(parte 10)
   Per  quel  che  concerne  la  truffa aggravata ex art. 640 comma 2
c.p., si e' dissentito dal rilievo  della  Commissione  parlamentare,
osservandosi   che   l'ipotesi  statisticamente  piu'  ricorrente  di
"contiguita'"  con  tale  reato   si   riferisce   alla   connessione
teleologica  con  i  delitti  di falso: donde la conseguente, normale
attrazione nella competenza del tribunale ai sensi dell'art. 12.
                               CAPO III
                RIUNIONE E SEPARAZIONE DI PROCEDIMENTI
   1.6.  Del  capo  III,  intitolato  alla  riunione e separazione di
procedimenti, e' stato effettuato un accurato  riesame,  anche  sulla
base dei penetranti rilievi formulati dalla Commissione parlamentare.
   L'art.  17 del Progetto preliminare e' stato oggetto di un duplice
ordine di emendamenti.
   Su  suggerimento  della  Commissione  parlamentare,  la  locuzione
"nello stesso stato e grado" e' stata inserita subito dopo le  parole
"pendenti",  in  tal modo rendendo esplicito un presupposto che dalla
formula  adottata  nel  Progetto   preliminare   si   ricavava   solo
implicitamente.
   E'  stata  poi  soppressa dal contesto precedente la locuzione "in
ogni stato e grado del processo", cosi' da estendere la  possibilita'
di  riunione  anche  al  giudizio  di  cassazione:  una possibilita',
peraltro, espressamente gia' prevista dall'art. 610 comma 3.
   Muovendo  da  un  suggerimento della Commissione parlamentare, che
aveva  segnalato  l'esclusione  dal  regime  della   riunione   della
fattispecie  di  "pregiudizialita'  penale",  non  ricompresa, fra le
ipotesi di connessione (e neppure oggetto di una disciplina analoga a
quella   dettata   dall'ultima  parte  dell'articolo  18  del  codice
vigente), si e' ritenuto di inserire nell'art.  17  (riadattato,  per
motivi  di  ordine  formale,  con  l'indicazione separata dei casi di
riunione di procedimenti) una lettera d) che consente  l'operativita'
della  riunione (non soltanto ove ricorra pregiudizialita' penale ma,
piu' in generale) nei casi in cui la prova  di  un  reato  o  di  una
circostanza  di esso influisce sulla prova di un altro reato o di una
sua  circostanza.  In   tal   modo,   la   "connessione   probatoria"
disciplinata  dall'articolo  45  n.  4  del  codice  vigente,  se non
legittima l'attribuzione (originaria) della  competenza  a  conoscere
dei  procedimenti  da  parte  del  medesimo  giudice (e non e' stata,
quindi, inclusa fra le ipotesi previste dall'art. 12), deve poter dar
luogo  alla  loro trattazione congiunta nel caso in cui i processi si
trovino gia' pendenti davanti al  medesimo  giudice  e  nello  stesso
stato  e  grado:  si  trattera',  ovviamente, di riunione facoltativa
condizionata  dall'assenza  di  ogni  pregiudizio   per   la   rapida
definizione dei procedimenti stessi.
   Nell'art.  18, dedicato alla separazione di procedimenti, e' stata
anzitutto sostituita, nel comma 1, su suggerimento della  Commissione
parlamentare, la preposizione "di" a "dei"; la sostituzione assume un
univoco  significato  precettivo,  valendo  a  ricomprendere,   senza
possibilita'  di  equivoci,  nell'ambito  di applicazione dell'intero
articolo  sia  il  procedimento  simultaneo  nato  come  tale  sia  i
procedimenti riuniti a norma del precedente art. 17.
  Al  fine  di  ampliare l'ambito di applicazione dell'istituto della
separazione,  in  osservanza  dei  principi   di   celerita'   e   di
semplificazione,   nel  Progetto  definitivo,  sono  state  apportate
all'art. 18 ulteriori modificazioni: l'ipotesi di cui alla lettera a)
del  testo  originario  e'  stata formulata separatamente in apposito
comma, cosi' da evitare che anche ad essa si riferisse la clausola di
salvezza  contenuta  nell'alinea del comma 1 (v. pero', nel paragrafo
successivo, circa la soppressione dell'ipotesi nel  testo  definitivo
del  codice);  nella  lettera  b)  e'  stato eliminato il riferimento
all'art. 68 (ora 71),  in  modo  da  prevedere  la  separazione  (non
soltanto nel caso di sospensione per infermita' mentale dell'imputato
ma) in tutti i  casi  in  cui  uno  dei  procedimenti  riuniti  venga
sospeso;  nella  stessa lettera si e', ancora, aggiunta l'espressione
"o di una o di piu' imputazioni", intendendosi con  cio'  comprendere
le ipotesi di rimessione alla Corte costituzionale della questione di
costituzionalita'  o  di  sospensione  del  processo   ex   art.   3,
relativamente,  in entrambi i casi, ad una o ad alcune soltanto delle
imputazioni;  nella  lettera  c)  l'espressione   "del   decreto   di
citazione" e' stata sostituita con quella, di significato piu' ampio,
"dell'atto di citazione", per ricomprendere anche ipotesi diverse  da
quelle  di  cui  all'art.  429,  (si  pensi  all'atto  che dispone il
giudizio immediato); e' stata aggiunta (lettera e) la fattispecie  in
cui  taluno  dei  procedimenti  riuniti  sia  pronto per la decisione
dibattimentale e per altri sia invece  necessario  il  compimento  di
ulteriori  atti che ne ritardano la definizione; infine, alle ipotesi
di separazione tipizzate, e  sempre  o  tendenzialmente  obbligatorie
(comma 1), si e' aggiunta (comma 2) una separazione discrezionale che
il giudice puo' disporre ogni volta che, sull'accordo delle parti, la
ritenga  utile  ai fini della speditezza del processo. Ovviamente, in
questa come in tutte le altre ipotesi, la separazione non e' in grado
di  modificare  la  competenza  per connessione quando il simultaneus
processus sia fondato su una delle previsioni dell'art. 12.
  Quanto   all'art.   19,  pur  condividendosi  l'osservazione  della
Commissione  parlamentare  circa   la   necessita'   di   individuare
attraverso  un  criterio  predeterminato  il  giudice  competente  ad
adottare i  provvedimenti  relativi  alla  riunione  di  procedimenti
pendenti  avanti  il  medesimo  giudice-ufficio,  ma  non  avanti  il
medesimo giudice-organo giudicante, si e' pero' ritenuto di  lasciare
immutato  il  testo  del  Progetto;  nelle disposizioni di attuazione
sara' predisposto un meccanismo (simile a quello  previsto  dall'art.
274  c.p.c.)  che  rimetta  al  capo dell'ufficio la designazione del
giudice  competente  a  decidere  sulla  riunione,  un   giudice   da
individuare  nell'organo giudiziario cui e' assegnato il procedimento
per primo iscritto a ruolo.
   1.7.  Nella  considerazione  che una riunione o una separazione in
senso tecnico non possa essere  disposta  nel  corso  delle  indagini
preliminari  occorrendo,  al  riguardo, che l'azione penale sia stata
esercitata,  si  e'  provveduto,  in  sede  di  passaggio  al   testo
definitivo,  a  sostituire  nell'intitolazione  del capo III, nonche'
nella rubrica e  nel  testo  degli  artt.  17,  18  e  19  la  parola
"processo" alla parola "procedimento".
   Le  ulteriori  modifiche  all'art.  18  - sul quale la Commissione
parlamentare non ha formulato rilievi in sede di parere sul  Progetto
definitivo - sono di ordine puramente formale.
   Meramente  esplicativa e', infatti, la previsione della lettera a)
del comma 1 (con riguardo alla quale l'art. 46 del codice vigente  ha
costituito  un  opportuno  punto di riferimento) che ha il compito di
disciplinare la separazione all'udienza preliminare (v. art. 422).
  Le  modifiche apportate hanno reso superfluo il permanere del comma
introdotto in sede di stesura del Progetto definitivo,  e  nel  quale
anche  la attuale lettera a) del comma 1 poteva ritenersi ricompresa.
(V. nel paragrafo precedente, nel commento all'art. 18).
                               CAPO IV
                  PROVVEDIMENTI SULLA GIURISDIZIONE
                          E SULLA COMPETENZA
   1.8.  Un'opportuna  opera di revisione e' stata compiuta anche con
riferimento al capo IV (Provvedimenti  sulla  giurisdizione  e  sulla
competenza)  soprattutto  al  fine di meglio coordinare la disciplina
riguardante la dichiarazione  di  competenza  con  le  varie  cadenze
procedimentali del nuovo rito.
   In tema di difetto di giurisdizione, disciplinato dall'art. 20, si
sono   anzitutto   accolti   due   suggerimenti   della   Commissione
parlamentare:    si    e'   sostituita   all'espressione   "processo"
l'espressione "procedimento", in modo da consentire  di  rilevare  il
difetto di giurisdizione anche durante le indagini preliminari; si e'
introdotto nel comma  2  l'espressione  "se  del  caso",  in  diretta
connessione    con   l'ampliamento   delle   fattispecie   rientranti
nell'ambito di operativita' di tale precetto  che  contempla  ora  la
trasmissione   degli   atti   "all'autorita'   competente"   anziche'
"all'ufficio che deve esercitare l'azione penale  presso  il  giudice
competente':   la   norma  risulta  in  tal  modo  applicabile  anche
all'ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione penale (ad  esempio,
per immunita').
   Coerentemente  con  quanto  stabilito nell'art. 22, si e' ritenuto
opportuno  prevedere   un   regime   differenziato   in   ordine   al
provvedimento   con   il   quale   viene  dichiarato  il  difetto  di
giurisdizione a seconda che lo stesso sia adottato  nel  corso  delle
indagini preliminari o nella fase del "processo".
  I  commi 2 e 3 dell'art. 21 sono stati modificati tenendo conto dei
suggerimenti della Commissione  parlamentare.  E'  apparso,  infatti,
eccessivo ed incongruo non consentire che l'incompetenza territoriale
o  l'incompetenza  per  connessione  (tanto  piu'  se   per   materia
determinata  da  connessione)  possa  essere  rilevata di ufficio dal
giudice, entro i termini previsti dal comma 2. Si e' poi ritenuto  di
unificare  sotto la rubrica dell'art. 22 "Incompetenza dichiarata dal
giudice per le indagini preliminari" i due precetti  contenuti  negli
artt.   22  e  23  del  Progetto  preliminare.  Anzitutto,  e'  stata
soppressa, per ragioni di ordine formale,  la  clausola  di  salvezza
dell'art. 291 comma 2, con cui esordiva il testo originario. E' parso
poi necessario prevedere che - fermo il potere-dovere di  rilevare  o
pronunciarsi  sulla  questione  di competenza - il giudice decida con
ordinanza la questione stessa nel corso delle  indagini  preliminari,
sia  pure  soltanto  ai  fini del provvedimento per il quale e' stato
richiesto il suo intervento: trattandosi di intervento  a  cognizione
limitata  e  non  fondato  sulla  conoscenza  completa  degli atti di
indagine - per definizione ancora in corso - sarebbe, infatti,  stato
irragionevole  prescrivere che la decisione debba essere adottata con
sentenza. La previsione contenuta nel  comma  2  che,  all'apparenza,
potrebbe sembrare superflua perche' gia' insita nel sistema, e' stata
invece ritenuta necessaria in quanto non  e'  contemplato  un  regime
generale  di  revocabilita'  delle ordinanze: si e' chiarito, quindi,
che  il  provvedimento  del  giudice  non  pregiudica   una   diversa
valutazione  della  competenza ove venga successivamente richiesto il
suo intervento, cosi' come non  pregiudica  l'eventuale  prosecuzione
delle  indagini  da parte del pubblico ministero. Diverso e', invece,
il caso in cui  il  giudice,  a  conclusione  delle  indagini,  viene
investito  dal  pubblico  ministero  con  la richiesta finale che gli
devolve, quindi, il potere decisorio e la cognizione piena  -  seppur
limitata  alla  fase - in ordine all'esito delle indagini documentate
negli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero  del  quale
il  giudice  stesso  ha,  in  quella  sede  e  per la prima volta, la
disponibilita'.
   La nuova formulazione del comma 3 e la prevista trasmissione degli
atti al pubblico ministero presso il  giudice  competente  consentono
anche  di superare i problemi di coordinamento che il precedente art.
23 (ora soppresso) creava con riferimento al giudizio pretorile (dove
il  decreto  di  citazione e' emesso dal pubblico ministero e non dal
giudice come invece espressamente prevedeva il comma 1  dell'art.  23
appena citato).
   In merito all'art. 23 (24), e' stato accolto il suggerimento della
Commissione parlamentare e si sono eliminati tanto l'inciso del comma
1 "sulla base dell'imputazione" tanto le parole del comma 2 "indicata
nell'imputazione": cio'  al  fine  di  ricomprendere  nell'ambito  di
applicazione  della  norma sia tutte le ipotesi di modifica del fatto
contestato (artt. 516-518)  sia  l'ipotesi  in  cui  il  fatto  venga
diversamente   qualificato   dal  giudice,  dando  cosi'  luogo  alla
dichiarazione di incompetenza.
   Coerentemente con la modifica apportata all'art. 21, si e' inoltre
emendato il comma 2 relativamente  alla  rilevabilita'  d'ufficio  di
ogni forma di incompetenza.
   Non  si  e' ritenuto di dover apportare modifiche all'art. 24 (25)
malgrado  i   dubbi   interpretativi   espressi   dalla   Commissione
parlamentare. E' apparso, infatti, corretto il richiamo al solo primo
comma dell'art. 23 dal momento che il comma 2 di  detto  articolo  si
riferisce  ai soli casi in cui il giudice di primo grado ha giudicato
di un procedimento di competenza di un giudice inferiore, nonche'  ai
casi  in  cui  l'incompetenza (per territorio o connessione) e' stata
tardivamente eccepita ovvero, pur se  ritualmente  eccepita,  non  e'
stata riproposta nei motivi di appello.
   Circa l'art. 25 (26), su suggerimento della corte di cassazione si
e',  da  un  lato,  chiarito,  attraverso   la   sostituzione   della
congiunzione  "e"  con l'espressione "da cui derivi", che l'efficacia
vincolante della decisione della cassazione sulla  giurisdizione  non
e'  sempre  rebus  sic  stantibus,  e,  dall'altro, precisato, con le
parole poste in chiusura, come debba escludersi  la  rilevanza  delle
successive  risultanze di fatto che comportino la modificazione della
competenza per territorio o per  connessione  ovvero  lo  spostamento
della  competenza ad un giudice inferiore. E' stato infine, soppresso
il riferimento alle "nuove circostanze"  perche'  gia'  compreso  nel
riferimento ai "nuovi fatti".
   Di  particolare  interesse  sono  le modifiche apportate al regime
delle prove acquisite dal giudice incompetente.
   Il  testo  originario  dell'art.  26  (27)  era stato sottoposto a
critiche, non operando alcuna distinzione  tra  prove  acquisite  dal
giudice  incompetente  per  materia  e  prove  acquisite  dal giudice
incompetente  per  territorio,   con   radicale   innovazione   della
differenziata disciplina contenuta, rispettivamente, negli artt. 34 e
44 del codice vigente.
   L'accoglimento   delle   critiche   suddette   ha   importato   la
riformulazione della disciplina dell'intero articolo, imponendosi  la
rinnovabilita'  delle sole dichiarazioni rese al giudice incompetente
per materia, quando esse sono ripetibili (senza peraltro  distinguere
-  come  fa il vigente art. 34 - a seconda che l'incompetenza sia del
giudice superiore o inferiore). E' apparso infatti  irragionevole  un
regime  -  quale  quello precedentemente delineato - in base al quale
una prova ritualmente acquisita doveva essere rinnovata per  il  solo
fatto    di   essere   stata   assunta   dal   giudice   incompetente
territorialmente.
   1.9. L'art. 22 - con riguardo al quale la Commissione parlamentare
non ha formulato alcun rilievo in sede di secondo Parere definitivo -
ha subi'to una modifica di ordine puramente formale.
   Sempre di carattere formale e' l'emendamento apportato all'art. 23
(24). Si e' precisato nella rubrica e nel comma 1  che  la  norma  si
riferisce al dibattimento di primo grado.
   Nel comma 1 dell'art. 23 (24) si e' ritenuto ancora di aggiungere,
al fine di fugare ogni perplessita'  sul  punto,  che  l'operativita'
della  prescrizione riguarda l'incompetenza dichiarata "per qualsiasi
causa".
   La  nuova  formulazione  dell'art. 26 (27) - in ordine al quale la
Commissione parlamentare non ha espresso alcun  rilievo  in  sede  di
Parere  definitivo  -  risponde  ad esigenze di ordine esclusivamente
sistematico, occorrendo, per un verso, coordinare la disciplina della
mancata  osservanza  delle norme sulla competenza con il regime della
prova  (efficacia-utilizzabilita';  inefficacia-inutilizzabilita')  e
dall'altro,  meglio precisare quale utilizzazione e' possibile per le
prove acquisite con violazione delle regole sulla competenza.
   E'  parso  percio'  piu'  puntuale sancire in negativo l'efficacia
delle prove acquisite in violazione delle regole sulla  competenza  e
la  eccezionale  utilizzabilita'  delle dichiarazioni rese al giudice
incompetente per materia.
                                CAPO V
                      CONFLITTI DI GIURISDIZIONE
                           E DI COMPETENZA
  1.10.  Il  regime dei conflitti di giurisdizione e di competenza e'
rimasto quasi del tutto  identico  a  quello  previsto  nel  Progetto
preliminare.
  L'unica   modifica   di   sostanza  riguarda  la  disciplina  della
risoluzione dei  conflitti  disciplinata  dall'art.  32  (33)  ed  in
particolare  i  poteri "istruttori" della corte di cassazione ai fini
della decisione.
   Il  testo del Progetto preliminare attribuiva alla corte il potere
di assumere "le informazioni che ritiene necessarie" e di  acquisire,
"se occorre, le prove dedotte dalle parti". Si e' pero' osservato che
la originaria formulazione era troppo generica, riferendosi  anche  a
mezzi  di  prova (dichiarazioni orali, perizie, ecc.) che non possono
essere acquisiti nel giudizio di cassazione. Si  e'  quindi  limitata
l'acquisizione ai "documenti" eventualmente prodotti dalle parti (nei
limiti  in  cui  ne  e'  consentita  la  utilizzazione  in  sede   di
risoluzione   del   conflitto)   ed  agli  "atti"  del  procedimento,
eventualmente non trasmessi dai  giudici  in  conflitto,  e  ritenuti
necessari per la sua risoluzione.
   Nel  comma  3 si e' ritenuto di fare decorrere il termine di venti
giorni, concesso al giudice  dichiarato  competente  ad  emettere  la
misura  cautelare,  da  quando questi abbia ricevuto la comunicazione
della sentenza che ha risolto il conflitto.
                               CAPO VI
                        CAPACITA' DEL GIUDICE
  1.11.  Nella  disciplina della capacita' del giudice, contenuta nel
capo VI, un capo che si compone di un solo precetto, l'art. 33  (34),
l'unica  modificazione rispetto al Progetto preliminare e' costituita
dall'inserimento di un comma 2, qui trasferito dall'art. 178 comma 2,
situato  nel  titolo  VII  del  libro  II  concernente  il tema delle
nullita'.  Il  "trapianto"  e'  avvenuto  per   ragioni   di   ordine
sistematico,  al  fine di chiarire che la materia in esso considerata
non rientra nelle condizioni di capacita' del giudice, la cui assenza
da'  luogo  a  nullita' assoluta (art. 178 comma 1, lettera a) e art.
179). Nelle disposizioni di attuazione potra' poi stabilirsi se ed in
quali   limiti  l'inosservanza  delle  norme  indicate  nel  comma  2
dell'art. 33 potra' assumere rilevanza disciplinare.
   1.12.  In  tema  di capacita' del giudice, e' stata apportata, nel
comma 2,  una  modifica  di  ordine  puramente  formale,  volta,  fra
l'altro,   a   fugare   ogni   perplessita'   circa   il   fondamento
esclusivamente normativo delle condizioni di capacita' del giudice.
                               CAPO VII
        INCOMPATIBILITA', ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE
  1.13.   L'unica   variante   di  sostanza  apportata  nel  Progetto
preliminare   alla    disciplina    del    capo    VII,    intitolato
all'incompatibilita', all'astensione ed alla ricusazione del giudice,
riguarda la competenza a decidere sulla ricusazione.
   E'  stata,  in  particolare,  soppressa l'ultima parte del comma 1
dell'art. 40 (41), che attribuiva  la  competenza  a  decidere  sulla
ricusazione  di  un giudice popolare non al collegio ma al presidente
della corte di assise di cui  lo  stesso  giudice  faccia  parte.  Al
riguardo,   e'   sembrato  inopportuno  differenziare  la  disciplina
concernente la ricusazione del giudice popolare da quella concernente
il  giudice  togato,  soprattutto  tenuto  conto  che nel sistema del
Progetto preliminare si sarebbe consentito al presidente del collegio
di   decidere,   nell'ipotesi  di  accoglimento  della  richiesta  di
ricusazione,  se  e  quali  atti  compiuti  dallo   stesso   collegio
conservassero efficacia - art. 42 (43) comma 2 -.
   La verifica di congruita' di tutte le sanzioni pecuniarie previste
nel Progetto ha indotto a ridurre il limite  massimo  della  sanzione
stabilita  per  il  caso  di  inammissibilita'  o  di  rigetto  della
dichiarazione di ricusazione (da 5 a 3 milioni di lire).
   Per  il  resto,  la disciplina e' rimasta inalterata salvo qualche
modifica di ordine formale.
   Si   sono,   percio',   disattesi   i  rilievi  della  Commissione
parlamentare in relazione agli artt. 35, 38 e 43 (ora 34, 37, 42).
   Quanto  all'art.  34  (35),  era stata segnalata l'opportunita' di
prevedere l'incompatibilita' a partecipare al giudizio non  solo  del
giudice  che  ha  emesso  il  provvedimento  conclusivo  dell'udienza
preliminare, ma anche del giudice  che  ha  emesso  un  provvedimento
durante  le  indagini  preliminari.  Si  e'  pero' osservato che tale
limite comporterebbe rilevanti problemi organizzativi per i tribunali
(una  ventina)  che  dispongono  di un organico di quattro magistrati
(compreso  il  presidente):  in  questi  uffici  l'adozione   di   un
provvedimento  da  parte  di  un  giudice  diverso dal giudice per le
indagini  preliminari  (ad  esempio,  durante  il  periodo   feriale)
renderebbe  assolutamente  impossibile  la  formazione  del  collegio
giudicante.
