Politica forestale e programmazione 1. La ripresa della programmazione, come sistema coordinato di scelte amministrative e come regola di spesa in un arco di medio periodo, ha rappresentato l'elemento saliente della politica recentemente seguita dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste. Si sono avuti dapprima il programma quadro del Piano Agricolo Nazionale (agosto 1985), quindi la legge 752 (Legge Pluriennale per l'attuazione di interventi programmati in agricoltura: novembre 1986). Quest'ultima rappresenta non solo la maggiore e piu' significativa ricaduta del Piano in materia di allocazione e ordinamento della spesa, ma anche e soprattutto l'atto che conferisce sanzione legislativa agli obiettivi e alle procedure della programmazione in agricoltura. 2. La legge 752 estende direttamente al settore forestale i principi e la disciplina applicativa dettati per il settore propriamente agricolo (articolo 1); prevede espressamente l'adozione del Piano Forestale Nazionale (articolo 2); destina 500 miliardi al finanziamento delle azioni del Piano (articolo 6); prescrive, sia per l'approvazione del Piano sia per le decisioni di spesa, la stessa procedura CIPE stabilita per le determinazioni programmatorie e per gli interventi di spesa concernenti il settore agricolo. La legge 752 rappresenta percio', in qualche modo, un elemento unificante e un quadro di accordo tra politica agricola e politica forestale. Quest'ultima si potra' giovare, ai fini di una piu' rapida operativita', della preesistenza della legge di spesa. 3. Sotto il profilo di una ordinata ed efficace programmazione nel settore forestale, si riafferma il convincimento che rappresenti un progresso sulla situazione precedente (legge 984 del 1977, la cosidetta legge Quadrifoglio, e Piano Agricolo Nazionale approvato dal CIPAA nel dicembre 1979) l'aver tenuto distinto il Piano Agricolo Nazionale dal Piano Forestale Nazionale. Mantenendo validita' le osservazioni contenute nel paragrafo 21, dal Piano Agricolo Nazionale: "Alla base di questa scelta sta la considerazione che il settore forestale ha una specifica rilevanza autonoma e sue proprie peculiarieta'. La sua inclusione in un piano agricolo comporterebbe di fatto una qualche marginalita' per un settore che non puo' essere considerato ne' comparto di quello agricolo ne' una sua appendice residuale. Il settore forestale merita un suo Piano, che tenga conto del carattere marcatamente interdisciplinare delle azioni destinate a coprire l'ampio ventaglio che va dagli aspetti ecologici a quelli della forestazione produttiva, a quelli della forestazione industriale". 4. Il presente documento, rispetta, nella successione delle sue parti, una sequenza che puo' considerarsi consueta a testi consimili. Precede una parte cognitiva della situazione forestale e a livello mondiale e a livello nazionale. Naturalmente l'analisi e' condotta tenendo conto del carattere multifunzionale dell'ecosistema forestale. Segue l'individuazione degli obiettivi, di quelli generali e di quelli specifici, essendo questi secondi oggetto piu' diretto delle indicazioni operative. Segue infine la parte dedicata alle azioni, con le relative indicazioni di carattere finanziario. Si tratta della parte piu' significativa e rilevante su cui si misurera' la reale portata del Piano Forestale Nazionale. 5. Il quadro attuale in cui si inserisce il Piano e' pero' anche assai denso di importanti elementi ereditati dal passato, piu' o meno lontano, dell'intervento pubblico sulle foreste. 6. La politica forestale italiana si e' sviluppata, nel corso dei decenni, secondo linee evolutive molteplici. Mentre le foreste come "bene naturale" hanno ricevuto da tempo una attenzione legislativa specifica che ha conferito ad esse evidenti caratteri di patrimonio collettivo e quindi di "proprieta' speciale", per le foreste come settore dell'economia ha sempre stentato ad emergere un riconoscimento specifico. La quasi completa "sovrapposizione" che si evidenzia tra i pricipali fattori produttivi dell'agricoltura e delle foreste e' stata, al riguardo, determinante. Il diverso grado di identita' riconosciuto nell'intervento pubblico ai vari aspetti delle foreste le ha condotte ad essere contemporaneamete oggetto, sia come parte principale che accessoria, di politica del territorio, di politica dell'ambiente, di politica agricola, di politica sociale e, in parte, di politica industriale. 7. Di ancor grande rilevanza attuale, e' il nucleo originario della politica forestale italiana, costituito dai vari provvedimenti legislativi degli anni '20 e '30, tra i quali spicca la "legge forestale" del 1923 (r.d.l. n. 3267). All'epoca piuttosto avanzata nel panorama internazionale, essa risente ora dell'aver risposta ad una situazione ormai superata di espansione delle attivita' umane in montagna e collina, in cui si facevano forti i pericoli di erosione delle risorse forestali. Di essa rimane percio' vitale soprattutto il forte contenuto protettivo, espresso dalla generalizzazione del vincolo idrogeologico tuttora in vigore; ma sono tuttavia operanti le norme di pianificazione, le Aziende speciali e i Consorzi forestali ed altro ancora. 8. Vitali rimangono per le foreste alcune delle numerose e complesse linee di intervento sui problemi della montagna che, originatesi con la "legge per la montagna" del 195 (n. 991), hanno dato luogo tra l'altro, con le "nuove norme per lo sviluppo della montagna" (legge n. 1102/71), alla costituzione del le Comunita' Montane oggi delegate in varie Regioni ad operare l'intervento forestale. 9. Mentre e' ancora attuale la "diversita'" di alcune regioni meridionali sotto il profilo forestale, che puo' essere ricondotta allo sviluppo dell'intervento per il Mezzogiorno negli anni '50, l'elemento che caratterizza in modo piu' marcato il quadro attuale della politica forestale e' tuttavia l'avvenuta realizzazione dell'ordinamento regionale, che, in un difficile processo protrattosi per buona parte degli anni '70, ha portato al trasferimento alle regioni delle competenze in materia forestale. 10. Oggi il quadro dell'intervento regionale e' piuttosto composito. Abbondante e' stata la produzione legislativa riguardante in vario modo le foreste, seppure con forti asimmetrie tra Regioni. Varie differenze emergono nelle linee di politica forestale impostate, che non sempre hanno riferimento in programmi coordinati e pluriennali. Le Regioni si sono dotate inoltre di organismi forestali interni assai diversi, inquadrandovi in modo diverso anche i preesistenti ispettorati Regionali, Ripartimentali e distrettuali. Alcune Regioni hanno istituito Aziende regionali delle foreste, altri appositi uffici all'interno di assessorati. La maggior parte delle Regioni ha utilizzato sul piano operativo lo strumento della delega nei confronti delle Provincie, delle Comunita' Montane, dei comuni anche consorziati. 11. Da un quadro cosi' complesso, dinamcio e multidimensionale della politica nazionale, regionale e comunitaria, emerge evidente la necessita' di un comune riferimento programmatorio della politica forestale nazionale che ne tracci le finalita' e le linee guida. 12. Cio' puo' prendere avvio oggi dalla nuova, piu' certa e completa conoscenza delle risorse forestali italiane derivante dall'Inventario Forestale Nazionale. Sulla base giuridica fornita dalla legge "Quadrifoglio", le rivelazioni dell'Inventario sono state condotte tra la fine del 1983 e l'inizio del 1985 con la partecipazione di 550 persone tra Ispettori, Sottufficiali, guardie forestali e tecnici. L'operazione di rilevazione e' risultata, per la metodologia adottata di campionamento sistematico in unica fase, poco costosa non superando la spesa di 3,5 miliardi al netto delle spese per il personale. 13. Il momento in cui si colloca lo sviluppo della programmazione forestale attraverso il Piano, e' certamente un momento dinamico. L'esaurirsi della "Quadrifoglio", del Regolamento CEE n. 269/79 sull'azione forestale nelle regioni mediterranee e la mutata configuarazione degli Organismi per l'intervento nel Mezzogiorno, che tuttavia non dovrebbe spezzare la continuita' operativa del Progetto Speciale n. 24 per la forestazione produttiva, trova immediato seguito nello sviluppo dei "Programmi Integrati Mediterranei", del Regolamento CEE n. 797/85 sull'agricoltura di montagna e le misure forestali per le aziende agricole; trova inoltre una continua vivacita' di iniziative legislative regionali. 14. La formulazione del Piano Forestale Nazionale dovrebbe segnare e guidare una decisa svolta verso una ricomposizione di un unico e coerente quadro di riferimento per le linee di intervento sul sistema forestale italiano. La scelta di uno strumento completo di programmazione settoriale specifica, quale e' il Piano, dovrebbe permettere di valorizzare i molteplici ruoli delle foreste come loro elmento di identita' senza rischi di subordinazione e marginalita' rispetto ad altre politiche che in tale identita' sono impliciti. Con il Piano Forestale Nazionale dovrebbero inoltre ricomporsi quelle linee di coordinamento ed indirizzo che competono all'Amministrazione centrale, in un quadro istituzionale che vede le Regioni protagoniste dell'azione di politica forestale. 15. La razionalita' della scelta gia' ricordata, di una distinzione tra programmazione forestale e programmazione agricola, e' confermata dalle profonde differenze tecniche ed economiche che intercorrono tra attivita' agricole e forestali. All'elevata specificita delle tecniche selvicolturali, si associano infatti per le foreste orizzonti temporali lunghi o lunghissimi e mercati dei prodotti che sono in prevalenza non alimentari. Tuttavia, la distinzione tra le due politiche non puo' implicare in alcun modo la rinuncia ad un loro coordinamento. La comunanza dei fattori di produzione dei due settori e' infatti solo un aspetto dei loro forti legami, che si esplicano al massimo grado nei problemi della montagna e delle aree interne del paese. Nuovi legami si originano, inoltre dall'evoluzione della Politica Agricola Comune e dell'avvio di una azione comunitaria nel settore forestale. Politica forestale e politica agricola vanno percio' condotte con strumenti programmatori distinti ma l'una alla luce dell'altra. 16. Questo testo ha carattere di schema, sul quale si esercitera' la riflessione e il giudizio di una molteplicita' di soggetti interessati. Rilevanza tutta speciale acquisita naturalmente il parere che sara' espresso dalle Regioni, anche alla luce delle procedure stabilite dalla legge 752, in quanto soggetti istituzionali pubblici con competenza primaria nella materia. Nella sua versione finale il documento sara' sottoposto al Ministro dell'Agricoltura al CIPE, a cui compete da un lato l'approvazione del Piano e dall'altro l'adozione delle determinazioni di spesa previste dall'articolo 6 della legge 752. IL QUADRO INTERNAZIONALE 17. Rilevanti mutamenti investono, nel mondo, le foreste, il loro ruolo, le attivita' che intorno ad esse si sviluppano. Storicamente perdenti nei conflitti per l'occupazione degli spazi territoriali, incontrano oggi traiettorie "secolari" piu' favorevoli ad una piu' forte comprensione della loro importanza come strumento equilibratore del sistema globale di utilizzo della natura. E' un processo per vari aspetti graduale, per altri rapido e comunque ricco di contraddizioni. Permangono conflitti e nuove minacce, alle quali si affiancano tuttavia fattori propulsivi nuovi, come l'evoluzione nell'utilizzo delle risorse da parte delle attivita' agricola. Ne emerge un quadro che, su scala globale, vede crescere, pur con accentuazioni diverse realta economiche e ambientali, le preoccupazioni e gli interventi di rafforzamento dei sistemi forestali. La foresta come ecosistema multifunzionale 18. Allo stato attuale, gran parte degli ecosistemi forestali mondiali si presentano come fortemente plasmati dall'uomo. L'"interferenza", oltre che attraverso la deforestazione e la creazione di vaste foreste artificiali, si esplica sulle foreste esistenti attraverso le pratiche selvicolturali, l'esercizio del pascolo, il "carico" determinato delle varie modalita' di presenza. 19. Si determinano generalmente con cio' "semplificazioni" e situazioni di incompletezza dell'ecosistema foresta caratterizzato, invece, allo stato naturale, da straordinaria complessita' e ricchezza di interazioni tra fattori fisici - terra, clima - e fattori biologici - vegetali, animali, microorganismi - oltreche' da capacita' di autosostentamento. L'interazine tra gli alberi, al cui livello di realizza la piu' intensa attivita' di sintesi clorofilliana, e varie forme di vegetali ed animali del suolo forestale, che producono humus e sostanze nutritive, contribuisce alla creazione e alla vitalita' del terreno e a regolare la circolazione dell'aria e dell'acqua. Altre componenti vegetali ed animali, seppure non essenziali all'autoperpetuazione del ciclo, lo rendono piu' complesso e ricco. 20. L'adozione umana di modellamento risponde generalmente e storicamente alle scelte sulla importanza relativa attribuita alle numerose funzioni del bosco, che associa "in natura" in modo indistinto la produzione di legno a quella di prodotti non legnosi e alla capacita' di protezione del suolo, di regimazione delle acque, di produzione di ossigeno, di protezione delle specie animali e vegetali. Qualunque sia la finalita' prevalente, l'intervento umano puo' tuttavia, se condotto razionalmente, preservare gran parte dei tratti ecosistemici, non intaccando ne' le riserve di fertilita', ne' il potere di regimazione idrica ne' la capacita' di produzione di ossigeno, quindi mantenendo un elevato grado di multifunzionalita'. Assai piu' problematica e' invece la ricostruzione da parte dell'uomo di ecosistemi forestali su terreni da tempo disboscati o investiti ex novo a foresta. I tempi necessari possono essere secolari e la tendenza dei rimboschimenti a divenire "foresta complessa" e multifunzionale risulta comunque subordinata alle finalita' per cui vengono realizzati. 21. Molto della difficile interazione tra attivita' umane e foresta si focalizza quindi nei modi dell'intervento e nelle scelte umane sull'importanza delle diverse funzioni dell'ecosistema foresta. Cio' da luogo a sinergie e conflitti, squilibri e processi di riequilibrio che seguono nel mondo una evoluzione continua e problematica. Le tensioni sulle risorse forestali 22. L'estensione complessiva delle foreste mondiali e' stabile da alcuni decenni intorno a 40 milioni di chilometri quadrati. Tuttavia, la forte dinamica demografica ha fatto si che l'attuale superficie forestale pro capite, poco meno di un ettaro a livello mondiale, sia circa la meta' di quella di cinquant'anni fa. Stime FAO prevedono che, pure in presenza di un rallentato tasso di incremento della popolazione, la superficie pro capite si riduca a solo mezzo ettaro alla fine del secolo. Emerge inoltre, da almeno un trentennio, una netta divaricazione delle risorse forestali nelle diverse aree geografiche, a riprova di uno stretto collegamento fra tali processi e le fasi dello sviluppo economico. 23. Le foreste tropicali, soggette nei secoli ad una erosione relativamente ridotta, stimata intorno al 12% circa della superficie originaria, sono state invece investite nel dopoguerra da imponenti fenomeni di deforestazione. La coscienza di questo gravissimo problema e' maturata in tempi relativamente recenti. Lo testimoniano anche le incertezza di valutazione sull'entita' del fenomeno. Le stime variano tra 80.000 e 150.000 chilometri quadrati l'anno di superfici deforestate. I piu' colpiti sono i paesi in via di sviluppo dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina. La copertura forestale e' passata, ad esempio, da 115 a 71 milioni di ettari in America Centrale, da 901 a 690 milioni di ettari in Africa. I tassi di deforestazione sono stati nelle aree tropicali da 10 a 20 volte superiore a quelli di riforestazione. Le previsioni per la fine del secolo, sulla base delle attuali tendenze, vanno da una riduzione totale netta delle superfici del 12% ad una del 40. In quest'ultimo caso le conseguenze sarebbero di totale sconvolgimento dell'ambiente su scala planetaria. Anche nelle ipotesi meno pessimistiche, i danni ambientali sono fin d'ora pesanti e riguardano l'erosione dei suoli, la desertificazione, gli effetti negativi sulla agricoltura, la perdita definitiva di specie vegetali ed animali, le modificazioni del clima. Si accentua in altri termini la tipica instabilita' ecologica delle aree tropicali. La foresta e' in esse, d'altro canto, un ecosistema ricchissimo e indispensabile ma estremamente fragile e quasi mai ricostruibile. 24. Nel determinare i fenomeni di deforestazione, si associano l'uso massiccio del legno come fonte di energia, il pascolo nomade, ed un ancora elevato tasso di insediamento agricolo. Si stima che nell'ultimo decennio circa 10-12 milioni di ettari di foreste tropicali abbiano fatto posto ogni anno a coltivazioni agricole, spesso su terreni totalmente inadatti ed estremamente impoveriti. Lo sfruttamento industriale e commerciale del legno ha assunto d'altro canto un importante ruolo per lo sviluppo economico dei paesi tropicali, contribuendo tuttavia ad intaccarne in vari casi le risorse forestali. Dagli anni '60 ad oggi i prelevamenti annui di legname tropicale per solo uso industriale sono aumentati del 100%. 25. Nettamente diversa e' stata l'evoluzione dei fenomeni nelle Zone temperate. Dopo intensi processi di insediamento agricolo e urbano e di sfruttamento industriale, che avevano condotto ad una riduzione di un terzo delle foreste originarie, nei paesi della fascia temperata si e' avuta una netta interruzione dei processi di erosione. Le superfici forestali dei paesi OCSE in complesso sono aumentate nell'ultimo trentennio di circa il 15%, seppure con differenze notevoli nei vari paesi dell'area. Anche le masse legnose sono cresciute notevolmente nel dopoguerra nella maggior parte dei paesi sviluppati, con accrescimenti medi unitari via via piu' consistenti. La facilita' di accesso alle risorse tropicali ha condotto d'altro canto, nell'ultimo trentennio, ad un aumento di circa 16 volte del consumo di legno tropicale nei paesi industriali: questi ultimi hanno contribuito anche per questa via alla stabilita' di talune delle proprie risorse interne. Le prospettive, pur nel quadro di questa generale stabilita' sono per un leggero decremento delle aree forestali americane e per una continua, anche se graduale, espansione delle foreste europee. 26. I prelevamenti annui di legnami da lavoro e da ardere sono cresciuti nei paesi industriali dell'11% soltanto, dagli anni '60 ad oggi, contro aumenti del 50% nei paesi in via di sviluppo. Nell'Europa in complesso i prelevamenti sono cresciuti di circa il 16% negli ultimi trent'anni per la quasi totalita' nei Paesi Nordici, nell'Europa Centrale e in quella dell'Est. La CEE ha evidenziato una sostanziale invarianza nei volumi di legname estratti. Nonostante l'elevato tasso di sfruttamento delle risorse complessive europee, pari ogni anno al 2,2% dello stock, quest'ultimo continua ad arricchirsi a causa di accrescimenti mediamente piu' elevati dei prelievi. 27. A queste dinamiche quantitativamente soddisfacenti fanno riscontro, per il continente europeo, minacce senza precedenti allo stadio di salute delle foreste. Una combinazione letale di agenti inquinanti, stress naturali, fattori antropici e climatici avversi determinano estesi fenomeni di moria del bosco. Circa 6,9 milioni di ettari di foresta ne sono investiti, in vario grado una decina di paesi, tra i quali Germania Federale, Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Jugoslavia, Svizzera. La prevalenza e' di danni lievi. Tuttavia con estrema rapidita', in pochissimi anni, le foreste tedesche ne sono state investite per il 50%, quelle svizzere per il 34, quelle cecoslovacche per il 16, quelle austriache per il 10. Il fenomeno tocca in varia misura tutti i paesi europei, Italia inclusa, oltreche' il Nord America ed il Giappone. 28. I fattori di inquinamento atmosferico, che danno luogo al fenomeno delle piogge acide, appaiono tra i principali responsabili. Essi si innestano tuttavia in un quadro poco confortante di foreste dallo stato di salute gia' in parte degradato. Tra i fattori predisponenti si segnalano: scelte non sempre felici nei rimboschimenti, invecchiamenti ed infoltimenti, scarse cure colturali. Tali fattori preesistevano a dimostrazione del fatto che le modalita' di ricostituzione delle risorse forestali europee, in termini di superfici e di masse, non sempre sono state ottimali. 29. Le regioni mediterranee, e tra queste l'Italia, hanno visto negli anni '70 aumentare il numero e l'estensione degli incendi boschivi. Recenti stime FAO indicano in 3,5 milioni di ettari le superfici colpite in nove paesi del bacino del Mediterraneo dal 1978 al 1983. Le cause umane rappresentano il 97% di quelle conosciute. 30. Anche nei paesi dell'area industriale e sviluppata, le foreste sono quindi sottoposte ad una pressione umana conflittuale, che non si esercita attraverso la deforestazione per l'insediamento agricolo o per l'intenso sfruttamento del legno, ma piuttosto attraverso fenomeni di degrado complessivo dell'ambiente naturale e dei comportamenti umani, ed in vari casi, attraverso l'abbandono colturale delle risorse forestali. I mutamenti dei mercati del legno 31. I mercati mondiali dei prodotti legnosi sono da tempo soggetti a processi di mutamento strutturale. 32. La distribuzione dei consumi mondiali di legno industriale grezzo e dei principali semilavorati a bassa trasformazione presenta forti asimmetrie rispetto alla dotazione di risorse forestali. I paesi "sviluppati", seconda la definizione FAO, possiedono meno della meta' dello stock mondiale di legno in foresta, ma trasformano e consumano l'80% dei segati, l'86 dei pannelli, l'88 della carta e cartone, il 93 delle paste di legno. Vi e' tuttavia all'interno dei paesi sviluppati una concentrazione della produzione di legno ad uso industriale - per oltre il 50% Stati Uniti, Canada e Unione Sovietica - molto piu' forte dei consumi. 