cautelare nei confronti di persone che versino in tali stati, sia delle preoccupazioni - da piu' parti espresse - sui pericoli di strumentalizzazioni derivanti dalla mancanza di adeguati controlli circa l'effettivo svolgimento dei programmi di recupero, in funzione dei quali si tollera la rinuncia all'applicazione della suddetta misura. Il testo dell'art. 279 e' stato parzialmente riscritto per rendere piu' corretta la relativa formulazione. Accogliendosi i rilievi della Commissione parlamentare, il comma 2 dell'art. 290, e' stato integrato con il riferimento ai delitti contro l'incolumita' pubblica; sono state cosi' superate le perplessita' che avevano indotto a non apportare nella precedente stesura la modifica che era gia' stata proposta nel Parere sul Progetto preliminare. A parte alcune modifiche di ordine formale, l'art. 292, venendo incontro ai rilievi della Commissione parlamentare, ha subito la soppressione dell'originario comma 2, derivandone una implicita riconduzione delle ipotesi gia' previste da quel comma al regime generale delle sanatorie delle nullita'. Nell'art. 294, oltre ad alcune modifiche di carattere formale, si segnala l'inserimento, nel comma 1, di una norma apposita per l'interrogatorio della persona agli arresti domiciliari, resa necessaria dalla peculiarieta' di questa misura che, pure, e', in via generale, equiparata alla custodia cautelare. E del resto tale modifica e' in linea con le osservazioni della Commissione parlamentare che aveva ritenuto "compatibile con la delega la previsione di un termine superiore ai cinque giorni nel caso di arresti domiciliari". Nell'art. 299, mentre non si e' accolto il suggerimento della Commissione parlamentare volto a sostituire, nel comma 4, l'espressione "quando le esigenze cautelari risultano aggravate" con l'altra "quando la misura risulta inadeguata", essendo parso preferibile mantenere una formula corrispondente a quella del comma 2, ove si allude al caso in cui "le esigenze cautelari risultano attenuate", si e' soppressa, nel comma 3, la specificazione "per le indagini preliminari", allo scopo di far meglio intendere che anche al giudice del giudizio deve ritenersi prescritto di provvedere entro cinque giorni dal deposito della richiesta. Nell'art. 300 comma 1, a parte la sostituzione della formula "della medesima persona" (resa necessaria dal successivo riferimento al provvedimento di archiviazione) a quella "del medesimo imputato", si e' meglio specificata la tipologia dei provvedimenti dai quali deriva l'effetto estintivo delle misure cautelari, attraverso la locuzione "nei confronti della medesima persona e' disposta l'archiviazione ovvero e' pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento". Quanto al comma 2, ai fini di un migliore coordinamento con la disciplina dell'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza, si e' stabilito che, nel caso di pronuncia della sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, con la quale venga altresi' applicata la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice debba provvedere a norma dell'art. 312. Nell'art. 302, al fine di venire incontro ai rilievi della Commissione parlamentare circa i presupposti della rinnovazione della custodia cautelare nei confronti della persona liberata per omesso interrogatorio entro il termine previsto dall'art. 294, si e' precisato che la suddetta misura puo' venire di nuovo disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, solo dopo che la persona stessa abbia reso l'interrogatorio in stato di liberta', sempre che, anche alla stregua dei risultati di tale interrogatorio, risultino sussistere le condizioni di applicabilita' e le esigenze cautelari previste dagli artt. 273, 274 e 275. Non potendosi, tuttavia, imporre coattivamente la prestazione di tale interrogatorio, si e' prevista la possibilita' del ripristino della custodia, in presenza delle condizioni richiamate, anche nel caso in cui la persona liberata non si presenti a rendere l'interrogatorio senza addurre un giustificato motivo. L'art. 303 e' stato modificato formalmente, prevedendosi un apposito comma 3 per la ipotesi di nuova decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare in caso di evasione. Nell'art. 307 e' stata apportata una modifica formale nella lettera a) del comma 2 e si e' chiarito, nel comma 4, che competente alla convalida del fermo e' il giudice per le indagini preliminari, il quale con il provvedimento di convalida, se vi e' richiesta del pubblico ministero e ne ricorrono le condizioni, "dispone con ordinanza" la misura cautelare; non e' sembrato infatti corretto parlare di "conversione del fermo" in tale misura. Nel testo definitivo dell'art. 309, oltre ad alcuni aggiustamenti formali, anche al fine di rendere agevole il coordinamento con l'art. 310, e oltre ad una modifica meramente esplicativa, consistente nella specificazione che si tratta di riesame "anche nel merito" (comma 1) , e' stata introdotta una modifica sostanziale nel comma 8, prevedendosi che "fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria", allo scopo evidente di dare un senso compiuto al contraddittorio previsto attraverso il richiamo al procedimento camerale di cui all'art. 127 (126). Questa esigenza di garanzia per l'intervento della difesa (che si e' ritenuto di potenziare anche in armonia con la recente innovazione ex art. 25 l. 5 agosto 1988 n. 330) non poteva, tuttavia, venire soddisfatta con riferimento all'intero complesso degli atti del procedimento secondo la versione dell'articolo accolta nel Progetto, il cui comma 4 prevedeva che l'autorita' giudiziaria procedente, una volta avvisata della richiesta di riesame, entro il giorno successivo trasmettesse al tribunale gli "atti del procedimento". Ad evitare che, per tale via, nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero fosse in concreto obbligato ad una sorta di anticipata discovery, si e' stabilito nel comma 5 che gli atti da trasmettere al tribunale - destinati come tali ad essere conosciuti dal difensore, attraverso il loro deposito in cancelleria - fossero soltanto quelli "presentati a norma dell'articolo 291 comma 1": cioe', in sostanza, i soli atti posti dal pubblico ministero a fondamento della sua richiesta di applicazione della misura. Nell'art. 310 sono state apportate alcune modifiche formali o per motivi di coordinamento con l'art. 309. Inoltre, accogliendosi il suggerimento della Commissione parlamentare, e tenuto conto della peculiarita' degli interessi su cui incide il provvedimento sottoposto ad appello, si sono superati i precedenti dubbi e si e' deciso di ridurre da trenta a venti giorni il termine entro il quale, ai sensi del comma 2, il tribunale dovra' emettere la propria decisione. Nell'art. 311, essendosi ritenuto di configurare la possibilita' del ricorso per cassazione omisso medio, secondo l'indicazione emergente anche dall'art. 23 l. 5 agosto 1988 n. 330, contro le sole ordinanze che abbiano disposto una misura coercitiva (come tali assoggettabili a riesame ex art. 309) , e non anche una diversa misura cautelare, si e' correlativamente modificato il comma 2, sostituendo l'espressione "misura cautelare" con "misura coercitiva"; del resto in coerenza con la previsione gia' contenuta nello stesso comma, per cui la proposizione di tale ricorso "rende inammissibile la richiesta di riesame". Per ragioni meramente formali, si e' sostituita, nell'art. 312, l'espressione "in qualunque stato delle indagini preliminari o del giudizio" con l'altra piu' consueta "in qualunque stato e grado del procedimento". Nell'art. 313, oltre a modifiche formali, si e' deciso di specificare, nel comma 1, quanto gia' doveva ritenersi, peraltro, implicito