Per quel che concerne la truffa aggravata ex art. 640 comma 2 c.p., si e' dissentito dal rilievo della Commissione parlamentare, osservandosi che l'ipotesi statisticamente piu' ricorrente di "contiguita'" con tale reato si riferisce alla connessione teleologica con i delitti di falso: donde la conseguente, normale attrazione nella competenza del tribunale ai sensi dell'art. 12. CAPO III RIUNIONE E SEPARAZIONE DI PROCEDIMENTI 1.6. Del capo III, intitolato alla riunione e separazione di procedimenti, e' stato effettuato un accurato riesame, anche sulla base dei penetranti rilievi formulati dalla Commissione parlamentare. L'art. 17 del Progetto preliminare e' stato oggetto di un duplice ordine di emendamenti. Su suggerimento della Commissione parlamentare, la locuzione "nello stesso stato e grado" e' stata inserita subito dopo le parole "pendenti", in tal modo rendendo esplicito un presupposto che dalla formula adottata nel Progetto preliminare si ricavava solo implicitamente. E' stata poi soppressa dal contesto precedente la locuzione "in ogni stato e grado del processo", cosi' da estendere la possibilita' di riunione anche al giudizio di cassazione: una possibilita', peraltro, espressamente gia' prevista dall'art. 610 comma 3. Muovendo da un suggerimento della Commissione parlamentare, che aveva segnalato l'esclusione dal regime della riunione della fattispecie di "pregiudizialita' penale", non ricompresa, fra le ipotesi di connessione (e neppure oggetto di una disciplina analoga a quella dettata dall'ultima parte dell'articolo 18 del codice vigente), si e' ritenuto di inserire nell'art. 17 (riadattato, per motivi di ordine formale, con l'indicazione separata dei casi di riunione di procedimenti) una lettera d) che consente l'operativita' della riunione (non soltanto ove ricorra pregiudizialita' penale ma, piu' in generale) nei casi in cui la prova di un reato o di una circostanza di esso influisce sulla prova di un altro reato o di una sua circostanza. In tal modo, la "connessione probatoria" disciplinata dall'articolo 45 n. 4 del codice vigente, se non legittima l'attribuzione (originaria) della competenza a conoscere dei procedimenti da parte del medesimo giudice (e non e' stata, quindi, inclusa fra le ipotesi previste dall'art. 12), deve poter dar luogo alla loro trattazione congiunta nel caso in cui i processi si trovino gia' pendenti davanti al medesimo giudice e nello stesso stato e grado: si trattera', ovviamente, di riunione facoltativa condizionata dall'assenza di ogni pregiudizio per la rapida definizione dei procedimenti stessi. Nell'art. 18, dedicato alla separazione di procedimenti, e' stata anzitutto sostituita, nel comma 1, su suggerimento della Commissione parlamentare, la preposizione "di" a "dei"; la sostituzione assume un univoco significato precettivo, valendo a ricomprendere, senza possibilita' di equivoci, nell'ambito di applicazione dell'intero articolo sia il procedimento simultaneo nato come tale sia i procedimenti riuniti a norma del precedente art. 17. Al fine di ampliare l'ambito di applicazione dell'istituto della separazione, in osservanza dei principi di celerita' e di semplificazione, nel Progetto definitivo, sono state apportate all'art. 18 ulteriori modificazioni: l'ipotesi di cui alla lettera a) del testo originario e' stata formulata separatamente in apposito comma, cosi' da evitare che anche ad essa si riferisse la clausola di salvezza contenuta nell'alinea del comma 1 (v. pero', nel paragrafo successivo, circa la soppressione dell'ipotesi nel testo definitivo del codice); nella lettera b) e' stato eliminato il riferimento all'art. 68 (ora 71), in modo da prevedere la separazione (non soltanto nel caso di sospensione per infermita' mentale dell'imputato ma) in tutti i casi in cui uno dei procedimenti riuniti venga sospeso; nella stessa lettera si e', ancora, aggiunta l'espressione "o di una o di piu' imputazioni", intendendosi con cio' comprendere le ipotesi di rimessione alla Corte costituzionale della questione di costituzionalita' o di sospensione del processo ex art. 3, relativamente, in entrambi i casi, ad una o ad alcune soltanto delle imputazioni; nella lettera c) l'espressione "del decreto di citazione" e' stata sostituita con quella, di significato piu' ampio, "dell'atto di citazione", per ricomprendere anche ipotesi diverse da quelle di cui all'art. 429, (si pensi all'atto che dispone il giudizio immediato); e' stata aggiunta (lettera e) la fattispecie in cui taluno dei procedimenti riuniti sia pronto per la decisione dibattimentale e per altri sia invece necessario il compimento di ulteriori atti che ne ritardano la definizione; infine, alle ipotesi di separazione tipizzate, e sempre o tendenzialmente obbligatorie (comma 1), si e' aggiunta (comma 2) una separazione discrezionale che il giudice puo' disporre ogni volta che, sull'accordo delle parti, la ritenga utile ai fini della speditezza del processo. Ovviamente, in questa come in tutte le altre ipotesi, la separazione non e' in grado di modificare la competenza per connessione quando il simultaneus processus sia fondato su una delle previsioni dell'art. 12. Quanto all'art. 19, pur condividendosi l'osservazione della Commissione parlamentare circa la necessita' di individuare attraverso un criterio predeterminato il giudice competente ad adottare i provvedimenti relativi alla riunione di procedimenti pendenti avanti il medesimo giudice-ufficio, ma non avanti il medesimo giudice-organo giudicante, si e' pero' ritenuto di lasciare immutato il testo del Progetto; nelle disposizioni di attuazione sara' predisposto un meccanismo (simile a quello previsto dall'art. 274 c.p.c.) che rimetta al capo dell'ufficio la designazione del giudice competente a decidere sulla riunione, un giudice da individuare nell'organo giudiziario cui e' assegnato il procedimento per primo iscritto a ruolo. 1.7. Nella considerazione che una riunione o una separazione in senso tecnico non possa essere disposta nel corso delle indagini preliminari occorrendo, al riguardo, che l'azione penale sia stata esercitata, si e' provveduto, in sede di passaggio al testo definitivo, a sostituire nell'intitolazione del capo III, nonche' nella rubrica e nel testo degli artt. 17, 18 e 19 la parola "processo" alla parola "procedimento". Le ulteriori modifiche all'art. 18 - sul quale la Commissione parlamentare non ha formulato rilievi in sede di parere sul Progetto definitivo - sono di ordine puramente formale. Meramente esplicativa e', infatti, la previsione della lettera a) del comma 1 (con riguardo alla quale l'art. 46 del codice vigente ha costituito un opportuno punto di riferimento) che ha il compito di disciplinare la separazione all'udienza preliminare (v. art. 422). Le modifiche apportate hanno reso superfluo il permanere del comma introdotto in sede di stesura del Progetto definitivo, e nel quale anche la attuale lettera a) del comma 1 poteva ritenersi ricompresa. (V. nel paragrafo precedente, nel commento all'art. 18). CAPO IV PROVVEDIMENTI SULLA GIURISDIZIONE E SULLA COMPETENZA 1.8. Un'opportuna opera di revisione e' stata compiuta anche con riferimento al capo IV (Provvedimenti sulla giurisdizione e sulla competenza) soprattutto al fine di meglio coordinare la disciplina riguardante la dichiarazione di competenza con le varie cadenze procedimentali del nuovo rito. In tema di difetto di giurisdizione, disciplinato dall'art. 20, si sono anzitutto accolti due suggerimenti della Commissione parlamentare: si e' sostituita all'espressione "processo" l'espressione "procedimento", in modo da consentire di rilevare il difetto di giurisdizione anche durante le indagini preliminari; si e' introdotto nel comma 2 l'espressione "se del caso", in diretta connessione con l'ampliamento delle fattispecie rientranti nell'ambito di operativita' di tale precetto che contempla ora la trasmissione degli atti "all'autorita' competente" anziche' "all'ufficio che deve esercitare l'azione penale presso il giudice competente': la norma risulta in tal modo applicabile anche all'ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione penale (ad esempio, per immunita'). Coerentemente con quanto stabilito nell'art. 22, si e' ritenuto opportuno prevedere un regime differenziato in ordine al provvedimento con il quale viene dichiarato il difetto di giurisdizione a seconda che lo stesso sia adottato nel corso delle indagini preliminari o nella fase del "processo". I commi 2 e 3 dell'art. 21 sono stati modificati tenendo conto dei suggerimenti della Commissione parlamentare. E' apparso, infatti, eccessivo ed incongruo non consentire che l'incompetenza territoriale o l'incompetenza per connessione (tanto piu' se per materia determinata da connessione) possa essere rilevata di ufficio dal giudice, entro i termini previsti dal comma 2. Si e' poi ritenuto di unificare sotto la rubrica dell'art. 22 "Incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari" i due precetti contenuti negli artt. 22 e 23 del Progetto preliminare. Anzitutto, e' stata soppressa, per ragioni di ordine formale, la clausola di salvezza dell'art. 291 comma 2, con cui esordiva il testo originario. E' parso poi necessario prevedere che - fermo il potere-dovere di rilevare o pronunciarsi sulla questione di competenza - il giudice decida con ordinanza la questione stessa nel corso delle indagini preliminari, sia pure soltanto ai fini del provvedimento per il quale e' stato richiesto il suo intervento: trattandosi di intervento a cognizione limitata e non fondato sulla conoscenza completa degli atti di indagine - per definizione ancora in corso - sarebbe, infatti, stato irragionevole prescrivere che la decisione debba essere adottata con sentenza. La previsione contenuta nel comma 2 che, all'apparenza, potrebbe sembrare superflua perche' gia' insita nel sistema, e' stata invece ritenuta necessaria in quanto non e' contemplato un regime generale di revocabilita' delle ordinanze: si e' chiarito, quindi, che il provvedimento del giudice non pregiudica una diversa valutazione della competenza ove venga successivamente richiesto il suo intervento, cosi' come non pregiudica l'eventuale prosecuzione delle indagini da parte del pubblico ministero. Diverso e', invece, il caso in cui il giudice, a conclusione delle indagini, viene investito dal pubblico ministero con la richiesta finale che gli devolve, quindi, il potere decisorio e la cognizione piena - seppur limitata alla fase - in ordine all'esito delle indagini documentate negli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero del quale il giudice stesso ha, in quella sede e per la prima volta, la disponibilita'. La nuova formulazione del comma 3 e la prevista trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente consentono anche di superare i problemi di coordinamento che il precedente art. 23 (ora soppresso) creava con riferimento al giudizio pretorile (dove il decreto di citazione e' emesso dal pubblico ministero e non dal giudice come invece espressamente prevedeva il comma 1 dell'art. 23 appena citato). In merito all'art. 23 (24), e' stato accolto il suggerimento della Commissione parlamentare e si sono eliminati tanto l'inciso del comma 1 "sulla base dell'imputazione" tanto le parole del comma 2 "indicata nell'imputazione": cio' al fine di ricomprendere nell'ambito di applicazione della norma sia tutte le ipotesi di modifica del fatto contestato (artt. 516-518) sia l'ipotesi in cui il fatto venga diversamente qualificato dal giudice, dando cosi' luogo alla dichiarazione di incompetenza. Coerentemente con la modifica apportata all'art. 21, si e' inoltre emendato il comma 2 relativamente alla rilevabilita' d'ufficio di ogni forma di incompetenza. Non si e' ritenuto di dover apportare modifiche all'art. 24 (25) malgrado i dubbi interpretativi espressi dalla Commissione parlamentare. E' apparso, infatti, corretto il richiamo al solo primo comma dell'art. 23 dal momento che il comma 2 di detto articolo si riferisce ai soli casi in cui il giudice di primo grado ha giudicato di un procedimento di competenza di un giudice inferiore, nonche' ai casi in cui l'incompetenza (per territorio o connessione) e' stata tardivamente eccepita ovvero, pur se ritualmente eccepita, non e' stata riproposta nei motivi di appello. Circa l'art. 25 (26), su suggerimento della corte di cassazione si e', da un lato, chiarito, attraverso la sostituzione della congiunzione "e" con l'espressione "da cui derivi", che l'efficacia vincolante della decisione della cassazione sulla giurisdizione non e' sempre rebus sic stantibus, e, dall'altro, precisato, con le parole poste in chiusura, come debba escludersi la rilevanza delle successive risultanze di fatto che comportino la modificazione della competenza per territorio o per connessione ovvero lo spostamento della competenza ad un giudice inferiore. E' stato infine, soppresso il riferimento alle "nuove circostanze" perche' gia' compreso nel riferimento ai "nuovi fatti". Di particolare interesse sono le modifiche apportate al regime delle prove acquisite dal giudice incompetente. Il testo originario dell'art. 26 (27) era stato sottoposto a critiche, non operando alcuna distinzione tra prove acquisite dal giudice incompetente per materia e prove acquisite dal giudice incompetente per territorio, con radicale innovazione della differenziata disciplina contenuta, rispettivamente, negli artt. 34 e 44 del codice vigente. L'accoglimento delle critiche suddette ha importato la riformulazione della disciplina dell'intero articolo, imponendosi la rinnovabilita' delle sole dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia, quando esse sono ripetibili (senza peraltro distinguere - come fa il vigente art. 34 - a seconda che l'incompetenza sia del giudice superiore o inferiore). E' apparso infatti irragionevole un regime - quale quello precedentemente delineato - in base al quale una prova ritualmente acquisita doveva essere rinnovata per il solo fatto di essere stata assunta dal giudice incompetente territorialmente. 1.9. L'art. 22 - con riguardo al quale la Commissione parlamentare non ha formulato alcun rilievo in sede di secondo Parere definitivo - ha subi'to una modifica di ordine puramente formale. Sempre di carattere formale e' l'emendamento apportato all'art. 23 (24). Si e' precisato nella rubrica e nel comma 1 che la norma si riferisce al dibattimento di primo grado. Nel comma 1 dell'art. 23 (24) si e' ritenuto ancora di aggiungere, al fine di fugare ogni perplessita' sul punto, che l'operativita' della prescrizione riguarda l'incompetenza dichiarata "per qualsiasi causa". La nuova formulazione dell'art. 26 (27) - in ordine al quale la Commissione parlamentare non ha espresso alcun rilievo in sede di Parere definitivo - risponde ad esigenze di ordine esclusivamente sistematico, occorrendo, per un verso, coordinare la disciplina della mancata osservanza delle norme sulla competenza con il regime della prova (efficacia-utilizzabilita'; inefficacia-inutilizzabilita') e dall'altro, meglio precisare quale utilizzazione e' possibile per le prove acquisite con violazione delle regole sulla competenza. E' parso percio' piu' puntuale sancire in negativo l'efficacia delle prove acquisite in violazione delle regole sulla competenza e la eccezionale utilizzabilita' delle dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia. CAPO V CONFLITTI DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA 1.10. Il regime dei conflitti di giurisdizione e di competenza e' rimasto quasi del tutto identico a quello previsto nel Progetto preliminare. L'unica modifica di sostanza riguarda la disciplina della risoluzione dei conflitti disciplinata dall'art. 32 (33) ed in particolare i poteri "istruttori" della corte di cassazione ai fini della decisione. Il testo del Progetto preliminare attribuiva alla corte il potere di assumere "le informazioni che ritiene necessarie" e di acquisire, "se occorre, le prove dedotte dalle parti". Si e' pero' osservato che la originaria formulazione era troppo generica, riferendosi anche a mezzi di prova (dichiarazioni orali, perizie, ecc.) che non possono essere acquisiti nel giudizio di cassazione. Si e' quindi limitata l'acquisizione ai "documenti" eventualmente prodotti dalle parti (nei limiti in cui ne e' consentita la utilizzazione in sede di risoluzione del conflitto) ed agli "atti" del procedimento, eventualmente non trasmessi dai giudici in conflitto, e ritenuti necessari per la sua risoluzione. Nel comma 3 si e' ritenuto di fare decorrere il termine di venti giorni, concesso al giudice dichiarato competente ad emettere la misura cautelare, da quando questi abbia ricevuto la comunicazione della sentenza che ha risolto il conflitto. CAPO VI CAPACITA' DEL GIUDICE 1.11. Nella disciplina della capacita' del giudice, contenuta nel capo VI, un capo che si compone di un solo precetto, l'art. 33 (34), l'unica modificazione rispetto al Progetto preliminare e' costituita dall'inserimento di un comma 2, qui trasferito dall'art. 178 comma 2, situato nel titolo VII del libro II concernente il tema delle nullita'. Il "trapianto" e' avvenuto per ragioni di ordine sistematico, al fine di chiarire che la materia in esso considerata non rientra nelle condizioni di capacita' del giudice, la cui assenza da' luogo a nullita' assoluta (art. 178 comma 1, lettera a) e art. 179). Nelle disposizioni di attuazione potra' poi stabilirsi se ed in quali limiti l'inosservanza delle norme indicate nel comma 2 dell'art. 33 potra' assumere rilevanza disciplinare. 1.12. In tema di capacita' del giudice, e' stata apportata, nel comma 2, una modifica di ordine puramente formale, volta, fra l'altro, a fugare ogni perplessita' circa il fondamento esclusivamente normativo delle condizioni di capacita' del giudice. CAPO VII INCOMPATIBILITA', ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE 1.13. L'unica variante di sostanza apportata nel Progetto preliminare alla disciplina del capo VII, intitolato all'incompatibilita', all'astensione ed alla ricusazione del giudice, riguarda la competenza a decidere sulla ricusazione. E' stata, in particolare, soppressa l'ultima parte del comma 1 dell'art. 40 (41), che attribuiva la competenza a decidere sulla ricusazione di un giudice popolare non al collegio ma al presidente della corte di assise di cui lo stesso giudice faccia parte. Al riguardo, e' sembrato inopportuno differenziare la disciplina concernente la ricusazione del giudice popolare da quella concernente il giudice togato, soprattutto tenuto conto che nel sistema del Progetto preliminare si sarebbe consentito al presidente del collegio di decidere, nell'ipotesi di accoglimento della richiesta di ricusazione, se e quali atti compiuti dallo stesso collegio conservassero efficacia - art. 42 (43) comma 2 -. La verifica di congruita' di tutte le sanzioni pecuniarie previste nel Progetto ha indotto a ridurre il limite massimo della sanzione stabilita per il caso di inammissibilita' o di rigetto della dichiarazione di ricusazione (da 5 a 3 milioni di lire). Per il resto, la disciplina e' rimasta inalterata salvo qualche modifica di ordine formale. Si sono, percio', disattesi i rilievi della Commissione parlamentare in relazione agli artt. 35, 38 e 43 (ora 34, 37, 42). Quanto all'art. 34 (35), era stata segnalata l'opportunita' di prevedere l'incompatibilita' a partecipare al giudizio non solo del giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare, ma anche del giudice che ha emesso un provvedimento durante le indagini preliminari. Si e' pero' osservato che tale limite comporterebbe rilevanti problemi organizzativi per i tribunali (una ventina) che dispongono di un organico di quattro magistrati (compreso il presidente): in questi uffici l'adozione di un provvedimento da parte di un giudice diverso dal giudice per le indagini preliminari (ad esempio, durante il periodo feriale) renderebbe assolutamente impossibile la formazione del collegio giudicante. Con riguardo all'art. 37 (38), la Commissione parlamentare aveva manifestato perplessita' circa l'esclusione dai motivi di ricusazione dell'ipotesi di astensione indicata nella lettera h) dell'art. 36 (37) ("se esistono altri gravi ragioni di convenienza"). Si e' ritenuto di mantenere inalterato il testo originario perche' tale ipotesi, esclusa dai motivi di ricusazione gia' nel codice vigente (art. 64, in relazione all'art. 63) potrebbe, per la sua estrema genericita', facilmente prestarsi a dichiarazioni di ricusazione pretestuose e strumentali. Quanto all'art. 42 (43) comma 2, con riguardo al quale si e' denunciata la troppo ampia discrezionalita' riconosciuta al giudice della astensione o della ricusazione, si e' ritenuto di non condividere la osservazione considerato che, nell'applicazione della identica disposizione contenuta nell'art. 70 comma 2 del codice vigente, la giurisprudenza ha evidenziato che scopo dell'ampio potere discrezionale conferito al giudice nel vagliare l'attivita' precedentemente compiuta dal giudice astenutosi o ricusato e' quello di consentirgli di verificare, con apprezzamento insindacabile, se, nonostante la astensione o la riconosciuta carenza di imparzialita' del giudice ricusato, vi siano atti che, non risultando in alcun modo influenzati dalle situazioni descritte negli artt. 36 e 37 (37 e 38), non perdano il loro valore processuale. 