idrogeologiche  disastrose. I dati sul dissesto sono in generale poco
aggiornati. Alcuni elementi conoscitivi dal MAF in base alla quale il
38%  della superficie classificata montana per una estensione pari al
20%   del   territorio   nazionale,  risultava  soggetta  a  dissesto
idrogeologico  elevato  o  medo.  Alcune  stime  dei  danni nazionali
derivanti  da  dissesto  li  indicavano  in  2-3.000 miliardi l'anno.
Queste  cifre  sono  tuttavia solo indicative di una situazione assai
piu' grave.
101.  E' quindi ovvia, e confermata dall'esperienza, la constatazione
che  nel  rapporto  foreste-assetto  idrogeologico,  una  politica di
natura   prevalentemente   vincolistica  non  e'  sufficiente,  e  va
affiancata  invece  da  una  politica  attiva  di potenziamento delle
foreste.
Rispetto  alle  opere  costruttive  e  ingegneristiche,  con le quali
tendono     generalmente     a    combinarsi    nella    sistemazione
idraulico-forestale,  i  boschi  presentano in molti casi vantaggi di
efficienza  e  specialmente  di  minori  requisiti gestionali e di un
maggior grado di perpetuita'. Ma perche' tali vantaggi si manifestino
e'  tuttavia indispensabile l'efficienza ecologica del bosco. Poiche'
nella  massima  produttivita'  biologica  e nel pieno stato di salute
delle   foreste   tendono  ad  essere  ottimali  anche  le  capacita'
protettive   del  territorio,  i  problemi  idrogeologici  del  paese
richiedono, sotto il profilo forestale, risorse piu' ricche e sane di
quelle attuali ed ulteriori estensioni delle superfici a bosco.
102.  Si  assiste  in  Italia  ad una formidabile accelerazione della
domanda  di  conservazione e miglioramento dell'ambiente. Essa appare
giustificata  dalle  forti  tensioni  connesse ai modi dello sviluppo
economico, dalla reazione a colpevoli e dannose disattenzioni, da una
decisa maturazione culturale.
103.  Tra  i  beni  naturali  a  cui tali esigenze si indirizzano, le
foreste  assumono  un  ruolo  peculiare  per  la capacita' di offrire
servizi  multipli  ed essenziali. Accanto alla protezione del suolo e
delle  acque  esplicano infatti una rilevante azione di miglioramento
dell'aria  e  del  clima.  Si  stima che le foreste italiane siano in
grado  di  consumare  circa  25  miliardi  di  metri cubi di anidride
carbonica  l'anno, con una produzione giornaliera di circa 35 milioni
di  metricubi  di  ossigeno.  Le  specie  animali e vegetali presenti
nell'ambiente   italiano  raggiungono  inoltre  massima  ricchezza  e
varieta' all'interno degli ecosistemi forestali, e non solo in quelli
specificamente designati a finalita' conservative.
I  boschi,  in  ogni  loro  forma  e  grado di "bellezza", sono parte
integrante   del  paesaggio,  patrimonio  collettivo  dai  molteplici
connotati  culturali  ed economici, la cui dinamica naturale e' stata
soggetta in Italia a modificazioni umane spesso stravolgenti. Da cio'
originano  le recenti normative sul vincolo e sui piani paesaggistici
contenute  nella  legge  n.  431/85  e  che  investono tutti i boschi
indipendentemente dal vincolo idrogeologico.
104.  Alla rivalutazione, cui e' soggetto in Italia il bosco sotto il
profilo  ambientale  e conservativo, non fanno riscontro una adeguata
disponibilita'  di  risorse  sane  ed ecologicamente efficienti. Cio'
accade anche di fronte alla aumentata domanda di fruizione collettiva
delle  foreste  attraverso  l'esercizio  di  attivita'  ricreative  e
turistiche.
Sotto   questo   profilo   si   sono   tuttavia  generate  situazioni
contraddittorie.  Nelle  parti  piu'  ricche  delle foreste italiane,
accanto a sitauzioni di corretto sviluppo della ricreazione in bosco,
si e' assistito a fenomeni di sfruttamento distruttivo da parte degli
insediamenti  turistici  di carattere abitativo ed impiantistico, ne'
si  puo'  ritenere  che  le tensioni speculative siano cessate. Danni
derivano inoltre dal semplice eccesso di carico umano che si verifica
soprattutto sulle fasce costiere.
Il  problema  e'  quindi  duplice:  squilibri  nei modi di fruizione,
specie  nelle  aree  forestali  "ricche",  e  mancato  sviluppo delle
capacita'  ricettive  delle  foreste  meno  ricche,  con  perdita  di
possibili  vantaggi  economici  e  con  un  contributo alla caduta di
interesse  per  la  cura  delle  risorse  da parte dei possessori. La
situazione   complessiva   appare   quindi  lontana  da  un  adeguato
equilibrio.
105.  Negli  ultimi anni vi e' stato un forte impulso, soprattutto da
parte  delle  Regioni, alla creazione di parchi ed aree protette. Con
una  certa varieta' di tipologie, generalmente riconducibili a quella
del  parco naturale a funzione multipla conservativa e ricreativa, le
aree  protette  create  dalle  Regioni  dal  1974  sono pari ad oltre
500.000  ettari.  Insieme  ai  cinque parchi nazionali e alle riserve
naturali  statali  gestite  dal MAF come parte del demanio forestale,
esse  concorrono a costituire un "sistema" nazionale di aree protette
a  varia  componenete  forestale,  che  si  estende  su oltre 950.000
ettari, pari a circa il 3% del territorio.
Nonostante  questa  accelerazione  recente,  a  cui  fa riscontro una
accresciuta  frequentazione  nelle areee aperte al pubblico, l'Italia
rimane  ancora  a  livelli  inferiori rispetto altri paesi europei ad
ampia  superficie.  Pure nell'eterogeneita' delle classificazione che
rende  le  comparazioni  non  del  tutto significative, in Francia la
quota  "protetta"  del territorio supera il 5%, in Germania e' del 22
circa,  in Gran Bretagna del 20. In termini di superfici protette pro
capite  l'Italia  si  colloca solo al sesto posto nella Comunita'; ma
non sempre le forme di protezione sono comparabili.
I prodotti non legnosi
106.  Una  estrema  varieta'  di  prodotti diversi dal legno proviene
dalle foreste italiane. Estratti tannici, piante officinali, sughero,
frutti  del  sottobosco,  tartufi  ed  altri prodotti, danno luogo ad
attivita'  di  raccolta,  commercializzazione  e  trasformazione  dai
notevoli  valori  economici  e assai importanti in specifiche realta'
locali.
107. I dati ufficiali sulla raccolta sono molto oscillanti di anno in
anno,   sia   per  la  sensibilita'  della  produzione  all'andamento
climatico che per la parzialita' delle rilevazioni. Indicano tuttavia
per  i  frutti  del bosco, del sottobosco e per il sughero, un valore
complessivo  della  raccolta  che si aggira sui 90-100 miliardi negli
ultimi anni.
Castagne,  pinoli,  funghi,  tartufi, muschi e sottobosco ornamentale
rappresentanto   nelle  rilevazioni  ufficiali  la  componenete  piu'
cospicua  dei  valori  complessivi. In specifiche situazioni i ricavi
ottenibili  dai  prodotti  non  legnosi tendono a superare quelli del
legno   al   taglio.   Le   effettive  dimensioni  di  mercato  e  le
potenzialita'  di  sviluppo  dei  molti  prodotti  spontanei  e  semi
spontanei del sottobosco sono tuttavia poco note, a causa della forte
componente  di  autoconsumo  e  delle diffuse attivita' di raccolta e
scambio non rilevabili.
108.  Per i prodotti non legnosi piu' tradizionali si sono avuti, nei
periodi  di  maggior  esodo  dalle "aree interne", fenomeni di crisi.
Tipico   il  caso  della  castanicoltura  da  frutto,  settore  dalle
problematiche  assai complesse, un tempo fiorentissima e poi soggetta
ad  una  progressiva  contrazione  con  un  forte  depauperamento del
patrimonio  arboreo  fruttante.  Nonostante il progressivo calo delle
disponibilita'  di  produzione nazionale, l'Italia mantiene posizioni
di  primissimo  piano  sul  mercato  internazionale  con oltre 19.000
tonnellate  di  castagne esportate nel 1985 per un valore di circa 47
miliardi.
Una  pesante situazione di crisi si mantiene per la subericoltura. Le
buone  potenzialita' produttive, seppure circoscritte a poche regioni
italiane,  non  trovano  adeguati  esiti  di  mercato  in presenza di
abbandono  della  raccolta  e  di  forte  concorrenza  da parte della
produzione   spagnola  e  portoghese.  Le  importazioni  di  sughero,
principalmente  turaccioli,  ha  superato nel 1985 i 46 miliardi, con
esportazioni trascurabili.
109. La vivacita' delle situazioni di mercato venutasi a creare negli
ultimi anni, con l'evoluzione "qualitativa" dei consumi, per prodotti
anche tradizionali come i funghi e i piccoli frutti, e lo sviluppo di
innovazioni  quali  le piante tatufigene, fanno ritenere che esistano
per  i prodotti non legnosi forti potenzialita' ancora da sfruttare e
da sviluppare.
Emergono  al  riguardo  rilevanti necessita' di dare impulso in varie
forme alla promozione dei prodotti e delle attivita' collegate. Oltre
che   redditi   di  adeguato  livello  e  occasioni  di  occupazione,
risulterebbero  stimolati  la  buona  gestione e la conservazione del
bosco.
L'offerta di materia prima legno
110.  L'attuale  situazione  dell'offerta  di legno proveniente dalle
foreste  italiane  riflette,  in modo assai problematico, i caratteri
delle risorse, l'evoluzione dei mercati ed i condizionamenti generati
dalle  difficolta' in cui versano le strutture del sistema forestale.
L'estrazione  del  legno  dalle  foreste  italiane  ha subito un calo
drastico nell'ultimo trentennio. Dagli oltre 13 milioni di metri cubi
dei  primi anni '50 si e' passati agli 8 milioni circa attuali, quasi
interamente a causa della ridotta produzione di legna da ardere.
L'andamento  dei  prelevamenti  di  legname  da  lavoro ha d'altronde
evidenziato  forti  limitazioni  di ordine tecnico ed economico delle
capacita'  di  offerta.  Per tutto l'ultimo trentennio i prelevamenti
sono rimasti compresi, con oscillazioni molto graduali, tra i 3 e i 4
milioni  di  metri  cubi,  mentre  nello stesso periodo il fabbisogno
interno  di legno ad uso industriale e' quasi quadruplicato. Il grado
di autosufficienza per il legname da lavoro si e' cosi' drasticamente
ridotto  dal  circa  60%  dei primi anni '50 ad un livello attuale di
circa il 17%.
111.   Il   tasso   di   utilizzazione   nettamente   inferiore  agli
accrescimenti  naturali,  circa  un  metro cubo su tre, riscontrabile
anche   nelle   fustaie   piu'  ricche  che  possono  offrire  ottimi
assortimenti  di  legname  da  lavoro,  e' in taluni casi motivato da
ragioni   selvicolturali  di  ulteriori  ricostituzione  delle  masse
legnose e di raggiungimento dello stato di "normalita'" produttiva.
Tuttavia,  per  il  complesso  del  sistema, la ridotta utilizzazione
rispetto  alle  potenzialita' deriva soprattutto dal notevole divario
venutosi  a  creare  tra domanda di mercato e composizione, qualita',
costo, capacita' di commercializzazione dei prodotti ottenibili dalle
foreste italiane
Si  sono  con cio' consolidati processi di rinuncia allo sfruttamento
economico dei prodotti legnosi.
112.  Per  il legname da lavoro la base produttiva forestale in grado
di  fornire  prodotti competitivi o comunque accettati dal mercato e'
di fatto ridottissimo.
Le   fustaie   di  conifere  e  di  latifoglie  che  coprono  secondo
l'Inventario  meno  del  30%  della  superficie forestale, forniscono
quasi l'80% del legname di lavoro.
Il   58%  di  quello  di  latifoglie  proviene  tuttavia  dalla  sola
pioppicoltura.
Quest'ultima,  su  una  quota  irrisoria  della  superficie forestale
totale,  copre  il  38% dell'intera produzione italiana di legname da
opera.
Altrettanto   significativa   e'   la   forte   concentrazione  delle
provenienze  geografiche  del legno per l'industria. La pioppicoltura
e'  localizzata  in termini di superfici, per circa il 70% nella sola
pianura lombarda e piemontese.
Inoltre,  sei  regioni  dell'Arco Alpino, forniscono quasi il 70% del
legname  da lavoro totale, del quale il 17% circa proviene dalle sole
fustaie di conifere del Trentino Alto Adige.
113.  Alla  ristretta  base  geografica  dell'offerta  di  legname da
lavoro,  non  e' estranea la prevalente localizzazione settentrionale
dell'industria  di lavorazione del legno, fattore che, in presenza di
un  elevato  livello  dei  costi  di trasporto del legno grezzo, puo'
essere  considerato  una  delle cause di mancata valorizzazione delle
risorse forestali delle regioni meridionali, in molti casi abbondanti
e adatte a varie trasformazioni industriali.
La   gran  parte  delle  foreste  meridionali  dista  dai  centri  di
trasformazione  del  Nord  piu'  di  molte  aree  forestali  di paesi
confinanti  come  Australia,  Jugoslavia  e  Francia,  paesi che sono
d'altro canto in grado di assicurare forniture molto piu' regolari ed
efficienti.   Lo   sviluppo  delle  industrie  meridionali  di  prima
lavorazione appare del tutto inadeguato.
114.  La  produzione  di legna da ardere costituisce tuttora oltre il
50% del legno complessivamente estratto. Soggetta ad una forte caduta
tendenziale  di  lungo  periodo, e' aumentata in corrispondenza delle
crisi  energetiche  degli  anni  '70,  manifestando  ancora  segni di
ripresa  nei  primi  anni  '80 vi sono tuttavia elementi di difficile
interpretazione del mercato della legna da ardere.
L'Italia  e' il principale importatore mondiale seppure in un mercato
internazionale  praticamente  inesistente, con un esborso di oltre 31
miliardi nel 1985, ed e' il principale consumatore di tutta l'Europa,
esclusa  l'Unione  Sovietica.  E'  d'altro canto opinione diffusa che
notevoli  quantitativi di legna classificata "da ardere" all'import o
alla  produzione  interna  sia destinata all'industria dei pannelli e
della carta.
Le lavorazioni forestali ed il collegamento foresta-mercati
115.  All'esigua capacita' di offerta interna di legno contribuiscono
le  strutture  di  collegamento  tra  foresta  e mercati dei prodotti
legnosi,  uno  degli  elementi  piu'  deboli  del  sistema  forestale
italiano. Una posizione ad un ruolo particolare assumono, nell'ambito
di  questo  livello  della  "filiera"  foresta-legno,  le  imprese di
lavorazione  boschiva, che svolgono le attivita' connesse al taglio e
all'esbosco dei prodotti legnosi.
116. Modellato ed "adattato" dal tempo su di un sistema di proprieta'
forestali  frammentale,  investito  dal calo dell'interesse economico
produttivo  per  le  foreste,  l'insieme delle imprese di lavorazione
costituisce  un  universo  dalla  fisionomia  tecnica organizzativa e
produttiva difficilmente identificabile.
Il  numero  di tali imprese viene valutato in circa 2500. Molto varie
sono le forme organizzative e le fasi di lavorazione svolte: dal solo
taglio  ed  esbosco, alla prima commercializzazione e anche fino alla
segagione.  Caratteristiche prevalenti sono le piccole dimensioni, la
ridotta  meccanizzazione, il ristretto ambito operativo territoriale.