anche nella precedente formulazione, stabilendosi che l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza possa avvenire soltanto "previo accertamento sulla pericolosita' sociale dell'imputato". In tal modo si e' venuti incontro alle preoccupazioni espresse dalla Commissione parlamentare, risultando fuori discussione che il suddetto accertamento di pericolosita' sociale debba precedere sia l'applicazione che l'eventuale revoca della misura di sicurezza. Negli artt. 314 e 315 (precisamente, nei commi 3 e 5 dell'art. 314 e nel comma 1 dell'art. 315) si e' proceduto a sostituire l'espressione "decreto di archiviazione" con l'altra "provvedimento di archiviazione", cosi' da far intendere come entrambe le disposizioni si applichino anche nel caso di archiviazione disposta con ordinanza. Modifiche formali o per motivi di coordinamento sono state apportate anche agli artt. 283, 292, 293, 296, 304, 305 e 306. TITOLO II MISURE CAUTELARI REALI 4.3. La disciplina dei sequestri non e' stata modificata nella sostanza rispetto a quella contenuta nel Progetto preliminare. Gli artt. 317, 318, 319, 321, 323 e 324 contengono invece talune modifiche di carattere formale dettate dalla esigenza di migliorarne la formulazione e di garantirne un piu' puntuale coordinamento con altre disposizioni del testo. 4.4. Nel testo definitivo del codice sono state apportate modifiche formali o di coordinamento con altre disposizioni del testo agli artt. 318, 319, 321, 322, 323. Nell'art. 316 comma 1 si e' limitato l'ambito di applicabilita' della norma al "processo di merito" per escludere il giudizio di cassazione. L'art. 317 comma 2 e' stato integrato con il riferimento alla ipotesi in cui sia stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere. Si e' inoltre colmata una lacuna prevedendosi la competenza del giudice per le indagini preliminari ad ordinare il sequestro dopo che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio e prima della trasmissione degli atti al giudice competente. Nell'art. 324, oltre a modifiche formali, e' stata inserita, nel comma 6, la previsione che "fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria", allo scopo di dare effettivita' al contraddittorio previsto attraverso il richiamo all'art. 127 (126) (v. anche articolo 309) . Nello stesso articolo inoltre e' stato introdotto un nuovo comma, in conseguenza della soppressione del comma 3 dell'art. 318: in tal modo e' stata disciplinata, sia con riguardo al sequestro conservativo che con riguardo al sequestro preventivo, la ipotesi della contestazione della proprieta' res sequestrata. Nell'art. 325 e' stata prevista la possibilita' di proporre direttamente ricorso per cassazione avverso il decreto di sequestro. PARTE SECONDA LIBRO V INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI 5.1. Nel Progetto definitivo il testo degli articoli che dettano le disposizioni generali del libro V, con il quale inizia la parte seconda del codice, e' rimasto invariato, salva una modifica del comma 1 dell'art. 329 (che disciplina il segreto delle indagini preliminari) , intesa a sancire con maggiore chiarezza che tale segreto cessa in ogni caso all'atto della chiusura delle indagini, a prescindere dal relativo epilogo, e quindi anche nel caso di archiviazione. 5.2. Nel testo definitivo del codice le disposizioni del presente titolo non hanno subito modificazioni rispetto al Progetto definitivo, salvo un emendamento formale apportato all'art. 328, relativo all'intervento del giudice per le indagini preliminari. In ordine ai soggetti che a tale giudice possono presentare richieste, si e' aggiunto alle "parti private" il riferimento espresso alla "persona offesa dal reato". Si e' comunque deciso di mantenere la locuzione "parti private" perche' la norma si applica anche all'udienza preliminare e non solo alla fase delle indagini preliminari. TITOLO II NOTIZIA DI REATO 5.3. Nel Progetto definitivo e' stato soppresso il comma 3 e modificato il comma 4 dell'art. 335 del Progetto preliminare, in modo da distinguere la disciplina generale prevista dall'art. 116 (115) , concernente il rilascio di copie, estratti e certificati di atti e che riguarda anche il denunciante e la persona offesa, dalle disposizioni dettate dall'art. 335 che si riferiscono, invece, al registro delle pendenze giudiziarie, rispetto al quale il comma soppresso poteva determinare ingerenze intempestive e percio' indebite nello stato del procedimento. La Commissione parlamentare ha ritenuto la nuova formulazione dell'art. 335 piu' rispondente alla legge-delega (direttiva n. 35) . 5.4. Nel testo del codice le disposizioni di questo titolo non hanno subito alcuna modifica, salvo un miglioramento formale che ha riguardato la rubrica dell'art. 331. TITOLO III CONDIZIONI DI PROCEDIBILITA' 5.5. Le modifiche principali che si rinvengono nel testo del Progetto definitivo (rispetto a quello del Progetto preliminare) riguardano le disposizioni dell'art. 343 (autorizzazione a procedere) In particolare e' stato riformulato il comma 3 relativo alle ipotesi di flagranza di reati per i quali sia previsto l'arresto obbligatorio. Poiche' l'art. 343 riguarda tutti i casi di autorizzazione a procedere (e non solo quelli relativi ai membri del Parlamento) si e' disposto in linea generale, conformemente alla direttiva n. 47 della legge-delega, che i divieti previsti dal comma 2 non operano nelle specificate situazioni di flagranza. Per i membri del Parlamento, alla gia' prevista possibilita' di arresto in flagranza (limitata a quei delitti per i quali era obbligatorio il mandato di cattura all'epoca della entrata in vigore della Costituzione repubblicana) e' stata aggiunta la possibilita' di perquisizioni personali e domiciliari, secondo la previsione dell'art. 68 della Costituzione, a cui si e' riconosciuta una efficacia riduttiva del piu' ampio tenore letterale della legge-delega (Relazione al Progetto preliminare, p. 185) . Infine al trattamento dei membri del Parlamento si e' parificato quello dei componenti della Corte costituzionale (art. 3 legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1). Nell'art. 342 si e' indicato l'ufficio al quale va presentata la richiesta di procedimento. Nell'art. 344 si e' aggiunto un comma 4, relativo alla possibilita' di separazione dei processi quando soltanto per alcuni imputati e' necessaria l'autorizzazione a procedere. Modifiche formali sono state, infine, apportate alla rubrica dell'art. 338, nonche' al testo degli artt. 345 (in accoglimento di un suggerimento della Commissione parlamentare) e 346. 