1.14. La Commissione parlamentare nel Parere definitivo ha espresso nuovamente le sue perplessita' circa l'omessa previsione, nell'art. 34 (35), quale ipotesi di incompatibilita' a partecipare al giudizio, dell'avere il giudice emesso un provvedimento (non conclusivo) nel corso delle indagini preliminari, rilevando che il presidente della corte di appello potrebbe agevolmente sopperire agli "eccezionali" casi di impossibile formazione del collegio, distaccando qualche magistrato "nell'ambito del distretto". Non v'e' dubbio che tali rilievi abbiano un loro fondamento considerata soprattutto la natura del nuovo processo, la quale, presupponendo che la prova si formi al dibattimento, richiede che il giudice della fase del giudizio non abbia conoscenza degli atti delle indagini preliminari (questa esigenza assume un particolare rilievo per il giudice che abbia emesso un provvedimento cautelare personale). Si e' ritenuto pero' di non modificare l'art. 34 (35), permanendo tuttora la validita' della considerazione espressa nel precedente paragrafo; si sottolinea, in particolare, come, di norma, e in osservanza del principio di "concentrazione" (v. legge-delega direttiva n. 40) l'operare del comma 2 dell'articolo in esame, finira' per rendere di fatto di assai limitata verificabilita', le situazioni in esame. Una modifica di ordine esclusivamente formale e' stata introdotta negli artt. 43 e 45 (44 e 46): si e' sostituito all'aggettivo "determinato", l'aggettivo "designato", termine apparso piu' rigoroso considerato il riferimento soggettivo proprio della nozione di designazione. CAPO VII RIMESSIONE DEL PROCESSO 1.15. Il Capo VIII, riguardante la rimessione del processo, ha subi'to nel Progetto definitivo alcune modificazioni che, peraltro, non ne hanno assolutamente travolto l'assetto originario. E' rimasta immutata la previsione - art. 45 (46) - dei casi di rimessione, disattendendosi i rilievi formulati dalla corte di cassazione che aveva ravvisato una violazione della delega nella eliminazione di "qualsiasi riferimento al legittimo sospetto". Si e' ritenuto, infatti, che la formulazione adottata - risultante da una meditata scelta del legislatore delegato - recuperasse integralmente ed espressamente tutti i criteri elaborati dalla giurisprudenza nell'interpretazione dell'articolo 55 del codice vigente e segnalati dalla cassazione nel suo parere. Si e', peraltro, provveduto a meglio precisare l'organo del pubblico ministero legittimato alla richiesta di rimessione. Cosi', oltre al pubblico ministero presso il giudice che tratta il processo, si e' attribuita in ogni caso la legittimazione al procuratore generale presso la corte di appello, una legittimazione oggi contemplata dall'art. 55 del codice vigente: e', infatti, parso opportuno prevedere che la richiesta possa provenire anche da un organo diverso da quello che, in un ambito localmente ristretto, sostiene l'accusa nel processo di cui si domanda la rimessione. Non si e' mantenuta, invece, l'attuale legittimazione del procuratore generale presso la corte di cassazione, in quanto tale organo puo' essere molto lontano dalla situazione locale interessata dal processo. Nell'art. 46 (47), accogliendosi un suggerimento della corte di cassazione, e' stato inserito un comma 2 in base al quale la richiesta di rimessione proposta dall'imputato deve essere sottoscritta da lui personalmente o a mezzo di un procuratore speciale: cio' allo scopo di maggiormente responsabilizzare l'imputato circa la gravita' della relativa richiesta di rimessione. Nel comma 1 si e' ampliato il termine per la notifica della richiesta alle altri parti (da cinque a sette giorni); e' stato poi introdotto un comma 4 che fa derivare la sanzione dell'inammissibilita' dall'inosservanza delle forme e del termine prescritti. Infine, la verifica di congruita' di tutte le sanzioni pecuniarie ha indotto a ridurre il limite massimo della sanzione per la richiesta di rimessione rigettata o dichiarata inammissibile (da 5 a 3 milioni di lire). 1.16. In tema di rimessione di procedimenti, la Commissione parlamentare ha espresso, nel Parere definitivo, riserve circa l'introduzione nell'art. 46 (47) del comma 2, non comprendendo "come potrebbe 'altri' (che non sia l'imputato o il suo procuratore speciale) richiedere la rimessione". Si e' ritenuto di mantenere egualmente fermo tale precetto al fine di prevenire ogni dubbio circa il carattere "personalissimo" della richiesta di rimessione e, conseguentemente, circa la carenza di legittimazione a proporla del difensore non munito di mandato speciale. Le ulteriori modifiche apportate all'art. 46 (47) rispondono all'esclusiva esigenza di migliorarlo formalmente. In sede di redazione del testo definitivo del codice si sono sostituite, nel secondo periodo del comma 2 dell'art. 47 (48), concernente gli effetti della richiesta di rimessione, le parole "In tal caso il giudice procedente compie gli atti urgenti" con le parole "La sospensione del processo non impedisce il compimento degli atti urgenti". L'emendamento risponde ad un'esigenza di uniformita' con altre analoghe previsioni in tema di sospensione del processo (v. art. 3 comma 3). TITOLO II PUBBLICO MINISTERO 1.17 Anche l'impianto del titolo II, dedicato al pubblico ministero, non ha subi'to, nel passaggio dal Progetto preliminare al Progetto definitivo, trasformazioni radicali rispetto al corrispondente titolo del Progetto preliminare. Infatti, a parte taluni emendamenti di ordine formale, dettati dalla necessita' di uniformare il linguaggio del Progetto a quello delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario - v., artt. 51 (52) e 52 (53) -, le modificazioni nei contenuti dei precetti che compongono il titolo II si riducono a precisazioni circa l'autonomia del pubblico ministero e la disciplina dei conflitti tra piu' uffici. Sotto il primo profilo, raccogliendo un rilievo della Commissione parlamentare, si e' anzitutto modificata la formulazione dell'art. 53 (54) comma 1, sostituendo alle parole "Nell'udienza, il magistrato del pubblico ministero e' autonomo nell'esercizio delle sue funzioni" con le parole (piu' aderenti al lessico della direttiva n. 68 della legge-delega) "Nell'udienza, il magistrato del pubblico ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia". E' stato poi inserito nello stesso articolo un comma 3 nel quale viene disciplinato il potere di intervento sostitutivo del procuratore generale ove il procuratore della Repubblica non abbia disposto la sostituzione del magistrato designato per l'udienza nelle ipotesi particolarmente gravi di obbligo di astensione gia' individuate dal comma 2 attraverso il richiamo a taluni dei casi previsti dall'articolo 36 (37). Sotto il secondo profilo, e' stato emendato il comma 2 dell'articolo 54 (55). A tale riguardo, e' sembrato opportuno prevenire eventuali perplessita' dovute all'adozione del generico termine "informa", evitando ritardi nella decisione provocati dalla necessita', per dirimere il conflitto, di acquisire atti o documenti. Peraltro, in sede di disposizioni di attuazione verranno disciplinate le modalita' di trasmissione degli atti su cui si fonda il contrasto tra gli uffici del pubblico ministero. La Commissione parlamentare aveva espresso rilievi con riguardo al precetto dell'articolo 50 (51) concernente l'esercizio dell'azione penale, osservando come il comma 1 sembrerebbe reintrodurre il principio che con la richiesta di archiviazione l'azione penale non viene esercitata. Ma tali rilievi - fondati su argomentazioni di ordine esclusivamente dogmatico - non sono stati condivisi perche' la formulazione di tale norma, od anche dell'articolo 405 (402), negli stessi termini dell'articolo 74 del codice vigente avrebbe determinato l'alterazione dell'intero sistema delineato nel Progetto. 1.18 Le ultime modifiche intervenute in sede di redazione del testo definitivo hanno apportato soltanto lievi ammodernamenti di ordine formale al titolo II: v. art. 54 (55). Tale deve considerarsi anche l'emendamento all'art. 51 (52), nel quale, al fine di coordinare la disciplina concernente le funzioni del pubblico ministero con quella concernente le ipotesi di avocazione, e' stato inserito il comma 2: gia' dal sistema del Progetto risultava, infatti, come nei casi previsti dagli artt. 372 (370) e 412 (409) le funzioni di pubblico ministero non potessero essere esercitate che dai magistrati della procura generale presso la corte di appello. Nel reiterare le perplessita' avanzate in sede di primo parere, la Commissione parlamentare ha proposto di riformulare l'art. 50 (51), nei seguenti termini: "Il pubblico ministero esercita l'azione penale, anche quando conclude con la richiesta di archiviazione". Su tale formula non puo' che dissentirsi, sia per la sua significazione di ordine essenzialmente dogmatico sia perche' l'adesione all'emendamento suggerito determinerebbe la necessita' di rivisitare le linee fondamentali del sistema (v. supra, 1.17). TITOLO III POLIZIA GIUDIZIARIA 1.19 Con riferimento al titolo III, avente ad oggetto la polizia giudiziaria, sono state espresse critiche di ordine generale in merito alla cancellazione dall'ordinamento di prescrizioni come quelle degli artt. 220 e 229 del codice vigente che attribuiscono al procuratore generale, da un lato, poteri di direzione della polizia giudiziaria, e dall'altro, potesta' disciplinari nei confronti degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria. Sembra opportuno subito chiarire che, mentre "la materia dei doveri funzionali di ufficiali ed agenti e quella delle sanzioni disciplinari... e' stata trasferita nelle disposizioni di attuazione" (v. Relazione al Progetto preliminare, p. 39), sul tema dei poteri del procuratore generale la disciplina contenuta nel Progetto e' apparsa coerente con l'attribuzione al solo procuratore della Repubblica, in via ordinaria, del potere di esercizio dell'azione penale e dei conseguenti poteri di direzione delle indagini: sarebbe stato percio' davvero singolare conferire poteri organizzativi della polizia giudiziaria ad un organo (il procuratore generale) cui sono riconosciuti poteri di indagine nei limitati casi di avocazione: artt. 372 (370) e 412 (409). La restrizione di tali casi, imposta dalla legge-delega (v. direttiva n. 42), rende, infatti, improponibile un allineamento alla disciplina del vigente art. 220 considerato che l'attuale codice di rito assegna al procuratore generale un autonomo potere di indagine e riconosce al medesimo organo margini molto piu' ampi di avocazione (v. artt. 234 e 392 codice vigente). Per quel che attiene alle specifiche disposizioni, gli emendamenti apportati, ad eccezione di quelli meramente formali: v. artt. 55 (56) comma 3, 58 (59) , 59 (60), soddisfano esigenze di chiarezza o di perfezionamento sistematico ovvero di coordinamento con disposizioni di leggi speciali. Si e' cosi' riformulato l'intero articolo 56 (57), concernente le sezioni ed i servizi di polizia giudiziaria, al fine di precisare, in correlazione con quanto previsto dall'articolo 55 (56), i vari livelli di collegamento funzionale e organizzativo tra i diversi organi di polizia giudiziaria e l'autorita' giudiziaria, specificando, tra l'altro, che le sezioni, da istituire presso ogni procura della Repubblica, sono composte con personale dei servizi di polizia giudiziaria, a loro volta previsti dalla normativa speciale (legge n. 121 del 1981). Analogamente, gli emendamenti apportati all'articolo 57 (58) tengono conto delle nuove norme in tema di ordinamento della polizia di stato e della legge-quadro n. 56 del 1986 sull'ordinamento della polizia municipale, circoscrivendo le attribuzioni delle guardie delle provincie e dei comuni all'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono in servizio. 1.20 Un'unica modifica ha contrassegnato nel titolo III del libro I il passaggio dal Progetto al testo definitivo del codice. E' stato riformulato il comma 3 dell'art. 58 (59) allo scopo di renderne chiara l'applicabilita' anche all'attivita' svolta dal procuratore generale. Si e' adottata l'espressione "autorita' giudiziaria" in luogo di "magistrati" per esigenze di ordine tecnico: infatti, non e' il magistrato in quanto tale a disporre della polizia giudiziaria, ma e' il magistrato in quanto operante quale autorita' giudiziaria nell'esercizio delle sue funzioni. Resta fermo, peraltro, che il nuovo lessico non intende esautorare il singolo magistrato dal rapporto diretto con la polizia giudiziaria. Quanto al comma 3 dell'art. 55 (56) , introdotto nel passaggio dal Progetto preliminare al Progetto definitivo, la Commissione parlamentare ha lamentato che la formulazione del comma 3, pur se "corretta", appare "ridondante", dato che "l'espressione 'Polizia Giudiziaria' non puo' che riferirsi agli agenti e agli ufficiali di polizia giudiziaria". Anche tenendo nel massimo conto dette considerazioni, si e' ritenuto piu' corretto lo schema del Progetto definitivo, considerato il suo intento chiarificatore circa i soggetti che svolgono funzioni di polizia giudiziaria. La Commissione parlamentare ha, altresi', suggerito di cancellare nell'art. 57 (58) comma 2 lettera b) l'espressione "e le guardie delle provincie e dei comuni". Pur apprezzandosi gli scrupoli esternati dalla predetta Commissione, si e' ritenuto di mantenere inalterato il testo dell'art. 57 (58). Cio' perche', dopo attento studio del problema, si e' reputato conforme ai criteri fissati dalla legge 7 marzo 1986, n. 65 (legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale) attribuire agli addetti alla polizia municipale la qualita' di agenti di polizia giudiziaria in via generale, e cioe' non limitata ai settori connessi al servizio di polizia locale. TITOLO IV IMPUTATO 1.21 In merito al titolo IV, dedicato all'imputato, un titolo, anch'esso, il cui tessuto e' rimasto sostanzialmente inalterato nella fase del passaggio dal Progetto preliminare al Progetto definitivo, la piu' significativa (anche se solo apparente) innovazione va ravvisata nella soppressione - suggerita dalla Commissione parlamentare - di ogni richiamo all'indiziato. Infatti, pur ribadendosi come nell'intento del legislatore delegato esulasse ogni finalita' di recuperare la figura dell'indiziato quale risultante dal sistema del codice vigente - una figura, peraltro, implicitamente bandita dalla direttiva 36 della legge-delega - si e' ritenuto inopportuno riadottare nel nuovo codice un lessico come quello del Progetto preliminare che puo' prestarsi ad equivoci di ordine interpretativo incidenti sull'assetto complessivo del sistema. Muovendosi da tale considerazione, nel Progetto definitivo e' stata riscritta la norma dell'art. 61 (62), facendosi riferimento ai fini della estensione dei diritti e delle garanzie dell'imputato alla sola "persona nei cui confronti si svolgono indagini preliminari" (comprendente ogni altra figura soggettiva in precedenza evocata). Naturalmente, in tutte le disposizioni del Progetto preliminare che impiegavano la parole "indiziato", questa e' stata sostituita dalla detta locuzione o, in taluni casi, da quella (piu' sintetica) "persona sottoposta alle indagini". A corollario di tale modifica lessicale, ma anche alla luce dell'esigenza di assicurare all'imputato ed alla persona sottoposta alle indagini ogni possibile garanzia che le dichiarazioni da lui rese non possano pregiudicarlo, si e' ritenuto opportuno prevedere nell'articolo 63 del Progetto definitivo che tale precetto e' operante anche con riguardo alle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria: la norma in parola acquista, infatti, una dimensione cosi' generale da ricomprendere sia la situazione di chi dovrebbe essere considerato imputato sia la situazione di chi dovrebbe essere considerato comunque "persona sottoposta alle indagini" (onde sono state rese esplicite entrambe le locuzioni). Di carattere meramente esplicativo e' la modifica apportata all'art. 60 (61) comma 1 nel quale e' stata inclusa fra le ipotesi di "assunzione della qualita' di imputato" anche quella derivante dal decreto di citazione da parte del pretore ai sensi dell'art. 555 (548). Su suggerimento della Corte di cassazione, la quale aveva perspicuamente addebitato all'art. 66 (64) comma 3 di essere in parte superfluo perche' l'ultimo suo periodo - riguardante non le erronee generalita' dell'imputato ma la diversa ipotesi dell'"errore di persona" - non fa che riprodurre il disposto dell'art. 668 (659), si e' riformulato il detto comma, modificato, per il resto, con il richiamo anche alla "persona sottoposta alle indagini" e con la sostituzione dell'espressione "processo" con l'espressione "procedimento", comprensiva della fase delle indagini preliminari. Del tutto nuova e' la disposizione dell'art. 67 (64-bis) (Incertezza sull'eta' dell'imputato) , introdotta con gli opportuni adattamenti su suggerimento dalla Commissione parlamentare. Una norma che, oltre ad attribuire al tribunale per minorenni la competenza esclusiva a determinare, con le forme stabilite per il procedimento minorile, l'eta' di un imputato che si abbia ragione di ritenere minore, assolve anche il compito di impedire, attraverso la procedura semplificata della trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che nelle more dell'espletamento della perizia per accertare l'eta' dell'imputato, questi possa, anche se minorenne, essere assoggettato a trattamenti traumatizzanti, quali ad esempio, la custodia in carcere insieme a detenuti maggiorenni. Nell'art. 69 (66) comma 1 si e' precisato che in caso di morte del reo la sentenza di proscioglimento viene pronunziata a norma dell'art. 129 (128): con la conseguenza - ai sensi del comma 2 di questo articolo - che qualora dagli atti risulti evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto non costituisce reato e non e' previsto dalla legge come reato, il giudice dovra' pronunciare sentenza di non luogo a procedere adottando una di tali formule. Per quel che attiene alla disciplina concernente la capacita' processuale dell'imputato, la Commissione parlamentare aveva proposto di reintrodurre il precetto del vigente art. 88 c.p.p. ed in particolare quella parte di esso che fa riferimento allo "stato di infermita' mentale tale da escludere la capacita' di intendere o di volere": cio' perche', se e' vero che il richiamo alla "partecipazione cosciente" puo' dar