33. Ne derivano scambi commerciali consistenti, pari, in equivalente di tondo, ad oltre il 30% del legname industriale estratto, per un valore compreso negli ultimi anni tra i 50 e i 60 miliardi di dollari, inferiore quindi tra i prodotti di base solo a quello dei prodotti petroliferi ed agro-alimentari. Pur nell'estrema complessita' del mercato mondiale, le direzioni di scambio dominanti procedono dai paesi in via di sviluppo ai paesi sviluppati, e per una quota molto elevata degli scambi mondiali totali, oltre l'80% in quantita', tra gli stessi paesi sviluppati. Alcuni di questi sono infatti grandi produttori ed esportatori, come Stati Uniti, Canada, URSS, mentre il Giappone e vari paesi della Comunita', in particolare Gran Bretagna, Italia e Francia, costituiscono le aree deficitarie di maggior assorbimento netto di materie prime legnose. I paesi europei, esclusa la Scandinavia, presentano un deficit legnoso in quantita' di oltre 120 milioni di metri cubi in equivalente di tondo, confrontabile con scambi mondiali di quasi 500 milioni di metri cubi. Sono in grado di attivare da soli oltre il 40% del commercio mondiale di legno grezzo, semilavorati e carta, ed il 30% anche escludendo il commercio interno all'area. 34. Il commercio mondiale ha manifestato e vede rafforzata una chiara tendenza a mutare di composizione verso i prodotti piu' trasformati. Il volume complessivo degli scambi e' aumentato nello scorso decennio molto piu' dei consumi, circa il 36% rispetto al 18, ma con una riduzione degli scambi di legno grezzo in rapporto alla produzione. Sono contemporaneamente aumentate rispetto a quanto prodotto le quantita' commerciate a livello internazionale di segati, pannelli, paste per carta, carta e cartone. Gli aumenti degli scambi sono stati ad esempio del 62% per i pannelli in soli dieci anni. 35. Tali tendenze, generalizzate a tutti i flussi di commercio tra le varie aree, sono molto evidenti negli scambi con i paesi tropicali. L'Europa escludendo l'Unione Sovietica, ha accresciuto di circa il 37% negli anni 70 le proprie importazioni di legno tropicale. Tuttavia, mentre l'import di tronchi e' diminuito del 9%, quello dei segati e' raddoppiato e quello di pannelli e' aumentato del 150%. 36. Si sono progressivamente accentuate nel tempo le tendenze dei paesi esportatori netti alla valorizzazione industriale delle risorse interne. La generale propensione a sviluppare in loco la trasformazione e' molto evidente per le prime lavorazioni, ma tende ad interessare anche le produzioni finali. Il processo puo' risultare agevole nel settore cartario, meno agevole, ma con tentativi gia' in atto, per i prodotti finiti del legno-mobilio. E' inoltre una tendenza che non riguarda solo i paesi piu' dotati di risorse "originarie", ma anche quelli che hanno da tempo intrapreso programmi di riforestazione. Lo provano l'espansione dell'offerta sui mercati cartari di prodotti brasiliani derivanti per lo piu' dai corposi rimboschimenti di eucalitto, e la crescita del grado di autosufficienza e della capacita' di esportazione della Spagna e del Portogallo, sostenuta da un ampliamento delle risorse interne intrapreso nel dopoguerra. 37. In questo quadro evolutivo si accentuano nel commercio mondiale le posizioni di forza relativa dei paesi ricchi di risorse e di debolezza dell'area comunitaria e del Giappone, forti consumatori ma dalle risorse forestali in molti casi ridotte e soprattutto scarsamente sfruttabili. Nello scorso decennio, l'export netto di prodotti forestali in tondo equivalente del Nord America e' aumentato del 50% e quello dei paesi scandinavi del 9. L'Europa comunitaria e centrale ha aumentato invece la sua dipendenza netta del 8,7% ed il Giappone del 36% nello stesso periodo. La Comunita' a nove in particolare ha cosi' sperimentato negli anni '70 una diminuzione del grado di autoapprovvigionamento per tutte le materie prime legnose, piu' accentuata in quei paesi, come l'Italia, dove la domanda industriale e di consumo finale e' aumentata maggiormente. 38. Certamente in discussione appare la capacita' delle aree deficitarie di mantenere l'offerta proveniente dalle lavorazioni interne in linea con il continuo, seppur graduale, aumento dei consumi interni fino alla fine del secolo, su cui concordano gli studi previsionali a medio e lungo periodo condotti dagli organismi della FAO. Le possibilita' di tensioni sulla capacita' di approvvigionamento esterno appaiono in generale ridotte. Le analisi previsionali evidenziano infatti un quadro tranquillizzante delle future disponibilita' complessive di materie prime su scala globale. Le possibilita' di tensione appaiono circoscritte ai paesi in via di sviluppo. La stretta connessione tra crescita economica e consumi di legno fa prevedere, infatti, per essi uno scenario di crescenti fabbisogni interni a cui si associa una ulteriore crescita prevista per i consumi di legna da ardere. 39. Per il futuro, la risposta dei paesi deficitari alla crescente pressione concorrenziale sui settori di trasformazione del legno che in Europa sono gia' stati soggetti ad ampi processi di ristrutturazione, concentrazione ed ammodernamento delle capacita' produttive - si e' avviata lungo la strada dell'ottimizzazione degli imput e dell'innovazione degli output: specializzazione e diversificazione dei prodotti intermedi e finali, risparmio e sostituzione di materiali attraverso processi innovativi, sviluppo del recupero dei materiali legnosi, e infine, ma in modo certamente agevole, sviluppo delle risorse forestali interne. Le politiche delle risorse forestali nel mondo 40. I problemi di erosione delle risorse, il mutamento del commercio mondiale, la crescita intensa e generalizzata della domanda di conservazione ambientale, le dinamiche dell'agricoltura, conducono nel mondo ad una attenzione senza precedenti nei confronti delle foreste. 41. Rispetto ad un passato recente, dove il peso delle foreste nella determinazione delle azioni e dei finanziamenti e' stato basso rispetto ad altri settori, le principali Organizzazioni di cooperazione internazionale, come FAO e Banca Mondiale, operano in modo piu' intenso intorno ai problemi della deforestazione tropicale. L'avvio di piu' corrette ed efficaci linee di cooperazione con i paesi in via di sviluppo sui problemi forestali, e' nelle preoccupazioni dei governi occidentali e della Comunita', sotto la doppia esigenza di salvaguardare risorse di rilevanza economica ed ecologica mondiale e di veder rassicurati rapporti commerciali indispensabili ma soggetti ad un intrinseca instabilita' nelle dimensioni, nella composizione e nelle direzioni geografiche. 42. La moria del bosco nei paesi industrializzati contribuisce a porre in discussione, divenendone uno degli elementi di maggior stimolo, l'intera politica dell'ambiente nei suoi rapporti con lo sviluppo economico. Difficilmente curabile nei suoi effetti, richiede infatti una decisa rimozione delle cause, che risiedono per la maggior parte fuori della foresta. Il fenomeno e' recente ed in rapida evoluzione. Ancora in discussione ne sono le cause scientifiche. Si sviluppa l'azione di studio e monitoraggio in tutti i paesi, coordinata in ambito comunitario attraverso il recente Regolamento n. 3528/86, e si tenta inoltre di valutarne l'impatto sui mercati del legno e sulle attivita' economiche. Le linee di azione preventiva dei governi si stanno concentrando sul contenimento delle emissioni tossiche. Limitatissime sono tuttavia le possibilita' di previsione delle conseguenze e delle capacita' di soluzione sia a breve che a lungo termine. 43. Si accentuano contemporaneamente le azioni e le strategie di conservazione della natura a livello globale. Esse toccano in buona parte le foreste, come sede della maggiore e piu' diversificata varieta' di forme di vita e come regolatore universalmente riconosciuto della qualita' dell'ambiente. Oltre alle azioni generali, ha preso un poderoso impulso nel mondo la creazione di aree protette dalle caratteristiche diversissime e molteplici, sia sul piano funzionale che della loro componente forestale. La crescita in estensione delle aree protette a livello mondiale e' stata esponenziale, soprattutto nell'ultimo quindicennnio L'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura stima che le aree definibili a vario titolo "protette" coprano nel mondo circa 400 milioni di ettari, una estensione tripla rispetto a quella dei primi anni '70 e cresciuta soprattutto al di fuori dell'area OCSE. Nei paesi industriali tuttavia si potevano contare gia' nel 1980, 1.160 principali aree protette per una estensione di 114 milioni di ettari, pari al 2,8% della superficie totale dei paesi OCSE. Le aree dotate dello "status" di aree protette sono cresciute di quattro volte nel dopoguerra. Si ritiene che le aree boscate europee con accentuate funzioni conservative della natura, ammontino a 33 milioni di ettari, pari al 23% delle foreste "dense" totali. 44. Sono stati avviati nel mondo, da parte dei governi nazionali e con l'apporto delle organizzazioni internazionali, rilevanti processi di potenziamento ed estensione degli ecosistemi originari: spesso elevano il grado di "artificializzazione" dei sistemi forestali; ma assumono comunque valenze molteplici ed importanti sul piano economico ed ecologico. 45. Le esperienze di riforestazione sono diversissime e sono state avviate in tempi diversi e secondo diverse finalita' e programmi. Si stima che all'inizio degli anni 80 il ritmo delle riforestazioni nel mondo fosse di 14,5 milioni di ettari l'anno. Tutavia, se si esclude la Cina, la cui azione e' poderosa, i paesi in via di sviluppo tropicali in complesso riforestano a ritmi di 1,1 milioni di ettari l'anno, molto inferiori a quanto deforestato. Anche se non sempre da' luogo ad incrementi netti di superficie, intensa e' invece la riforestazione nei paesi industriali: 1,8 milioni di ettari l'anno negli Stati Uniti, 720.000 ettari in Canada, 240.000 ettari in Giappone. 46. Assai complessa e variegata e' l'azione di potenziamento forestale in Europa, dove la riforestazione trova quasi sempre spazio all'interno di piu' ampi programmi di difesa e valorizzazione delle foreste esistenti. Quasi sempre presente e' l'accento sulle funzioni multiple della foresta, anche se gli elevati fabbisogni di legno hanno condotto spesso a dare risalto agli aspetti produttivi. Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Spagna e Portogallo sono state tra le nazioni piu' attive nel dopoguerra. Dalla molteplicita' delle strumentazioni adottate e dei problemi incontrati, emergono evidenti le difficolta' di impostazione e di perseguimento delle politiche forestali in Europa, specie in quella mediterranea. 47. Le potenzialita' per sviluppare nel mondo una politica delle risorse forestali trovano un forte elemento di amplificazione nelle dinamiche storie dell'occupazione del territorio da parte dell'agricoltura. L'insediamento agricolo e' ancora molto elevato nei paesi in via di sviluppo, sospinto da una ancora forte dinamica demografica. Tuttavia nell'ultimo ventennio l'estensione delle terre agricole coltivate e' aumentata nel mondo del 5,7%, soltanto, mentre le principali produzioni agricole raddoppiavano come nel caso dei cereali, o quintuplicavano, come nel caso dei semi oleosi. 48. L'innovazione in agricoltura e' stata, ed e' un elemento dirompente per la combinazione dei fattori produttivi. I forti aumenti di produttivita' si sono sviluppati in parte come frutto della meccanizzazione ed in parte come frutto delle innovazioni "biologiche", e quindi con una diversa intensita' di risparmio del fattore terra. La linea che conduce attualmente verso un ulteriore e forte sviluppo della produttivita' biologica fa ritenere, per il futuro, che il fabbisogno di terra a parita' di risultati produttivi diminuira' ulteriormente, accentuando gli effetti determinati, soprattutto nelle aree sviluppate, dalla progressiva saturazione dei consumi. 49. La riallocazione della risorsa terra verso le foreste non appare solo una possibilita': puo' divenire una necessita' in quelle aree in cui al "risparmio" del fattore terra si associa un suo abbandono ed un distacco da essa della popolazione, fenomeno gia' molto accentuato nei paesi industriali. Lo sviluppo di risorse rinnovabili come le foreste, capaci di mantenere i legami tra attivita' umane e territorio, ricreando contemporaneamente equilibri ecologici in gran parte devastati, puo' evitare il paradossale spreco di risorse costituito dalle terre non utilizzate e in degrado, contribuendo inoltre ad attenuare il problema della disoccupazione. 50. La CEE e' investita in pieno dagli ampi mutamenti e problemi del sistema forestale mondiale. Ne e' anzi al centro come uno dei principali protagonisti. Gli indirizzi comunitari 51. Tra le grandi aree economiche la Comunita' a dodici e' quella con la piu' bassa superficie forestale per abitante, circa 0,2 ettari, ed i paesi comunitari sono i piu' colpiti dal fenomeno della moria del bosco. La CEE costituisce l'area maggiormente deficitaria per il legno, ed e' seconda solo al Giappone per la dipendenza dalle forniture dei paesi tropicali. Il deficit commerciale per il legno e i prodotti di prima lavorazione toccava nel 1984, secondo stime Gatt, i 18,8 miliardi di ECU, pari ad 1,5 volte quello giapponese. 52. Ad una situazione delle foreste e del legno decisamente critica fa riscontro una dimensione del settore agricolo ormai di grande rilievo mondiale, ma afflitta da crescenti problemi di offerta eccedentaria strutturalmente; e cio' nonostante la superficie agricola utilizzata si sia ridotta nell'ultimo quindicennio ad un ritmo dello 0,2% annuo, e la popolazione attiva in agricoltura si sia ridotta di circa il 60% dagli anni '60 ad oggi. 53. La possibilita' e l'opportunita' di un riequilibrio tra le attivita' che si sviluppano sulle risorse del territorio, sono di per se' evidenti. Si assiste in ambito comunitario ad una progressiva presa di coscienza in questa direzione. 54. Gli indirizzi di riforma della PAC che dovrebbero prevalere nel medio e lungo periodo, chiaramente individuati dal "Libro Verde" del 1985 e dalle azioni avviate prima e dopo di esso, vedono associata una graduale riduzione della produzione nei settori eccedentari, specialmente nelle grandi aree continentali, ed una diversificazione degli indirizzi colturali verso i prodotti con potenzialita' di mercato interno ed internazionale. Cio' tuttavia non sostituisce la necessita' di sostenere l'attivita' agricola dove essa e' indispensabile per l'assetto territoriale, il mantenimento degli equilibri sociali, la salvaguardia dell'ambiente. Lo stesso "Libro Verde" indica nelle attivita' forestali uno degli strumenti capaci di adattarsi alle priorita' indicate. 55. L'adozione di una specifica Politica Forestale Comune non e' mai riuscita a prevalere, nonostante i numerosi tentativi e proposte che risalgono ai primissimi anni di vita della Comunita'. Le ragioni sono varie e complesse. Tuttavia la Comunita' ha condotto in modo crescente negli ultimi anni una azione forestale "ombra" all'interno di altre politiche, e principalmente di quella agricola. 56. Azioni forestali sono state finanziate attraverso il FERS, FSE, e la BEI, ma soprattutto attraverso il FEOGA in applicazione a regolamenti relativi alla politica delle strutture. Tra il 1980 ed il 1984 gli stanziamenti cosi' allocati ad azioni forestali sono stati di circa 496 milioni di ECU, dei quali 274 mediante il FEOGA, in gran parte destinati alla azione forestale nelle regioni mediterranee della Francia e dell'Italia, in attuazione del Regolamento n. 269/1979. Altre iniziative sono state intraprese nel 1985, attraverso il Regolamento n. 797/1985 riguardante l'imboschimento delle aziende agrarie e l'avvio di azioni forestali nelle zone a svantaggio strutturale. I Programmi Integrati Mediterranei si inseriscono, sviluppandole, nelle linee del Regolamento n. 269/1979 "esaurito" nel 1984. 57. L'azione comunitaria tende inoltre a divenire piu' sensibile ai problemi di tutela delle foreste. Sotto la spinta del nuovo fenomeno delle piogge acide e di quello, non nuovo, degli incendi nelle regioni mediterranee, sono stati approvati nel novembre 1986 il Regolamento n. 3528, concernente azioni di inventariamento, monitoraggio e studio degli effetti dell'inquinamento atmosferico sulle foreste della Comunita', ed il Regolamento n. 3529 che prevede misure ed incentivi per la creazione di infrastrutture contro gli incendi. Entrambe le azioni, di durata quinquennale, si avvarranno di un Comitato per la protezione delle foreste e prevedono un impegno finanziario della Comunita' per 30 milioni di ECU in complesso. La cifra e' modesta. Molto e' lasciato agli interventi e alla finanza degli Stati membri. 58. I segni di una crescente propensione della comunita' per una azione forestale piu' ampia ed organica sono quindi evidenti, anche se mantengono un carattere oscillante e richiamano un ampio processo di verifica all'interno degli Stati membri e tra le organizzazioni economiche interessate. Da documenti come il Memorandum del febbraio 1986 sull'azione della Comunita' nel settore forestale, emerge comunque un disegno complessivo di azione diretta e di coordinamento delle politiche nazionali, che puo' essere intrapreso aggirando lo scoglio dell'adozione di una vera e propria Politica Forestale Comune. Il disegno ha caratteristiche indubbie di organicita', comprendendo obiettivi ed azioni di protezione, valorizzazione e sviluppo delle foreste. L'accento sulla riconversione a foresta di risorse produttive agricole e' esplicito; il processo appare facilitato, sul piano delle strutture, dall'elevata componente di aree boscate che appartiene alle aziende agrarie della Comunita'. 59. Quale ne sia l'effettiva portata operativa e temporale, questa ridefinizione congiunta della politica agricola e di quella forestale in ambito comunitario rafforza gli impulsi gia' presenti per un piu' adeguato sviluppo delle politiche forestali nazionali. Il quadro nazionale 60. La situazione del sistema forestale italiano si presenta oggi profondamente segnata da radicate e strutturali insufficienze. Esse attengono sia il livello sia i modi del suo sviluppo. La capacita' di risposta alle esigenze dell'economia e della vita sociale appare ancor piu' inadeguata, se misurata rispetto alla crescente dimensione e complessita' delle "domande" che tendono a rivolgersi verso il sistema. Tali "domande" investono l'intero arco delle funzioni produttive, protettive e ricreative proprie delle foreste. La loro intensita' e' nel nostro paese, per condizioni territoriali e d i raggiunto sviluppo economico, assai forte. 61. Il divario tra lo sviluppo stimato necessario e lo sviluppo effettivo del sistema forestale trova solo in parte giustificazione in fattori di ordine naturale, inerenti ai fattori climatici e alla difficile conformazione del territorio. Ne' si puo' ritenere che il concentrarsi di "domande" produttive, protettive e ricreative troppo diverse su di una risorsa non adeguatamente dimensionata, sia stato e sia il fattore determinante di freno allo sviluppo. Piuttosto cha da uno sfruttamento troppo intenso, molti dei problemi attuali derivano invece da un diminuito grado di "gestione" delle foreste. I fattori frenanti vanno percio' ricercati nella sfera delle dinamiche economiche e sociali indotte dalle tendenze di sviluppo del paese, e negli scarsi successi della politica forestale. 62. La fragilita' delle strutture settoriali, amplificata, sul piano delle motivazioni economiche, dai tempi lunghi o lunghissimi delle attivita' forestali, la frammentarieta' delle situazioni nelle diverse aree del paese, la dispersione dei soggetti interessat, hanno esposto il sistema forestale ad una progressiva compressione e all'incapacita' di avviare stabili processi di crescita spontanea. 63. L'esperienza piu' recente della politica forestale, pur nella crescente ricchezza di iniziative degli anni '70, e' stata segnata dal protrarsi di un processo di ridefinizione delle competenze pubbliche rivelatosi difficile e complesso. Inferiore a quanto avrebbe dovuto essere e' stato percio' l'apporto di linee organiche e finalizzate di sviluppo che compete alla politica forestale. Il superamento di quella fase e i livelli di chiarezza ormai raggiunti appaiono certamente positivi per le prospettive dell'intero sistema. Il settore forestale nella economia nazionale 64. Notevoli difficolta' si incontrano nel caratterizzare, sotto il profilo quantitativo, il rilievo del settore forestale nella economia italiana. A causa delle particolari caratteristiche delle attivita' forestali, appaiono a tal fine non del tutto significativi i fenomeni su cui esiste informazione statistica ufficiale e sistematica; incerta e' quindi l'immagine che da essi si puo' trarre. 65. dal punto di vista dei conti economici nazionali, il contributo della "selvicoltura" alla formazione del reddito appare decisamente marginale. Il valore aggiunto ai prezzi di mercato e' stato nel 1986 di 559 miliardi, a fronte dei 1645 miliardi della pesca e dei 36.265 miliardi dell'agricoltura. 66. Mancano rilevazioni periodiche ufficiali dell'occupazione nelle attivita' forestali, ma assai piu' numerosi risultano gli occupati definiti "forestali" nelle sole regioni dell'Italia meridionale. Le difficolta' di esatta classificazione, derivanti dall'eterogeneita' delle attivita', dalla varieta' dei soggetti che le svolgono e delle forme in cui erogano lavoro, rendono d'altro canto poco significativi i dati sull'occupazione. 67. Le foreste costituiscono in ogni caso un elemento patrimoniale, oltreche' fonte di reddito e costi, per un elevato e diversificato numero di soggetti economici ed istituzionali. Le proprieta' private sono stimabili in oltre 1.200.000, il numero delle proprieta' comunali e di altri enti pubblici a rilevanza locale, si aggira sulle 14.500. A queste vanno aggiunte le proprieta' statali e regionali. 68. Un ulteriore indicatore indiretto del rilievo economico delle foreste risiede nelle attivita' di trasformazione industriale ed artigianale del legno. Sebbene nella realta' italiana tali attivita', molto sviluppate, si rivolgano prevalentemente all'estero per l'acquisizione di materia prima legno, alcuni comparti dell'industria presentano legami molto stretti con l'offerta interna; su di essa sono sorti e ad essa e' condizionata la loro sopravvivenza produttiva. 