117.  La  produttivita'  media  di  queste imprese viene stimata in 2
metri  cubi di prodotto legnoso estratto per giornata lavorativa, con
livelli  piu'  bassi  nei  cedui  e  piu' elevati nelle fustaie e nei
pioppeti  specializzati,  dove  puo'  arrivare  agli  8 metri cubi al
giorno.   La   bassa  produttivita',  derivante  dalla  insufficienza
tecnologica  ed organizzativa, determina una amplificazione dei costi
delle lavorazioni forestali, resi gia' notevolmente elevati in Italia
dagli svantaggi di localizzazione dei boschi. Contribuisce anche alla
difficolta'   di  accrescere,  nel  sistema  italiano,  il  grado  di
integrazione verticale tra operazioni forestali, commercializzazione,
prima trasformazione.
La  scarsa  meccanizzazione  mantiene  inoltre  gravoso  il lavoro in
foresta  e  determina  forme  di  disaffezione e di rarefazione della
offerta di lavoro che ha ulteriori effetti di lievitazione dei costi.
118.  La concorrenza a cui sono sottoposti i prodotti legnosi, sia da
parte  dell'offerta  internazionale  che  da  quella nazionale meglio
localizzata, fa si che gli elevati costi delle lavorazioni in foresta
pongano  fuori  mercato  la  parte  piu'  povera, per localizzazione,
qualita',  assortimenti ricavabili, delle risorse forestali italiane.
Si  determina inoltre un generale abbassamento dei redditi ottenibili
dai proprietari.
Il  costo  orario  di  un  operaio forestale e' aumentato nell'ultimo
trentennio  di  circa  66  volte,  mentre il prezzo di un quintale di
legna  da  ardere  di  sole 11 volte circa. La riduzione dei tempi di
lavorazione  per  unita'  di  prodotto,  circa  il  60%  nello stesso
periodo,  non  e' ovviamente in grado di colmare l'enorme divario tra
le  dinamiche  dei  prezzi  e  dei costi. Un forte innalzamento hanno
quindi subito anche i costi delle operazioni colturali periodiche.
L'effetto   e'   quello   di  rafforzare  la  gia'  rilevante  caduta
dell'interesse economico per le foreste, che porta ad una diminuzione
delle  utilizzazioni dei boschi a maturita', delle cure colturali, ed
incide  inoltre  sulle  aspettative di medio e lungo periodo che sono
alla base dei rimboschimenti.
119. Le carenze delle imprese di lavorazione forestale contribuiscono
quindi  da tempo al pesante circolo vizioso innescato dall'evoluzione
dei mercati. Gli svantaggi economici derivanti dalla struttura fisica
e  dal  ridotto  grado  di gestione delle foreste rendono scarsamente
competitivi  i  prodotti  legnosi  nazionali  e  di  scarso rilievo i
proventi  da  essi  ricavabili.  Gli  elevati costi delle lavorazioni
forestali  riducono ulteriormente la competitivita' dei prodotti e le
convenienze  economiche  degli  investimenti. Le cure colturali delle
risorse perdono di significato e si pregiudica lo stato di efficienza
ecologica e la capacita' produttiva per il futuro.
La domanda delle industrie del legno
120.  Il  legno costituisce una delle principali materie prime per un
insieme  estremamente articolato e complesso di attivita' industriali
ed   artigianali,   che   occupano   posizioni   di   grande  rilievo
nell'economica nazionale.
Nel 1985 il valore aggiunto del settore "legno e mobili", e' stato di
13.048   miliardi,  pari  al  7,3%  del  totale  di  "prodotti  della
trasformazione industriale". Di 10.255 miliardi e' stato quello della
carta  e  cartotecnica  che negli aggregati di contabilita' nazionale
comprende tuttavia anche l'editoria.
Dai  dati ufficiali e da quelli delle organizzazioni del settore, che
nel  caso  del  mobile  presenta  una  elevata  componente  di unita'
artigianali,  l'insieme  dei  settori legno-mobili-carta da' lavoro a
circa 600.000 persone.
121.  Sviluppatasi  negli  anni '50 e '60 con orientamento al mercato
interno,  l'industria  del legno e del mobile ha vissuto nello scorso
decennio  un  periodo  di forte espansione, risultando tra i comparti
piu'  dinamici  in  assoluto  del  settore manifatturiero. Un rilievo
crescente  della componente estera della domanda, ha portato l'Italia
ad essere, fin dai primi anni '80, il principale esportatore mondiale
di mobili con circa un quarto del commercio mondiale in valore.
122.  La crescita economica, unita allo sviluppo della vita culturale
del  paese,  e  all'incremento  della  componente  dei  servizi nelle
attivita'  ha  determinato  inoltre  un  forte  aumento  dei  consumi
italiani  di  carta  e  cartoni.  Il  consumo apparente pro-capite e'
aumentato di oltre otto volte tra il 1950 ed il 1984.
Si   tratta   delle  dinamiche  in  assoluto  piu'  forti  registrate
all'interno  della  Comunita', anche se i livelli attuali dei consumi
pro-capite  italiani  rimangono tra i piu' bassi in assoluto, essendo
circa  tre  quarti  di  quelli francesi ed inglesi, e poco piu' della
meta' di quelli tedeschi, olandesi e danesi.
123. Stime condotte da studiosi italiani indicano in circa 30 milioni
di  metri cubi in equivalente di tondo i consumi di legno industriale
negli ultimi anni, il che colloca l'Italia al terzo posto nella CEE a
dieci.
Sulla  base  dei  dati  FAO,  gli  unici  da  cui si possono ottenere
indicazioni anche sulle produzioni e sui consumi in qualita' dei vari
semilavorati,  la  stima di consumo globale delle industrie finali e'
tuttavia  piu'  elevata, circa 32-33 milioni di metri cubi. In base a
tali  dati,  gli  input  dell'industria  cartaria coprirebbero il 48%
circa  dei  consumi  di  legno grezzo, mentre il consumo apparente di
segati  costituisce  il  35%  e quello di pannelli il 14% del consumo
totale in equivalente di tondo.
124.  Gli  evidenti  limiti  di  velocita' dell'offerta interna hanno
condotto  nel  tempo ad una poderosa crescita dell'approvvigionamento
all'estero di legname da lavoro.
Il deficit per il legno industriale in quantita' dell'Italia, pari ad
oltre l'80% dei fabbisogni, e' nella Comunita' a dieci secondo solo a
quello   ingese  e  copre  circa  un  quarto  di  quello  complessivo
comunitario.  L'Italia  e'  inoltre  il primo importatore di tutto il
continente  europeo  per  i tronchi di latifoglie e di conifere, e di
paste chimiche.
125.  Ne  derivano  pesanti  conseguenze  per  il  commercio  estero,
alleviate   dall'export   di  alcuni  prodotti  finiti.  Nel  settore
legno-mobile,  il  legno grezzo e i semilavorati hanno avuto nel 1985
un  saldo negativo per 2028 miliardi, piu' che compensato da un saldo
attivo  dei  prodotti  semifiniti  e dei soli mobili in legno di 3228
miliardi, riprova del carattere fortemente "trasformatore" che questo
settore  assume  nella realta' italiana. Nel settore cellulosa-carta,
il  deficit  complessivo e' stato di 1734 miliardi, con le sole paste
per carta responsabili di circa 1270 miliardi di deficit.
I  comparti  piu' critici per la dipendenza esterna, sia in quantita'
che  in  valore,  appaiono  quello  dei  segati,  dove  le  quantita'
importate  sono pari ad oltre il 70% del totale delle paste consumate
in Italia.
126.  La  situazione  si  e'  andata progressivamente deteriorato nel
tempo, non solo per l'aumento dei volumi importati e dall'esborso, ma
anche  per  il  grado  di  trasformazione  piu'  elevato dei prodotti
importati,  mutati di composizione verso i semilavorati. Il forzato e
prolungato   affidamento   sulle  fonti  esterne  di  materia  prima,
combinato  con  le  accentuate  tendenze  a  trasformare  in  loco il
prodotto  grezzo  nei  paesi  fornitori,  ha  in  effetti determinato
fenomeni di preoccupante penetrazione delle importazioni.
Tra  i  primi  anni  '70  ed  il  1984 la quota importata del consumo
apparente  e' passata dal 64 al 71% per i segati; da livelli irrisori
del  3-6%  a  livelli  superiori  al  20%  per tranciati, compensati,
pannelli  di  particelle;  dal  12  a  quasi  il  20%  per  le  paste
meccaniche; dal 90 al 95% per le paste chimiche.
127.  I  settori  sono stati interessati dal fenomeno per cause e con
modalita'  diverse,  anche  in relazione alle diverse possibilita' di
approvvigionamento di materie prime interne.
128.  Nel  comparto  della  segazione, la diminuita disponibilita' di
tronchi  grezzi,  specie  tropicali, sui mercati internazionali ed il
corrispondente   aumento   della   disponibilita'   di   semilavorati
concorrenziali,   ha  ulteriormente  indebolito  un  settore  tuttora
estrememente   frammentato,  composto,  secondo  dati  FAO,  da  4135
imprese,  delle quali 3240 con meno di 5 adetti e solo 39 con piu' di
50 addetti.
La  presenza  di  rapporti commerciali molto efficienti e consolidati
per  la  importazione  di  segati  con  alcuni  paesi limitrofi, come
l'Austria  e  la  Jugoslavia,  che  peraltro,  insieme  a  Francia  e
Svizzera,  forniscono  una  elevata quota anche dei tronchi destinati
alla  stessa  industria  di  segazione italiana, costituisce un forte
fattore concorrenziale di compressione del settore.
129.  Il  settore  delle  paste e carta e' stato quello che ha subito
maggiormente gli effetti di penetrazione dei prodotti importanti e di
"disintegrazione" verticale, a causa della evidente incapacita' delle
produzioni  nazionali  nelle  diverse fasi della filiera di tenere il
passo  con  la forte dinamica del consumo di prodotti finiti. I costi
di  approvvigionamento estero del settore sono ritenuti attualmente i
piu' alti rispetto a tutti i paesi europei.
In presenza di una struttura dell'industria cartaria anomala rispetto
al  resto della CEE, con un numero elevato di unita' produttive dalle
dimensioni  medie  basse,  si  e'  verifcato  infatti  un progressivo
aumento  della  componente  importata  di prodotti cartari finiti, un
aumento   delle   importazioni  di  paste  chimiche,  un  calo  della
produzione interna di paste meccaniche.
La  scarsa  disponibilita'  di  materia  prima  interna  ad  adeguate
condizioni  di  competitivita',  e'  uno  dei  limiti  piu'  notevoli
incontrati dall'industria delle paste, sempre "integrata" all'interno
degli  stabilimenti  cartari.  Quella  delle  paste  mecccaniche, che
rappresentano oltre il 70% delle paste prodotte internamente, impiega
di  fatto  solo  per  il  25% circa materie legnose nazionali, per la
quasi totalita' pioppo.
Nel  complesso, le materie prime nazionali impiegate in Italia per la
produzione  di  paste  sono meno del 40% del totale e sono costituite
per  circa  la  meta'  da  pioppo,  per un altro 40% da altri tipi di
latifoglie  e  per  una  quota  minima  da  conifere.  Al momento non
esistono possibilita' e progetti espansivi per il settore.
130.  Le difficolta' di sviluppo delle fonti interne di materie prime
legnose ha dato notevole impulso in Italia al recupero della carta da
macero,  che  tuttora  inferiore  alla potenzialita', si aggira su un
tasso  del  25%  del consumo apparente di carta e cartone. Il consumo
apparente  di carta da macero e' pari a circa il 43% della produzione
nazionale  di  carta  e  cartone.  Forti sono tuttavia le correnti di
importazione  di  carta  da  macero,  pari al 35% del consumo, per un
esborso di oltre 150 miliardi nel 1985.
Un  forte  incremento  dell'impiego  della  carta da riciclo dovrebbe
verificarsi  negli  anni '90 con l'entrata in vigore delle normative,
in via di perfezionamento sui confezionamenti dei prodotti di consumo
e sui tipi di carta da impiegare nella Pubblica Amministrazione.
131.  La  coscienza  della gravita' dei problemi di dipendenza estera
per  i  prodotti intermedi e per le materie prime legnose ha condotto
l'industria  cartaria,  fin  dal  suo  sorgere, a porsi come fautrice
della  forestazione  industriale  in  Italia.  Ha  condotto  anche ad
iniziative  aziendali  di integrazione a monte attraverso piantagioni
di specie a rapida rotazione, ma con esiti non particolarmente felici
a  causa del rapido mutamento dei mercati internazionali delle paste.
L'avvio  della  pioppicoltura costituisce, sul piano storico, l'unico
esito  di rilievo indotto da questi tentativi, anche se a determinare
il  vero  e  proprio  decollo  della  pioppicultura,  e  a garantirne
attualmente  il valore economico, e' stato lo sviluppo dell'industria
dei  pannelli,  la cui domanda e' repidamente cresciuta nel tempo, in
modo accentuato nell'ultimo quindicennio per quelli di particelle.
132.  Industria  dei pannelli e pioppicoltura si configurano di fatto
come  un  sistema  altamente "integrato" sia sul piano produttivo che
della   localizzazione.   All'inizio  degli  anni  '80  la  industria
compensatiera  che  pure  con dimensioni assolute ridotte e' la terza
dell'Europa  Occidentale  dopo  quella finlandese e francese, impiega
pipppo  oltre  l'85%  dei  fabbisogni.  L'industria  dei  pannelli di
particelle  impiega pioppo per il 50% degli input, oltre a residui di
conifere  per  un  32% circa e latifoglie, anche da ceduo, per il 18%
circa.  La  produzione  pioppicola  e'  attualmente,  d'altra  parte,
destinata  per  circa  il  70%  all'industria dei pannelli, con altri
impieghi negli imballaggi e nella carta.
La  dipendenza  estera  del  settore pannelli per la materia prima e'
ancora  molto  bassa  e  per  converso la quota importata dei consumi
italiani  di  pannelli  e'  tuttora  tra  le  piu'  basse dell'Europa
Occidentale,  sebbene  la  forte  crescita  della  domanda per questi
prodotti   abbia   determinato  una  progressiva  penetrazione  delle
importazioni.
La  forte  integrazione  di  questi  settori con la pioppicoltura, in
presenza  di una diversa lunghezza dei cicli di mercato industriali e
di quelli produttivi pioppicoli, e' all'origine di ampie fluttuazioni
pluriennali  dei  prezzi,  e  quindi delle piantagioni di pioppo, con
l'alternarsi  di lunghe fasi di eccesso di offerta e di domanda. Cio'
costituisce  uno dei maggiori problemi dell'economia pioppicola per i
coltivatori  e, per converso, dell'industria utilizzatrice, venendosi
a  costituire  come  elemento  di  debolezza  del  "sistema"  che  ha
stimolato varie proposte di sviluppare accordi di mercato.
133.  Emerge  in  complesso,  all'interno dei settori industriali del
sistema legno-mobili-carta, una chiara divaricazione tra le posizioni
di  forza delle industrie di prodotti finiti, e la debolezza relativa
di  quelle  che  producono  semilavorati,  impossibilitate ad avviare
processi   di   sviluppo  basati  sulle  risorse  forestali  interne,
oltreche'  sul  legno grezzo importato, ed esposte ad una concorrenza
internazionale  forte  che  fa perno proprio sui "vantaggi comparati"
derivati dalle dotazioni di risorse forestali.
134.  Ne  deriva  un  quadro  di  forte preoccupazione. Una eventuale
contrazione  strutturale, o scomparsa, delle prime trasformazioni del
legno  in  Italia,  oltre  che  dannosa in se' sull'occupazione e sul
reddito,  non  sarebbe  priva  di  conseguenze  ne'  sui  settori dei
prodotti  finiti,  costretti ad una totale dipendenza dall'estero per
gli input, ne' sul sistema forestale interno, per il quale verrebbero
a  cadere  gli  elementi  di  interesse  economico,  con un possibile
effetto negativo anche per le altre funzioni delle foreste.
Le prospettive della domanda e dell'approvvigionamento all'estero
135.  Recenti  analisi  previsionali  sui  consumi di legno nel medio
lungo  periodo,  condotte  in sede ECE/FAO, indicano per l'Italia una
graduale crescita dei consumi fino al 2000. In base ai vari scenari e
ai modelli impiegati, i tassi di crescita medi annui previsti variano
da un minimo dello 0,2 ad un massimo del 2% per i segati, dall'1,3 al
3,6%  per i pannelli, dall'1,8 al 3,7% per la carta, dall'1,3 al 2,4%
per la legna da ardere.