   Con  riguardo  all'art. 37 (38), la Commissione parlamentare aveva
manifestato perplessita' circa l'esclusione dai motivi di ricusazione
dell'ipotesi  di  astensione  indicata  nella lettera h) dell'art. 36
(37) ("se esistono  altri  gravi  ragioni  di  convenienza").  Si  e'
ritenuto  di  mantenere  inalterato  il testo originario perche' tale
ipotesi, esclusa dai motivi di ricusazione gia'  nel  codice  vigente
(art.  64,  in  relazione  all'art.  63) potrebbe, per la sua estrema
genericita', facilmente  prestarsi  a  dichiarazioni  di  ricusazione
pretestuose e strumentali.
   Quanto  all'art.  42  (43)  comma  2,  con riguardo al quale si e'
denunciata la troppo ampia discrezionalita' riconosciuta  al  giudice
della   astensione  o  della  ricusazione,  si  e'  ritenuto  di  non
condividere la osservazione considerato che, nell'applicazione  della
identica  disposizione  contenuta  nell'art.  70  comma  2 del codice
vigente, la giurisprudenza ha evidenziato che scopo dell'ampio potere
discrezionale   conferito   al   giudice   nel  vagliare  l'attivita'
precedentemente compiuta dal giudice astenutosi o ricusato e'  quello
di  consentirgli  di verificare, con apprezzamento insindacabile, se,
nonostante la astensione o la riconosciuta carenza  di  imparzialita'
del giudice ricusato, vi siano atti che, non risultando in alcun modo
influenzati dalle situazioni descritte negli artt. 36 e 37 (37 e 38),
non perdano il loro valore processuale.
   1.14.   La  Commissione  parlamentare  nel  Parere  definitivo  ha
espresso nuovamente le sue perplessita'  circa  l'omessa  previsione,
nell'art. 34 (35), quale ipotesi di incompatibilita' a partecipare al
giudizio,  dell'avere  il  giudice  emesso  un   provvedimento   (non
conclusivo)  nel  corso  delle indagini preliminari, rilevando che il
presidente della corte di appello potrebbe agevolmente sopperire agli
"eccezionali"   casi   di   impossibile   formazione   del  collegio,
distaccando qualche magistrato "nell'ambito del distretto".
  Non  v'e'  dubbio  che  tali  rilievi  abbiano  un  loro fondamento
considerata soprattutto la  natura  del  nuovo  processo,  la  quale,
presupponendo  che la prova si formi al dibattimento, richiede che il
giudice della fase del giudizio non abbia conoscenza degli atti delle
indagini  preliminari  (questa esigenza assume un particolare rilievo
per  il  giudice  che  abbia  emesso   un   provvedimento   cautelare
personale).  Si  e'  ritenuto pero' di non modificare l'art. 34 (35),
permanendo tuttora la validita'  della  considerazione  espressa  nel
precedente  paragrafo; si sottolinea, in particolare, come, di norma,
e in osservanza del principio di  "concentrazione"  (v.  legge-delega
direttiva  n.  40)  l'operare  del  comma  2  dell'articolo in esame,
finira' per rendere di fatto di assai  limitata  verificabilita',  le
situazioni in esame.
   Una  modifica di ordine esclusivamente formale e' stata introdotta
negli artt. 43 e  45  (44  e  46):  si  e'  sostituito  all'aggettivo
"determinato", l'aggettivo "designato", termine apparso piu' rigoroso
considerato  il  riferimento  soggettivo  proprio  della  nozione  di
designazione.
                               CAPO VII
                       RIMESSIONE DEL PROCESSO
  1.15.  Il  Capo  VIII,  riguardante  la rimessione del processo, ha
subi'to nel Progetto definitivo alcune modificazioni  che,  peraltro,
non ne hanno assolutamente travolto l'assetto originario.
   E'  rimasta  immutata  la  previsione - art. 45 (46) - dei casi di
rimessione,  disattendendosi  i  rilievi  formulati  dalla  corte  di
cassazione  che  aveva  ravvisato  una  violazione della delega nella
eliminazione di "qualsiasi riferimento al legittimo sospetto". Si  e'
ritenuto,  infatti,  che la formulazione adottata - risultante da una
meditata scelta del legislatore delegato - recuperasse  integralmente
ed  espressamente  tutti  i  criteri  elaborati  dalla giurisprudenza
nell'interpretazione dell'articolo 55 del codice vigente e  segnalati
dalla cassazione nel suo parere.
   Si  e',  peraltro,  provveduto  a  meglio  precisare  l'organo del
pubblico ministero legittimato alla richiesta di  rimessione.  Cosi',
oltre al pubblico ministero presso il giudice che tratta il processo,
si e' attribuita  in  ogni  caso  la  legittimazione  al  procuratore
generale   presso  la  corte  di  appello,  una  legittimazione  oggi
contemplata dall'art. 55  del  codice  vigente:  e',  infatti,  parso
opportuno  prevedere  che  la  richiesta  possa provenire anche da un
organo diverso da quello che,  in  un  ambito  localmente  ristretto,
sostiene l'accusa nel processo di cui si domanda la rimessione.
   Non   si   e'  mantenuta,  invece,  l'attuale  legittimazione  del
procuratore generale presso la corte di cassazione,  in  quanto  tale
organo  puo' essere molto lontano dalla situazione locale interessata
dal processo.
   Nell'art.  46  (47),  accogliendosi un suggerimento della corte di
cassazione, e' stato  inserito  un  comma  2  in  base  al  quale  la
richiesta   di   rimessione   proposta   dall'imputato   deve  essere
sottoscritta da  lui  personalmente  o  a  mezzo  di  un  procuratore
speciale:   cio'   allo   scopo   di  maggiormente  responsabilizzare
l'imputato circa la gravita' della relativa richiesta di  rimessione.
   Nel  comma  1  si  e'  ampliato  il  termine per la notifica della
richiesta alle altri parti (da cinque a sette giorni); e'  stato  poi
introdotto    un    comma    4    che   fa   derivare   la   sanzione
dell'inammissibilita' dall'inosservanza delle  forme  e  del  termine
prescritti.
   Infine,  la verifica di congruita' di tutte le sanzioni pecuniarie
ha indotto  a  ridurre  il  limite  massimo  della  sanzione  per  la
richiesta  di rimessione rigettata o dichiarata inammissibile (da 5 a
3 milioni di lire).
   1.16.  In  tema  di  rimessione  di  procedimenti,  la Commissione
parlamentare  ha  espresso,  nel  Parere  definitivo,  riserve  circa
l'introduzione  nell'art. 46 (47) del comma 2, non comprendendo "come
potrebbe 'altri'  (che  non  sia  l'imputato  o  il  suo  procuratore
speciale) richiedere la rimessione".
   Si e' ritenuto di mantenere egualmente fermo tale precetto al fine
di prevenire ogni dubbio circa il  carattere  "personalissimo"  della
richiesta  di  rimessione  e,  conseguentemente,  circa la carenza di
legittimazione  a  proporla  del  difensore  non  munito  di  mandato
speciale.   Le   ulteriori   modifiche  apportate  all'art.  46  (47)
rispondono all'esclusiva esigenza di migliorarlo formalmente.
   In  sede  di  redazione  del  testo  definitivo del codice si sono
sostituite, nel secondo  periodo  del  comma  2  dell'art.  47  (48),
concernente  gli effetti della richiesta di rimessione, le parole "In
tal caso il giudice procedente compie gli atti urgenti" con le parole
"La  sospensione  del processo non impedisce il compimento degli atti
urgenti".
   L'emendamento  risponde  ad  un'esigenza  di uniformita' con altre
analoghe previsioni in tema di sospensione del processo  (v.  art.  3
comma 3).
                              TITOLO II
                          PUBBLICO MINISTERO
  1.17   Anche   l'impianto  del  titolo  II,  dedicato  al  pubblico
ministero, non ha subi'to, nel passaggio dal Progetto preliminare  al
Progetto    definitivo,    trasformazioni    radicali   rispetto   al
corrispondente titolo del Progetto preliminare.
  Infatti,  a  parte  taluni  emendamenti  di ordine formale, dettati
dalla necessita' di uniformare il linguaggio del  Progetto  a  quello
delle  norme  per  l'adeguamento  dell'ordinamento  giudiziario - v.,
artt. 51 (52) e  52  (53)  -,  le  modificazioni  nei  contenuti  dei
precetti che compongono il titolo II si riducono a precisazioni circa
l'autonomia del pubblico ministero e la disciplina dei conflitti  tra
piu' uffici.
   Sotto  il primo profilo, raccogliendo un rilievo della Commissione
parlamentare, si e' anzitutto modificata la formulazione dell'art. 53
(54)  comma  1,  sostituendo alle parole "Nell'udienza, il magistrato
del pubblico ministero e' autonomo nell'esercizio delle sue funzioni"
con  le  parole (piu' aderenti al lessico della direttiva n. 68 della
legge-delega) "Nell'udienza, il  magistrato  del  pubblico  ministero
esercita le sue funzioni con piena autonomia".
   E'  stato  poi inserito nello stesso articolo un comma 3 nel quale
viene  disciplinato  il  potere   di   intervento   sostitutivo   del
procuratore  generale  ove  il procuratore della Repubblica non abbia
disposto la sostituzione del magistrato designato per l'udienza nelle
ipotesi   particolarmente   gravi   di  obbligo  di  astensione  gia'
individuate dal comma 2 attraverso il  richiamo  a  taluni  dei  casi
previsti dall'articolo 36 (37).
   Sotto   il   secondo   profilo,  e'  stato  emendato  il  comma  2
dell'articolo  54  (55).  A  tale  riguardo,  e'  sembrato  opportuno
prevenire  eventuali  perplessita'  dovute  all'adozione del generico
termine "informa", evitando ritardi nella decisione  provocati  dalla
necessita', per dirimere il conflitto, di acquisire atti o documenti.
Peraltro, in sede di disposizioni di attuazione verranno disciplinate
le  modalita' di trasmissione degli atti su cui si fonda il contrasto
tra gli uffici del pubblico ministero.
   La Commissione parlamentare aveva espresso rilievi con riguardo al
precetto dell'articolo 50 (51)  concernente  l'esercizio  dell'azione
penale,  osservando  come  il  comma  1  sembrerebbe  reintrodurre il
principio che con la richiesta di archiviazione l'azione  penale  non
viene  esercitata.  Ma  tali  rilievi  - fondati su argomentazioni di
ordine esclusivamente dogmatico - non sono stati condivisi perche' la
formulazione  di  tale norma, od anche dell'articolo 405 (402), negli
stessi  termini  dell'articolo  74   del   codice   vigente   avrebbe
determinato l'alterazione dell'intero sistema delineato nel Progetto.
   1.18  Le  ultime  modifiche  intervenute  in sede di redazione del
testo definitivo hanno apportato  soltanto  lievi  ammodernamenti  di
ordine formale al titolo II: v. art. 54 (55).
   Tale  deve  considerarsi anche l'emendamento all'art. 51 (52), nel
quale, al fine di coordinare la disciplina  concernente  le  funzioni
del   pubblico   ministero  con  quella  concernente  le  ipotesi  di
avocazione, e' stato inserito  il  comma  2:  gia'  dal  sistema  del
Progetto  risultava,  infatti, come nei casi previsti dagli artt. 372
(370) e 412 (409) le funzioni di  pubblico  ministero  non  potessero
essere esercitate che dai magistrati della procura generale presso la
corte di appello.
   Nel reiterare le perplessita' avanzate in sede di primo parere, la
Commissione parlamentare ha proposto di riformulare l'art.  50  (51),
nei  seguenti  termini:  "Il  pubblico  ministero  esercita  l'azione
penale, anche quando conclude con la richiesta di archiviazione".  Su
tale  formula non puo' che dissentirsi, sia per la sua significazione
di   ordine   essenzialmente   dogmatico   sia   perche'   l'adesione
all'emendamento  suggerito determinerebbe la necessita' di rivisitare
le linee fondamentali del sistema (v. supra, 1.17).
                              TITOLO III
                         POLIZIA GIUDIZIARIA
   1.19  Con  riferimento al titolo III, avente ad oggetto la polizia
giudiziaria, sono state  espresse  critiche  di  ordine  generale  in
merito  alla  cancellazione  dall'ordinamento  di  prescrizioni  come
quelle degli artt. 220 e 229 del codice vigente che attribuiscono  al
procuratore  generale,  da un lato, poteri di direzione della polizia
giudiziaria, e dall'altro, potesta' disciplinari nei confronti  degli
ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria.
  Sembra opportuno subito chiarire che, mentre "la materia dei doveri
funzionali  di  ufficiali  ed  agenti   e   quella   delle   sanzioni
disciplinari... e' stata trasferita nelle disposizioni di attuazione"
(v. Relazione al Progetto preliminare, p. 39), sul  tema  dei  poteri
del  procuratore  generale  la  disciplina  contenuta nel Progetto e'
apparsa  coerente  con  l'attribuzione  al  solo  procuratore   della
Repubblica,  in  via  ordinaria,  del potere di esercizio dell'azione
penale e dei conseguenti poteri di direzione delle indagini:  sarebbe
stato  percio' davvero singolare conferire poteri organizzativi della
polizia giudiziaria ad un organo (il procuratore generale)  cui  sono
riconosciuti  poteri  di  indagine  nei  limitati casi di avocazione:
artt. 372 (370) e 412 (409). La restrizione  di  tali  casi,  imposta
dalla   legge-delega   (v.   direttiva   n.   42),   rende,  infatti,
improponibile un allineamento alla disciplina del  vigente  art.  220
considerato  che  l'attuale  codice  di  rito  assegna al procuratore
generale un autonomo potere  di  indagine  e  riconosce  al  medesimo
organo  margini  molto  piu'  ampi  di avocazione (v. artt. 234 e 392
codice vigente).
   Per quel che attiene alle specifiche disposizioni, gli emendamenti
apportati, ad eccezione di quelli meramente formali: v. artt. 55 (56)
comma  3,  58  (59)  , 59 (60), soddisfano esigenze di chiarezza o di
perfezionamento sistematico ovvero di coordinamento con  disposizioni
di leggi speciali.
   Si  e' cosi' riformulato l'intero articolo 56 (57), concernente le
sezioni ed i servizi di polizia giudiziaria, al fine di precisare, in
correlazione  con  quanto  previsto  dall'articolo  55  (56),  i vari
livelli di collegamento funzionale  e  organizzativo  tra  i  diversi
organi    di   polizia   giudiziaria   e   l'autorita'   giudiziaria,
specificando, tra l'altro, che le sezioni, da istituire  presso  ogni
procura  della Repubblica, sono composte con personale dei servizi di
polizia giudiziaria, a loro volta previsti dalla  normativa  speciale
(legge n. 121 del 1981).
   Analogamente,  gli  emendamenti  apportati  all'articolo  57  (58)
tengono conto delle nuove norme in tema di ordinamento della  polizia
di  stato  e della legge-quadro n. 56 del 1986 sull'ordinamento della
polizia municipale,  circoscrivendo  le  attribuzioni  delle  guardie
delle  provincie  e  dei  comuni all'ambito territoriale dell'ente di
appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono in servizio.
   1.20  Un'unica modifica ha contrassegnato nel titolo III del libro
I il passaggio dal Progetto al testo definitivo del codice. E'  stato
riformulato  il  comma  3  dell'art.  58  (59) allo scopo di renderne
chiara l'applicabilita' anche all'attivita'  svolta  dal  procuratore
generale.
   Si  e'  adottata l'espressione "autorita' giudiziaria" in luogo di
"magistrati" per esigenze di  ordine  tecnico:  infatti,  non  e'  il
magistrato in quanto tale a disporre della polizia giudiziaria, ma e'
il  magistrato  in  quanto  operante  quale   autorita'   giudiziaria
nell'esercizio  delle  sue  funzioni.  Resta  fermo, peraltro, che il
nuovo lessico  non  intende  esautorare  il  singolo  magistrato  dal
rapporto diretto con la polizia giudiziaria.
   Quanto al comma 3 dell'art. 55 (56) , introdotto nel passaggio dal
Progetto  preliminare  al   Progetto   definitivo,   la   Commissione
parlamentare  ha  lamentato  che  la formulazione del comma 3, pur se
"corretta", appare "ridondante",  dato  che  "l'espressione  'Polizia
Giudiziaria'  non  puo' che riferirsi agli agenti e agli ufficiali di
polizia giudiziaria".
   Anche  tenendo  nel  massimo  conto  dette  considerazioni,  si e'
ritenuto piu' corretto lo schema del Progetto definitivo, considerato
il  suo intento chiarificatore circa i soggetti che svolgono funzioni
di polizia giudiziaria.
   La  Commissione parlamentare ha, altresi', suggerito di cancellare
nell'art. 57 (58) comma 2 lettera  b)  l'espressione  "e  le  guardie
delle provincie e dei comuni".
   Pur   apprezzandosi   gli   scrupoli   esternati   dalla  predetta
Commissione,  si  e'  ritenuto  di  mantenere  inalterato  il   testo
dell'art. 57 (58). Cio' perche', dopo attento studio del problema, si
e' reputato conforme ai criteri fissati dalla legge 7 marzo 1986,  n.
65   (legge-quadro   sull'ordinamento   della   polizia   municipale)
attribuire agli addetti alla polizia municipale la qualita' di agenti
di  polizia  giudiziaria  in  via  generale,  e cioe' non limitata ai
settori connessi al servizio di polizia locale.
                              TITOLO IV
                               IMPUTATO
  1.21  In  merito  al  titolo  IV, dedicato all'imputato, un titolo,
anch'esso, il cui tessuto e' rimasto sostanzialmente inalterato nella
fase  del  passaggio dal Progetto preliminare al Progetto definitivo,
la piu'  significativa  (anche  se  solo  apparente)  innovazione  va
ravvisata   nella   soppressione   -   suggerita   dalla  Commissione
parlamentare  -  di  ogni  richiamo   all'indiziato.   Infatti,   pur
ribadendosi  come nell'intento del legislatore delegato esulasse ogni
finalita' di recuperare la figura dell'indiziato quale risultante dal
sistema  del  codice  vigente  - una figura, peraltro, implicitamente
bandita dalla direttiva  36  della  legge-delega  -  si  e'  ritenuto
inopportuno  riadottare  nel  nuovo codice un lessico come quello del
Progetto  preliminare  che  puo'  prestarsi  ad  equivoci  di  ordine
interpretativo incidenti sull'assetto complessivo del sistema.
   Muovendosi  da  tale  considerazione,  nel  Progetto definitivo e'
stata riscritta la norma dell'art. 61 (62), facendosi riferimento  ai
fini della estensione dei diritti e delle garanzie dell'imputato alla
sola "persona nei cui confronti  si  svolgono  indagini  preliminari"
(comprendente ogni altra figura soggettiva in precedenza evocata).
   Naturalmente,  in  tutte  le disposizioni del Progetto preliminare
che impiegavano la parole "indiziato",  questa  e'  stata  sostituita
dalla  detta  locuzione o, in taluni casi, da quella (piu' sintetica)
"persona sottoposta alle indagini".
   A  corollario  di  tale  modifica  lessicale,  ma  anche alla luce
dell'esigenza di assicurare all'imputato ed alla  persona  sottoposta
alle  indagini  ogni  possibile  garanzia che le dichiarazioni da lui
rese non possano pregiudicarlo, si e'  ritenuto  opportuno  prevedere
nell'articolo  63  del  Progetto  definitivo  che  tale  precetto  e'
operante anche con riguardo  alle  dichiarazioni  rese  alla  polizia
giudiziaria:  la  norma  in  parola acquista, infatti, una dimensione
cosi' generale da ricomprendere sia la  situazione  di  chi  dovrebbe
essere  considerato imputato sia la situazione di chi dovrebbe essere
considerato comunque "persona sottoposta alle  indagini"  (onde  sono
state rese esplicite entrambe le locuzioni).
   Di  carattere  meramente  esplicativo  e'  la  modifica  apportata
all'art. 60 (61) comma 1 nel quale e' stata inclusa fra le ipotesi di
"assunzione  della  qualita'  di imputato" anche quella derivante dal
decreto di citazione da parte del  pretore  ai  sensi  dell'art.  555
(548).
   Su   suggerimento  della  Corte  di  cassazione,  la  quale  aveva
perspicuamente addebitato all'art. 66 (64) comma 3 di essere in parte
superfluo  perche'  l'ultimo suo periodo - riguardante non le erronee
generalita' dell'imputato  ma  la  diversa  ipotesi  dell'"errore  di
persona"  - non fa che riprodurre il disposto dell'art. 668 (659), si
e' riformulato il detto comma,  modificato,  per  il  resto,  con  il
richiamo  anche  alla  "persona  sottoposta  alle  indagini" e con la
sostituzione   dell'espressione    "processo"    con    l'espressione
"procedimento", comprensiva della fase delle indagini preliminari.
   Del   tutto   nuova  e'  la  disposizione  dell'art.  67  (64-bis)
(Incertezza sull'eta' dell'imputato) , introdotta con  gli  opportuni
adattamenti su suggerimento dalla Commissione parlamentare. Una norma
che, oltre ad attribuire al tribunale  per  minorenni  la  competenza
esclusiva  a  determinare, con le forme stabilite per il procedimento
minorile, l'eta' di un imputato che  si  abbia  ragione  di  ritenere
minore, assolve anche il compito di impedire, attraverso la procedura
semplificata della  trasmissione  degli  atti  al  procuratore  della
Repubblica  presso  il  tribunale  per  i  minorenni,  che nelle more
dell'espletamento della perizia per accertare  l'eta'  dell'imputato,
questi  possa,  anche se minorenne, essere assoggettato a trattamenti
traumatizzanti, quali ad esempio, la custodia in  carcere  insieme  a
detenuti maggiorenni.
   Nell'art. 69 (66) comma 1 si e' precisato che in caso di morte del
reo  la  sentenza  di  proscioglimento  viene  pronunziata  a   norma
dell'art.  129  (128):  con  la conseguenza - ai sensi del comma 2 di
questo articolo - che qualora dagli  atti  risulti  evidente  che  il
fatto  non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto
non costituisce reato e non e' previsto dalla legge  come  reato,  il
giudice   dovra'  pronunciare  sentenza  di  non  luogo  a  procedere
adottando una di tali formule.