luogo ad una piu' attenta valutazione circa l'idoneita' dell'imputato a sostenere il processo, e' anche vero che tale condizione, per "l'ambito di discrezionalita' che l'accompagna, puo' anche dar luogo a situazioni peggiorative rispetto a quanto consentito dal citato art. 88 c.p.p.". Si era richiesto, almeno, la previsione dell'intervento di "soggetti particolari in grado di assistere coloro che, ritenuti idonei a partecipare al processo, siano pero' infermi di mente". Senza contare che la formulazione degli artt. 67 e 68 del Progetto preliminare (ora 70 e 71) avrebbe aperto inevitabilmente "la complessa questione di chi, pur non essendo infermo di mente, non puo' essere comunque ritenuto in grado di partecipare coscientemente ad un processo che oltretutto, per il carattere accusatorio, esalta il ruolo dell'imputato". A tali osservazioni si e' ritenuto di rispondere negativamente, rilevando come l'introduzione nel testo del Progetto definitivo della formula "incapacita' di intendere e di volere" adottata dall'articolo 88 del codice vigente non si concili con il carattere accentuatamente accusatorio del nuovo processo che, esaltando - come afferma la stessa Commissione parlamentare - il ruolo dell'imputato, deve in ogni caso far fronte all'esigenza di tutelare la sua partecipazione, per cosi' dire, attiva: quindi, consapevole e "cosciente". Con l'avverbio "coscientemente" si e' cosi' dato rilievo a situazioni che, pur non coincidendo necessariamente con l'esclusione della capacita' di intendere e di volere rendono, tuttavia, l'imputato incapace nel senso anzidetto. All'articolo 70 (67) a parte modifiche di carattere formale contenute nei commi 2 e 3 e' stato apportato un emendamento di particolare importanza, prescrivendosi (sostanzialmente in linea con il vigente art. 88 c.p.p.) che la perizia e' disposta dal giudice quando si presenta come strumento necessario all'accertamento (essendovi casi in cui le condizioni di incapacita' della persona sono palesi o risultano palesemente aliunde), ma subordinatamente alla condizione che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento. Modifiche puramente esplicative del significato gia' insito nelle relative prescrizioni sono state apportate agli artt. 71 (68) e 72 (69). Con riguardo alle regole generali per l'interrogatorio dettate dall'art. 64 (71) , al comma 1 e' parso piu' corretto fare riferimento alla sola ipotesi di misura cautelare privativa della liberta' (si e' sostituita percio' all'espressione "misure cautelari personali" l'espressione "custodia cautelare"). Al comma 4 (che nel codice e' diventato l'art. 62) si e' soppresso ogni riferimento testuale alle dichiarazioni rese all'autorita' giudiziaria, cosi' da costituire una vera e propria disposizione di carattere generale e da sottolineare come di tali dichiarazioni, in ragione della loro importanza e della garanzia da cui e' necessario siano assistite, "faccia fede solo la documentazione scritta" evitando altresi' "che, attraverso il duplice meccanismo delle dichiarazioni spontanee e della testimonianza de auditu, venga aggirato il diritto al silenzio dell'inquisito" (v. Relazione al Progetto preliminare, p. 57). Per quanto concerne le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, questa norma - che e', appunto, di carattere generale - va integrata con le disposizioni degli artt. 195 comma 4 e 514 (507) comma 2. Con tali precisazioni resta anche superato il rilievo della Commissione parlamentare, la quale aveva espresso perplessita' circa il rispetto della delega in ordine all'art. 64 (71) comma 4 come precedentemente formulato, osservando che "dai singoli punti che in qualche modo si richiamano alla inutilizzabilita' delle dichiarazioni di cui alla disposizione citata non sembra lecito costruire un principio di carattere generale". Quanto al comma 2 dello stesso art. 64 (71), in ordine al quale la Commissione parlamentare aveva proposto di "sostituire al termine "metodi", troppo generico e che puo' al fine involgere anche lo stesso spirito cui si informa l'interrogatorio incrociato, quello di "strumenti", che fa riferimento a specifici meccanismi in grado di influire sulla volonta' dell'individuo interrogato si e' ritenuto di mantenere la formula del Progetto preliminare, pur convenendo con la Commissione che la norma non puo' essere letta nel senso di un sacrificio delle esigenze dell'esame diretto e, soprattutto, del "controesame". Si e' considerato al riguardo come la disciplina definisca una garanzia non tanto per la sede dell'"esame" (di contraddittorio pieno, sorvegliato dal giudice), quanto per il vero e proprio "interrogatorio", quale atto di indagine, oggetto di un "potere" del pubblico ministero e che, secondo la delega, deve essere sempre disciplinato, anche in ragione della sua natura di strumento di difesa. Peraltro, il riferimento alle "tecniche" dell'interrogatorio e' parso comprensivo anche del riferimento agli "strumenti". 1.22 Nell'elaborazione del testo definitivo si e' intervenuti sul Progetto, oltre che con rifiniture di ordine formale (v. art. 60 (61) comma 2: all'espressione "sentenza di merito" si e' sostituita l'espressione - piu' rigorosa - "sentenza di proscioglimento o di condanna"; art. 61 (62) comma 1: "persona sottoposta alle indagini preliminari", anziche' "persona nei cui confronti si svolgono indagini preliminari"; art. 66 (64) comma 3: eliminazione dell'inciso "o alla persona sottoposta alle indagini nel corso del procedimento"; art. 68 (65) "pronuncia sentenza a norma dell'art. 129", anziche' "lo dichiara con sentenza"; art. 70 (67) comma 1: inserimento dell'inciso "o di non luogo a procedere"), operandosi un parziale riassetto sistematico delle norme contenute nel titolo IV, un riassetto talora accompagnato anche da interventi sui singoli precetti. La risistemazione del titolo e' avvenuta trasformando le sue norme di chiusura negli artt. 62 (62-bis), 64 (71) e 65 (72). L'art. 62 (62-bis), recante la rubrica "Divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell'imputato", nasce dallo "scorporo" del comma 4 dell'art. 64 (71) e dell'ultimo inciso del comma 4 dell'art. 195. La nuova collocazione e' motivata, al pari della collocazione assegnata ai primi tre commi dell'art. 64 (71) ed all'art. 65 (72), dall'esigenza di svincolare - per il suo valore assolutamente generale - la disciplina dell'interrogatorio dell'imputato e della persona sottoposta alle indagini (ivi compreso il divieto di testimonianza) dalla sequenza topografica del regime della incapacita' sopravvenuta. Peraltro, nella disciplina dell'art. 62 (62-bis) e' stata compresa anche la persona sottoposta alle indagini, in base alla clausola generale dell'art. 61 (62), che qui era necessario ribadire espressamente. L'estensione della regola alla fase delle indagini preliminari ha, ovviamente, determinato la necessita' della modifica della sua ultima parte (anziche' "in nessuno stato e grado del processo", "nel corso del procedimento"). Negli artt. 64 e 65 sono stati trasferiti, rispettivamente i primi tre commi dell'art. 71 e l'art. 72 del Progetto definitivo. Il riferimento dell'ambito di operativita' di entrambi i precetti alla fase delle indagini preliminari ha comportato modifiche anche dei testi (in particolare, anziche' "imputato" e' stata adottata l'espressione "persona" o "persona sottoposta alle indagini"). Una modifica di segno opposto e' stata apportata all'art. 66 (64) comma 3 in tema di verifica dell'identita' personale dell'imputato. Tornando al testo del Progetto preliminare (in ordine al quale, peraltro, la Commissione parlamentare non aveva formulato alcun rilievo), si e' soppresso ogni riferimento alla persona sottoposta alle indagini. L'emendamento si e' reso necessario per chiarire come la rettifica delle erronee generalita' da parte del giudice con la procedura della correzione di errori materiali di cui all'art. 130 potra' essere adottata nel corso delle indagini preliminari solo quando un intervento del giudice vi sia stato effettivamente (v. l'art. 130 comma 1, il quale fa, appunto, richiamo al "giudice che ha emesso il provvedimento"). Nell'ipotesi, invece, in cui la rettificazione concerna l'attribuzione delle false generalita' alla persona sottoposta alle indagini preliminari prima che il giudice sia stato chiamato ad emettere un qualsiasi formale provvedimento, sara' il pubblico ministero, attraverso una normale procedura de plano, ad apportare la correzione. TITOLO V PARTE CIVILE, RESPONSABILE CIVILE E CIVILMENTE OBBLIGATO PER LA PENA PECUNIARIA 1.23 Nel Progetto definitivo, l'impianto sistematico del titolo V, dedicato alle parti private diverse dall'imputato, e' rimasto immutato rispetto al Progetto preliminare; nei confronti delle relative norme, peraltro, la Commissione parlamentare non aveva formulato alcun appunto. Non ostante cio', e' stata compiuta, in sede di redazione del Progetto definitivo, un'accurata revisione dei singoli precetti tenendo presenti le osservazioni formulate dalle altre autorita' cui il Progetto preliminare era stato trasmesso per il parere. Ne e' conseguita cosi' la necessita' di modificare alcune norme, il piu' delle volte solo per attuare un'opera di coordinamento con altre norme situate in parti diverse del Progetto, ma in alcuni casi anche per pervenire a vere e proprie innovazioni sostanziali. La principale di queste concerne l'art. 75 (74), definito dalla Relazione al Progetto preliminare, (p. 59) disposizione "veramente cruciale" perche', nel prevedere un sistema di preclusioni all'esercizio dell'azione civile in sede penale, adempie anche il compito di condizionare l'operativita' del regime dell'efficacia del giudicato penale nei giudizi civili o amministrativi per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato. Le perplessita' di ordine generale manifestate a proposito dell'art. 75 (74) del Progetto addebitano a tale disposizione di non osservare - accogliendo la regola della separazione dei giudizi - il principio dell'unita' della giurisdizione; per giunta, al di fuori di ogni direttiva specifica della legge-delega: il che importerebbe la necessita' di sopprimere i suoi primi due commi e di sostituirli con il disposto dell'art. 24 del codice vigente. Con specifico riguardo al comma 1 del testo del Progetto preliminare - da cui deriverebbe la maggior parte degli inconvenienti lamentati - si e' osservato che la preclusione all'esercizio dell'azione civile in sede penale dovrebbe comunque essere collegata non alla mera conoscibilita' ma alla "legale" possibilita' di conoscere l'inizio dell'azione penale. Al comma 2 (ora comma 1) e' stato contestato, per un verso, di non prevedere quale sorte spetti al processo civile nel caso in cui il danneggiato, esercitata l'azione civile in sede civile, decida di non trasferirla davanti al giudice penale e, per un altro verso, di consentire, nel caso in cui il trasferimento avvenga, la caducazione delle misure cautelari eventualmente disposte dal giudice civile. Critiche sono state formulate anche con riguardo al comma 3, oltre che per motivi di ordine formale, perche' esso si porrebbe in contrasto con la regola della separazione sancita nei primi due commi e perche' sarebbe di dubbia compatibilita' con l'art. 24 della Costituzione. A tale ultimo riguardo, si e' censurato il fatto che, mentre, non concedendo al danneggiato la facolta', nell'ipotesi prevista dall'originario comma 1, di costituirsi parte civile, resta inoperante il regime degli effetti del giudicato penale, si consente anche nell'ipotesi di sospensione del processo civile la produzione degli effetti previsti dall'art. 651 (642). Con riguardo a tali osservazioni, si rileva che il Progetto preliminare ha segui'to il preciso intento, desumibile da numerosi suoi precetti, di favorire, ove possibile, la linea della separazione del giudizio civile dal giudizio penale: una linea che, se puo' in effetti prestarsi alla critica di non essere aderente al principio dell'unita' della giurisdizione (principio, peraltro, da considerare non di rilevanza costituzionale, come la Corte ha avuto occasione di statuire sin dalla sentenza n. 1 del 1970), ha il vantaggio di attuare la massima semplificazione nello svolgimento del processo, secondo la regola indicata nella direttiva 1 della legge-delega. Se tale rilievo ha consentito di superare le obiezioni di principio espresse nei confronti del sistema segui'to nel Progetto, cio' non significa che gli appunti ad esso rivolti non siano stati tenuti in attenta considerazione e siano stati ritenuti del tutto privi di fondamento. Piu' specificatamente, due appunti aventi ad oggetto l'art. 75 (74) hanno meritato una particolare attenzione: quello che concerne la subordinazione dell'operativita' del principio electa una via alla "conoscibilita'" dell'inizio dell'azione penale; quello che riguarda le sorti dell'azione civile esercitata in sede civile dal danneggiato da reato cui non venga preclusa la possibilita' di costituirsi parte civile. Con riguardo alla prima obiezione, la Relazione al Progetto preliminare aveva puntualmente avvertito come il riferimento alla conoscenza o alla conoscibilita' dell'inizio dell'azione penale avrebbe potuto divenire oggetto di critiche difficilmente superabili: sia perche' tale riferimento si sarebbe rivelato coerente solo con un sistema imperniato sulla possibilita' per la parte civile di costituirsi anche prima dell'udienza preliminare, sia perche' far leva sul presupposto dell'essere stato posto in grado di conoscere l'inizio dell'azione penale "avrebbe potuto costituire fonte di equivoci non bilanciati dal regime dell'efficacia del giudicato penale nel giudizio civile di danno" (v. Relazione, p. 65). Ora, anche sulla base dei rilievi formulati dalle autorita' consultate, non puo' non ribadirsi che l'applicazione del principio electa una via, subordinata com'e' non alla conoscenza ma alla conoscibilita' dell'inizio dell'azione penale, oltre a rivelarsi fonte di possibili equivoci ed incertezze sul piano applicativo, non sembra nemmeno necessitata alla stregua delle direttive della delega concernenti l'efficacia del giudicato (ovviamente, di assoluzione) nel giudizio civile o amministrativo di danno. La direttiva 23 - e' vero - stabilisce che la sentenza di assoluzione non pregiudica l'azione civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno, salvo che dalla stessa risulti che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto fu compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facolta' legittima, "sempre che il giudizio civile si svolga tra coloro che hanno partecipato o sono stati posti in grado di partecipare al processo penale"; nel sistema della delega sembra, pero', essere stato assegnato solo al legislatore delegato il compito di determinare quando la "potenzialita' di partecipazione" debba ritenersi sussistente: con la conseguenza che il regime delle preclusioni all'esercizio dell'azione civile in sede penale non deve necessariamente essere ancorato al dato soggettivo della "conoscibilita'" ma potrebbe, invece, essere riferito al dato oggettivo dell'esercizio dell'azione civile dopo l'inizio dell'azione penale. In tal modo, la disposizione del comma 1 del Progetto preliminare, oltre a superare le incertezze connesse alla partecipazione o possibilita' di partecipazione del danneggiato al processo penale, si conformerebbe puntualmente alla ratio del precetto dell'art. 652 (643), impedendo l'efficacia del giudicato penale di assoluzione nel giudizio civile di danno solo che l'imputato eserciti, in qualsiasi stato e grado il processo penale si trovi (e purche' non si sia gia costituito parte civile, ipotesi in cui operera' il disposto art. 75 (74) comma 3) l'azione civile in sede propria. Quanto all'altra obiezione, deve riconoscersi che nulla e' detto nel comma 2 (ora comma 1) circa la sorte dell'azione civile esercitata nel processo civile prima dell'inizio dell'azione penale allorche' il trasferimento dell'azione penale sia impossibile (per essere gia' stata nel processo civile pronunciata sentenza anche non definitiva) o non sia voluto dal danneggiato. Sulla base delle premesse sopra enunciate, fra la prospettiva di un ritorno al regime predisposto dall'art. 81 del Progetto del 1978 e la soppressione sic et simpliciter del principio electa una via, si e' preferita la seconda soluzione, che e' stata realizzata sopprimendo l'originario comma 1 dell'articolo in esame: cio' perche' il meccanismo predisposto per dare ad esso attuazione, anche se depurato dal requisito della conoscibilita', e' parso fonte di possibili equivoci, oltre che di eventuali ingiustizie non sufficentemente bilanciate dalla necessita' di privileggiare le esigenze di celerita' e di semplificazione. Si e', poi, ritenuto di meglio modellare il nuovo comma 1 (gia' 2) al precetto della direttiva 23 della legge-delega, apparendo che, altrimenti, dall'attuazione di tale direttiva dovesse discendere, nell'ipotesi di omesso trasferimento dell'azione civile in sede penale, l'efficacia vincolante della sentenza di assoluzione per il danneggiato dal reato. A tal fine e' stato introdotto il comma 2 (2-bis), con il quale viene sancito espressamente che, in assenza della translatio iudicii, il processo civile non puo' essere sospeso e che, di conseguenza, non puo' trovare applicazione l'art. 652 (643) comma 1 (v. la corrispondente modificazione apportata a tale articolo); un identico principio e' stato stabilito per il caso in cui l'esercizio dell'azione civile in sede penale non sia piu' consentita (v. articolo 79), valendo, in tale ipotesi, la preclusione (temporale) all'esercizio dell'azione civile in sede penale a neutralizzare gli effetti previsti dall'art. 652 (643). Nel comma 3, infine, e' stato aggiunto l'inciso "o dopo la sentenza penale di primo grado", in quanto la presenza di tale provvedimento fa ritenere opportuna la previsione del medesimo - ed eccezionale - effetto sospensivo del processo civile. Va da se' che ove la proposizione dell'azione civile in sede propria dopo la costituzione di parte civile non sia la risultante di una scelta del danneggiato ma l'effetto conseguente ad un suo esodo necessitato dal processo penale (v. art. 71 comma 6, art. 88 comma 3; ma anche artt. 441 comma 3 e 444 comma 2), il processo civile proseguira' il suo corso senza essere in alcun modo influenzato dal processo penale: a cio' si riferisce, appunto, la clausola di riserva contenuta nell'ultima parte dell'art. 75 (74) comma 3. Quanto all'art. 76 (75) , a parte le modifiche formali contenute nel comma 1, si e' ritenuto opportuno introdurre un comma 3, riproducente il precetto dell'art. 92 comma 2 del codice vigente, secondo cui la costituzione di parte civile non equivale a querela. Nel comma 4 dell'art. 77 (76) e' stato soppresso l'inciso "per evitare ritardi al compimento di determinati atti o preclusione alla costituzione di parte civile", essendo apparso sufficiente il richiamo alla "assoluta urgenza" per legittimare l'esercizio (in via provvisoria) dell'azione civile in sede penale da parte del pubblico ministero in funzione della costituzione di parte civile dell'incapace: la decadenza per quest'ultimo dalla possibilita' di esercitare l'azione civile in sede penale. Nell'art. 78 (77) e' stato introdotto un comma 3 al fine di operare un opportuno coordinamento con la disciplina del difensore delle parti private diverse dall'imputato prevista dall'art. 100; analogamente e' stato disposto nell'art. 84 (83) con riferimento alla costituzione del responsabile civile. Ne consegue che nei casi in cui la procura non sia stata apposta in calce o a margine della costituzione di parte civile ma risulti da atto separato, tale atto dovra' essere depositato nella cancelleria (se la costituzione avviene fuori udienza) o presentato in udienza (se la costituzione avviene in udienza) unitamente