Sebbene la semplicita' dei modelli adottati, adeguati a previsioni di
tendenza  per  ampie  aree  geografiche  conferisca  valore puramente
indicativo  a  tali  previsioni,  esse  si  tradurrebbero in un forte
incremento  del  fabbisongno  di legno grezzo, compreso tra i 5 e gli
oltre  10  milioni  di  metri  cubi. L'ampia gamma delle possibilita'
dipende  dalla  complessita' dei fattori che guidano l'espansione dei
settori   finali   di  impiego  del  legno  e  dalle  difficolta'  di
caratterizzare  i processi di sostituzione tra i vari semilavorati in
legno,  oltreche' tra questi ed i materiali metallici, le plastiche e
gli altri materiali.
136.  Il  settore  cartario  viene  individuato dalle previsioni come
quello  soggetto  agli  incrementi  piu' sostenuti dei consumi. E' il
settore  che  assorbe  la  maggior  quota delle materie prime legnose
complessivamente  consumate  oltreche'  quello  piu'  debole dal lato
dell'approvvigianamento interno.
Le  prospettive  di  crescita  appaiono  positive  per il settore del
mobilio  che,  sebbene  esposto  alle  fluttuazioni  del  reddito sul
mercato interno e su quelli esteri, non dovrebbe veder minacciata per
lungo   tempo   la   posizione   di   forza   acquisita  sulla  scena
internazionale.  Sostenute  risultano  quindi, oltre che per i segati
anche  le  dinamiche  previste  per  i  consumi  di  pannelli, le cui
industrie  in  Italia  si  approvvigionano  di  materia  prima ancora
prevalentemente  all'interno.  Elemento determinante per la possibile
dinamica   futura   delle   industrie   del   legno   e'   costituito
dall'andamento   dell'attivita'   edilizia.  Afflitta  da  una  crisi
prolungata  e  tuttora profonda, essa costituisce un settore in grado
di  assorbire  direttamente, e indirettamente tramite il mobilio, una
grande  quantita'  di  prodotti  legnosi.  Una  ripresa  del  settore
costituirebbe  un  volano  straordinario  per  tutte le industrie del
legno.
137.  Si impongono seri interrogativi sulla capacita' delle industrie
nazionali   cartarie,  dei  pannelli,  della  segagione  e  dei  vari
semilavorati,  di  tenere  il  passo  con  le  tendenze della domanda
finale.  La  mancanza di un adeguato supporto dell'offerta interna di
legno  si  combina in cio' con la evoluzione attesa, secondo le linee
gia' evidenziate, dei mercati di approvvigionamento estero.
138. I mercati mondiali del legno presentano attualmente come dato di
fondo ridotti pericoli di scarsita' quantitativa delle disponibilita'
future.  Tuttavia,  fortemente  condizionata  appare  la possibilita'
dinamica  futura della composizione dell'import italiano per gradi di
lavorazione.
139.  Nel  1985  il  60%  delle  quantita'  importate di legno grezzo
proveniva  da  soli  cinque paesi vicini a buona struttura forestale,
Austria,  Francia,  Germania,  Svizzera,  Juogoslavia;  questi stessi
paesi  fornivano tuttavia anche l'89% dei pannelli ricostituiti ed il
67%  della  carta  da  macero  importati,  e  due  di essi, Austria e
Jugoslavia,  il 55% dei segati. Cio' permette di giovarsi di costi di
trasporto  bassi ed ha portato nel tempo a relazioni di scambio molto
efficienti   e   solide,   ma   crea   una  stretta  connessione  tra
l'approvvigionamento  italiano e le politiche delle risorse interne e
dell'export  adottate  dagli  altri  paesi eruopei. Le condizioni del
mercato mondiale non permettono di muovere l'acquisto di legno grezzo
verso  aree diverse e piu' lontane, a causa di una offerta di tronchi
ormai  rarefatta  e  a  causa  dei  costi  di trasporto. Da cio' puo'
derivare, come e' gia' avvenuto, l'accettazione ad importare prodotti
a piu' elevato grado di trasformazione. Forte e' quindi l'esposizione
concorrenziale a cui sono sottoposte le prime lavorazioni interne.
140.  I  mutamenti possibili e gia' in atto nelle politiche dei paesi
europei  grandi  fornitori  si sommano in cio' con la forte pressione
concorrenziale extraeruopea sia per i semilavorati del legno-mobilio,
come  i  pannelli,  sia nel settore cartario dove giunge ad investire
anche i prodotti finiti.
I principali fornitori europei dell'italia sono inoltre tutti colpiti
in varia misura dalle piogge acide. Poco prevedibili sono gli effetti
sull'offerta  di  legno, sia nel breve che nel medio-lungo periodo, e
sulle politiche di ripristino delle risorse.
Un elemento di incertezza e' con cio' tuttavia presente.
141.  Il  quadro  prospettico  che  emerge  e'  quindi  quello  di un
possibile  progressivo  indebolimento delle prime lavorazioni interne
del  legno, quelle piu' "prossime" alle foreste nazionali. Si avrebbe
percio'  una ulteriore divaricazione tra la loro evoluzione e quella,
piu'   positiva,   delle   industrie   finali,  accompagnata  da  una
accentuazione del deficit commerciale per le materie prime.
Cio' e' di diretta rilevanza per la politica forestale nazionale.
Le potenzialita' di sviluppo delle risorse forestali interne
142.   Il  prolungato  "riposo"  garantito  nel  tempo  alle  risorse
forestali italiane ha condotto ad accresciute consistenze e capacita'
produttive  legnose.  Accanto  a cio' emerge, sia dall'Inventario che
dagli  altri  elementi di conoscenza, che ancora nettamente inferiore
alle  potenzialita' e' lo sviluppo delle risorse sia sotto il profilo
della   "qualita'"  che  della  dimensione  complessiva.  A  cio'  e'
connesso,  pur  presentando  altri e specifici problemi, uno sviluppo
delle  funzioni  produttive  ed  ecologiche  anch'esso inferiore alle
potenzialita'.
143.  L'inadeguata struttura e qualita' delle risorse e' il risultato
di  una  evoluzione sociale ed economica non favorevole alle foreste.
Come tale e' certamente reversibile.
Per  le  possibilita'  di  ulteeriore estensione delle foreste, molto
ampie  risultano  le  disponibilita'  di  territorio,  in  prevalenza
ex-agricolo,  al  quale e' urgente dare una destinazione che eviti il
degrado.
144. Lasciato a se' stesso, il sistema non appare certamente in grado
di  realizzare tali potenzialita' ne' di migliorare lo sviluppo delle
funzioni  sia  produttive che ambientali. Molto ampie appaiono invece
le  necessita'  di  intervento  e stimolo sia sulle risorse che sulle
altre componenti del sistema.
145.  Sebbene  rimangano,  anche  dopo  l'Inventario,  varie  carenze
conoscitive  le  possibili  azioni  di  miglioramento  delle  risorse
esistenti   sono   da   tempo  note.  Riguardano  principalmente  gli
interventi  sul  bosco ceduo, la ripresa delle cure colturali e della
gestione economica di tutte le formazioni forestali.
Tali  azioni  hanno sempre molteplici effetti: fornire nell'immediato
prodotti  legnosi  dalle  operazioni,  preparare  per  il  futuro una
offerta  maggiore  di  legno  proveniente  da  boschi,  piu'  ricchi,
migiorare  l'assetto  ecologico  del bosco e quindi le altre funzioni
che  svolge. Questi interventi presuppongono tuttavia la rimozione di
vari   ostacoli   col   lato  delle  motivazioni  e  delle  strutture
economiche, delle infrastrutture, dei mercati.
146.  La  valorizzazione  degli  attuali  prodotti  legnosi del bosco
ceduo,  ad  esempio, che potrebbe dar luogo ad una ripresa delle cure
colturali  e delle utilizzazioni su circa 1 milione di ettari, appare
per  lo  piu'  legata  a  innovazioni  tecnologiche  di prodotto e di
processo  che  possano ridurre i costi di impiego nelle industrie dei
pennelli   e   della   carta,   oltreche'   a   tecniche   innovative
nell'utilizzazione   energetica   del   legno.   Un   altro   fattore
determinante  appare  la  localizzazione della imprese utilizzatrici,
che  non  potrebbero  affrontare  il  trasporto  di prodotti poveri e
voluminosi su grandi distanze.
Ancora piu' ampi e "di sistema" sono i requisiti che stanno alla base
di una possibile ripresa degli interventi di cura colturale necessari
su  gran  parte dei boschi, poiche' richiedono un nuovo equilibrio di
economicita' delle attivita' forestali, infrastrutture e collegamenti
piu' efficienti con il mercato.
147.   Molti   di  questi  requisiti  sono  rilevanti  anche  per  le
possibilita'  di  estendere le foreste sul territorio. Tale indirizzo
di  sviluppo  presenta  tuttavia  problematiche  proprie, in profonda
connessione  con  il fattore terra e con l'evoluzione delle attivita'
agricole.
148.  I  limiti  conoscitivi  sulle  potenzialita' estensive appaiono
rilevanti,   a   causa   delle  insufficienze  della  statistica  sul
territorio,   sulla  dinamica  d'uso  e  sulla  qualita'  dei  suoli.
Tuttavia,  le  risorse  territoriali rese nel tempo disponibili dalla
contrazione delle aree agricole sembrano assumere dimensioni di tutto
rilievo. La suscettibilita' di recupero "produttivo" viene attribuita
da alcune stime a 2,5 milioni di ettari di territorio.
Le  possibilita'  di  indirizzo forestale risultano rafforzate da due
elementi.  Innanzitutto  la  difficolta' di un esteso "ritorno" delle
colture agrarie, per il carattere "definitivo" dei mutamenti avvenuti
nel rapporto tra agricoltura e fattore terra.
Il  secondo  elemento  e'  che  la riduzione della superfici agricole
utilizzate  ha  riguardato  in  modo  pressoche'  eslusivo  territori
montani  e  collinari. L'esposizione all'erosione e all'accentuazione
complessiva  del  dissesto  idrogeologico  risulta evidente. Piu' che
potenziale,   il   recupero   di   tali   territori   appare   quindi
indispensabile,  e  la  forestazione  e'  uno  degli  strumenti  piu'
adeguati.
149.  L'estensione  delle  specie  a  rapido  accrescimento (conifere
esotiche  ed  indigene),  e'  soggetta  ad  alcuni requisiti tecnici,
essendo  tali  specie "selettive" sotto il profilo della qualita' dei
suoli e delle condizioni climatiche. Da cio' deriva la prudenzialita'
di  alcune  valutazioni che indicano in circa 150.000 ettari soltanto
le  potenzialita'  ottimali di ulteriore espansione di questa specie,
escludendo il pioppo.
La  pioppicoltura, che ha accolto i maggiori successi tra le specie a
rapido   accrescimento,   ha  ulteriori  possibilita'  di  estensione
permanente  nell'ambito  delle  pertinenze idrauliche demaniali ed in
generale nelle aree golenali pianeggianti.
L'indagine  del  MAF  ha messo in evidenza la disponibilita' di circa
75.000-120.000  ettari  di  pertinenze  idrauliche, in parte adatte a
pioppo,  in  parte  ad altre specie. Per rendersi conto dei possibili
esiti  produttivi si puo' osservare che l'attuale produzione di legno
di  pioppo  deriva dal taglio di superfici inferiori ai 10.000 ettari
anno.
150.  Le  specie  a  rapido  accrescimento  ricevono  riferimenti  di
privilegio nelle indicazioni politico programmatiche che accompagnano
i  grandi  mutamenti  della  PAC  e lo sviluppo dell'Azione forestale
comunitaria.
Piu'  in  generale,  dal  Regolamento  n.  797/85 e dalle recenti sue
modifiche,  la  politica  di  imboschimento  delle  terre ex agricole
appare  la  piu'  immediata e concreta linea di sviluppo dell' azione
comunitaria nel settore forestale.
151. Il sistema forestale italiano domanda una politica risolutamente
orientata allo sviluppo.
La  situazione  di  pesantezza  che  il  sistema  evidenzia,  nel suo
complesso  ed  in  alcune  specifiche  componenti,  testimonia  di un
preoccupante  ritardo rispetto all'evoluzione desiderabile e rispetto
a  quanto  possibile  in  base  all'attuale disponibilita' di risorse
forestali  e  territoriali  inattive.  La  necessita'  di  avviare un
profondo   cambiamento   della   situazione   forestale  italiana  e'
rafforzata  dalla rapida evoluzione del quadro internazionale e dalle
prospettive  indotte  dai  nuovi  indirizzi  comunitari.  La politica
forestale  ed  il  Piano  che ne e' atto programmatico di riferimento
devono  percio'  stimolare  e  guidare  nel  tempo un processo, certo
difficile  ma  possibile,  che  conduca  il  sistema forestale a piu'
elevate capacita' di risposta.
                            Gli obiettivi
152.  Gli  indirizzi  percorribili  dalla  politica  forestale devono
essere articolati, in relazione ai risultati desiderati, con realismo
e  avendo  ben  presenti  l'ampiezza  e  la complessita' dei problemi
attuali e la lunghezza dei tempi propri delle foreste.
153.  Il  Piano  deve  individuare pertanto un insieme di obiettivi a
varia dimensione programmativa e variamente interrelati:
- un "obiettivo guida", di carattere generale, valido per la politica
forestale   italiana   nella  sua  globalita'  ed  in  tutte  le  sue
determinazioni;
-  un  "pevequisito"  relativo  alla tutela delle risorse, di diretta
rilevanza  per  l'obiettivo  guida  e  di  carattere preliminare agli
indirizzi operativi del Piano;
- un "obiettivo operativo", coerente con quello generale, che esprima
una  priorita'  di  approccio  al  problema forestale in Italia e che
rappresenti il punto focale per il Piano stesso;
-  alcuni  obiettivi  piu'  specifici  e  piu'  determinati  nel loro
riferimento   ai  problemi  e  ai  comparti  del  sistema  forestale,
collegati all'obiettio operativo.
L'obiettivo guida: lo sviluppo multifunzionale del sistema forestale
154.   Lo  sviluppo,  massimo  nella  qualita'  ed  equilibrio  nella
composizione,  dei  prodotti  e  dei servizi ottenibili dalle foreste
italiane  deve  essere  assunto  come  obiettivo guida della politica
forestale.  Cio'  risponde  alla crescente necessita' di fruire delle
molteplici funzioni che le foreste possono assolvere per l'economia e
per  l'equilibrio ambientale. Lo sviluppo di tali funzioni produzione
di   legno,   di   prodotti   non  legnosi,  di  energia,  stabilita'
idrogeologica  e climatica, miglioramento dell'aria, salute pubblica,
turismo,  conservazione  della  natura ed altro - deve essere reso il
piu'  elevato possibile in relazione ai vincoli imposti dalle risorse
forestali e territoriali disponibili.
Si  dovra'  perseguire  un  adeguato  equilibrio tra l'erogazione dei
diversi  beni  e  servizi. Nel corretto sviluppo della salute e della
produttivita'   delle  foreste,  l'equilibrio  di  funzioni  e'  gia'
parzialmente implicito. Massime potenzialita' produttive, protettive,
ambientali   e  ricreative  tendono  generalmente  a  coincidere.  E'
tuttavia  un equilibrio che va comunque guidato, piuttosto che atteso
come risultato automatico.
Non necessariamente deve riguardare ogni singoal formazione boschiva.
Vocazioni  funzionali  esistono e da esse non si puo' prescindere. E'
quindi un equilibrio che deve riguardare il sistema forestale nel suo
complesso.
155.  E' un obiettivo in linea con quelli presenti, seppure con vario
accento ed articolazione, nella generalita' delle politiche forestali
e con quelli che emergono a livello comunitario. Non e' quindi in se'
innovativo, neppure rispetto agli intenti piu' volte emersi in Italia
nel  passata.  Ne'  puo' esserlo. Discende infatti dalla ampiezza dei
bisogni  attuali  e  futuri,  e dalle funzioni universalmente assolte
dalle foreste.