   Per  quel  che  attiene  alla  disciplina concernente la capacita'
processuale dell'imputato, la Commissione parlamentare aveva proposto
di  reintrodurre  il  precetto  del  vigente  art.  88  c.p.p.  ed in
particolare quella parte di esso che fa riferimento  allo  "stato  di
infermita'  mentale  tale da escludere la capacita' di intendere o di
volere":  cio'  perche',  se   e'   vero   che   il   richiamo   alla
"partecipazione  cosciente"  puo'  dar  luogo  ad  una  piu'  attenta
valutazione circa l'idoneita' dell'imputato a sostenere il  processo,
e'  anche vero che tale condizione, per "l'ambito di discrezionalita'
che l'accompagna, puo' anche  dar  luogo  a  situazioni  peggiorative
rispetto  a  quanto  consentito  dal  citato  art. 88 c.p.p.". Si era
richiesto,  almeno,  la  previsione  dell'intervento   di   "soggetti
particolari  in  grado  di  assistere  coloro  che, ritenuti idonei a
partecipare al processo, siano pero' infermi di mente". Senza contare
che la formulazione degli artt. 67 e 68 del Progetto preliminare (ora
70 e 71) avrebbe aperto inevitabilmente "la  complessa  questione  di
chi,  pur  non  essendo  infermo  di  mente, non puo' essere comunque
ritenuto in grado di partecipare coscientemente ad  un  processo  che
oltretutto,   per   il   carattere   accusatorio,   esalta  il  ruolo
dell'imputato".
   A  tali  osservazioni  si e' ritenuto di rispondere negativamente,
rilevando come l'introduzione nel testo del Progetto definitivo della
formula "incapacita' di intendere e di volere" adottata dall'articolo
88 del codice vigente non si concili con il carattere accentuatamente
accusatorio  del  nuovo  processo  che,  esaltando  - come afferma la
stessa Commissione parlamentare - il  ruolo  dell'imputato,  deve  in
ogni  caso far fronte all'esigenza di tutelare la sua partecipazione,
per cosi'  dire,  attiva:  quindi,  consapevole  e  "cosciente".  Con
l'avverbio  "coscientemente"  si  e'  cosi' dato rilievo a situazioni
che, pur  non  coincidendo  necessariamente  con  l'esclusione  della
capacita'  di  intendere  e  di  volere rendono, tuttavia, l'imputato
incapace nel senso anzidetto.
   All'articolo  70  (67)  a  parte  modifiche  di  carattere formale
contenute nei commi 2 e  3  e'  stato  apportato  un  emendamento  di
particolare  importanza, prescrivendosi (sostanzialmente in linea con
il vigente art. 88 c.p.p.) che la perizia  e'  disposta  dal  giudice
quando   si   presenta  come  strumento  necessario  all'accertamento
(essendovi casi in cui le condizioni  di  incapacita'  della  persona
sono  palesi  o  risultano  palesemente aliunde), ma subordinatamente
alla  condizione  che  non  debba  essere  pronunciata  sentenza   di
proscioglimento.
   Modifiche  puramente esplicative del significato gia' insito nelle
relative prescrizioni sono state apportate agli artt. 71  (68)  e  72
(69).
   Con  riguardo  alle  regole  generali per l'interrogatorio dettate
dall'art.  64  (71)  ,  al  comma  1  e'  parso  piu'  corretto  fare
riferimento  alla  sola  ipotesi  di misura cautelare privativa della
liberta' (si e' sostituita percio' all'espressione "misure  cautelari
personali"  l'espressione  "custodia cautelare"). Al comma 4 (che nel
codice e' diventato l'art.  62)  si  e'  soppresso  ogni  riferimento
testuale  alle dichiarazioni rese all'autorita' giudiziaria, cosi' da
costituire una vera e propria disposizione di carattere generale e da
sottolineare  come  di  tali  dichiarazioni,  in  ragione  della loro
importanza e della garanzia da cui  e'  necessario  siano  assistite,
"faccia  fede solo la documentazione scritta" evitando altresi' "che,
attraverso il duplice  meccanismo  delle  dichiarazioni  spontanee  e
della  testimonianza de auditu, venga aggirato il diritto al silenzio
dell'inquisito" (v. Relazione al Progetto preliminare,  p.  57).  Per
quanto  concerne  le  dichiarazioni  rese  alla  polizia giudiziaria,
questa norma - che e', appunto, di carattere generale - va  integrata
con le disposizioni degli artt. 195 comma 4 e 514 (507) comma 2.
   Con  tali  precisazioni  resta  anche  superato  il  rilievo della
Commissione parlamentare, la quale aveva espresso perplessita'  circa
il  rispetto  della  delega  in  ordine all'art. 64 (71) comma 4 come
precedentemente formulato, osservando che "dai singoli punti  che  in
qualche modo si richiamano alla inutilizzabilita' delle dichiarazioni
di cui alla  disposizione  citata  non  sembra  lecito  costruire  un
principio di carattere generale".
   Quanto al comma 2 dello stesso art. 64 (71), in ordine al quale la
Commissione parlamentare aveva proposto  di  "sostituire  al  termine
"metodi",  troppo  generico  e  che  puo'  al fine involgere anche lo
stesso spirito cui si informa l'interrogatorio incrociato, quello  di
"strumenti",  che  fa  riferimento a specifici meccanismi in grado di
influire sulla volonta' dell'individuo interrogato si e' ritenuto  di
mantenere  la formula del Progetto preliminare, pur convenendo con la
Commissione che la norma non  puo'  essere  letta  nel  senso  di  un
sacrificio  delle  esigenze  dell'esame  diretto  e, soprattutto, del
"controesame". Si e'  considerato  al  riguardo  come  la  disciplina
definisca  una  garanzia  non  tanto  per  la  sede  dell'"esame" (di
contraddittorio pieno, sorvegliato dal giudice), quanto per il vero e
proprio  "interrogatorio",  quale  atto  di  indagine,  oggetto di un
"potere" del pubblico ministero e che, secondo la delega, deve essere
sempre  disciplinato,  anche in ragione della sua natura di strumento
di    difesa.    Peraltro,    il    riferimento    alle    "tecniche"
dell'interrogatorio  e'  parso comprensivo anche del riferimento agli
"strumenti".
   1.22  Nell'elaborazione del testo definitivo si e' intervenuti sul
Progetto, oltre che con rifiniture di ordine formale (v. art. 60 (61)
comma  2:  all'espressione  "sentenza  di  merito"  si  e' sostituita
l'espressione - piu' rigorosa - "sentenza  di  proscioglimento  o  di
condanna";  art.  61  (62) comma 1: "persona sottoposta alle indagini
preliminari",  anziche'  "persona  nei  cui  confronti  si   svolgono
indagini preliminari"; art. 66 (64) comma 3: eliminazione dell'inciso
"o alla persona sottoposta alle indagini nel corso del procedimento";
art. 68 (65) "pronuncia sentenza a norma dell'art. 129", anziche' "lo
dichiara con sentenza"; art. 70 (67) comma 1: inserimento dell'inciso
"o  di  non  luogo  a  procedere"),  operandosi un parziale riassetto
sistematico delle norme contenute nel titolo IV, un riassetto  talora
accompagnato anche da interventi sui singoli precetti.
   La risistemazione del titolo e' avvenuta trasformando le sue norme
di chiusura negli artt. 62 (62-bis), 64 (71) e 65 (72).
   L'art.  62  (62-bis), recante la rubrica "Divieto di testimonianza
sulle dichiarazioni dell'imputato", nasce dallo "scorporo" del  comma
4 dell'art. 64 (71) e dell'ultimo inciso del comma 4 dell'art. 195.
  La  nuova  collocazione  e'  motivata,  al  pari della collocazione
assegnata ai primi tre commi dell'art. 64 (71) ed all'art.  65  (72),
dall'esigenza  di  svincolare  -  per  il  suo  valore  assolutamente
generale - la disciplina dell'interrogatorio  dell'imputato  e  della
persona   sottoposta  alle  indagini  (ivi  compreso  il  divieto  di
testimonianza)  dalla   sequenza   topografica   del   regime   della
incapacita' sopravvenuta.
   Peraltro, nella disciplina dell'art. 62 (62-bis) e' stata compresa
anche la persona sottoposta alle  indagini,  in  base  alla  clausola
generale   dell'art.   61  (62),  che  qui  era  necessario  ribadire
espressamente.
   L'estensione della regola alla fase delle indagini preliminari ha,
ovviamente, determinato la necessita' della modifica della sua ultima
parte  (anziche'  "in nessuno stato e grado del processo", "nel corso
del procedimento").
   Negli artt. 64 e 65 sono stati trasferiti, rispettivamente i primi
tre commi dell'art. 71 e l'art. 72 del Progetto definitivo.
   Il  riferimento dell'ambito di operativita' di entrambi i precetti
alla fase delle indagini preliminari ha  comportato  modifiche  anche
dei  testi  (in  particolare,  anziche'  "imputato" e' stata adottata
l'espressione "persona" o "persona sottoposta alle indagini").
   Una  modifica di segno opposto e' stata apportata all'art. 66 (64)
comma 3 in tema di verifica dell'identita' personale dell'imputato.
   Tornando  al  testo  del Progetto preliminare (in ordine al quale,
peraltro, la  Commissione  parlamentare  non  aveva  formulato  alcun
rilievo),  si  e'  soppresso ogni riferimento alla persona sottoposta
alle indagini. L'emendamento si e' reso necessario per chiarire  come
la  rettifica  delle  erronee generalita' da parte del giudice con la
procedura della correzione di errori materiali di  cui  all'art.  130
potra'  essere  adottata  nel  corso  delle indagini preliminari solo
quando un intervento del giudice  vi  sia  stato  effettivamente  (v.
l'art. 130 comma 1, il quale fa, appunto, richiamo al "giudice che ha
emesso  il  provvedimento").  Nell'ipotesi,   invece,   in   cui   la
rettificazione  concerna  l'attribuzione delle false generalita' alla
persona sottoposta alle indagini preliminari prima che il giudice sia
stato  chiamato ad emettere un qualsiasi formale provvedimento, sara'
il pubblico ministero, attraverso una normale procedura de plano,  ad
apportare la correzione.
                               TITOLO V
            PARTE CIVILE, RESPONSABILE CIVILE E CIVILMENTE
                   OBBLIGATO PER LA PENA PECUNIARIA
  1.23  Nel Progetto definitivo, l'impianto sistematico del titolo V,
dedicato  alle  parti  private  diverse  dall'imputato,  e'   rimasto
immutato  rispetto  al  Progetto  preliminare;  nei  confronti  delle
relative norme,  peraltro,  la  Commissione  parlamentare  non  aveva
formulato alcun appunto.
   Non  ostante  cio',  e'  stata  compiuta, in sede di redazione del
Progetto  definitivo,  un'accurata  revisione  dei  singoli  precetti
tenendo  presenti le osservazioni formulate dalle altre autorita' cui
il Progetto preliminare era stato trasmesso  per  il  parere.  Ne  e'
conseguita  cosi'  la  necessita' di modificare alcune norme, il piu'
delle volte solo per attuare  un'opera  di  coordinamento  con  altre
norme  situate in parti diverse del Progetto, ma in alcuni casi anche
per pervenire a vere e proprie innovazioni sostanziali.
   La  principale  di  queste concerne l'art. 75 (74), definito dalla
Relazione al Progetto preliminare, (p.  59)  disposizione  "veramente
cruciale"   perche',   nel   prevedere   un  sistema  di  preclusioni
all'esercizio dell'azione civile in sede  penale,  adempie  anche  il
compito  di condizionare l'operativita' del regime dell'efficacia del
giudicato  penale  nei  giudizi  civili  o  amministrativi   per   le
restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato.
  Le   perplessita'   di  ordine  generale  manifestate  a  proposito
dell'art. 75 (74) del Progetto addebitano a tale disposizione di  non
osservare  - accogliendo la regola della separazione dei giudizi - il
principio dell'unita' della giurisdizione; per giunta, al di fuori di
ogni  direttiva  specifica della legge-delega: il che importerebbe la
necessita' di sopprimere i suoi primi due commi e di sostituirli  con
il disposto dell'art. 24 del codice vigente.
   Con   specifico  riguardo  al  comma  1  del  testo  del  Progetto
preliminare - da cui deriverebbe la maggior parte degli inconvenienti
lamentati   -  si  e'  osservato  che  la  preclusione  all'esercizio
dell'azione civile in sede penale dovrebbe comunque essere  collegata
non  alla  mera  conoscibilita'  ma  alla  "legale"  possibilita'  di
conoscere l'inizio dell'azione penale.
   Al comma 2 (ora comma 1) e' stato contestato, per un verso, di non
prevedere quale sorte spetti al processo civile nel caso  in  cui  il
danneggiato, esercitata l'azione civile in sede civile, decida di non
trasferirla davanti al giudice penale  e,  per  un  altro  verso,  di
consentire,  nel caso in cui il trasferimento avvenga, la caducazione
delle misure cautelari eventualmente disposte dal giudice civile.
   Critiche sono state formulate anche con riguardo al comma 3, oltre
che per motivi  di  ordine  formale,  perche'  esso  si  porrebbe  in
contrasto con la regola della separazione sancita nei primi due commi
e perche' sarebbe  di  dubbia  compatibilita'  con  l'art.  24  della
Costituzione.  A  tale ultimo riguardo, si e' censurato il fatto che,
mentre, non  concedendo  al  danneggiato  la  facolta',  nell'ipotesi
prevista  dall'originario comma 1, di costituirsi parte civile, resta
inoperante il regime degli effetti del giudicato penale, si  consente
anche  nell'ipotesi  di sospensione del processo civile la produzione
degli effetti previsti dall'art. 651 (642).
   Con  riguardo  a  tali  osservazioni,  si  rileva  che il Progetto
preliminare ha segui'to il preciso intento,  desumibile  da  numerosi
suoi precetti, di favorire, ove possibile, la linea della separazione
del giudizio civile dal giudizio penale: una linea che,  se  puo'  in
effetti  prestarsi  alla  critica di non essere aderente al principio
dell'unita' della giurisdizione (principio, peraltro, da  considerare
non  di rilevanza costituzionale, come la Corte ha avuto occasione di
statuire sin dalla sentenza n.  1  del  1970),  ha  il  vantaggio  di
attuare  la  massima  semplificazione nello svolgimento del processo,
secondo la regola indicata nella direttiva 1 della  legge-delega.  Se
tale  rilievo  ha  consentito  di  superare le obiezioni di principio
espresse nei confronti del sistema segui'to nel  Progetto,  cio'  non
significa  che  gli appunti ad esso rivolti non siano stati tenuti in
attenta considerazione e siano stati  ritenuti  del  tutto  privi  di
fondamento.  Piu'  specificatamente,  due  appunti  aventi ad oggetto
l'art. 75 (74) hanno meritato una particolare attenzione: quello  che
concerne la subordinazione dell'operativita' del principio electa una
via alla "conoscibilita'" dell'inizio dell'azione penale; quello  che
riguarda  le  sorti  dell'azione civile esercitata in sede civile dal
danneggiato da reato  cui  non  venga  preclusa  la  possibilita'  di
costituirsi parte civile.
   Con  riguardo  alla  prima  obiezione,  la  Relazione  al Progetto
preliminare aveva puntualmente avvertito  come  il  riferimento  alla
conoscenza  o  alla  conoscibilita'  dell'inizio  dell'azione  penale
avrebbe potuto divenire oggetto di critiche difficilmente superabili:
sia perche' tale riferimento si sarebbe rivelato coerente solo con un
sistema  imperniato  sulla  possibilita'  per  la  parte  civile   di
costituirsi  anche  prima  dell'udienza  preliminare, sia perche' far
leva sul presupposto dell'essere stato posto in  grado  di  conoscere
l'inizio  dell'azione  penale  "avrebbe  potuto  costituire  fonte di
equivoci non  bilanciati  dal  regime  dell'efficacia  del  giudicato
penale nel giudizio civile di danno" (v. Relazione, p. 65).
   Ora,  anche  sulla  base  dei  rilievi  formulati  dalle autorita'
consultate, non puo' non ribadirsi che l'applicazione  del  principio
electa  una  via,  subordinata  com'e'  non  alla  conoscenza ma alla
conoscibilita' dell'inizio  dell'azione  penale,  oltre  a  rivelarsi
fonte  di possibili equivoci ed incertezze sul piano applicativo, non
sembra nemmeno necessitata alla stregua delle direttive della  delega
concernenti  l'efficacia  del  giudicato (ovviamente, di assoluzione)
nel giudizio civile o amministrativo di danno.
   La  direttiva  23  -  e'  vero  -  stabilisce  che  la sentenza di
assoluzione non pregiudica l'azione civile per le restituzioni o  per
il  risarcimento  del  danno,  salvo  che dalla stessa risulti che il
fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso o che il  fatto
fu  compiuto  nell'adempimento  di  un dovere o nell'esercizio di una
facolta' legittima, "sempre che il  giudizio  civile  si  svolga  tra
coloro  che  hanno  partecipato  o  sono  stati  posti  in  grado  di
partecipare al processo penale"; nel  sistema  della  delega  sembra,
pero', essere stato assegnato solo al legislatore delegato il compito
di determinare quando  la  "potenzialita'  di  partecipazione"  debba
ritenersi  sussistente:  con  la  conseguenza  che  il  regime  delle
preclusioni all'esercizio dell'azione civile in sede penale non  deve
necessariamente    essere   ancorato   al   dato   soggettivo   della
"conoscibilita'"  ma  potrebbe,  invece,  essere  riferito  al   dato
oggettivo dell'esercizio dell'azione civile dopo l'inizio dell'azione
penale. In tal  modo,  la  disposizione  del  comma  1  del  Progetto
preliminare,   oltre   a   superare   le   incertezze  connesse  alla
partecipazione o possibilita' di partecipazione  del  danneggiato  al
processo   penale,  si  conformerebbe  puntualmente  alla  ratio  del
precetto dell'art. 652 (643),  impedendo  l'efficacia  del  giudicato
penale   di  assoluzione  nel  giudizio  civile  di  danno  solo  che
l'imputato eserciti, in qualsiasi stato e grado il processo penale si
trovi  (e  purche' non si sia gia costituito parte civile, ipotesi in
cui operera' il disposto art. 75 (74) comma  3)  l'azione  civile  in
sede propria.
   Quanto  all'altra  obiezione, deve riconoscersi che nulla e' detto
nel  comma  2  (ora  comma  1)  circa  la  sorte  dell'azione  civile
esercitata  nel  processo civile prima dell'inizio dell'azione penale
allorche' il trasferimento dell'azione penale  sia  impossibile  (per
essere  gia' stata nel processo civile pronunciata sentenza anche non
definitiva) o non sia voluto dal danneggiato.
   Sulla  base  delle premesse sopra enunciate, fra la prospettiva di
un ritorno al regime predisposto dall'art. 81 del Progetto del 1978 e
la  soppressione  sic et simpliciter del principio electa una via, si
e'  preferita  la  seconda  soluzione,  che   e'   stata   realizzata
sopprimendo l'originario comma 1 dell'articolo in esame: cio' perche'
il meccanismo predisposto per  dare  ad  esso  attuazione,  anche  se
depurato  dal  requisito  della  conoscibilita',  e'  parso  fonte di
possibili  equivoci,  oltre  che   di   eventuali   ingiustizie   non
sufficentemente  bilanciate  dalla  necessita'  di  privileggiare  le
esigenze di celerita' e di semplificazione.
   Si e', poi, ritenuto di meglio modellare il nuovo comma 1 (gia' 2)
al precetto della direttiva 23  della  legge-delega,  apparendo  che,
altrimenti,  dall'attuazione  di  tale  direttiva dovesse discendere,
nell'ipotesi di  omesso  trasferimento  dell'azione  civile  in  sede
penale,  l'efficacia  vincolante della sentenza di assoluzione per il
danneggiato dal reato. A tal fine e'  stato  introdotto  il  comma  2
(2-bis),  con  il  quale  viene sancito espressamente che, in assenza
della translatio iudicii, il processo civile non puo' essere  sospeso
e che, di conseguenza, non puo' trovare applicazione l'art. 652 (643)
comma  1  (v.  la  corrispondente  modificazione  apportata  a   tale
articolo);  un  identico  principio e' stato stabilito per il caso in
cui l'esercizio dell'azione  civile  in  sede  penale  non  sia  piu'
consentita (v. articolo 79), valendo, in tale ipotesi, la preclusione
(temporale)  all'esercizio  dell'azione  civile  in  sede  penale   a
neutralizzare gli effetti previsti dall'art. 652 (643).
   Nel  comma  3,  infine,  e'  stato  aggiunto  l'inciso  "o dopo la
sentenza penale di primo  grado",  in  quanto  la  presenza  di  tale
provvedimento  fa  ritenere opportuna la previsione del medesimo - ed
eccezionale - effetto sospensivo del processo civile.
   Va  da  se'  che  ove  la  proposizione dell'azione civile in sede
propria dopo la costituzione di parte civile non sia la risultante di
una  scelta  del danneggiato ma l'effetto conseguente ad un suo esodo
necessitato dal processo penale (v. art. 71 comma 6, art. 88 comma 3;
ma  anche  artt.  441  comma  3  e  444  comma 2), il processo civile
proseguira' il suo corso senza essere in alcun modo  influenzato  dal
processo penale: a cio' si riferisce, appunto, la clausola di riserva
contenuta nell'ultima parte dell'art. 75 (74) comma 3.
   Quanto  all'art.  76 (75) , a parte le modifiche formali contenute
nel comma  1,  si  e'  ritenuto  opportuno  introdurre  un  comma  3,
riproducente  il  precetto  dell'art.  92 comma 2 del codice vigente,
secondo cui la costituzione di parte civile non equivale a querela.
   Nel  comma  4  dell'art.  77 (76) e' stato soppresso l'inciso "per
evitare ritardi al compimento di determinati atti o preclusione  alla
costituzione   di  parte  civile",  essendo  apparso  sufficiente  il
richiamo alla "assoluta urgenza" per legittimare l'esercizio (in  via
provvisoria)  dell'azione civile in sede penale da parte del pubblico
ministero  in   funzione   della   costituzione   di   parte   civile
dell'incapace:  la  decadenza  per quest'ultimo dalla possibilita' di
esercitare l'azione civile in sede penale.
   Nell'art.  78  (77)  e'  stato  introdotto  un  comma 3 al fine di
operare un opportuno coordinamento con la  disciplina  del  difensore
delle  parti  private  diverse  dall'imputato prevista dall'art. 100;
analogamente e' stato disposto nell'art. 84 (83) con riferimento alla
costituzione del responsabile civile.
   Ne  consegue  che nei casi in cui la procura non sia stata apposta
in calce o a margine della costituzione di parte civile ma risulti da
atto  separato,  tale atto dovra' essere depositato nella cancelleria
(se la costituzione avviene fuori udienza) o  presentato  in  udienza
(se la costituzione avviene in udienza) unitamente alla dichiarazione
di costituzione.