alla dichiarazione di costituzione. La disciplina e' analoga a quella adottata dall'art. 164 c.p.c. per la costituzione dell'attore; tutto cio' nell'intento di assimilare - ovviamente nei limiti della compatibilita' - il trattamento della dichiarazione di costituzione di parte civile al trattamento riservato alla vocatio in iudicium ed all'acquisto della qualita' di parte di chi propone l'atto di citazione in sede civile. E' stato apportato un emendamento anche al comma 2 dell'art. 78 (77) per fronteggiare l'esigenza di far coincidere - conformemente ai principi previsti in tema di notificazione degli atti processuali - l'efficacia della dichiarazione con il momento di effettiva instaurazione del contradittorio; e' parso, infatti, del tutto esorbitante che la detta efficacia debba conseguire alla esecuzione dell'ultima delle notificazioni: un meccanismo, questo, recante in se' il pericolo di preclusioni assolutamente ingiustificate (analogamente e' stato disposto per l'intervento del responsabile civile dall'art. 85 (84) comma 3). In tema di esclusione della parte civile, l'art. 80 (79), il cui assetto risulta riformulato per ragioni di ordine formale, reca una novita' di sostanza al comma 1, una novita' suggerita dall'opportunita' che nella richiesta di esclusione - con la quale puo' essere contestata sia la legitimatio ad causam sia la legitimatio ad processum sia l'osservanza delle formalita' prescritte dalla legge - venga precisato (v. artt. 97 comma 1 e 98 comma 2 del codice vigente) il motivo della richiesta: fermo restando, peraltro, che la specificita' dei motivi non costituisce condizione per l'ammissibilita' della detta richiesta, non solo perche' la parte civile, nel caso previsto dall'art. 81 (80), puo' essere esclusa dal giudice di ufficio, ma anche perche' la mancanza della motivazione si converte - semmai - in una ragione di "ammissibilita'" della costituzione. Alcune innovazioni sono state introdotte al Progetto preliminare con riguardo alla posizione del responsabile civile. Per quel che si riferisce all'art. 83 (82) , l'aggiunta apportata al comma 4 colma una lacuna dovuta ad un mero lapsus del Progetto. Il comma 5 - che riproduce l'articolo 111 del codice vigente - e' stato inserito essendosi rilevato che il Progetto preliminare non contempla alcuna sanzione processuale nel caso in cui il responsabile civile, per omessa od erronea indicazione di qualche elemento essenziale della citazione, non sia stato posto in grado di esercitare i suoi diritti. Mentre le modifiche apportate agli articoli 85 (84) e 87 (86) rispondono ad esigenze di ordine formale o di coordinamento sistematico, una innovazione sostanziale e' stata introdotta nell'art. 88 (87). Oltre a stabilirsi, in caso di esclusione della parte civile, la non all'opertativita' dell'art. 75 (74) comma 3, si e' inserito nel nuovo testo del comma 2 un precetto riproducente quasi alla lettera l'art. 121 comma 2 del codice vigente, in base al quale se il responsabile civile e' stato escluso su richiesta della parte civile, questa non puo' esercitare l'azione davanti al giudice civile per il medesimo fatto. 1.24 Nonostante sul titolo V la Commissione parlamentare abbia formulato un solo - e, peraltro, secondario - rilievo, si e' ritenuto di intervenire ancora nell'area del libro I dedicata alle parti private diverse dall'imputato al fine di coordinare meglio, in sede di redazione del testo definitivo, i singoli precetti in esso contenuti. E' stata cosi' modificata l'ultima parte dell'art. 75 (74) comma 3, sostituendo alle previsioni specifiche delle ipotesi in cui non si verifica sospensione del processo civile malgrado l'esercizio dell'azione civile in sede propria dopo la costituzione di parte civile, una clausola generale di salvezza, tecnicamente piu' rigorosa, corrispondente a quella gia' presente nel Progetto preliminare ("salve le eccezioni previste dalla legge"). Si e' ritenuto, poi, di sopprimere il comma 3 dell'art. 76 (75), sia per la natura esclusivamente tralaticia di tale precetto (giustificabile al momento di elaborazione del codice vigente, quando ancora non era sopito il dibattito provocato dal "principio dell'equivalenza" accolto dal codice del 1865 e ripudiato dal codice del 1913) sia perche' risulta evidente come una costituzione di parte civile dalla quale risulti anche il distinto intento di far valere l'istanza punitiva dovra' considerarsi pure atto di querela. Senza contare che la fissazione del termine a quo della costituzione di parte civile per l'udienza preliminare vale a rendere assolutamente eccezionale la tempestivita' di una querela desumibile implicitamente dalla dichiarazione di costituzione di parte civile. Nell'art. 78 (77) comma 1 lettera a) si e' precisato che la dichiarazione di costituzione di parte civile di una associazione o di un ente deve contenere anche le generalita' del legale rappresentante: cio', al pari di quanto gia' previsto dagli artt. 83 comma 3 lettera c) e 84 comma 2 lettera a) per la citazione e la costituzione del responsabile civile che non sia persona fisica. Nello stesso art. 78 (77) comma 2 e nell'art. 85 (84) comma 3 si e' meglio precisata, dal punto di vista lessicale, l'innovazione introdotta nel passaggio dal Progetto preliminare al Progetto definitivo circa l'efficacia della costituzione di parte civile e dell'intervento del responsabile civile effettuati fuori udienza nei confronti delle altre parti. Si e' ritenuto di stabilire nell'art. 82 (81) comma 1 che la revoca della costituzione di parte civile puo' avvenire in ogni stato e grado (non del "processo" ma) del "procedimento": cio' coerentemente con la regola (art. 79 comma 1) che consente al danneggiato di costituirsi parte civile anche prima dell'udienza preliminare. Nell'articolo 83 (82) (cui sono stati apportati anche piccoli ritocchi di ordine formale) si e' provveduto ad aggiungere che l'imputato puo' essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati non solo per il caso in cui venga prosciolto ma, ovviamente, anche per il caso in cui "sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere". Nell'art. 86 (85), oltre che adottarsi un ammodernamento, per ragioni di "simmetria formale" con l'art. 80, e' stato previsto in sede di redazione del testo definitivo che la richiesta di esclusione del responsabile civile deve essere motivata. Con riguardo all'analoga prescrizione contenuta nell'art. 80 (79) a proposito della richiesta di esclusione della parte civile, la Commissione parlamentare ha rilevato che richiedere la "motivazione" appare contraddittorio, stante l'irrilevanza della specificita' dei motivi posti a sostegno della richiesta di esclusione e la possibilita' che questa possa essere disposta d'ufficio quando la mancata motivazione non si converta in una ragione di ammissibilita' della costituzione. Il rilievo e' stato pero' disatteso, non sembrando sussistere nell'assenza di motivazione della richiesta la dedotta contraddittorieta' derivante dal fatto che tale mancanza non e' causa di inammissibilita': un effetto che sarebbe risultato palesemente esorbitante rispetto alle ragioni che giustificano la motivazione della richiesta stessa. Come si e' gia' detto, la precisazione ha il solo scopo di "chiarire" che con la richiesta di esclusione puo' essere contestata sia la legitimatio ad causam sia la legitimatio ad processum sia l'osservanza delle formalita' previste dalla legge. Ed e' per tale ragione che l'obbligo di motivazione e' stato esteso (v. art. 117 del codice vigente) alla richiesta di esclusione del responsabile civile. Si e' ritoccata la rubrica dell'art. 87 (86) ("Esclusione di ufficio", anziche' "Esclusione del responsabile civile") il cui comma 1 e' stato riformato, per ragioni di "simmetria" con l'art. 81 (80) concernente l'esclusione di ufficio della parte civile. Per analoghi motivi e' stato introdotto il comma 2. Infine, nell'art. 88 (87) comma 3, si e' precisato espressamente (quanto era gia' implicito, e cioe') che la disposizione dell'art. 75 comma 3 non si applica "nel caso di esclusione della parte civile". TITOLO VI PERSONA OFFESA DAL REATO 1.25 In relazione alla partecipazione al procedimento penale dei c.d. "enti esponenziali", sono state avanzate critiche di sostanza al sistema delineato nel Progetto preliminare soprattutto con riferimento alla fonte della legittimazione di tali figure sogettive. La Commissione parlamentare ha formulato una proposta di articolato che, col sostituire, quale fonte della legittimazione all'intervento degli enti e delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato, alla legge (dello Stato) la semplice costituzione "con atto pubblico anteriormente alla commissione del fatto", ha espresso l'esigenza di una decisiva modifica del sistema predisposto, su tale punto, dal Progetto preliminare. Secondo la Commissione, la nuova formulazione si renderebbe "necessaria per uniformare il testo ai principi della legge-delega", in base ai quali le finalita' di tutela degli interessi lesi dal reato "possono ricavarsi dalla interpretazione dello statuto degli enti e delle associazioni richiamate". Sulla norma in esame sono state, ancora, espresse perplessita' da parte di un consiglio giudiziario, quanto alla formula "in forza di legge dello Stato", "potendo insorgere dubbi interpretativi in materie attribuite alla potesta' legislativa regionale in via esclusiva". Nella Relazione al Progetto preliminare, (p. 80) sono state dettagliatamente indicate le ragioni che hanno indotto a prescegliere, dopo ampio dibattito, la formula adottata nell'art. 91 (90), una formula che - muovendo dall'interpretazione della direttiva 39 della legge-delega nel senso che il "riconoscimento" della finalita' di tutela degli interessi lesi dal reato porti ad escludere che sia sufficente per la legittimazione all'intervento degli enti e delle associazioni nel processo penale, l'autoattribuzione, ad opera di un atto del loro ordinamento interno, delle dette finalita' - ha individuato come fonte di legittimazione piu' conforme alla legge-delega la legge dello Stato. La problematica affrontata dal legislatore delegato era incentrata, piuttosto, su un diverso problema: e, cioe', se dovesse essere lo stesso codice di procedura penale a predeterminare le condizioni per la legittimazione, ovvero se tali condizioni dovessero essere di volta in volta stabilite da una specifica norma di legge. Si e' preferito allora adottare la formula dell'art. 91 (90) che, pur ricollegando sempre alla legge il conferimento della legittimazione, attribuisce anche a fonti subprimarie, purche' emanate in esecuzione di una legge, il potere di attuare il riconoscimento delle finalita' di tutela degli interessi lesi dal reato. Tali considerazioni hanno indotto a mantenere fermo l'art. 91 (90) del Progetto dal quale, peraltro in sede di redazione del Progetto definitivo e', stato espunto l'inciso "dello Stato". Resta solo da ribadire come la soluzione prescelta sembra, tra l'altro, la sola in grado di consentire una predeterminazione delle categorie di interessi da privilegiare attraverso la costituzione di un centro di imputazione con finalita' di tutela; secondo una linea chiaramente emergente dai lavori preparatori della legge-delega ove si fa esclusivo riferimento alle categorie degli interessi collettivi, diffusi, etc., e non a qualsivoglia interesse protetto da una norma penale; cio', del resto, sia in aderenza al principio di partecipazione sia in funzione delle esigenze del pluralismo. Per quel che si riferisce all'art. 92 (91), che detta la disciplina del consenso della persona offesa all'intervento nel processo dei c.d. "enti esponenziali", la Commissione parlamentare, pur pronunciandosi favorevolmente circa la conformita' alla legge-delega, ha espresso perplessita' quanto al comma 2, indicando tra le soluzioni possibili, la cui scelta ha rimesso alla Commissione redigente, quella che, nell'ipotesi di consenso prestato a piu' enti o associazioni, prescrive: "la volonta' rilevante e' quella da ultimo espressa". La soluzione accolta dal Progetto, con lo stabilire che il consenso prestato a piu' enti o associazioni si ha come non prestato, e' sembrata, pero', quella tuttora preferibile al fine di evitare anche il minimo sospetto di collusioni fra l'ente o l'associazione e la persona offesa. L'eliminazione di ogni possibile "concorsualita'" pare, infatti, scongiurare il pericolo di eventuali "giochi al rialzo" di quest'ultima circa la figura soggettiva cui prestare il consenso. E' importante, comunque, sottolineare come la Commissione parlamentare abbia puntualmente avvertito l'esistenza di una problematica di tal genere, anche tenuto conto che i vari disegni di legge sulla "violenza sessuale", il cui esame e' proseguito dopo la redazione del parere sul Progetto preliminare, pur richiedendo, quale condizione per l'intervento, il consenso della persona offesa, non prendono in considerazione l'ipotesi di consenso prestato a piu' "associazioni o movimenti" che abbiano tra i loro scopi la tutela degli interessi lesi dai delitti in materia di violenza sessuale. La Commissione parlamentare ha manifestato l'opportunita' di sopprimere dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 93 (92) l'inciso "disposizioni che riconoscono le": cio' coerentemente con quanto rilevato circa la fonte della legittimazione delle associazioni e degli enti, legittimazione desumibile dai loro atti di ordinamento interno. La stessa Commissione ha pero' precisato che numerosi suoi componenti si sono espressi in senso favorevole al mantenimento del detto inciso, allo scopo di "evitare una genericita' di dizione che potrebbe attribuire la legittimazione all'intervento ad enti od associazioni caratterizzati da scopi cosi' vasti che ad essi siano riconducibili tutte le situazioni di interesse suscettibili di offesa penalmente rilevante". Pur essendo evidente che, in linea di massima, la formulazione della lettera a) del comma 1 dell'art. 93 (92) resta superata dalla soluzione prescelta quanto al problema della fonte della legittimazione ad intervenire, le perplessita' manifestate in seno alla Commissione parlamentare circa la soppressione dell'inciso hanno, in realta', esclusivo riguardo alle "disposizioni" intese come prescrizioni dell'ordinamento interno della figura soggettiva: dalle quali debba, nei casi dubbi, desumersi, sulla base delle indicazioni dell'atto d'intervento (indicazioni costituenti un onere per l'interveniente) , il perseguimento delle finalita' degli interessi lesi dal reato per cui si procede. Il comma 1 dell'art. 93 (92) e' stato pero' altrimenti modificato, prevedendosi, da un lato, che l'atto d'intervento deve indicare il difensore e, dall'altro, che tale atto deve essere sottoscritto dal difensore stesso. Quanto al primo punto, la modifica e' parsa necessaria perche' - a differenza di quanto avviene per la persona offesa - la partecipazione al procedimento degli enti e delle associazioni e' la risultante di un loro atto di iniziativa esplicitamente qualificato come tale dal nuovo codice e richiede, per l'esercizio dei poteri attribuiti a tali figure soggettive, l'assistenza tecnica. Un'assistenza, peraltro, espressamente contemplata da tutti i disegni di legge in tema di tutela contro gli atti di violenza sessuale che prevedono l'intervento di "associazioni o movimenti". Quanto al secondo punto, e' sembrato opportuno uniformare la disciplina formale dell'atto di intervento a quella degli atti di costituzione previsti per le parti private diverse dall'imputato, attribuendo al difensore la rappresentanza pleno iure dell'ente o dell'associazione. Si e' conseguentemente pervenuti, in sede di redazione del testo definitivo, ad una riformulazione dell'art. 101 (100) comma 2 (gia' inserito nell'art. 100 (99) ) , mentre nel comma 2 dell'art. 93 (92) e' stato aggiunto un precetto analogo al comma 3 dell'art. 78 (77) e al comma 3 dell'art. 84 (83) . La Commissione parlamentare ha proposto di modificare il comma 3 dell'art. 933(92) prevedendo "un termine entro il quale l'atto di intervento deve essere notificato alle altre parti". La proposta non e' stata condivisa, nella considerazione che nel caso previsto dal comma 3 la notificazione costituisce condizione per l'ammissibilita' dell'intervento il quale sara' operante - nei limiti temporali imposti dall'art. 94 (93) - solo nel momento in cui l'ultima delle notificazioni risulta eseguita. E' parso opportuno, infatti (diversamente da quanto disposto negli artt. 78 (77) comma 2 e 85 (84) comma 3) , mantenere il regime che condiziona l'efficacia dell'intervento fuori udienza all'esecuzione dell'ultima notificazione: cio' perche' l'intervento, in tanto puo' ritenersi pleno iure operante, in quanto il contraddittorio risulti instaurato nei confronti di tutte le parti. Si e' apportata, infine, una modificazione all'art. 95 (94) comma 1 al fine di rendere meno complessa la procedura per l'opposizione all'intervento. Gli altri emendamenti riguardanti le norme del titolo VI (v., in particolare, l'art. 90 (89) comma 2) hanno carattere esclusivamente formale. 