156.  Nuovi e specifici ne devono invece essere l'interpretazione, le
implicazioni e i modi di perseguimento.
157.  L'obiettivo  guida  ha  il  carattere  di  un riferimento a cui
improntare  costantemente  tutti  gli  atti  della politica forestale
italiana.
Compito  principale  del  Piano  e'  quello  di  mettere  in  moto  e
coordinare  un  insieme  di  sviluppi  del  sistema  e della politica
forestale tali da colmare l'ampio divario tra la situazione attuale e
quella prefigurata dall'obiettivo guida.
158.  L'obiettivo  guida  riguarda  lo  sviluppo delle funzioni delle
foreste.  Non  circoscrive  quindi  la  politica  forestale  al  solo
sviluppo  delle  risorse.  E'  percio'  un  obiettivo  di  efficienza
complessiva   dell'intero   sistema   forestale,   connessa  in  modo
inscindibile   sia   alla   salute   ecologica   delle   foreste  sia
all'efficienza  operativa di quelle attivita' che ne rendono fruibili
i prodotti e i servizi.
159.  L'obiettivo  guida  deve  inoltre  essere  perseguito con nuove
modalita'.  Le  molte funzioni produttive ed ambientali delle foreste
hanno  condotto  spesso  in  Italia,  dove sono tutte simultaneamente
importanti, ad azione "spurie" e scarsamente definite in vari atti di
politica  delle foreste, dispersi su troppi fronti oppure originatisi
all'interno   di  politiche  industriali,  territoriali,  ambientali,
agricole.
Sebbene  sia  evidente la portata multipla - produttiva, protettiva e
ambientale  - dell'azione forestale, essa puo' raggiungere il massimo
grado  di  sinergia  operando in via prioritaria e piu' specifica sul
sistema  forestale.  La  "centralita'" delle foreste, connessa ad una
identita'  precisa  ed  ormai riconosciuta, deve costituire quindi un
principo permanente.
Il prerequisito: la tutela delle risorse
160.  Condizione  preliminare  per qualsiasi processo di sviluppo del
sistema forestale e' che venga assicurato un adeguato frado di tutela
delle risorse.
E'  una  condizione di diretta rilevanza per l'obiettivo guida, ed e'
un  fondamentale  elemento  di  "contorno"  per  gli  obiettivi  piu'
direttamente operativi del Piano.
161.  Alla  tutela  delle  risorse  forestali contribuisce un insieme
articolato di elementi.
Alcuni, di carattere generale e che associano spesso inseparabilmente
contenuti   di   tutela   e  contenuti  di  sviluppo,  riguardano  la
valorizzazione  economica  delle  risorse  ed  il quadro normativo ed
istituzionale  del  sistema  forestale. Altri elementi piu' specifici
concernono  interventi  continuativi  e coordinati contro determinati
fattori di degrado ed erosione delle risorse.
162. La situazione italiana evedenzia che non gli interessi economici
collegati  al  legno,  ma  la  mancanza  di  cure,  l'abbandono e gli
attacchi  distruttivi  alle  foreste  che  ostacolano  attivita' piu'
redditizie,  rappresentano  da  tempo  i  pericoli  maggiori  per  la
consistenza e la salute delle risorse.
Uno  dei  maggiori  elementi  preventivi ed attivi nella tutela delle
foreste  e'  sicuramente costituito dal perseguimento di una politica
di  valorizzazione  economica  e  funzionale delle foreste che assume
rilevanza centrale per il Piano.
Risorse  di  maggior  valore, quanto ad erogazione di beni e servizi,
sono  infatti  nell'attuale  realta'  piu'  facilmente difendibili ed
hanno  in se gia' un fattore intrinseco di protezione. Tale politica,
"implicita"   ed  indiretta,  anche  se  di  grande  rilievo  per  un
atteggiamento attivo di protezione, non e' di per se' sufficiente.
163. E' indispensabile poter disporre di un quadro normativo adeguato
e  moderno, in grado di tenere conto dei fattori attuali di conflitto
nei  confronti delle foreste e di costituire un riferimento certo per
l'operare del sistema e della politica forestale.
164.  E'  fortemente  sentita  l'esigenza di guingere quanto prima ad
avviare   un   processo   di  riordino,  aggiornamento  e  definitiva
sistemazione  complessiva delle attuali normative concernenti in modo
specifico  le foreste oltreche' le loro relazioni con il territorio e
l'ambiente.  La  legislazione  forestale italiana, tuttora imperniata
sulla "legge forestale" del 1923, deve essere soggetta ad un profondo
adattamento  a  nuove  condizioni.  Cio'  in virtu' del mutato quadro
sociale,  economico  e  di competenze istituzionali, e delle tendenze
che ne derivano a nuove interpretazioni del vincolo nell'ambito della
politica  urbanistica  e  del territorio. La determinazione di indici
minimi di boscosita' per bacino e l'unicita' dell'autorita' regionale
a   cui  attribuire  le  competenze  in  materia  forestale  potranno
costituire due principi guida di tale prcesso di adattamento.
165.  Ulteriori  necessita'  di  aggiornamento  del quadro normativo,
sotto  il  profilo  della  tutela,  riguardano  l'operativita'  ed il
rafforzamento  della  regolamentazione  delle attivita' pastorali sui
boschi   pubblici,   anche   nell'ambito  di  un  ormai  inderogabile
adeguamento dell'istituto stesso dell'uso civico.
  Deve  essere  inoltre data soluzione al problema della legge quadro
sui  parchi  e  le  riserve  anche  alla  luce  dell'istituzione  del
Ministero   dell'Ambiente.   E'   questo   l'indispensabile  elemento
regolamentare  di  una  piu'  generale  politica di riconoscimento di
valenze   funzionali   specifiche   e   di  salvaguardia  dei  valori
naturalistici dei territori forestali.
166.  Una  fondamentale  componente  della politica di tutela attiene
agli  aspetti  istituzionali.  Il  Corpo Forestale dello Stato e' uno
strumento indispensabile della politica di protezione oltre che della
politica  forestale  nel  suo  complesso.  Cio'  in virtu' dell'ampio
spettro  di  competenze,  della  qualificazione  professionale, della
particolare continuita' operativa che puo' assicurare.
La fortunata scelta del mantenimento della sua unita', al momento del
passaggio  delle competenze e del demanio forestale alle regioni piu'
recentemente    al   momento   della   costituzione   del   Ministero
dell'Ambiente,  si  e'  tuttavia  scontrata  con  note difficolta' di
adattamento  alle  nuove  realta'  istituzionali  che  hanno  indotto
tensioni   disgregative   e   disorientamento   operativo.   Cio'  ha
amplificato  la  difficolta' gia' implicita nella molteplicita' delle
dipendenze  a  cui e' soggetto a livello di Amministrazione centrale.
E'  evidente la necessita' di giungere ad una sistemazione definitiva
dell'inquadramento  del CFS nei rapporti tra competenze miniteriali e
in quelli tra MAF e regioni.
167. Il potenziamento sia dal lato degli organici sia da quello della
disponibilita'  di  mezzi  e attrezzature sia infine sotto il profilo
della   professionalita',   costituisce   obiettivo   intrinsecamente
coerente con le finalita' del Piano Forestale.
168.  Il  Corpo  Forestale dello Stato puo' contare attualmente su un
organico  complessivo pari a 7809 unita'. Di queste, 6829 unita' sono
costituite  da  personale  con  qualifiche di Pubblica Sicurezza (788
ispettori ufficiali e 6041 sottufficiali e guardie incluse 900 unita'
assunte  in  base  alla  legge 444/85) e 980 da personale di supporto
tecnico ed impiegati, tecnici, amministrativi e operai.
Un  recente disegno di legge, decaduto per la fine della legislatura,
prevedeva un incremento di organico per 1800 unita'.
Il  provvedimento,  dovra'  essere  ripreso  per  porre rimedio a una
situazione  di  carenza  che  comporta  attualmente  la  chiusura  di
numerose  Stazioni  forestali  e  la presenza di un elemento in buona
parte restanti.
169.  Le disponibilita' finanziarie e i meccanismi applicativi recate
per  il  periodo fino al 1990 dalla legge 752 (articolo 4) consentono
di  sostenere  e  in  un  certo  modo  di  potenziare  le  dotazioni,
attrezzature  e  attivita'  del  CFS relativamente ai suoi compiti di
istituto,  inclusi  i  costosi  apprestamenti per la lotta contro gli
incendi boschivi.
Nell'ambito  dell'operativita'  e  delle  risorse del Piano Forestale
sostegno  ulteriore  dovra'  essere garantito al CFS in ragione delle
sue peculiari funzioni.
170.  Sul  piano  dei  rapporti  tra i diversi soggetti istituzionali
pubblici,  e'  importante  definire in maniera univoca i rapporti fra
Stato  e  Regioni  circa  l'impiego  del CFS per lo svolgimento delle
funzioni   amministrative  trasferite  alle  Regioni  in  materia  di
foreste,  vincolo  idrogeologico, protezione della natura, difesa dei
boschi contro gli incendi.
Tali rapporti sono stati definiti sulla base di autonome e bilaterali
convenzioni  tra  Ministero  dell'Agricoltura  e  Foreste  e  singole
Regioni.  Le  convenzioni esistenti sono nove. Altre sono in corso di
predisposizione.
Per  effetto  della  legge 8 luglio 1986, n. 349, il CFS e' impiegato
dal   Ministero   dell'Ambiente   per   la  vigilanza  prevenzione  e
repressione  delle  violazioni  di legge ai danni dell'ambiente e del
patrimonio naturalistico nazionale.
Le  modalita'  di  tale  impiego  sono  state appropriamente definite
mediante  apposito protocollo d'intesa fra i due Ministeri firmato il
24 aprile 1987.
171.  Le  politiche  specifiche  di  protezione contro vecchi e nuovi
fattori di attacco e di danno alle foreste vanno inoltre proseguite e
rafforzate.
172.  La  lotta  agli  incendi  deve  rimanere  un  punto fermo della
politica  forestale  italiana. Essa ha riassorbito in passato ingenti
risorse, con buoni successi nell'opera di contenimento e repressione,
come evidenzia la diminuzione delle superfici percosse in rapporto al
numero  dei  punti  di fuoco. Sul piano legislativo, ai provvedimenti
susseguitisi  dopo  la  legge  n.  47/1975 fino alla recente legge n.
752/1987, si e' aggiunto il Regolamento CEE n. 3529/86 concernente la
realizzazione di opere e infrasrutture di lotta.
Per  l'opera  di  repressione,  mezzi  tecnici  e  abilita' operativi
dovranno  essere  ampliati  sia  nell'ambito  del Corpo Forestale che
degli organismi competenti.
L'estensione  delle dotazioni di strumenti di avvistamento ed allarme
puo'  contribuire  a  rendere  piu'  rapido  l'intervento.  Carattere
preventivo  assumono  le opere di decespugliamento e di pulizia delle
formazioni  meno curate e soggette ad accumulo al suolo di legnami di
piccole dimensioni.
173.  La  direzione  principale  in  cui  deve  muovere la lotta agli
incendi  e'  tuttavia  quella,  attiva, delle autotutele da parte dei
proprietari.   Devono   essere  ideati  strumenti  di  stimolo  anche
economico  affinche'  risultino  ridotte e contrastate le convenienze
tavolta implicite nell'incendio e nel ripristino del bosco.
174.  La  necessita'  di contrastare i fenomeni di pioggia acida e di
moria   del  bosco  ha  gia'  dato  luogo  ad  una  ampia  azione  di
monitoraggio  da  parte  del  Corpo  Forestale  dello Stato, anche in
collaborazione  con l'Enel in base ad una recente convenzione. E' una
azione  che  va proseguita in modo sistemato nel tempo e nello spazio
in virtu' del carattere dinamico del fenomeno.
Il  primo  indispensabile strumento per impostare qualsiasi azione e'
infatti quello conoscitivo. Essa puo' inquadrarsi ora negli strumenti
di  coordinamento  sovranazionali  introdotti  dal Regolamento CEE n.
3528/86.  L'azione  preventiva  passa  necessariamente  attraverso la
politica   globale   dell'ambiente,   sia  a  livello  nazionale  che
internazionale.
Un'azione  comune e coordinata dalle varie competenze ministeriali e'
quindi  indispensabile  in  tema  di  osservazione  dei  danni  e  di
sensibilizzazione  dell'opinione  pubblica,  insieme  ad  una  pronta
adozione  delle  direttive comunitarie concernenti la riduzione delle
emissioni inquinanti.
175.  La protezione fitosanitaria dei boschi costituisce un ulteriore
indirizzo  di  politica  protettiva  a  cui  devono  essere destinate
risorse.  Trova  il  suo  primo  elemento nello sviluppo di programmi
complessivi  di  ricerca su determinate malattie, a cui sono soggette
le  formazioni  forestali  italiane,  e  sui metodi di prevenzione di
lotta.  Va  affiancata  dall'introduzione di sistemi di ispezione che
permettano  di  limitare  la  propagazione  delle  fitopatie su ampie
superfici e dai trattamenti antiparassitari.
L'obiettivo operativo: lo sviluppo economico del sistema forestale
176.  L'attivazione  degli  strumenti  del Piano, e in particolare la
azioni  in  esso  completate,  deveno  ricevere  un adeguato grado di
finalizzazione  e  derivare  da  scelte  di  priorita'. Il Piano deve
operare  pertanto  con  maggior  forza  su ben identificati "punti di
leva"  del  problema  forestale  italiano,  che per la loro rilevanza
possono   generare   sequenze   positive   di  effetti  coerenti  con
l'obiettivo guida estese a tutto il sistema e protratte nel tempo.
177.  L'esame  dello scenario italiano fa chiaramente emergere come i
problemi  di  ordine economico siano alla base di numerosi fattori di
crisi  del sistema forestale e come gli stessi problemi costituiscono
tuttora  il  maggior  condizionamento ad uno sviluppo maggiore e piu'
recente.
Sono in gran parte di origine economica i processi che hanno condotto
ad  un diminuito interesse della proprieta' per la cura delle risorse
e  per  adeguati  investimenti  di  miglioramento,  di estensione, di
concentrazione, di sviluppo.
Sono  inoltre  gli  interessi  fattori  a  determinare gran parte dei
fenomeni  distruttivi  e  a precludere collegamenti efficienti tra le
foreste  e  mercati  potenzialmente  amplissimi.  Ad essi sono quindi
collegati molte delle carenze funzionali riscontrabili per le foreste
italiane.  A  questi problemi va data priorita' di soluzione, perche'
capaci  di  condizionare  l'intero  sistema nel funzionamento e nella
crescita.
178.  Obiettivo  prioritario  sul piano operativo deve essere percio'
quello  di  contribuire  all'avvio  di  un  processo di potenziamento
economico del sistema forestale italiano.
E'  obiettivo finalizzato a quello, piu' complesso, di sviluppo delle
funzioni  che  e' posto a guida della politica forestale. Rispetto ad
esso  costituisce, alla luce dei problemi attuali, l'unico realistico
punto  di  partenza  possibile. E' infatti quello a cui sono connessi
gli   effetti  "moltiplicativi"  piu'  ampi,  quello  che  puo'  dare
stabilita'  allo  sviluppo  forestale, conferendo al settore un ruolo
non equivoco e non ignorabile nell'economia italiana. Il tradizionale
scarso  peso  politico  delle  foreste  e' legato al loro scarso peso
economico.
E'  questo  un  condizionamento  da rimuovere, al fine dello sviluppo
complessivo e multifunzionale del sistema forestale.
179.  La  necessita'  di  rivitalizzare  gli interessi e le attivita'
economiche del sistema forestale appare confermata e rafforzata dalla
proponderante  presenza  della  proprieta'  privata.  La capacita' di
attrazione  per  gli  investimenti,  i  capitali  e  le attivita' dei
privati, risulta quindi un fattore cruciale di sviluppo.