5.6. Nel testo del codice modifiche di ordine prevalentemente formale o di coordinamento sono state apportate agli artt. 338, 343, 344 e 345. Nel comma 4 dell'art. 343 si e' ritenuto preferibile eliminare la locuzione "neppure in altri procedimenti", riferita al divieto di utilizzazione degli atti compiuti in violazione della disciplina sulla autorizzazione a procedere. La estensione, invero, e' parsa superflua e al tempo stesso fonte di possibili equivoci, la' dove potrebbe far pensare che l'inutilizzabilita' di una prova di un dato processo valga anche in un diverso processo solo quando cio' sia specificamente previsto. Nel comma 1, seconda parte, dell'art. 344, nella locuzione "nei giudizi di competenza del pretore" la parola "giudizi" e' stata sostituita con "procedimenti" poiche', conformemente alla convenzione terminologica adottata, l'espressione "procedimento" e' comprensiva anche della fase delle indagini preliminari e di tutti i momenti processuali anteriori al "giudizio". Nel comma 4 dello stesso articolo si e' poi sostituita la locuzione "contro piu' imputati" con quella "nei confronti di piu' persone" poiche' la disposizione concerne anche la fase delle indagini preliminari, in cui non vi e' ancora un imputato. Il comma inoltre e' stato migliorato formalmente sostituendo l'espressione "nel frattempo a giudizio" con quella "separatamente". Nel comma 1 dell'art. 345 l'espressione "decreto di archiviazione" e' stata sostituita con "il provvedimento di archiviazione" poiche' la norma concerne sia le ipotesi di archiviazione pronunciate con decreto sia quelle in cui il provvedimento e' adottato con ordinanza. TITOLO IV ATTIVITA' A INIZIATIVA DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA 5.7. Nel Progetto definitivo sono state apportate modifiche a diversi articoli, ma di esse solo poche richiedono una esplicazione. Nell'art. 351 (modificato anche nella rubrica) si e' soppresso il comma 2, che nulla aggiungeva al potere di ordine generale attribuito alla polizia giudiziaria nel comma 1. Nell'art. 352, comma 5, e nell'articolo 355 comma 1, si e' chiarito quale sia il pubblico ministero territorialmente competente per la convalida (rispettivamente, della perquisizione e del sequestro). Al riguardo si e' data rilevanza all'autorita' del luogo in cui l'atto e' stato eseguito, anche nel caso in cui essa non coincide con quella competente per le indagini. Nell'art. 354 si e' aggiunto un comma 3 (e si e' conseguentemente modificata la rubrica), in accoglimento di un suggerimento della Corte di cassazione, al fine di consentire alla polizia l'accertamento delle tracce del reato desumibili non solo dai luoghi e dalle cose, ma anche dalle persone (per esempio, macchie di sangue o reazioni chimiche dell'espirazione a prova di uno stato di ubriachezza). Sono di ordine formale, invece, le modifiche apportate agli artt. 348 (ove e' stata collocata la disposizione costituente inizialmente il comma 3 dell'art. 359 ), 350 (nella rubrica), 353 (nella rubrica) e 355. 5.8. Nel testo definitivo del codice si e' soppresso il comma 3 dell'art. 352, che, per il compimento delle perquisizioni, richiamava le disposizioni su tale atto del libro III. La disciplina generale ivi contenuta - come quella di ogni altro atto suscettibile di compimento anche nelle indagini preliminari - vale anche in questa fase. Pertanto il richiamo a disposizioni generali e' per un verso inutile e per un altro verso tale da provocare errate interpretazioni. Modifiche di ordine formale sono state apportate, in sede di coordinamento, agli articoli 350, 352, 354, 355 e 357, ultimo comma. TITOLO V ATTIVITA' DEL PUBBLICO MINISTERO 5.9. La novita' di maggior rilievo consiste nella introduzione nel Progetto definitivo, sotto l'articolo 361- bis (ora 362 ), di una apposita norma volta a sancire espressamente, da un lato, il potere-dovere del pubblico ministero di assumere informazioni utili ai fini delle indagini; dall'altro, gli obblighi che incombono sui soggetti che tali informazioni sono in grado di riferire. Obblighi fra i quali non e' compreso quello di dire la verita' - come si desume dal mancato richiamo dell'art. 198 proprio per differenziare la posizione di tali soggetti dal testimone - ipotizzabile solo in sede giurisdizionale, assegnando ai soggetti medesimi una configurazione non dissimile da quella che assumono le persone chiamate a riferire circostanze o notizie alla polizia giudiziaria. All'art. 364 (363), oltre a taluni emendamenti dettati da esigenze di coordinamento o formali, si e' ritenuto opportuno modificare, al comma 5, la disciplina degli avvisi ai difensori nei casi di atti da assumere con assoluta urgenza. In particolare, e' stato previsto che il pubblico ministero possa prescindere dal rispetto del termine stabilito nel comma 3 ove l'urgenza concerna gli atti di interrogatorio, confronto o ispezione, stabilendosi tuttavia l'obbligo di avvisare il difensore "senza ritardo e comunque tempestivamente". Per gli atti di interrogatorio e confronto, l'avviso e' sempre dovuto, giacche' non e' sembrato potersi realizzare un presupposto di urgenza tale da porsi in termini di inconciliabilita' con l'onere dell'avviso, sacrificando, quindi, il concreto esercizio del diritto di difesa. Diversamente si e' ritenuto per le ispezioni: nell'ipotesi, affatto eccezionale, prevista dallo stesso comma 5, l'atto si connota in termini di mezzo di ricerca della prova "a sorpresa" - e quindi come figura specifica rispetto alla ispezione che non presenti tali caratteristiche - di tal che' e' apparso coerente prevedere la facolta' di omettere l'avviso, ferma restando, in ogni caso, la facolta' di intervento del difensore. Sempre ad esigenze di garanzia e' dovuta l'introduzione del comma 3 all'art. 375 (373): si e' ritenuto infatti, che se il pubblico ministero intende procedere all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini, l'invito a presentarsi deve contenere anche la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede. I restanti emendamenti, salvo quanto poi si dira' in merito all'art. 360, tendono a chiarire il contenuto delle relative disposizioni (artt. 366 (365), 369 (367), 371 (369), 376 (374), 377 (375) ovvero soddisfano esigenze formali (artt. 358, 365 (364), 370 (368), 374 (372) o sistematiche e di coordinamento (artt. 359, 363 (362), 367 (365-bis) , 373 (371) , accogliendo anche taluni rilievi formulati dalla Commissione parlamentare (art. 372 (370) . 5.10. Nel Progetto definitivo si era ritenuto di dover emendare l'art. 360 sopprimendo il riferimento alle "operazioni" e cio' nel presupposto che la norma, volta a circoscrivere il ricorso all'incidente probatorio ma al tempo stesso ad assicurare idonee garanzie e un adeguato contraddittorio, dovesse dispiegare la sua operativita' solo nei casi di accertamenti tecnici per i quali sarebbe possibile il ricorso alla perizia a norma dell'articolo 392 (390) . Tale scelta e' stata mantenuta nel testo definitivo anche se la Commissione parlamentare ha espresso preoccupazioni circa il rischio che la soluzione anzidetta venga ad escludere dalla disposizione in esame "operazioni" che pur possono presentare il carattere della non ripetibilita'. L'assunto, pur se degno di ogni considerazione, non e' apparso condivisibile proprio perche', attese le finalita' della norma, avrebbe generato una spuria commistione tra il concetto di accertamento, per sua natura frutto di valutazione, e quello di operazione, che tale caratteristica non presenta, mentre e' solo il primo dei due che puo' funzionalmente raccordarsi al tema della perizia esperibile in sede di incidente probatorio. Nel comma 5 dello stesso articolo l'espressione finale "esiti non possono essere raccolti nel fascicolo per il dibattimento" e' stata sostituita con "risultati non possono essere utilizzati agli effetti del giudizio" al fine, da un lato, di rendere piu' tecnica la norma, riconducendo la previsione all'"inutilizzabilita'" anziche' alludere genericamente - e senza che se ne fossero precisate le conseguenze in caso di inosservanza - a una sorta di divieto di inserimento nel fascicolo dibattimentale; e, dall'altro lato, di non limitare la comminatoria dell'inutilizzabilita' al solo dibattimento. I commi 4 e 5 dello stesso art. 360 sono stati inoltre modificati formalmente. Modifiche di coordinamento o dettate da esigenze di maggior chiarezza sono state apportate anche agli articoli 361, 363 (362), 373 (371) e 377 (375). TITOLO VI ARRESTO IN FLAGRANZA E FERMO 5.11. Nel Progetto definitivo e' stato modificato il comma 1 dell'articolo 390 (388) per dirimere perplessita' circa l'individuazione del giudice competente a decidere sulla convalida, stabilendosi che e' tale il giudice per le indagini preliminari competente per materia secondo le regole ordinarie e, per territorio, in rapporto