   La  disciplina  e'  analoga a quella adottata dall'art. 164 c.p.c.
per  la  costituzione  dell'attore;  tutto   cio'   nell'intento   di
assimilare   -  ovviamente  nei  limiti  della  compatibilita'  -  il
trattamento della dichiarazione di costituzione di  parte  civile  al
trattamento  riservato alla vocatio in iudicium ed all'acquisto della
qualita' di parte di chi propone l'atto di citazione in sede  civile.
   E'  stato  apportato  un emendamento anche al comma 2 dell'art. 78
(77) per fronteggiare l'esigenza di far coincidere - conformemente ai
principi  previsti  in tema di notificazione degli atti processuali -
l'efficacia  della  dichiarazione  con  il   momento   di   effettiva
instaurazione  del  contradittorio;  e'  parso,  infatti,  del  tutto
esorbitante che la detta efficacia debba conseguire  alla  esecuzione
dell'ultima  delle  notificazioni:  un meccanismo, questo, recante in
se'  il  pericolo   di   preclusioni   assolutamente   ingiustificate
(analogamente  e'  stato  disposto  per l'intervento del responsabile
civile dall'art. 85 (84) comma 3).
   In  tema  di esclusione della parte civile, l'art. 80 (79), il cui
assetto risulta riformulato per ragioni di ordine formale,  reca  una
novita'   di   sostanza   al   comma   1,   una   novita'   suggerita
dall'opportunita' che nella richiesta di esclusione -  con  la  quale
puo'   essere   contestata  sia  la  legitimatio  ad  causam  sia  la
legitimatio ad processum sia l'osservanza delle formalita' prescritte
dalla  legge  - venga precisato (v. artt. 97 comma 1 e 98 comma 2 del
codice vigente) il motivo della richiesta: fermo restando,  peraltro,
che  la  specificita'  dei  motivi  non  costituisce  condizione  per
l'ammissibilita' della detta richiesta, non  solo  perche'  la  parte
civile,  nel caso previsto dall'art. 81 (80), puo' essere esclusa dal
giudice di ufficio, ma anche perche' la mancanza della motivazione si
converte  -  semmai  -  in  una  ragione  di  "ammissibilita'"  della
costituzione.
   Alcune  innovazioni  sono state introdotte al Progetto preliminare
con riguardo alla posizione del responsabile civile.
   Per  quel che si riferisce all'art. 83 (82) , l'aggiunta apportata
al comma 4 colma una lacuna dovuta ad un mero lapsus del Progetto.
   Il  comma 5 - che riproduce l'articolo 111 del codice vigente - e'
stato inserito essendosi rilevato che  il  Progetto  preliminare  non
contempla alcuna sanzione processuale nel caso in cui il responsabile
civile,  per  omessa  od  erronea  indicazione  di  qualche  elemento
essenziale   della  citazione,  non  sia  stato  posto  in  grado  di
esercitare i suoi diritti.
   Mentre  le  modifiche  apportate  agli  articoli 85 (84) e 87 (86)
rispondono  ad  esigenze  di  ordine  formale  o   di   coordinamento
sistematico,   una   innovazione   sostanziale  e'  stata  introdotta
nell'art. 88 (87). Oltre a stabilirsi, in caso  di  esclusione  della
parte  civile, la non all'opertativita' dell'art. 75 (74) comma 3, si
e' inserito nel nuovo testo del  comma  2  un  precetto  riproducente
quasi  alla lettera l'art. 121 comma 2 del codice vigente, in base al
quale se il responsabile civile e' stato escluso su  richiesta  della
parte  civile, questa non puo' esercitare l'azione davanti al giudice
civile per il medesimo fatto.
   1.24  Nonostante  sul  titolo  V la Commissione parlamentare abbia
formulato un solo - e, peraltro, secondario - rilievo, si e' ritenuto
di  intervenire  ancora  nell'area  del  libro  I dedicata alle parti
private diverse dall'imputato al fine di coordinare meglio,  in  sede
di  redazione  del  testo  definitivo,  i  singoli  precetti  in esso
contenuti.
   E'  stata  cosi' modificata l'ultima parte dell'art. 75 (74) comma
3, sostituendo alle previsioni specifiche delle ipotesi in cui non si
verifica   sospensione   del  processo  civile  malgrado  l'esercizio
dell'azione civile in sede propria  dopo  la  costituzione  di  parte
civile,   una   clausola  generale  di  salvezza,  tecnicamente  piu'
rigorosa,  corrispondente  a  quella  gia'  presente   nel   Progetto
preliminare ("salve le eccezioni previste dalla legge").
   Si  e'  ritenuto, poi, di sopprimere il comma 3 dell'art. 76 (75),
sia  per  la  natura  esclusivamente  tralaticia  di  tale   precetto
(giustificabile al momento di elaborazione del codice vigente, quando
ancora  non  era  sopito  il  dibattito  provocato   dal   "principio
dell'equivalenza"  accolto dal codice del 1865 e ripudiato dal codice
del 1913) sia perche' risulta evidente come una costituzione di parte
civile  dalla  quale  risulti anche il distinto intento di far valere
l'istanza punitiva dovra' considerarsi pure atto  di  querela.  Senza
contare  che  la  fissazione  del termine a quo della costituzione di
parte civile per l'udienza preliminare vale a  rendere  assolutamente
eccezionale la tempestivita' di una querela desumibile implicitamente
dalla dichiarazione di costituzione di parte civile.
   Nell'art.  78  (77)  comma  1  lettera  a)  si e' precisato che la
dichiarazione di costituzione di parte civile di una  associazione  o
di   un   ente   deve  contenere  anche  le  generalita'  del  legale
rappresentante: cio', al pari di quanto gia' previsto dagli artt.  83
comma  3  lettera  c)  e  84 comma 2 lettera a) per la citazione e la
costituzione del responsabile civile che non sia persona fisica.
   Nello  stesso  art. 78 (77) comma 2 e nell'art. 85 (84) comma 3 si
e' meglio precisata, dal  punto  di  vista  lessicale,  l'innovazione
introdotta   nel  passaggio  dal  Progetto  preliminare  al  Progetto
definitivo circa l'efficacia della costituzione  di  parte  civile  e
dell'intervento  del responsabile civile effettuati fuori udienza nei
confronti delle altre parti.
   Si  e'  ritenuto  di  stabilire  nell'art.  82 (81) comma 1 che la
revoca della costituzione di parte civile puo' avvenire in ogni stato
e   grado   (non   del   "processo"   ma)  del  "procedimento":  cio'
coerentemente con la  regola  (art.  79  comma  1)  che  consente  al
danneggiato  di  costituirsi  parte  civile  anche prima dell'udienza
preliminare.
   Nell'articolo  83  (82)  (cui  sono  stati apportati anche piccoli
ritocchi di ordine  formale)  si  e'  provveduto  ad  aggiungere  che
l'imputato  puo'  essere citato come responsabile civile per il fatto
dei coimputati non solo per il  caso  in  cui  venga  prosciolto  ma,
ovviamente,  anche  per  il  caso  in  cui  "sia pronunciata nei suoi
confronti sentenza di non luogo a procedere".
   Nell'art.  86  (85),  oltre  che  adottarsi un ammodernamento, per
ragioni di "simmetria formale" con l'art. 80, e'  stato  previsto  in
sede di redazione del testo definitivo che la richiesta di esclusione
del responsabile civile deve essere motivata.
   Con  riguardo all'analoga prescrizione contenuta nell'art. 80 (79)
a proposito della richiesta di  esclusione  della  parte  civile,  la
Commissione  parlamentare ha rilevato che richiedere la "motivazione"
appare contraddittorio, stante l'irrilevanza della  specificita'  dei
motivi   posti   a  sostegno  della  richiesta  di  esclusione  e  la
possibilita' che questa possa essere  disposta  d'ufficio  quando  la
mancata  motivazione non si converta in una ragione di ammissibilita'
della  costituzione.  Il  rilievo  e'  stato  pero'  disatteso,   non
sembrando  sussistere  nell'assenza di motivazione della richiesta la
dedotta contraddittorieta' derivante dal fatto che tale mancanza  non
e'  causa  di  inammissibilita':  un  effetto  che  sarebbe risultato
palesemente esorbitante rispetto alle  ragioni  che  giustificano  la
motivazione della richiesta stessa.
   Come  si  e'  gia'  detto,  la  precisazione  ha  il solo scopo di
"chiarire" che con la richiesta di esclusione puo' essere  contestata
sia  la  legitimatio  ad  causam  sia la legitimatio ad processum sia
l'osservanza delle formalita' previste dalla legge.
   Ed  e'  per  tale  ragione  che  l'obbligo di motivazione e' stato
esteso (v. art. 117 del codice vigente) alla richiesta di  esclusione
del responsabile civile.
   Si  e'  ritoccata  la  rubrica  dell'art.  87 (86) ("Esclusione di
ufficio", anziche' "Esclusione del responsabile civile") il cui comma
1  e'  stato riformato, per ragioni di "simmetria" con l'art. 81 (80)
concernente l'esclusione di ufficio della parte civile. Per  analoghi
motivi e' stato introdotto il comma 2.
   Infine,  nell'art.  88 (87) comma 3, si e' precisato espressamente
(quanto era gia' implicito, e cioe') che la disposizione dell'art. 75
comma 3 non si applica "nel caso di esclusione della parte civile".
                              TITOLO VI
                       PERSONA OFFESA DAL REATO
  1.25  In  relazione  alla partecipazione al procedimento penale dei
c.d. "enti esponenziali", sono state avanzate critiche di sostanza al
sistema   delineato   nel   Progetto   preliminare   soprattutto  con
riferimento alla fonte della legittimazione di tali figure sogettive.
   La   Commissione   parlamentare   ha  formulato  una  proposta  di
articolato che, col  sostituire,  quale  fonte  della  legittimazione
all'intervento  degli  enti  e  delle associazioni rappresentativi di
interessi lesi dal  reato,  alla  legge  (dello  Stato)  la  semplice
costituzione  "con  atto  pubblico anteriormente alla commissione del
fatto", ha espresso l'esigenza di una decisiva modifica  del  sistema
predisposto, su tale punto, dal Progetto preliminare.
   Secondo  la  Commissione,  la  nuova  formulazione  si  renderebbe
"necessaria per uniformare il testo ai principi della legge-delega",
in  base  ai  quali  le  finalita' di tutela degli interessi lesi dal
reato "possono ricavarsi dalla interpretazione  dello  statuto  degli
enti e delle associazioni richiamate".
   Sulla  norma in esame sono state, ancora, espresse perplessita' da
parte di un consiglio giudiziario, quanto alla formula "in  forza  di
legge  dello  Stato",  "potendo  insorgere  dubbi  interpretativi  in
materie  attribuite  alla  potesta'  legislativa  regionale  in   via
esclusiva".
   Nella  Relazione  al  Progetto  preliminare,  (p.  80)  sono state
dettagliatamente  indicate   le   ragioni   che   hanno   indotto   a
prescegliere,  dopo ampio dibattito, la formula adottata nell'art. 91
(90), una formula che - muovendo dall'interpretazione della direttiva
39  della  legge-delega  nel  senso  che  il  "riconoscimento"  della
finalita' di tutela degli interessi lesi dal reato porti ad escludere
che  sia sufficente per la legittimazione all'intervento degli enti e
delle associazioni nel processo penale, l'autoattribuzione, ad  opera
di  un  atto del loro ordinamento interno, delle dette finalita' - ha
individuato  come  fonte  di  legittimazione   piu'   conforme   alla
legge-delega la legge dello Stato.
   La   problematica   affrontata   dal   legislatore   delegato  era
incentrata, piuttosto, su un diverso problema: e, cioe',  se  dovesse
essere  lo  stesso  codice  di  procedura  penale a predeterminare le
condizioni per la legittimazione, ovvero se tali condizioni dovessero
essere di volta in volta stabilite da una specifica norma di legge.
   Si  e' preferito allora adottare la formula dell'art. 91 (90) che,
pur  ricollegando   sempre   alla   legge   il   conferimento   della
legittimazione,   attribuisce  anche  a  fonti  subprimarie,  purche'
emanate  in  esecuzione  di  una  legge,  il  potere  di  attuare  il
riconoscimento  delle  finalita'  di  tutela degli interessi lesi dal
reato.
   Tali considerazioni hanno indotto a mantenere fermo l'art. 91 (90)
del Progetto dal quale, peraltro in sede di  redazione  del  Progetto
definitivo e', stato espunto l'inciso "dello Stato".
   Resta  solo  da  ribadire  come la soluzione prescelta sembra, tra
l'altro, la sola in grado di consentire una  predeterminazione  delle
categorie  di interessi da privilegiare attraverso la costituzione di
un centro di imputazione con finalita' di tutela; secondo  una  linea
chiaramente  emergente  dai lavori preparatori della legge-delega ove
si  fa  esclusivo  riferimento   alle   categorie   degli   interessi
collettivi, diffusi, etc., e non a qualsivoglia interesse protetto da
una norma penale; cio', del resto, sia in aderenza  al  principio  di
partecipazione sia in funzione delle esigenze del pluralismo.
   Per  quel  che  si  riferisce  all'art.  92  (91),  che  detta  la
disciplina del  consenso  della  persona  offesa  all'intervento  nel
processo  dei  c.d. "enti esponenziali", la Commissione parlamentare,
pur  pronunciandosi  favorevolmente   circa   la   conformita'   alla
legge-delega,  ha  espresso perplessita' quanto al comma 2, indicando
tra le soluzioni possibili, la cui scelta ha rimesso alla Commissione
redigente,  quella che, nell'ipotesi di consenso prestato a piu' enti
o associazioni, prescrive: "la volonta' rilevante e' quella da ultimo
espressa".
   La  soluzione  accolta  dal  Progetto,  con  lo  stabilire  che il
consenso prestato a piu' enti o associazioni si ha come non prestato,
e'  sembrata,  pero',  quella  tuttora preferibile al fine di evitare
anche il minimo sospetto di collusioni fra l'ente o l'associazione  e
la  persona offesa. L'eliminazione di ogni possibile "concorsualita'"
pare, infatti,  scongiurare  il  pericolo  di  eventuali  "giochi  al
rialzo"  di  quest'ultima  circa la figura soggettiva cui prestare il
consenso.
   E'   importante,   comunque,   sottolineare  come  la  Commissione
parlamentare  abbia  puntualmente  avvertito   l'esistenza   di   una
problematica  di tal genere, anche tenuto conto che i vari disegni di
legge sulla "violenza sessuale", il cui esame e' proseguito  dopo  la
redazione del parere sul Progetto preliminare, pur richiedendo, quale
condizione per l'intervento, il consenso della  persona  offesa,  non
prendono  in  considerazione  l'ipotesi  di  consenso prestato a piu'
"associazioni o movimenti" che abbiano tra i  loro  scopi  la  tutela
degli interessi lesi dai delitti in materia di violenza sessuale.
   La  Commissione  parlamentare  ha  manifestato  l'opportunita'  di
sopprimere dalla lettera a) del comma 1 dell'art.  93  (92)  l'inciso
"disposizioni  che  riconoscono  le":  cio'  coerentemente con quanto
rilevato circa la fonte della  legittimazione  delle  associazioni  e
degli  enti,  legittimazione  desumibile dai loro atti di ordinamento
interno.
  La   stessa  Commissione  ha  pero'  precisato  che  numerosi  suoi
componenti si sono espressi in senso favorevole al  mantenimento  del
detto  inciso,  allo scopo di "evitare una genericita' di dizione che
potrebbe attribuire  la  legittimazione  all'intervento  ad  enti  od
associazioni  caratterizzati  da  scopi cosi' vasti che ad essi siano
riconducibili tutte le situazioni di interesse suscettibili di offesa
penalmente rilevante". Pur essendo evidente che, in linea di massima,
la formulazione della lettera a) del comma 1 dell'art. 93 (92)  resta
superata  dalla  soluzione  prescelta  quanto al problema della fonte
della legittimazione ad intervenire, le perplessita'  manifestate  in
seno  alla Commissione parlamentare circa la soppressione dell'inciso
hanno, in realta', esclusivo riguardo alle "disposizioni" intese come
prescrizioni  dell'ordinamento interno della figura soggettiva: dalle
quali debba, nei casi dubbi, desumersi, sulla base delle  indicazioni
dell'atto   d'intervento   (indicazioni   costituenti  un  onere  per
l'interveniente) , il perseguimento delle finalita'  degli  interessi
lesi dal reato per cui si procede.
   Il comma 1 dell'art. 93 (92) e' stato pero' altrimenti modificato,
prevedendosi, da un lato, che l'atto d'intervento  deve  indicare  il
difensore  e,  dall'altro, che tale atto deve essere sottoscritto dal
difensore stesso.
   Quanto al primo punto, la modifica e' parsa necessaria perche' - a
differenza  di  quanto  avviene  per   la   persona   offesa   -   la
partecipazione  al procedimento degli enti e delle associazioni e' la
risultante di un loro atto di iniziativa  esplicitamente  qualificato
come  tale  dal  nuovo  codice e richiede, per l'esercizio dei poteri
attribuiti  a   tali   figure   soggettive,   l'assistenza   tecnica.
Un'assistenza, peraltro, espressamente contemplata da tutti i disegni
di legge in tema di tutela contro gli atti di violenza  sessuale  che
prevedono l'intervento di "associazioni o movimenti".
   Quanto  al  secondo  punto,  e'  sembrato  opportuno uniformare la
disciplina formale dell'atto di intervento a  quella  degli  atti  di
costituzione  previsti  per  le  parti private diverse dall'imputato,
attribuendo al difensore la rappresentanza  pleno  iure  dell'ente  o
dell'associazione.
   Si  e'  conseguentemente pervenuti, in sede di redazione del testo
definitivo, ad una riformulazione dell'art. 101 (100) comma  2  (gia'
inserito  nell'art. 100 (99) ) , mentre nel comma 2 dell'art. 93 (92)
e' stato aggiunto un precetto analogo al comma 3 dell'art. 78 (77)  e
al comma 3 dell'art. 84 (83) .
   La  Commissione  parlamentare ha proposto di modificare il comma 3
dell'art. 933(92) prevedendo "un termine entro  il  quale  l'atto  di
intervento deve essere notificato alle altre parti".
   La  proposta  non e' stata condivisa, nella considerazione che nel
caso previsto dal comma 3 la notificazione costituisce condizione per
l'ammissibilita' dell'intervento il quale sara' operante - nei limiti
temporali imposti dall'art.  94  (93)  -  solo  nel  momento  in  cui
l'ultima delle notificazioni risulta eseguita.
   E' parso opportuno, infatti (diversamente da quanto disposto negli
artt. 78 (77) comma 2 e 85 (84) comma 3) , mantenere  il  regime  che
condiziona  l'efficacia  dell'intervento fuori udienza all'esecuzione
dell'ultima notificazione: cio' perche' l'intervento, in  tanto  puo'
ritenersi  pleno  iure operante, in quanto il contraddittorio risulti
instaurato nei confronti di tutte le parti.
   Si  e' apportata, infine, una modificazione all'art. 95 (94) comma
1 al fine di rendere meno complessa la  procedura  per  l'opposizione
all'intervento.
   Gli  altri  emendamenti riguardanti le norme del titolo VI (v., in
particolare, l'art. 90 (89) comma 2) hanno  carattere  esclusivamente
formale.
   1.26  In  sede  di  parere  sul Progetto definitivo la Commissione
parlamentare ha riproposto le stesse censure a suo tempo sollevate in
sede  di  parere  sul  Progetto  preliminare  circa  la  fonte  della
legittimazione  ad  intervenire  degli  enti  e  delle   associazioni
rappresentativi  di  interessi lesi dal reato, criticando altresi' la
scelta, effettuata in  sede  di  revisione,  di  sopprimere  l'inciso
"dello Stato".
   Ha  poi  suggerito  di  sostituire  l'espressione "procedimento di
merito" con l'espressione "processo" (art. 91).
   Nel  ribadire  come  la  formulazione  prescelta nell'art. 91 (90)
appare la piu' conforme alla  direttiva  39  della  legge-delega,  e'
sufficiente rinviare a quanto osservato in precedenza.
  Circa  la nuova censura sollevata dalla Commissione parlamentare in
ordine alla  soppressione  dell'inciso  "dello  Stato",  si  e'  gia'
precisato  nella Relazione al Progetto preliminare (p. 80) , "che una
legge regionale potra' utilmente operare il riconoscimento ma solo in
quanto  emessa  in  esecuzione  di  una legge dello Stato". Facendosi
richiamo  alla  "legge"  senza  alcun  attributo   risulta   comunque
cancellata  una  prescrizione  troppo  rigida, mentre e' apparso piu'
opportuno  lasciare  al  "diritto   vivente"   spazi   interpretativi
altrimenti irrimediabilmente preclusi.
   Deve,  infine,  disattendersi  la  proposta  di sostituzione della
espressione "procedimento di merito"  con  l'espressione  "processo",
volendo  la prima di esse significare che gli enti c.d. "esponenziali
di interessi" possono intervenire non  solo  nella  fase  processuale
vera  e  propria  ma anche nella fase delle indagini preliminari (v.,
Relazione al Progetto preliminare, p. 81) . A  tale  riguardo  si  e'
peraltro  provveduto  a  sopprimere  l'inciso  "di merito" apparso in
contrasto  con  la  direttiva  39  che  assicura  agli  enti  e  alle
associazioni  cui  sono  riconosciute  finalita' di tutela gli stessi
poteri (v. art. 89, come modificato - ma solo formalmente - nel testo
definitivo)   spettante   nel   processo  all'offeso  dal  reato  non
costituito parte civile: quindi, non  soltanto  nel  procedimento  di
merito  ma  anche del giudizio di cassazione ove la persona offesa e'
abilitata a presentare memorie.
   Nell'art. 92 (91) comma 2 la Commissione parlamentare ha suggerito
di  includere  tra  i  requisiti  prescritti  per   l'intervento   la
presentazione  di  "copia  dell'atto pubblico di costituzione e dello
statuto". Il suggerimento, costituente un  diretto  corollario  della
autoattribuzione  da  parte  dell'atto  di  ordinamento interno della
legittimazione ad intervenire voluta dalla Commissione  parlamentare,
deve essere disatteso per i motivi indicati gia' esposti.
   Si  e'  accolta,  invece,  la  puntuale  ulteriore richiesta della
Commissione  circa  la  necessita'  "di  chiarire"  che  l'intervento
produce  effetti  in  ogni stato e grado del procedimento. E' stato a
tal fine inserito nell'art. 93 (92) - in analogia con quanto previsto
dall'art.  76  comma 2 per la costituzione di parte civile - un comma
4.