Inoltre, sebbene i soggetti pubblici proprietari rispondono a stimoli
ed  obiettivi  spesso piu' ampi e compositi di quelli rilevanti per i
privati,  l'importanza  economica  delle  foreste,  sia  diretta  che
indiretta,  attraverso  i  benefici sul territorio, sull'agricoltura,
sull'occupazione, risulta un fattore non secondario di impulso ad una
corretta gestione.
180.  L'obiettivo  di  sviluppo del sistema forestale centrale per il
Piano,  deve  inoltre  rispondere  a nuovi indirizzi di fondo nel suo
riferimento  alle  risorse.  E' questo uno snodo cruciale dell'intera
architettura del piano.
Sempre  elevato  e'  stato in passato il grado di identificazione tra
scelta   programmatica   di   sviluppo   economico   e   politica  di
imboschimento.  I  risultati  dell'inventario danno invece sostegno e
certezza  di  validita'  a  una  diversa scelta, che si propone venga
assunta come propria del piano.
181.  La  validita' dell'imboschimento come strumento di sviluppo per
il  medio  e  lungo periodo, resta immutata. Tuttavia, operare in via
prioritaria  su  di una risorsa gia' quantitativamente rilevante puo'
offrire  nemerosi  vantaggi di ordine economico diretto ed indiretto.
Permette di conseguire risultati multipli in termini di aumento delle
capacita'  funzionali  produttive  ed  ambientali  ed il problema dei
tempi  di  attesa  e  dei  rischi  di  fallimento  puo'  essere assai
inferiore  rispetto  all'imboschimento. Vengono evitati i problemi di
reperimento  dei  terreni  adatti  e dei proprietari disponibili, che
hanno  costituito  un forte freno alle recenti esperienze di politica
di imboschimento.
Piu'  elevati  risultano  inoltre  i  "coefficienti"  di  attivazione
dell'occupazione  intellettuale  e  manuale, alla quale e' richiesto,
nella  cura  delle  foreste,  una attivita' continua e prolungata nel
tempo.
Gli obiettivi specifici
182.  L'obiettivo  operativo  puo'  ricevere  piu' precisa fisionomia
attraverso alcuni obiettivi specifici.
Il  potenziamento delle condizioni di validita' economica del sistema
forestale passa attraverso un maggiore e piu' efficiente collegamento
con  alcuni  grandi  settori  dell'economia e della vita sociale, dai
quali  dipendono  in  modo determinante sia la gestione delle risorse
forestali che la loro destinazione d'uso.
Tali  settori  costituiti  da  territorio  e  avente,  agricoltura ed
industria.
Foreste e territorio
183.  Il primo obiettivo specifico e' quello di sviluppare un maggior
volume di investimenti forestali pubblici con funzioni protettive del
territorio e conservative dei beni naturali.
184.  L'attuale  struttura  del sistema forestale evidenzia che buona
parte  delle attivita' di protezione e conservazione, implicite nella
gestione  delle foreste e ricche di conseguenze economiche indirette,
viene  condotta  dai  privati.  Vincoli  ed incentivi sono quindi gli
strumenti  che  dovrebbero  mantenere in "equilibrio" un sistema dove
consistente  e'  l'erogazione  privata  di  benefici collettivi. Dove
tuttavia  le funzioni protettive e conservative delle foreste private
si  rivelano negativamente condizionanti per i redditi e conducono ad
un  eccessivo  carico  di  vincoli  d'uso, il sistema degli incentivi
rappresenta   spesso   una  compensazione  inadeguata  per  mantenere
l'interesse  e  la  cura delle foreste da parte dei proprietari. Cio'
vale  a  maggior ragione per le possibilita' di nuovi investimenti di
forestazione  di  terreni abbandonati dove e' oggettiva la prevalenza
di finalita' protettive.
185.  Nella  urgente  necessita' di contenere i fenomeni di degrado a
cui  sono  soggetti il territorio e parte delle risorse forestali con
piu'  spiccate  funzioni  ambientali,  l'azione  diretta  degli  enti
pubblici  deve  quindi  supplire  in massimo grado alle situazioni di
disinteresse  economico  privato  per  le  iniziative  forestali  con
prevalenti benefici collettivi.
L'acquisizione  in  varia  forma  di  foreste  degradate e di terreni
abbandonati  da  forestare  deve  divenire  uno strumento primario di
politica  territoriale  e  ambientale  degli  Enti pubblici, ricco di
implicazioni  economiche  dirette  ed indirette per l'agricoltura, il
turismo  e  le economie locali. Questo indirizzo e' in parte recepito
nel  decreto  legge  n.  167  del  2  maggio 1987, che rinverdisce la
tradizione legislativa iniziata con la legge 991 del 1952.
Allo  strumento dell'intervento diretto, gli Enti pubblici dovrebbero
inoltre  associare azioni che facilitino la valorizzazione dei boschi
privati  sotto il profilo turistico o dello sviluppo dei prodotti del
sottobosco,   con  l'obiettivo  di  amplificare  le  possibilita'  di
permanenza  privata anche nelle gestioni forestali che non presentano
rilevanti componenti di reddito per i prodotti legnosi.
186. L'obiettivo e' quindi di giungere ad una maggiore corrispondenza
tra  presenza  pubblica  diretta  e  foreste  a  prevalenti  funzioni
conservative,  idrogeologiche  e  comunque  generanti  forti economie
esterne.   Coerentemente,   devono   essere   perseguite  azioni  che
permettano  di  fornire  maggiori  sostegni  alle attivita' forestali
private  che  persentano  un rilevante squilibrio tra costi privati e
benefici collettivi.
Foreste e agricoltura
187.  Il  secondo obiettivo specifico del Piano e' quello di favorire
un   maggiore   e  piu'  equilibrato  sviluppo  delle  relazioni  tra
agricoltura  e  sistema  forestale.  Esso trova giustificazione nella
prevalenza  di  strutture forestali interne o strettamente contigue a
quelle agricole e nella complessa evoluzione dell'agricoltura e della
Politica   Agricola  Comune  che  prefigura  contrazioni  della  base
produttiva   territoriale,   diminuita   redditivita'  delle  colture
tradizionali   ed   eccedentarie,   necessita'   di  diversificazioni
colturali.
Sebbene  le  foreste difficilmente possono costituire una alternativa
colturale   integrale   e  specializzate  per  le  aziende  agricole,
l'obiettivo  deve  essere  quello  di  condurre  la  cura  dei boschi
esistenti   e   l'investimento   forestale   a  divenire  una  valida
possibilita'  di  diversificazione  "parziale",  ed  un  elemento  di
sviluppo  "integrato"  delle  aree  dove  gia'  e' prevalsa o tende a
prevalere  una progressiva espulsione delle risorse agricole, umane e
territoriali del sistema produttivo.
188.  Nelle  aree agricole montane e collinari, dove tradizionalmente
piu'    forte,   ma   progressivamente   indebolita,   e'   risultata
l'integrazione  tra  attivita'  agricole  e  forestali, queste ultime
devono  rientrare  in  posizione  non  marginale,  in  un contesto di
redditi  multipli  e con una molteplice valorizzazione delle funzioni
delle foreste.
Assume in cio' un rilevante ruolo l'azione degli Enti pubblici. Vanno
ricercati   spazi   di  "sostituzione"  forestale  negli  ordinamenti
produttivi  di  quelle  aziende  agricole  che  presentano gli stessi
indirizzi  dell'agricoltura di pianura ma su terreni meno produttivi.
Va ricercato inoltre un maggior equilibrio tra pascolo e foreste.
189.  Per  condizioni  di  partenza  e potenzialita', le diverse aree
agricole   montane   e  collinari  presentano  elevati  caratteri  di
specificita'.  Diverso  e'  ad  esempio  il ruolo che in esse possono
assumere  la  valorizzazione  turistica dei boschi, o lo sviluppo dei
prodotti  del  sottobosco, gia' importante integrazione di reddito in
alcune  aree, bisognosa di azioni promozionali in altre. Diverse sono
infine   le   necessita'  di  investimenti  pubblici  che  completino
l'integrazione  fisica  del  bosco  nel  territorio  e  quindi la sua
integrazione  economica.  Adatta  a  tali  condizioni specifiche deve
essere  quindi  l'azione  in  ogni  area montana e collinare, seppure
secondo principi generali omogenei.
190.   La   scelta   forestale  puo'  trovare  spazi  maggiori  anche
nell'ambito  dell'agricoltura  di  pianura, come forma di adattamento
delle scelte produttive all'evoluzione delle condizioni di mercato.
Le  scelte  da  arboricoltura  da  legno  ed il pioppo in particolare
appaiono  le  piu'  facilmente  inseribili, poiche' presentano minori
problemi  di  reddito  dilazionato  ed  incerto  caratteri  di  piena
reversibilita'  a  fine  turno  e quindi di alternanza con le colture
annuali.
Va perseguita a tal fine una piu' corretta trasmissione dei "segnali"
di  mercato  che  possa  ridurre  l'instabilita'  delle  decisioni di
piantagione.
191.  L'innalzamento  della  redditivita'  relativa rispetto ad altre
scelte   aziendali,   o  rispetto  alle  occasioni  di  lavoro  e  di
investimento   esterne,   appare   un  elemento  condizionante  della
possibilita'   per   le   foreste   di   assumere  un  maggior  ruolo
nell'economia  agricola.  Una  situazione di vantaggio comparato puo'
essere  generata  nel  breve  termine,  da  dinamiche sfavorevoli dei
prezzi agricoli o dall'azione pubblica di incentivo.
Una situazione stabilmente interessante puo' venire solo dal mercato.
E' questa la direzione verso cui gradualmente ci si deve muovere.
Un  ulteriore  requisito per lo sviluppo dell'integrazione e' percio'
un  maggior  supporto  tecnico alle attivita' forestali delle aziende
agricole,  quando  queste  non  sono in grado di provvedere da sole o
quando non hanno dimensioni adeguate per farlo. Gestioni associative,
partecipazioni  gestionali  esterne,  pubbliche  o  private,  possono
inoltre contribuire a rendere piu' efficiente redditizio e stabile lo
sviluppo delle attivita' forestali all'interno dell'agricoltura.
Foreste e industria
192. Il terzo obiettivo specifico del piano e' quello di contribuire
allo sviluppo delle relazioni tra foreste ed industria del legno.
Esso implica il rafforzamento delle capacita' di offerta di materia
prima di legno. Non implica programmi esclusivi di "forestazione
industriale".
193.  Questo  obiettivo trova la sua piena giustificazione negli ampi
fabbisogni  interni  di legno e negli ampi flussi di importazioni. E'
prospettiva  giustificato  dalle aspettative di ulteriori aumenti dei
consumi da parte delle industrie del legno, del mobile e della carta,
e  dalle  crescenti  difficolta'  operative  dei  comparti  di  prima
trasformazione  del  legno,  la  cui  presenza  costituisce invece un
costante elemento di impulso per lo sviluppo delle foreste.
194.  Due  appaiono essere i principi requisti di ordine generale: il
raggiungimento  di  un  maggior  grado di competitivita' dei prodotti
legnosi  interni,  e  lo  stabile rafforzamento della base produttiva
forestale.
Si tratta di necessita' interdipendenti.
L'ampliamento  dell'offerta legnosa e' impensabile senza una maggiore
competitivita';  quest'ultima  contribuisce scarsamente all'obiettivo
se  non vi e' un ampliamento dell'offerta potenziale, poiche' tutti i
processi   di   trasformazione   e  commercializzazione  hanno  scale
operative adeguate da rispettare.
195.  I fattori di competitivita' su cui operare sono molteplici e di
diversa natura.
Attengono agli standard qualitativi e tecnologici del legno, ai costi
delle  lavorazioni  forestali,  alla  continuita'  delle possibilita'
estrattive,  che  si  riflette  anch'essa  sui  costi  oltreche'  sui
collegamenti commerciali.
Alcuni di questi fattori sono migliorabili nel luogo periodo, essendo
connessi   alle   caratteristiche  delle  risorse,  altri  richiedono
mutamenti  delle  strutture  di gestione e lavorazione forestale, una
meccanizzazione ed un apparato infrastrutturale piu' adeguato.
196.   L'ampliamento  della  base  produttiva  puo'  trovare  risorse
forestali  gia' disponibili. Le potenzialita' piu' immediate appaiono
connesse all'utilizzazione dei rimboschimenti effettuati in passato e
gia'  a  maturita',  che  non trovano per la maggior parte sbocchi di
mercato.   Un   maggiore   impulso   dovrebbe   inoltre  ricevere  lo
sfruttamento  industriale  del  legno  dei cedui, il piu' abbondante,
nell'industria dei pannelli e della carta, le piu' bisognose.
Gli  adattamenti  di  "struttura"  dalle  foreste,  e  soprattutto la
conversazione   a   fustaia  di  ampie  superfici  a  ceduo,  possono
determinare  offerta  immediata  di  prodotti  legnosi  anche  ad uso
industriale  e  preparare  una  offerta  futura  piu' in linea con le
esigenze del mercato.
197. La continuita' nel medio e lungo periodo, delle potenzialita' di
offerta    potra'   essere   perseguita   attraverso   una   adeguata
"pianificazione  colturale"  e  attraverso l'opera di rimboschimento.
Quest'ultima   dovra'   muoversi  essenzialmente  in  due  direzioni:
introduzione  di  specie  a  rapido  accrescimento  dove tecnicamente
possibile,  e sviluppo dei rimboschimenti con specie pregiate, capaci
di ricostruire un prezioso capitale ecologico e legnoso.
Per la sua importanza produttiva la pioppicoltura deve essere oggetto
di  una  specifica politica di "salvaguardia" che, a partire dal gia'
adeguato  sviluppo  di  base, permetta di eliminare le difficolta' di
funzionamento  del  mercato  e di estendere ulteriormente quanto piu'
possibile l'arboricoltura da legno.
                              Le azioni
198.  Il Piano si propone di perseguire i propri obiettivi attraverso
un  insieme  di azioni, che presentano vari gradi di interrelazione e
di  complementarieta' fra di loro, volte a: potenziare l'uso foresale
del territorio, sviluppare le infrastrutture, i servizi e la ricerca,
sviluppare  specifici  settori  e  specie  forestali,  raccordare gli
interventi in particolari ambiti territoriali.
Il  carattere delle azioni e' differenziato, sia nella natura che nei
tempi  di  attuazione.  Gli  interventi  di  natura finanziaria, piu'
specificatamente,  siano  essi  affidati ad una gestione centrale, ad
una  gestione  regionale o ad una cogestione Stato-Regioni, risultano
in  generale  implementabili  da  subito  in base alla legge 752. Gli
interventi  di natura non finanziaria, relativi ad aspetti normativi,
ad  aspetti  istituzionali  e ad aspetti fiscali, richiedono tempi di
maturazione  e  di  gestazione  piu'  lunghi:  essi  potranno  essere
implementati, di conseguenza, progressivamente lungo l'arco temporale
di vita del piano.
Andra' comunque tenuta presente, ai fini di un corretto coordinamento
programmatorio,  la  necessita'  che  gli  interventi  riguardanti il
settore  derivanti  da  direttive e regolamenti comunitari, dal Fondo
Investimenti Occupazione (FIO) e dall'intervento straordinario per il
Mezzogiorno,  siano  collegati in modo uniforme e sistematico con gli
obiettivi e le azioni del Piano.
199.  Le  azioni  del  Piano  possono  essere aggregate in due grandi
classi:  la  politica  per il potenziamento delle imprese del sistema
forestale  e  la  politica  per il potenziamento delle infrastrutture
(materiali ed immateriali).
200.  Nell'ambito  della  politica per il potenziamento delle imprese
del  sistema  forestale  (che ha come soggetti interessati le imprese
forestali  e  operanti  nella "filiera" forestale) il Piano definisce
tre  categorie  di  interventi finanziari, cui potranno aggiungersene
altre  durante  l'arco  di  vita  del  Piano stesso: le azioni per il
miglioramento  della  gestione  forstale,  le  azioni per lo sviluppo
tecnologico,  le  azioni  per  la  manutenzione  e  lo sviluppo della
foresta.