69. Le foreste assumono, d'altro canto, una forte rilevanza come patrimonio collettivo, determinando benefici sull'assetto idrogeologico, sull'agricoltura, sulla salute pubblica, sulla valorizzazione ricreativa e turistica dei luoghi, anche privati. Sebbene siano quasi mai quantificabili e spesso senza mercato, tali servizi generano evidenti e rilevanti economie esterne. Assumono particolare importanza in un paese come l'Italia geologicamente instabile, densamente popolato, a forte presenza turistica, soggetto a rilevanti tensioni sulla qualita' dell'ambiente. La presenza di politiche pubbliche di incentivo alle attivita' forestali e di limitazioni d'uso dei boschi, riflette chiaramente l'esistenza di tali benefici e risulta da essi legittimata. L'inventario Forestale Nazionale e la situazione delle risorse 70. Da sempre soggetta a dubbi e rilevanti insufficienze, la conoscenza delle risorse forestali italiane ha trovato un nuovo e piu' ampio quadro di riferimento nel I Inventario Forestale Nazionale. La metodologia adottata, basata sul campionamento sistematico in unica fase al pari di quanto avviene in paesi di grande tradizione forestale come Austria, Finlandia e Svezia, unisce affidabilita' ed economicita'. La permanenza sul terreno della "rete" di rilevazione inventariale, costituita dalla suddivisione del territorio in maglie di 900 ettari ciascuna, consentira' revisioni e aggiornamenti all'Inventario, "infittimenti" nell'ambito degli inventari regionanli. Del resto ha gia' consentito la indagine sulle piogge acide. Si dispone ora quindi di uno strumento irrinunciabile di monitoraggio delle risorse e di programmazione del sistema forestale che contribuisce a colmare ritardi storici e a guidare le scelte del Piano Forestale Nazionale. 71. Il quadro conoscitivo emerso dall'Inventario presenta varie conferme ma anche rilevanti novita' circa le esatte caratteristiche quantitative e qualitative delle foreste italiane. La coscienza, parziale ma gia' diffusa, di disporre di una risorsa tutt'altro che esigua ma in condizioni insoddisfacenti, emerge notevolmente rafforzata e "certificata" delle indagini inventariali. 72. Rispetto ai 6,403 milioni di ettari di superficie forestale nazionale indicati dalle piu' recenti statistiche ufficiali, l'Inventario ha rilevato superfici a ceduo e fustaia per 6,436 milioni di ettari e, 2,240 milioni di ettari di "altre informazioni" che portano la superficie totale a 8,675 milioni di ettari. I criteri di rilevazioni adottati hanno permesso quindi di mettere in luce la presenza di vaste superfici, oltre 2 milioni di ettari, di formazioni forestali "minori" - arbusteti, macchia mediterranea, riparie ed altro - che pure sono ovunque parte integrante dei patrimoni forestali e come tali hanno, da tempo, un riconoscimento ufficiale nelle statistiche internazionali. 73. Le foreste ricoprono il 28,8 per cento del territorio italiano, una quota superiore a quella della CEE a dodici, pri al 25% circa, e molto piu' prossima al 29,1 per cento della Germania Federale che al 27,4 della Francia. In termini di superficie forestale pro-capite, 0,15 ettari, l'Italia risulta in linea con la media della Comunita' a dieci anche se non con quella della CEE a dodici (0,18 ettari pro-capite). I dati dell'Inventario mettono invece ancor piu' in evidenza le differenze della situazione italiana rispetto alle medie europee in termini di forme di governo e specie presenti. I cedui ricoprono 3,858 milioni di ettari, una superficie piu' estesa di quanto rilevato dalle statistiche precedenti, mentre la superficie a fustaia e' di soli 2,577 milioni di ettari. Le latifoglie dominano, conn l'80% della superficie, rispetto alla conifere, pari soltanto al 16 per cento del totale. 74. Consistente e' il volume della massa legnosa presente. La provvigione complessiva stimata dall'Inventario e' prossima al miliardo di metri cubi. Cio' avvicina l'Italia ai livelli della Germania, 1,062 miliardi di metri cubi, secondo le stime ECE/FAO che risultano nella CEE a dodici inferiori solo a quelli della Francia, 1,639 miliardi di metri cubi. Adeguata ricchezza di provvigione unitaria, 163 metri cubi per ettaro, presentano in media le fustaie, che dispongono di una massa legnosa complessiva di 419,61 milioni di metri cubi. Meno ricchi i boschi cedui con una massa complessiva di 337,86 milioni di metri cubi per una provvigione unitaria di 88 metri cubi ad ettaro. 75. La diminuzione dei ritmi di sfruttamento intervenuta nel periodo postbellico ha quindi determinato un notevole arricchimento dello "spessore" quantitativo delle foreste italiane. La situazione delle risorse appare tuttavia meno confortante in termini di localizzazione, struttura, produttiva e, soprattutto, stato delle cure colturali. 76. La prevalente localizzazione montana e collinare, oltre il 95% della superficie totale, differenzia notevolmente la situazione italiana da quella degli altri paesi della Comunita', dove molto estese sono le formazioni boschive di pianura. Rilevanti sono le conseguenze di ordine economico e funzionale. Emerge evidentissimo il ruolo protettivo dei suoli e di regolatore idrico svolto dalle foreste italiane; emergono inoltre le strette connessioni tra i problemi del sistema forestale e quelli dell'agricoltura e della zootecnica di montagna e di collina. Negative appaiono le conseguenze per la valorizzazione economica. Sebbene le indagini inventariali abbiano messo in luce uno stato complessivo di buona accessibilita' infrastrutturale, la quasi totalita' dei boschi e' posta su terreni con pendenze superiori al 20-25%, con notevole amplificazione rispetto ad altre realta' nazionali, dei costi connessi alle cure colturali e alle utilizzazioni boschive e con evidenti ostacoli ad una maggiore meccanizzazione. 77. La produttivita' legnosa delle foreste italiane risulta bassa. Dall'Inventario emergono accrescimenti correnti superiori in media ai 3 metri cubi/ettaro/anno, maggiori quindi delle precedenti stime di 2-2,5 metri cubi ad ettaro. L'Italia conserva tuttavia sotto questo profilo, una delle posizioni meno favorevoli nella CEE a dodici. Le foreste francesi e tedesche presentano produttivita' medie rispettivamente di 4,0 e 5,6 metri cubi/ettaro/anno. La stessa Gran Bretagna, tra i paesi meno dotati della CEE sotto il profilo delle risorse, presenta una produttivita' di 5,4 metri cubi/ettaro/anno. Altri paesi mediterranei come la Spagna ed il Portogallo superano i 4 metri cubi/ettaro/anno. La posizione relativa dell'Italia non muta anche guardando agli incrementi in termini percentuali, che sono valutati in circa il 3 per cento dello stock e che pure corrispondono ad una produzione annua di massa legnosa di tutto rilievo, circa 30 milioni di metri cubi. 78. Il dato sulla produttivita' complessiva appare condizionato dai caratteri strutturali e dalle condizioni di salute delle foreste italiane. Mentre le fustaie, in particolare quelle di conifere delle Alpi Orientali ed alcune formazioni di latifoglie, associano adeguate provvigioni legnose e buone condizioni vegetative, realizzando gran parte dell'incremennto legnoso complessivo, il resto delle foreste italiane (soprattutto i cedui) versa in condizioni non buone, soggetto ad invecchiamento, infoltimento eccessivo, attacchi parassitari. 79. La forte presenza delle forme di governo a ceduo, estese per il 44,5% della superficie totale e per il 60% se si escludono le "altre informazioni", costituisce un elemento di estremo rilievo per l'intero sistema forestale italiano. Rappresenta, sotto il profilo economico-sociale, l'espressione dei comportamenti nei confronti del bosco prevalsi in passato nelle aree rurali collinare e montane. Il ceduo associa infatti riproduzione naturale, turni brevi e bassi requisiti gestionali, alla produzione di assortimenti legnosi adatti alla combustione e a taluni impieghi agricoli, capaci quindi di contribuire in passato all'autonomia delle strutture agrarie montane e all'ottenimento di redditi integrativi. Benche' le possibilita' di rivalutazione economica dei cedui siano da tempo oggetto di attenzione alla luce dello sviluppo tecnologico delle industrie dei pannelli e delle paste per carta, l'evoluzione delle strutture agrarie e dei mercati dei prodotti legnosi ha reso questa forma di gestione estremamente povera. Si stima che solo un terzo dell'attuale superficie a ceduo sia sottoposta come tale a regolare utilizzazione. Alcune delle restanti superfici sono in via di conversione a fustaia, ma la gran parte dei boschi cedui versa in condizioni di abbandono piu' o meno pronunciato. 80. La diminuzione, e in taluni casi, la totale cessazione delle cure colturali, investe varie altre formazioni boschive e si puo' ritenere fenomeno generale. Vi e' stata nel tempo, insieme alla caduta delle utilizzazioni boschive, una diminuzione continua, per la media del sistema forestale, dei diradamenti, delle pulizie e di tutte quelle attivita' colturali che mantengono efficienti le risorse. Cio' comporta gravi conseguenze non solo per le potenzialita' produttive legnose e sui risultati economici corrispondenti, ma anche sullo stato vegetativo e la capacita' di assolvere le funzioni protettive, conservative e ricreative. 81. Alla perdita di valore economico e funzionale di gran parte del patrimonio si aggiunge una tendenza declinante delle attivita' di rimboschimento e di estensione "programmata" delle superfici forestali. I ritmi attuali di rimboschimento vengono indicati dalla statistica ufficiale in 5-10 mila ettari/anno, probabilmente inferiori alla realta' ma comunque meno dinamici di quelli degli ani '50 e '60. La precisa conoscenza quantitativa delle attivita' di rimboschimento e' inadeguata. Gli ettari complessivamente rimboschiti nel dopoguerra sono stimabili in oltre 800.000 dei quali almeno 150.000 nella sola Calabria. Tali dimensioni costituiscono comunque la sommatoria di valori tendenzialmente decrescenti, anche se le attivita' si sono vivacizzate negli ultimi anni con l'operare del Progetto Speciale n. 24 della ex-Cassa per il Mezzogiorno. Anche nel caso dei rimboschimenti tuttavia, le attivita' di cura colturale appaiono assai ridotte o assenti, con grave pregiudizio per i risultati. 82. Motivo strutturale di ulteriore preoccupazione per la salute delle risorse forestali italiane e' costituito dagli incendi. Ad un anno pessimo come il 1985, con oltre 76.000 ettari di bosco percorsi da incendi, ha fatto seguito nel 1986 un numero di incendi ancora elevato, ma con una superficie interessata di soli 26.600 ettari. Dal 1980 la superficie colpita e' stata comunque di quasi 400.000 ettari, per una massa legnosa distrutta o danneggiata che i dati ufficiali indicano in oltre 10 milioni di metri cubi. Sebbene difficili da valutare, specie per quanto attiene alla perdita dei servizi del bosco, le perdite monetarie sono valutabili intorno ai 200 miliardi l'anno. La gestione dei mezzi e delle attrezzature di repressione costa allo Stato e alle Regioni circa 100 miliardi l'anno. Il prevalere della cause "volontarie", "involontarie" e non "non classificabili", rispetto a quelle "naturali", indica come il fenomeno sia frutto di patologie comportamentali nei confronti del bosco, ma soprattutto della sua troppo bassa importanza economica e del crearsi in vari casi di una vera e propria "industria degli incendi". 83. L'Italia e' stata toccata finora in modo non drammatico dalle piogge acide. Tuttavia le indagini del MAF rivelano che il fenomeno e' in movimento e si e' passati in un anno da una percentuale del 5% di alberi danneggiati ad una del 7%. Molto forte e' la preoccupazione per il futuro. 84. La ricchezza ecologica e produttiva ormai raggiunta da varie formazioni forestali italiane non appare quindi sufficiente a riequilibrare lo stato di efficienza complessivo di un sistema di risorse con parti assai deboli, soggetto ad una tendeziale peggioramento sotto il profilo della gestione ed investito da abbandono e disattenzione. Riassuntivamente, emerge un quadro della realta attuale che conduce ad affermare che l'Italia non e' un paese povero di boschi, ma un paese ricco di boschi poveri. I problemi economici della proprieta' e le relazioni con l'agricoltura . La situazione attuale delle risorse e della loro gestione riflette un articolato isieme di fattori che si connette alla evoluzione strutturale e territoriale delle attivita' agricole, all'evoluzione dei mercati dei prodotti legnosi e alla caduta di redditivita' delle attivita' forestali. Questi processi si sono combinati nel loro svolgersi con ua accentuata precarieta' delle strutture economiche del sistema forestale, contribuedo ad un loro ulteriore, progressivo indebolimento. 86. L'estrema frammentazione della proprieta' privata, che occupa per il 66% della superficie totale e la cui estensione media e' stimata in 3 ettari circa, e' uno degli elementi strutturali di debolezza del sistema. Esso preclude il raggiungimento di economie di scala tecniche e gestionali rilevantissime per le foreste. I problemi di gestione appaiono accentuati dalla scarsa specializzazione silvicola delle aziende. I boschi sono collocati in gran parte all'interno delle aziende agricole, occupandone il 24% della superficie totale, un livello molto piu' elevato di qualunque altro paese della Comunita'. I dati del Censimento dell'agricoltura idicavano in quasi 843.000 le aziende agricole che comprendevano boschi. Frammentazione e scarsa specializzazione limitano le possibilita' di attribuire al bosco un ruolo economico specifico all'interno della proprieta', e favoriscono percio', la "non gestione" del patrimoio quando la sua efficienza richiede investimenti e costi che non trovano scarsi corrispettivi. 87. Sul piano dei grandi mutamenti dell'economia, il carattere prevalentemente agro-silvicolo delle aziende connette strettamente, oggi come in passato, le vicende delle foreste a quelle dell'agricoltura, seppure con modalita' assai diverse nelle aree montane ed in quelle di pianura. 88. La forte espansione delle attivita' agricole e zootecniche nei territori collinari e montani avvenuta fino alla seconda Guerra Modiale, ha determinato, da un lato, ingenti erosioni del patrimonio forestale e, dall'altro, l'inclusione delle foreste, in posizione subordinata ma con un certo grado di equilibrio, all'interno degli ordinamenti produttivi aziendali. La continua riduzione della pressione demografica, i mutamenti strutturali dell'agricoltura che hanno marginalizzato o fatto scomparire molte aziende agrarie di collina e montagna nel periodo postbellico, hanno successivamente condotto ad un progressivo deterioramento di questo equilibrio. L'abbandono delle terre ha comportato anche l'abbandono dei boschi, mentre i boschi hanno riguadagnato, ma spesso in modo totalmente spontaneo, parte dei territori che occupavano anticamente. La quasi totalita' dell'incremento delle superfici forestali nazionali avvenuto dal 1970 ad oggi ha riguardato territori collinari e montani, ma con una estensione, circa 240.000 ettari sulla base dei dati ufficiali, nettamente inferiore alla diminuzione della superficie agricola utilizzata, stimata dal Censimento dell'agricoltura in circa 1,5 milioni di ettari nello stesso periodo. 89. Al ruolo declinante dei boschi, ed in particolare del ceduo, nell'economia delle aziende agricole collinari e montane ha contribuito pesantemente la caduta di redditivita' collegata al forte declino degli assorbimenti di legna da ardere da parte del mercato e alla lievitazione dei costi delle cure e lavorazioni boschive. Anche a prescindere dall'esistenza di numerose formazioni boschive a prezzo di macchiatico negativo, i redditi attualmente ottenibili dallo sfruttamento della maggior parte dei boschi italiani sono assolutamente non comparabili con quelli ottenibili da colture agricole o da attivita' economiche ed impieghi occupazionali alternativi. Gli investimenti necessari alla ristrutturazione e alla valorizzazione produttiva dei boschi risultano quindi proibitivi in relazioni ai ritorni attesi. 90. Aassai diverso a' il ruolo assunto dai boschi, ed in particolare dalla pioppicultura, nella dinamica dell'agricoltura padana. Considerata talvolta coltura agraria piuttosto che forestale, la pioppicultura appare la forma piu' avanzata di arboricoltura praticata in Italia ed assume posizioni di particolare rilievo nell'offerta di legno all'industria. Ha trovato da tempo collocazione negli ordinamenti produttivi delle aziende agricole padane, in virtu' della tecnica colturale molto prossima a quella agraria, della brevita' del turno, degli elevati redditi che puo' fornire. 91. Le fasi cicliche attraversate dalla pioppicultura a partire dal periodo di forte espansione degli anni '50 e '60, riflettono, oltre che le fasi dell'industria utlizzatrice, anche il carattere "reddittuale", di attivita' subordinata all'andamento di prezzi e costi, che ad essa viene attribuito. Nelle decisioni di piantagione da parte degli agricoltori, in particolare nei terreni non golenali, assumono rilevo anche le aspettative sulla redditivita' relativa della pioppicoltura e delle colture annuali. In alcune fasi del passato si sono verificate situazioni di concorrenzialita tra pioppo e frumento, mais, riso. Attualmente ci si trova in una fase di eccesso di offerta, e quindi di piantagioni a ritmo ridotto anche a causa della lievitazione dei costi colturali. Le Foreste pubbliche 92. Mentre la quota complessiva della superficie forestale occupata dalle proprieta' pubbliche e' in Italia in linea con la media comunitaria, ne differisce per l'elevata componente di proprieta' comunali, pari ad oltre il 73% delle proprieta' pubbliche in complesso e ad un quarto della superficie totale. Particolarmente ridotta, anche rispetto agli altri paesi, e' la componente di proprieta' statali, specie dopo il trasferimento alle Regioni della maggior parte del demanio forestale 93. Le proprieta' comunali, che raggiungono una significativa diffusione in alcune regioni dell'arco alpino ed in varie regioni meridionali, differiscono molto, sotto il profilo gestionale, nelle varie realta' territoriali. Sono sottoposte a piani di assestamento per il 44% circa della superficie, una percentuale pari a qulle delle proprieta' pubbliche in complesso, che tuttavia in base alla "legge forestale" del 1923 dovrebbero esserne dotate per la totalita'. 94. Nell'adozione di questo strumento prevalgono i comuni delle regioni alpine e del Trentino in particolare, che da solo conta il 50% di tutte le superfici assestate italiane. La gestione dei patrimoni pubblici con strumenti razionali di pianificazione e' motivata in queste regioni dalle radicate tradizioni forestali connesse all'importanza economica delle foreste, e dalla necessita' di trovare, soprattutto negli ultimi anni, un buon equilibrio con lo sviluppo delle attivita' turistiche. 95. Assai conflittuale e' invece il rapporto tra foreste e altre attivita', pascolo in particolare, in molte aree dell'Appennino centro-meridionale, dove sulle proprieta' pubbliche si esplicano intensamente le attivita' dell'impresa pastorale senza terra. L'esercizio dell'uso civico che grava su gran parte dei terreni pubblici centro-meridionali ha contribuito a questo intenso sfruttamento del bosco pubblico con effetti spesso devastanti sulle condizioni vegetative del bosco. Sebbene le norme limitative esistano, la loro mancanza di operativita' ed efficacia costituisce un limite importante alla valorizzazione forestale. 96. In generale, seppure con rilevanti eccezioni, si e' manifestato nel tempo un diminuito interesse dei proprietari pubblici per l'utilizzazione e, spesso, per le cure del proprio patrimonio. Il decrescente rilievo relativo dei proventi del bosco, l'aumento dei costi di gestione, l'accresciuta rilevanza delle attivita' turistiche, con l'allocazione ad esse di risorse e strutture, unite alle diffcolta' finanziarie di molti Enti locali italiani, hanno mutato notevolmente i ruoli attribuiti al bosco nella proprieta' pubblica. I servizi delle foreste per il territorio e l'ambiente 97. Le precarie condizioni idrogeologiche del paese caratterizzano in modo assai netto la straordinaria importanza delle foreste italiane per l'equilibrato assetto fisico del territorio. Come gli altri paesi della regione mediterranea, l'Italia presenta infatti forte predisposizione al dissesto a causa del combinarsi di formazioni geologiche giovani e instabili, orografia caratterizzata da forti pendenze e, soprattutto al Sud, clima mediterraneo con piogge improvvise su terreni inariditi. A cio' si aggiunge il contributo dei fattori antropici del dissesto, collegati alla elevata intensita' di presenza umana, che si sono esplicati nel tempo attraverso tecniche agricole non idonee sui terreni fragili della collina, opere infrastrutturali ed insediamenti non rispettosi delle caratteristiche del suolo. 98. La copertura forestale costituisce uno strumento estremamente efficace per contrastare e contenere i fenomeni di dissesto. Ha infatti una forte capacita' di trattenere l'acqua piovana, fattore climatico dominante di erosione, diminuendo, rallentando e redistribuiendo il deflusso sia attraverso l'azione delle chiome che attraverso il suolo forestale. Si stima che il deflusso superficiale in percentuale dell'acqua piovana passi da meno del 10% per i boschi in efficienza al 50-100% per i coltivi abbandonati. Viceversa, la quantita' d'acqua che il bosco riesce ad infiltrare nel sottosuolo e' molto piu' elevata di quella infiltrata dalle altre coperture vegetali. Si determina quindi anche una riduzione notevolissima dall'asportazione di materiali solidi dal terreno e dei fenomeni di torrenzialita' che assumono rilevanti dimensioni in Italia e contribuiscono ogni anno alla perdita di milioni di metri cubi di terreno fertile. L'azione regimante del suolo forestale viene inoltre ritenuta assai piu' elevata di quella dei terreni soggetti a lavorazioni periodiche o a copertura erbacea permanente. 99. La preoccupazione protettiva del suolo ha dominato un lungo periodo dell'intervento pubblico nei confronti delle foreste. Il vincolo idrogeologico, istituito dalla "legge forestale" del 1923, interessa tuttora oltre l'89% dei boschi italiani, ed ha svolto certamente un ruolo di rilievo nel proteggere le foreste, i suoli e le acque. Con l'evoluzione storica dell'agricoltura profondi mutamenti sono tuttavia intevenuti nella gestione del suolo. Il regresso delle attivita' agricole e della presenza umana in montagna e collina ha comportato, insieme all'estensione degli incolti, anche la diminuita manutenzione e spesso il degrado di quelle opere idraulico-agrarie e costruttive che avevano surrogato il bosco nelle funzioni protettive, dopo averlo eliminato per far posto alle coltivazioni agrarie. Dove il bosco non ha riguadagnato il territorio sono quindi venuti a cadere importanti fattori di protezione. 100. Buona parte del territorio italiano si trova oggi in condizioni idrogeologiche disastrose. I dati sul dissesto sono in generale poco aggiornati. Alcuni elementi conoscitivi dal MAF in base alla quale il 38% della superficie classificata montana per una estensione pari al 20% del territorio nazionale, risultava soggetta a dissesto idrogeologico elevato o medo. Alcune stime dei danni nazionali derivanti da dissesto li indicavano in 2-3.000 miliardi l'anno. Queste cifre sono tuttavia solo indicative di una situazione assai piu' grave. 