   Si  e'  ritenuto  di riformulare il testo dell'art. 95 (94) per un
necessario, formale  adeguamento  della  disciplina  dell'opposizione
all'intervento ai vari momenti procedimentali.
   A  tal fine, nel comma 1 si e' preferito riprodurre la prima parte
del corrispondente comma del Progetto preliminare (in ordine al quale
la  Commissione  parlamentare  non  aveva,  peraltro, formulato alcun
rilievo) circa le modalita' dell'opposizione all'intervento.
   Nel  comma  2  si  e'  indicato  il  giudice competente a decidere
sull'intervento proposto prima dell'esercizio dell'azione penale, con
cio'  implicitamente  chiarendosi  che ove l'opposizione sia proposta
nel corso della fase delle indagini preliminari non dovra' attendersi
l'udienza preliminare per decidere su di essa.
                              TITOLO VII
                              DIFENSORE
  1.27   Nessuna  osservazione  specifica  e'  stata  proposta  dalla
Commissione parlamentare sul testo degli articoli  raggruppati  sotto
il titolo VII del Progetto preliminare concernenti il difensore.
   Si  e'  ritenuto  che  cio'  implichi  un  giudizio  non  solo  di
conformita' alla legge-delega, ma anche di congruita', opportunita' e
coerenza  della  disciplina rispetto all'intero sistema delineato nel
nuovo assetto processuale. Il che trova conferma  anche  negli  altri
pareri  fatti  pervenire  al  Governo,  di complessivo consenso sulla
disciplina stessa.
   L'articolato  del  Progetto  definitivo e' di conseguenza rimasto,
nella sostanza, identico a quello  del  Progetto  preliminare,  salve
talune   modeste  integrazioni  ed  alcuni  aggiustamenti  "tecnici",
rivelatisi opportuni nel corso della revisione del testo.
   In  sede  di  redazione del Progetto definitivo, con riguardo alla
nomina del difensore e' stata aggiunta nel comma 2 dell'art. 96  (95)
la  previsione  che  la  medesima  possa  essere anche consegnata dal
difensore all'autorita'  procedente.  Gia'  oggi  la  prassi  accetta
questa  modalita', che consente di agevolare l'immediato esercizio di
attivita' difensive.
   Sempre nell'art. 96 (95) , e' stato poi introdotto un comma 3, con
il quale si prevede che  alla  nomina  del  difensore  della  persona
fermata, arrestata o in custodia cautelare, possa provvedere anche un
prossimo congiunto quando non vi abbia provveduto  l'interessato.  Si
e'  inteso  cosi' ovviare alle condizioni di obiettiva difficolta' in
cui possono trovarsi queste persone - in relazione  alla  scelta  del
difensore  soprattutto  nella  immediatezza  della  privazione  della
liberta' personale, quando non possono consultarsi con alcuno, se non
con  coloro  che si trovano nel luogo di custodia, finendo spesso per
subirne e  recepirne  i  suggerimenti.  E'  ovvio  ed  implicito  che
all'interessato  rimane  la  possibilita' di revocare la nomina fatta
dal congiunto o di aggiungervi quella di altro difensore.
   Quanto al difensore di ufficio - art. 97 (96) - e, in particolare,
al congegno per la designazione del sostituto da parte del giudice  o
del  pubblico  ministero, si e' ritenuto di rendere esplicito sia che
la disciplina e' applicabile anche al caso di abbandono della difesa,
oltre  che  a quelli di irreperibilita' o di mancata comparizione del
difensore, sia che la disciplina stessa concerne qualsiasi situazione
in  cui  si  renda  comunque  necessaria  la  presenza del difensore:
quindi, non solo "per il  compimento  dell'atto"  (locuzione  che  e'
stata  soppressa,  potendone  derivare  una  incongrua limitazione di
operativita' della norma con riguardo a singoli atti) .  Cio'  rende,
in  particolare, piu' agevole il collegamento con altre disposizioni:
ad esempio, con quella dell'articolo 484 (478) comma 2, relativa alla
mancata comparizione del difensore al dibattimento.
   Le  modifiche apportate agli artt. 100 (99) e 101 (100) riguardano
soltanto la difesa e la rappresentanza in giudizio degli enti e delle
associazioni   "esponenziali"   che   possono   intervenire  a  norma
dell'articolo 94 (93) .
   Nella   redazione  del  Progetto  definitivo  si  e'  ritenuto  di
sopprimere l'originario comma 2 dell'articolo 100 (ora art. 101)  del
Progetto  preliminare  e di aggiungere all'articolo 99 (ora art. 100)
un comma 6 che estende, in  quanto  compatibili,  agli  enti  e  alle
associazioni  intervenuti  (e interveniendi) a norma dell'articolo 93
(92), le disposizioni, dettate dallo stesso articolo 99 del  Progetto
preliminare,   per   il   difensore   delle   parti  private  diverse
dall'imputato. Cio' per ragioni di uniformita' di disciplina.
  Ne e' derivato, in particolare, che, mentre la nomina del difensore
dell'ente - alla stregua della disciplina del Progetto preliminare  -
costituiva  una  mera  facolta'  (come  per la persona offesa) ora e'
divenuto opportunamente una  necessita',  dovendosi  riconoscere  che
l'ente  stesso  possa stare in giudizio soltanto "col ministero di un
difensore, munito di procura speciale". Si vedano - al riguardo anche
le  disposizioni  dell'articolo  93  (92)  comma  1  lett. c) ed e) ,
secondo le integrazioni contestualmente apportate.
   Nei  commi  2  e  5  dell'articolo 105 (104) ("abbandono e rifiuto
della  difesa")  le  modifiche  adottate  hanno  carattere  meramente
stilistico.
   Nell'art.  107 (106) - relativo alla "non accettazione, rinuncia o
revoca del difensore" - e' stata introdotta un'ulteriore disposizione
(comma  2)  ,  al  fine  di evitare l'inefficacia degli atti compiuti
prima  che  l'autorita'  procedente  abbia  notizia   della   mancata
accettazione  dell'incarico.  Si  e' ritenuto di stabilire che questa
abbia effetto dal momento in cui e' comunicata a detta autorita'.  Al
comma  1 si e' aggiunto che la comunicazione deve essere data subito.
Inoltre, al fine di rendere  coerentemente  applicabile  a  tutte  le
parti  tale  disciplina  (come  gia'  risulta  dal  comma  1) , si e'
sostituita nel comma 3 la parola "imputato" con la parola "parte".
   Sono  state,  infine,  apportate alcune modificazioni all'articolo
108 (107) , concernente il "termine a  difesa".  A  parte  quelle  di
carattere  solo  formale  (la  cui  ragione appare manifesta) , si e'
giudicato opportuno eliminare la rigidita' quantitativa  del  termine
minimo  di  tre  giorni,  sostituendo  l'avverbio  "comunque"  con la
locuzione  "di  norma",  dando  cosi'  la  possibilita'  -  sia  pure
eccezionale  -  di  fissare  anche  un tempo inferiore quando sia, ad
esempio, imminente la scadenza di un termine a sua  volta  breve,  da
cui  derivino  perenzioni  o  caducazioni  (si  pensi alla situazione
disciplinata dagli artt. 294 e 302).
   Si  e'  anche ravvisata l'opportunita' di limitare la disposizione
circa  il  termine  a   difesa   al   solo   imputato,   escludendone
l'applicabilita'   per  gli  altri  soggetti  che  hanno  il  diritto
all'assistenza difensiva, in coerenza con un principio che gia' trova
espressione nel comma 5 dell'art. 105 (104) .
   1.28 In sede di redazione del testo definitivo sono stati adottati
alcuni ulteriori ammodernamenti formali  che  non  hanno  attinto  la
sostanza del titolo VII.
   Si  e'  ripresa  in  esame la disciplina del difensore delle altre
parti private contenuta nell'art. 100 (99) (nel cui comma 4 la parola
"processo"  e' stata sostituita con la parola "procedimento") e si e'
deciso di ricollocare la disposizione relativa al difensore  dei  cc.
dd.  "enti  esponenziali"  (che  figurava  nell'art.  99  comma 6 del
Progetto definitivo) quale comma 2 dell'art. 101 (100) , subito  dopo
quella  del difensore della persona offesa, che e' il soggetto cui si
fa propriamente riferimento quando si  definiscono  i  diritti  e  le
facolta'  degli  enti  stessi.  Cio' tenuto conto che la collocazione
della disciplina della difesa degli enti  in  parola  nell'ambito  di
quella  (v.,  in  tal senso, la rubrica dell'art. 100) del "difensore
delle altre parti private" avrebbe potuto  far  sorgere  problemi  ed
equivoci  interpretativi circa la possibile qualita' di "parte", che,
invece, va esclusa in capo a questi soggetti, alla luce della  stessa
legge-delega.
  Le modifiche apportate in sede di revisione del Progetto definitivo
all'art.  103  (102)  ,  relativo  alle  garanzie  di  liberta'   del
difensore,  riguardano  soltanto  il  comma  7,  che  definisce - nei
termini  della  inutilizzabilita'  dei  relativi   risultati   -   le
conseguenze  dell'inosservanza  delle  disposizioni  sulle ispezioni,
perquisizioni  e  sequestri  negli  studi  dei  difensori   e   sulle
intercettazioni di conversazioni e comunicazioni dei medesimi.
   E'  stato  eliminato l'ultimo periodo ("si applica la disposizione
dell'articolo 271")  ,  essendosi  rilevato  che  ne  potevano  forse
derivare  equivoci  o,  attraverso  una  argomentazione  a contrario,
interpretazioni limitative, mentre deve essere chiaro che, per  tutto
quanto non specificatamente e diversamente previsto dall'articolo 103
(102) , troveranno applicazione le  disposizioni  dell'articolo  271,
che  vanno, dunque (e piu' propriamente) , "fatte salve". Inoltre, al
fine  di  non  sovrapporre  e  confondere  l'ipotesi  particolare  di
nullita'   prevista   dal   comma  3  con  la  generale  clausola  di
inutilizzabilita' del comma 7, si e' ravvisata l'opportunita',  nella
formulazione  di questo, di "fare salva" la prima. Di conseguenza, il
comma 7 reca, ora, l'inciso  iniziale:  "Salvo  quanto  previsto  dal
comma 3 e dall'articolo 271...".
                               LIBRO II
                                 ATTI
                               TITOLO I
                        DISPOSIZIONI GENERALI
  2.1.  La  disciplina  contenuta  nel  titolo I del libro II, non ha
subito nel Progetto definitivo alterazioni sostanziali. Ad essa  sono
state  tuttavia  apportate, anche tenuto conto dei rilievi formulati,
alcune modifiche o  integrazioni,  volte  a  chiarirne  il  contenuto
normativo o a colmare precedenti lacune.
   La  Commissione  parlamentare ha proposto di modificare l'art. 110
(109) , concernente le formalita' relative alla sottoscrizione  degli
atti,  prevedendo,  nel comma 3, che il pubblico ufficiale che riceve
l'atto da chi non e' in grado di apporvi  la  sottoscrizione  ne  dia
lettura  prima  di attestarne la provenienza. Si e' ritenuto tuttavia
di non apportare alcuna modifica alla norma citata, dal  momento  che
la  stessa  non  si  riferisce solo all'analfabeta ma, in generale, a
colui che "non e' in grado di scrivere" (perche' analfabeta,  perche'
pur   sapendo   leggere   non   sa   o  non  puo'  scrivere,  perche'
permanentemente o temporaneamente impedito) .
   D'altro  canto,  l'obbligo di dare lettura a chi viene esaminato o
interrogato oralmente, della trascrizione  delle  sue  dichiarazioni,
discende  dalla  disciplina  concernente  gli  atti  orali  cui viene
collegato un particolare valore probatorio.
   La   Commissione   parlamentare  ha  anche  proposto  la  modifica
dell'art. 113 (112) , prevedendo nel  comma  3  che  la  rinnovazione
dell'atto  mancante debba avvenire nel rispetto delle forme richieste
per l'atto da rinnovarsi.
   La precisazione non e' apparsa tuttavia necessaria dal momento che
l'art.  163  del  codice  vigente  (riprodotto  quasi  alla   lettera
dall'art.  113  del  Progetto)  e'  pacificamente  interpretato dalla
dottrina  e  dalla  giurisprudenza  non  solo  nel   senso   che   la
rinnovazione  debba  avvenire  nel  rispetto delle forme dell'atto da
rinnovarsi, ma anche nel senso che, dovendosi disporre il  compimento
ex novo dell'atto, e' necessario procedere allo stesso modo anche per
tutti quegli atti  che  costituiscono  il  presupposto  di  validita'
dell'atto mancante.
   La  disciplina  del  divieto di pubblicazione degli atti contenuta
nell'art.  114  (113)  ha  subito  nel  Progetto  definitivo   alcune
modifiche.
  Al riguardo la Commissione parlamentare ha proposto la soppressione
della seconda parte del comma 3 (comma 2  del  Progetto)  secondo  il
quale  e'  consentita  la  pubblicazione degli atti del fascicolo del
pubblico ministero dopo la  pronuncia  della  sentenza  in  grado  di
appello,  in  quanto  tale  possibilita'  non  sarebbe prevista dalla
legge-delega e si porrebbe in contraddizione con la veste di  "parte"
che il pubblico ministero assume nel nuovo rito.
   Va   pero'  considerato  che,  sopprimendosi  la  possibilita'  di
pubblicazione degli atti del fascicolo del pubblico ministero, non si
consente  il  tempestivo  controllo  della  pubblica opinione e degli
organi di informazione sul comportamento tenuto dalla pubblica accusa
proprio  in  un sistema, come quello nuovo, in cui la piena autonomia
in cui questa viene a trovarsi  elimina  (o,  quanto  meno,  attenua)
qualsiasi altro tipo di controllo su eventuali omissioni.
   D'altro  canto, il divieto di pubblicazione in questo caso mira ad
evitare che atti del fascicolo del pubblico ministero, una volta  che
non  siano  piu'  coperti  dal segreto a norma dell'art. 329, possano
influire sul giudizio senza  essere  acquisiti  al  processo  con  le
garanzie  previste  per il compimento delle attivita' dibattimentali.
Ne consegue che la disposizione in esame non puo' essere ritenuta  in
contrasto  con  la  legge-delega,  laddove  consente la pubblicazione
degli atti in questione soltanto dopo la pubblicazione della sentenza
in  grado  di appello: il divieto di pubblicazione sussiste, infatti,
fin quando gli atti in questione sono suscettibili  di  utilizzazione
nel  processo  e  cioe'  sin  quando e' possibile la rinnovazione del
dibattimento.
   Nessuna   modifica   e'  stata  pertanto  apportata  al  comma  in
questione.
   Si  e'  invece introdotto un comma 5 (gia' 3- bis) con il quale si
prevede che, nel caso in  cui  non  si  proceda  a  dibattimento,  il
giudice  puo' disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte
di atti quando la  pubblicazione  di  essi  puo'  offendere  il  buon
costume  o  comportare  la diffusione di notizie sulle quali la legge
prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato,  ovvero
causare  pregiudizio  alla  riservatezza  dei testimoni o delle parti
private, e cioe' negli stessi casi  in  cui,  ove  si  procedesse  al
dibattimento, si applicherebbe l'art. 472 (466) commi 1 e 2.
   L'integrazione  e'  apparsa  necessaria  al  fine di dare completa
attuazione alla direttiva 71 della legge-delega, laddove  prevede  il
divieto  di  pubblicazione  degli  atti da assumere in dibattimento a
porte chiuse.
   Si  e'  ritenuto  infatti che anche per tali ipotesi, per le quali
sussiste la medesima  ratio,  dovesse  essere  formulata  una  regola
analoga a quella che il comma 4 (gia' 3) detta per i procedimenti che
pervengono alla fase dibattimentale.
   La  modifica apportata al comma 6 (gia' 4) dell'articolo 114 (113)
tiene  conto  delle  critiche,  da  piu'  parti  mosse,   in   merito
all'attribuzione all'esercente la potesta' dei genitori del potere di
consentire la pubblicazione delle  generalita'  e  dell'immagine  del
minorenne testimone, persona offesa o danneggiata dal reato: critiche
che sono apparse fondate.
   In  particolare, la Corte di cassazione ha ritenuto infungibile la
volonta' del minorenne "trattandosi di  un  diritto  personalissimo".
Tuttavia,  l'esigenza  di  tutelare l'interesse del minorenne, che in
alcuni casi potrebbe essere piu' adeguatamente  protetto  consentendo
la   pubblicazione,   ha  fatto  ritenere  preferibile  la  soluzione
prospettata dalla Commissione parlamentare, che presenta il vantaggio
di  attribuire  ad  un  organo  imparziale  quale  il tribunale per i
minorenni il potere di far venire meno  il  divieto,  senza  peraltro
conferire  solo  ai genitori la possibilita' di provocare a tali fini
l'intervento del giudice.
   Nell'art. 116 (115) , concernente il rilascio di copie, estratti o
certificati, e' stato eliminato  l'originario  comma  3,  essendo  la
disciplina   relativa   ai   documenti  sequestrati  sufficientemente
delineata dagli artt. 243 e 258.
   Quanto  all'articolo 117 (116) , che disciplina la trasmissione di
atti e di informazioni tra  autorita'  giudiziarie,  nel  Parere  sul
Progetto  preliminare  la  Commissione  parlamentare ha suggerito una
diversa formulazione  del  comma  2  ("Per  gravi  motivi  di  ordine
processuale  l'autorita'  giudiziaria  puo' rigettare la richiesta di
copie di atti e di  informazioni")  ,  ravvisando  la  necessita'  di
delimitare l'ambito di discrezionalita' del provvedimento di rigetto.
La  corte  di  cassazione  ha,  d'altro  canto,   rilevato   che   la
disposizione non chiarisce se e quale rimedio sia dato contro un tale
provvedimento.
  Pur   considerati   tali   rilievi,   riconducibili  alla  medesima
problematica, si e' ritenuto, da un canto, che il riferimento  ad  un
criterio   generico   quale   quello   suggerito   dalla  Commissione
parlamentare, peraltro gia' insito nella  formulazione  del  Progetto
preliminare,  non  sia  di per se' sufficiente ne' utile a delimitare
l'ambito di discrezionalita' del provvedimento in questione;  d'altro
canto, non e' sembrato che, nell'ottica di collaborazione che informa
l'articolo in esame, si  potesse  prevedere  un  rimedio  avverso  il
provvedimento  di  rigetto,  fermo  restando  che, tenuto anche conto
della struttura informale della procedura, la richiesta potra' essere
comunque reiterata in ogni tempo.
   Si  e'  piuttosto  ravvisata  la  necessita'  che il provvedimento
dell'autorita' richiesta intervenga sollecitamente.  A  tal  fine  e'
sembrato  sufficiente,  anche considerando l'interpretazione corrente
dell'art.  165-  bis  del  codice  vigente,  adottare  nel   Progetto
definitivo  la  formula  "provvede  senza  ritardo",  nel  senso  che
l'omessa indicazione  del  termine  non  sta  a  significare  che  il
magistrato  possa scegliere discrezionalmente il momento per lui piu'
opportuno, dovendo egli provvedere con immediatezza.
   In   merito   all'art.  118  (117)  ,  che  disciplina  invece  la
trasmissione di atti e informazioni scritte al ministro dell'interno,
la corte di cassazione ha formulato rilievi identici a quelli rivolti
all'art. 117 (116) , mentre la Commissione parlamentare  ha  proposto
di  aggiungere  nel comma 2 (gia' 3) l'inciso "ove ritenga, per gravi
esigenze processuali,  di  non  poter  derogare  al  segreto  di  cui
all'articolo 329".
   Nel  Progetto definitivo al comma 2 (gia' 3) e' stata apportata la
medesima modifica introdotta nell'art. 117  (116)  comma  2,  per  le
ragioni  appena  riferite in relazione a tale ultima disposizione. La
modifica ha poi consentito un opportuno accorpamento degli  originari
commi 1 e 2.
   Prendendo  spunto  dal  rilievo  della Commissione parlamentare e'
apparso inoltre  opportuno  l'inserimento  nel  comma  1  dell'inciso
"anche  in  deroga  al  divieto stabilito dall'articolo 329": l'unica
verifica  che  l'autorita'  giudiziaria  e'  tenuta  nella  specie  a
compiere  concerne,  infatti, la compatibilita' della trasmissione di
atti e di informazioni con gli  interessi  processuali  protetti  dal
segreto. L'ulteriore modifica al comma 1 e' di carattere formale.
   Nell'art. 120 (119) del Progetto definitivo si e' inserita, tra le
ipotesi  di  incapacita'  ad  intervenire  come  testimoni  ad   atti
processuali, quella della sottoposizione a misure di prevenzione.
   In  tal  modo  si  e'  esteso  anche  al  testimone l'ipotesi gia'
prevista  dagli  artt.  144  e  222  tra  i  casi   di   incapacita',
rispettivamente,  a  prestare  l'ufficio  di  interprete  o  a essere
nominato perito e non contemplata nel codice vigente.
   Nel  Progetto  preliminare  l'art.  121 (120) comma 1 prevedeva la
facolta' delle  parti,  in  ogni  stato  e  grado  del  processo,  di
presentare  al  giudice memorie o richieste scritte mediante deposito
in cancelleria, ma senza obbligo di comunicazione alle altre parti.
   La  Commissione  parlamentare,  pur  esprimendo  parere favorevole
quanto alla conformita' della  norma  alla  delega,  ha  sottolineato
"l'opportunita'  di prevedere che gli atti vengano notificati a tutte
le parti processuali  e  che  queste  possano  chiederne  copia"  (un
analogo  rilievo  era  stato formulato dalla Commissione consultiva a
proposito dell'art. 115 del Progetto del 1978) .
   Il   rilievo   e'  sembrato  da  condividere,  per  l'esigenza  di
assicurare un effettivo contraddittorio tra le parti.
   Peraltro,  poiche'  la  regola e' il contraddittorio e, quindi, la
comunicazione o la notificazione,  non  e'  apparsa  necessaria,  sul
punto,  una esplicita precisazione, risultando sufficiente sopprimere
l'inciso finale del comma 1.
   La  modifica  all'art.  122 (121) , di carattere formale, e' stata
suggerita dalla Commissione parlamentare, che ha  anche  sottolineato
l'opportunita'  di  disciplinare nell'art. 123 (122) , concernente la
presentazione  e  la  trasmissione  all'autorita'  giudiziaria  delle
dichiarazioni  e richieste di persone detenute o internate, l'ipotesi
in  cui   l'ufficiale   di   polizia   giudiziaria   non   intervenga
tempestivamente a ricevere l'atto. Si e' ritenuto, tuttavia, che tale
ipotesi  possa   essere   piu'   correttamente   disciplinata   nelle
disposizioni di attuazione.