Anche   nell'ambito   della   politica  per  il  potenziamento  delle
infrastrutture   (a   carattere   piu'   mercatamente  "orizzontale",
strettamente  complementare alla precedente nel breve-medio termine e
destinante  nel  contempo  a creare le condizioni per una crescita di
interventi  finanziari:  le  azioni  per  la  ricerca,  le azioni per
l'informazione, le azioni per la promozione e il mercato.
201.  La  politica  per  il  potenziamento  delle imprese del sistema
forestale  e  la  politica  per il potenziamento delle infrastrutture
tengono  conto,  al  loro  interno,  di  due aspetti "trasversali" di
grande  rilievo:  la necessita' di operare in modo selettivo rispetto
ai  settori e alle specie forestali e la necessita' di raccordare gli
interventi su scala territoriale.
202.  L'obiettivo dello sviluppo dell'uso forestale del territorio e'
pure  perseguito dal Piano attraverso una terza classe di interventi,
la politica per il verde urbano.
"Nuova"   nell'ambito   delle   politiche  forestali,  essa  risponde
all'esigenza  di  soddisfare, in modo non convenzionale, la crescente
sensibilita'  ambientale  e  ricreativa  e  lo  stesso  fabbisogno di
vivibilita' delle popolazioni urbane.
Una politica per il potenziamento delle imprese del sistema forestale
203. I benefici ambientali "esterni" e il contributo dato, attraverso
l'offerta  di  materie  prime, alla riduzione del vincolo di bilancia
dei  pagamenti  connessi  con il potenziamento dell'uso forestale del
territorio   non   trovano,   in  larghissima  parte  dei  casi,  una
corrispondenza  a  livello  microeconomico:  agli  alti  costi  della
gesione  forestale  e  del rimboschimento, infatti, si contrappongono
ricavi,  per  le  singole  imprese,  spesso  ridotti,  dilazionati ed
incerti.
204.   La   ricostituzione   di   un  miglior  equilibrio  a  livello
microeconomico, attraverso il rafforzamento delle imprese forestali e
delle  imprese  operanti  nella  "filiera" forestale, rappresenta uno
strumento   necessario  per  il  perseguimento  dell'obiettivo  guida
indicato  in precedenza. Per questa via, infatti, si ottiene non solo
un  ovvio  miglioramento  in funzione economica dei boschi, ma anche,
attraverso la salvaguardia dell'attivita' forestale, un miglioramento
nelle funzioni ambientali e ricreativa.
205.  Esiste  gia' un sistema di incentivi finanziari e fiscali molto
ampio, per gli investimenti di rimboschimento e di valorizzazione dei
boschi,  nella  legislazione nazionale e regionale e negli interventi
per il Mezzogiorno.
L'articolazione  risulta  pero'  complessa  e di non facile lettura e
valutazione;  sono  presenti, inoltre, profonde difformita' a livello
territoriale,  solo  in piccola parte giustificata dalla peculiarita'
delle situazioni locali.
206.  Appare  di conseguenza necessario, innanzitutto, ai fini di una
piu'   elevata  razionalita'  e  coerenza  dell'intervento  pubblico,
raggiungere  un  maggior  grado  di  uniformita'  degli incentivi sul
territorio  nazionale,  pur con il necessario privilegio accordato al
Mezzogiorno.  Dovranno  a  tale  scopo essere studiate con le regioni
alcune  linee  guida,  che  permettano  una  maggior  uniformita' nei
livelli e nelle condizioni di incentivazione accordati a investimenti
forestali del medisimo tipo.
Dovra'  essere,  inoltre,  raccordata  con gli obiettivi del Piano la
graduazione  degli  incentivi, per soggetti destinatari e per tipo di
investimenti, privilegiando le situazioni di esistenza di vincoli sui
terreni   (pubblici   e   privati)  e  di  rilevanza  per  la  difesa
idrogeologica  da  un  lato e le iniziative (soprattutto private) per
l'espansione forestale "produttiva", dall'altro.
207. Il riordino della struttura e dei modi di erogazione del sistema
di  incentivazione  attuale  da  condurre  in  modo coordinato con le
regioni, deve essere accompagnato da un processo di ripensamento e di
innovazione  degli  stessi  strumenti di incentivo. Specificatamente,
alle  prevalenti  forme  adottate,  contributi  in  conto capitale ed
agevolazioni   creditizie,   appare  opportuno  affiancare  forme  di
incentivazione  a  carattere piu' "continuo" e non limitato alla fase
iniziale  dell'investimento,  nell'ottica di superare gli svantaggi e
le  "diversita'"  che le foreste presentano nel profilo temporale dei
costi  e  dei  ricavi  e  nell'ottica  di  favorire la regolarita' di
svolgimento  delle  operazioni  di  cura  degli  impianti  forestali,
essenziali  per  le  capacita'  funzionali  degli impianti stessi, ma
spesso trascurate per ragioni economiche.
Il  Piano  risponde  a  questa importantissima esigenza attraverso le
azioni per la manutenzione e lo sviluppo della foresta.
208.  Alternativamente,  o in via complementare, possono essere messe
allo   studio,  come  strumento  per  alleviare  gli  svantaggi  e  i
disincentivi  connessi  ai  tempi  dell'investimento forestale, forme
paracreditizie di anticipazione dei redditi attesi.
Tali  forme,  determinando  una  posizione  debitoria  nei  confronti
dell'ente  erogatore, potrebbero anch'esse favorire una cura maggiore
e piu' continua degli impianti forestali, finalizzata all'ottenimento
di   una  produzione  legnosa  quantitativamente  e  qualitativamente
superiore.
209.  Al  fine  di  ovviare ai fenomeni di "non gestione" puo' essere
anche   valutata  l'opportunita'  di  adottare  modelli  di  gestione
congiunta  pubblico-privato,  che  ripropongano  in  forma  estesa il
"rimboschimento  obbligatorio" attraverso l'occupazione temporanea di
terreni  privati  prevista,  per  fini  idrogeologici dalla legge del
1923,  che  ricalchino  il modello francese dei "prestiti in lavoro".
Misure  di  questo  tipo,  pero',  risultano  di notevole impegno per
l'ente  pubblico  (nel  modello  francese, ad esempio, e' previsto un
intervento   diretto   nella   gestione   del  rimboschimento  e  nel
miglioramento  boschivo  fino  alla  maturita',  con  una  successiva
spartizione  dei proventi fra i contraenti fino al rimborso dei costi
sostenuti):  esse  risultano  attuabili,  quindi, solo in presenza di
strutture   di   erogazione  molto  stabili  e  di  "certezza"  della
continuita' di finanzamento.
210.  La  creazione  di  un  Fondo  Forestale  Nazionale,  di modello
francese  o  simile  a quello gia' istituito dal secondo Piano Verde,
potrebbe  costituire  uno  strumento  razionale di coordinamento e di
guida delle politiche di incentivazione finanziaria.
Fondamentale potrebbe risultare una gestione congiunta del Fondo, fra
Stato  e  Regioni.  I principi di azioni cofinanziate sta rivelandosi
elemento    chiave    nell'applicazione   delle   politiche   (azioni
"orizzontali"  come  strumenti  di una politica dei fattori) previste
dell'articolo  4  della legge n. 752 in attuazione del Piano Agricolo
Nazionale.
211.  L'accentuazione  delle  esenzioni  fiscali  puo'  costituire un
importante complemento degli incentivi finanziari.
Il  regime  attuale,  nonostante  il  gettito  ridottissimo garantito
all'erario, puo' risultare in molti casi distorsivo e disincentivante
alla luce della esiguita' e della discontinuita' del reddito.
Ci si riferisce soprattutto al regime delle successioni, che, al pari
di   quanto   avvenuto   in   altri  paesi,  e'  causa  di  eccessiva
frammentazione  delle  proprieta', agendo in senso contrario rispetto
alle  necessita' di un dimensionamento efficiente ai fini gestionali.
Si potrebbe, ad esempio, prevedere l'esenzione totale nel caso in cui
gli  eredi  diano  luogo  alla  costituzione  di  una societa' per la
gestione  unitaria  del  patrimonio (costituzione che potrebbe essere
resa  addirittura  obbligatoria  nel  caso  in  cui  siano  in  corso
attivita'  soggette  ad  incentivo pubblico e nel caso di successione
relativamente a terreni comunque rimboschiti).
Si   potrebbe   altresi  prevedere  l'estensione  delle  agevolazioni
fiscali,  contenute negli artt. 8 e 9 del D.P.R. 29-9-1973, n. 601, e
successive modificazioni ed integrazioni, alle attivita' di gestione,
conservazione, miglioramento realizzate nell'ambito del Piano.
212.  La  grave situazione di difficolta' venutasi a creare in questi
anni  nei  mercati  agricoli  internazionali  e  comunitari  potrebbe
consigliare, nel futuro prossimo, di accentuare il trasferimento alla
forestazione di risorse territoriali e aziendali attualmente allocate
in   attivita'   agricole  scarsamente  produttive.  Si  renderebbero
necessarie,  in  questo  caso,  politiche  di incentivazione "ad hoc"
basate  su  strumenti  piu' simili a quelli impiegati nelle politiche
agricole,   che   conferiscano  carattere  il  piu'  "indolore"  alle
diversificazioni in direzione forestale.
Il sostegno alle aziende agro-forestali che conducono anche attivita'
faunistiche  e  allevamenti  di  selvaggina  stanziale,  puo'  essere
considerato  a  pieno  titolo  come  parte  di  una  politica  per il
potenziamento   delle   imprese  del  sistema  forestale.  Componente
rilevantissima   dell'ecosistema  bosco,  la  fauna  puo'  consentire
aumenti di ricchezza ecologica ed insieme integrazioni di reddito per
le   aziende,  facilitando  cosi'  le  gia'  citate  diversificazioni
forestali  dell'agricoltura  montano-collinare, anche in un'ottica di
sviluppo e agrituristico.
213. Accanto agli strumenti di incentivazione finanziaria diretta, la
politica  per il potenziamento dell'uso forestale del territorio deve
perseguire  un diffuso processo di riassetto gestionale e tecnologico
delle strutture di impresa che operano nel sistema forestale.
I   soggetti   interessati   sono,  prioritariamente,  le  proprieta'
forestali    e   le   imprese   di   "utilizzazione"   e   di   prima
commercializzazione dei prodotti legnosi.
Deve  essere  favorita  l'aggregazione  e  la creazione di modelli di
impresa piu' moderni e piu' efficienti ai due livelli della "filiera"
del legno; deve essere promosso un grado piu' elevato di integrazione
verticale  fra le imprese (usualmente distinte nella realta' attuale)
dei   due   livelli   e  fra  queste  e  le  fasi  di  lavorazione  e
commercializzazione piu' a valle.
La  strumentazione  che  puo'  essere  attivata  per un tale processo
appare molto ampia e articolata, investendo le forme contrattuali e i
rapporti giuridici, gli incentivi finanziari e gli incentivi fiscali.
214.  Dal  punto  di vista gestionale il Piano prevede, attraverso le
azioni  per  il miglioramento della gestione forestale, l'adozione su
ampia  scala  di  forme  aggregative, al pari di quanto intrapreso in
altre realta' nazionali dalle condizioni simili a quelle italiane.
L'adozione  di  forme  aggregative,  in  luogo  della  formazione  di
proprieta'  comuni,  nasce  dalle difficolta' di dar luogo a profondi
mutamenti  delle  strutture  fondiarie,  gia' evidenziate dal settore
agricolo.
Essa permette, d'altra parte, la conservazione di spazi piu' ampi per
l'entrata  di  aziende  agricole  in cui le attivita' forestali, gia'
presenti    o   da   svilupparsi,   assumano   carattere   fortemente
complementare,  contribuendo  all'obiettivo  di  una  piu'  estesa  e
migliore integrazione tra agricoltura e foreste.
Essa  puo'  dare spazio alla creazione di societa' miste in cui siano
presenti  gli enti pubblici e alla creazione di societa' con apporti,
da parte di alcuni soci, di capitale invece che di boschi.
215.  Dal  punto di vista tecnologico il Piano interviene, attraverso
le  azioni per lo sviluppo tecnologico, promuovendo l'innovazione nei
processi  di  lavorazione, indispensabile per migliorare la posizione
di  mercato  dell'offerta  interna di legno e per rendere conveniente
l'utilizzo produttivo stesso in boschi piu' "poveri".
Le  azioni  per  lo  sviluppo  teconolgico,  rivolte al sistema delle
imprese,  trovano  poi  un  loro  importantissimo  complemento  nella
politica  infrastrutturale,  e  in  particolare  nelle  azioni per la
ricerca e la sperimentazione.
Le azioni per il miglioramento della gestione forestale.
216.  Il  sistema  delle  imprese  forestali e agro-forestali risulta
estrememente  disperso; esistono, viceversa, molteplici attivita' che
necessitano di scale dimensionali piu' adeguate.
In  primo luogo la predisposizione di piani di assestamento forestale
e  di  gestione,  obbligatori  per  i  boschi  pubblici  ed altamente
consigliabili   per  i  boschi  privati,  che  risultano  tanto  piu'
significativi quanto piu' l'area considerata e' ampia e ad alto grado
di contiguita'.
In secondo luogo le cure colturali e le operazioni di raccolta, con i
connessi problemi di meccanizzazione.
In terzo luogo il collegamento con il mercato.
217.  Risulta  tra  gli  obiettivi  del  Piano,  di  conseguenza,  la
promozione  di consorzi di gestione forestale, con forma giuridica da
definire,  formati  fra proprietari privati, fra propretari privati e
proprietari pubblici (Stato, Regioni, Comuni, Aziende Regionali delle
Foreste,  ecc.)  ed  eventualmente  fra  proprietari  ed  imprese  di
utilizzazione  e  di  prima  lavorazione  del  legno, soddisfacenti a
requisiti  minimi in termini di area forestale (500/1000 ettari) e di
contiguita'.
218. La strumentazione proposta e' di duplice natura.
Da  un  lato, all'interno delle azioni qui considerate, essa consiste
in:
(a)  un contributo finanziario "una tantum" alla nascita dei consorzi
(dimensionato in relazione all'area forestale coperta);
(b)    un    contributo    finanziario    alla    predisposizione   e
all'aggiornamento  dei  piani di assestamento e di gestione forestale
dei  consorzi  stessi. Dall'altro, essa consiste in un riconoscimento
di  priorita'  per l'accesso alle provvidenze previste nell'ambito di
altre azioni del Piano.
Il  supporto ai consorzi di gestione forestale offre ideale terreno a
forme di cofinanziamento Stato-Regioni.
Le azioni per lo sviluppo tecnologico
219.   La  competitivita'  dei  prodotti  forestali  italiani  e,  in
connessione,  lo sfruttamento delle risorse disponibili e la cura del
patrimonio   forestale   sono  strettamente  dipendenti  dal  livello
tecnologico delle diverse attivita' nella filiera.
Ad  incrementi  del  livello tecnologico, infatti, corrispondono cali
nei  costi  di  lavorazione  e/o  miglioramenti  nella  qualita'  dei
prodotti   ottenibili.   Essi   non   solo   permettono  una  maggior
redditivita'   delle  attivita'  forestali,  ma  possono  addirittura
contribuire,  in  diversi  casi,  all'uscita dall'"area dei prezzi di
macchiatico  negativi", con conseguente interesse ad uno sfruttamento
razionale  del  bosco  e ad un suo mantenimento in efficenza da parte
dei proprietari.
220.  Una  analisi  del  livello  tecnologico  del  sistema forestale
italiano evidenzia molte, anche se non uniformi, carenze.
Si  pone  il  problema  di  aumentare  il  grado  di  meccanizzazione
complessivo,   riducendo   anche   la   fatica   fisica  del  lavoro,
relatvamente alle operazioni di taglio, movimentazione, caricamento e
trasporto,    allestimento,   scortecciatura,   cippatura,   esbosco,
potatura, trattamenti antiparassitari ecc.; si pone il problema, piu'
in  generale,  di  elevare  l'efficienza complessiva delle imprese di
lavorazione  forestale  e delle piccole imprese di trasformazione del
legname.