1.26 In sede di parere sul Progetto definitivo la Commissione parlamentare ha riproposto le stesse censure a suo tempo sollevate in sede di parere sul Progetto preliminare circa la fonte della legittimazione ad intervenire degli enti e delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato, criticando altresi' la scelta, effettuata in sede di revisione, di sopprimere l'inciso "dello Stato". Ha poi suggerito di sostituire l'espressione "procedimento di merito" con l'espressione "processo" (art. 91). Nel ribadire come la formulazione prescelta nell'art. 91 (90) appare la piu' conforme alla direttiva 39 della legge-delega, e' sufficiente rinviare a quanto osservato in precedenza. Circa la nuova censura sollevata dalla Commissione parlamentare in ordine alla soppressione dell'inciso "dello Stato", si e' gia' precisato nella Relazione al Progetto preliminare (p. 80) , "che una legge regionale potra' utilmente operare il riconoscimento ma solo in quanto emessa in esecuzione di una legge dello Stato". Facendosi richiamo alla "legge" senza alcun attributo risulta comunque cancellata una prescrizione troppo rigida, mentre e' apparso piu' opportuno lasciare al "diritto vivente" spazi interpretativi altrimenti irrimediabilmente preclusi. Deve, infine, disattendersi la proposta di sostituzione della espressione "procedimento di merito" con l'espressione "processo", volendo la prima di esse significare che gli enti c.d. "esponenziali di interessi" possono intervenire non solo nella fase processuale vera e propria ma anche nella fase delle indagini preliminari (v., Relazione al Progetto preliminare, p. 81) . A tale riguardo si e' peraltro provveduto a sopprimere l'inciso "di merito" apparso in contrasto con la direttiva 39 che assicura agli enti e alle associazioni cui sono riconosciute finalita' di tutela gli stessi poteri (v. art. 89, come modificato - ma solo formalmente - nel testo definitivo) spettante nel processo all'offeso dal reato non costituito parte civile: quindi, non soltanto nel procedimento di merito ma anche del giudizio di cassazione ove la persona offesa e' abilitata a presentare memorie. Nell'art. 92 (91) comma 2 la Commissione parlamentare ha suggerito di includere tra i requisiti prescritti per l'intervento la presentazione di "copia dell'atto pubblico di costituzione e dello statuto". Il suggerimento, costituente un diretto corollario della autoattribuzione da parte dell'atto di ordinamento interno della legittimazione ad intervenire voluta dalla Commissione parlamentare, deve essere disatteso per i motivi indicati gia' esposti. Si e' accolta, invece, la puntuale ulteriore richiesta della Commissione circa la necessita' "di chiarire" che l'intervento produce effetti in ogni stato e grado del procedimento. E' stato a tal fine inserito nell'art. 93 (92) - in analogia con quanto previsto dall'art. 76 comma 2 per la costituzione di parte civile - un comma 4. Si e' ritenuto di riformulare il testo dell'art. 95 (94) per un necessario, formale adeguamento della disciplina dell'opposizione all'intervento ai vari momenti procedimentali. A tal fine, nel comma 1 si e' preferito riprodurre la prima parte del corrispondente comma del Progetto preliminare (in ordine al quale la Commissione parlamentare non aveva, peraltro, formulato alcun rilievo) circa le modalita' dell'opposizione all'intervento. Nel comma 2 si e' indicato il giudice competente a decidere sull'intervento proposto prima dell'esercizio dell'azione penale, con cio' implicitamente chiarendosi che ove l'opposizione sia proposta nel corso della fase delle indagini preliminari non dovra' attendersi l'udienza preliminare per decidere su di essa. TITOLO VII DIFENSORE 1.27 Nessuna osservazione specifica e' stata proposta dalla Commissione parlamentare sul testo degli articoli raggruppati sotto il titolo VII del Progetto preliminare concernenti il difensore. Si e' ritenuto che cio' implichi un giudizio non solo di conformita' alla legge-delega, ma anche di congruita', opportunita' e coerenza della disciplina rispetto all'intero sistema delineato nel nuovo assetto processuale. Il che trova conferma anche negli altri pareri fatti pervenire al Governo, di complessivo consenso sulla disciplina stessa. L'articolato del Progetto definitivo e' di conseguenza rimasto, nella sostanza, identico a quello del Progetto preliminare, salve talune modeste integrazioni ed alcuni aggiustamenti "tecnici", rivelatisi opportuni nel corso della revisione del testo. In sede di redazione del Progetto definitivo, con riguardo alla nomina del difensore e' stata aggiunta nel comma 2 dell'art. 96 (95) la previsione che la medesima possa essere anche consegnata dal difensore all'autorita' procedente. Gia' oggi la prassi accetta questa modalita', che consente di agevolare l'immediato esercizio di attivita' difensive. Sempre nell'art. 96 (95) , e' stato poi introdotto un comma 3, con il quale si prevede che alla nomina del difensore della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, possa provvedere anche un prossimo congiunto quando non vi abbia provveduto l'interessato. Si e' inteso cosi' ovviare alle condizioni di obiettiva difficolta' in cui possono trovarsi queste persone - in relazione alla scelta del difensore soprattutto nella immediatezza della privazione della liberta' personale, quando non possono consultarsi con alcuno, se non con coloro che si trovano nel luogo di custodia, finendo spesso per subirne e recepirne i suggerimenti. E' ovvio ed implicito che all'interessato rimane la possibilita' di revocare la nomina fatta dal congiunto o di aggiungervi quella di altro difensore. Quanto al difensore di ufficio - art. 97 (96) - e, in particolare, al congegno per la designazione del sostituto da parte del giudice o del pubblico ministero, si e' ritenuto di rendere esplicito sia che la disciplina e' applicabile anche al caso di abbandono della difesa, oltre che a quelli di irreperibilita' o di mancata comparizione del difensore, sia che la disciplina stessa concerne qualsiasi situazione in cui si renda comunque necessaria la presenza del difensore: quindi, non solo "per il compimento dell'atto" (locuzione che e' stata soppressa, potendone derivare una incongrua limitazione di operativita' della norma con riguardo a singoli atti) . Cio' rende, in particolare, piu' agevole il collegamento con altre disposizioni: ad esempio, con quella dell'articolo 484 (478) comma 2, relativa alla mancata comparizione del difensore al dibattimento. Le modifiche apportate agli artt. 100 (99) e 101 (100) riguardano soltanto la difesa e la rappresentanza in giudizio degli enti e delle associazioni "esponenziali" che possono intervenire a norma dell'articolo 94 (93) . Nella redazione del Progetto definitivo si e' ritenuto di sopprimere l'originario comma 2 dell'articolo 100 (ora art. 101) del Progetto preliminare e di aggiungere all'articolo 99 (ora art. 100) un comma 6 che estende, in quanto compatibili, agli enti e alle associazioni intervenuti (e interveniendi) a norma dell'articolo 93 (92), le disposizioni, dettate dallo stesso articolo 99 del Progetto preliminare, per il difensore delle parti private diverse dall'imputato. Cio' per ragioni di uniformita' di disciplina. Ne e' derivato, in particolare, che, mentre la nomina del difensore dell'ente - alla stregua della disciplina del Progetto preliminare - costituiva una mera facolta' (come per la persona offesa) ora e' divenuto opportunamente una necessita', dovendosi riconoscere che l'ente stesso possa stare in giudizio soltanto "col ministero di un difensore, munito di procura speciale". Si vedano - al riguardo anche le disposizioni dell'articolo 93 (92) comma 1 lett. c) ed e) , secondo le integrazioni contestualmente apportate. Nei commi 2 e 5 dell'articolo 105 (104) ("abbandono e rifiuto della difesa") le modifiche adottate hanno carattere meramente stilistico. Nell'art. 107 (106) - relativo alla "non accettazione, rinuncia o revoca del difensore" - e' stata introdotta un'ulteriore disposizione (comma 2) , al fine di evitare l'inefficacia degli atti compiuti prima che l'autorita' procedente abbia notizia della mancata accettazione dell'incarico. Si e' ritenuto di stabilire che questa abbia effetto dal momento in cui e' comunicata a detta autorita'. Al comma 1 si e' aggiunto che la comunicazione deve essere data subito. Inoltre, al fine di rendere coerentemente applicabile a tutte le parti tale disciplina (come gia' risulta dal comma 1) , si e' sostituita nel comma 3 la parola "imputato" con la parola "parte". Sono state, infine, apportate alcune modificazioni all'articolo 108 (107) , concernente il "termine a difesa". A parte quelle di carattere solo formale (la cui ragione appare manifesta) , si e' giudicato opportuno eliminare la rigidita' quantitativa del termine minimo di tre giorni, sostituendo l'avverbio "comunque" con la locuzione "di norma", dando cosi' la possibilita' - sia pure eccezionale - di fissare anche un tempo inferiore quando sia, ad esempio, imminente la scadenza di un termine a sua volta breve, da cui derivino perenzioni o caducazioni (si pensi alla situazione disciplinata dagli artt. 294 e 302). Si e' anche ravvisata l'opportunita' di limitare la disposizione circa il termine a difesa al solo imputato, escludendone l'applicabilita' per gli altri soggetti che hanno il diritto all'assistenza difensiva, in coerenza con un principio che gia' trova espressione nel comma 5 dell'art. 105 (104) . 1.28 In sede di redazione del testo definitivo sono stati adottati alcuni ulteriori ammodernamenti formali che non hanno attinto la sostanza del titolo VII. Si e' ripresa in esame la disciplina del difensore delle altre parti private contenuta nell'art. 100 (99) (nel cui comma 4 la parola "processo" e' stata sostituita con la parola "procedimento") e si e' deciso di ricollocare la disposizione relativa al difensore dei cc. dd. "enti esponenziali" (che figurava nell'art. 99 comma 6 del Progetto definitivo) quale comma 2 dell'art. 101 (100) , subito dopo quella del difensore della persona offesa, che e' il soggetto cui si fa propriamente riferimento quando si definiscono i diritti e le facolta' degli enti stessi. Cio' tenuto conto che la collocazione della disciplina della difesa degli enti in parola nell'ambito di quella (v., in tal senso, la rubrica dell'art. 100) del "difensore delle altre parti private" avrebbe potuto far sorgere problemi ed equivoci interpretativi circa la possibile qualita' di "parte", che, invece, va esclusa in capo a questi soggetti, alla luce della stessa legge-delega. Le modifiche apportate in sede di revisione del Progetto definitivo all'art. 103 (102) , relativo alle garanzie di liberta' del difensore, riguardano soltanto il comma 7, che definisce - nei termini della inutilizzabilita' dei relativi risultati - le conseguenze dell'inosservanza delle disposizioni sulle ispezioni, perquisizioni e sequestri negli studi dei difensori e sulle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni dei medesimi. E' stato eliminato l'ultimo periodo ("si applica la disposizione dell'articolo 271") , essendosi rilevato che ne potevano forse derivare equivoci o, attraverso una argomentazione a contrario, interpretazioni limitative, mentre deve essere chiaro che, per tutto quanto non specificatamente e diversamente previsto dall'articolo 103 (102) , troveranno applicazione le disposizioni dell'articolo 271, che vanno, dunque (e piu' propriamente) , "fatte salve". Inoltre, al fine di non sovrapporre e confondere l'ipotesi particolare di nullita' prevista dal comma 3 con la generale clausola di inutilizzabilita' del comma 7, si e' ravvisata l'opportunita', nella formulazione di questo, di "fare salva" la prima. Di conseguenza, il comma 7 reca, ora, l'inciso iniziale: "Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 271...". LIBRO II ATTI TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI 2.1. La disciplina contenuta nel titolo I del libro II, non ha subito nel Progetto definitivo alterazioni sostanziali. Ad essa sono state tuttavia apportate, anche tenuto conto dei rilievi formulati, alcune modifiche o integrazioni, volte a chiarirne il contenuto normativo o a colmare precedenti lacune. La Commissione parlamentare ha proposto di modificare l'art. 110 (109) , concernente le formalita' relative alla sottoscrizione degli atti, prevedendo, nel comma 3, che il pubblico ufficiale che riceve l'atto da chi non e' in grado di apporvi la sottoscrizione ne dia lettura prima di attestarne la provenienza. Si e' ritenuto tuttavia di non apportare alcuna modifica alla norma citata, dal momento che la stessa non si riferisce solo all'analfabeta ma, in generale, a colui che "non e' in grado di scrivere" (perche' analfabeta, perche' pur sapendo leggere non sa o non puo' scrivere, perche' permanentemente o temporaneamente impedito) . D'altro canto, l'obbligo di dare lettura a chi viene esaminato o interrogato oralmente, della trascrizione delle sue dichiarazioni, discende dalla disciplina concernente gli atti orali cui viene collegato un particolare valore probatorio. La Commissione parlamentare ha anche proposto la modifica dell'art. 113 (112) , prevedendo nel comma 3 che la rinnovazione dell'atto mancante debba avvenire nel rispetto delle forme richieste per l'atto da rinnovarsi. La precisazione non e' apparsa tuttavia necessaria dal momento che l'art. 163 del codice vigente (riprodotto quasi alla lettera dall'art. 113 del Progetto) e' pacificamente interpretato dalla dottrina e dalla giurisprudenza non solo nel senso che la rinnovazione debba avvenire nel rispetto delle forme dell'atto da rinnovarsi, ma anche nel senso che, dovendosi disporre il compimento ex novo dell'atto, e' necessario procedere allo stesso modo anche per tutti quegli atti che costituiscono il presupposto di validita' dell'atto mancante. La disciplina del divieto di pubblicazione degli atti contenuta nell'art. 114 (113) ha subito nel Progetto definitivo alcune modifiche. Al riguardo la Commissione parlamentare ha proposto la soppressione della seconda parte del comma 3 (comma 2 del Progetto) secondo il quale e' consentita la pubblicazione degli atti del fascicolo del pubblico ministero dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello, in quanto tale possibilita' non sarebbe prevista dalla legge-delega e si porrebbe in contraddizione con la veste di "parte" che il pubblico ministero assume nel nuovo rito. Va pero' considerato che, sopprimendosi la possibilita' di pubblicazione degli atti del fascicolo del pubblico ministero, non si consente il tempestivo controllo della pubblica opinione e degli organi di informazione sul comportamento tenuto dalla pubblica accusa proprio in un sistema, come quello nuovo, in cui la piena autonomia in cui questa viene a trovarsi elimina (o, quanto meno, attenua) qualsiasi altro tipo di controllo su eventuali omissioni. D'altro canto, il divieto di pubblicazione in questo caso mira ad evitare che atti del fascicolo del pubblico ministero, una volta che non siano piu' coperti dal segreto a norma dell'art. 329, possano influire sul giudizio senza essere acquisiti al processo con le garanzie previste per il compimento delle attivita' dibattimentali. Ne consegue che la disposizione in esame non puo' essere ritenuta in contrasto con la legge-delega, laddove consente la pubblicazione degli atti in questione soltanto dopo la pubblicazione della sentenza in grado di appello: il divieto di pubblicazione sussiste, infatti, fin quando gli atti in questione sono suscettibili di utilizzazione nel processo e cioe' sin quando e' possibile la rinnovazione del dibattimento. Nessuna modifica e' stata pertanto apportata al comma in questione. Si e' invece introdotto un comma 5 (gia' 3- bis) con il quale si prevede che, nel caso in cui non si proceda a dibattimento, il giudice puo' disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi puo' offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato, ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private, e cioe' negli stessi casi in cui, ove si procedesse al dibattimento, si applicherebbe l'art. 472 (466) commi 1 e 2. L'integrazione e' apparsa necessaria al fine di dare completa attuazione alla direttiva 71 della legge-delega, laddove prevede il divieto di pubblicazione degli atti da assumere in dibattimento a porte chiuse. Si e' ritenuto infatti che anche per tali ipotesi, per le quali sussiste la medesima ratio, dovesse essere formulata una regola analoga a quella che il comma 4 (gia' 3) detta per i procedimenti che pervengono alla fase dibattimentale. La modifica apportata al comma 6 (gia' 4) dell'articolo 114 (113) tiene conto delle critiche, da piu' parti mosse, in merito all'attribuzione all'esercente la potesta' dei genitori del potere di consentire la pubblicazione delle generalita' e dell'immagine del minorenne testimone, persona offesa o danneggiata dal reato: critiche che sono apparse fondate. In particolare, la Corte di cassazione ha ritenuto infungibile la volonta' del minorenne "trattandosi di un diritto personalissimo". Tuttavia, l'esigenza di tutelare l'interesse del minorenne, che in alcuni casi potrebbe essere piu' adeguatamente protetto consentendo la pubblicazione, ha fatto ritenere preferibile la soluzione prospettata dalla Commissione parlamentare, che presenta il vantaggio di attribuire ad un organo imparziale quale il tribunale per i minorenni il potere di far venire meno il divieto, senza peraltro conferire solo ai genitori la possibilita' di provocare a tali fini l'intervento del giudice. Nell'art. 116 (115) , concernente il rilascio di copie, estratti o certificati, e' stato eliminato l'originario comma 3, essendo la disciplina relativa ai documenti sequestrati sufficientemente delineata dagli artt. 243 e 258. Quanto all'articolo 117 (116) , che disciplina la trasmissione di atti e di informazioni tra autorita' giudiziarie, nel Parere sul Progetto preliminare la Commissione parlamentare ha suggerito una diversa formulazione del comma 2 ("Per gravi motivi di ordine processuale l'autorita' giudiziaria puo' rigettare la richiesta di copie di atti e di informazioni") , ravvisando la necessita' di delimitare l'ambito di discrezionalita' del provvedimento di rigetto. La corte di cassazione ha, d'altro canto, rilevato che la disposizione non chiarisce se e quale rimedio sia dato contro un tale provvedimento. Pur considerati tali rilievi, riconducibili alla medesima problematica, si e' ritenuto, da un canto, che il riferimento ad un criterio generico quale quello suggerito dalla Commissione parlamentare, peraltro gia' insito nella formulazione del Progetto preliminare, non sia di per se' sufficiente ne' utile a delimitare l'ambito di discrezionalita' del provvedimento in questione; d'altro canto, non e' sembrato che, nell'ottica di collaborazione che informa l'articolo in esame, si potesse prevedere un rimedio avverso il provvedimento di rigetto, fermo restando che, tenuto anche conto della struttura informale della procedura, la richiesta potra' essere comunque reiterata in ogni tempo. Si e' piuttosto ravvisata la necessita' che il provvedimento dell'autorita' richiesta intervenga sollecitamente. A tal fine e' sembrato sufficiente, anche considerando l'interpretazione corrente dell'art. 165- bis del codice vigente, adottare nel Progetto definitivo la formula "provvede senza ritardo", nel senso che l'omessa indicazione del termine non sta a significare che il magistrato possa scegliere discrezionalmente il momento per lui piu' opportuno, dovendo egli provvedere con immediatezza. In merito all'art. 118 (117) , che disciplina invece la trasmissione di atti e informazioni scritte al ministro dell'interno, la corte di cassazione ha formulato rilievi identici a quelli rivolti all'art. 117 (116) , mentre la Commissione parlamentare ha proposto di aggiungere nel comma 2 (gia' 3) l'inciso "ove ritenga, per gravi esigenze processuali, di non poter derogare al segreto di cui all'articolo 329". Nel Progetto definitivo al comma 2 (gia' 3) e' stata apportata la medesima modifica introdotta nell'art. 117 (116) comma 2, per le ragioni appena riferite in relazione a tale ultima disposizione. La modifica ha poi consentito un opportuno accorpamento degli originari commi 1 e 2. Prendendo spunto dal rilievo della Commissione parlamentare e' apparso inoltre opportuno l'inserimento nel comma 1 dell'inciso "anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329": l'unica verifica che l'autorita' giudiziaria e' tenuta nella specie a compiere concerne, infatti, la compatibilita' della trasmissione di atti e di informazioni con gli interessi processuali protetti dal segreto. L'ulteriore modifica al comma 1 e' di carattere formale. Nell'art. 120 (119) del Progetto definitivo si e' inserita, tra le ipotesi di incapacita' ad intervenire come testimoni ad atti processuali, quella della sottoposizione a misure di prevenzione. In tal modo si e' esteso anche al testimone l'ipotesi gia' prevista dagli artt. 144 e 222 tra i casi di incapacita', rispettivamente, a prestare l'ufficio di interprete o a essere nominato perito e non contemplata nel codice vigente. Nel Progetto preliminare l'art. 121 (120) comma 1 prevedeva la facolta' delle parti, in ogni stato e grado del processo, di presentare al giudice memorie o richieste scritte mediante deposito in cancelleria, ma senza obbligo di comunicazione alle altre parti. La Commissione parlamentare, pur esprimendo parere favorevole quanto alla conformita' della norma alla delega, ha sottolineato "l'opportunita' di prevedere che gli atti vengano notificati a tutte le parti processuali e che queste possano chiederne copia" (un analogo rilievo era stato formulato dalla Commissione consultiva a proposito dell'art. 115 del Progetto del 1978) . Il rilievo e' sembrato da condividere, per l'esigenza di assicurare un effettivo contraddittorio tra le parti. Peraltro, poiche' la regola e' il contraddittorio e, quindi, la comunicazione o la notificazione, non e' apparsa necessaria, sul punto, una esplicita precisazione, risultando sufficiente sopprimere l'inciso finale del comma 1. La modifica all'art. 122 (121) , di carattere formale, e' stata suggerita dalla Commissione parlamentare, che ha anche sottolineato l'opportunita' di disciplinare nell'art. 123 (122) , concernente la presentazione e la trasmissione all'autorita' giudiziaria delle dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate, l'ipotesi in cui l'ufficiale di polizia giudiziaria non intervenga tempestivamente a ricevere l'atto. Si e' ritenuto, tuttavia, che tale ipotesi possa essere piu' correttamente disciplinata nelle disposizioni di attuazione. Neppure si e' ritenuto di condividere il rilievo formulato circa il pericolo di interferenze tra la disciplina della legge 13 aprile 1988, n. 117, concernente la responsabilita' dei magistrati, e l'ultimo inciso dell'art. 123 comma 2 che, oltretutto, non si riferisce soltanto ai magistrati. 