101. E' quindi ovvia, e confermata dall'esperienza, la constatazione che nel rapporto foreste-assetto idrogeologico, una politica di natura prevalentemente vincolistica non e' sufficiente, e va affiancata invece da una politica attiva di potenziamento delle foreste. Rispetto alle opere costruttive e ingegneristiche, con le quali tendono generalmente a combinarsi nella sistemazione idraulico-forestale, i boschi presentano in molti casi vantaggi di efficienza e specialmente di minori requisiti gestionali e di un maggior grado di perpetuita'. Ma perche' tali vantaggi si manifestino e' tuttavia indispensabile l'efficienza ecologica del bosco. Poiche' nella massima produttivita' biologica e nel pieno stato di salute delle foreste tendono ad essere ottimali anche le capacita' protettive del territorio, i problemi idrogeologici del paese richiedono, sotto il profilo forestale, risorse piu' ricche e sane di quelle attuali ed ulteriori estensioni delle superfici a bosco. 102. Si assiste in Italia ad una formidabile accelerazione della domanda di conservazione e miglioramento dell'ambiente. Essa appare giustificata dalle forti tensioni connesse ai modi dello sviluppo economico, dalla reazione a colpevoli e dannose disattenzioni, da una decisa maturazione culturale. 103. Tra i beni naturali a cui tali esigenze si indirizzano, le foreste assumono un ruolo peculiare per la capacita' di offrire servizi multipli ed essenziali. Accanto alla protezione del suolo e delle acque esplicano infatti una rilevante azione di miglioramento dell'aria e del clima. Si stima che le foreste italiane siano in grado di consumare circa 25 miliardi di metri cubi di anidride carbonica l'anno, con una produzione giornaliera di circa 35 milioni di metricubi di ossigeno. Le specie animali e vegetali presenti nell'ambiente italiano raggiungono inoltre massima ricchezza e varieta' all'interno degli ecosistemi forestali, e non solo in quelli specificamente designati a finalita' conservative. I boschi, in ogni loro forma e grado di "bellezza", sono parte integrante del paesaggio, patrimonio collettivo dai molteplici connotati culturali ed economici, la cui dinamica naturale e' stata soggetta in Italia a modificazioni umane spesso stravolgenti. Da cio' originano le recenti normative sul vincolo e sui piani paesaggistici contenute nella legge n. 431/85 e che investono tutti i boschi indipendentemente dal vincolo idrogeologico. 104. Alla rivalutazione, cui e' soggetto in Italia il bosco sotto il profilo ambientale e conservativo, non fanno riscontro una adeguata disponibilita' di risorse sane ed ecologicamente efficienti. Cio' accade anche di fronte alla aumentata domanda di fruizione collettiva delle foreste attraverso l'esercizio di attivita' ricreative e turistiche. Sotto questo profilo si sono tuttavia generate situazioni contraddittorie. Nelle parti piu' ricche delle foreste italiane, accanto a sitauzioni di corretto sviluppo della ricreazione in bosco, si e' assistito a fenomeni di sfruttamento distruttivo da parte degli insediamenti turistici di carattere abitativo ed impiantistico, ne' si puo' ritenere che le tensioni speculative siano cessate. Danni derivano inoltre dal semplice eccesso di carico umano che si verifica soprattutto sulle fasce costiere. Il problema e' quindi duplice: squilibri nei modi di fruizione, specie nelle aree forestali "ricche", e mancato sviluppo delle capacita' ricettive delle foreste meno ricche, con perdita di possibili vantaggi economici e con un contributo alla caduta di interesse per la cura delle risorse da parte dei possessori. La situazione complessiva appare quindi lontana da un adeguato equilibrio. 105. Negli ultimi anni vi e' stato un forte impulso, soprattutto da parte delle Regioni, alla creazione di parchi ed aree protette. Con una certa varieta' di tipologie, generalmente riconducibili a quella del parco naturale a funzione multipla conservativa e ricreativa, le aree protette create dalle Regioni dal 1974 sono pari ad oltre 500.000 ettari. Insieme ai cinque parchi nazionali e alle riserve naturali statali gestite dal MAF come parte del demanio forestale, esse concorrono a costituire un "sistema" nazionale di aree protette a varia componenete forestale, che si estende su oltre 950.000 ettari, pari a circa il 3% del territorio. Nonostante questa accelerazione recente, a cui fa riscontro una accresciuta frequentazione nelle areee aperte al pubblico, l'Italia rimane ancora a livelli inferiori rispetto altri paesi europei ad ampia superficie. Pure nell'eterogeneita' delle classificazione che rende le comparazioni non del tutto significative, in Francia la quota "protetta" del territorio supera il 5%, in Germania e' del 22 circa, in Gran Bretagna del 20. In termini di superfici protette pro capite l'Italia si colloca solo al sesto posto nella Comunita'; ma non sempre le forme di protezione sono comparabili. I prodotti non legnosi 106. Una estrema varieta' di prodotti diversi dal legno proviene dalle foreste italiane. Estratti tannici, piante officinali, sughero, frutti del sottobosco, tartufi ed altri prodotti, danno luogo ad attivita' di raccolta, commercializzazione e trasformazione dai notevoli valori economici e assai importanti in specifiche realta' locali. 107. I dati ufficiali sulla raccolta sono molto oscillanti di anno in anno, sia per la sensibilita' della produzione all'andamento climatico che per la parzialita' delle rilevazioni. Indicano tuttavia per i frutti del bosco, del sottobosco e per il sughero, un valore complessivo della raccolta che si aggira sui 90-100 miliardi negli ultimi anni. Castagne, pinoli, funghi, tartufi, muschi e sottobosco ornamentale rappresentanto nelle rilevazioni ufficiali la componenete piu' cospicua dei valori complessivi. In specifiche situazioni i ricavi ottenibili dai prodotti non legnosi tendono a superare quelli del legno al taglio. Le effettive dimensioni di mercato e le potenzialita' di sviluppo dei molti prodotti spontanei e semi spontanei del sottobosco sono tuttavia poco note, a causa della forte componente di autoconsumo e delle diffuse attivita' di raccolta e scambio non rilevabili. 108. Per i prodotti non legnosi piu' tradizionali si sono avuti, nei periodi di maggior esodo dalle "aree interne", fenomeni di crisi. Tipico il caso della castanicoltura da frutto, settore dalle problematiche assai complesse, un tempo fiorentissima e poi soggetta ad una progressiva contrazione con un forte depauperamento del patrimonio arboreo fruttante. Nonostante il progressivo calo delle disponibilita' di produzione nazionale, l'Italia mantiene posizioni di primissimo piano sul mercato internazionale con oltre 19.000 tonnellate di castagne esportate nel 1985 per un valore di circa 47 miliardi. Una pesante situazione di crisi si mantiene per la subericoltura. Le buone potenzialita' produttive, seppure circoscritte a poche regioni italiane, non trovano adeguati esiti di mercato in presenza di abbandono della raccolta e di forte concorrenza da parte della produzione spagnola e portoghese. Le importazioni di sughero, principalmente turaccioli, ha superato nel 1985 i 46 miliardi, con esportazioni trascurabili. 109. La vivacita' delle situazioni di mercato venutasi a creare negli ultimi anni, con l'evoluzione "qualitativa" dei consumi, per prodotti anche tradizionali come i funghi e i piccoli frutti, e lo sviluppo di innovazioni quali le piante tatufigene, fanno ritenere che esistano per i prodotti non legnosi forti potenzialita' ancora da sfruttare e da sviluppare. Emergono al riguardo rilevanti necessita' di dare impulso in varie forme alla promozione dei prodotti e delle attivita' collegate. Oltre che redditi di adeguato livello e occasioni di occupazione, risulterebbero stimolati la buona gestione e la conservazione del bosco. L'offerta di materia prima legno 110. L'attuale situazione dell'offerta di legno proveniente dalle foreste italiane riflette, in modo assai problematico, i caratteri delle risorse, l'evoluzione dei mercati ed i condizionamenti generati dalle difficolta' in cui versano le strutture del sistema forestale. L'estrazione del legno dalle foreste italiane ha subito un calo drastico nell'ultimo trentennio. Dagli oltre 13 milioni di metri cubi dei primi anni '50 si e' passati agli 8 milioni circa attuali, quasi interamente a causa della ridotta produzione di legna da ardere. L'andamento dei prelevamenti di legname da lavoro ha d'altronde evidenziato forti limitazioni di ordine tecnico ed economico delle capacita' di offerta. Per tutto l'ultimo trentennio i prelevamenti sono rimasti compresi, con oscillazioni molto graduali, tra i 3 e i 4 milioni di metri cubi, mentre nello stesso periodo il fabbisogno interno di legno ad uso industriale e' quasi quadruplicato. Il grado di autosufficienza per il legname da lavoro si e' cosi' drasticamente ridotto dal circa 60% dei primi anni '50 ad un livello attuale di circa il 17%. 111. Il tasso di utilizzazione nettamente inferiore agli accrescimenti naturali, circa un metro cubo su tre, riscontrabile anche nelle fustaie piu' ricche che possono offrire ottimi assortimenti di legname da lavoro, e' in taluni casi motivato da ragioni selvicolturali di ulteriori ricostituzione delle masse legnose e di raggiungimento dello stato di "normalita'" produttiva. Tuttavia, per il complesso del sistema, la ridotta utilizzazione rispetto alle potenzialita' deriva soprattutto dal notevole divario venutosi a creare tra domanda di mercato e composizione, qualita', costo, capacita' di commercializzazione dei prodotti ottenibili dalle foreste italiane Si sono con cio' consolidati processi di rinuncia allo sfruttamento economico dei prodotti legnosi. 112. Per il legname da lavoro la base produttiva forestale in grado di fornire prodotti competitivi o comunque accettati dal mercato e' di fatto ridottissimo. Le fustaie di conifere e di latifoglie che coprono secondo l'Inventario meno del 30% della superficie forestale, forniscono quasi l'80% del legname di lavoro. Il 58% di quello di latifoglie proviene tuttavia dalla sola pioppicoltura. Quest'ultima, su una quota irrisoria della superficie forestale totale, copre il 38% dell'intera produzione italiana di legname da opera. Altrettanto significativa e' la forte concentrazione delle provenienze geografiche del legno per l'industria. La pioppicoltura e' localizzata in termini di superfici, per circa il 70% nella sola pianura lombarda e piemontese. Inoltre, sei regioni dell'Arco Alpino, forniscono quasi il 70% del legname da lavoro totale, del quale il 17% circa proviene dalle sole fustaie di conifere del Trentino Alto Adige. 113. Alla ristretta base geografica dell'offerta di legname da lavoro, non e' estranea la prevalente localizzazione settentrionale dell'industria di lavorazione del legno, fattore che, in presenza di un elevato livello dei costi di trasporto del legno grezzo, puo' essere considerato una delle cause di mancata valorizzazione delle risorse forestali delle regioni meridionali, in molti casi abbondanti e adatte a varie trasformazioni industriali. La gran parte delle foreste meridionali dista dai centri di trasformazione del Nord piu' di molte aree forestali di paesi confinanti come Australia, Jugoslavia e Francia, paesi che sono d'altro canto in grado di assicurare forniture molto piu' regolari ed efficienti. Lo sviluppo delle industrie meridionali di prima lavorazione appare del tutto inadeguato. 114. La produzione di legna da ardere costituisce tuttora oltre il 50% del legno complessivamente estratto. Soggetta ad una forte caduta tendenziale di lungo periodo, e' aumentata in corrispondenza delle crisi energetiche degli anni '70, manifestando ancora segni di ripresa nei primi anni '80 vi sono tuttavia elementi di difficile interpretazione del mercato della legna da ardere. L'Italia e' il principale importatore mondiale seppure in un mercato internazionale praticamente inesistente, con un esborso di oltre 31 miliardi nel 1985, ed e' il principale consumatore di tutta l'Europa, esclusa l'Unione Sovietica. E' d'altro canto opinione diffusa che notevoli quantitativi di legna classificata "da ardere" all'import o alla produzione interna sia destinata all'industria dei pannelli e della carta. Le lavorazioni forestali ed il collegamento foresta-mercati 115. All'esigua capacita' di offerta interna di legno contribuiscono le strutture di collegamento tra foresta e mercati dei prodotti legnosi, uno degli elementi piu' deboli del sistema forestale italiano. Una posizione ad un ruolo particolare assumono, nell'ambito di questo livello della "filiera" foresta-legno, le imprese di lavorazione boschiva, che svolgono le attivita' connesse al taglio e all'esbosco dei prodotti legnosi. 116. Modellato ed "adattato" dal tempo su di un sistema di proprieta' forestali frammentale, investito dal calo dell'interesse economico produttivo per le foreste, l'insieme delle imprese di lavorazione costituisce un universo dalla fisionomia tecnica organizzativa e produttiva difficilmente identificabile. Il numero di tali imprese viene valutato in circa 2500. Molto varie sono le forme organizzative e le fasi di lavorazione svolte: dal solo taglio ed esbosco, alla prima commercializzazione e anche fino alla segagione. Caratteristiche prevalenti sono le piccole dimensioni, la ridotta meccanizzazione, il ristretto ambito operativo territoriale. 117. La produttivita' media di queste imprese viene stimata in 2 metri cubi di prodotto legnoso estratto per giornata lavorativa, con livelli piu' bassi nei cedui e piu' elevati nelle fustaie e nei pioppeti specializzati, dove puo' arrivare agli 8 metri cubi al giorno. La bassa produttivita', derivante dalla insufficienza tecnologica ed organizzativa, determina una amplificazione dei costi delle lavorazioni forestali, resi gia' notevolmente elevati in Italia dagli svantaggi di localizzazione dei boschi. Contribuisce anche alla difficolta' di accrescere, nel sistema italiano, il grado di integrazione verticale tra operazioni forestali, commercializzazione, prima trasformazione. La scarsa meccanizzazione mantiene inoltre gravoso il lavoro in foresta e determina forme di disaffezione e di rarefazione della offerta di lavoro che ha ulteriori effetti di lievitazione dei costi. 118. La concorrenza a cui sono sottoposti i prodotti legnosi, sia da parte dell'offerta internazionale che da quella nazionale meglio localizzata, fa si che gli elevati costi delle lavorazioni in foresta pongano fuori mercato la parte piu' povera, per localizzazione, qualita', assortimenti ricavabili, delle risorse forestali italiane. Si determina inoltre un generale abbassamento dei redditi ottenibili dai proprietari. Il costo orario di un operaio forestale e' aumentato nell'ultimo trentennio di circa 66 volte, mentre il prezzo di un quintale di legna da ardere di sole 11 volte circa. La riduzione dei tempi di lavorazione per unita' di prodotto, circa il 60% nello stesso periodo, non e' ovviamente in grado di colmare l'enorme divario tra le dinamiche dei prezzi e dei costi. Un forte innalzamento hanno quindi subito anche i costi delle operazioni colturali periodiche. L'effetto e' quello di rafforzare la gia' rilevante caduta dell'interesse economico per le foreste, che porta ad una diminuzione delle utilizzazioni dei boschi a maturita', delle cure colturali, ed incide inoltre sulle aspettative di medio e lungo periodo che sono alla base dei rimboschimenti. 119. Le carenze delle imprese di lavorazione forestale contribuiscono quindi da tempo al pesante circolo vizioso innescato dall'evoluzione dei mercati. Gli svantaggi economici derivanti dalla struttura fisica e dal ridotto grado di gestione delle foreste rendono scarsamente competitivi i prodotti legnosi nazionali e di scarso rilievo i proventi da essi ricavabili. Gli elevati costi delle lavorazioni forestali riducono ulteriormente la competitivita' dei prodotti e le convenienze economiche degli investimenti. Le cure colturali delle risorse perdono di significato e si pregiudica lo stato di efficienza ecologica e la capacita' produttiva per il futuro. La domanda delle industrie del legno 120. Il legno costituisce una delle principali materie prime per un insieme estremamente articolato e complesso di attivita' industriali ed artigianali, che occupano posizioni di grande rilievo nell'economica nazionale. Nel 1985 il valore aggiunto del settore "legno e mobili", e' stato di 13.048 miliardi, pari al 7,3% del totale di "prodotti della trasformazione industriale". Di 10.255 miliardi e' stato quello della carta e cartotecnica che negli aggregati di contabilita' nazionale comprende tuttavia anche l'editoria. Dai dati ufficiali e da quelli delle organizzazioni del settore, che nel caso del mobile presenta una elevata componente di unita' artigianali, l'insieme dei settori legno-mobili-carta da' lavoro a circa 600.000 persone. 121. Sviluppatasi negli anni '50 e '60 con orientamento al mercato interno, l'industria del legno e del mobile ha vissuto nello scorso decennio un periodo di forte espansione, risultando tra i comparti piu' dinamici in assoluto del settore manifatturiero. Un rilievo crescente della componente estera della domanda, ha portato l'Italia ad essere, fin dai primi anni '80, il principale esportatore mondiale di mobili con circa un quarto del commercio mondiale in valore. 122. La crescita economica, unita allo sviluppo della vita culturale del paese, e all'incremento della componente dei servizi nelle attivita' ha determinato inoltre un forte aumento dei consumi italiani di carta e cartoni. Il consumo apparente pro-capite e' aumentato di oltre otto volte tra il 1950 ed il 1984. Si tratta delle dinamiche in assoluto piu' forti registrate all'interno della Comunita', anche se i livelli attuali dei consumi pro-capite italiani rimangono tra i piu' bassi in assoluto, essendo circa tre quarti di quelli francesi ed inglesi, e poco piu' della meta' di quelli tedeschi, olandesi e danesi. 123. Stime condotte da studiosi italiani indicano in circa 30 milioni di metri cubi in equivalente di tondo i consumi di legno industriale negli ultimi anni, il che colloca l'Italia al terzo posto nella CEE a dieci. Sulla base dei dati FAO, gli unici da cui si possono ottenere indicazioni anche sulle produzioni e sui consumi in qualita' dei vari semilavorati, la stima di consumo globale delle industrie finali e' tuttavia piu' elevata, circa 32-33 milioni di metri cubi. In base a tali dati, gli input dell'industria cartaria coprirebbero il 48% circa dei consumi di legno grezzo, mentre il consumo apparente di segati costituisce il 35% e quello di pannelli il 14% del consumo totale in equivalente di tondo. 124. Gli evidenti limiti di velocita' dell'offerta interna hanno condotto nel tempo ad una poderosa crescita dell'approvvigionamento all'estero di legname da lavoro. Il deficit per il legno industriale in quantita' dell'Italia, pari ad oltre l'80% dei fabbisogni, e' nella Comunita' a dieci secondo solo a quello ingese e copre circa un quarto di quello complessivo comunitario. L'Italia e' inoltre il primo importatore di tutto il continente europeo per i tronchi di latifoglie e di conifere, e di paste chimiche. 125. Ne derivano pesanti conseguenze per il commercio estero, alleviate dall'export di alcuni prodotti finiti. Nel settore legno-mobile, il legno grezzo e i semilavorati hanno avuto nel 1985 un saldo negativo per 2028 miliardi, piu' che compensato da un saldo attivo dei prodotti semifiniti e dei soli mobili in legno di 3228 miliardi, riprova del carattere fortemente "trasformatore" che questo settore assume nella realta' italiana. Nel settore cellulosa-carta, il deficit complessivo e' stato di 1734 miliardi, con le sole paste per carta responsabili di circa 1270 miliardi di deficit. I comparti piu' critici per la dipendenza esterna, sia in quantita' che in valore, appaiono quello dei segati, dove le quantita' importate sono pari ad oltre il 70% del totale delle paste consumate in Italia. 126. La situazione si e' andata progressivamente deteriorato nel tempo, non solo per l'aumento dei volumi importati e dall'esborso, ma anche per il grado di trasformazione piu' elevato dei prodotti importati, mutati di composizione verso i semilavorati. Il forzato e prolungato affidamento sulle fonti esterne di materia prima, combinato con le accentuate tendenze a trasformare in loco il prodotto grezzo nei paesi fornitori, ha in effetti determinato fenomeni di preoccupante penetrazione delle importazioni. Tra i primi anni '70 ed il 1984 la quota importata del consumo apparente e' passata dal 64 al 71% per i segati; da livelli irrisori del 3-6% a livelli superiori al 20% per tranciati, compensati, pannelli di particelle; dal 12 a quasi il 20% per le paste meccaniche; dal 90 al 95% per le paste chimiche. 127. I settori sono stati interessati dal fenomeno per cause e con modalita' diverse, anche in relazione alle diverse possibilita' di approvvigionamento di materie prime interne. 128. Nel comparto della segazione, la diminuita disponibilita' di tronchi grezzi, specie tropicali, sui mercati internazionali ed il corrispondente aumento della disponibilita' di semilavorati concorrenziali, ha ulteriormente indebolito un settore tuttora estrememente frammentato, composto, secondo dati FAO, da 4135 imprese, delle quali 3240 con meno di 5 adetti e solo 39 con piu' di 50 addetti. La presenza di rapporti commerciali molto efficienti e consolidati per la importazione di segati con alcuni paesi limitrofi, come l'Austria e la Jugoslavia, che peraltro, insieme a Francia e Svizzera, forniscono una elevata quota anche dei tronchi destinati alla stessa industria di segazione italiana, costituisce un forte fattore concorrenziale di compressione del settore. 129. Il settore delle paste e carta e' stato quello che ha subito maggiormente gli effetti di penetrazione dei prodotti importanti e di "disintegrazione" verticale, a causa della evidente incapacita' delle produzioni nazionali nelle diverse fasi della filiera di tenere il passo con la forte dinamica del consumo di prodotti finiti. I costi di approvvigionamento estero del settore sono ritenuti attualmente i piu' alti rispetto a tutti i paesi europei. In presenza di una struttura dell'industria cartaria anomala rispetto al resto della CEE, con un numero elevato di unita' produttive dalle dimensioni medie basse, si e' verifcato infatti un progressivo aumento della componente importata di prodotti cartari finiti, un aumento delle importazioni di paste chimiche, un calo della produzione interna di paste meccaniche. La scarsa disponibilita' di materia prima interna ad adeguate condizioni di competitivita', e' uno dei limiti piu' notevoli incontrati dall'industria delle paste, sempre "integrata" all'interno degli stabilimenti cartari. Quella delle paste mecccaniche, che rappresentano oltre il 70% delle paste prodotte internamente, impiega di fatto solo per il 25% circa materie legnose nazionali, per la quasi totalita' pioppo. Nel complesso, le materie prime nazionali impiegate in Italia per la produzione di paste sono meno del 40% del totale e sono costituite per circa la meta' da pioppo, per un altro 40% da altri tipi di latifoglie e per una quota minima da conifere. Al momento non esistono possibilita' e progetti espansivi per il settore. 