   Neppure  si  e' ritenuto di condividere il rilievo formulato circa
il pericolo di interferenze tra la disciplina della legge  13  aprile
1988,  n.  117,  concernente  la  responsabilita'  dei  magistrati, e
l'ultimo inciso  dell'art.  123  comma  2  che,  oltretutto,  non  si
riferisce soltanto ai magistrati.
  2.2.  Nel testo definitivo del codice la formulazione dell'art. 114
(113) e' stata ulteriormente modificata  al  fine  di  renderne  piu'
chiaro il contenuto normativo.
   E' stato infatti introdotto un comma 2, con il quale si prevede il
divieto di pubblicazione degli atti non piu' coperti dal segreto fino
a  che  non  siano  concluse  le  indagini preliminari ovvero fino al
termine dell'udienza preliminare.
   Si  e'  in tal modo disciplinato espressamente anche il divieto di
pubblicazione degli atti delle indagini  preliminari  e  dell'udienza
preliminare  che,  tenuto  conto  del disposto dell'art. 329 comma 1,
sfuggivano alla disciplina  ricavabile  dal  combinato  disposto  dei
commi 1 e 3 dell'art. 114 nella sua precedente formulazione.
   Le ulteriori modifiche apportate ai commi 1 e 3, di carattere solo
formale, mirano a rendere piu' chiara la distinzione  tra  disciplina
della  pubblicazione  degli atti e disciplina della pubblicazione del
loro contenuto.
   Agli  articoli  118  (117)  e 120 (119) la parola "processuale" e'
stata sostituita con quelle "del procedimento", secondo  il  criterio
distintivo  seguito  dal codice tra processo e procedimento (termine,
quest'ultimo, comprensivo delle indagini preliminari) .
   L'art.  120  (119)  , invero, contiene una norma applicabile anche
agli atti del pubblico ministero, come e' reso evidente, per esempio,
dagli artt. 245, 249 e 250, che, per le ispezioni e le perquisizioni,
richiamano espressamente l'art. 120.
   Anche  nel  comma  1  dell'art. 121 (120) il termine "processo" e'
stato  sostituito  con  quello  di  "procedimento",  in   quanto   la
disposizione  e' stata ritenuta applicabile anche durante le indagini
preliminari, in relazione ai provvedimenti di competenza del  giudice
previsti in tale fase.
   E'  stato  inoltre  ripristinato il comma 3 dell'articolo 121 (ora
122) del Progetto  preliminare,  la  cui  soppressione  nel  Progetto
definitivo  e'  da  attribuirsi  a mero errore materiale: infatti non
sussiste alcuna  ragione  per  la  eliminazione  della  disposizione,
contenuta  anche nell'art. 136 comma 3 del codice vigente, ne' e' mai
stata prospettata alcuna ragione per la sua modifica.
                              TITOLO II
                   ATTI E PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE
  2.3.  Scarse sono state le modifiche agli artt. 125 - 133 (124 132)
nel Progetto definitivo.
   Nell'art.  125  (124) , concernente le forme dei provvedimenti del
giudice, e' stato aggiunto un comma 5, che riproduce l'art. 148 comma
4 del codice vigente, introdotto dalla citata legge n. 117/88.
   E'  stato  inoltre  recepito  il  suggerimento  della  Commissione
parlamentare di rendere di portata generale la disposizione del comma
6  (gia'  5), che nel Progetto preliminare prevedeva la forma orale e
l'assenza di particolari  formalita'  soltanto  per  i  provvedimenti
ordinatori  o  regolamentari.  E'  sembrato  infatti  coerente con la
direttiva di  massima  semplificazione  delle  attivita'  processuali
prevedere  che  "tutti  gli  altri  provvedimenti sono adottati senza
particolari formalita' e, quando non e' stabilito  altrimenti,  anche
oralmente".  Per  un  errore  materiale sono state tuttavia omesse le
parole "gli altri" dopo la parola "tutti": e' evidente infatti che la
disposizione   va   riferita   ai  provvedimenti  diversi  da  quelli
disciplinati nei commi precedenti. Alla correzione si  e'  provveduto
nel testo definitivo.
   Quanto   al  procedimento  in  camera  di  consiglio  disciplinato
dall'art. 127 (126) , la Commissione  parlamentare,  nel  Parere  sul
Progetto  preliminare,  ha  invitato  ad  una  riflessione,  sotto il
profilo della costituzionalita' e della conformita' alla legge-delega
del  comma  3,  nel quale si prevede che il detenuto o l'internato in
luogo diverso da quello ove ha sede il giudice deve  essere  sentito,
se  ne  fa richiesta, dal magistrato di sorveglianza prima del giorno
dell'udienza. Al riguardo  ha  suggerito  di  prevedere  che  sia  il
giudice  che  procede  (nel  caso  di  organo  collegiale, un giudice
delegato) , a recarsi presso il detenuto o internato.
   Non  sono  sembrate, tuttavia, opportune modifiche (a parte una di
carattere formale, analoga a quella apportata all'art. 666 comma 4) ,
posto   che   la   disciplina  risulta  conforme  a  quella  prevista
attualmente per gli incidenti di esecuzione (art. 630 codice vigente)
, in ordine alla quale si e' gia' pronunciata - nel senso della piena
legittimita' con riferimento agli artt. 3 e 24, comma 2  Cost.  -  la
Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 5 del 22 febbraio 1970. La
disciplina assicura all'interessato la possibilita'  di  far  sentire
comunque  le  sue  ragioni al giudice; e a quest'ultimo e', comunque,
rimessa la valutazione dell'opportunita' di una presenza  fisica  nei
casi  in  cui  la  stessa  appaia  utile  ai fini della decisione. La
disciplina suggerita dalla  Commissione  parlamentare  comporterebbe,
d'altro canto, notevoli difficolta' di ordine pratico e l'inevitabile
protrarsi  della  durata  del  procedimento.  In  proposito   e   per
completezza, va comunque osservato che - in sede di Parere definitivo
- la Commissione  parlamentare  non  ha  ribadito  le  preoccupazioni
espresse in sede di primo Parere.
   Nel   comma   8   (gia'  7),  su  suggerimento  della  Commissione
parlamentare, si e' previsto  che  la  sospensione  della  esecuzione
dell'ordinanza  che definisce il procedimento in caso di impugnazione
debba essere disposta "con decreto motivato".
   Nel  comma  9  (gia'  8) e' stata adottata la formula "anche senza
formalita' di procedura", usata anche nell'art. 36,  in  luogo  della
equivoca   espressione   "anche  prima  dell'udienza"  adoperata  nel
Progetto preliminare.
   La  Commissione parlamentare ha proposto di aggiungere in entrambi
i commi dell'art. 129 (128) la formula  "il  fatto  non  e'  previsto
dalla legge come reato".
   La proposta e' stata accolta nel Progetto definitivo, tenuto conto
che tale formula e' usata anche negli artt. 411 comma 1, 427, comma 1
e  733  comma  1, lettera e) . Al comma 2 e' stata inoltre sostituita
l'espressione "il giudice pronuncia in merito, prosciogliendo con  la
formula  prescritta"  con la seguente: "il giudice pronuncia sentenza
di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta",
per   motivi  di  coordinamento  con  l'art.  425,  nella  sua  nuova
formulazione.
   Nel  Progetto  definitivo  e'  stato  ampliato, come da piu' parti
suggerito, l'ambito di applicazione  dell'art.  132  (131)  :  si  e'
previsto,  infatti,  il potere di disporre l'accompagnamento coattivo
genericamente per gli atti "da assumere con incidente probatorio o in
dibattimento",    rimanendo    implicita    l'esclusione   dell'esame
dell'imputato (trattandosi di atto che puo'  essere  assunto  solo  a
richiesta o con il consenso dell'interessato) .
   Nell'art.  133 (132) si e' ritenuto di includere tra le persone di
cui e' consentito l'accompagnamento coattivo il  consulente  tecnico,
anche  alla luce di quanto previsto dall'art. 377 (che stabilisce che
nel decreto di citazione del consulente tecnico debba essere inserito
l'avvertimento  che,  in  caso  di  mancata comparizione, il pubblico
ministero potra' disporre l'accompagnamento) .
   La sanzione pecuniaria e' stata ridotta rispetto a quanto previsto
nel Progetto preliminare, tenuto conto della fattispecie  contemplata
dalla norma.
   2.4.  Nel testo definitivo del codice e' stata riprodotta l'esatta
formulazione dell'art. 125 (124) comma  6  (5)  come  proposta  dalla
Commissione parlamentare.
   Quanto all'art. 126 (125) , corrispondente all'art. 147 del codice
vigente, nella  Relazione  al  Progetto  preliminare  (pag.  100)  si
spiegava   che  "la  normativa  sul  personale  delle  cancellerie  e
segreterie giudiziarie e' sensibilmente mutata rispetto al periodo in
cui   fu  emanato  il  codice  vigente.  Questo  personale  comprende
attualmente una pluralita' di categorie di funzionari  ed  impiegati,
sulle  cui  mansioni  e'  opportuno  che il codice non intervenga, ma
lasci libero il campo alla disciplina speciale, soggetta a  mutamenti
non  prevedibili". In quest'ottica al termine "cancelliere", presente
nell'art.  117  del  codice  vigente,  si  e'  sostituito  quello  di
segretario,  adoperato  pero' in un significato diverso da quello che
esso riveste  nell'ordinamento  del  personale  delle  cancellerie  e
segreterie  giudiziarie,  ove  designa una particolare qualifica. Nel
Progetto il termine designa qualsiasi impiegato abilitato dal proprio
ordinamento  ad  esercitare la funzione di assistenza del giudice nel
compimento di atti processuali.
   In  seguito  ai  rilievi formulati, si e' tuttavia ritenuto che la
scelta  del  termine  "segretario",  in  sostituzione  di  quello  di
"cancelliere",  non  fosse idonea allo scopo. Poiche', infatti, anche
il nuovo termine designa una qualifica  esistente  nel  personale  di
cancelleria,  la  diversita' di significato con cui esso e' adoperato
nel nuovo codice potrebbe  non  essere  percepita.  Si  e'  ritenuto,
percio',   che   la  finalita'  prefissata  debba  essere  realizzata
attraverso l'impiego, in linea di massima, di termini  analoghi,  che
non rinviano ad alcuna delle qualifiche esistenti.
  Pertanto,  nel  testo  definitivo  dell'art.  124  (125) il termine
segretario e' stato sostituito con la generica formula "ausiliario  a
cio'  designato  dall'ordinamento".  In  tal  modo si e' fatto rinvio
all'ordinamento  del  personale  delle   cancellerie   e   segreterie
giudiziarie  per  la  individuazione di quali siano gli impiegati che
possono svolgere la funzione di assistenza.
   In  applicazione del medesimo criterio sono stati modificati anche
altri articoli del Progetto. In diverse disposizioni si e'  impiegato
anche  il  termine  di pubblico ufficiale addetto alla cancelleria (o
alla segreteria del pubblico ministero) , quando all'ausiliario  sono
state attribuite funzioni fidefacienti.
   Nell'art.  127  (126)  si  e' introdotta nel comma 5 la previsione
della sanzione della nullita' per l'ipotesi di violazione  dei  commi
1,  3  e  4.  L'integrazione  si  e'  resa necessaria in relazione al
disposto dell'art. 178 lettera c) , che, per quanto riguarda l'offeso
dal reato e gli altri interessati, prevede la sanzione della nullita'
per la sola inosservanza delle disposizioni relative  alla  citazione
in  giudizio.  Infatti,  senza  la  modifica  apportata,  l'omissione
dell'avviso all'offeso dal reato della udienza di proroga - art.  406
(403)  -  o  di  quella  di archiviazione su opposizione dello stesso
offeso - artt. 409-410 (406-407)  -  non  avrebbe  comportato  alcuna
sanzione processuale.
   Nell'ultimo comma si e' previsto che nei procedimenti in camera di
consiglio il verbale di udienza sia redatto in forma riassuntiva.
   Per  ragioni  di correttezza sistematica si e' preferito eliminare
l'originale comma 1 dell'art. 132 (131) e prevedere nel comma 1 (gia'
2) che l'accompagnamento coattivo dell'imputato e' disposto "nei casi
previsti dalla legge". Tali casi sono stati enunciati nel nuovo  art.
399   (che   si  riferisce  all'incidente  probatorio)  e  nel  testo
modificato dell'art. 490 (484) ,  che  attiene  al  dibattimento.  In
quest'ultima   disposizione  si  e'  previsto  che  l'accompagnamento
coattivo dell'imputato puo' essere disposto solo per il compimento di
una ricognizione, di un confronto o di una perizia.
   La   modifica   dell'art.   133   (132)   comma  2  consegue  alla
soppressione, nell'art. 132 (131) , del comma 1.
                              TITOLO III
                      DOCUMENTAZIONE DEGLI ATTI
   2.5.  Gli  artt. 134-142 (133-142) , che disciplinano le modalita'
di documentazione degli atti, hanno subito  nel  testo  del  Progetto
definitivo  alcune modifiche di carattere prevalentemente formale, ma
volte anche a chiarirne il contenuto e a eliminare talune ambiguita'.
   In  effetti  la  formulazione  degli  artt.  134  (133)  e  135 e'
risultata poco felice dal momento che nell'originario art.  133  (ora
134)  comma  1 da un canto si presupponeva un concetto che si trovava
esplicitato nel successivo art. 135 comma 2 (il  verbale  e'  redatto
con  il  mezzo  della stenotipia) e dall'altro non si chiariva che il
verbale poteva essere redatto, in via alternativa, con il mezzo della
stenotipia o in forma riassuntiva.
   Pertanto,  nel Progetto definitivo si e' concentrata nell'art. 134
(133) tutta la disciplina relativa alle modalita' di  documentazione,
prevedendosi che "Il verbale e' redatto con il mezzo della stenotipia
ovvero in forma riassuntiva" - comma 2 (gia' 1- bis) - che "Quando il
verbale  e'  redatto  in  forma  riassuntiva  e'  effettuata anche la
riproduzione fonografica" - comma 3  (gia'  1-  ter)  -  e  che  alle
predette  modalita' puo' essere aggiunta la riproduzione audiovisiva,
quando ritenuta assolutamente indispensabile - comma 4 (gia' 2) -.
   Nell'art.  135  sono  invece individuati i soggetti cui compete la
redazione del verbale, prevedendosi la possibilita' di  far  ricorso,
nel caso in cui il verbale sia redatto con il mezzo della stenotipia,
anche a personale estraneo all'amministrazione della giustizia.
   Gli  artt.  134  e  136  del  Progetto  preliminare sono stati nel
Progetto definitivo unificati nell'art. 136, dal momento che entrambi
disciplinavano il contenuto del verbale.
   Per  tale  motivo si e' anche modificata la rubrica dell'articolo,
che, a  differenza  dell'  art.  154  del  codice  vigente,  riguarda
esclusivamente  il  "contenuto" del verbale e non anche la formalita'
della  sottoscrizione,  disciplinata  nel  successivo  art.  137.  Le
ulteriori modifiche all'art. 136 sono di carattere formale.
  In  conseguenza  delle modifiche apportate all'art. 134 (133) , non
e' apparso piu' necessario precisare nell'art. 139 comma  2  che,  in
caso  di  riproduzione fonografica, il verbale deve essere redatto in
forma riassuntiva.
    La modifica al comma 2 dell'art. 141 e' di carattere formale.
   2.6.  Nel  testo  del  codice e' stata modificata ulteriormente la
formulazione dell'art.  134  (133)  comma  2  (gia'  1-bis),  essendo
apparso  tecnicamente scorretto porre sullo stesso piano le modalita'
di redazione del verbale  (integrale  o  riassuntivo)  con  il  mezzo
attraverso   il  quale  la  redazione  avviene  (stenotipia  o  altro
strumento meccanico ovvero, nel caso di impossibilita' di  ricorso  a
tali  strumenti, scrittura manuale) . Si e' pertanto previsto che "Il
verbale  e'  redatto  in  forma  integrale  o  riassuntiva,  con   la
stenotipia   o   altro   strumento   meccanico  ovvero,  in  caso  di
impossibilita'  di  far  ricorso  a  tali  mezzi,  con  la  scrittura
manuale".
   Nel  comma  4  (gia'  2) si sono precisati meglio i presupposti in
presenza dei quali puo' essere disposta la riproduzione  audiovisiva.
   Le  modifiche  all'art.  135  conseguono  a  quanto si e' detto in
merito all'art. 126 (125) .
   La  disciplina in tal modo riformulata, con la quale si prevede la
possibilita' di far ricorso in via alternativa  alla  verbalizzazione
manuale  o  a quella con mezzi meccanici nonche' di avvalersi, per la
verbalizzazione meccanica, di personale estraneo all'amministrazione,
tiene  anche  conto  della  necessita'  di  realizzare  un  passaggio
graduale dalle tradizionali forme di verbalizzazione all'uso di  piu'
moderne  tecniche. Occorrera', infatti, un congruo lasso di tempo sia
per dotare gli  uffici  delle  apparecchiature  necessarie,  sia  per
reclutare o istruire il personale destinato ad utilizzarle.
                              TITOLO IV
                        TRADUZIONE DEGLI ATTI
  2.7.  Gli  artt.  143-147  hanno  subito  nel  testo  del  Progetto
definitivo soltanto  poche  modifiche  di  carattere  formale,  fatta
eccezione  per  la  sostituzione  nell'art.  143 comma 1 della parola
"straniero" con la parola "imputato".
   Quest'ultima  modifica, che prende spunto da un suggerimento della
Commissione parlamentare, e' apparsa opportuna al fine di comprendere
nell'ambito  di  applicazione della norma chiunque (indipendentemente
dal possesso della cittadinanza) non conosca la lingua italiana e non
sia  quindi  in  grado  di  comprendere  l'accusa  e  di  seguire  il
compimento degli atti cui partecipa.
   Al  fine  di  evitare  possibili  "strumentalizzazioni",  e' stata
peraltro inserita al comma  1  la  previsione  della  presunzione  di
conoscenza della lingua italiana da parte del cittadino italiano.
   Nell'art. 147 comma 2 l'entita' della sanzione pecuniaria e' stata
modificata rispetto al testo del Progetto preliminare  e  determinata
tenuto conto della fattispecie cui si riferisce.
   Nel testo del codice le norme contenute in questo titolo non hanno
subito alcuna modifica.
                               TITOLO V
                            NOTIFICAZIONI
   2.8  La disciplina delle notificazioni contenuta negli artt. 148 -
171, sulla quale la Commissione parlamentare non ha  formulato  alcun
rilievo,  non  ha subito alterazioni sostanziali. Le scarse modifiche
apportate  nel  testo  del  Progetto  definitivo  mirano  soltanto  a
migliorare   la   formulazione   degli   articoli  sotto  il  profilo
tecnico-formale, anche al fine di evitare equivoci interpretativi.
   Nel comma 1 dell'art. 148, che individua l'ufficiale giudiziario o
chi ne esercita le funzioni quale organo delle notificazioni,  si  e'
inserito l'inciso "salvo che la legge disponga altrimenti" (presente,
in forma analoga, anche nell'art. 166 del codice  vigente)  ,  tenuto
conto  che  negli  articoli  successivi  e nello stesso art. 148 sono
previste forme di notifica affidate ad organi diversi.
   Nel  comma 2 si e' apportata una modifica di carattere formale; si
e', inoltre, inserito l'inciso  "con  l'osservanza  delle  norme  del
presente   titolo",   al  fine  di  rendere  chiaro  che  la  polizia
giudiziaria  deve  osservare,  nell'espletamento  dell'attivita'   di
notificazione,  tutte  le norme alle quali deve attenersi l'ufficiale
giudiziario.
   Nell'art. 149 comma 1, concernente le notificazioni urgenti, si e'
previsto che le notificazioni a mezzo del telefono siano eseguite  "a
cura  della  cancelleria"  anziche' "a cura del segretario" e cio' al
fine di ampliare l'operativita' della norma oltre che in relazione  a
quanto si e' esposto in merito all'articolo 126 (125) .
   L'art.  152  prevede  che  le  notificazioni richieste dalle parti
private possano essere  sostituite  dall'"invio  di  copia"  anziche'
dalla  "comunicazione"  dell'atto, al fine di evitare equivoci con la
previsione del successivo art. 153 comma 2.
   Nell'art.  153  comma 1, conformemente a quanto previsto nel comma
successivo, sono state aggiunte alcune formalita', sostitutive  della
relata  di  notifica,  per  le  ipotesi  in  cui  le notificazioni al
pubblico ministero siano eseguite  direttamente  dalle  parti  o  dai
difensori.
   Nell'art.  154  comma  1  si e' previsto che l'invito alla persona
offesa, che si trovi  all'estero,  debba  essere  fatto  con  lettera
raccomandata,  anziche' con telegramma, poiche' con tale ultimo mezzo
non sarebbe possibile acquisire la prova in ordine  alla  data  della
ricezione.
   Nello  stesso comma 1 e nel comma 4 sono state, inoltre, apportate
modifiche di carattere formale.
   Nell'art.  157  si  e'  inserito  un  comma  5 (gia' 4-bis), che -
collegandosi alla disciplina dettata dall'art. 485 per la citazione a
giudizio   -  impone  la  rinnovazione  della  notificazione  qualora
l'autorita' giudiziaria accerti che la copia e' stata consegnata alla
persona  offesa e ritenga che per questa ragione l'imputato non abbia
avuto effettiva conoscenza dell'atto notificato.
   Nell'art.   161  comma  4,  con  riferimento  all'ipotesi  in  cui
l'imputato non sia stato nella condizione di comunicare il  mutamento
del  domicilio  dichiarato o eletto si e' aggiunto l'inciso "per caso
fortuito o forza maggiore". Si e' inteso cosi' evitare, per  maggiore
coerenza  con  la disciplina prevista per la restituzione in termine,
che si verifichino conseguenze negative per l'imputato per effetto di
comportamenti omissivi assolutamente incolpevoli, come ad esempio nel
caso di notificazione al  domicilio  eletto  impedita  per  la  morte
improvvisa del domiciliatario.
   Nel  comma  2  dell'art.  162  si e' previsto che le dichiarazioni
relative al domicilio possano  essere  fatte  nella  cancelleria  del
"pretore"  e  non  del  "giudice"  del  luogo nel quale l'imputato si
trova, in coerenza con le modifiche che nel Progetto definitivo  sono
state apportate alle norme sul procedimento pretorile.