Deve   essere   svecchiato   il  parco  attuale,  procedendo  ad  una
progressiva sostituzione con macchine e utensili che "incorporino" le
innvoazioni  piu'  avanzate e che abbiano carattere "non distruttivo"
per  le  foreste;  deve essere favorita una piu' estesa realizzazione
direttamente  in  foresta  delle  prime  operazioni di preparazione e
trasformazione  del  legno; deve essere favorito un processo continuo
di aggiornamento e formazione degli addetti forestali.
221.  Le priorita' delle proposte del Piano, nell'ambito delle azioni
per lo sviluppo tecnologico, sono le seguenti:
(a)  diffusione  di  macchine  utensili e tecnologie complete ad alto
grado  di  innovazione  (con  contributi in conto capitale e in conto
interessi sugli investimenti)
(b)  sostituzione  di  macchine utensili e attrezzature obsolete (con
meccanismo analogo a quello previsto dal Piano agricolo);
(c)  formazione degli addetti forestali ad un corretto uso, dal punto
di vista tecnico, economico ed ambientale delle tecnologie.
222.  Si  prevedono  come  destinatari  delle  azioni per lo sviluppo
tecnologico,  per  quanto concerne le priorita' (a) e (b), i consorzi
di  gestione  forestale  in  primo  luogo,  i  proprietari  di boschi
pubblici  e  privati,  le imprese di lavorazione forestale, private e
cooperative,  che  svolgono  in  conto terzi le attivita' di cura, di
taglio,  di esbosco, di trasporto e di prima commercializzazione; per
quanto concerne le priorita' (c), le Aziende Regionali delle Foreste.
Le  azioni  saranno  inquadrate in un programma nazionale a carattere
pluriennale con un significativo coinvolgimento delle regioni.
Le azioni per la manutenzione e lo sviluppo della foresta.
223.  Il  diverso  stato  di  salute  delle  foreste  italiane  e  la
necessita'  di un loro mantenimento, miglioramento ed ampliamento, in
funzione   delle   molteplici   finalita'   (ambientali,  produttive,
ricreative)  cui  devono  assolvere,  impone  una serie articolata di
azioni, volte ai seguenti obiettivi:
- mantenere e migliorare i boschi esistenti, dal punto di vista delle
condizioni ecologiche e vegetative, del paesaggio, della capacita' di
difesa  dell'assetto  idrogeologico,  della  riduzione  dei rischi di
incendio  (derivanti  da materiali di accumulo) della produttivita' e
delle  caratteristiche tecnologiche dei prodotti legnosi disponibili:
- promuovere una corretta opera di rimboschimento, privilegiando, ove
possibile,   le   specie   indigene   pregiate  soggette  ad  intensa
utilizzazione nel passato ed aventi lunghi cicli di maturazione
- favorire il consolidamento e lo sviluppo, nelle aree vocate, di una
efficiente  arboricoltura  da  legno  (pioppo,  castagno  e  sughera,
nonche'   altre   specie   a  rapido  accrescimento  compatibili  con
l'ambiente).
224. Le priorita' del Piano, in questo contesto sono tre:
(a)  contributi  ai  costi  colturali per il miglioramento dei boschi
"poveri" esistenti e per il corretto avviamento dei rimboschimenti
(b)   contributi   ai   costi   colturali   per  il  miglioramento  e
l'ampliamento   della  arboricoltura  produttiva  (pioppo,  castagno,
sughera);
(c) contributi al rimboschimento con specie pregiate.
225. Per quanto concerne la priorita' (a), l'attenzione e' rivolta ai
cosiddetti   boschi   "poveri",   che   rappresentano  la  componente
prevalente del patrimonio forestale del paese.
Sono  considerati,  a  questo  fine,  boschi "poveri"; tutti i boschi
cedui;  le  fustaie  in  riconoscibile  stato  di degrado e abbandono
colturale; i boschi soggetti ad attacchi parassitari o danneggiamenti
da  eventi climatici. Risultano comunque escluse le colture forestali
di cui alla priorita' (b).
L'attenzione  e'  rivolta anche ai rimboschimenti nuovi fino all'eta'
di  30 anni, con l'eccezione dei pioppeti - di cui alla priorita' (b)
-  e  delle  specie  pregiate  - di cui alla priorita' (c). Le azioni
previste  consistono  nelle  concessioni di contributi, in base ad un
progetto  e ad un successivo collaudo, ad operazioni quali i tagli di
diradamento,  le  pulizie del suolo, le conversioni dei cedui ad alto
fusto  ed  altre  piu'  connesse alla tecnica colturale delle singole
specie considerate.
Tra  le attivita' a cui rivolgere tali azioni vanno considerate anche
le   operazioni   di  manutenzione  delle  opere  gia'  esistenti  di
viabilita' forestale (comprese le fasce frangifuoco) che abbiano come
fine  il ripristino e l'efficienza e non comportino alterazioni delle
strutture e delle funzioni originarie.
I  destinatari  dei contributi sono i proprietari, con una preferenza
(ed una eventuale maggiorazione dei contributi stessi) per i consorzi
di gestione forestale.
La  gestione  delle  azioni  avverra'  a livello regionale, in base a
linee-guida definite a livello nazionale. Di grandissima rilevanza ed
efficacia,  anche  come  garanzia  e presidio di buona concertazione,
risultera' l'adozione del regime di co-finanziamento Stato-Regioni.
Condizioni  di particolare favore nella erogazione dei contributi per
il miglioramento dei boschi poveri e per nuovi rimboschimenti saranno
previste per i piccoli proprietari boschivi presenti in aziende e per
le  aziende  agro-silvo-pastorali a conduzione diretta, ancorche' non
consorziati.
226.  A  differenza  delle  azioni previste per la priorita' (a), che
vedono  nel  potenziamento  della  produzione  legnosa  una finalita'
importante,   ma   strumentale  alla  sopravvivenza  dei  boschi,  la
priorita'  (b)  concerne  direttamente  l'arboricultura produttiva e,
piu'  specificatamente,  il  pioppo,  il  castagno.  la  sughera. Gli
interventi previsti, rivolti sia agli impianti esistenti che a quelli
nuovi,  riguardano essenzialmente l'erogazione di contributi, in base
a  "piani  di  coltivazione" relativi all'intero turno e a successivi
collaudi,  per  i  trattamenti parassitari, le potature le arature ed
altre cure da realizzare nel periodo di turno stesso; essi hanno come
destinatari  i  proprietari,  siano  essi privati o imprese integrate
verticalmente  (per cui potrebbe essere studiata un maggiorazione dei
contributi, a fini di incentivazione dell'integrazione stessa).
Gli  interventi  sono  altresi'  finalizzati  ad  invertire  il segno
negativo   che  caratterizza  l'evoluzione  delle  piantagioni  della
pioppicultura,  attraverso il miglioramento della redditivita' e/o il
miglioramento  del  legno  ottenibile  e  la  riduzione del rischi di
fallimento della piantagione a causa di fattori patogeni (legati alla
realizzazione  dei  trattamenti  e  delle  cure, talvolta carenti per
motivi  economici);  essi  possono comportare, in orizzonti temporali
relativamente   brevi,   un  incremento  quantitativo  e  qualitativo
dell'offerta nazionale di legno per l'industria.
Gli  interventi  sono  altresi  finalizzati  a  cogliere  le notevoli
opportunita'  non  sfruttate  e  prospettiche della castanicoltura da
legno  nell'ambito  delle  industrie  nazionali  di trasformazione, e
mirano  ad  un  rilancio  della subericoltura italiana nell'ambito di
mercati   in   crescita   ma  caratterizzati  da  forte  competizione
internazionale.
La  gestione  delle  azioni  averra'  a  livello regionale, in base a
linee-guida  definite  a  livello  nazionale. Anche in questo caso si
prevede il regime di cofinanziamento Stato-Regioni.
227.   Per   quanto   concerne   la   priorita'   (c),   a  carattere
prevalentemente   ambientale   e   con   implicazioni  produttive  di
lunghissimo  periodo, le azioni risultano finalizzate a ricostruire i
boschi  di  specie  indigene  a  lungo ciclo di maturazione (che sono
stati  soggetti  ad una utilizzazione molto intensa nel passato anche
recente),  contribuendo  a mantenere una corretta struttura ecologica
dei  boschi  stessi  e a ripristinare, per le generazioni future, una
offerta di legno con elevati pregi estetici e teconologici.
Gli interventi previsti consistenti in contributi in conto capitale o
in  conto  interessi  sulla  base  di progetti e successivi collaudi,
riguardano:
-  il  rimboschimento  ex-novo  di  terreni gia' forestati o comunque
riconosciuti adatti ad ospitare le specie idonee;
- l'introduzione, tra le specie presenti in boschi cedui o in fustaie
degradate,  di  ciliegio,  noce,  acero  ed  altre  essenze pregiate,
nonche' di piante tartufigene o in grado di favorire la produzione di
funghi o di altri prodotti del sottobosco;
-  la  graduale  sostituzione  di  specie estranee all'ambiente ed il
paesaggio.  I destinatari dei contributi sono i proprietari, con unaa
preferenza (ed una eventuale maggiorazione dei contributi stessi) per
i consorzi di gestione forestale. La gestione delle azioni avverra' a
livello   regionale,   in  base  a  linee-guida  definite  a  livello
nazionale. Verra' il regime di cofinanziamento Stato-Regioni.
Una politica per il potenziamento delle infrastrutture
228.  La  politica  di supporto diretto al sistema delle imprese deve
essere  affiancata  da  una  politica  "orizzontale" di potenziamento
delle  infrastrutture, materiali e soprattutto immateriali, di natura
prevalentemente pubblica e di carattere esterno.
Esistono,  sotto  questo profilo, necessita' molto ampie e diffuse di
intervento,  a  causa  della scarsa dinamicita' evidenziata nel tempo
dallo sviluppo dell'apparato infrastrutturale e dei servizi.
229.  Nell'ambito  delle  infrastrutture fisiche, l'accessibilita' ai
boschi  e'  una  delle condizioni fondamentali per svolgere qualsiasi
tipo di attivita' produttiva, colturale, di protezione del bosco e di
fruizione ricreativa.
I  risultati  dell'Inventario  mettono  in  evidenza  che  una  quota
preponderante  delle  foreste  italiane,  circa  l'80%,  si  trova in
condizioni di accessibilita' buona o accettabile.
La  politica di viabilita' forestale, favorita da tempo in gran parte
dagli  schemi  di  incentivo  regionali,  nazionali e comunitari, non
sembra  quindi  necessitare  di  forte  e  uniforme  impulso. Essa va
condotta piuttosto, ove necessario, con criteri non casuali selettivi
di  pianificazione  razionale  a  carattere  non  distruttivo  e  con
appropriata  manutenzione delle strade esistenti, spesso abbandonate.
230.   Nell'ambito   delle  infrastrutture  immateriali,  i  servizii
specialistici   alle  imprese  forestali  costituiscono  un  elemento
indispensabile  per  la  corretta conduzione delle imprese stesse. La
difficolta'  di uno sviluppo adeguato in proprio rende l'acquisizione
all'esterno,  da  parte  delle  imprese,  di numerosi servizi una via
obbligata e razionale, anche se costosa.
Appare  opportuno,  di  conseguenza,  puntare  ad una moltiplicazione
delle
possibilita'  di usufruire dei servizi esterni stessi, sia attraverso
un loro maggior sviluppo, sia contribuendo a ridurne il costo per gli
utilizzatori.
Il  Piano  opera gia' in questa direzione, indirettamente, attraverso
varie  azioni di supporto alle imprese. Si possono porre allo studio,
pero' altre linee di azione piu' dirette.
Tra  queste  di  rilievo appare il perseguimento dello svilupo, anche
attraverso  convenzioni  con societa' private di servizi, di una rete
di  assistenza, a carattere integrato nazionale e regionale, in grado
di  aiutare  i  selvicoltori  e  le  imprese  di  utilizzazione nella
soluzione  dei  problemi  di  tecnica  colturale,  nella  cura  delle
malattie,  nella  pianificazione  gestionale ed economica dei boschi,
nello sviluppo delle tecniche di lavorazione in foresta.
231.  Sempre  nell'ambito  delle  infrastrutture immateriali il Piano
assegna un grosso rilievo alle azioni par la ricerca.
Ricerca  e  sperimentazione,  infatti,  determinati  per l'evoluzione
futura  del  patrimonio  forestale  italiano  soffrono attualmente di
dispersione e di scarsa finalizzazione.
Manca,  inoltre,  una  rete  di  trasferimento  dei  risultati  e  di
applicazione   degli  stessi  da  parte  degli  utilizzatori  finali,
nell'ambito della politica dei servizi "reali" alle imprese.
232.  Il  Piano  assegna  un  notevole  rilievo anche alle azioni per
l'informazione.   Alla   luce   delle  forti  insufficienze  attuali,
l'intervento   in  questo  ambito  deve  essere  condotto  sotto  due
principali  profili:  rafforzamento  della  base  informativa  per la
politica forestale e maggiore diffusione dell'informazione presso gli
operatori.
La  politica  forestale  necessita  di una conoscenza assai estesa di
molti  fenomeni  e  molto  resta  da  fare,  anche  dopo l'importante
realizzazione  dell'Inventario  Forestale  Nazionale, per integrare e
completare   gli   strumenti   essenziali  della  programmazione;  in
particolare  dovranno  essere rimosse le carenze conoscitive riguardo
ai  comportamenti  dei  soggetti  economici  e istituzionali e quelle
relative al territorio e alle sue "vocazioni".
L'informazione  dovra'  inoltre  essere sviluppata in direzione degli
operatori, in congiunzine con la politica dei servizi "reali".
233. Anche il problema della formazione proessionale deve ricevere un
nuovo  impulso,  in  vista sia di una migliore gestione delle imprese
che  dello  sviluppo  di  "terziario" forestale, in grado di attirare
occupazione  intellettuale  in  questo  settore dalle caratteristiche
cosi' "specialistiche".
Il  Piano  interviene gia' in questo ambito attraverso i programmi di
formazione  degli  operatori  forestali  previsti  nell'ambito  delle
azioni per lo sviluppo tecnologico.
L'attivita'  di  formazione sara' svolta principalmente attraverso la
collaborazione  tra  Regioni, orgamismi idonei, Corpo Forestale dello
Stato sulla base di linee guida predisposte dal Ministero.
Saranno  previsti livelli diversi di formazione con diverse tipologie
di corsi.
Altri  interventi  possono  essere posti allo studio, che integrino e
complementino quelli effettuati a livello regionale e che valorizzino
la   recente   creazione  di  facolta'  e  corsi  universitari  volte
all'istruzione superiore forestale.
234.   Si   pone   infine   l'esigenza   di   divulgare   estesamente
l'informazione  culturale  generale  sulle foreste, completando su un
piano  tecnico  il  formarsi  gia'  evidente di una sensibilita' piu'
spiccata  verso  i  beni  ambientali  e  contribuendo  ad una miglior
fruizione dei servizi offerti dai boschi; si pone altresi' l'esigenza
di  promuovere,  oltre  ai  servizi, anche i prodotti del bosco e del
sottobosco,  in  energia  con  le azioni di rafforzamento del sistema
delle  imprese.  A  queste  esigenze  il  Piano  offre  una  risposta
attraverso le azioni per la promozione e per il mercato.
Le azioni per la ricerca
235.  La  ricerca  deve  assumere,  nel  settore  forestale, il ruolo
strategico  che essa riveste in larghissima parte degli altri settori
dell'economia.
Deve   essere   rivolta  agli  aspetti  tecnico-gestionali,  ma  ache
congiuntamente,    agli    aspetti    ambientali   e   agli   aspetti
economico-normativi.
Deve  operare  lungo  le  "frontiere"  della  conoscenza,  nella  sua
componente  piu' di base, ma deve essere anche finalizzata, nella sua
componente  applicata,  ai  soddisfacimento  in  orizzonti  temporali
differenziati,   delle   nuove  esigenze  che  il  contesto  generale
progressivamente pone.
236.  L'analisi  dello  stato  della ricerca forestale in Italia vede
soddisfatti  solo  in parte gli obiettivi sopra enunciati, per cui si
impone  l'esigenza  di  un  riorientamento delle attivita' di ricerca
stessa,  con l'avvio di una serie di progetti a carattere innovativo,
e di maggiore coordinamento.