al luogo in cui e' stato operato il fermo o l'arresto. E' stata poi soppressa l'espressione "porre a disposizione del giudice" e correlativamente modificata la rubrica dell'articolo, per chiarire che l'obbligo del pubblico ministero si traduce solo nella tempestiva richiesta della decisione sulla convalida. Si e' inoltre modificato il comma 2 essendo apparso piu' funzionale e celere prevedere che sia lo stesso giudice (e non il pubblico ministero) a dare avviso della data fissata per l'udienza di convalida dell'arresto o del fermo. Nel comma 3, infine, e' stato soppresso, poiche' improprio, l'inciso "salvo che l'arrestato o il fermato non possa o si rifiuti di comparire", giacche' la presenza o meno dell'arrestato o del fermato potra' rilevare solo in sede di udienza di convalida. Oltre a taluni emendamenti di ordine formale, si e' ritenuto di modificare la disciplina dell'udienza di convalida (art. 391 (389)) prevedendosi: a) la necessaria partecipazione del pubblico ministero e del difensore, per maggiore conformita' alla delega; b) la soppressione del termine a difesa per il difensore designato in sostituzione, essendosi ritenuta inconciliabile tale previsione con i termini "ad horas" stabiliti, a garanzia del diritto di liberta', per la convalida; c) la possibilita' di proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che decide sulla convalida, essendo apparso opportuno formulare una espressa previsione in tal senso, giacche' il provvedimento sulla convalida viene scisso dalle successive determinazioni del giudice in tema di applicazione di misure coercitive. Modifiche formali o di coordinamento, talvolta suggerite dalla Commissione parlamentare, sono state apportate agli artt. 380 (378), 381 (379), 384 (382), 385 (383), 386 (384) e 388 (386). 5.12. Il testo definitivo dell'art. 386 (384) e' stato modificato formalmente e sostanzialmente: in particolare, nel comma 4 l'espressione "traducono" e' stata sostituita con l'altra "conducono"; nel comma 5, dicendo "se" e non "quando" si e' voluto chiarire che l'ipotesi del pregiudizio delle indagini e' del tutto distinta da quella dell'infermita'; nel comma 7, infine, si e' ritenuto di prevedere un ulteriore caso di sopravvenuta inefficacia dell'arresto o del fermo che abilita il pubblico ministero alla liberazione ex art. 389 (387) comma 1. Nel testo definitivo del comma 1 dell'art. 390 (388) alla locuzione "la decisione sulla convalida", si e' sostituita l'espressione "la convalida", sulla considerazione che la richiesta del pubblico ministero e' necessariamente in tal senso, visto che non ha egli stesso provveduto anteriormente a ordinare la liberazione della persona arrestata o fermata. Gli articoli 389 (387) e 391 (389) sono stati sottoposti ad alcune modifiche formali e di coordinamento. TITOLO VII INCIDENTE PROBATORIO 5.13. Le modifiche apportate nel Progetto definitivo all'art. 392 (390), tengono conto dei condivisibili rilievi svolti dalla Commissione parlamentare: cosi', fra i casi in cui e' consentito l'incidente probatorio, e' stata inserita la ricognizione, trattandosi di atto che spesso si connota di assoluta urgenza e per cio' stesso non puo' - pena la frustrazione del mezzo di prova esser rinviato al dibattimento. Si e' ritenuto anche opportuno ammettere l'incidente probatorio per procedere all'esame delle persone indicate nell'art. 210, in presenza dei medesimi presupposti stabiliti per la testimonianza e per l'esame dell'inquisito sul fatto altrui: cio' per evidenti ragioni di armonia e razionalita' del sistema. E' stata infine prevista, all'art. 398 (396) comma 5, la possibilita' di espletare l'incidente probatorio in rogatoria per intuibili esigenze di speditezza ed in attuazione del punto 54 della legge delega. A prescindere dalla soppressione del comma 1 dell'art. 400 (ora 403), la cui previsione si e' ritenuta superflua, i restanti emendamenti apportati nel Progetto definitivo sono di ordine formale o scaturiti da esigenze di coordinamento ovvero volti a colmare marginali lacune (artt. 393 (391), 395 (393), 396 (394), 397 (395), 401 (398), 402 (399). 5.14. Nel testo del codice non sono state apportate altre modifiche, salvo una modifica formale al testo dell'art. 402 (399). TITOLO VIII CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI 5.15. La struttura delle disposizioni che disciplinano la chiusura delle indagini preliminari e' rimasta sostanzialmente inalterata nel Progetto definitivo, salvo talune modifiche apportate in tema di archiviazione. Il testo dell'art. 409 (406), infatti, e' stato emendato allo scopo di risolvere il problema, segnalato dalla Commissione parlamentare, rappresentato dalla situazione di stasi che si determina, in particolare, nel caso in cui, prescindendo dalla necessita' di ulteriori indagini, il giudice non concordi con la richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero: situazione che, ove non espressamente disciplinata, consentirebbe di configurare l'archiviazione nella ipotesi suddetta come una sorta di atto dovuto. Tra le diverse soluzioni astrattamente ipotizzabili e' parsa preferibile, per la migliore compatibilita' col nuovo schema processuale, quella di prevedere che il giudice, in caso di dissenso, disponga con ordinanza che il pubblico ministero formuli l'imputazione, dando quindi ex officio impulso alla procedura che condurra' alla fissazione dell'udienza preliminare. Nel caso, invece, in cui il pubblico ministero non abbia esaurientemente svolto le indagini, e' stato previsto un meccanismo di controllo attraverso la comunicazione della data dell'udienza, all'uopo fissata dal giudice, al procuratore generale, il quale potra' disporre l'avocazione a norma dell'art. 412 (409) comma 3. Le modifiche di ordine prevalentemente formale che compaiono negli articoli 405 (402), 406 (403), 407 (404), 413 (410), 415 (412)) sono state apportate anche in accoglimento dei condivisibili rilievi formulati dalla Commissione parlamentare: i restanti emendamenti (artt. 410 (407), 411 (408), 412 (409), 414 (411), 415 (412) hanno soddisfatto esigenze di coordinamento o di chiarezza colmando, anche, talune carenze che figuravano nel precedente testo (art. 407 (404). Tenuto conto della particolare delicatezza della materia, e' stato poi previsto (art. 414 (411) che la riapertura delle indagini dopo l'archiviazione venga autorizzata dal giudice con decreto motivato. 5.16. Nel testo del codice all'art. 408 (405) sono state introdotte modifiche nei commi 1 e 3 intese a meglio scandire i momenti di trasmissione degli atti dal pubblico ministero al giudice e di deposito degli stessi a disposizione dell'offeso dal reato. All'art. 409 (406), oltre ad una modifica apportata al comma 2, con cui si prevede il deposito e la conseguente disponibilita' degli atti fino al giorno dell'udienza, e' stato introdotto il comma 5 nel quale si prevede che l'ordinanza di archiviazione e' ricorribile per cassazione solo nei casi di nullita' previsti dall'art. 127 comma 5: limitazione che, da un lato, garantisce adeguatamente dai vizi che possono aver afflitto il rito camerale e, dall'altro, evita una proliferazione di ricorsi avverso un provvedimento a struttura e funzioni affatto peculiari, quale e' l'ordinanza di archiviazione, di per se' caducabile in rapporto alla sempre possibile riapertura delle indagini. TITOLO IX UDIENZA PRELIMINARE 5.17. Le disposizioni concernenti l'udienza preliminare hanno subito diverse modifiche nel Progetto definitivo: alcune sono scaturite dalla necessita' di colmare vuoti normativi (artt. 419 (416) comma 4, 423 (420) comma 3, 424 (421) comma 4, 426 (422 bis), 427 (423) comma 4, 430 (426) comma 2); altre hanno soddisfatto esigenze di maggior