130. Le difficolta' di sviluppo delle fonti interne di materie prime legnose ha dato notevole impulso in Italia al recupero della carta da macero, che tuttora inferiore alla potenzialita', si aggira su un tasso del 25% del consumo apparente di carta e cartone. Il consumo apparente di carta da macero e' pari a circa il 43% della produzione nazionale di carta e cartone. Forti sono tuttavia le correnti di importazione di carta da macero, pari al 35% del consumo, per un esborso di oltre 150 miliardi nel 1985. Un forte incremento dell'impiego della carta da riciclo dovrebbe verificarsi negli anni '90 con l'entrata in vigore delle normative, in via di perfezionamento sui confezionamenti dei prodotti di consumo e sui tipi di carta da impiegare nella Pubblica Amministrazione. 131. La coscienza della gravita' dei problemi di dipendenza estera per i prodotti intermedi e per le materie prime legnose ha condotto l'industria cartaria, fin dal suo sorgere, a porsi come fautrice della forestazione industriale in Italia. Ha condotto anche ad iniziative aziendali di integrazione a monte attraverso piantagioni di specie a rapida rotazione, ma con esiti non particolarmente felici a causa del rapido mutamento dei mercati internazionali delle paste. L'avvio della pioppicoltura costituisce, sul piano storico, l'unico esito di rilievo indotto da questi tentativi, anche se a determinare il vero e proprio decollo della pioppicultura, e a garantirne attualmente il valore economico, e' stato lo sviluppo dell'industria dei pannelli, la cui domanda e' repidamente cresciuta nel tempo, in modo accentuato nell'ultimo quindicennio per quelli di particelle. 132. Industria dei pannelli e pioppicoltura si configurano di fatto come un sistema altamente "integrato" sia sul piano produttivo che della localizzazione. All'inizio degli anni '80 la industria compensatiera che pure con dimensioni assolute ridotte e' la terza dell'Europa Occidentale dopo quella finlandese e francese, impiega pipppo oltre l'85% dei fabbisogni. L'industria dei pannelli di particelle impiega pioppo per il 50% degli input, oltre a residui di conifere per un 32% circa e latifoglie, anche da ceduo, per il 18% circa. La produzione pioppicola e' attualmente, d'altra parte, destinata per circa il 70% all'industria dei pannelli, con altri impieghi negli imballaggi e nella carta. La dipendenza estera del settore pannelli per la materia prima e' ancora molto bassa e per converso la quota importata dei consumi italiani di pannelli e' tuttora tra le piu' basse dell'Europa Occidentale, sebbene la forte crescita della domanda per questi prodotti abbia determinato una progressiva penetrazione delle importazioni. La forte integrazione di questi settori con la pioppicoltura, in presenza di una diversa lunghezza dei cicli di mercato industriali e di quelli produttivi pioppicoli, e' all'origine di ampie fluttuazioni pluriennali dei prezzi, e quindi delle piantagioni di pioppo, con l'alternarsi di lunghe fasi di eccesso di offerta e di domanda. Cio' costituisce uno dei maggiori problemi dell'economia pioppicola per i coltivatori e, per converso, dell'industria utilizzatrice, venendosi a costituire come elemento di debolezza del "sistema" che ha stimolato varie proposte di sviluppare accordi di mercato. 133. Emerge in complesso, all'interno dei settori industriali del sistema legno-mobili-carta, una chiara divaricazione tra le posizioni di forza delle industrie di prodotti finiti, e la debolezza relativa di quelle che producono semilavorati, impossibilitate ad avviare processi di sviluppo basati sulle risorse forestali interne, oltreche' sul legno grezzo importato, ed esposte ad una concorrenza internazionale forte che fa perno proprio sui "vantaggi comparati" derivati dalle dotazioni di risorse forestali. 134. Ne deriva un quadro di forte preoccupazione. Una eventuale contrazione strutturale, o scomparsa, delle prime trasformazioni del legno in Italia, oltre che dannosa in se' sull'occupazione e sul reddito, non sarebbe priva di conseguenze ne' sui settori dei prodotti finiti, costretti ad una totale dipendenza dall'estero per gli input, ne' sul sistema forestale interno, per il quale verrebbero a cadere gli elementi di interesse economico, con un possibile effetto negativo anche per le altre funzioni delle foreste. Le prospettive della domanda e dell'approvvigionamento all'estero 135. Recenti analisi previsionali sui consumi di legno nel medio lungo periodo, condotte in sede ECE/FAO, indicano per l'Italia una graduale crescita dei consumi fino al 2000. In base ai vari scenari e ai modelli impiegati, i tassi di crescita medi annui previsti variano da un minimo dello 0,2 ad un massimo del 2% per i segati, dall'1,3 al 3,6% per i pannelli, dall'1,8 al 3,7% per la carta, dall'1,3 al 2,4% per la legna da ardere. Sebbene la semplicita' dei modelli adottati, adeguati a previsioni di tendenza per ampie aree geografiche conferisca valore puramente indicativo a tali previsioni, esse si tradurrebbero in un forte incremento del fabbisongno di legno grezzo, compreso tra i 5 e gli oltre 10 milioni di metri cubi. L'ampia gamma delle possibilita' dipende dalla complessita' dei fattori che guidano l'espansione dei settori finali di impiego del legno e dalle difficolta' di caratterizzare i processi di sostituzione tra i vari semilavorati in legno, oltreche' tra questi ed i materiali metallici, le plastiche e gli altri materiali. 136. Il settore cartario viene individuato dalle previsioni come quello soggetto agli incrementi piu' sostenuti dei consumi. E' il settore che assorbe la maggior quota delle materie prime legnose complessivamente consumate oltreche' quello piu' debole dal lato dell'approvvigianamento interno. Le prospettive di crescita appaiono positive per il settore del mobilio che, sebbene esposto alle fluttuazioni del reddito sul mercato interno e su quelli esteri, non dovrebbe veder minacciata per lungo tempo la posizione di forza acquisita sulla scena internazionale. Sostenute risultano quindi, oltre che per i segati anche le dinamiche previste per i consumi di pannelli, le cui industrie in Italia si approvvigionano di materia prima ancora prevalentemente all'interno. Elemento determinante per la possibile dinamica futura delle industrie del legno e' costituito dall'andamento dell'attivita' edilizia. Afflitta da una crisi prolungata e tuttora profonda, essa costituisce un settore in grado di assorbire direttamente, e indirettamente tramite il mobilio, una grande quantita' di prodotti legnosi. Una ripresa del settore costituirebbe un volano straordinario per tutte le industrie del legno. 137. Si impongono seri interrogativi sulla capacita' delle industrie nazionali cartarie, dei pannelli, della segagione e dei vari semilavorati, di tenere il passo con le tendenze della domanda finale. La mancanza di un adeguato supporto dell'offerta interna di legno si combina in cio' con la evoluzione attesa, secondo le linee gia' evidenziate, dei mercati di approvvigionamento estero. 138. I mercati mondiali del legno presentano attualmente come dato di fondo ridotti pericoli di scarsita' quantitativa delle disponibilita' future. Tuttavia, fortemente condizionata appare la possibilita' dinamica futura della composizione dell'import italiano per gradi di lavorazione. 139. Nel 1985 il 60% delle quantita' importate di legno grezzo proveniva da soli cinque paesi vicini a buona struttura forestale, Austria, Francia, Germania, Svizzera, Juogoslavia; questi stessi paesi fornivano tuttavia anche l'89% dei pannelli ricostituiti ed il 67% della carta da macero importati, e due di essi, Austria e Jugoslavia, il 55% dei segati. Cio' permette di giovarsi di costi di trasporto bassi ed ha portato nel tempo a relazioni di scambio molto efficienti e solide, ma crea una stretta connessione tra l'approvvigionamento italiano e le politiche delle risorse interne e dell'export adottate dagli altri paesi eruopei. Le condizioni del mercato mondiale non permettono di muovere l'acquisto di legno grezzo verso aree diverse e piu' lontane, a causa di una offerta di tronchi ormai rarefatta e a causa dei costi di trasporto. Da cio' puo' derivare, come e' gia' avvenuto, l'accettazione ad importare prodotti a piu' elevato grado di trasformazione. Forte e' quindi l'esposizione concorrenziale a cui sono sottoposte le prime lavorazioni interne. 140. I mutamenti possibili e gia' in atto nelle politiche dei paesi europei grandi fornitori si sommano in cio' con la forte pressione concorrenziale extraeruopea sia per i semilavorati del legno-mobilio, come i pannelli, sia nel settore cartario dove giunge ad investire anche i prodotti finiti. I principali fornitori europei dell'italia sono inoltre tutti colpiti in varia misura dalle piogge acide. Poco prevedibili sono gli effetti sull'offerta di legno, sia nel breve che nel medio-lungo periodo, e sulle politiche di ripristino delle risorse. Un elemento di incertezza e' con cio' tuttavia presente. 141. Il quadro prospettico che emerge e' quindi quello di un possibile progressivo indebolimento delle prime lavorazioni interne del legno, quelle piu' "prossime" alle foreste nazionali. Si avrebbe percio' una ulteriore divaricazione tra la loro evoluzione e quella, piu' positiva, delle industrie finali, accompagnata da una accentuazione del deficit commerciale per le materie prime. Cio' e' di diretta rilevanza per la politica forestale nazionale. Le potenzialita' di sviluppo delle risorse forestali interne 142. Il prolungato "riposo" garantito nel tempo alle risorse forestali italiane ha condotto ad accresciute consistenze e capacita' produttive legnose. Accanto a cio' emerge, sia dall'Inventario che dagli altri elementi di conoscenza, che ancora nettamente inferiore alle potenzialita' e' lo sviluppo delle risorse sia sotto il profilo della "qualita'" che della dimensione complessiva. A cio' e' connesso, pur presentando altri e specifici problemi, uno sviluppo delle funzioni produttive ed ecologiche anch'esso inferiore alle potenzialita'. 143. L'inadeguata struttura e qualita' delle risorse e' il risultato di una evoluzione sociale ed economica non favorevole alle foreste. Come tale e' certamente reversibile. Per le possibilita' di ulteeriore estensione delle foreste, molto ampie risultano le disponibilita' di territorio, in prevalenza ex-agricolo, al quale e' urgente dare una destinazione che eviti il degrado. 144. Lasciato a se' stesso, il sistema non appare certamente in grado di realizzare tali potenzialita' ne' di migliorare lo sviluppo delle funzioni sia produttive che ambientali. Molto ampie appaiono invece le necessita' di intervento e stimolo sia sulle risorse che sulle altre componenti del sistema. 145. Sebbene rimangano, anche dopo l'Inventario, varie carenze conoscitive le possibili azioni di miglioramento delle risorse esistenti sono da tempo note. Riguardano principalmente gli interventi sul bosco ceduo, la ripresa delle cure colturali e della gestione economica di tutte le formazioni forestali. Tali azioni hanno sempre molteplici effetti: fornire nell'immediato prodotti legnosi dalle operazioni, preparare per il futuro una offerta maggiore di legno proveniente da boschi, piu' ricchi, migiorare l'assetto ecologico del bosco e quindi le altre funzioni che svolge. Questi interventi presuppongono tuttavia la rimozione di vari ostacoli col lato delle motivazioni e delle strutture economiche, delle infrastrutture, dei mercati. 146. La valorizzazione degli attuali prodotti legnosi del bosco ceduo, ad esempio, che potrebbe dar luogo ad una ripresa delle cure colturali e delle utilizzazioni su circa 1 milione di ettari, appare per lo piu' legata a innovazioni tecnologiche di prodotto e di processo che possano ridurre i costi di impiego nelle industrie dei pennelli e della carta, oltreche' a tecniche innovative nell'utilizzazione energetica del legno. Un altro fattore determinante appare la localizzazione della imprese utilizzatrici, che non potrebbero affrontare il trasporto di prodotti poveri e voluminosi su grandi distanze. Ancora piu' ampi e "di sistema" sono i requisiti che stanno alla base di una possibile ripresa degli interventi di cura colturale necessari su gran parte dei boschi, poiche' richiedono un nuovo equilibrio di economicita' delle attivita' forestali, infrastrutture e collegamenti piu' efficienti con il mercato. 147. Molti di questi requisiti sono rilevanti anche per le possibilita' di estendere le foreste sul territorio. Tale indirizzo di sviluppo presenta tuttavia problematiche proprie, in profonda connessione con il fattore terra e con l'evoluzione delle attivita' agricole. 148. I limiti conoscitivi sulle potenzialita' estensive appaiono rilevanti, a causa delle insufficienze della statistica sul territorio, sulla dinamica d'uso e sulla qualita' dei suoli. Tuttavia, le risorse territoriali rese nel tempo disponibili dalla contrazione delle aree agricole sembrano assumere dimensioni di tutto rilievo. La suscettibilita' di recupero "produttivo" viene attribuita da alcune stime a 2,5 milioni di ettari di territorio. Le possibilita' di indirizzo forestale risultano rafforzate da due elementi. Innanzitutto la difficolta' di un esteso "ritorno" delle colture agrarie, per il carattere "definitivo" dei mutamenti avvenuti nel rapporto tra agricoltura e fattore terra. Il secondo elemento e' che la riduzione della superfici agricole utilizzate ha riguardato in modo pressoche' eslusivo territori montani e collinari. L'esposizione all'erosione e all'accentuazione complessiva del dissesto idrogeologico risulta evidente. Piu' che potenziale, il recupero di tali territori appare quindi indispensabile, e la forestazione e' uno degli strumenti piu' adeguati. 149. L'estensione delle specie a rapido accrescimento (conifere esotiche ed indigene), e' soggetta ad alcuni requisiti tecnici, essendo tali specie "selettive" sotto il profilo della qualita' dei suoli e delle condizioni climatiche. Da cio' deriva la prudenzialita' di alcune valutazioni che indicano in circa 150.000 ettari soltanto le potenzialita' ottimali di ulteriore espansione di questa specie, escludendo il pioppo. La pioppicoltura, che ha accolto i maggiori successi tra le specie a rapido accrescimento, ha ulteriori possibilita' di estensione permanente nell'ambito delle pertinenze idrauliche demaniali ed in generale nelle aree golenali pianeggianti. L'indagine del MAF ha messo in evidenza la disponibilita' di circa 75.000-120.000 ettari di pertinenze idrauliche, in parte adatte a pioppo, in parte ad altre specie. Per rendersi conto dei possibili esiti produttivi si puo' osservare che l'attuale produzione di legno di pioppo deriva dal taglio di superfici inferiori ai 10.000 ettari anno. 150. Le specie a rapido accrescimento ricevono riferimenti di privilegio nelle indicazioni politico programmatiche che accompagnano i grandi mutamenti della PAC e lo sviluppo dell'Azione forestale comunitaria. Piu' in generale, dal Regolamento n. 797/85 e dalle recenti sue modifiche, la politica di imboschimento delle terre ex agricole appare la piu' immediata e concreta linea di sviluppo dell' azione comunitaria nel settore forestale. 151. Il sistema forestale italiano domanda una politica risolutamente orientata allo sviluppo. La situazione di pesantezza che il sistema evidenzia, nel suo complesso ed in alcune specifiche componenti, testimonia di un preoccupante ritardo rispetto all'evoluzione desiderabile e rispetto a quanto possibile in base all'attuale disponibilita' di risorse forestali e territoriali inattive. La necessita' di avviare un profondo cambiamento della situazione forestale italiana e' rafforzata dalla rapida evoluzione del quadro internazionale e dalle prospettive indotte dai nuovi indirizzi comunitari. La politica forestale ed il Piano che ne e' atto programmatico di riferimento devono percio' stimolare e guidare nel tempo un processo, certo difficile ma possibile, che conduca il sistema forestale a piu' elevate capacita' di risposta. Gli obiettivi 152. Gli indirizzi percorribili dalla politica forestale devono essere articolati, in relazione ai risultati desiderati, con realismo e avendo ben presenti l'ampiezza e la complessita' dei problemi attuali e la lunghezza dei tempi propri delle foreste. 153. Il Piano deve individuare pertanto un insieme di obiettivi a varia dimensione programmativa e variamente interrelati: - un "obiettivo guida", di carattere generale, valido per la politica forestale italiana nella sua globalita' ed in tutte le sue determinazioni; - un "pevequisito" relativo alla tutela delle risorse, di diretta rilevanza per l'obiettivo guida e di carattere preliminare agli indirizzi operativi del Piano; - un "obiettivo operativo", coerente con quello generale, che esprima una priorita' di approccio al problema forestale in Italia e che rappresenti il punto focale per il Piano stesso; - alcuni obiettivi piu' specifici e piu' determinati nel loro riferimento ai problemi e ai comparti del sistema forestale, collegati all'obiettio operativo. L'obiettivo guida: lo sviluppo multifunzionale del sistema forestale 154. Lo sviluppo, massimo nella qualita' ed equilibrio nella composizione, dei prodotti e dei servizi ottenibili dalle foreste italiane deve essere assunto come obiettivo guida della politica forestale. Cio' risponde alla crescente necessita' di fruire delle molteplici funzioni che le foreste possono assolvere per l'economia e per l'equilibrio ambientale. Lo sviluppo di tali funzioni produzione di legno, di prodotti non legnosi, di energia, stabilita' idrogeologica e climatica, miglioramento dell'aria, salute pubblica, turismo, conservazione della natura ed altro - deve essere reso il piu' elevato possibile in relazione ai vincoli imposti dalle risorse forestali e territoriali disponibili. Si dovra' perseguire un adeguato equilibrio tra l'erogazione dei diversi beni e servizi. Nel corretto sviluppo della salute e della produttivita' delle foreste, l'equilibrio di funzioni e' gia' parzialmente implicito. Massime potenzialita' produttive, protettive, ambientali e ricreative tendono generalmente a coincidere. E' tuttavia un equilibrio che va comunque guidato, piuttosto che atteso come risultato automatico. Non necessariamente deve riguardare ogni singoal formazione boschiva. Vocazioni funzionali esistono e da esse non si puo' prescindere. E' quindi un equilibrio che deve riguardare il sistema forestale nel suo complesso. 155. E' un obiettivo in linea con quelli presenti, seppure con vario accento ed articolazione, nella generalita' delle politiche forestali e con quelli che emergono a livello comunitario. Non e' quindi in se' innovativo, neppure rispetto agli intenti piu' volte emersi in Italia nel passata. Ne' puo' esserlo. Discende infatti dalla ampiezza dei bisogni attuali e futuri, e dalle funzioni universalmente assolte dalle foreste. 156. Nuovi e specifici ne devono invece essere l'interpretazione, le implicazioni e i modi di perseguimento. 157. L'obiettivo guida ha il carattere di un riferimento a cui improntare costantemente tutti gli atti della politica forestale italiana. Compito principale del Piano e' quello di mettere in moto e coordinare un insieme di sviluppi del sistema e della politica forestale tali da colmare l'ampio divario tra la situazione attuale e quella prefigurata dall'obiettivo guida. 158. L'obiettivo guida riguarda lo sviluppo delle funzioni delle foreste. Non circoscrive quindi la politica forestale al solo sviluppo delle risorse. E' percio' un obiettivo di efficienza complessiva dell'intero sistema forestale, connessa in modo inscindibile sia alla salute ecologica delle foreste sia all'efficienza operativa di quelle attivita' che ne rendono fruibili i prodotti e i servizi. 159. L'obiettivo guida deve inoltre essere perseguito con nuove modalita'. Le molte funzioni produttive ed ambientali delle foreste hanno condotto spesso in Italia, dove sono tutte simultaneamente importanti, ad azione "spurie" e scarsamente definite in vari atti di politica delle foreste, dispersi su troppi fronti oppure originatisi all'interno di politiche industriali, territoriali, ambientali, agricole. Sebbene sia evidente la portata multipla - produttiva, protettiva e ambientale - dell'azione forestale, essa puo' raggiungere il massimo grado di sinergia operando in via prioritaria e piu' specifica sul sistema forestale. La "centralita'" delle foreste, connessa ad una identita' precisa ed ormai riconosciuta, deve costituire quindi un principo permanente. Il prerequisito: la tutela delle risorse 160. Condizione preliminare per qualsiasi processo di sviluppo del sistema forestale e' che venga assicurato un adeguato frado di tutela delle risorse. E' una condizione di diretta rilevanza per l'obiettivo guida, ed e' un fondamentale elemento di "contorno" per gli obiettivi piu' direttamente operativi del Piano. 161. Alla tutela delle risorse forestali contribuisce un insieme articolato di elementi. Alcuni, di carattere generale e che associano spesso inseparabilmente contenuti di tutela e contenuti di sviluppo, riguardano la valorizzazione economica delle risorse ed il quadro normativo ed istituzionale del sistema forestale. Altri elementi piu' specifici concernono interventi continuativi e coordinati contro determinati fattori di degrado ed erosione delle risorse. 162. La situazione italiana evedenzia che non gli interessi economici collegati al legno, ma la mancanza di cure, l'abbandono e gli attacchi distruttivi alle foreste che ostacolano attivita' piu' redditizie, rappresentano da tempo i pericoli maggiori per la consistenza e la salute delle risorse. Uno dei maggiori elementi preventivi ed attivi nella tutela delle foreste e' sicuramente costituito dal perseguimento di una politica di valorizzazione economica e funzionale delle foreste che assume rilevanza centrale per il Piano. Risorse di maggior valore, quanto ad erogazione di beni e servizi, sono infatti nell'attuale realta' piu' facilmente difendibili ed hanno in se gia' un fattore intrinseco di protezione. Tale politica, "implicita" ed indiretta, anche se di grande rilievo per un atteggiamento attivo di protezione, non e' di per se' sufficiente. 163. E' indispensabile poter disporre di un quadro normativo adeguato e moderno, in grado di tenere conto dei fattori attuali di conflitto nei confronti delle foreste e di costituire un riferimento certo per l'operare del sistema e della politica forestale. 