Il  tutto  in  un quadro di legami crescenti con la ricerca forestale
internazionale.
237.   La   ricerca   deve   riguardare,  innanzitutto,  gli  aspetti
tecnologico-gestionali.  Si  possono  individuare,  in questo ambito,
quattro sottoaree di intervento, in parte interagenti:
(a)   innovazione   silvicola   in   senso   stretto  (biogenetica  e
biotecnologie,  selezione  dei  materiali  di  propagazione, malattie
ecc.)
(b)  innovazione  nelle  tecniche  colturali  (nuova  meccanizzazione
ecc.);
(c)  innovazione  nelle  tecniche  di  pianificazione  forestale e di
sistemazione   idraulico-forestale   (in   presenza  di  vincoli  sul
paesaggio e in funzione di piani generali di bacino);
(d) innovazione nelle tecnologie di filiera (sia per la messa a punto
di processi piu' efficienti nell'ammbito degl utilizzi esistenti, che
pr  l'individuazione di utilizzi nuovi chimici ed energetici) e nelle
tecnologie  che  favoriscano  l'impiego  del  legname  e  del sughero
nazionali.
Tra  le  varie linee di finalizzazione applicativa delle sottoaree di
ricerca  individuate, si possono indicare fin d'ora: per la sottoarea
a)  lo  sviluppo del settore vivaistico (gia' regolato dalla legge n.
269/1973),  la tutela dei boschi da seme inclusi nell'apposito "Libro
Nazionale", la creazione degli arboreti da seme; per la sottoarea b),
il  collegamento  con  le  "azioni per lo sviluppo teconologico" gia'
esaminate  e,  piu'  in  generale,  con gli indirizzi applicati della
cosidetta' "selvicoltura maturalistica".
238.  La  ricerca  deve  riguardare,  in  secondo  luogo, gli aspetti
ambientali.
Si  devono  valutare,  individuando  le  possibilita' di sviluppo, le
capacita'  delle  foreste  di  fornire,  su scala nazionale e locale,
servizi  di  protezione  del  suolo,  di  ricezione  ricreativa  e di
protezione  di  particolari  valori  naturalistici (paesaggio, fauna,
flora ecc.).
Un  tema  di  particolare  interesse,  relativamente  ai  servizi  di
ricezione  ricreativa,  e'  quello  riguardante  la  possibilita'  di
introdurre  una  "carte  verde"  per  il  miglioramento  dei  modi di
frequenza  del  pubblico  nei boschi (tale carta, di validita' annua,
dovrebbe  garantire,  a fronte del pagamento di una piccola cifra per
l'acquisto,  l'accesso  ai  boschi  privati  in  tutta  Italia  e  la
possibilita'  di  raccolta  di  prodotti  del sottobosco, nonche' una
forma assicurativa per i rischi connessi con la permanenza nei boschi
stessi).   Si   tratta  di  calcolare  e  controllare  la  "portanza"
ricreativa dei boschi piu' delicati.
239.  La  ricerca  deve  riguardare,  infine, gli aspetti economici e
normativi.  L'area  delle  indagini  applicate  che dovrebbero essere
sviluppate,  come  strumento  conoscitivo  di supporto alle decisioni
pubbliche  e  private, e' ampia. Essa comprende gli studi di mercato,
relativi  ai  prodotti  del bosco e del sottobosco, con l'utilizzo di
metodologie  differenti  (modelli  econometrici del settore forestale
ecc.);  la valutazione economica dei servizi protettivi, ricreativi e
ambientali  possibili  di sviluppo; lo studio degli effetti economici
delle  normative, della fiscalita' e degli incentivi; lo studio della
legislazione comparata italiana ed estera.
240.  I  soggetti  destinatari  dei  fondi  possono  essere  a priori
deversi; gli istituti del MAF, i gruppi di ricerca universitari e del
CNR,  i  gruppi  di ricerca facenti capo sia alle Regioni che ad Enti
dell'area pubblica (ad esempio l'ENEA, nell'ambito degli utilizzi non
convenzionali  del  legno, in particolare per gli usi energetici), le
imprese  e  i  centri  privati  di maggiore qualificazione specifica.
L'obiettivo  di  produttivita'  dei  fondi  erogati impone, al di la'
della natura dei soggetti, di concentrare le risorse e di fnalizzarne
la  destinazione,  con meccanismi non burocratici, ma sostanziali, di
monitoraggio dei risultati raggiunti.
In  questa  ottica, nel disegno di legge di adeguamento del Ministero
dell'Agricoltura  e delle Foreste un punto chiave e' rappresentato da
un  forte  potenziamento  dei  servizi  ministeriali,  come organi di
indirizzo,  di propulsione, di collegamento con le altre unita' e con
gli  altri  soggetti che operano nel settore della ricerca. In questo
ambito si dovra' ampliare e coordinare, attraverso il Corpo Forestale
dello Stato, la ricerca forestale.
Le azioni per l'informazione
241.  L'informazione  va  assumendo,  in tutti i settori e in tutti i
paesi   avanzati,   una   importanza   basilare,   come  elemento  di
razionalizzazione  dei processi di presa delle decisioni degli attori
economici pubblici e privati.
Anche   nell  comparto  forestale  essa  e'  destinata  ad  un  ruolo
crescente,   come   peraltro   in   quello  agricolo,  per  l'estrema
dispersione  del  sistema  delle  imprese e per l'ampiezza del domino
decisionale dei pubblici poteri.
La  recente costruzione dell'Inventario Forestale Nazionale (I.F.N.),
d'altra   parte,   costituisce  un  importante  segnale  della  nuova
sensibilita' al problema.
242.  Gli  obiettivi che le azioni per l'informazione si devono porre
sono   molteplici   e   derivano   dalla  constatazione  dell'attuale
insufficienza di informazioni su molti aspetti concernenti le foreste
e, piu' in generale, il sistema forestale.
Essi possono essere riassunti, sinteticamente, nel modo seguente:
-  sviluppare  ulteriormente e unificare le conoscenze sulle risorse,
rendendole  disponibili  a  fini di ricerca e a fini di supporto alle
decisioni;
- organizzare una raccolta sistematica dei dati concernenti i mercati
dei  prodotti  del  bosco  e  del  sottobosco,  nazionali  ed  esteri
rendendoli disponibili "in tempo reale" agli operatori;
-  migliorare,  piu'  in  generale,  la  qualita'  delle  statistiche
forestali  in  Italia,  rendendole  compatibili  con  le  statistiche
internazionali
-  diffondere l'informazione tecnica e l'informazione sugli incentivi
e  sui  servizi  disponibili, oltre all'informazione statistica, agli
operatori.
243.  Per  quanto  concerne  l'obiettivo di sviluppo delle conoscenze
sulle risorse, si indicano le seguenti priorita':
(a) realizzazione della Carta Forestale Nazionale
(b)  realizzazione di rilevazioni su aspetti specifici di particolare
interesse  da  parte  degli  organismi  nazionali  e  regionali delle
Foreste.
Nell'ambito  della priorita' di cui alle lettera (b), potranno essere
cofinanziate  attivita'  inventariali  e informative realizzate dalle
Regioni  purche'  compatibili  e integrative rispetto alle iniziative
nazionali.
Per  quanto concerne l'organizzazione di una raccolta sistematica dei
dati relativi ai mercati:
(c) costituzione di un Osservatorio Nazionale Foreste e Legno.
L'esigenza  di  un  inquadramento  razionale  dei  dati e di una loro
continua  disponibilita',  in  funzione  degli obiettivi sopra visti,
impone una ulteriore priorita':
(d) connessione con il SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale),
per  l'"incorporamento"  dei  dati  dell'Inventario  Nazionale, degli
inventari regionali, delle indagini specifiche, della Carta Forestale
dell'Osservatorio.
244.  I  soggetti  destinatari  dei  fondi  sono  il CFS e le Aziende
Regionali  delle  Foreste,  per  le realizzazioni della Carta e delle
indagini   specifiche,   con  la  possibilita  di  un  meccanismo  di
confinanziamento  Stato-Regioni;  il  CFS  o una struttura ad hoc (in
eventuale  cooperazione  con organismi esistenti, pubblici e privati,
aventi   competenze  specifiche)  per  l'Osservatorio;  la  struttura
incaricata  della  gestione  del SIAN per l'"incorporazione" dei dati
nel  stistema  informativo  nazionale; il CFS e le Aziende Regionali,
con  l'eventuale  supporto  di altre istituzioni pubbliche o private,
per la diffusione presso gli operatori.
Le azioni per la promozione e per il mercato
245.  La conservazione e lo sviluppo delle nostre foreste richiede un
insieme di azioni volte alla promozione e al mercato.
La  nozione  di  "mercato"  risulta  piu' ampia e piu' articolata nel
settore  forestale  rispetto  ad altri settori dell'economia, proprio
per la molteplicita' di funzioni che le foreste soddisfano.
Devono  essere promossi i prodotti, sia del bosco che del sottobosco;
devono  essere  promossi  i  servizi;  deve  essere promosso, piu' in
generale, il bosco in quanto tale, rafforandone l'"immagine pubblica"
di  bene  di  valore collettivo e creando una sensibilita' ai diversi
problemi  in  linea  con  quella  diffusa  nei paesi ad economia piu'
avanzata.
246.  La  strumentazione  che  puo'  essere utilizzata e' articolata.
L'obiettivo  di incremento dell'"immagine" e' perseguibile attraverso
il  sostegno  ad  organizzazioni che abbiano come finalita' attivita'
culturali  e  promozionali  del  bosco,  visto  sia  come  componente
essenziale  dell'ambiente  che  come  importante  sorgente di risorse
rinnovabili.
L'obiettivo    di   promozione   piu'   strettamente   economica   e'
perseguibile,  a  sua  volta,  attraverso  il  supporto a convegni di
rilevanza  nazionale  e  internazionale,  ed  attivita'  espositive e
fieristiche  in  Italia  ed  all'estero,  a  campagne di informazione
relative  al  legno  italiano  e  ai prodotti del sottobosco (funghi,
tartufi  ecc.);  per  questi  ultimi,  che hanno come destinatario il
consumatore  finale,  puo'  essere posto allo studio il sostegno alla
promozione di un marchio di qualita'.
Un'azione  promozionale specifica merita l'impiego dei legni italiani
nell'arredo,  nel  mobilio  e  negli altri impieghi. Tale azione puo'
trovare  gia'  un indirizzo specifico in riferimento al castagno e al
sughero.
247.  I  soggetti destinatari dei fondi sono, per il primo obiettivo,
le   organizzazioni   ambientalistiche,   da   un  lato  e  organismi
promozionali  quali  la  Consulta  Nazionale  per le Foreste e per il
Legno,  dall'altro;  per  il  secondo  obiettivo  le  associazioni di
categoria,  le  strutture cooperative, gli enti fieristici, l'ICE. La
gestione  delle  azioni  per  la  promozione  e  per il mercato sara'
affidata ai servizi ministeriali competenti.
Una politica per il verde urbano
248.   Completamente   separata  dalle  problematiche  forestali  nel
passato,  la tematica dello sviluppo del verde urbano e periurbano si
presenta  sempre  piu'  come uno degli aspetti che un piano forestale
deve  contribuire  a  risolvere,  in  cooperazione  con gli enti piu'
direttamente   preposti,   nell'ottica   del   soddisfacimento  delle
finalita' ambientali e ricreative.
249.  Lo  stato  dei  parchi  a  presenza boschiva e dei boschi nelle
grandi aree metropolitane e, piu' in generale, nelle citta' capoluogo
di  provincia  e  nei comuni non rurali ad elevata densita' abitativa
(oltre  10  mila abitanti), per cui sono previsti parametri minimi di
verde urbano per abitante dal D.M. 2 aprile 1968 (Limiti inderogabili
di densita' edilizia ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967,
n.   765)   risulta   nella   maggior   parte  dei  casi,  del  tutto
insoddisfacente.
Ancora  meno  rispettati,  in  generale, sono i vincoli imposti dalle
leggi  regionali.  In  Lombardia, ad esempio, dove la legge 15 aprile
1975,  n.  51  fissa  un limite inferiore di 15 mq/abitante di parchi
pubblici  e  verde (a fronte dei 9 imposti dalla legge nazionale), si
ritiene  che  il verde urbano complessivo nei capoluoghi di provincia
non  superi  i  5,5  mq/abitante,  corrispondenti  a  circa 10.000 ha
globali, con un "deficit" rispetto allo standard di 17.000 circa.
Le azioni per il verde urbano
250.  Il  piano prevede di conseguenza, di promuovere la creazione di
parchi  a presenza boschiva e di boschi, nelle zone indicate dal D.M.
di   cui   sopra,   favorendo   il   miglioramento   dell'estetica  e
dell'ambiente di vita urbano e le possibilita' di ricreazione a brevi
distanze   dai  luoghi  di  abitazione  e  di  lavoro.  Lo  strumento
individuato e' quello del confinanziamento con le Regioni ed i Comuni
interessati,   con  una  possibile  forma  di  intervento  creditizio
attraverso la Cassa Depositi e Prestiti.
                         Ipotesi finanziarie
La spesa nel quinquennio
251. La legge 752 destina alle azioni del Piano Forestale la somma di
lire  100 miliardi per ciascuno dei cinque esercizi dal 1986 al 1990.
La  stessa  legge  assegna  al  settore  forestale, per interventi di
carattere specifico di competenze ministeriale, una somma annualmente
determinata   dal   CIPE   a   valere   sulle  disponibilita'  recate
dall'articolo 4.
Tale  articolo,  al  comma 3), lettera e), cosi' classifica le azioni
finanziabili:
"interventi   nel   settore  delle  foreste  e  delle  aree  protette
attribuiti  alla  competenza  del  Ministero dell'Agricoltura e delle
Foreste;  prevenzione  e lotta contro gli incendi boschivi attraverso
mezzi e servizi aerei".
Nelle  sue  due  prime  deliberazioni,  il  CIPE  ha  destinato  agli
interventi  sopra  indicati  55  e  45  miliardi, rispettivamente per
l'esercizio  1986 e per l'esercizio 1987. Lo stanziamento complessivo
di 500 miliardi e' dunque al netto delle somme a valere sull'articolo
4,  come  delle  somme  impiegate  dalle  Regioni  all'interno  delle
attribuzioni annuali stabilite dall'articolo 3.
252.  Lo  stanziamento  di 500 miliardi dev'essere inoltre rapportato
all'arco  temporale di effettiva operativita' del Piano in termini di
flussi di spesa.
Se si considera che l'entrata in vigore della legge e' intervenuta in
prossimita'  della  fine del primo esercizio finanziario; se si tiene
conto  dei tempi connessi alla elaborazione ed approvazione del Piano
e  di quelli ulteriormente richiesti dalle determinazioni applicative
a partire dalla delibera CIPE, si deve concludere realisticamente che
il  piano  avra'  una piena operativita', anche di spesa, limitata al
triennio 1988-1990.
253. Questo dato puo' sembrare non in linea con una regola di formale
coerenza  sistematica.  Non altera tuttavia la sostanza del piano, in
una logica di programmazione necessariamente scorrevole.
In   termini   di   disponibilita'   finanziaria   ne   risulta   una
concentrazione della somma di 500 miliardi su tre esercizi. Almeno in
senso   relativo,   si  ha  una  parziale  attenuazione  del  vincolo
costituito  da  una  certa limitatezza dei mezzi finanziari stanziati
dalla legge.
Una  volta  avviate  le  azioni del Piano si potra' meglio verificare
l'adeguatezza  delle  risorse disponibili ed integrarle, ove occorra,
come  previsto,  con  norma  di valore programmatico, dall'articolo 1
della legge 752.
254.  Si pone il problema della ripartizione dei fondi tra le diverse
azioni delineate nei paragrafi precedenti.
Il  carattere  di "schema", proprio del presente documento, consiglia
di presentare ipotesi e di non formulare una proposta chiusa. Dopo le
consultazioni e i passaggi procedurali previsti dall'articolo 2 della