chiarezza e razionalita' del sistema (artt. 416 (413), 418 (415), 419 (416), 420 (417), 422 (419), 427 (423), 429 (425), 431 (427), 432 (428), 433 (429)), avuto riguardo, anche, ai suggerimenti forniti dalla Commissione parlamentare. A considerazioni diverse sono invece dovuti gli emendamenti apportati all'art. 425 (422): dopo approfondita riflessione si e' ritenuto, infatti, di estendere le formule della sentenza di non luogo a procedere, si' da ricomprendervi i casi in cui risulta evidente che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non imputabile o non punibile per qualsiasi causa. E' apparso infatti ragionevole prevedere che nei casi in cui la non punibilita' dell'imputato appaia in termini probatoriamente tali da raggiungere la soglia della evidenza - il che pare scongiurare il rischio di un eccessivo e strumentale contenzioso nel corso della udienza preliminare che ne allunghi i tempi - possa pervenirsi ad una soluzione anticipata del processo che eviti la celebrazione di un dibattimento dall'esito scontato. D'altra parte, la marcata propensione che la legge delega mostra nei confronti dei riti alternativi e delle soluzioni procedimentali che tendono a ridurre il numero dei dibattimenti, consente di ritenere la soluzione adottata in linea con lo spirito della stessa delega, anche se la direttiva 52 non fa testualmente menzione delle formule di cui si e' detto. 5.18. Le disposizioni del Progetto definitivo che disciplinano l'udienza preliminare non hanno subito modifiche di rilievo nel testo che si propone. Il testo definitivo dell'articolo 426 (422- bis) e' stato modificato anche attraverso la introduzione di un nuovo comma 2 per coordinarlo con l'art. 546 (539). Nel comma 1, lettera e) dell'art. 431 (427) si e' aggiunta la precisazione "indicati nell'art. 236" per evitare che si potesse pensare che la generica locuzione "documenti" (ancorche' menzionati unitamente al certificato generale del casellario giudiziale) volesse riferirsi a qualsiasi prova documentale. All'art. 432 (428) si e' precisato che al giudice devono essere trasmessi anche i provvedimenti cautelari di cui sia ancora in corso l'esecuzione, in modo che allo stesso sia consentito l'esercizio dei poteri di ufficio indicati nell'art. 299. Gli articoli 419 (416), 420 (417), 421 (418), 422 (419), 426 (422- bis ) e 429 (425) hanno subito modifiche formali o di coordinamento. TITOLO X REVOCA DELLA SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE 5.19. Le disposizioni di questo titolo non hanno subito modifiche rispetto al testo del Progetto preliminare, salvo alcune modifiche formali nel testo definitivo (e nella rubrica) dell'art. 435 (431). LIBRO VI PROCEDIMENTI SPECIALI TITOLO I GIUDIZIO ABBREVIATO 6.1. La disciplina del giudizio abbreviato ha ricevuto nel Progetto definitivo una sistemazione piu' organica e chiara, in modo da rendere facilmente percepibili le modalita' di introduzione e di svolgimento di questo tipo di giudizio, che costituisce una assoluta novita' per l'ordinamento processuale italiano. Il contenuto dell'art. 434 del Progetto preliminare e' stato suddiviso in due articoli, il primo dei quali (ora 438 ) individua i presupposti del procedimento speciale (richiesta dell'imputato e consenso del pubblico ministero), mentre il secondo (ora 439 ) disciplina i tempi in cui tali presupposti possono verificarsi. Le norme contenute nei due articoli non sono pero' sostanzialmente innovative rispetto alla disciplina del Progetto preliminare. Si e' soltanto disposto in modo espresso (art. 438 comma 3) che la richiesta dell'imputato di giudizio abbreviato deve essere formulata personalmente o a mezzo di procuratore speciale. Nell'art. 440 (435) comma 2, si e' imposta al giudice, con disposizione piu' chiara, la decisione immediata sulla richiesta di giudizio abbreviato che le parti abbiano presentato nel corso dell'udienza preliminare. Nell'art. 441 (436) si e' aggiunto un nuovo comma al fine di evitare che la parte civile che non ha acconsentito al rito abbreviato abbia a subire la sospensione del processo civile prevista dall'art. 75 (74) comma 3. Un nuovo comma e' stato aggiunto anche nell'art. 442 (437): dal momento che la disciplina della contumacia non puo' trovare applicazione per l'udienza preliminare, ma considerato che quest'ultima ed il correlativo giudizio abbreviato possono ritualmente celebrarsi anche in assenza dell'imputato, e' sembrato opportuno prevedere espressamente che la sentenza debba essere notificata all'imputato non comparso. Infine, nell'art. 443 (438) si e' recepita la proposta della Commissione parlamentare intesa ad estendere l'ambito entro il quale la sentenza emessa a conclusione del giudizio abbreviato puo' essere appellata dal pubblico ministero. Si e' percio' previsto, nell'art. 443 (438) comma 3, che quest'ultimo organo possa proporre appello anche avverso la sentenza di condanna, nell'ipotesi in cui sia stato modificato il titolo del reato. 6.2. Nel testo definitivo del codice la disciplina del giudizio abbreviato ha ricevuto modifiche soltanto formali negli artt. 438, 439 e 440. E' stato aggiunto un comma 4 all'art. 442, che contiene il rinvio all'art. 426 comma 2, relativo alla sottoscrizione della sentenza in caso di impedimento del giudice. TITOLO II APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI 6.3. Anche la disciplina del procedimento in esame ha ricevuto, nel Progetto definitivo, modifiche dirette, per lo piu', a dare ad esso una sistematica piu' ordinata e chiara. In particolare, nell'art. 446 (441) si e' concentrata l'intera disciplina relativa alla richiesta ed al consenso, trasferendo in esso l'originario comma 3 dell'art. 447 (442). Inoltre l'art. 447 e' stato limitato alla disciplina del procedimento nell'ipotesi di richiesta formulata nel corso delle indagini preliminari, mentre nel nuovo art. 448 (442- bis), che riproduce, nella sostanza, gli ultimi tre commi dell'art. 447, sono regolati i provvedimenti del giudice. All'istituto sono state apportate anche diverse modifiche di ordine sostanziale. Nell'art. 444 (439), le parole aggiunte alla fine del comma 2 introducono l'eccezione (gia' menzionata in relazione al giudizio abbreviato non accettato dalla parte civile) alla regola della sospensione del processo civile instaurato dopo la costituzione di parte civile. La particolare natura del rito ed il circoscritto potere riconosciuto al giudice non consentono a questo, invero, di decidere sull'azione civile esercitata nel processo penale. Nell'art. 446 (441) si e' inserito un nuovo comma 5 per consentire al giudice di disporre la comparizione dell'imputato qualora egli intenda verificare la volontarieta' e la consapevolezza della scelta processuale dallo stesso compiuta; cio' allo scopo di scongiurare il pericolo, avvertito in modo particolare negli ordinamenti che fanno larga applicazione di riti alternativi fondati sull'accordo delle parti, di indebite pressioni. Nell'art. 446 (441), commi 1 e 4, il termine per formulare la richiesta ed esprimere il consenso e' stato fissato con riferimento alla dichiarazione di apertura del dibattimento, in accoglimento di un'osservazione della Commissione parlamentare. Nell'art. 447 (442) si e' modificato il comma 1 e si e' inserito un nuovo comma 2 al fine di disciplinare la convocazione e lo svolgimento dell'apposita udienza fissata dal giudice a seguito della richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari. Nell'art. 448 (442- bis) si e' modificato il comma 1 (corrispondente al comma 4 dell'art. 442 del Progetto preliminare) nella parte in cui prevede il potere del giudice di ritenere ingiustificato il dissenso del pubblico ministero e di accogliere, conseguentemente, la richiesta dell'imputato. Si e' previsto espressamente che il giudice ponga a base della sua decisione anche la valutazione sulla congruita' della pena indicata nella richiesta. Mancando il consenso del pubblico ministero e' parso opportuno, infatti, attribuire al giudice piu' pregnanti poteri di controllo, estesi anche alla misura della pena chiesta dall'imputato. Gli artt. 446 (441) e 447 (442) sono stati modificati anche in aspetti formali. 