   Nell'art.   166,   concernente   le   notificazioni   all'imputato
interdetto o infermo di mente, e'  apparso  piu'  corretto  prevedere
l'obbligo  di  eseguire  le  notificazioni  anche  presso il curatore
speciale solo per  gli  imputati  che  si  trovano  nelle  condizioni
previste  dall'art.  71  comma 1 e cioe' per coloro nei cui confronti
siano gia' stati espletati gli opportuni accertamenti (e per i  quali
si sia provveduto alla nomina del curatore) . Il riferimento generico
ad un imputato "incapace di intendere  e  di  volere"  era  inesatto,
poiche'  non  era in alcun modo indicato come e da chi dovesse essere
accertato tale stato.
   Agli  artt.  160,  161 comma 1 e 169 sono state apportate soltanto
modifiche di carattere formale.
   2.9. Nel testo definitivo del codice sono state apportate soltanto
alcune  modifiche  di  carattere  formale  o  rese  necessarie  dalla
modifica dell'art. 126 (125) della quale si e' gia' detto.
   Inoltre,  si e' eliminato dall'art. 151 il rinvio all'art. 149, in
quanto alle notifiche effettuate  dalla  polizia  giudiziaria  devono
ritenersi   applicabili  tutte  le  disposizioni  previste  per  tale
attivita'.
   Si   e'   ritenuto   poi   opportuno  prevedere  espressamente  la
possibilita'  che  il  pubblico   ministero   si   avvalga   per   le
notificazioni anche dell'ufficiale giudiziario.
                              TITOLO VI
                               TERMINI
  2.10.  Anche la disciplina di cui agli artt. 172-176, concernente i
termini, non ha subito modifiche sostanziali nel Progetto definitivo.
   All'art.  173 comma 2 e' stata apportata una modifica di carattere
formale.
   Nel  comma  1  dell'art.  174 si e' ritenuto di aumentare i limiti
chilometrici  richiesti  per  il   prolungamento   dei   termini   di
comparizione,  tenuto  conto  delle  mutate  condizioni  dei mezzi di
trasporto e delle vie  di  comunicazione.  Per  analoghe  ragioni  e'
apparso  opportuno  riferire  il  primo  limite  non  ai  soli  mezzi
ferroviari, ma ai mezzi pubblici di trasporto in genere.
   Al  fine  di  evitare  una  disparita' di trattamento tra imputato
munito di difensore di fiducia e imputato difeso di ufficio, ed anche
per  un  migliore  coordinamento  con  l'art. 571, si e' eliminata la
locuzione "di fiducia" nel comma  2  dell'art.  175,  concernente  la
restituzione nel termine per proporre impugnazione.
   Nel  comma  4  si  e'  chiarito  che,  nel  corso  delle  indagini
preliminari, sulla  restituzione  in  termine  "provvede  il  giudice
competente  per  le  decisioni  relative  a tale fase". L'espressione
"giudice che procede",  usata  nella  precedente  formulazione  della
norma, non era idonea, infatti, a comprendere anche il giudice per le
indagini preliminari.
   Nel  testo  definitivo  del  codice  sono state apportate soltanto
modifiche formali agli art. 172 e 175.
                              TITOLO VII
                               NULLITA'
  2.11.  Il  regime  delle  nullita'  quale si evince dalla normativa
contenuta negli artt. 177-186 del Progetto preliminare non ha  subito
modifiche di rilievo.
   Il  comma 2 dell'art. 178 e' stato trasferito nell'art. 33 comma 2
per le ragioni esposte nell'illustrare la modifica a tale norma.
   Nell'articolo   180   si  e'  sancito  che  le  nullita'  previste
dall'articolo 178 non possono piu' essere rilevate, ne' dedotte  dopo
la  "deliberazione  della  sentenza",  anziche' dopo la "chiusura del
dibattimento", in  modo  da  coprire  anche  l'ipotesi  del  giudizio
abbreviato.
   Nell'art.  181,  concernente  il  regime  delle nullita' relative,
accogliendosi  il  rilievo  della  Commissione  parlamentare,  si  e'
aggiunto,  nel comma 1, il richiamo all'art. 179 comma 2 (concernente
le nullita' definite assolute da specifiche disposizioni di legge)  .
   Nel   comma  2  si  e'  eliminato  l'inciso  "depositati  a  norma
dell'articolo 427", al fine di comprendere anche gli atti di indagine
compiuti  nel  periodo  intercorrente  tra  la  richiesta di rinvio a
giudizio e la conclusione dell'udienza preliminare (atti che, a norma
dell'art.  421  comma  3,  possono  essere  ammessi dal giudice prima
dell'inizio della discussione) .
   Nell'art.  184  comma  2 e' stata riprodotta la formula dell' art.
188 del codice vigente, al fine di chiarire che il termine  al  quale
la  parte  ha  diritto  e'  "per la difesa" ed a questo, quindi, deve
essere rapportato.
   2.12.  Nel testo definitivo del codice, per colmare una lacuna, si
e'  aggiunto  un  comma  4  all'art.  181,  relativo  alle   nullita'
verificatesi  nel  giudizio,  stabilendosi che queste nullita' devono
essere eccepite nell'impugnazione avverso la relativa sentenza.
                              LIBRO III
                                PROVE
                               TITOLO I
                        DISPOSIZIONI GENERALI
   3.1.  Il  testo  del  Progetto definitivo relativo al titolo I del
libro III non ha subito variazioni di particolare rilevanza, rispetto
al corrispondente testo del Progetto preliminare.
   Si  e'  mantenuto  inalterato  l'art.  187,  non  accogliendosi in
proposito le proposte della  Commissione  parlamentare,  relative  al
comma  1,  perche'  la  formula  del  Progetto preliminare e' apparsa
idonea a comprendere la fattispecie oggetto del giudizio in  tutti  i
suoi elementi.
  Inoltre si e' ritenuto non necessario indicare espressamente che la
prova  debba  riferirsi  ai  fatti  sia  a  carico  che  a  discarico
dell'imputato,  in  quanto  la  ripartizione dell'onere probatorio e'
puntualizzata in via generale dalle norme che fanno riferimento  alle
fasi  propriamente  giurisdizionali  (art.  422  (419)  , concernente
l'udienza  preliminare,  e  art.   495   (489)   ,   concernente   il
dibattimento)  :  nelle indagini preliminari la nozione non ha invece
motivo di essere  recepita,  in  quanto  dalla  dinamica  della  fase
risulta  che  ciascuna  delle parti contrapposte prepara il materiale
probatorio  che,  nell'ottica   dei   suoi   interessi,   sottoporra'
successivamente  al  giudice per la pronuncia sul rinvio a giudizio o
per la decisione di merito.
   Si  e'  modificato  l'art.  189  accogliendosi,  nella sostanza, i
rilievi formali della Commissione parlamentare.
   Rispetto al testo del Progetto preliminare si e' inoltre previsto,
per garantire piu'  efficacemente  i  diritti  delle  parti,  che  il
giudice  debba  provvedere  sulle modalita' di assunzione delle prove
innominate nel contraddittorio delle parti stesse.
   Immutato e' rimasto l'art. 190, sul diritto alla prova, in quanto,
rispetto  a  quella  proposta  dalla  Commissione  parlamentare,   la
formulazione  del  Progetto  e' parsa piu' aderente alla direttiva 69
della legge-delega, relativa ai casi manifesti  di  "estraneita'"  ed
"irrilevanza" dei mezzi di prova.
   La   tripartizione   concettuale   proposta   (superfluita',   non
pertinenza e irrilevanza) sembra discostarsi da una  tradizione  che,
sulla scia della dottrina processualistica, si e' orientata in favore
di una dicotomia nella quale la superfluita' o  sovrabbondanza  della
prova  si  contrappone  alla  irrilevanza  della stessa, quale figura
volta a designare il il rapporto logico tra  strumento  probatorio  e
thema  probandum.  E  nell'ambito  di  questa  dicotomia "pertinenza"
diventa sinonimo di "rilevanza".
   Nel  testo  proposto  dalla Commissione parlamentare manca inoltre
l'avverbio  "manifestamente"  in  funzione   di   regola   limitativa
all'operare  della  superfluita'  della  prova.  Tenuto  conto che il
disposto della legge delega (direttiva  69)  parla  espressamente  di
"manifesta estraneita' della prova" nell'eco delle proposte scaturite
dalla lettura della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, non si
puo'  non  interpretare  la  voluntas  del legislatore delegante come
impegno volto ad impedire una discrezionalita' del giudice che faccia
discendere  l'inammissibilita'  della  prova  dal  solo  dubbio sulla
superfluita', cosi' da vanificare di fatto quel  diritto  alla  prova
che  costituisce una delle innovazioni piu' qualificanti del sistema.
   La  sostituzione  del  concetto  di  "acquisizione"  a  quello  di
"ammissione", nell'art. 191, e' importante perche' evidenzia come  la
disciplina  della  prova  contenuta  nel  presente titolo sia, almeno
tendenzialmente, rivolta a  regolare  anche  l'attivita'  della  fase
investigativa e non solo quella della fase della decisione.
   Nell'art.  192,  oltre  ad  operare  alcuni  miglioramenti formali
proposti  dalla  Commissione  parlamentare,  si  e'   provveduto   ad
estendere  all'imputato  di  reato  "collegato"  la  stessa regola di
valutazione prevista per l'imputato di  reato  "connesso"  (v.  anche
artt. 197 e 210), trattandosi di ipotesi razionalmente non dissimili.
   3.2. Nella stesura definitiva dell'art. 190 e' stata apportata una
lieve variante espressiva ("che manifestamente  sono",  in  luogo  di
"che  siano,  manifestamente")  , per rendere il testo piu' agevole e
chiaro.
                              TITOLO II
                            MEZZI DI PROVA
  3.3.  Anche  il  testo  del  Progetto  definitivo  del titolo II e'
rimasto nella sua struttura fondamentale invariato: si sono  peraltro
apportate ad alcuni istituti modifiche significative, anche a seguito
dei rilievi della Commissione parlamentare.
   Non  si  e'  ritenuto  di modificare il comma 7 dell'art. 195, nel
senso proposto dalla Commissione parlamentare, con l'introduzione, in
luogo  del  divieto  di  utilizzazione, di un divieto di "assunzione"
della testimonianza, in quanto e' parso che l'assunzione  e'  momento
che  necessariamente  precede  quello in cui puo' essere espresso, da
parte del teste, il rifiuto o l'impossibilita' di indicare  la  fonte
diretta.  Comunque  la  previsione dell'inutilizzabilita' di siffatta
testimonianza garantisce ampiamente dalla possibilita' di  introdurre
prove non controllabili e riscontrabili.
  Poiche'  e'  nel  sistema, pur implicitamente, che gli accertamenti
volti a verificare  la  idoneita'  fisica  o  mentale  del  testimone
debbano  comunque  salvaguardare le esigenze di tutela della persona,
non e' parso necessario introdurre, nell'art. 196, limiti  al  potere
del   giudice   di  disporre  le  suddette  indagini,  attraverso  il
meccanismo del "consenso". Ne', nella  stessa  ottica,  e'  parso  di
escludere,  da  questi  accertamenti, quelli relativi alle condizioni
mentali del testimone.
   Si  e'  ritenuto  di  introdurre, nell'art. 197, tra le ipotesi di
incompatibilita' a testimoniare  quella  della  persona  imputata  di
reato  "collegato", razionalmente non diversa da quella della persona
imputata di reato "connesso" ai sensi dell'art. 12  (v.  anche  artt.
192 e 210).
   Il  comma  2  dell'art.  198  e'  stato modificato per ampliare la
tutela contro l'autoincriminazione, non  solo  a  fronte  di  singole
domande,  ma  piu' in generale in relazione a "fatti" suscettibili di
generare responsabilita' penale.
   Il  testo  degli  artt. 194-198 e' stato, inoltre, in alcune parti
modificato  formalmente,  per  renderlo  piu'  chiaro  ed  anche   in
accoglimento   di   taluni   rilievi   formulati   dalla  Commissione
parlamentare.
   L'art.  200 e' stato modificato con l'inserimento della lettera d)
, conformemente al parere della Commmissione parlamentare, al fine di
estendere   la   disciplina  del  segreto  professionale  alle  altre
categorie  considerate  in  leggi  speciali  e  diverse   da   quelle
specificamente previste nelle lettere a) , b) e c) .
   La  soppressione,  nel  comma  1  dell'art.  201,  del riferimento
all'interesse della pubblica amministrazione  e'  stata  operata  per
garantire  una  maggiore  aderenza  del testo alla direttiva 70 della
legge-delega, come aveva sollecitato la Commissione parlamentare.
   Il  comma 3 dell'art. 202 e' stato soppresso in seguito ai rilievi
della Commissione parlamentare, perche' la disposizione e'  parsa  in
contrasto con la disciplina contenuta nella l. 801 del 1977 (v. anche
art. 256).
   Nell'art.  203,  si  e'  esteso  il  trattamento  tradizionalmente
previsto  per  la  tutela  delle  fonti  informative  della   polizia
giudiziaria  anche  agli  informatori  del  personale  dei servizi di
sicurezza, trattandosi di ipotesi razionalmente equiparabili.
   L'art.  204  e'  stato  riformulato  per  assicurare  una  maggior
aderenza del testo alla direttiva 70 della legge-delega.
   In  particolare,  si  e'  ritenuto  - non condividendosi i rilievi
della  Commissione  parlamentare  -  che  una   interpretazione   non
restrittiva  della  delega  imponga  la  esclusione  del  segreto con
riferimento ai fatti  eversivi  dell'ordinamento  costituzionale,  in
relazione non solo al segreto di Stato, ma anche a quello di ufficio,
con  esclusione  solo  del  segreto   professionale   e   di   quello
giornalistico.
   In accoglimento del suggerimento della Commissione parlamentare si
e'  modificato  l'art.  207,   differenziandosi   opportunamente   il
trattamento  del  testimone  sospettato di falsita' o di reticenza da
quello del testimone  che  si  rifiuti  di  deporre  fuori  dei  casi
espressamente  previsti dalla legge: nei confronti di quest'ultimo e'
stato previsto che il giudice disponga l'immediata trasmissione degli
atti al pubblico ministero perche' proceda a norma di legge.
   Nell'art.   210,   relativo  all'esame,  e'  stato  introdotto  il
riferimento   all'ipotesi   dell'imputato   di   reato   "collegato",
razionalmente non diversa da quella dell'imputato di reato "connesso"
ai sensi dell'art. 12 (v. anche artt. 192 e 197).
   L'art.  211  e'  stato modificato, oltre che per ragioni di forma,
per aderire al suggerimento della Commissione parlamentare di evitare
un  uso  indiscriminato  del  confronto, che, secondo la formulazione
originaria, poteva essere disposto  anche  per  accertare  fatti  non
rilevanti.
   E'  rimasta  invece  invariata,  rispetto  al  testo  del Progetto
preliminare, la disciplina delle modalita' del  confronto,  contenuta
nell'art.  212,  in  quanto  e' parso che introdurre anche per questo
istituto la sanzione della  nullita'  prevista  per  la  ricognizione
avrebbe  significato  misconoscere la diversa natura dei due mezzi di
prova;   inoltre,   l'inserimento   dell'avverbio    "esclusivamente"
nell'art.  211  comporta, ai sensi dell'art. 191, l'inutilizzabilita'
delle risultanze del confronto, qualora non siano state osservate  le
norme  sui  relativi  presuposti:  il  che  si e' ritenuto costituire
sanzione adeguata
   Nell'art.   214  sono  state  introdotte  modifiche  di  carattere
formale, anche in accoglimento  di  una  proposta  della  Commissione
parlamentare.  Non  si e' invece ritenuto di dover specificare che il
giudice deve fare presentare la persona da sottoporre a  ricognizione
nelle  stesse  condizioni  "anche di tempo e di luogo" in cui sarebbe
stata vista: la previsione infatti e' implicitamente  gia'  contenuta
nelle  parole  "stesse  condizioni"  che, insieme con tutte le altre,
comprendono le condizioni di tempo e di luogo.
   Nonostante  le  osservazioni della Commissione parlamentare, si e'
deciso di mantenere,  nell'art.  219,  l'espressione  "sentimenti  di
coscienza",  apparsa  la  piu'  adeguata  per  garantire una efficace
tutela di valori, gia' contenuti nell'attuale formula  dell'art.  312
comma  3  c.p.p. ("sentimento religioso", "pieta' verso i defunti") ,
degni di considerazione, evitando in pari tempo ogni connotazione che
possa   apparire   discriminatoria   nei   confronti   delle   scelte
fondamentali di vita delle singole persone.
   Del   resto   altre  formulazioni,  quali  quelle  imperniate  sul
riferimento alla "persona umana", sono  parse  ripetitive  di  quanto
stabilito  in  via  generale  dagli  artt.  188 e 189 e non idonee ad
assolvere lo scopo che con la norma si e' inteso perseguire.
   Gli  artt.  199,  208,  209  e  216,  sono  stati  in alcune parti
modificati per rendere piu' agevole e chiara la formulazione ed anche
per aderire a taluni suggerimenti della Commissione parlamentare.
   Nell'art.  220, si e' introdotto un comma 2, che si ricollega alla
scelta della legge-delega, nella quale e'  significativamente  caduto
ogni  riferimento  alla  perizia  psicologica  e  criminologica, gia'
contenuto nella delega del 1974.
   Al  riguardo  e'  da  ricordare che la Commissione parlamentare ha
espresso  un  parere  totalmente  favorevole,   rilevando   che   "la
previsione  del  comma  2...  enuncia  in  maniera chiara e tassativa
quanto doveva ritenersi implicito nel sistema".
   Nel  disposto  dell'art. 225, per ragioni di coerenza sistematica,
sono  state   previste   espressamente   cause   di   incapacita'   e
incompatibilita'  per  i  consulenti  tecnici  analoghe  a quelle dei
periti, contenute nell'art. 222. In conseguenza di tale  modifica  si
e' provveduto ad adeguare formalmente il testo dell'art. 222.
   L'art.  227  e'  stato  modificato,  accogliendosi i rilievi della
Commissione parlamentare,  per  rendere  piu'  chiara  la  disciplina
dell'ipotesi  in  cui il perito non e' in grado di dare una immediata
risposta ai quesiti.
   Si  e'  inoltre  previsto,  nei  commi  3  e 4, un ampliamento dei
termini  per  l'espletamento  della  perizia,   per   coordinare   la
disciplina  in parola con quella dell'incidente probatorio (art. 392)
e della perizia disposta in udienza (art. 508) e  per  garantire  una
piu' adeguata regolamentazione dei casi di perizia complessa.
   L'art.  228  e'  stato  modificato  tenendosi  conto dei limiti di
acquisizione della prova nella fase dibattimentale e, pertanto, si e'
previsto  che  il perito debba poter disporre soltanto degli atti dei
quali e' consentita l'acquisizione al fascicolo per il  dibattimento.
   Gli  artt. 229 e 233 sono stati modificati per rendere piu' snello
ed agevole lo svolgimento delle operazioni,  nell'ottica  di  evitare
inutili appesantimenti di procedura.
   Nell'art.   231  e'  stato  modificato  l'importo  della  sanzione
pecuniaria a carico del perito sostituito,  per  adeguarlo  a  quello
previsto in altre ipotesi normative.
   L'art.  234  e' stato completato con il riferimento ai "consulenti
tecnici"  ed  ai  "periti",  mentre  non  si  e'  ritenuto  di  dover
sostituire  l'espressione  "atti"  a quella "documenti", apparsa piu'
precisa.
   Nell'art.  236  si  e'  ritenuto, e la Commissione parlamentare ha
condiviso tale scelta, di estendere rispetto al testimone non persona
offesa  la  previsione  della  possibilita'  di acquisire documenti e
certificati del casellario giudiziale  utili  ai  fini  del  giudizio
sulla personalita'.
   Con  la  modifica  del  comma  3  dell'art.  238 si e' adeguata la
formulazione relativa alla acquisizione dei verbali di prove di altri
processi  in  modo  da  rendere applicabile la disposizione anche nei
casi di irripetibilita' originaria.
   E'  stata  apportata all'art. 241 una modifica formale, in modo da
estendere  la  previsione  a  tutti  i  casi   di   definizione   del
procedimento.
   3.4.  Nel  testo definitivo del codice il comma 4 dell'art. 195 e'
stato modificato per coordinarlo con  la  introduzione  dell'art.  62
(62-bis).
   Nell'art.  197,  in  accoglimento  dei  rilievi  della Commissione
parlamentare e superando i precedenti dubbi, si e' precisato che solo
la  irrevocabilita'  della  sentenza  di  proscioglimento  emessa nel
dibattimento fa cadere il  divieto  dettato  dalla  norma,  cosi'  da
rendere   ammissibile  la  testimonianza.  Pertanto,  il  divieto  di
assumere la testimoninaza opera  con  riguardo  a  tutti  coloro  che
rivestono  la  qualita'  di  imputati  in un procedimento connesso ai
sensi dell'art. 12, anche dopo che sia stata pronunciata sentenza  di
condanna  definitiva  ovvero  di  non  luogo a procedere nell'udienza
preliminare ovvero ancora  di  proscioglimento  non  divenuta  ancora
irrevocabile.
   Nel  testo  definitivo, l'art. 204 e' stato riformulato al fine di
chiarire che spetta al giudice stabilire  se  il  reato  oggetto  del
processo,     rientrando    tra    quelli    diretti    all'eversione
dell'ordinamento costituzionale, comporti il venir  meno  del  limite
della  segretezza:  in  tal modo, ha trovato accoglimento la proposta
della  Commissione  parlamentare,  sia  pure   nell'ambito   di   una
disposizione  diversa  da  quella,  autonoma, contenuta nel testo del
parere trasmesso al Governo (v., ivi, art. 202- bis).
   Conseguentemente,  e' stata introdotta la disciplina relativa alla
fase delle indagini preliminari e  previsto,  in  generale,  che  del
provvedimento   che   rigetta  l'eccezione  di  segretezza  sia  data
comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri.
   Nell'art.  210,  in  seguito ad una osservazione della Commissione
parlamentare, si e' chiarito che la norma si applica anche  a  coloro
che  non possono piu' essere qualificati imputati, essendosi concluso
il procedimento connesso instaurato separatamente (comma 1) .
   Con i ritocchi apportati agli altri commi sono state rafforzate le
garanzie a difesa della persona esaminata,  cui  e'  riconosciuto  il
diritto  al  silenzio nonche' alla piu' ampia assistenza da parte del
difensore.
   Nel  comma  1  dell'art. 220, si sono inserite le parole "dati o",
come richiesto dalla Commissione parlamentare al  fine  di  estendere
l'oggetto   della   perizia   ad  un'area  diversa  da  quella  delle
"valutazioni".