2.2. Nel testo definitivo del codice la formulazione dell'art. 114 (113) e' stata ulteriormente modificata al fine di renderne piu' chiaro il contenuto normativo. E' stato infatti introdotto un comma 2, con il quale si prevede il divieto di pubblicazione degli atti non piu' coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare. Si e' in tal modo disciplinato espressamente anche il divieto di pubblicazione degli atti delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare che, tenuto conto del disposto dell'art. 329 comma 1, sfuggivano alla disciplina ricavabile dal combinato disposto dei commi 1 e 3 dell'art. 114 nella sua precedente formulazione. Le ulteriori modifiche apportate ai commi 1 e 3, di carattere solo formale, mirano a rendere piu' chiara la distinzione tra disciplina della pubblicazione degli atti e disciplina della pubblicazione del loro contenuto. Agli articoli 118 (117) e 120 (119) la parola "processuale" e' stata sostituita con quelle "del procedimento", secondo il criterio distintivo seguito dal codice tra processo e procedimento (termine, quest'ultimo, comprensivo delle indagini preliminari) . L'art. 120 (119) , invero, contiene una norma applicabile anche agli atti del pubblico ministero, come e' reso evidente, per esempio, dagli artt. 245, 249 e 250, che, per le ispezioni e le perquisizioni, richiamano espressamente l'art. 120. Anche nel comma 1 dell'art. 121 (120) il termine "processo" e' stato sostituito con quello di "procedimento", in quanto la disposizione e' stata ritenuta applicabile anche durante le indagini preliminari, in relazione ai provvedimenti di competenza del giudice previsti in tale fase. E' stato inoltre ripristinato il comma 3 dell'articolo 121 (ora 122) del Progetto preliminare, la cui soppressione nel Progetto definitivo e' da attribuirsi a mero errore materiale: infatti non sussiste alcuna ragione per la eliminazione della disposizione, contenuta anche nell'art. 136 comma 3 del codice vigente, ne' e' mai stata prospettata alcuna ragione per la sua modifica. TITOLO II ATTI E PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE 2.3. Scarse sono state le modifiche agli artt. 125 - 133 (124 132) nel Progetto definitivo. Nell'art. 125 (124) , concernente le forme dei provvedimenti del giudice, e' stato aggiunto un comma 5, che riproduce l'art. 148 comma 4 del codice vigente, introdotto dalla citata legge n. 117/88. E' stato inoltre recepito il suggerimento della Commissione parlamentare di rendere di portata generale la disposizione del comma 6 (gia' 5), che nel Progetto preliminare prevedeva la forma orale e l'assenza di particolari formalita' soltanto per i provvedimenti ordinatori o regolamentari. E' sembrato infatti coerente con la direttiva di massima semplificazione delle attivita' processuali prevedere che "tutti gli altri provvedimenti sono adottati senza particolari formalita' e, quando non e' stabilito altrimenti, anche oralmente". Per un errore materiale sono state tuttavia omesse le parole "gli altri" dopo la parola "tutti": e' evidente infatti che la disposizione va riferita ai provvedimenti diversi da quelli disciplinati nei commi precedenti. Alla correzione si e' provveduto nel testo definitivo. Quanto al procedimento in camera di consiglio disciplinato dall'art. 127 (126) , la Commissione parlamentare, nel Parere sul Progetto preliminare, ha invitato ad una riflessione, sotto il profilo della costituzionalita' e della conformita' alla legge-delega del comma 3, nel quale si prevede che il detenuto o l'internato in luogo diverso da quello ove ha sede il giudice deve essere sentito, se ne fa richiesta, dal magistrato di sorveglianza prima del giorno dell'udienza. Al riguardo ha suggerito di prevedere che sia il giudice che procede (nel caso di organo collegiale, un giudice delegato) , a recarsi presso il detenuto o internato. Non sono sembrate, tuttavia, opportune modifiche (a parte una di carattere formale, analoga a quella apportata all'art. 666 comma 4) , posto che la disciplina risulta conforme a quella prevista attualmente per gli incidenti di esecuzione (art. 630 codice vigente) , in ordine alla quale si e' gia' pronunciata - nel senso della piena legittimita' con riferimento agli artt. 3 e 24, comma 2 Cost. - la Corte costituzionale con la sentenza n. 5 del 22 febbraio 1970. La disciplina assicura all'interessato la possibilita' di far sentire comunque le sue ragioni al giudice; e a quest'ultimo e', comunque, rimessa la valutazione dell'opportunita' di una presenza fisica nei casi in cui la stessa appaia utile ai fini della decisione. La disciplina suggerita dalla Commissione parlamentare comporterebbe, d'altro canto, notevoli difficolta' di ordine pratico e l'inevitabile protrarsi della durata del procedimento. In proposito e per completezza, va comunque osservato che - in sede di Parere definitivo - la Commissione parlamentare non ha ribadito le preoccupazioni espresse in sede di primo Parere. Nel comma 8 (gia' 7), su suggerimento della Commissione parlamentare, si e' previsto che la sospensione della esecuzione dell'ordinanza che definisce il procedimento in caso di impugnazione debba essere disposta "con decreto motivato". Nel comma 9 (gia' 8) e' stata adottata la formula "anche senza formalita' di procedura", usata anche nell'art. 36, in luogo della equivoca espressione "anche prima dell'udienza" adoperata nel Progetto preliminare. La Commissione parlamentare ha proposto di aggiungere in entrambi i commi dell'art. 129 (128) la formula "il fatto non e' previsto dalla legge come reato". La proposta e' stata accolta nel Progetto definitivo, tenuto conto che tale formula e' usata anche negli artt. 411 comma 1, 427, comma 1 e 733 comma 1, lettera e) . Al comma 2 e' stata inoltre sostituita l'espressione "il giudice pronuncia in merito, prosciogliendo con la formula prescritta" con la seguente: "il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta", per motivi di coordinamento con l'art. 425, nella sua nuova formulazione. Nel Progetto definitivo e' stato ampliato, come da piu' parti suggerito, l'ambito di applicazione dell'art. 132 (131) : si e' previsto, infatti, il potere di disporre l'accompagnamento coattivo genericamente per gli atti "da assumere con incidente probatorio o in dibattimento", rimanendo implicita l'esclusione dell'esame dell'imputato (trattandosi di atto che puo' essere assunto solo a richiesta o con il consenso dell'interessato) . Nell'art. 133 (132) si e' ritenuto di includere tra le persone di cui e' consentito l'accompagnamento coattivo il consulente tecnico, anche alla luce di quanto previsto dall'art. 377 (che stabilisce che nel decreto di citazione del consulente tecnico debba essere inserito l'avvertimento che, in caso di mancata comparizione, il pubblico ministero potra' disporre l'accompagnamento) . La sanzione pecuniaria e' stata ridotta rispetto a quanto previsto nel Progetto preliminare, tenuto conto della fattispecie contemplata dalla norma. 2.4. Nel testo definitivo del codice e' stata riprodotta l'esatta formulazione dell'art. 125 (124) comma 6 (5) come proposta dalla Commissione parlamentare. Quanto all'art. 126 (125) , corrispondente all'art. 147 del codice vigente, nella Relazione al Progetto preliminare (pag. 100) si spiegava che "la normativa sul personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie e' sensibilmente mutata rispetto al periodo in cui fu emanato il codice vigente. Questo personale comprende attualmente una pluralita' di categorie di funzionari ed impiegati, sulle cui mansioni e' opportuno che il codice non intervenga, ma lasci libero il campo alla disciplina speciale, soggetta a mutamenti non prevedibili". In quest'ottica al termine "cancelliere", presente nell'art. 117 del codice vigente, si e' sostituito quello di segretario, adoperato pero' in un significato diverso da quello che esso riveste nell'ordinamento del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, ove designa una particolare qualifica. Nel Progetto il termine designa qualsiasi impiegato abilitato dal proprio ordinamento ad esercitare la funzione di assistenza del giudice nel compimento di atti processuali. In seguito ai rilievi formulati, si e' tuttavia ritenuto che la scelta del termine "segretario", in sostituzione di quello di "cancelliere", non fosse idonea allo scopo. Poiche', infatti, anche il nuovo termine designa una qualifica esistente nel personale di cancelleria, la diversita' di significato con cui esso e' adoperato nel nuovo codice potrebbe non essere percepita. Si e' ritenuto, percio', che la finalita' prefissata debba essere realizzata attraverso l'impiego, in linea di massima, di termini analoghi, che non rinviano ad alcuna delle qualifiche esistenti. Pertanto, nel testo definitivo dell'art. 124 (125) il termine segretario e' stato sostituito con la generica formula "ausiliario a cio' designato dall'ordinamento". In tal modo si e' fatto rinvio all'ordinamento del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie per la individuazione di quali siano gli impiegati che possono svolgere la funzione di assistenza. In applicazione del medesimo criterio sono stati modificati anche altri articoli del Progetto. In diverse disposizioni si e' impiegato anche il termine di pubblico ufficiale addetto alla cancelleria (o alla segreteria del pubblico ministero) , quando all'ausiliario sono state attribuite funzioni fidefacienti. Nell'art. 127 (126) si e' introdotta nel comma 5 la previsione della sanzione della nullita' per l'ipotesi di violazione dei commi 1, 3 e 4. L'integrazione si e' resa necessaria in relazione al disposto dell'art. 178 lettera c) , che, per quanto riguarda l'offeso dal reato e gli altri interessati, prevede la sanzione della nullita' per la sola inosservanza delle disposizioni relative alla citazione in giudizio. Infatti, senza la modifica apportata, l'omissione dell'avviso all'offeso dal reato della udienza di proroga - art. 406 (403) - o di quella di archiviazione su opposizione dello stesso offeso - artt. 409-410 (406-407) - non avrebbe comportato alcuna sanzione processuale. Nell'ultimo comma si e' previsto che nei procedimenti in camera di consiglio il verbale di udienza sia redatto in forma riassuntiva. Per ragioni di correttezza sistematica si e' preferito eliminare l'originale comma 1 dell'art. 132 (131) e prevedere nel comma 1 (gia' 2) che l'accompagnamento coattivo dell'imputato e' disposto "nei casi previsti dalla legge". Tali casi sono stati enunciati nel nuovo art. 399 (che si riferisce all'incidente probatorio) e nel testo modificato dell'art. 490 (484) , che attiene al dibattimento. In quest'ultima disposizione si e' previsto che l'accompagnamento coattivo dell'imputato puo' essere disposto solo per il compimento di una ricognizione, di un confronto o di una perizia. La modifica dell'art. 133 (132) comma 2 consegue alla soppressione, nell'art. 132 (131) , del comma 1. TITOLO III DOCUMENTAZIONE DEGLI ATTI 2.5. Gli artt. 134-142 (133-142) , che disciplinano le modalita' di documentazione degli atti, hanno subito nel testo del Progetto definitivo alcune modifiche di carattere prevalentemente formale, ma volte anche a chiarirne il contenuto e a eliminare talune ambiguita'. In effetti la formulazione degli artt. 134 (133) e 135 e' risultata poco felice dal momento che nell'originario art. 133 (ora 134) comma 1 da un canto si presupponeva un concetto che si trovava esplicitato nel successivo art. 135 comma 2 (il verbale e' redatto con il mezzo della stenotipia) e dall'altro non si chiariva che il verbale poteva essere redatto, in via alternativa, con il mezzo della stenotipia o in forma riassuntiva. Pertanto, nel Progetto definitivo si e' concentrata nell'art. 134 (133) tutta la disciplina relativa alle modalita' di documentazione, prevedendosi che "Il verbale e' redatto con il mezzo della stenotipia ovvero in forma riassuntiva" - comma 2 (gia' 1- bis) - che "Quando il verbale e' redatto in forma riassuntiva e' effettuata anche la riproduzione fonografica" - comma 3 (gia' 1- ter) - e che alle predette modalita' puo' essere aggiunta la riproduzione audiovisiva, quando ritenuta assolutamente indispensabile - comma 4 (gia' 2) -. Nell'art. 135 sono invece individuati i soggetti cui compete la redazione del verbale, prevedendosi la possibilita' di far ricorso, nel caso in cui il verbale sia redatto con il mezzo della stenotipia, anche a personale estraneo all'amministrazione della giustizia. Gli artt. 134 e 136 del Progetto preliminare sono stati nel Progetto definitivo unificati nell'art. 136, dal momento che entrambi disciplinavano il contenuto del verbale. Per tale motivo si e' anche modificata la rubrica dell'articolo, che, a differenza dell' art. 154 del codice vigente, riguarda esclusivamente il "contenuto" del verbale e non anche la formalita' della sottoscrizione, disciplinata nel successivo art. 137. Le ulteriori modifiche all'art. 136 sono di carattere formale. In conseguenza delle modifiche apportate all'art. 134 (133) , non e' apparso piu' necessario precisare nell'art. 139 comma 2 che, in caso di riproduzione fonografica, il verbale deve essere redatto in forma riassuntiva. La modifica al comma 2 dell'art. 141 e' di carattere formale. 2.6. Nel testo del codice e' stata modificata ulteriormente la formulazione dell'art. 134 (133) comma 2 (gia' 1-bis), essendo apparso tecnicamente scorretto porre sullo stesso piano le modalita' di redazione del verbale (integrale o riassuntivo) con il mezzo attraverso il quale la redazione avviene (stenotipia o altro strumento meccanico ovvero, nel caso di impossibilita' di ricorso a tali strumenti, scrittura manuale) . Si e' pertanto previsto che "Il verbale e' redatto in forma integrale o riassuntiva, con la stenotipia o altro strumento meccanico ovvero, in caso di impossibilita' di far ricorso a tali mezzi, con la scrittura manuale". Nel comma 4 (gia' 2) si sono precisati meglio i presupposti in presenza dei quali puo' essere disposta la riproduzione audiovisiva. Le modifiche all'art. 135 conseguono a quanto si e' detto in merito all'art. 126 (125) . La disciplina in tal modo riformulata, con la quale si prevede la possibilita' di far ricorso in via alternativa alla verbalizzazione manuale o a quella con mezzi meccanici nonche' di avvalersi, per la verbalizzazione meccanica, di personale estraneo all'amministrazione, tiene anche conto della necessita' di realizzare un passaggio graduale dalle tradizionali forme di verbalizzazione all'uso di piu' moderne tecniche. Occorrera', infatti, un congruo lasso di tempo sia per dotare gli uffici delle apparecchiature necessarie, sia per reclutare o istruire il personale destinato ad utilizzarle. TITOLO IV TRADUZIONE DEGLI ATTI 2.7. Gli artt. 143-147 hanno subito nel testo del Progetto definitivo soltanto poche modifiche di carattere formale, fatta eccezione per la sostituzione nell'art. 143 comma 1 della parola "straniero" con la parola "imputato". Quest'ultima modifica, che prende spunto da un suggerimento della Commissione parlamentare, e' apparsa opportuna al fine di comprendere nell'ambito di applicazione della norma chiunque (indipendentemente dal possesso della cittadinanza) non conosca la lingua italiana e non sia quindi in grado di comprendere l'accusa e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. Al fine di evitare possibili "strumentalizzazioni", e' stata peraltro inserita al comma 1 la previsione della presunzione di conoscenza della lingua italiana da parte del cittadino italiano. Nell'art. 147 comma 2 l'entita' della sanzione pecuniaria e' stata modificata rispetto al testo del Progetto preliminare e determinata tenuto conto della fattispecie cui si riferisce. Nel testo del codice le norme contenute in questo titolo non hanno subito alcuna modifica. TITOLO V NOTIFICAZIONI 2.8 La disciplina delle notificazioni contenuta negli artt. 148 - 171, sulla quale la Commissione parlamentare non ha formulato alcun rilievo, non ha subito alterazioni sostanziali. Le scarse modifiche apportate nel testo del Progetto definitivo mirano soltanto a migliorare la formulazione degli articoli sotto il profilo tecnico-formale, anche al fine di evitare equivoci interpretativi. Nel comma 1 dell'art. 148, che individua l'ufficiale giudiziario o chi ne esercita le funzioni quale organo delle notificazioni, si e' inserito l'inciso "salvo che la legge disponga altrimenti" (presente, in forma analoga, anche nell'art. 166 del codice vigente) , tenuto conto che negli articoli successivi e nello stesso art. 148 sono previste forme di notifica affidate ad organi diversi. Nel comma 2 si e' apportata una modifica di carattere formale; si e', inoltre, inserito l'inciso "con l'osservanza delle norme del presente titolo", al fine di rendere chiaro che la polizia giudiziaria deve osservare, nell'espletamento dell'attivita' di notificazione, tutte le norme alle quali deve attenersi l'ufficiale giudiziario. Nell'art. 149 comma 1, concernente le notificazioni urgenti, si e' previsto che le notificazioni a mezzo del telefono siano eseguite "a cura della cancelleria" anziche' "a cura del segretario" e cio' al fine di ampliare l'operativita' della norma oltre che in relazione a quanto si e' esposto in merito all'articolo 126 (125) . L'art. 152 prevede che le notificazioni richieste dalle parti private possano essere sostituite dall'"invio di copia" anziche' dalla "comunicazione" dell'atto, al fine di evitare equivoci con la previsione del successivo art. 153 comma 2. Nell'art. 153 comma 1, conformemente a quanto previsto nel comma successivo, sono state aggiunte alcune formalita', sostitutive della relata di notifica, per le ipotesi in cui le notificazioni al pubblico ministero siano eseguite direttamente dalle parti o dai difensori. Nell'art. 154 comma 1 si e' previsto che l'invito alla persona offesa, che si trovi all'estero, debba essere fatto con lettera raccomandata, anziche' con telegramma, poiche' con tale ultimo mezzo non sarebbe possibile acquisire la prova in ordine alla data della ricezione. Nello stesso comma 1 e nel comma 4 sono state, inoltre, apportate modifiche di carattere formale. Nell'art. 157 si e' inserito un comma 5 (gia' 4-bis), che - collegandosi alla disciplina dettata dall'art. 485 per la citazione a giudizio - impone la rinnovazione della notificazione qualora l'autorita' giudiziaria accerti che la copia e' stata consegnata alla persona offesa e ritenga che per questa ragione l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'atto notificato. Nell'art. 161 comma 4, con riferimento all'ipotesi in cui l'imputato non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del domicilio dichiarato o eletto si e' aggiunto l'inciso "per caso fortuito o forza maggiore". Si e' inteso cosi' evitare, per maggiore coerenza con la disciplina prevista per la restituzione in termine, che si verifichino conseguenze negative per l'imputato per effetto di comportamenti omissivi assolutamente incolpevoli, come ad esempio nel caso di notificazione al domicilio eletto impedita per la morte improvvisa del domiciliatario. Nel comma 2 dell'art. 162 si e' previsto che le dichiarazioni relative al domicilio possano essere fatte nella cancelleria del "pretore" e non del "giudice" del luogo nel quale l'imputato si trova, in coerenza con le modifiche che nel Progetto definitivo sono state apportate alle norme sul procedimento pretorile. Nell'art. 166, concernente le notificazioni all'imputato interdetto o infermo di mente, e' apparso piu' corretto prevedere l'obbligo di eseguire le notificazioni anche presso il curatore speciale solo per gli imputati che si trovano nelle condizioni previste dall'art. 71 comma 1 e cioe' per coloro nei cui confronti siano gia' stati espletati gli opportuni accertamenti (e per i quali si sia provveduto alla nomina del curatore) . Il riferimento generico ad un imputato "incapace di intendere e di volere" era inesatto, poiche' non era in alcun modo indicato come e da chi dovesse essere accertato tale stato. Agli artt. 160, 161 comma 1 e 169 sono state apportate soltanto modifiche di carattere formale. 