6.4. Nel testo definitivo del codice sono stati recepiti due suggerimenti formulati dalla Commissione parlamentare in relazione agli artt. 444 (439) comma 2 e 446 (441) comma 1 che hanno subito modifiche formali, intese a chiarirne il contenuto normativo. Altra modifica formale e' stata apportata alla parte finale dell'art. 445 (440) comma 1, per coordinare il testo con il disposto dell'art. 689, e alla rubrica stessa, per esigenze di migliore formulazione. TITOLO III GIUDIZIO DIRETTISSIMO 6.5. La disciplina data all'istituto nel Progetto definitivo contiene tre elementi di diversita' rispetto a quella del Progetto preliminare. Innanzitutto, nel caso di presentazione dell'imputato al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto e per il contestuale giudizio, si e' ritenuto opportuno prevedere espressamente nell'art. 449 (443), la disciplina della convalida attraverso una formulazione analoga a quella prevista dall'art. 556 (559) per il giudizio direttissimo davanti al pretore, a sua volta mutuata dalla consimile disciplina dettata dal vigente art. 505 c.p.p.. Attraverso il richiamo anche della lettera f) dell'art. 429 (425) comma 1, contenuto nel comma 3 dell'art. 450 (444) e la modifica dell'art. 451 (445) comma 4, si e' poi disciplinato il caso del giudizio direttissimo instaurato sulla base della confessione resa dall'imputato libero. In tale ipotesi, poiche' l'imputato non e' detenuto, si applica, nel giudizio direttissimo, la disciplina della contumacia. Infine, in tema di trasformazione del rito e con specifico riferimento al caso di richiesta di giudizio abbreviato, allo scopo di evitare una non economica retrocessione del procedimento al giudice delle indagini preliminari, si e' previsto, nell'art. 452 (446) comma 2, che in tal caso il giudice del dibattimento procede con le forme previste per l'udienza preliminare, e puo' avvalersi, ove non ritenga di poter decidere allo stato degli atti, dei necessari poteri di integrazione probatoria secondo le forme - necessariamente snelle - previste nell'art. 422 (419). Modifiche di carattere formale e di coordinamento sono state, inoltre, apportate negli artt. 449 (443) comma 3, 450 (444) commi 1 e 2, 451 (445) commi 3 e 4. 6.6. Anche le variazioni che hanno condotto al testo finale del codice sono di carattere formale e concernono l'art. 449 (443) e l'art. 450 (444) . TITOLO IV GIUDIZIO IMMEDIATO 6.7. Nel Progetto definitivo la disciplina del giudizio immediato, oltre a modifiche formali apportate al comma 2 dell'art. 454 (448), ha ricevuto una sola innovazione sostanziale relativa alla richiesta di giudizio abbreviato proposta dall'imputato dopo che sia stato disposto il giudizio immediato (art. 458 (452). Anche qui, come per il giudizio direttissimo, il Progetto preliminare prevedeva, come effetto di tale richiesta, una retrocessione del procedimento al giudice per le indagini preliminari. Per evitare siffatta situazione, sotto tutti gli aspetti criticabile, si e' previsto che l'imputato abbia l'onere di chiedere il giudizio abbreviato, al giudice che ha disposto con decreto il giudizio immediato, entro sette giorni dalla notifica di tale decreto (che contiene anche l'avviso circa la facolta' dell'imputato di chiedere, per l'appunto, il giudizio abbreviato). Il pubblico ministero, cui l'imputato ha provveduto a notificare la richiesta, esprime il proprio consenso nei cinque giorni successivi; verificati l'ammissibilita' della richiesta e il consenso del pubblico ministero, il giudice fissa l'udienza e provvede nelle forme previste per il giudizio abbreviato. Correlativamente, si e' previsto all'art. 457 (451) che il giudice per le indagini preliminari trasmette gli atti al giudice del dibattimento solo dopo che sono inutilmente decorsi i termini per la presentazione della richiesta di giudizio abbreviato. 6.8. Nel testo definitivo del codice, si e' data, a seguito di una osservazione della Commissione parlamentare, una nuova formulazione al comma 1 dell'art. 458 (452), nella parte relativa alla posizione del pubblico ministero, il quale, se e' libero di esprimere o meno il proprio consenso alla richiesta di giudizio abbreviato proposta dall'imputato (secondo le caratteristiche che, in generale, ha tale tipo di procedimento speciale), deve determinarsi entro un ristretto termine al fine di consentire che, qualora egli non esprima il proprio consenso, il processo possa proseguire con la trasmissione del fascicolo al giudice per il dibattimento. Nel testo definitivo del codice sono state, infine, apportate modifiche formali all'art. 454 (448) nonche' all'art. 458 (452). TITOLO V PROCEDIMENTO PER DECRETO 6.9. Poche e dettate da motivi di forma o di coordinamento le modifiche (artt. 459 (453) e 464 (458)) apportate nel Progetto definitivo alle disposizioni che regolano il procedimento per decreto: merita di essere segnalata l'introduzione di un comma nell'art. 464 (458), con cui si e' inteso disciplinare l'ipotesi in cui, all'atto della opposizione, venga presentata domanda di oblazione. Nel testo definitivo del codice e' stata soltanto migliorata la forma degli artt. 459 (453),460 (454) e 461 (455). LIBRO VII GIUDIZIO TITOLO I ATTI PRELIMINARI AL DIBATTIMENTO 7.1. Tutti gli articoli contenuti nel titolo I sono stati "ritoccati" in occasione della prima o della seconda revisione del Progetto. Si e' trattato, pero', per lo piu' di modifiche quasi esclusivamente formali. Con riferimento all'art. 465 (459) va sottolineato che, in sede di revisione del Progetto preliminare, esso e' stato modificato in modo da consentire al presidente del tribunale e della corte di assise di anticipare, oltre che di differire, l'udienza. Inoltre l'anticipazione o il rinvio devono essere sorretti da "giustificati" (anziche' "gravi") motivi; tale modifica tende ad ampliare i poteri del presidente, al fine di evitare inutili comparizioni delle parti all'udienza, che viene inizialmente fissata dal giudice dell'udienza preliminare (comma 1). Nel comma 2 si sono stabiliti i termini per l'avviso di anticipazione dell'udienza. L'art. 466 (460), in occasione della revisione del Progetto preliminare, e' stato modificato per consentire anche alle parti, oltre che ai loro difensori, di prendere visione di cose, atti e documenti del processo. La Commissione parlamentare ha espresso parere favorevole alla modifica introdotta perche' essa attua "un ampliamento della possibilita' di autodifesa, nel rispetto dello spirito della delega". In merito all'art. 467 (461), la Commissione parlamentare aveva formulato nel Parere al Progetto preliminare una proposta di soppressione, ritenendo preferibile prevedere che prima del dibattimento le prove potessero essere acquisite solo nell'incidente probatorio, onde evitare che in virtu' dell'art. 467 (461) si estendesse anche all'udienza preliminare la possibilita' di assumere prove urgenti. In realta' l'art. 467 (461), analogamente al vigente art. 418 c.p.p., e' destinato a trovare applicazione esclusivamente nella fase degli atti preliminari al dibattimento, che e' successiva alla chiusura sia delle indagini preliminari sia dell'eventuale udienza preliminare. La norma e' necessaria appunto per consentire l'assunzione urgente della prova in una fase in cui non e' piu' possibile procedervi con l'incidente probatorio. Si e', pertanto, ritenuto di confermare l'orientamento precedentemente espresso, mantenendo inalterato il testo dell'articolo, considerato che non puo' ovviamente prospettarsi l'eventualita' di una "retrocessione" del processo a fasi "istruttorie", ormai eliminate dalla nuova normativa. L'art. 462 (ora 468) comma 4 del Progetto preliminare e' stato modificato in sostanziale accoglimento di un rilievo della Commissione parlamentare: si e' sostituita l'espressione "prova contraria" al termine "controprova", che appariva richiamare l'omologa e riduttiva nozione civilistica di prova contraria dipendente. Anche l'art. 469 (463) e' stato modificato in sostanziale accoglimento di un rilievo della Commissione parlamentare: si e' fatta salva l'applicazione anche in sede predibattimentale dell'art. 129 (128) comma 2, che stabilisce il principio di preferenza per le formule di proscioglimento nel merito, quando ne ricorrano i presupposti. 