164. E' fortemente sentita l'esigenza di guingere quanto prima ad avviare un processo di riordino, aggiornamento e definitiva sistemazione complessiva delle attuali normative concernenti in modo specifico le foreste oltreche' le loro relazioni con il territorio e l'ambiente. La legislazione forestale italiana, tuttora imperniata sulla "legge forestale" del 1923, deve essere soggetta ad un profondo adattamento a nuove condizioni. Cio' in virtu' del mutato quadro sociale, economico e di competenze istituzionali, e delle tendenze che ne derivano a nuove interpretazioni del vincolo nell'ambito della politica urbanistica e del territorio. La determinazione di indici minimi di boscosita' per bacino e l'unicita' dell'autorita' regionale a cui attribuire le competenze in materia forestale potranno costituire due principi guida di tale prcesso di adattamento. 165. Ulteriori necessita' di aggiornamento del quadro normativo, sotto il profilo della tutela, riguardano l'operativita' ed il rafforzamento della regolamentazione delle attivita' pastorali sui boschi pubblici, anche nell'ambito di un ormai inderogabile adeguamento dell'istituto stesso dell'uso civico. Deve essere inoltre data soluzione al problema della legge quadro sui parchi e le riserve anche alla luce dell'istituzione del Ministero dell'Ambiente. E' questo l'indispensabile elemento regolamentare di una piu' generale politica di riconoscimento di valenze funzionali specifiche e di salvaguardia dei valori naturalistici dei territori forestali. 166. Una fondamentale componente della politica di tutela attiene agli aspetti istituzionali. Il Corpo Forestale dello Stato e' uno strumento indispensabile della politica di protezione oltre che della politica forestale nel suo complesso. Cio' in virtu' dell'ampio spettro di competenze, della qualificazione professionale, della particolare continuita' operativa che puo' assicurare. La fortunata scelta del mantenimento della sua unita', al momento del passaggio delle competenze e del demanio forestale alle regioni piu' recentemente al momento della costituzione del Ministero dell'Ambiente, si e' tuttavia scontrata con note difficolta' di adattamento alle nuove realta' istituzionali che hanno indotto tensioni disgregative e disorientamento operativo. Cio' ha amplificato la difficolta' gia' implicita nella molteplicita' delle dipendenze a cui e' soggetto a livello di Amministrazione centrale. E' evidente la necessita' di giungere ad una sistemazione definitiva dell'inquadramento del CFS nei rapporti tra competenze miniteriali e in quelli tra MAF e regioni. 167. Il potenziamento sia dal lato degli organici sia da quello della disponibilita' di mezzi e attrezzature sia infine sotto il profilo della professionalita', costituisce obiettivo intrinsecamente coerente con le finalita' del Piano Forestale. 168. Il Corpo Forestale dello Stato puo' contare attualmente su un organico complessivo pari a 7809 unita'. Di queste, 6829 unita' sono costituite da personale con qualifiche di Pubblica Sicurezza (788 ispettori ufficiali e 6041 sottufficiali e guardie incluse 900 unita' assunte in base alla legge 444/85) e 980 da personale di supporto tecnico ed impiegati, tecnici, amministrativi e operai. Un recente disegno di legge, decaduto per la fine della legislatura, prevedeva un incremento di organico per 1800 unita'. Il provvedimento, dovra' essere ripreso per porre rimedio a una situazione di carenza che comporta attualmente la chiusura di numerose Stazioni forestali e la presenza di un elemento in buona parte restanti. 169. Le disponibilita' finanziarie e i meccanismi applicativi recate per il periodo fino al 1990 dalla legge 752 (articolo 4) consentono di sostenere e in un certo modo di potenziare le dotazioni, attrezzature e attivita' del CFS relativamente ai suoi compiti di istituto, inclusi i costosi apprestamenti per la lotta contro gli incendi boschivi. Nell'ambito dell'operativita' e delle risorse del Piano Forestale sostegno ulteriore dovra' essere garantito al CFS in ragione delle sue peculiari funzioni. 170. Sul piano dei rapporti tra i diversi soggetti istituzionali pubblici, e' importante definire in maniera univoca i rapporti fra Stato e Regioni circa l'impiego del CFS per lo svolgimento delle funzioni amministrative trasferite alle Regioni in materia di foreste, vincolo idrogeologico, protezione della natura, difesa dei boschi contro gli incendi. Tali rapporti sono stati definiti sulla base di autonome e bilaterali convenzioni tra Ministero dell'Agricoltura e Foreste e singole Regioni. Le convenzioni esistenti sono nove. Altre sono in corso di predisposizione. Per effetto della legge 8 luglio 1986, n. 349, il CFS e' impiegato dal Ministero dell'Ambiente per la vigilanza prevenzione e repressione delle violazioni di legge ai danni dell'ambiente e del patrimonio naturalistico nazionale. Le modalita' di tale impiego sono state appropriamente definite mediante apposito protocollo d'intesa fra i due Ministeri firmato il 24 aprile 1987. 171. Le politiche specifiche di protezione contro vecchi e nuovi fattori di attacco e di danno alle foreste vanno inoltre proseguite e rafforzate. 172. La lotta agli incendi deve rimanere un punto fermo della politica forestale italiana. Essa ha riassorbito in passato ingenti risorse, con buoni successi nell'opera di contenimento e repressione, come evidenzia la diminuzione delle superfici percosse in rapporto al numero dei punti di fuoco. Sul piano legislativo, ai provvedimenti susseguitisi dopo la legge n. 47/1975 fino alla recente legge n. 752/1987, si e' aggiunto il Regolamento CEE n. 3529/86 concernente la realizzazione di opere e infrasrutture di lotta. Per l'opera di repressione, mezzi tecnici e abilita' operativi dovranno essere ampliati sia nell'ambito del Corpo Forestale che degli organismi competenti. L'estensione delle dotazioni di strumenti di avvistamento ed allarme puo' contribuire a rendere piu' rapido l'intervento. Carattere preventivo assumono le opere di decespugliamento e di pulizia delle formazioni meno curate e soggette ad accumulo al suolo di legnami di piccole dimensioni. 173. La direzione principale in cui deve muovere la lotta agli incendi e' tuttavia quella, attiva, delle autotutele da parte dei proprietari. Devono essere ideati strumenti di stimolo anche economico affinche' risultino ridotte e contrastate le convenienze tavolta implicite nell'incendio e nel ripristino del bosco. 174. La necessita' di contrastare i fenomeni di pioggia acida e di moria del bosco ha gia' dato luogo ad una ampia azione di monitoraggio da parte del Corpo Forestale dello Stato, anche in collaborazione con l'Enel in base ad una recente convenzione. E' una azione che va proseguita in modo sistemato nel tempo e nello spazio in virtu' del carattere dinamico del fenomeno. Il primo indispensabile strumento per impostare qualsiasi azione e' infatti quello conoscitivo. Essa puo' inquadrarsi ora negli strumenti di coordinamento sovranazionali introdotti dal Regolamento CEE n. 3528/86. L'azione preventiva passa necessariamente attraverso la politica globale dell'ambiente, sia a livello nazionale che internazionale. Un'azione comune e coordinata dalle varie competenze ministeriali e' quindi indispensabile in tema di osservazione dei danni e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, insieme ad una pronta adozione delle direttive comunitarie concernenti la riduzione delle emissioni inquinanti. 175. La protezione fitosanitaria dei boschi costituisce un ulteriore indirizzo di politica protettiva a cui devono essere destinate risorse. Trova il suo primo elemento nello sviluppo di programmi complessivi di ricerca su determinate malattie, a cui sono soggette le formazioni forestali italiane, e sui metodi di prevenzione di lotta. Va affiancata dall'introduzione di sistemi di ispezione che permettano di limitare la propagazione delle fitopatie su ampie superfici e dai trattamenti antiparassitari. L'obiettivo operativo: lo sviluppo economico del sistema forestale 176. L'attivazione degli strumenti del Piano, e in particolare la azioni in esso completate, deveno ricevere un adeguato grado di finalizzazione e derivare da scelte di priorita'. Il Piano deve operare pertanto con maggior forza su ben identificati "punti di leva" del problema forestale italiano, che per la loro rilevanza possono generare sequenze positive di effetti coerenti con l'obiettivo guida estese a tutto il sistema e protratte nel tempo. 177. L'esame dello scenario italiano fa chiaramente emergere come i problemi di ordine economico siano alla base di numerosi fattori di crisi del sistema forestale e come gli stessi problemi costituiscono tuttora il maggior condizionamento ad uno sviluppo maggiore e piu' recente. Sono in gran parte di origine economica i processi che hanno condotto ad un diminuito interesse della proprieta' per la cura delle risorse e per adeguati investimenti di miglioramento, di estensione, di concentrazione, di sviluppo. Sono inoltre gli interessi fattori a determinare gran parte dei fenomeni distruttivi e a precludere collegamenti efficienti tra le foreste e mercati potenzialmente amplissimi. Ad essi sono quindi collegati molte delle carenze funzionali riscontrabili per le foreste italiane. A questi problemi va data priorita' di soluzione, perche' capaci di condizionare l'intero sistema nel funzionamento e nella crescita. 178. Obiettivo prioritario sul piano operativo deve essere percio' quello di contribuire all'avvio di un processo di potenziamento economico del sistema forestale italiano. E' obiettivo finalizzato a quello, piu' complesso, di sviluppo delle funzioni che e' posto a guida della politica forestale. Rispetto ad esso costituisce, alla luce dei problemi attuali, l'unico realistico punto di partenza possibile. E' infatti quello a cui sono connessi gli effetti "moltiplicativi" piu' ampi, quello che puo' dare stabilita' allo sviluppo forestale, conferendo al settore un ruolo non equivoco e non ignorabile nell'economia italiana. Il tradizionale scarso peso politico delle foreste e' legato al loro scarso peso economico. E' questo un condizionamento da rimuovere, al fine dello sviluppo complessivo e multifunzionale del sistema forestale. 179. La necessita' di rivitalizzare gli interessi e le attivita' economiche del sistema forestale appare confermata e rafforzata dalla proponderante presenza della proprieta' privata. La capacita' di attrazione per gli investimenti, i capitali e le attivita' dei privati, risulta quindi un fattore cruciale di sviluppo. Inoltre, sebbene i soggetti pubblici proprietari rispondono a stimoli ed obiettivi spesso piu' ampi e compositi di quelli rilevanti per i privati, l'importanza economica delle foreste, sia diretta che indiretta, attraverso i benefici sul territorio, sull'agricoltura, sull'occupazione, risulta un fattore non secondario di impulso ad una corretta gestione. 180. L'obiettivo di sviluppo del sistema forestale centrale per il Piano, deve inoltre rispondere a nuovi indirizzi di fondo nel suo riferimento alle risorse. E' questo uno snodo cruciale dell'intera architettura del piano. Sempre elevato e' stato in passato il grado di identificazione tra scelta programmatica di sviluppo economico e politica di imboschimento. I risultati dell'inventario danno invece sostegno e certezza di validita' a una diversa scelta, che si propone venga assunta come propria del piano. 181. La validita' dell'imboschimento come strumento di sviluppo per il medio e lungo periodo, resta immutata. Tuttavia, operare in via prioritaria su di una risorsa gia' quantitativamente rilevante puo' offrire nemerosi vantaggi di ordine economico diretto ed indiretto. Permette di conseguire risultati multipli in termini di aumento delle capacita' funzionali produttive ed ambientali ed il problema dei tempi di attesa e dei rischi di fallimento puo' essere assai inferiore rispetto all'imboschimento. Vengono evitati i problemi di reperimento dei terreni adatti e dei proprietari disponibili, che hanno costituito un forte freno alle recenti esperienze di politica di imboschimento. Piu' elevati risultano inoltre i "coefficienti" di attivazione dell'occupazione intellettuale e manuale, alla quale e' richiesto, nella cura delle foreste, una attivita' continua e prolungata nel tempo. Gli obiettivi specifici 182. L'obiettivo operativo puo' ricevere piu' precisa fisionomia attraverso alcuni obiettivi specifici. Il potenziamento delle condizioni di validita' economica del sistema forestale passa attraverso un maggiore e piu' efficiente collegamento con alcuni grandi settori dell'economia e della vita sociale, dai quali dipendono in modo determinante sia la gestione delle risorse forestali che la loro destinazione d'uso. Tali settori costituiti da territorio e avente, agricoltura ed industria. Foreste e territorio 183. Il primo obiettivo specifico e' quello di sviluppare un maggior volume di investimenti forestali pubblici con funzioni protettive del territorio e conservative dei beni naturali. 184. L'attuale struttura del sistema forestale evidenzia che buona parte delle attivita' di protezione e conservazione, implicite nella gestione delle foreste e ricche di conseguenze economiche indirette, viene condotta dai privati. Vincoli ed incentivi sono quindi gli strumenti che dovrebbero mantenere in "equilibrio" un sistema dove consistente e' l'erogazione privata di benefici collettivi. Dove tuttavia le funzioni protettive e conservative delle foreste private si rivelano negativamente condizionanti per i redditi e conducono ad un eccessivo carico di vincoli d'uso, il sistema degli incentivi rappresenta spesso una compensazione inadeguata per mantenere l'interesse e la cura delle foreste da parte dei proprietari. Cio' vale a maggior ragione per le possibilita' di nuovi investimenti di forestazione di terreni abbandonati dove e' oggettiva la prevalenza di finalita' protettive. 185. Nella urgente necessita' di contenere i fenomeni di degrado a cui sono soggetti il territorio e parte delle risorse forestali con piu' spiccate funzioni ambientali, l'azione diretta degli enti pubblici deve quindi supplire in massimo grado alle situazioni di disinteresse economico privato per le iniziative forestali con prevalenti benefici collettivi. L'acquisizione in varia forma di foreste degradate e di terreni abbandonati da forestare deve divenire uno strumento primario di politica territoriale e ambientale degli Enti pubblici, ricco di implicazioni economiche dirette ed indirette per l'agricoltura, il turismo e le economie locali. Questo indirizzo e' in parte recepito nel decreto legge n. 167 del 2 maggio 1987, che rinverdisce la tradizione legislativa iniziata con la legge 991 del 1952. Allo strumento dell'intervento diretto, gli Enti pubblici dovrebbero inoltre associare azioni che facilitino la valorizzazione dei boschi privati sotto il profilo turistico o dello sviluppo dei prodotti del sottobosco, con l'obiettivo di amplificare le possibilita' di permanenza privata anche nelle gestioni forestali che non presentano rilevanti componenti di reddito per i prodotti legnosi. 186. L'obiettivo e' quindi di giungere ad una maggiore corrispondenza tra presenza pubblica diretta e foreste a prevalenti funzioni conservative, idrogeologiche e comunque generanti forti economie esterne. Coerentemente, devono essere perseguite azioni che permettano di fornire maggiori sostegni alle attivita' forestali private che persentano un rilevante squilibrio tra costi privati e benefici collettivi. Foreste e agricoltura 187. Il secondo obiettivo specifico del Piano e' quello di favorire un maggiore e piu' equilibrato sviluppo delle relazioni tra agricoltura e sistema forestale. Esso trova giustificazione nella prevalenza di strutture forestali interne o strettamente contigue a quelle agricole e nella complessa evoluzione dell'agricoltura e della Politica Agricola Comune che prefigura contrazioni della base produttiva territoriale, diminuita redditivita' delle colture tradizionali ed eccedentarie, necessita' di diversificazioni colturali. Sebbene le foreste difficilmente possono costituire una alternativa colturale integrale e specializzate per le aziende agricole, l'obiettivo deve essere quello di condurre la cura dei boschi esistenti e l'investimento forestale a divenire una valida possibilita' di diversificazione "parziale", ed un elemento di sviluppo "integrato" delle aree dove gia' e' prevalsa o tende a prevalere una progressiva espulsione delle risorse agricole, umane e territoriali del sistema produttivo. 188. Nelle aree agricole montane e collinari, dove tradizionalmente piu' forte, ma progressivamente indebolita, e' risultata l'integrazione tra attivita' agricole e forestali, queste ultime devono rientrare in posizione non marginale, in un contesto di redditi multipli e con una molteplice valorizzazione delle funzioni delle foreste. Assume in cio' un rilevante ruolo l'azione degli Enti pubblici. Vanno ricercati spazi di "sostituzione" forestale negli ordinamenti produttivi di quelle aziende agricole che presentano gli stessi indirizzi dell'agricoltura di pianura ma su terreni meno produttivi. Va ricercato inoltre un maggior equilibrio tra pascolo e foreste. 189. Per condizioni di partenza e potenzialita', le diverse aree agricole montane e collinari presentano elevati caratteri di specificita'. Diverso e' ad esempio il ruolo che in esse possono assumere la valorizzazione turistica dei boschi, o lo sviluppo dei prodotti del sottobosco, gia' importante integrazione di reddito in alcune aree, bisognosa di azioni promozionali in altre. Diverse sono infine le necessita' di investimenti pubblici che completino l'integrazione fisica del bosco nel territorio e quindi la sua integrazione economica. Adatta a tali condizioni specifiche deve essere quindi l'azione in ogni area montana e collinare, seppure secondo principi generali omogenei. 190. La scelta forestale puo' trovare spazi maggiori anche nell'ambito dell'agricoltura di pianura, come forma di adattamento delle scelte produttive all'evoluzione delle condizioni di mercato. Le scelte da arboricoltura da legno ed il pioppo in particolare appaiono le piu' facilmente inseribili, poiche' presentano minori problemi di reddito dilazionato ed incerto caratteri di piena reversibilita' a fine turno e quindi di alternanza con le colture annuali. Va perseguita a tal fine una piu' corretta trasmissione dei "segnali" di mercato che possa ridurre l'instabilita' delle decisioni di piantagione. 191. L'innalzamento della redditivita' relativa rispetto ad altre scelte aziendali, o rispetto alle occasioni di lavoro e di investimento esterne, appare un elemento condizionante della possibilita' per le foreste di assumere un maggior ruolo nell'economia agricola. Una situazione di vantaggio comparato puo' essere generata nel breve termine, da dinamiche sfavorevoli dei prezzi agricoli o dall'azione pubblica di incentivo. Una situazione stabilmente interessante puo' venire solo dal mercato. E' questa la direzione verso cui gradualmente ci si deve muovere. Un ulteriore requisito per lo sviluppo dell'integrazione e' percio' un maggior supporto tecnico alle attivita' forestali delle aziende agricole, quando queste non sono in grado di provvedere da sole o quando non hanno dimensioni adeguate per farlo. Gestioni associative, partecipazioni gestionali esterne, pubbliche o private, possono inoltre contribuire a rendere piu' efficiente redditizio e stabile lo sviluppo delle attivita' forestali all'interno dell'agricoltura. Foreste e industria 192. Il terzo obiettivo specifico del piano e' quello di contribuire allo sviluppo delle relazioni tra foreste ed industria del legno. Esso implica il rafforzamento delle capacita' di offerta di materia prima di legno. Non implica programmi esclusivi di "forestazione industriale". 193. Questo obiettivo trova la sua piena giustificazione negli ampi fabbisogni interni di legno e negli ampi flussi di importazioni. E' prospettiva giustificato dalle aspettative di ulteriori aumenti dei consumi da parte delle industrie del legno, del mobile e della carta, e dalle crescenti difficolta' operative dei comparti di prima trasformazione del legno, la cui presenza costituisce invece un costante elemento di impulso per lo sviluppo delle foreste. 194. Due appaiono essere i principi requisti di ordine generale: il raggiungimento di un maggior grado di competitivita' dei prodotti legnosi interni, e lo stabile rafforzamento della base produttiva forestale. Si tratta di necessita' interdipendenti. L'ampliamento dell'offerta legnosa e' impensabile senza una maggiore competitivita'; quest'ultima contribuisce scarsamente all'obiettivo se non vi e' un ampliamento dell'offerta potenziale, poiche' tutti i processi di trasformazione e commercializzazione hanno scale operative adeguate da rispettare. 195. I fattori di competitivita' su cui operare sono molteplici e di diversa natura. Attengono agli standard qualitativi e tecnologici del legno, ai costi delle lavorazioni forestali, alla continuita' delle possibilita' estrattive, che si riflette anch'essa sui costi oltreche' sui collegamenti commerciali. Alcuni di questi fattori sono migliorabili nel luogo periodo, essendo connessi alle caratteristiche delle risorse, altri richiedono mutamenti delle strutture di gestione e lavorazione forestale, una meccanizzazione ed un apparato infrastrutturale piu' adeguato. 196. L'ampliamento della base produttiva puo' trovare risorse forestali gia' disponibili. Le potenzialita' piu' immediate appaiono connesse all'utilizzazione dei rimboschimenti effettuati in passato e gia' a maturita', che non trovano per la maggior parte sbocchi di mercato. Un maggiore impulso dovrebbe inoltre ricevere lo sfruttamento industriale del legno dei cedui, il piu' abbondante, nell'industria dei pannelli e della carta, le piu' bisognose. Gli adattamenti di "struttura" dalle foreste, e soprattutto la conversazione a fustaia di ampie superfici a ceduo, possono determinare offerta immediata di prodotti legnosi anche ad uso industriale e preparare una offerta futura piu' in linea con le esigenze del mercato. 