2.9. Nel testo definitivo del codice sono state apportate soltanto alcune modifiche di carattere formale o rese necessarie dalla modifica dell'art. 126 (125) della quale si e' gia' detto. Inoltre, si e' eliminato dall'art. 151 il rinvio all'art. 149, in quanto alle notifiche effettuate dalla polizia giudiziaria devono ritenersi applicabili tutte le disposizioni previste per tale attivita'. Si e' ritenuto poi opportuno prevedere espressamente la possibilita' che il pubblico ministero si avvalga per le notificazioni anche dell'ufficiale giudiziario. TITOLO VI TERMINI 2.10. Anche la disciplina di cui agli artt. 172-176, concernente i termini, non ha subito modifiche sostanziali nel Progetto definitivo. All'art. 173 comma 2 e' stata apportata una modifica di carattere formale. Nel comma 1 dell'art. 174 si e' ritenuto di aumentare i limiti chilometrici richiesti per il prolungamento dei termini di comparizione, tenuto conto delle mutate condizioni dei mezzi di trasporto e delle vie di comunicazione. Per analoghe ragioni e' apparso opportuno riferire il primo limite non ai soli mezzi ferroviari, ma ai mezzi pubblici di trasporto in genere. Al fine di evitare una disparita' di trattamento tra imputato munito di difensore di fiducia e imputato difeso di ufficio, ed anche per un migliore coordinamento con l'art. 571, si e' eliminata la locuzione "di fiducia" nel comma 2 dell'art. 175, concernente la restituzione nel termine per proporre impugnazione. Nel comma 4 si e' chiarito che, nel corso delle indagini preliminari, sulla restituzione in termine "provvede il giudice competente per le decisioni relative a tale fase". L'espressione "giudice che procede", usata nella precedente formulazione della norma, non era idonea, infatti, a comprendere anche il giudice per le indagini preliminari. Nel testo definitivo del codice sono state apportate soltanto modifiche formali agli art. 172 e 175. TITOLO VII NULLITA' 2.11. Il regime delle nullita' quale si evince dalla normativa contenuta negli artt. 177-186 del Progetto preliminare non ha subito modifiche di rilievo. Il comma 2 dell'art. 178 e' stato trasferito nell'art. 33 comma 2 per le ragioni esposte nell'illustrare la modifica a tale norma. Nell'articolo 180 si e' sancito che le nullita' previste dall'articolo 178 non possono piu' essere rilevate, ne' dedotte dopo la "deliberazione della sentenza", anziche' dopo la "chiusura del dibattimento", in modo da coprire anche l'ipotesi del giudizio abbreviato. Nell'art. 181, concernente il regime delle nullita' relative, accogliendosi il rilievo della Commissione parlamentare, si e' aggiunto, nel comma 1, il richiamo all'art. 179 comma 2 (concernente le nullita' definite assolute da specifiche disposizioni di legge) . Nel comma 2 si e' eliminato l'inciso "depositati a norma dell'articolo 427", al fine di comprendere anche gli atti di indagine compiuti nel periodo intercorrente tra la richiesta di rinvio a giudizio e la conclusione dell'udienza preliminare (atti che, a norma dell'art. 421 comma 3, possono essere ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione) . Nell'art. 184 comma 2 e' stata riprodotta la formula dell' art. 188 del codice vigente, al fine di chiarire che il termine al quale la parte ha diritto e' "per la difesa" ed a questo, quindi, deve essere rapportato. 2.12. Nel testo definitivo del codice, per colmare una lacuna, si e' aggiunto un comma 4 all'art. 181, relativo alle nullita' verificatesi nel giudizio, stabilendosi che queste nullita' devono essere eccepite nell'impugnazione avverso la relativa sentenza. LIBRO III PROVE TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI 3.1. Il testo del Progetto definitivo relativo al titolo I del libro III non ha subito variazioni di particolare rilevanza, rispetto al corrispondente testo del Progetto preliminare. Si e' mantenuto inalterato l'art. 187, non accogliendosi in proposito le proposte della Commissione parlamentare, relative al comma 1, perche' la formula del Progetto preliminare e' apparsa idonea a comprendere la fattispecie oggetto del giudizio in tutti i suoi elementi. Inoltre si e' ritenuto non necessario indicare espressamente che la prova debba riferirsi ai fatti sia a carico che a discarico dell'imputato, in quanto la ripartizione dell'onere probatorio e' puntualizzata in via generale dalle norme che fanno riferimento alle fasi propriamente giurisdizionali (art. 422 (419) , concernente l'udienza preliminare, e art. 495 (489) , concernente il dibattimento) : nelle indagini preliminari la nozione non ha invece motivo di essere recepita, in quanto dalla dinamica della fase risulta che ciascuna delle parti contrapposte prepara il materiale probatorio che, nell'ottica dei suoi interessi, sottoporra' successivamente al giudice per la pronuncia sul rinvio a giudizio o per la decisione di merito. Si e' modificato l'art. 189 accogliendosi, nella sostanza, i rilievi formali della Commissione parlamentare. Rispetto al testo del Progetto preliminare si e' inoltre previsto, per garantire piu' efficacemente i diritti delle parti, che il giudice debba provvedere sulle modalita' di assunzione delle prove innominate nel contraddittorio delle parti stesse. Immutato e' rimasto l'art. 190, sul diritto alla prova, in quanto, rispetto a quella proposta dalla Commissione parlamentare, la formulazione del Progetto e' parsa piu' aderente alla direttiva 69 della legge-delega, relativa ai casi manifesti di "estraneita'" ed "irrilevanza" dei mezzi di prova. La tripartizione concettuale proposta (superfluita', non pertinenza e irrilevanza) sembra discostarsi da una tradizione che, sulla scia della dottrina processualistica, si e' orientata in favore di una dicotomia nella quale la superfluita' o sovrabbondanza della prova si contrappone alla irrilevanza della stessa, quale figura volta a designare il il rapporto logico tra strumento probatorio e thema probandum. E nell'ambito di questa dicotomia "pertinenza" diventa sinonimo di "rilevanza". Nel testo proposto dalla Commissione parlamentare manca inoltre l'avverbio "manifestamente" in funzione di regola limitativa all'operare della superfluita' della prova. Tenuto conto che il disposto della legge delega (direttiva 69) parla espressamente di "manifesta estraneita' della prova" nell'eco delle proposte scaturite dalla lettura della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, non si puo' non interpretare la voluntas del legislatore delegante come impegno volto ad impedire una discrezionalita' del giudice che faccia discendere l'inammissibilita' della prova dal solo dubbio sulla superfluita', cosi' da vanificare di fatto quel diritto alla prova che costituisce una delle innovazioni piu' qualificanti del sistema. La sostituzione del concetto di "acquisizione" a quello di "ammissione", nell'art. 191, e' importante perche' evidenzia come la disciplina della prova contenuta nel presente titolo sia, almeno tendenzialmente, rivolta a regolare anche l'attivita' della fase investigativa e non solo quella della fase della decisione. Nell'art. 192, oltre ad operare alcuni miglioramenti formali proposti dalla Commissione parlamentare, si e' provveduto ad estendere all'imputato di reato "collegato" la stessa regola di valutazione prevista per l'imputato di reato "connesso" (v. anche artt. 197 e 210), trattandosi di ipotesi razionalmente non dissimili. 3.2. Nella stesura definitiva dell'art. 190 e' stata apportata una lieve variante espressiva ("che manifestamente sono", in luogo di "che siano, manifestamente") , per rendere il testo piu' agevole e chiaro. TITOLO II MEZZI DI PROVA 3.3. Anche il testo del Progetto definitivo del titolo II e' rimasto nella sua struttura fondamentale invariato: si sono peraltro apportate ad alcuni istituti modifiche significative, anche a seguito dei rilievi della Commissione parlamentare. Non si e' ritenuto di modificare il comma 7 dell'art. 195, nel senso proposto dalla Commissione parlamentare, con l'introduzione, in luogo del divieto di utilizzazione, di un divieto di "assunzione" della testimonianza, in quanto e' parso che l'assunzione e' momento che necessariamente precede quello in cui puo' essere espresso, da parte del teste, il rifiuto o l'impossibilita' di indicare la fonte diretta. Comunque la previsione dell'inutilizzabilita' di siffatta testimonianza garantisce ampiamente dalla possibilita' di introdurre prove non controllabili e riscontrabili. Poiche' e' nel sistema, pur implicitamente, che gli accertamenti volti a verificare la idoneita' fisica o mentale del testimone debbano comunque salvaguardare le esigenze di tutela della persona, non e' parso necessario introdurre, nell'art. 196, limiti al potere del giudice di disporre le suddette indagini, attraverso il meccanismo del "consenso". Ne', nella stessa ottica, e' parso di escludere, da questi accertamenti, quelli relativi alle condizioni mentali del testimone. Si e' ritenuto di introdurre, nell'art. 197, tra le ipotesi di incompatibilita' a testimoniare quella della persona imputata di reato "collegato", razionalmente non diversa da quella della persona imputata di reato "connesso" ai sensi dell'art. 12 (v. anche artt. 192 e 210). Il comma 2 dell'art. 198 e' stato modificato per ampliare la tutela contro l'autoincriminazione, non solo a fronte di singole domande, ma piu' in generale in relazione a "fatti" suscettibili di generare responsabilita' penale. Il testo degli artt. 194-198 e' stato, inoltre, in alcune parti modificato formalmente, per renderlo piu' chiaro ed anche in accoglimento di taluni rilievi formulati dalla Commissione parlamentare. L'art. 200 e' stato modificato con l'inserimento della lettera d) , conformemente al parere della Commmissione parlamentare, al fine di estendere la disciplina del segreto professionale alle altre categorie considerate in leggi speciali e diverse da quelle specificamente previste nelle lettere a) , b) e c) . La soppressione, nel comma 1 dell'art. 201, del riferimento all'interesse della pubblica amministrazione e' stata operata per garantire una maggiore aderenza del testo alla direttiva 70 della legge-delega, come aveva sollecitato la Commissione parlamentare. Il comma 3 dell'art. 202 e' stato soppresso in seguito ai rilievi della Commissione parlamentare, perche' la disposizione e' parsa in contrasto con la disciplina contenuta nella l. 801 del 1977 (v. anche art. 256). Nell'art. 203, si e' esteso il trattamento tradizionalmente previsto per la tutela delle fonti informative della polizia giudiziaria anche agli informatori del personale dei servizi di sicurezza, trattandosi di ipotesi razionalmente equiparabili. L'art. 204 e' stato riformulato per assicurare una maggior aderenza del testo alla direttiva 70 della legge-delega. In particolare, si e' ritenuto - non condividendosi i rilievi della Commissione parlamentare - che una interpretazione non restrittiva della delega imponga la esclusione del segreto con riferimento ai fatti eversivi dell'ordinamento costituzionale, in relazione non solo al segreto di Stato, ma anche a quello di ufficio, con esclusione solo del segreto professionale e di quello giornalistico. In accoglimento del suggerimento della Commissione parlamentare si e' modificato l'art. 207, differenziandosi opportunamente il trattamento del testimone sospettato di falsita' o di reticenza da quello del testimone che si rifiuti di deporre fuori dei casi espressamente previsti dalla legge: nei confronti di quest'ultimo e' stato previsto che il giudice disponga l'immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero perche' proceda a norma di legge. Nell'art. 210, relativo all'esame, e' stato introdotto il riferimento all'ipotesi dell'imputato di reato "collegato", razionalmente non diversa da quella dell'imputato di reato "connesso" ai sensi dell'art. 12 (v. anche artt. 192 e 197). L'art. 211 e' stato modificato, oltre che per ragioni di forma, per aderire al suggerimento della Commissione parlamentare di evitare un uso indiscriminato del confronto, che, secondo la formulazione originaria, poteva essere disposto anche per accertare fatti non rilevanti. E' rimasta invece invariata, rispetto al testo del Progetto preliminare, la disciplina delle modalita' del confronto, contenuta nell'art. 212, in quanto e' parso che introdurre anche per questo istituto la sanzione della nullita' prevista per la ricognizione avrebbe significato misconoscere la diversa natura dei due mezzi di prova; inoltre, l'inserimento dell'avverbio "esclusivamente" nell'art. 211 comporta, ai sensi dell'art. 191, l'inutilizzabilita' delle risultanze del confronto, qualora non siano state osservate le norme sui relativi presuposti: il che si e' ritenuto costituire sanzione adeguata Nell'art. 214 sono state introdotte modifiche di carattere formale, anche in accoglimento di una proposta della Commissione parlamentare. Non si e' invece ritenuto di dover specificare che il giudice deve fare presentare la persona da sottoporre a ricognizione nelle stesse condizioni "anche di tempo e di luogo" in cui sarebbe stata vista: la previsione infatti e' implicitamente gia' contenuta nelle parole "stesse condizioni" che, insieme con tutte le altre, comprendono le condizioni di tempo e di luogo. Nonostante le osservazioni della Commissione parlamentare, si e' deciso di mantenere, nell'art. 219, l'espressione "sentimenti di coscienza", apparsa la piu' adeguata per garantire una efficace tutela di valori, gia' contenuti nell'attuale formula dell'art. 312 comma 3 c.p.p. ("sentimento religioso", "pieta' verso i defunti") , degni di considerazione, evitando in pari tempo ogni connotazione che possa apparire discriminatoria nei confronti delle scelte fondamentali di vita delle singole persone. Del resto altre formulazioni, quali quelle imperniate sul riferimento alla "persona umana", sono parse ripetitive di quanto stabilito in via generale dagli artt. 188 e 189 e non idonee ad assolvere lo scopo che con la norma si e' inteso perseguire. Gli artt. 199, 208, 209 e 216, sono stati in alcune parti modificati per rendere piu' agevole e chiara la formulazione ed anche per aderire a taluni suggerimenti della Commissione parlamentare. Nell'art. 220, si e' introdotto un comma 2, che si ricollega alla scelta della legge-delega, nella quale e' significativamente caduto ogni riferimento alla perizia psicologica e criminologica, gia' contenuto nella delega del 1974. Al riguardo e' da ricordare che la Commissione parlamentare ha espresso un parere totalmente favorevole, rilevando che "la previsione del comma 2... enuncia in maniera chiara e tassativa quanto doveva ritenersi implicito nel sistema". Nel disposto dell'art. 225, per ragioni di coerenza sistematica, sono state previste espressamente cause di incapacita' e incompatibilita' per i consulenti tecnici analoghe a quelle dei periti, contenute nell'art. 222. In conseguenza di tale modifica si e' provveduto ad adeguare formalmente il testo dell'art. 222. L'art. 227 e' stato modificato, accogliendosi i rilievi della Commissione parlamentare, per rendere piu' chiara la disciplina dell'ipotesi in cui il perito non e' in grado di dare una immediata risposta ai quesiti. Si e' inoltre previsto, nei commi 3 e 4, un ampliamento dei termini per l'espletamento della perizia, per coordinare la disciplina in parola con quella dell'incidente probatorio (art. 392) e della perizia disposta in udienza (art. 508) e per garantire una piu' adeguata regolamentazione dei casi di perizia complessa. L'art. 228 e' stato modificato tenendosi conto dei limiti di acquisizione della prova nella fase dibattimentale e, pertanto, si e' previsto che il perito debba poter disporre soltanto degli atti dei quali e' consentita l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento. Gli artt. 229 e 233 sono stati modificati per rendere piu' snello ed agevole lo svolgimento delle operazioni, nell'ottica di evitare inutili appesantimenti di procedura. Nell'art. 231 e' stato modificato l'importo della sanzione pecuniaria a carico del perito sostituito, per adeguarlo a quello previsto in altre ipotesi normative. L'art. 234 e' stato completato con il riferimento ai "consulenti tecnici" ed ai "periti", mentre non si e' ritenuto di dover sostituire l'espressione "atti" a quella "documenti", apparsa piu' precisa. Nell'art. 236 si e' ritenuto, e la Commissione parlamentare ha condiviso tale scelta, di estendere rispetto al testimone non persona offesa la previsione della possibilita' di acquisire documenti e certificati del casellario giudiziale utili ai fini del giudizio sulla personalita'. Con la modifica del comma 3 dell'art. 238 si e' adeguata la formulazione relativa alla acquisizione dei verbali di prove di altri processi in modo da rendere applicabile la disposizione anche nei casi di irripetibilita' originaria. E' stata apportata all'art. 241 una modifica formale, in modo da estendere la previsione a tutti i casi di definizione del procedimento. 