7.2. Nel testo definitivo del codice la nuova formulazione del comma 1 dell'art. 465 (459) e' stata imposta dalla previsione dell'ipotesi di anticipazione dell'udienza, non disciplinata, come gia' detto, nel testo del Progetto preliminare. Si e' cosi' inteso sottolineare che i "giustificati motivi" debbono sorreggere sia l'anticipazione che il differimento dell'udienza, e che solo in relazione al differimento appare opportuna l'espressa apposizione del limite indicato ("non piu' di una volta"). E' stata, comunque, apportata un'ulteriore modifica di carattere formale, che lascia inalterato il significato normativo dell'articolo. TITOLO II DIBATTIMENTO CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI 7.3. Anche in questo titolo sono stati modificati numerosi articoli, ma si tratta di interventi che hanno lasciato inalterata la struttura del dibattimento, cosi' come delineata nel Progetto preliminare, pur apportandovi considerevoli miglioramenti. Le decisioni piu' impegnative hanno riguardato l' art. 479 (473) che dopo una soppressione nel Progetto definitivo e' stato ripristinato su richiesta della Commissione parlamentare e l'art. 500 (493) che e' stato conservato nel suo testo originario, nonostante la richiesta della Commissione parlamentare di estendere l'istituto della contestazione a tutte le prove gia' acquisite nel momento in cui si procede all'esame. L'art. 465 (ora 471 ) del Progetto preliminare e' stato modificato in accoglimento di un rilievo della Commissione parlamentare: si e' precisato che non e' ammessa la presenza in udienza di persone sottoposte a misure di prevenzione e, fatta eccezione per gli appartenenti alla forza pubblica, di persone armate. Al testo dell'articolo 466 (ora 472 ), cosi' come formulato nel Progetto preliminare, sono state apportate alcune modifiche. Con la modifica del comma 1 si e' rimesso all'autorita' competente l'onere di richiedere il dibattimento a porte chiuse nei casi in cui la pubblicita' comporterebbe la diffusione di notizie da mantenere segrete nell'interesse dello Stato. Con la modifica del comma 3 si sono inclusi gli imputati tra le persone la cui sicurezza puo' essere tutelata mediante la celebrazione del processo a porte chiuse. All'art. 467 (ora 473 ) del Progetto preliminare e' stata apportata una modifica al comma 2, di carattere solo formale. La modifica apportata all'art. 475 (469) comma 1 tende ad evitare le formalita' della decisione collegiale circa il potere di disporre l'allontanamento coattivo dell'imputato, che e' stato attribuito al presidente. Nell'art. 476 (470) comma 2, al fine di evitare agevoli elusioni, e' stato esteso il divieto di arresto in udienza del testimone a tutti i reati concernenti il contenuto della deposizione, anziche' alla sola ipotesi di falsita' e reticenza. Nel Progetto definitivo e' stato soppresso l'art. 473 (ora 479) relativo alla sospensione del dibattimento in attesa della decisione di una questione civile o amministrativa, ritenendosi che, al fine di evitare lunghe stasi del processo penale, dovesse consentirsene la sospensione soltanto in presenza di alcuna delle questioni pregiudiziali previste dall'art. 3. All'accresciuta possibilita' di contrasti di giudicato si sarebbe ovviato ampliando l'ambito del giudizio di revisione. All'art. 481 (475) e' stata apportata una modifica meramente formale. 7.4. Nel testo definitivo del codice, su suggerimento della Commissione parlamentare, si e' reintrodotto l'art. 479 (473). Si e' inoltre fatto fronte, in conformita' al rilievo della Commissione parlamentare, all'esigenza "di coordinare la norma col disposto dell'articolo 3", da un lato, disponendosi che l'art. 479 (473) opera "Fermo quanto previsto dall'articolo 3" e, quindi, per le questioni civili o amministrative (lato sensu pregiudiziali) diverse da quella sullo stato di famiglia o di cittadinanza e, dall'altro, prescrivendosi (al pari di quanto previsto dall'art. 20 comma 2 del c.p.p.; cfr. altresi', l'art. 645 del Progetto, ora 651 ) che la sospensione non opera quando la controversia civile sia assoggettata ad un regime di prova limitata. Va precisato, pero', quanto a quest'ultimo precetto, che la sospensione non esplica, come e' nel sistema vigente (v. art. 21 comma 2 c.p.p.), una efficacia vincolante sulla decisione civile o amministrativa, situazione che determinerebbe una insanabile antinomia con l'art. 2: e' chiaro che il giudice penale dovra' congruamente motivare, ove abbia sospeso il dibattimento ai sensi dell'art. 479 (473), il suo contrario avviso rispetto al decisum extra-penale. Cionondimeno si e' deciso di intervenire egualmente sul testo dell'art. 630 (622), che disciplina i presupposti della revisione, tenendo presente che comunque nel nuovo sistema saranno maggiori le possibilita' di contrasto tra giudicati. L'espressione "sentenza definitiva" e' stata, infine, sostituita con "sentenza passata in giudicato': la nuova formulazione e' parsa, infatti (v. analogamente, l'art. 75 (74) comma 1), maggiormente aderente al sistema del giudicato quale configurato nel codice di procedura civile. La modifica del comma 2 dell'art. 482 (476), relativamente all'attribuzione di una competenza funzionale al presidente del collegio su "tutte" le domande delle parti in ordine alla documentazione, risponde ad un'avvertita esigenza di funzionalita' del dibattimento. E' stata, percio', eliminata la distinzione, ipotizzata dal testo del Progetto preliminare, fra i casi di competenza del presidente del collegio e i casi spettanti alla competenza dell'intero collegio giudicante. CAPO II ATTI INTRODUTTIVI 7.5. Nel Progetto definitivo e' stata apportata una modifica al comma 5 dell'art. 486 (480), che, nel prevedere il rinvio del dibattimento per assoluto impedimento del difensore, ne condiziona la possibilita' all'immediata comunicazione da parte dell'interessato. Nell'art. 487 (481), in sede di redazione del Progetto definitivo e per un migliore coordinamento, si e' aggiunto nel comma 1 un richiamo anche al comma 2 dell'art. 486 (480). All'art. 489 (483), comma 2, e' stata operata una modifica di carattere formale (non "designare" ma "nominare" un difensore). Nel Progetto definitivo si e' introdotta nel testo del comma 1 dell'art. 491 (485) una modifica intesa a chiarire che determinate eccezioni (come quella di incompetenza per territorio) non possono essere piu' proposte dopo compiute le formalita' di apertura del dibattimento, neppure quando i loro presupposti si sono manifestati solo in un momento successivo. E' stato in particolare osservato che in quest'ultima ipotesi il riferimento alla decadenza e' improprio, giacche' allo spirare del termine non e' ancora sorta la relativa facolta'. Si e' pertanto adoperata l'espressione "sono precluse se non sono proposte". L'art. 495 (489) ha subito due modifiche in occasione della redazione del Progetto definitivo. Con una modifica formale del comma 1, si e' soppressa l'elencazione dei criteri di ammissione della prova, rinviando alla norma di carattere generale che li prevede. Si e' anche previsto, al comma 2, che il giudice debba decidere immediatamente sulle questioni insorte in tema di ammissibilita' della prova, anziche' accantonarle sino all'esito del dibattimento. 