197. La continuita' nel medio e lungo periodo, delle potenzialita' di offerta potra' essere perseguita attraverso una adeguata "pianificazione colturale" e attraverso l'opera di rimboschimento. Quest'ultima dovra' muoversi essenzialmente in due direzioni: introduzione di specie a rapido accrescimento dove tecnicamente possibile, e sviluppo dei rimboschimenti con specie pregiate, capaci di ricostruire un prezioso capitale ecologico e legnoso. Per la sua importanza produttiva la pioppicoltura deve essere oggetto di una specifica politica di "salvaguardia" che, a partire dal gia' adeguato sviluppo di base, permetta di eliminare le difficolta' di funzionamento del mercato e di estendere ulteriormente quanto piu' possibile l'arboricoltura da legno. Le azioni 198. Il Piano si propone di perseguire i propri obiettivi attraverso un insieme di azioni, che presentano vari gradi di interrelazione e di complementarieta' fra di loro, volte a: potenziare l'uso foresale del territorio, sviluppare le infrastrutture, i servizi e la ricerca, sviluppare specifici settori e specie forestali, raccordare gli interventi in particolari ambiti territoriali. Il carattere delle azioni e' differenziato, sia nella natura che nei tempi di attuazione. Gli interventi di natura finanziaria, piu' specificatamente, siano essi affidati ad una gestione centrale, ad una gestione regionale o ad una cogestione Stato-Regioni, risultano in generale implementabili da subito in base alla legge 752. Gli interventi di natura non finanziaria, relativi ad aspetti normativi, ad aspetti istituzionali e ad aspetti fiscali, richiedono tempi di maturazione e di gestazione piu' lunghi: essi potranno essere implementati, di conseguenza, progressivamente lungo l'arco temporale di vita del piano. Andra' comunque tenuta presente, ai fini di un corretto coordinamento programmatorio, la necessita' che gli interventi riguardanti il settore derivanti da direttive e regolamenti comunitari, dal Fondo Investimenti Occupazione (FIO) e dall'intervento straordinario per il Mezzogiorno, siano collegati in modo uniforme e sistematico con gli obiettivi e le azioni del Piano. 199. Le azioni del Piano possono essere aggregate in due grandi classi: la politica per il potenziamento delle imprese del sistema forestale e la politica per il potenziamento delle infrastrutture (materiali ed immateriali). 200. Nell'ambito della politica per il potenziamento delle imprese del sistema forestale (che ha come soggetti interessati le imprese forestali e operanti nella "filiera" forestale) il Piano definisce tre categorie di interventi finanziari, cui potranno aggiungersene altre durante l'arco di vita del Piano stesso: le azioni per il miglioramento della gestione forstale, le azioni per lo sviluppo tecnologico, le azioni per la manutenzione e lo sviluppo della foresta. Anche nell'ambito della politica per il potenziamento delle infrastrutture (a carattere piu' mercatamente "orizzontale", strettamente complementare alla precedente nel breve-medio termine e destinante nel contempo a creare le condizioni per una crescita di interventi finanziari: le azioni per la ricerca, le azioni per l'informazione, le azioni per la promozione e il mercato. 201. La politica per il potenziamento delle imprese del sistema forestale e la politica per il potenziamento delle infrastrutture tengono conto, al loro interno, di due aspetti "trasversali" di grande rilievo: la necessita' di operare in modo selettivo rispetto ai settori e alle specie forestali e la necessita' di raccordare gli interventi su scala territoriale. 202. L'obiettivo dello sviluppo dell'uso forestale del territorio e' pure perseguito dal Piano attraverso una terza classe di interventi, la politica per il verde urbano. "Nuova" nell'ambito delle politiche forestali, essa risponde all'esigenza di soddisfare, in modo non convenzionale, la crescente sensibilita' ambientale e ricreativa e lo stesso fabbisogno di vivibilita' delle popolazioni urbane. Una politica per il potenziamento delle imprese del sistema forestale 203. I benefici ambientali "esterni" e il contributo dato, attraverso l'offerta di materie prime, alla riduzione del vincolo di bilancia dei pagamenti connessi con il potenziamento dell'uso forestale del territorio non trovano, in larghissima parte dei casi, una corrispondenza a livello microeconomico: agli alti costi della gesione forestale e del rimboschimento, infatti, si contrappongono ricavi, per le singole imprese, spesso ridotti, dilazionati ed incerti. 204. La ricostituzione di un miglior equilibrio a livello microeconomico, attraverso il rafforzamento delle imprese forestali e delle imprese operanti nella "filiera" forestale, rappresenta uno strumento necessario per il perseguimento dell'obiettivo guida indicato in precedenza. Per questa via, infatti, si ottiene non solo un ovvio miglioramento in funzione economica dei boschi, ma anche, attraverso la salvaguardia dell'attivita' forestale, un miglioramento nelle funzioni ambientali e ricreativa. 205. Esiste gia' un sistema di incentivi finanziari e fiscali molto ampio, per gli investimenti di rimboschimento e di valorizzazione dei boschi, nella legislazione nazionale e regionale e negli interventi per il Mezzogiorno. L'articolazione risulta pero' complessa e di non facile lettura e valutazione; sono presenti, inoltre, profonde difformita' a livello territoriale, solo in piccola parte giustificata dalla peculiarita' delle situazioni locali. 206. Appare di conseguenza necessario, innanzitutto, ai fini di una piu' elevata razionalita' e coerenza dell'intervento pubblico, raggiungere un maggior grado di uniformita' degli incentivi sul territorio nazionale, pur con il necessario privilegio accordato al Mezzogiorno. Dovranno a tale scopo essere studiate con le regioni alcune linee guida, che permettano una maggior uniformita' nei livelli e nelle condizioni di incentivazione accordati a investimenti forestali del medisimo tipo. Dovra' essere, inoltre, raccordata con gli obiettivi del Piano la graduazione degli incentivi, per soggetti destinatari e per tipo di investimenti, privilegiando le situazioni di esistenza di vincoli sui terreni (pubblici e privati) e di rilevanza per la difesa idrogeologica da un lato e le iniziative (soprattutto private) per l'espansione forestale "produttiva", dall'altro. 207. Il riordino della struttura e dei modi di erogazione del sistema di incentivazione attuale da condurre in modo coordinato con le regioni, deve essere accompagnato da un processo di ripensamento e di innovazione degli stessi strumenti di incentivo. Specificatamente, alle prevalenti forme adottate, contributi in conto capitale ed agevolazioni creditizie, appare opportuno affiancare forme di incentivazione a carattere piu' "continuo" e non limitato alla fase iniziale dell'investimento, nell'ottica di superare gli svantaggi e le "diversita'" che le foreste presentano nel profilo temporale dei costi e dei ricavi e nell'ottica di favorire la regolarita' di svolgimento delle operazioni di cura degli impianti forestali, essenziali per le capacita' funzionali degli impianti stessi, ma spesso trascurate per ragioni economiche. Il Piano risponde a questa importantissima esigenza attraverso le azioni per la manutenzione e lo sviluppo della foresta. 208. Alternativamente, o in via complementare, possono essere messe allo studio, come strumento per alleviare gli svantaggi e i disincentivi connessi ai tempi dell'investimento forestale, forme paracreditizie di anticipazione dei redditi attesi. Tali forme, determinando una posizione debitoria nei confronti dell'ente erogatore, potrebbero anch'esse favorire una cura maggiore e piu' continua degli impianti forestali, finalizzata all'ottenimento di una produzione legnosa quantitativamente e qualitativamente superiore. 209. Al fine di ovviare ai fenomeni di "non gestione" puo' essere anche valutata l'opportunita' di adottare modelli di gestione congiunta pubblico-privato, che ripropongano in forma estesa il "rimboschimento obbligatorio" attraverso l'occupazione temporanea di terreni privati prevista, per fini idrogeologici dalla legge del 1923, che ricalchino il modello francese dei "prestiti in lavoro". Misure di questo tipo, pero', risultano di notevole impegno per l'ente pubblico (nel modello francese, ad esempio, e' previsto un intervento diretto nella gestione del rimboschimento e nel miglioramento boschivo fino alla maturita', con una successiva spartizione dei proventi fra i contraenti fino al rimborso dei costi sostenuti): esse risultano attuabili, quindi, solo in presenza di strutture di erogazione molto stabili e di "certezza" della continuita' di finanzamento. 210. La creazione di un Fondo Forestale Nazionale, di modello francese o simile a quello gia' istituito dal secondo Piano Verde, potrebbe costituire uno strumento razionale di coordinamento e di guida delle politiche di incentivazione finanziaria. Fondamentale potrebbe risultare una gestione congiunta del Fondo, fra Stato e Regioni. I principi di azioni cofinanziate sta rivelandosi elemento chiave nell'applicazione delle politiche (azioni "orizzontali" come strumenti di una politica dei fattori) previste dell'articolo 4 della legge n. 752 in attuazione del Piano Agricolo Nazionale. 211. L'accentuazione delle esenzioni fiscali puo' costituire un importante complemento degli incentivi finanziari. Il regime attuale, nonostante il gettito ridottissimo garantito all'erario, puo' risultare in molti casi distorsivo e disincentivante alla luce della esiguita' e della discontinuita' del reddito. Ci si riferisce soprattutto al regime delle successioni, che, al pari di quanto avvenuto in altri paesi, e' causa di eccessiva frammentazione delle proprieta', agendo in senso contrario rispetto alle necessita' di un dimensionamento efficiente ai fini gestionali. Si potrebbe, ad esempio, prevedere l'esenzione totale nel caso in cui gli eredi diano luogo alla costituzione di una societa' per la gestione unitaria del patrimonio (costituzione che potrebbe essere resa addirittura obbligatoria nel caso in cui siano in corso attivita' soggette ad incentivo pubblico e nel caso di successione relativamente a terreni comunque rimboschiti). Si potrebbe altresi prevedere l'estensione delle agevolazioni fiscali, contenute negli artt. 8 e 9 del D.P.R. 29-9-1973, n. 601, e successive modificazioni ed integrazioni, alle attivita' di gestione, conservazione, miglioramento realizzate nell'ambito del Piano. 212. La grave situazione di difficolta' venutasi a creare in questi anni nei mercati agricoli internazionali e comunitari potrebbe consigliare, nel futuro prossimo, di accentuare il trasferimento alla forestazione di risorse territoriali e aziendali attualmente allocate in attivita' agricole scarsamente produttive. Si renderebbero necessarie, in questo caso, politiche di incentivazione "ad hoc" basate su strumenti piu' simili a quelli impiegati nelle politiche agricole, che conferiscano carattere il piu' "indolore" alle diversificazioni in direzione forestale. Il sostegno alle aziende agro-forestali che conducono anche attivita' faunistiche e allevamenti di selvaggina stanziale, puo' essere considerato a pieno titolo come parte di una politica per il potenziamento delle imprese del sistema forestale. Componente rilevantissima dell'ecosistema bosco, la fauna puo' consentire aumenti di ricchezza ecologica ed insieme integrazioni di reddito per le aziende, facilitando cosi' le gia' citate diversificazioni forestali dell'agricoltura montano-collinare, anche in un'ottica di sviluppo e agrituristico. 213. Accanto agli strumenti di incentivazione finanziaria diretta, la politica per il potenziamento dell'uso forestale del territorio deve perseguire un diffuso processo di riassetto gestionale e tecnologico delle strutture di impresa che operano nel sistema forestale. I soggetti interessati sono, prioritariamente, le proprieta' forestali e le imprese di "utilizzazione" e di prima commercializzazione dei prodotti legnosi. Deve essere favorita l'aggregazione e la creazione di modelli di impresa piu' moderni e piu' efficienti ai due livelli della "filiera" del legno; deve essere promosso un grado piu' elevato di integrazione verticale fra le imprese (usualmente distinte nella realta' attuale) dei due livelli e fra queste e le fasi di lavorazione e commercializzazione piu' a valle. La strumentazione che puo' essere attivata per un tale processo appare molto ampia e articolata, investendo le forme contrattuali e i rapporti giuridici, gli incentivi finanziari e gli incentivi fiscali. 214. Dal punto di vista gestionale il Piano prevede, attraverso le azioni per il miglioramento della gestione forestale, l'adozione su ampia scala di forme aggregative, al pari di quanto intrapreso in altre realta' nazionali dalle condizioni simili a quelle italiane. L'adozione di forme aggregative, in luogo della formazione di proprieta' comuni, nasce dalle difficolta' di dar luogo a profondi mutamenti delle strutture fondiarie, gia' evidenziate dal settore agricolo. Essa permette, d'altra parte, la conservazione di spazi piu' ampi per l'entrata di aziende agricole in cui le attivita' forestali, gia' presenti o da svilupparsi, assumano carattere fortemente complementare, contribuendo all'obiettivo di una piu' estesa e migliore integrazione tra agricoltura e foreste. Essa puo' dare spazio alla creazione di societa' miste in cui siano presenti gli enti pubblici e alla creazione di societa' con apporti, da parte di alcuni soci, di capitale invece che di boschi. 215. Dal punto di vista tecnologico il Piano interviene, attraverso le azioni per lo sviluppo tecnologico, promuovendo l'innovazione nei processi di lavorazione, indispensabile per migliorare la posizione di mercato dell'offerta interna di legno e per rendere conveniente l'utilizzo produttivo stesso in boschi piu' "poveri". Le azioni per lo sviluppo teconolgico, rivolte al sistema delle imprese, trovano poi un loro importantissimo complemento nella politica infrastrutturale, e in particolare nelle azioni per la ricerca e la sperimentazione. Le azioni per il miglioramento della gestione forestale. 216. Il sistema delle imprese forestali e agro-forestali risulta estrememente disperso; esistono, viceversa, molteplici attivita' che necessitano di scale dimensionali piu' adeguate. In primo luogo la predisposizione di piani di assestamento forestale e di gestione, obbligatori per i boschi pubblici ed altamente consigliabili per i boschi privati, che risultano tanto piu' significativi quanto piu' l'area considerata e' ampia e ad alto grado di contiguita'. In secondo luogo le cure colturali e le operazioni di raccolta, con i connessi problemi di meccanizzazione. In terzo luogo il collegamento con il mercato. 217. Risulta tra gli obiettivi del Piano, di conseguenza, la promozione di consorzi di gestione forestale, con forma giuridica da definire, formati fra proprietari privati, fra propretari privati e proprietari pubblici (Stato, Regioni, Comuni, Aziende Regionali delle Foreste, ecc.) ed eventualmente fra proprietari ed imprese di utilizzazione e di prima lavorazione del legno, soddisfacenti a requisiti minimi in termini di area forestale (500/1000 ettari) e di contiguita'. 218. La strumentazione proposta e' di duplice natura. Da un lato, all'interno delle azioni qui considerate, essa consiste in: (a) un contributo finanziario "una tantum" alla nascita dei consorzi (dimensionato in relazione all'area forestale coperta); (b) un contributo finanziario alla predisposizione e all'aggiornamento dei piani di assestamento e di gestione forestale dei consorzi stessi. Dall'altro, essa consiste in un riconoscimento di priorita' per l'accesso alle provvidenze previste nell'ambito di altre azioni del Piano. Il supporto ai consorzi di gestione forestale offre ideale terreno a forme di cofinanziamento Stato-Regioni. Le azioni per lo sviluppo tecnologico 219. La competitivita' dei prodotti forestali italiani e, in connessione, lo sfruttamento delle risorse disponibili e la cura del patrimonio forestale sono strettamente dipendenti dal livello tecnologico delle diverse attivita' nella filiera. Ad incrementi del livello tecnologico, infatti, corrispondono cali nei costi di lavorazione e/o miglioramenti nella qualita' dei prodotti ottenibili. Essi non solo permettono una maggior redditivita' delle attivita' forestali, ma possono addirittura contribuire, in diversi casi, all'uscita dall'"area dei prezzi di macchiatico negativi", con conseguente interesse ad uno sfruttamento razionale del bosco e ad un suo mantenimento in efficenza da parte dei proprietari. 220. Una analisi del livello tecnologico del sistema forestale italiano evidenzia molte, anche se non uniformi, carenze. Si pone il problema di aumentare il grado di meccanizzazione complessivo, riducendo anche la fatica fisica del lavoro, relatvamente alle operazioni di taglio, movimentazione, caricamento e trasporto, allestimento, scortecciatura, cippatura, esbosco, potatura, trattamenti antiparassitari ecc.; si pone il problema, piu' in generale, di elevare l'efficienza complessiva delle imprese di lavorazione forestale e delle piccole imprese di trasformazione del legname. Deve essere svecchiato il parco attuale, procedendo ad una progressiva sostituzione con macchine e utensili che "incorporino" le innvoazioni piu' avanzate e che abbiano carattere "non distruttivo" per le foreste; deve essere favorita una piu' estesa realizzazione direttamente in foresta delle prime operazioni di preparazione e trasformazione del legno; deve essere favorito un processo continuo di aggiornamento e formazione degli addetti forestali. 221. Le priorita' delle proposte del Piano, nell'ambito delle azioni per lo sviluppo tecnologico, sono le seguenti: (a) diffusione di macchine utensili e tecnologie complete ad alto grado di innovazione (con contributi in conto capitale e in conto interessi sugli investimenti) (b) sostituzione di macchine utensili e attrezzature obsolete (con meccanismo analogo a quello previsto dal Piano agricolo); (c) formazione degli addetti forestali ad un corretto uso, dal punto di vista tecnico, economico ed ambientale delle tecnologie. 222. Si prevedono come destinatari delle azioni per lo sviluppo tecnologico, per quanto concerne le priorita' (a) e (b), i consorzi di gestione forestale in primo luogo, i proprietari di boschi pubblici e privati, le imprese di lavorazione forestale, private e cooperative, che svolgono in conto terzi le attivita' di cura, di taglio, di esbosco, di trasporto e di prima commercializzazione; per quanto concerne le priorita' (c), le Aziende Regionali delle Foreste. Le azioni saranno inquadrate in un programma nazionale a carattere pluriennale con un significativo coinvolgimento delle regioni. Le azioni per la manutenzione e lo sviluppo della foresta. 223. Il diverso stato di salute delle foreste italiane e la necessita' di un loro mantenimento, miglioramento ed ampliamento, in funzione delle molteplici finalita' (ambientali, produttive, ricreative) cui devono assolvere, impone una serie articolata di azioni, volte ai seguenti obiettivi: - mantenere e migliorare i boschi esistenti, dal punto di vista delle condizioni ecologiche e vegetative, del paesaggio, della capacita' di difesa dell'assetto idrogeologico, della riduzione dei rischi di incendio (derivanti da materiali di accumulo) della produttivita' e delle caratteristiche tecnologiche dei prodotti legnosi disponibili: - promuovere una corretta opera di rimboschimento, privilegiando, ove possibile, le specie indigene pregiate soggette ad intensa utilizzazione nel passato ed aventi lunghi cicli di maturazione - favorire il consolidamento e lo sviluppo, nelle aree vocate, di una efficiente arboricoltura da legno (pioppo, castagno e sughera, nonche' altre specie a rapido accrescimento compatibili con l'ambiente). 224. Le priorita' del Piano, in questo contesto sono tre: (a) contributi ai costi colturali per il miglioramento dei boschi "poveri" esistenti e per il corretto avviamento dei rimboschimenti (b) contributi ai costi colturali per il miglioramento e l'ampliamento della arboricoltura produttiva (pioppo, castagno, sughera); (c) contributi al rimboschimento con specie pregiate. 225. Per quanto concerne la priorita' (a), l'attenzione e' rivolta ai cosiddetti boschi "poveri", che rappresentano la componente prevalente del patrimonio forestale del paese. Sono considerati, a questo fine, boschi "poveri"; tutti i boschi cedui; le fustaie in riconoscibile stato di degrado e abbandono colturale; i boschi soggetti ad attacchi parassitari o danneggiamenti da eventi climatici. Risultano comunque escluse le colture forestali di cui alla priorita' (b). L'attenzione e' rivolta anche ai rimboschimenti nuovi fino all'eta' di 30 anni, con l'eccezione dei pioppeti - di cui alla priorita' (b) - e delle specie pregiate - di cui alla priorita' (c). Le azioni previste consistono nelle concessioni di contributi, in base ad un progetto e ad un successivo collaudo, ad operazioni quali i tagli di diradamento, le pulizie del suolo, le conversioni dei cedui ad alto fusto ed altre piu' connesse alla tecnica colturale delle singole specie considerate. Tra le attivita' a cui rivolgere tali azioni vanno considerate anche le operazioni di manutenzione delle opere gia' esistenti di viabilita' forestale (comprese le fasce frangifuoco) che abbiano come fine il ripristino e l'efficienza e non comportino alterazioni delle strutture e delle funzioni originarie. I destinatari dei contributi sono i proprietari, con una preferenza (ed una eventuale maggiorazione dei contributi stessi) per i consorzi di gestione forestale. La gestione delle azioni avverra' a livello regionale, in base a linee-guida definite a livello nazionale. Di grandissima rilevanza ed efficacia, anche come garanzia e presidio di buona concertazione, risultera' l'adozione del regime di co-finanziamento Stato-Regioni. Condizioni di particolare favore nella erogazione dei contributi per il miglioramento dei boschi poveri e per nuovi rimboschimenti saranno previste per i piccoli proprietari boschivi presenti in aziende e per le aziende agro-silvo-pastorali a conduzione diretta, ancorche' non consorziati. 226. A differenza delle azioni previste per la priorita' (a), che vedono nel potenziamento della produzione legnosa una finalita' importante, ma strumentale alla sopravvivenza dei boschi, la priorita' (b) concerne direttamente l'arboricultura produttiva e, piu' specificatamente, il pioppo, il castagno. la sughera. Gli interventi previsti, rivolti sia agli impianti esistenti che a quelli nuovi, riguardano essenzialmente l'erogazione di contributi, in base a "piani di coltivazione" relativi all'intero turno e a successivi collaudi, per i trattamenti parassitari, le potature le arature ed altre cure da realizzare nel periodo di turno stesso; essi hanno come destinatari i proprietari, siano essi privati o imprese integrate verticalmente (per cui potrebbe essere studiata un maggiorazione dei contributi, a fini di incentivazione dell'integrazione stessa). Gli interventi sono altresi' finalizzati ad invertire il segno negativo che caratterizza l'evoluzione delle piantagioni della pioppicultura, attraverso il miglioramento della redditivita' e/o il miglioramento del legno ottenibile e la riduzione del rischi di fallimento della piantagione a causa di fattori patogeni (legati alla realizzazione dei trattamenti e delle cure, talvolta carenti per motivi economici); essi possono comportare, in orizzonti temporali relativamente brevi, un incremento quantitativo e qualitativo dell'offerta nazionale di legno per l'industria. Gli interventi sono altresi finalizzati a cogliere le notevoli opportunita' non sfruttate e prospettiche della castanicoltura da legno nell'ambito delle industrie nazionali di trasformazione, e mirano ad un rilancio della subericoltura italiana nell'ambito di mercati in crescita ma caratterizzati da forte competizione internazionale. La gestione delle azioni averra' a livello regionale, in base a linee-guida definite a livello nazionale. Anche in questo caso si prevede il regime di cofinanziamento Stato-Regioni. 