   Nel  testo definitivo dell'art. 228, si e' deciso, interpretandosi
il richiamo della Commissione parlamentare come sollecitazione ad una
maggiore   cautela  nella  disciplina  del  valore  probatorio  delle
dichiarazioni raccolte dal perito ai fini dell'espletamento  del  suo
incarico,  di  ripristinare  il  disposto  del  comma  3 del Progetto
preliminare che gia' prevedeva un regime di utilizzabilita' parziale.
   E'   stato  modificato  l'art.  233,  al  fine  di  consentire  al
consulente tecnico di esporre il  proprio  parere  al  giudice  anche
oralmente e non solo per iscritto.
   Nel proposito di rendere piu' tutelata la posizione del testimone,
secondo la proposta della Commissione parlamentare, si  e'  ristretta
nel  comma  2 dell'art. 236 l'area dei documenti utilizzabili al fine
di valutarne la credibilita'.
   E' stato quindi corrispondentemente modificato il comma 1, che ora
disciplina la situazione dell'imputato e della persona offesa.
   E'  stato  riesaminato  il rapporto tra l'art. 238 e la disciplina
dell'incidente probatorio, secondo quanto suggerito dalla Commissione
parlamentare,    ma   dall'ulteriore   riflessione   e'   emerso   il
convincimento della piena armonia sistematica tra i diversi istituti,
che ha indotto a mantenere inalterato il testo.
   Gli artt. 223 e 231 sono stati modificati formalmente.
                              TITOLO III
                     MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA
  3.5.  Nel  complesso  il  testo del Progetto definitivo relativo al
titolo III riproduce quello del Progetto preliminare,  non  essendovi
state modifiche tali da intaccarne la struttura fondamentale.
   Con  la  modifica  del  comma  2  dell'art. 248, si e' dettata una
disciplina  diretta   ad   attuare   piu'   efficacemente   un   equo
contemperamento  tra  l'interesse  alla  speditezza  delle indagini e
quello alla  riservatezza,  prevedendosi  che,  in  caso  di  rifiuto
dell'istituto  bancario, solo l'autorita' giudiziaria possa procedere
a perquisizione.
   Si e' mantenuto il testo originario dell'art. 253, non ritenendosi
di dover accogliere il suggerimento della Commissione parlamentare di
introdurre   una   clausola  di  salvezza  relativa  ai  diritti  dei
difensori: la sedes materiae per la previsione dei  limiti  probatori
dettati  a  tutela  della difesa e' infatti quella del titolo VII del
libro I.
  Il  disposto  dell'art.  256  e'  stato  adeguato  formalmente alle
modifiche dell'art. 202.
   Nell'art.  263  comma  4  e' stato richiamato l'art. 127 (126) per
determinare la ricorribilita' per cassazione contro il provvedimento,
anche da parte del pubblico ministero. Nel comma 5 si e' chiarito che
solo nei  confronti  del  provvedimento  del  pubblico  ministero  e'
proponibile l'opposizione.
   Modifiche  meramente formali sono state apportate anche agli artt.
255 e 264.
   Oltre  a  modificare  la  rubrica  del capo IV, per realizzare una
maggiore  conformita'  al   disposto   della   direttiva   41   della
legge-delega   ed   al   testo   degli  articoli  nella  formulazione
definitiva, si e' introdotta, nell'art. 266, in  accoglimento  di  un
rilievo  della  Commissione  parlamentare,  una  autonoma  previsione
relativa ai reati contro la  pubblica  amministrazione,  al  fine  di
evitare la relativa lacuna della precedente formulazione.
   Il comma 2 dell'art. 267 e' stato modificato sostituendo le parole
"le  prove  non  possono  essere  altrimenti  acquisite"  con  quelle
"l'intercettazione  e'  assolutamente  indispensabile  ai  fini della
prosecuzione delle indagini": la nuova formulazione e' parsa  infatti
maggiormente rispondente alla finalita' tipicamente investigativa che
e' propria delle intercettazioni telefoniche.
   L'art.   268  e'  stato  adeguato  ai  rilievi  della  Commissione
parlamentare, relativi ai pericoli per le indagini  derivanti  da  un
troppo precipitoso deposito dei verbali e delle registrazioni: con la
nuova formulazione e' garantito comunque un  efficace  controllo  del
giudice  sulla  richiesta  di  ritardare  il  deposito presentata dal
pubblico ministero.
   Sebbene  la  Commissione  parlamentare avesse proposto di limitare
l'utilizzazione delle intercettazioni in altri  processi,  rendendola
possibile  soltanto  per  l'accertamento  di  delitti in relazione ai
quali le intercettazioni sono espressamente ammesse  ai  sensi  della
disciplina   generale  contenuta  nell'art.  266,  si  e'  deciso  di
mantenere inalterato l'art. 270: il testo del Progetto  infatti,  con
il  riferimento  ivi contenuto ai delitti per i quali e' obbligatorio
l'arresto in flagranza, e' parso delimitare l'utilizzazione  derivata
dei  risultati  delle intercettazioni in modo piu' rigoroso di quello
della formulazione proposta dalla Commissione.
   L'art. 271 e' stato modificato formalmente per rendere piu' chiaro
il testo; inoltre la formulazione del comma 2  e'  stata  adeguata  a
quella   dell'art.   103   (102)  comma  5  e  la  distruzione  della
documentazione e' stata estesa ai  casi  del  medesimo  comma  2  (ad
esempio  ai  casi  di  intercettazioni  di conversazioni tra medico e
paziente) .
   3.6.  Nell'ultimo  comma  dell'art.  256,  e'  stata  inserita una
disposizione che conferma l'operativita' dell'esclusione del  segreto
nella  materia  degli  atti  e  dei  documenti  in relazione ai reati
diretti all'eversione dell'ordinamento  costituzionale,  mediante  il
rinvio alla disciplina prevista dall'art. 204.
   Sempre  per  una  maggiore  rispondenza  dell'art.  267  a  quelle
finalita'  tipicamente  investigative  delle   intercettazioni,   che
avevano  gia'  ispirato  precedenti  modifiche,  si  e'  diversamente
formulato  il  comma   2,   sostituendo   le   parole   "pregiudicare
l'acquisizione  della prova" con le altre "derivare grave pregiudizio
alle indagini".
                               LIBRO IV
                           MISURE CAUTELARI
                               TITOLO I
                      MISURE CAUTELARI PERSONALI
  4.1.  Il  testo  del  Progetto  definitivo relativo al titolo I del
libro IV, pur essendo rimasto nella struttura  immutato  rispetto  al
corrispondente  testo  del  Progetto  preliminare,  ha  subito alcune
modifiche sostanziali di  notevole  rilievo,  molte  delle  quali  in
accoglimento dei rilievi della Commissione parlamentare.
   Con  la inserzione della parola "soltanto" nel testo dell'art. 272
si e' voluto accentuare il carattere eccezionale  e  tassativo  delle
limitazioni  alla  liberta' personale, come era stato auspicato dalla
Comissione parlamentare.
  Accogliendosi    parzialmente    i    rilievi   della   Commissione
parlamentare, e'  stata  modificata  la  lettera  c)  dell'art.  274,
mediante una formulazione che riprende il contenuto della sentenza n.
1/80 con cui la Corte  costituzionale  ha  definito  il  concetto  di
"sicurezza  collettiva".  Nonostante  un'osservazione  critica  della
Commissione parlamentare, si e' pero'  mantenuto  il  riferimento  ai
"gravi  delitti  della stessa indole", considerandosi che le esigenze
di tutela della collettivita', previste  dalla  direttiva  59,  vanno
viste  in  relazione anche alle misure cautelari minori rispetto alla
custodia cautelare.
   La disciplina della custodia cautelare nei confronti dell'imputato
tossicodipendente  o  alcooldipendente  e'   argomento   estremamente
delicato  che,  nel  Progetto  definitivo  e'  stato  affrontato  con
l'aggiunta, nell'art. 275, del  comma  5,  contenente  una  normativa
analoga  a quella gia' prevista dall'art. 4-quinquies d. l. 22 aprile
1985 n. 144, conv. in l. 21 giugno 1985 n. 297,  e  tale  da  evitare
possibili   strumentalizzazioni   dei   programmi   di  recupero  per
scongiurare la emissione di un provvedimento restrittivo.
   Si  e'  modificata la disciplina dell'obbligo di dimora, contenuta
nell'art. 283 comma 2, da un lato, al fine di garantire una  maggiore
efficacia  della  misura, attraverso la previsione dei vari luoghi in
cui puo'  essere  disposto  l'obbligo,  e,  dall'altro,  al  fine  di
evitare,  con  il riferimento alla "vicinanza" rispetto al territorio
del comune di dimora  abituale,  gli  effetti  negativi  che  possono
essere determinati dall'invio di persone pericolose in zone del paese
che sono immuni da fenomeni di criminalita' organizzata.
   Con  la  soppressione,  nell'art.  283  comma 4, dell'inciso "puo'
inoltre vietargli di prendere contatto con determinate persone" si e'
voluto coordinare l'istituto in parola con la piu' grave misura degli
arresti domiciliari, cosi' da evitare eccessivi  appiattimenti  delle
rispettive discipline.
   In  accoglimento dei rilievi della Commissione parlamentare, si e'
provveduto a modificare il comma 5 dell'art.  284,  sopprimendosi  la
clausola   di  riserva  contenuta  nell'inciso  iniziale  del  comma:
l'imputato agli arresti domiciliari si considera infatti in stato  di
custodia  cautelare,  mentre  ove  il legislatore voglia diversamente
stabilire  ha  comunque  il  potere  di  farlo  a  prescindere  dalla
previsione di una apposita clausola di riserva.
   Al  contrario  si  e'  deciso di mantenere inalterato il testo del
comma 3 in quanto  si  e'  ritenuto  -  nonostante  i  rilievi  della
Commissione  parlamentare  - che sostituire l'espressione "situazione
di assoluta indigenza" con l'espressione  "stato  di  grave  bisogno"
avrebbe ridotto le differenze tra il regime degli arresti domiciliari
e quello della misura dell'obbligo  di  dimora,  che,  invece,  vanno
mantenute  per  rendere  razionalmente comprensibile la equiparazione
della misura in parola alla custodia cautelare.
   Si  e'  soppresso  il  comma  2  dell'art. 287, che si e' ritenuto
superfluo in quanto gia' dagli artt. 288, 289  e  290  si  ricava  la
possibilita' di graduare il contenuto della misura interdittiva.
   Nell'art.  293,  il comma 4 e' stato riformulato con l'inserimento
dell'avverbio   "eventualmente",   inteso   a   tener   conto   della
possibilita' - messa in luce dalla Commissione parlamentare - che non
esistano, in certe situazioni, organi competenti in via  ordinaria  a
disporre l'interdizione.
   Oltre a modifiche formali, quale quella relativa alla sostituzione
dell'espressione "indiziato", si e' intervenuti sul  testo  dell'art.
294,  per chiarire che la partecipazione del pubblico ministero e del
difensore  all'interrogatorio  e'  rimessa  alla   loro   valutazione
discrezionale,  essendo  sufficiente che a questi sia dato tempestivo
avviso del compimento dell'atto.
   Nell'art.  296, oltre a modifiche di carattere formale in aderenza
ai suggerimenti della Commissione parlamentare, si  e'  espressamente
prevista  la  equiparazione  tra  latitante  ed  evaso gia' contenuta
nell'art. 268 del codice vigente, rilevandosi, al riguardo, come  nel
testo  del  nuovo  codice siano significativamente previste le stesse
formalita' per le notificazioni all'imputato latitante od evaso (art.
165),  non  dissimilmente da quanto disposto dall'art. 173 del codice
vigente.
   Il  testo dell'art. 297 e' stato modificato per coordinarlo con le
modifiche degli artt. 304 e 305.
  Nell'art.  299,  oltre  a  modifiche  di  carattere  formale, si e'
sopperito ad una evidente lacuna del testo del  Progetto  preliminare
prevedendosi la possibilita' di adeguare in peius la misura cautelare
- o sostituendola  con  una  piu'  gravosa  o  aggiungendo  modalita'
esecutive  piu'  gravose  -  per  far  fronte  all'aggravamento delle
esigenze cautelari: in precedenza invece erano disciplinate  soltanto
la  revoca  o  la sostituzione in melius della misura cautelare (art.
299) e l'adeguamento  in  peius  della  stessa  nella  ipotesi  della
trasgressione delle prescrizioni (art. 276).
   E' stato inoltre previsto che l'ordinanza del giudice debba essere
emessa entro il termine di cinque giorni dal deposito della richiesta
delle  parti,  in  sintonia  con  la recente l. 13 aprile 1988 n. 117
(art. 3).
   Al  testo  dell'art.  300  sono  state apportate modifiche formali
dettate da esigenze di coordinamento con il sistema: in  particolare,
e'  stato espressamente inserito, sopperendosi ad una evidente lacuna
del   Progetto   preliminare,   il   riferimento   al   "decreto   di
archiviazione"   ed   alla  "sentenza  di  non  luogo  a  procedere",
trattandosi di situazioni che, ai fini dell'articolo, devono avere lo
stesso   trattamento   giuridico   previsto   per   le   sentenze  di
proscioglimento stricto sensu.
   Il  testo  dell'art.  302  e'  stato  riformulato  per chiarire il
funzionamento dell'istituto ivi previsto e per una migliore  aderenza
al  contenuto  della  direttiva  60  della delega, che presuppone che
l'imputato, dopo  la  scarcerazione,  sia  interrogato  in  stato  di
liberta',  mentre  non  esclude  - diversamente da quanto prospettato
dalla Commissione parlamentare - la  successiva  nuova  adozione  del
provvedimento  coercitivo  nei  suoi  confronti,  ove  ne ricorrano i
presupposti.
   Oltre  a  modifiche  formali, si e' ritenuto di inserire nell'art.
303 la disciplina  della  custodia  cautelare  relativa  al  giudizio
abbreviato  ed  all'applicazione  di pena su richiesta (comma 1) e la
disciplina del decorso dei termini di custodia cautelare in  caso  di
evasione dell'imputato.
   Il  testo  dell'art. 304 e' stato riformulato, anche per aderire a
taluni suggerimenti della Commissione parlamentare.
   La  lettera a) del comma 1 e' stata soppressa, giacche' la perizia
sullo stato di mente dell'imputato - che nelle  indagini  preliminari
costituisce,  ai  sensi  dell'art.  305,  una  ipotesi di proroga dei
termini  di  custodia  -  e'  parsa  non   poter   configurare,   nel
dibattimento,  una  ipotesi  di  sospensione  dei  termini  di durata
massima della custodia cautelare.
   Si  e'  pertanto  previsto,  in  conformita' alla delega, che tale
perizia anche nel dibattimento  possa  dar  luogo  alla  proroga  dei
termini  di  custodia  e  per  questa ragione e' stato riformulato il
successivo art. 305.
   In  relazione  alla  ipotesi  di  sospensione  dei  termini per la
mancata partecipazione dei difensori, si e' riformulata la lettera b)
dell'art.  304  in  accoglimento  del  suggerimento della Commissione
parlamentare di limitare la previsione al caso in cui  l'assenza  del
difensore abbia lasciato privo di assistenza uno o piu' imputati.
   La  esigenza  di garantire una maggiore conformita' del testo alla
direttiva 61 della delega ha inoltre indotto a prevedere nel comma  2
dell'art. 304 una ulteriore ipotesi di sospensione per i dibattimenti
particolarmente complessi.
   Per  sopperire  ad  una  carenza  della  disciplina  del  Progetto
preliminare si e' infine introdotto nel comma 4 dello stesso articolo
un  limite  massimo  della  custodia  cautelare,  riferito a tutte le
ipotesi di sospensione, modellato sull'art. 272, comma 8, del  codice
vigente;  mentre  per  l'ergastolo e' stato fissato il limite massimo
equiparandosi tale pena alla pena massima temporanea.
   Il  testo  dell'art.  305  e'  stato  riformulato, come gia' si e'
detto, per realizzare una disciplina coordinata con quella  dell'art.
304.
   Il  testo dell'art. 306 e' stato modificato per coordinarlo con il
testo degli artt. 300, 301 e 302.
   Nell'art. 309, oltre a modifiche di forma, e' stata introdotta una
nuova disciplina dei termini per la decisione, per adeguarla a quella
analoga prevista in materia di sequestri (art. 324).
   Si  e'  inoltre  ridotto  il  termine  per  gli  avvisi, essendosi
ritenuto che la procedura di riesame non e' per il  difensore  e  per
l'imputato  una  procedura a sorpresa, in quanto, essendo attivata ad
iniziativa di parte, la stessa e' avvertita che nei termini brevi  di
legge dovra' provvedersi.
   Si  e'  infine  stabilito  nel  comma 4 che l'avviso all'autorita'
giudiziaria procedente della presentazione della richiesta di riesame
sia  dato  a  cura  del  presidente  del collegio, anziche', come era
previsto  nel  Progetto  preliminare,  a  cura   del   personale   di
cancelleria.
  Per assicurare una maggiore aderenza alla disciplina generale delle
impugnazioni si e' espressamente previsto, nell'art. 310,  che  anche
il difensore abbia una sua autonoma legittimazione ad impugnare.
   Anche   nell'art.   311,  non  dissimilmente  da  quanto  previsto
nell'art. 309, si e' sottratto al personale di cancelleria il compito
di  avvisare  l'autorita'  giudiziaria procedente della presentazione
del ricorso, attribuendosi la relativa competenza al giudice.
   In  aderenza  ai  rilievi  della  Commissione  parlamentare, si e'
modificata la formulazione dell'art. 312, in modo  da  estenderne  la
disciplina anche ai casi di applicazione di una misura di sicurezza a
seguito della commissione di un quasi-reato.
   Per  coordinare  la  disposizione  dell'art.  314  con  quelle che
prevedono le formule di proscioglimento, e' stato inserito nel  comma
1  il  riferimento  al  "il  fatto  non  e' previsto dalla legge come
reato".
   Sempre per esigenze di coordinamento sistematico e per colmare una
lacuna del testo del  Progetto  preliminare,  e'  stato  esteso,  con
l'inserimento del comma 3, il diritto alla riparazione della ingiusta
detenzione alle ipotesi della sentenza di non luogo a procedere e del
decreto   di   archiviazione,  trattandosi  in  entrambi  i  casi  di
situazioni in cui puo'  verificarsi  una  ingiusta  sottoposizione  a
custodia cautelare.
   Si  e'  infine  sostituita  la troppo ampia e generica espressione
"condizioni  idonee"  contenuta  nel  comma  2  facendo   riferimento
all'art.  273  e  all'art.  280;  non  e'  sembrato  invece opportuno
estendere il richiamo anche all'art. 274 per  evitare  una  eccessiva
dilatazione dell'istituto.
   La  modifica  dell'art.  315  e'  stata  dettata dalla esigenza di
coordinamento con il nuovo testo dell'art. 314.
   Il  testo  degli  artt.  272 lettera a) , 277, 285, 292, 295, 298,
301, 307 e 313 e'  stato  in  alcune  parti  modificato  per  ragioni
formali, di chiarezza o di coordinamento.
   4.2.  Nella  redazione del testo definitivo del codice un problema
di carattere generale si e' posto in conseguenza dell'invito  rivolto
al  Governo  dalla  Commissione  parlamentare nel Parere sul Progetto
definitivo, con cui "si raccomanda... di sottoporre ad attento  esame
il   coordinamento   dell'intero   testo   con  la  nuova  disciplina
recentemente approvata sui provvedimenti di custodia  cautelare"  (l.
n. 330 del 1988) .
   Non  si  e'  peraltro  ritenuto  che fossero da apportare al testo
specifiche modifiche dipendenti da quella esigenza  di  coordinamento
che  la  stessa  Commissione parlamentare aveva ammonito ad intendere
"non... nel senso meccanicistico della mera riproduzione... di quanto
disposto"  nella l. n. 330, da "considerarsi anticipativa... solo per
quanto riguarda principi e criteri informatori".
   In  particolare,  si  e'  preferito  astenersi dal riprodurre, nel
testo definitivo, l'istituto che  figura  nell'art.  254  del  codice
vigente,  vale  a  dire  la  previsione  di  un obbligo di emanare un
provvedimento motivato in caso di mancata applicazione della custodia
cautelare  nei  confronti  degli  imputati  di  delitti gravissimi: a
sconsigliare la recezione di tale istituto nel testo del nuovo codice
e'  stata  la  "storia"  della legge-delega del 1987, in quanto nella
versione  definitiva  della  legge  medesima  venne  a  cadere   quel
riferimento  ad  un meccanismo del genere, che, invece, era contenuto
in una versione precedentemente elaborata.
   Nel testo definitivo dell'art. 274 e' stata riformulata la lettera
c) , con particolare riguardo al riferimento che vi si faceva,  nelle
precedenti  stesure,  ad  una prognosi di pericolosita' dell'imputato
fondata sulla possibilita' di commissione  di  "gravi  delitti  della
stessa indole di quelli per cui si procede".
   Il  testo  che ora si propone mira a tener conto dei rilievi della
Commissione parlamentare, e, d'altro canto, tende a  fare  egualmente
salvo   il   nucleo   centrale  delle  ragioni  che  avevano  indotto
all'impiego della formula, che, pure, aveva suscitato qualche  dubbio
di  conformita'  alla  delega da parte della Commissione parlamentare
stessa.
   Al  riguardo  non  si e' riprodotta, puramente e semplicemente, la
formula impiegata dalla recente l. n. 330 del 1988 (cosi'  come,  del
resto,  dalla  legge-delega)  col  suo  riferimento alle "esigenze di
tutela della collettivita'", giacche' questa soluzione e' parsa  tale
da  non  venire incontro alla necessita' di una precisa delimitazione
dell'area di operativita' delle cautele extra-processuali.
   Cosi', il riferimento alla "specie" dei delitti - per cui dovrebbe
comunque  essere  determinante  una   valutazione   di   medesimezza,
quantomeno,  tra  il  titolo del reato di cui in imputazione e quello
temuto - si e' ritenuto essere, in definitiva, il piu'  soddisfacente
per  garantire  la  determinatezza  delle  previsioni normative in un
settore nel  quale  le  esigenze  di  garanzia  sono  particolarmente
intense.
   Nell'art.  275 e' stata oggetto di ulteriore elaborazione la parte
di   normativa   riguardante   gli   imputati   tossicodipendenti   e
alcooldipendenti.
   La  formulazione  definitiva  del  testo cerca di tener conto, sia
delle ragioni - evidenziate  dalla  Commissione  parlamentare  -  che
consigliano  di  adottare  soltanto  in  casi eccezionali la custodia