3.4. Nel testo definitivo del codice il comma 4 dell'art. 195 e' stato modificato per coordinarlo con la introduzione dell'art. 62 (62-bis). Nell'art. 197, in accoglimento dei rilievi della Commissione parlamentare e superando i precedenti dubbi, si e' precisato che solo la irrevocabilita' della sentenza di proscioglimento emessa nel dibattimento fa cadere il divieto dettato dalla norma, cosi' da rendere ammissibile la testimonianza. Pertanto, il divieto di assumere la testimoninaza opera con riguardo a tutti coloro che rivestono la qualita' di imputati in un procedimento connesso ai sensi dell'art. 12, anche dopo che sia stata pronunciata sentenza di condanna definitiva ovvero di non luogo a procedere nell'udienza preliminare ovvero ancora di proscioglimento non divenuta ancora irrevocabile. Nel testo definitivo, l'art. 204 e' stato riformulato al fine di chiarire che spetta al giudice stabilire se il reato oggetto del processo, rientrando tra quelli diretti all'eversione dell'ordinamento costituzionale, comporti il venir meno del limite della segretezza: in tal modo, ha trovato accoglimento la proposta della Commissione parlamentare, sia pure nell'ambito di una disposizione diversa da quella, autonoma, contenuta nel testo del parere trasmesso al Governo (v., ivi, art. 202- bis). Conseguentemente, e' stata introdotta la disciplina relativa alla fase delle indagini preliminari e previsto, in generale, che del provvedimento che rigetta l'eccezione di segretezza sia data comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Nell'art. 210, in seguito ad una osservazione della Commissione parlamentare, si e' chiarito che la norma si applica anche a coloro che non possono piu' essere qualificati imputati, essendosi concluso il procedimento connesso instaurato separatamente (comma 1) . Con i ritocchi apportati agli altri commi sono state rafforzate le garanzie a difesa della persona esaminata, cui e' riconosciuto il diritto al silenzio nonche' alla piu' ampia assistenza da parte del difensore. Nel comma 1 dell'art. 220, si sono inserite le parole "dati o", come richiesto dalla Commissione parlamentare al fine di estendere l'oggetto della perizia ad un'area diversa da quella delle "valutazioni". Nel testo definitivo dell'art. 228, si e' deciso, interpretandosi il richiamo della Commissione parlamentare come sollecitazione ad una maggiore cautela nella disciplina del valore probatorio delle dichiarazioni raccolte dal perito ai fini dell'espletamento del suo incarico, di ripristinare il disposto del comma 3 del Progetto preliminare che gia' prevedeva un regime di utilizzabilita' parziale. E' stato modificato l'art. 233, al fine di consentire al consulente tecnico di esporre il proprio parere al giudice anche oralmente e non solo per iscritto. Nel proposito di rendere piu' tutelata la posizione del testimone, secondo la proposta della Commissione parlamentare, si e' ristretta nel comma 2 dell'art. 236 l'area dei documenti utilizzabili al fine di valutarne la credibilita'. E' stato quindi corrispondentemente modificato il comma 1, che ora disciplina la situazione dell'imputato e della persona offesa. E' stato riesaminato il rapporto tra l'art. 238 e la disciplina dell'incidente probatorio, secondo quanto suggerito dalla Commissione parlamentare, ma dall'ulteriore riflessione e' emerso il convincimento della piena armonia sistematica tra i diversi istituti, che ha indotto a mantenere inalterato il testo. Gli artt. 223 e 231 sono stati modificati formalmente. TITOLO III MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA 3.5. Nel complesso il testo del Progetto definitivo relativo al titolo III riproduce quello del Progetto preliminare, non essendovi state modifiche tali da intaccarne la struttura fondamentale. Con la modifica del comma 2 dell'art. 248, si e' dettata una disciplina diretta ad attuare piu' efficacemente un equo contemperamento tra l'interesse alla speditezza delle indagini e quello alla riservatezza, prevedendosi che, in caso di rifiuto dell'istituto bancario, solo l'autorita' giudiziaria possa procedere a perquisizione. Si e' mantenuto il testo originario dell'art. 253, non ritenendosi di dover accogliere il suggerimento della Commissione parlamentare di introdurre una clausola di salvezza relativa ai diritti dei difensori: la sedes materiae per la previsione dei limiti probatori dettati a tutela della difesa e' infatti quella del titolo VII del libro I. Il disposto dell'art. 256 e' stato adeguato formalmente alle modifiche dell'art. 202. Nell'art. 263 comma 4 e' stato richiamato l'art. 127 (126) per determinare la ricorribilita' per cassazione contro il provvedimento, anche da parte del pubblico ministero. Nel comma 5 si e' chiarito che solo nei confronti del provvedimento del pubblico ministero e' proponibile l'opposizione. Modifiche meramente formali sono state apportate anche agli artt. 255 e 264. Oltre a modificare la rubrica del capo IV, per realizzare una maggiore conformita' al disposto della direttiva 41 della legge-delega ed al testo degli articoli nella formulazione definitiva, si e' introdotta, nell'art. 266, in accoglimento di un rilievo della Commissione parlamentare, una autonoma previsione relativa ai reati contro la pubblica amministrazione, al fine di evitare la relativa lacuna della precedente formulazione. Il comma 2 dell'art. 267 e' stato modificato sostituendo le parole "le prove non possono essere altrimenti acquisite" con quelle "l'intercettazione e' assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini": la nuova formulazione e' parsa infatti maggiormente rispondente alla finalita' tipicamente investigativa che e' propria delle intercettazioni telefoniche. L'art. 268 e' stato adeguato ai rilievi della Commissione parlamentare, relativi ai pericoli per le indagini derivanti da un troppo precipitoso deposito dei verbali e delle registrazioni: con la nuova formulazione e' garantito comunque un efficace controllo del giudice sulla richiesta di ritardare il deposito presentata dal pubblico ministero. Sebbene la Commissione parlamentare avesse proposto di limitare l'utilizzazione delle intercettazioni in altri processi, rendendola possibile soltanto per l'accertamento di delitti in relazione ai quali le intercettazioni sono espressamente ammesse ai sensi della disciplina generale contenuta nell'art. 266, si e' deciso di mantenere inalterato l'art. 270: il testo del Progetto infatti, con il riferimento ivi contenuto ai delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza, e' parso delimitare l'utilizzazione derivata dei risultati delle intercettazioni in modo piu' rigoroso di quello della formulazione proposta dalla Commissione. L'art. 271 e' stato modificato formalmente per rendere piu' chiaro il testo; inoltre la formulazione del comma 2 e' stata adeguata a quella dell'art. 103 (102) comma 5 e la distruzione della documentazione e' stata estesa ai casi del medesimo comma 2 (ad esempio ai casi di intercettazioni di conversazioni tra medico e paziente) . 3.6. Nell'ultimo comma dell'art. 256, e' stata inserita una disposizione che conferma l'operativita' dell'esclusione del segreto nella materia degli atti e dei documenti in relazione ai reati diretti all'eversione dell'ordinamento costituzionale, mediante il rinvio alla disciplina prevista dall'art. 204. Sempre per una maggiore rispondenza dell'art. 267 a quelle finalita' tipicamente investigative delle intercettazioni, che avevano gia' ispirato precedenti modifiche, si e' diversamente formulato il comma 2, sostituendo le parole "pregiudicare l'acquisizione della prova" con le altre "derivare grave pregiudizio alle indagini". LIBRO IV MISURE CAUTELARI TITOLO I MISURE CAUTELARI PERSONALI 4.1. Il testo del Progetto definitivo relativo al titolo I del libro IV, pur essendo rimasto nella struttura immutato rispetto al corrispondente testo del Progetto preliminare, ha subito alcune modifiche sostanziali di notevole rilievo, molte delle quali in accoglimento dei rilievi della Commissione parlamentare. Con la inserzione della parola "soltanto" nel testo dell'art. 272 si e' voluto accentuare il carattere eccezionale e tassativo delle limitazioni alla liberta' personale, come era stato auspicato dalla Comissione parlamentare. Accogliendosi parzialmente i rilievi della Commissione parlamentare, e' stata modificata la lettera c) dell'art. 274, mediante una formulazione che riprende il contenuto della sentenza n. 1/80 con cui la Corte costituzionale ha definito il concetto di "sicurezza collettiva". Nonostante un'osservazione critica della Commissione parlamentare, si e' pero' mantenuto il riferimento ai "gravi delitti della stessa indole", considerandosi che le esigenze di tutela della collettivita', previste dalla direttiva 59, vanno viste in relazione anche alle misure cautelari minori rispetto alla custodia cautelare. La disciplina della custodia cautelare nei confronti dell'imputato tossicodipendente o alcooldipendente e' argomento estremamente delicato che, nel Progetto definitivo e' stato affrontato con l'aggiunta, nell'art. 275, del comma 5, contenente una normativa analoga a quella gia' prevista dall'art. 4-quinquies d. l. 22 aprile 1985 n. 144, conv. in l. 21 giugno 1985 n. 297, e tale da evitare possibili strumentalizzazioni dei programmi di recupero per scongiurare la emissione di un provvedimento restrittivo. Si e' modificata la disciplina dell'obbligo di dimora, contenuta nell'art. 283 comma 2, da un lato, al fine di garantire una maggiore efficacia della misura, attraverso la previsione dei vari luoghi in cui puo' essere disposto l'obbligo, e, dall'altro, al fine di evitare, con il riferimento alla "vicinanza" rispetto al territorio del comune di dimora abituale, gli effetti negativi che possono essere determinati dall'invio di persone pericolose in zone del paese che sono immuni da fenomeni di criminalita' organizzata. Con la soppressione, nell'art. 283 comma 4, dell'inciso "puo' inoltre vietargli di prendere contatto con determinate persone" si e' voluto coordinare l'istituto in parola con la piu' grave misura degli arresti domiciliari, cosi' da evitare eccessivi appiattimenti delle rispettive discipline. In accoglimento dei rilievi della Commissione parlamentare, si e' provveduto a modificare il comma 5 dell'art. 284, sopprimendosi la clausola di riserva contenuta nell'inciso iniziale del comma: l'imputato agli arresti domiciliari si considera infatti in stato di custodia cautelare, mentre ove il legislatore voglia diversamente stabilire ha comunque il potere di farlo a prescindere dalla previsione di una apposita clausola di riserva. Al contrario si e' deciso di mantenere inalterato il testo del comma 3 in quanto si e' ritenuto - nonostante i rilievi della Commissione parlamentare - che sostituire l'espressione "situazione di assoluta indigenza" con l'espressione "stato di grave bisogno" avrebbe ridotto le differenze tra il regime degli arresti domiciliari e quello della misura dell'obbligo di dimora, che, invece, vanno mantenute per rendere razionalmente comprensibile la equiparazione della misura in parola alla custodia cautelare. Si e' soppresso il comma 2 dell'art. 287, che si e' ritenuto superfluo in quanto gia' dagli artt. 288, 289 e 290 si ricava la possibilita' di graduare il contenuto della misura interdittiva. Nell'art. 293, il comma 4 e' stato riformulato con l'inserimento dell'avverbio "eventualmente", inteso a tener conto della possibilita' - messa in luce dalla Commissione parlamentare - che non esistano, in certe situazioni, organi competenti in via ordinaria a disporre l'interdizione. Oltre a modifiche formali, quale quella relativa alla sostituzione dell'espressione "indiziato", si e' intervenuti sul testo dell'art. 294, per chiarire che la partecipazione del pubblico ministero e del difensore all'interrogatorio e' rimessa alla loro valutazione discrezionale, essendo sufficiente che a questi sia dato tempestivo avviso del compimento dell'atto. Nell'art. 296, oltre a modifiche di carattere formale in aderenza ai suggerimenti della Commissione parlamentare, si e' espressamente prevista la equiparazione tra latitante ed evaso gia' contenuta nell'art. 268 del codice vigente, rilevandosi, al riguardo, come nel testo del nuovo codice siano significativamente previste le stesse formalita' per le notificazioni all'imputato latitante od evaso (art. 165), non dissimilmente da quanto disposto dall'art. 173 del codice vigente. Il testo dell'art. 297 e' stato modificato per coordinarlo con le modifiche degli artt. 304 e 305. Nell'art. 299, oltre a modifiche di carattere formale, si e' sopperito ad una evidente lacuna del testo del Progetto preliminare prevedendosi la possibilita' di adeguare in peius la misura cautelare - o sostituendola con una piu' gravosa o aggiungendo modalita' esecutive piu' gravose - per far fronte all'aggravamento delle esigenze cautelari: in precedenza invece erano disciplinate soltanto la revoca o la sostituzione in melius della misura cautelare (art. 299) e l'adeguamento in peius della stessa nella ipotesi della trasgressione delle prescrizioni (art. 276). E' stato inoltre previsto che l'ordinanza del giudice debba essere emessa entro il termine di cinque giorni dal deposito della richiesta delle parti, in sintonia con la recente l. 13 aprile 1988 n. 117 (art. 3). Al testo dell'art. 300 sono state apportate modifiche formali dettate da esigenze di coordinamento con il sistema: in particolare, e' stato espressamente inserito, sopperendosi ad una evidente lacuna del Progetto preliminare, il riferimento al "decreto di archiviazione" ed alla "sentenza di non luogo a procedere", trattandosi di situazioni che, ai fini dell'articolo, devono avere lo stesso trattamento giuridico previsto per le sentenze di proscioglimento stricto sensu. Il testo dell'art. 302 e' stato riformulato per chiarire il funzionamento dell'istituto ivi previsto e per una migliore aderenza al contenuto della direttiva 60 della delega, che presuppone che l'imputato, dopo la scarcerazione, sia interrogato in stato di liberta', mentre non esclude - diversamente da quanto prospettato dalla Commissione parlamentare - la successiva nuova adozione del provvedimento coercitivo nei suoi confronti, ove ne ricorrano i presupposti. Oltre a modifiche formali, si e' ritenuto di inserire nell'art. 303 la disciplina della custodia cautelare relativa al giudizio abbreviato ed all'applicazione di pena su richiesta (comma 1) e la disciplina del decorso dei termini di custodia cautelare in caso di evasione dell'imputato. Il testo dell'art. 304 e' stato riformulato, anche per aderire a taluni suggerimenti della Commissione parlamentare. La lettera a) del comma 1 e' stata soppressa, giacche' la perizia sullo stato di mente dell'imputato - che nelle indagini preliminari costituisce, ai sensi dell'art. 305, una ipotesi di proroga dei termini di custodia - e' parsa non poter configurare, nel dibattimento, una ipotesi di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare. Si e' pertanto previsto, in conformita' alla delega, che tale perizia anche nel dibattimento possa dar luogo alla proroga dei termini di custodia e per questa ragione e' stato riformulato il successivo art. 305. In relazione alla ipotesi di sospensione dei termini per la mancata partecipazione dei difensori, si e' riformulata la lettera b) dell'art. 304 in accoglimento del suggerimento della Commissione parlamentare di limitare la previsione al caso in cui l'assenza del difensore abbia lasciato privo di assistenza uno o piu' imputati. La esigenza di garantire una maggiore conformita' del testo alla direttiva 61 della delega ha inoltre indotto a prevedere nel comma 2 dell'art. 304 una ulteriore ipotesi di sospensione per i dibattimenti particolarmente complessi. Per sopperire ad una carenza della disciplina del Progetto preliminare si e' infine introdotto nel comma 4 dello stesso articolo un limite massimo della custodia cautelare, riferito a tutte le ipotesi di sospensione, modellato sull'art. 272, comma 8, del codice vigente; mentre per l'ergastolo e' stato fissato il limite massimo equiparandosi tale pena alla pena massima temporanea. Il testo dell'art. 305 e' stato riformulato, come gia' si e' detto, per realizzare una disciplina coordinata con quella dell'art. 304. Il testo dell'art. 306 e' stato modificato per coordinarlo con il testo degli artt. 300, 301 e 302. Nell'art. 309, oltre a modifiche di forma, e' stata introdotta una nuova disciplina dei termini per la decisione, per adeguarla a quella analoga prevista in materia di sequestri (art. 324). Si e' inoltre ridotto il termine per gli avvisi, essendosi ritenuto che la procedura di riesame non e' per il difensore e per l'imputato una procedura a sorpresa, in quanto, essendo attivata ad iniziativa di parte, la stessa e' avvertita che nei termini brevi di legge dovra' provvedersi. Si e' infine stabilito nel comma 4 che l'avviso all'autorita' giudiziaria procedente della presentazione della richiesta di riesame sia dato a cura del presidente del collegio, anziche', come era previsto nel Progetto preliminare, a cura del personale di cancelleria. Per assicurare una maggiore aderenza alla disciplina generale delle impugnazioni si e' espressamente previsto, nell'art. 310, che anche il difensore abbia una sua autonoma legittimazione ad impugnare. Anche nell'art. 311, non dissimilmente da quanto previsto nell'art. 309, si e' sottratto al personale di cancelleria il compito di avvisare l'autorita' giudiziaria procedente della presentazione del ricorso, attribuendosi la relativa competenza al giudice. In aderenza ai rilievi della Commissione parlamentare, si e' modificata la formulazione dell'art. 312, in modo da estenderne la disciplina anche ai casi di applicazione di una misura di sicurezza a seguito della commissione di un quasi-reato. Per coordinare la disposizione dell'art. 314 con quelle che prevedono le formule di proscioglimento, e' stato inserito nel comma 1 il riferimento al "il fatto non e' previsto dalla legge come reato". Sempre per esigenze di coordinamento sistematico e per colmare una lacuna del testo del Progetto preliminare, e' stato esteso, con l'inserimento del comma 3, il diritto alla riparazione della ingiusta detenzione alle ipotesi della sentenza di non luogo a procedere e del decreto di archiviazione, trattandosi in entrambi i casi di situazioni in cui puo' verificarsi una ingiusta sottoposizione a custodia cautelare. Si e' infine sostituita la troppo ampia e generica espressione "condizioni idonee" contenuta nel comma 2 facendo riferimento all'art. 273 e all'art. 280; non e' sembrato invece opportuno estendere il richiamo anche all'art. 274 per evitare una eccessiva dilatazione dell'istituto. La modifica dell'art. 315 e' stata dettata dalla esigenza di coordinamento con il nuovo testo dell'art. 314. Il testo degli artt. 272 lettera a) , 277, 285, 292, 295, 298, 301, 307 e 313 e' stato in alcune parti modificato per ragioni formali, di chiarezza o di coordinamento. 4.2. Nella redazione del testo definitivo del codice un problema di carattere generale si e' posto in conseguenza dell'invito rivolto al Governo dalla Commissione parlamentare nel Parere sul Progetto definitivo, con cui "si raccomanda... di sottoporre ad attento esame il coordinamento dell'intero testo con la nuova disciplina recentemente approvata sui provvedimenti di custodia cautelare" (l. n. 330 del 1988) . Non si e' peraltro ritenuto che fossero da apportare al testo specifiche modifiche dipendenti da quella esigenza di coordinamento che la stessa Commissione parlamentare aveva ammonito ad intendere "non... nel senso meccanicistico della mera riproduzione... di quanto disposto" nella l. n. 330, da "considerarsi anticipativa... solo per quanto riguarda principi e criteri informatori". In particolare, si e' preferito astenersi dal riprodurre, nel testo definitivo, l'istituto che figura nell'art. 254 del codice vigente, vale a dire la previsione di un obbligo di emanare un provvedimento motivato in caso di mancata applicazione della custodia cautelare nei confronti degli imputati di delitti gravissimi: a sconsigliare la recezione di tale istituto nel testo del nuovo codice e' stata la "storia" della legge-delega del 1987, in quanto nella versione definitiva della legge medesima venne a cadere quel riferimento ad un meccanismo del genere, che, invece, era contenuto in una versione precedentemente elaborata. Nel testo definitivo dell'art. 274 e' stata riformulata la lettera c) , con particolare riguardo al riferimento che vi si faceva, nelle precedenti stesure, ad una prognosi di pericolosita' dell'imputato fondata sulla possibilita' di commissione di "gravi delitti della stessa indole di quelli per cui si procede". Il testo che ora si propone mira a tener conto dei rilievi della Commissione parlamentare, e, d'altro canto, tende a fare egualmente salvo il nucleo centrale delle ragioni che avevano indotto all'impiego della formula, che, pure, aveva suscitato qualche dubbio di conformita' alla delega da parte della Commissione parlamentare stessa. Al riguardo non si e' riprodotta, puramente e semplicemente, la formula impiegata dalla recente l. n. 330 del 1988 (cosi' come, del resto, dalla legge-delega) col suo riferimento alle "esigenze di tutela della collettivita'", giacche' questa soluzione e' parsa tale da non venire incontro alla necessita' di una precisa delimitazione dell'area di operativita' delle cautele extra-processuali. Cosi', il riferimento alla "specie" dei delitti - per cui dovrebbe comunque essere determinante una valutazione di medesimezza, quantomeno, tra il titolo del reato di cui in imputazione e quello temuto - si e' ritenuto essere, in definitiva, il piu' soddisfacente per garantire la determinatezza delle previsioni normative in un settore nel quale le esigenze di garanzia sono particolarmente intense. Nell'art. 275 e' stata oggetto di ulteriore elaborazione la parte di normativa riguardante gli imputati tossicodipendenti e alcooldipendenti. La formulazione definitiva del testo cerca di tener conto, sia delle ragioni - evidenziate dalla Commissione parlamentare - che consigliano di adottare soltanto in casi eccezionali la custodia