227. Per quanto concerne la priorita' (c), a carattere prevalentemente ambientale e con implicazioni produttive di lunghissimo periodo, le azioni risultano finalizzate a ricostruire i boschi di specie indigene a lungo ciclo di maturazione (che sono stati soggetti ad una utilizzazione molto intensa nel passato anche recente), contribuendo a mantenere una corretta struttura ecologica dei boschi stessi e a ripristinare, per le generazioni future, una offerta di legno con elevati pregi estetici e teconologici. Gli interventi previsti consistenti in contributi in conto capitale o in conto interessi sulla base di progetti e successivi collaudi, riguardano: - il rimboschimento ex-novo di terreni gia' forestati o comunque riconosciuti adatti ad ospitare le specie idonee; - l'introduzione, tra le specie presenti in boschi cedui o in fustaie degradate, di ciliegio, noce, acero ed altre essenze pregiate, nonche' di piante tartufigene o in grado di favorire la produzione di funghi o di altri prodotti del sottobosco; - la graduale sostituzione di specie estranee all'ambiente ed il paesaggio. I destinatari dei contributi sono i proprietari, con unaa preferenza (ed una eventuale maggiorazione dei contributi stessi) per i consorzi di gestione forestale. La gestione delle azioni avverra' a livello regionale, in base a linee-guida definite a livello nazionale. Verra' il regime di cofinanziamento Stato-Regioni. Una politica per il potenziamento delle infrastrutture 228. La politica di supporto diretto al sistema delle imprese deve essere affiancata da una politica "orizzontale" di potenziamento delle infrastrutture, materiali e soprattutto immateriali, di natura prevalentemente pubblica e di carattere esterno. Esistono, sotto questo profilo, necessita' molto ampie e diffuse di intervento, a causa della scarsa dinamicita' evidenziata nel tempo dallo sviluppo dell'apparato infrastrutturale e dei servizi. 229. Nell'ambito delle infrastrutture fisiche, l'accessibilita' ai boschi e' una delle condizioni fondamentali per svolgere qualsiasi tipo di attivita' produttiva, colturale, di protezione del bosco e di fruizione ricreativa. I risultati dell'Inventario mettono in evidenza che una quota preponderante delle foreste italiane, circa l'80%, si trova in condizioni di accessibilita' buona o accettabile. La politica di viabilita' forestale, favorita da tempo in gran parte dagli schemi di incentivo regionali, nazionali e comunitari, non sembra quindi necessitare di forte e uniforme impulso. Essa va condotta piuttosto, ove necessario, con criteri non casuali selettivi di pianificazione razionale a carattere non distruttivo e con appropriata manutenzione delle strade esistenti, spesso abbandonate. 230. Nell'ambito delle infrastrutture immateriali, i servizii specialistici alle imprese forestali costituiscono un elemento indispensabile per la corretta conduzione delle imprese stesse. La difficolta' di uno sviluppo adeguato in proprio rende l'acquisizione all'esterno, da parte delle imprese, di numerosi servizi una via obbligata e razionale, anche se costosa. Appare opportuno, di conseguenza, puntare ad una moltiplicazione delle possibilita' di usufruire dei servizi esterni stessi, sia attraverso un loro maggior sviluppo, sia contribuendo a ridurne il costo per gli utilizzatori. Il Piano opera gia' in questa direzione, indirettamente, attraverso varie azioni di supporto alle imprese. Si possono porre allo studio, pero' altre linee di azione piu' dirette. Tra queste di rilievo appare il perseguimento dello svilupo, anche attraverso convenzioni con societa' private di servizi, di una rete di assistenza, a carattere integrato nazionale e regionale, in grado di aiutare i selvicoltori e le imprese di utilizzazione nella soluzione dei problemi di tecnica colturale, nella cura delle malattie, nella pianificazione gestionale ed economica dei boschi, nello sviluppo delle tecniche di lavorazione in foresta. 231. Sempre nell'ambito delle infrastrutture immateriali il Piano assegna un grosso rilievo alle azioni par la ricerca. Ricerca e sperimentazione, infatti, determinati per l'evoluzione futura del patrimonio forestale italiano soffrono attualmente di dispersione e di scarsa finalizzazione. Manca, inoltre, una rete di trasferimento dei risultati e di applicazione degli stessi da parte degli utilizzatori finali, nell'ambito della politica dei servizi "reali" alle imprese. 232. Il Piano assegna un notevole rilievo anche alle azioni per l'informazione. Alla luce delle forti insufficienze attuali, l'intervento in questo ambito deve essere condotto sotto due principali profili: rafforzamento della base informativa per la politica forestale e maggiore diffusione dell'informazione presso gli operatori. La politica forestale necessita di una conoscenza assai estesa di molti fenomeni e molto resta da fare, anche dopo l'importante realizzazione dell'Inventario Forestale Nazionale, per integrare e completare gli strumenti essenziali della programmazione; in particolare dovranno essere rimosse le carenze conoscitive riguardo ai comportamenti dei soggetti economici e istituzionali e quelle relative al territorio e alle sue "vocazioni". L'informazione dovra' inoltre essere sviluppata in direzione degli operatori, in congiunzine con la politica dei servizi "reali". 233. Anche il problema della formazione proessionale deve ricevere un nuovo impulso, in vista sia di una migliore gestione delle imprese che dello sviluppo di "terziario" forestale, in grado di attirare occupazione intellettuale in questo settore dalle caratteristiche cosi' "specialistiche". Il Piano interviene gia' in questo ambito attraverso i programmi di formazione degli operatori forestali previsti nell'ambito delle azioni per lo sviluppo tecnologico. L'attivita' di formazione sara' svolta principalmente attraverso la collaborazione tra Regioni, orgamismi idonei, Corpo Forestale dello Stato sulla base di linee guida predisposte dal Ministero. Saranno previsti livelli diversi di formazione con diverse tipologie di corsi. Altri interventi possono essere posti allo studio, che integrino e complementino quelli effettuati a livello regionale e che valorizzino la recente creazione di facolta' e corsi universitari volte all'istruzione superiore forestale. 234. Si pone infine l'esigenza di divulgare estesamente l'informazione culturale generale sulle foreste, completando su un piano tecnico il formarsi gia' evidente di una sensibilita' piu' spiccata verso i beni ambientali e contribuendo ad una miglior fruizione dei servizi offerti dai boschi; si pone altresi' l'esigenza di promuovere, oltre ai servizi, anche i prodotti del bosco e del sottobosco, in energia con le azioni di rafforzamento del sistema delle imprese. A queste esigenze il Piano offre una risposta attraverso le azioni per la promozione e per il mercato. Le azioni per la ricerca 235. La ricerca deve assumere, nel settore forestale, il ruolo strategico che essa riveste in larghissima parte degli altri settori dell'economia. Deve essere rivolta agli aspetti tecnico-gestionali, ma ache congiuntamente, agli aspetti ambientali e agli aspetti economico-normativi. Deve operare lungo le "frontiere" della conoscenza, nella sua componente piu' di base, ma deve essere anche finalizzata, nella sua componente applicata, ai soddisfacimento in orizzonti temporali differenziati, delle nuove esigenze che il contesto generale progressivamente pone. 236. L'analisi dello stato della ricerca forestale in Italia vede soddisfatti solo in parte gli obiettivi sopra enunciati, per cui si impone l'esigenza di un riorientamento delle attivita' di ricerca stessa, con l'avvio di una serie di progetti a carattere innovativo, e di maggiore coordinamento. Il tutto in un quadro di legami crescenti con la ricerca forestale internazionale. 237. La ricerca deve riguardare, innanzitutto, gli aspetti tecnologico-gestionali. Si possono individuare, in questo ambito, quattro sottoaree di intervento, in parte interagenti: (a) innovazione silvicola in senso stretto (biogenetica e biotecnologie, selezione dei materiali di propagazione, malattie ecc.) (b) innovazione nelle tecniche colturali (nuova meccanizzazione ecc.); (c) innovazione nelle tecniche di pianificazione forestale e di sistemazione idraulico-forestale (in presenza di vincoli sul paesaggio e in funzione di piani generali di bacino); (d) innovazione nelle tecnologie di filiera (sia per la messa a punto di processi piu' efficienti nell'ammbito degl utilizzi esistenti, che pr l'individuazione di utilizzi nuovi chimici ed energetici) e nelle tecnologie che favoriscano l'impiego del legname e del sughero nazionali. Tra le varie linee di finalizzazione applicativa delle sottoaree di ricerca individuate, si possono indicare fin d'ora: per la sottoarea a) lo sviluppo del settore vivaistico (gia' regolato dalla legge n. 269/1973), la tutela dei boschi da seme inclusi nell'apposito "Libro Nazionale", la creazione degli arboreti da seme; per la sottoarea b), il collegamento con le "azioni per lo sviluppo teconologico" gia' esaminate e, piu' in generale, con gli indirizzi applicati della cosidetta' "selvicoltura maturalistica". 238. La ricerca deve riguardare, in secondo luogo, gli aspetti ambientali. Si devono valutare, individuando le possibilita' di sviluppo, le capacita' delle foreste di fornire, su scala nazionale e locale, servizi di protezione del suolo, di ricezione ricreativa e di protezione di particolari valori naturalistici (paesaggio, fauna, flora ecc.). Un tema di particolare interesse, relativamente ai servizi di ricezione ricreativa, e' quello riguardante la possibilita' di introdurre una "carte verde" per il miglioramento dei modi di frequenza del pubblico nei boschi (tale carta, di validita' annua, dovrebbe garantire, a fronte del pagamento di una piccola cifra per l'acquisto, l'accesso ai boschi privati in tutta Italia e la possibilita' di raccolta di prodotti del sottobosco, nonche' una forma assicurativa per i rischi connessi con la permanenza nei boschi stessi). Si tratta di calcolare e controllare la "portanza" ricreativa dei boschi piu' delicati. 239. La ricerca deve riguardare, infine, gli aspetti economici e normativi. L'area delle indagini applicate che dovrebbero essere sviluppate, come strumento conoscitivo di supporto alle decisioni pubbliche e private, e' ampia. Essa comprende gli studi di mercato, relativi ai prodotti del bosco e del sottobosco, con l'utilizzo di metodologie differenti (modelli econometrici del settore forestale ecc.); la valutazione economica dei servizi protettivi, ricreativi e ambientali possibili di sviluppo; lo studio degli effetti economici delle normative, della fiscalita' e degli incentivi; lo studio della legislazione comparata italiana ed estera. 240. I soggetti destinatari dei fondi possono essere a priori deversi; gli istituti del MAF, i gruppi di ricerca universitari e del CNR, i gruppi di ricerca facenti capo sia alle Regioni che ad Enti dell'area pubblica (ad esempio l'ENEA, nell'ambito degli utilizzi non convenzionali del legno, in particolare per gli usi energetici), le imprese e i centri privati di maggiore qualificazione specifica. L'obiettivo di produttivita' dei fondi erogati impone, al di la' della natura dei soggetti, di concentrare le risorse e di fnalizzarne la destinazione, con meccanismi non burocratici, ma sostanziali, di monitoraggio dei risultati raggiunti. In questa ottica, nel disegno di legge di adeguamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste un punto chiave e' rappresentato da un forte potenziamento dei servizi ministeriali, come organi di indirizzo, di propulsione, di collegamento con le altre unita' e con gli altri soggetti che operano nel settore della ricerca. In questo ambito si dovra' ampliare e coordinare, attraverso il Corpo Forestale dello Stato, la ricerca forestale. Le azioni per l'informazione 241. L'informazione va assumendo, in tutti i settori e in tutti i paesi avanzati, una importanza basilare, come elemento di razionalizzazione dei processi di presa delle decisioni degli attori economici pubblici e privati. Anche nell comparto forestale essa e' destinata ad un ruolo crescente, come peraltro in quello agricolo, per l'estrema dispersione del sistema delle imprese e per l'ampiezza del domino decisionale dei pubblici poteri. La recente costruzione dell'Inventario Forestale Nazionale (I.F.N.), d'altra parte, costituisce un importante segnale della nuova sensibilita' al problema. 242. Gli obiettivi che le azioni per l'informazione si devono porre sono molteplici e derivano dalla constatazione dell'attuale insufficienza di informazioni su molti aspetti concernenti le foreste e, piu' in generale, il sistema forestale. Essi possono essere riassunti, sinteticamente, nel modo seguente: - sviluppare ulteriormente e unificare le conoscenze sulle risorse, rendendole disponibili a fini di ricerca e a fini di supporto alle decisioni; - organizzare una raccolta sistematica dei dati concernenti i mercati dei prodotti del bosco e del sottobosco, nazionali ed esteri rendendoli disponibili "in tempo reale" agli operatori; - migliorare, piu' in generale, la qualita' delle statistiche forestali in Italia, rendendole compatibili con le statistiche internazionali - diffondere l'informazione tecnica e l'informazione sugli incentivi e sui servizi disponibili, oltre all'informazione statistica, agli operatori. 243. Per quanto concerne l'obiettivo di sviluppo delle conoscenze sulle risorse, si indicano le seguenti priorita': (a) realizzazione della Carta Forestale Nazionale (b) realizzazione di rilevazioni su aspetti specifici di particolare interesse da parte degli organismi nazionali e regionali delle Foreste. Nell'ambito della priorita' di cui alle lettera (b), potranno essere cofinanziate attivita' inventariali e informative realizzate dalle Regioni purche' compatibili e integrative rispetto alle iniziative nazionali. Per quanto concerne l'organizzazione di una raccolta sistematica dei dati relativi ai mercati: (c) costituzione di un Osservatorio Nazionale Foreste e Legno. L'esigenza di un inquadramento razionale dei dati e di una loro continua disponibilita', in funzione degli obiettivi sopra visti, impone una ulteriore priorita': (d) connessione con il SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale), per l'"incorporamento" dei dati dell'Inventario Nazionale, degli inventari regionali, delle indagini specifiche, della Carta Forestale dell'Osservatorio. 244. I soggetti destinatari dei fondi sono il CFS e le Aziende Regionali delle Foreste, per le realizzazioni della Carta e delle indagini specifiche, con la possibilita di un meccanismo di confinanziamento Stato-Regioni; il CFS o una struttura ad hoc (in eventuale cooperazione con organismi esistenti, pubblici e privati, aventi competenze specifiche) per l'Osservatorio; la struttura incaricata della gestione del SIAN per l'"incorporazione" dei dati nel stistema informativo nazionale; il CFS e le Aziende Regionali, con l'eventuale supporto di altre istituzioni pubbliche o private, per la diffusione presso gli operatori. Le azioni per la promozione e per il mercato 245. La conservazione e lo sviluppo delle nostre foreste richiede un insieme di azioni volte alla promozione e al mercato. La nozione di "mercato" risulta piu' ampia e piu' articolata nel settore forestale rispetto ad altri settori dell'economia, proprio per la molteplicita' di funzioni che le foreste soddisfano. Devono essere promossi i prodotti, sia del bosco che del sottobosco; devono essere promossi i servizi; deve essere promosso, piu' in generale, il bosco in quanto tale, rafforandone l'"immagine pubblica" di bene di valore collettivo e creando una sensibilita' ai diversi problemi in linea con quella diffusa nei paesi ad economia piu' avanzata. 246. La strumentazione che puo' essere utilizzata e' articolata. L'obiettivo di incremento dell'"immagine" e' perseguibile attraverso il sostegno ad organizzazioni che abbiano come finalita' attivita' culturali e promozionali del bosco, visto sia come componente essenziale dell'ambiente che come importante sorgente di risorse rinnovabili. L'obiettivo di promozione piu' strettamente economica e' perseguibile, a sua volta, attraverso il supporto a convegni di rilevanza nazionale e internazionale, ed attivita' espositive e fieristiche in Italia ed all'estero, a campagne di informazione relative al legno italiano e ai prodotti del sottobosco (funghi, tartufi ecc.); per questi ultimi, che hanno come destinatario il consumatore finale, puo' essere posto allo studio il sostegno alla promozione di un marchio di qualita'. Un'azione promozionale specifica merita l'impiego dei legni italiani nell'arredo, nel mobilio e negli altri impieghi. Tale azione puo' trovare gia' un indirizzo specifico in riferimento al castagno e al sughero. 247. I soggetti destinatari dei fondi sono, per il primo obiettivo, le organizzazioni ambientalistiche, da un lato e organismi promozionali quali la Consulta Nazionale per le Foreste e per il Legno, dall'altro; per il secondo obiettivo le associazioni di categoria, le strutture cooperative, gli enti fieristici, l'ICE. La gestione delle azioni per la promozione e per il mercato sara' affidata ai servizi ministeriali competenti. Una politica per il verde urbano 248. Completamente separata dalle problematiche forestali nel passato, la tematica dello sviluppo del verde urbano e periurbano si presenta sempre piu' come uno degli aspetti che un piano forestale deve contribuire a risolvere, in cooperazione con gli enti piu' direttamente preposti, nell'ottica del soddisfacimento delle finalita' ambientali e ricreative. 249. Lo stato dei parchi a presenza boschiva e dei boschi nelle grandi aree metropolitane e, piu' in generale, nelle citta' capoluogo di provincia e nei comuni non rurali ad elevata densita' abitativa (oltre 10 mila abitanti), per cui sono previsti parametri minimi di verde urbano per abitante dal D.M. 2 aprile 1968 (Limiti inderogabili di densita' edilizia ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) risulta nella maggior parte dei casi, del tutto insoddisfacente. Ancora meno rispettati, in generale, sono i vincoli imposti dalle leggi regionali. In Lombardia, ad esempio, dove la legge 15 aprile 1975, n. 51 fissa un limite inferiore di 15 mq/abitante di parchi pubblici e verde (a fronte dei 9 imposti dalla legge nazionale), si ritiene che il verde urbano complessivo nei capoluoghi di provincia non superi i 5,5 mq/abitante, corrispondenti a circa 10.000 ha globali, con un "deficit" rispetto allo standard di 17.000 circa. Le azioni per il verde urbano 250. Il piano prevede di conseguenza, di promuovere la creazione di parchi a presenza boschiva e di boschi, nelle zone indicate dal D.M. di cui sopra, favorendo il miglioramento dell'estetica e dell'ambiente di vita urbano e le possibilita' di ricreazione a brevi distanze dai luoghi di abitazione e di lavoro. Lo strumento individuato e' quello del confinanziamento con le Regioni ed i Comuni interessati, con una possibile forma di intervento creditizio attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Ipotesi finanziarie La spesa nel quinquennio 251. La legge 752 destina alle azioni del Piano Forestale la somma di lire 100 miliardi per ciascuno dei cinque esercizi dal 1986 al 1990. La stessa legge assegna al settore forestale, per interventi di carattere specifico di competenze ministeriale, una somma annualmente determinata dal CIPE a valere sulle disponibilita' recate dall'articolo 4. Tale articolo, al comma 3), lettera e), cosi' classifica le azioni finanziabili: "interventi nel settore delle foreste e delle aree protette attribuiti alla competenza del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste; prevenzione e lotta contro gli incendi boschivi attraverso mezzi e servizi aerei". Nelle sue due prime deliberazioni, il CIPE ha destinato agli interventi sopra indicati 55 e 45 miliardi, rispettivamente per l'esercizio 1986 e per l'esercizio 1987. Lo stanziamento complessivo di 500 miliardi e' dunque al netto delle somme a valere sull'articolo 4, come delle somme impiegate dalle Regioni all'interno delle attribuzioni annuali stabilite dall'articolo 3. 252. Lo stanziamento di 500 miliardi dev'essere inoltre rapportato all'arco temporale di effettiva operativita' del Piano in termini di flussi di spesa. Se si considera che l'entrata in vigore della legge e' intervenuta in prossimita' della fine del primo esercizio finanziario; se si tiene conto dei tempi connessi alla elaborazione ed approvazione del Piano e di quelli ulteriormente richiesti dalle determinazioni applicative a partire dalla delibera CIPE, si deve concludere realisticamente che il piano avra' una piena operativita', anche di spesa, limitata al triennio 1988-1990. 253. Questo dato puo' sembrare non in linea con una regola di formale coerenza sistematica. Non altera tuttavia la sostanza del piano, in una logica di programmazione necessariamente scorrevole. In termini di disponibilita' finanziaria ne risulta una concentrazione della somma di 500 miliardi su tre esercizi. Almeno in senso relativo, si ha una parziale attenuazione del vincolo costituito da una certa limitatezza dei mezzi finanziari stanziati dalla legge. Una volta avviate le azioni del Piano si potra' meglio verificare l'adeguatezza delle risorse disponibili ed integrarle, ove occorra, come previsto, con norma di valore programmatico, dall'articolo 1 della legge 752. 254. Si pone il problema della ripartizione dei fondi tra le diverse azioni delineate nei paragrafi precedenti. Il carattere di "schema", proprio del presente documento, consiglia di presentare ipotesi e di non formulare una proposta chiusa. Dopo le consultazioni e i passaggi procedurali previsti dall'articolo 2 della