7.6. Riguardo all'art. 484 (478) del Progetto definitivo la Commissione parlamentare ha chiesto di eliminare dal comma 2 il riferimento alla possibilita' di scegliere il sostituto del difensore assente tra gli avvocati o i procuratori presenti in udienza, ritenendo che tale scelta debba operarsi con criteri di carattere "funzionale" e non "spaziale". Aderendosi sostanzialmente ai propositi della Commissione parlamentare, si e' ritenuto, nel testo definitivo del codice, di disciplinare la scelta del difensore sostituto con un rinvio alla norma generale dell'art. 97 comma 4, che contiene un riferimento al solo criterio dell'immediata reperibilita'. Nel comma 4 dell'art. 486 (480) e' stato eliminato l'ultimo periodo, che richiamava l'art. 148 comma 5, in quanto superfluo ed equivoco (perche' collegato sintatticamente all'espressione "che sono o devono considerarsi presenti'). In ordine al comma 5 dello stesso art. 486 (480), nella parte in cui subordinava il rinvio del dibattimento per assoluto impedimento del difensore al fatto che tale impedimento fosse "immediatamente comunicato", la Commissione parlamentare ha rilevato che il difensore puo' non essere in condizioni di comunicare l'impedimento ed ha chiesto di precisare che l'immediata comunicazione e' necessaria solo "ove possibile". In realta' nella formulazione del Progetto definitivo l'immediatezza della comunicazione doveva essere riferita al momento dell'anticipata conoscenza dell'impedimento ovvero a quello della sua cessazione. Si tendeva cosi' ad evitare che, in presenza di un impedimento assoluto ma previsto o, comunque, conosciuto in anticipo, il difensore tardasse ad informare il giudice, al fine di ritardare la celebrazione del processo. Per rendere, in questo senso, piu' chiaro il testo e nell'intento di uniformarsi sostanzialmente al parere della Commissione parlamentare, si e' sostituita la formula piu' vincolante dell'"immediata comunicazione" (che parrebbe prescindere dall'effettiva possibilita' della tempestiva segnalazione dell'impedimento), con quella piu' elastica della "pronta comunicazione" (che coprirebbe i casi di comunicazione effettuata "appena possibile"). Quindi all'avverbio "immediatamente" e' stato sostituito quello "prontamente". All'art. 490 (484) e' stata apportata una modifica per motivi di coordinamento con il nuovo testo dell'art. 132 (131) . Si e' deciso, infatti, di riordinare la materia dell'accompagnamento coattivo prevedendo nella norma generale dell'art. 132 (131) solo il procedimento e nelle singole norme speciali i diversi presupposti del provvedimento. In sede di redazione del testo definitivo, e' stata aggiunta, nell'art. 491 (485) comma 1, la previsione relativa all'intervento degli enti e delle associazioni previste dall'art. 91. Nell'art. 492 (486) comma 2 la sostituzione dell'espressione "segretario" con quella "l'ausiliario che assiste il giudice" e' conseguente alla scelta terminologica adottata in via generale. Nello stesso senso e' la modifica apportata al comma 2 dell'art. 494 (488) . CAPO III ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE 7.7. L'art. 497 (490) ha subito due modifiche in occasione della revisione del Progetto preliminare. Nel comma 1 si e' precisato che l'ordine di escussione dei testimoni e' affidato alla scelta della parte che li adduce. Nel comma 2 si sono esclusi l'ammonimento presidenziale e il formale impegno a dire la verita' per i testimoni di eta' inferiore ai quattordici anni, non in grado di apprezzare il disvalore della violazione dell'impegno assunto. L'art. 499 (492-bis) risulta dalla trasposizione dell'art. 491 del Progetto preliminare, il cui testo e' stato modificato nei commi 3, 5 e 6, in occasione della revisione dello stesso Progetto. La modifica del comma 3 estende il divieto di domande suggestive anche alla parte avente interesse comune con quella che ha chiesto la citazione del testimone. La modifica del comma 5 risponde ad una richiesta formulata dalla Commissione parlamentare nel primo Parere e ribadisce la discrezionalita' del presidente nell'autorizzare il teste a consultare documenti in aiuto alla memoria. Nel comma 6 si e' precisato che gli interventi del presidente intesi ad assicurare la lealta' dell'esame possono essere sollecitati anche dalle parti. Nell'art. 501 (494) comma 2, in accoglimento di un suggerimento della Commissione parlamentare, si e' estesa anche ai documenti la facolta' di consultazione da parte del perito o del consulente esaminato. Nel comma 2 dell'art. 502 (495) si e' precisato che le parti private non assistono all'esame a domicilio, essendo di norma rappresentate dai difensori. Per l'imputato si e' prevista peraltro la possibilita' di un'autorizzazione da parte del presidente per il caso in cui abbia uno specifico interesse ad intervenire "di persona" all'esame. Quanto all'art. 503 (496) , va sottolineato che nel Progetto preliminare era rimasta priva di disciplina la materia delle dichiarazioni ricevute dal giudice per le indagini preliminari in occasione dell'interrogatorio della persona privata della liberta' personale ovvero in occasione dell'assunzione nell'udienza preliminare delle sommarie informazioni necessarie ai fini della decisione. A questa lacuna si e' inteso ovviare inserendo nel Progetto definitivo il comma 6 dell'art. 503 (496) , che equipara tali dichiarazioni a quelle assunte dal pubblico ministero con le garanzie della difesa. La Commissione parlamentare, pur riconoscendo la coerenza della disposizione con il sistema delineato nel Progetto, rileva che essa costituisce una forzatura della delega. In realta', se e' vero che nella legge-delega manca un qualsiasi riferimento al regime di questi atti, e' pur vero che la facolta' del giudice per le indagini preliminari di assumere dichiarazioni e' prevista espressamente nei punti 34 e 36 ed implicitamente nei punti 52 e 60. L'art. 504 (497) ha subito una modifica solo formale. Si e' preferito parlare di "opposizioni" anziche' di "eccezioni" per le deduzioni delle parti concernenti l'esame dei testimoni. Con riferimento all'art. 505 (498) la Commissione parlamentare, esprimendo il Parere al Progetto preliminare, aveva sottolineato "la necessita' di un coordinamento di tale disposizione con l'indirizzo in cui si muovono i disegni di legge sulla violenza sessuale in corso di esame presso il Parlamento: questi, infatti, prevedono per le associazioni poteri piu' ampi di quelli previsti dall'art. 505 (498) ". Nella redazione del Progetto definitivo si e' osservato che nessuna direttiva della delega prevede le stesse facolta' degli enti e delle associazioni anche per la persona offesa non costituitasi parte civile; di qui la soppressione, nel detto Progetto, del riferimento a questa (comma 1). Nell'art. 506 (499) , per una maggiore aderenza alla delega, si e' precisato che le nuove domande agli esaminati possono essere rivolte dal presidente anche su richiesta di altri componenti del collegio, in conformita' al primo Parere della Commissione parlamentare. In sintonia con i rilievi della Commissione parlamentare, per sottolineare il carattere eccezionale del potere del giudice di disporre l'assunzione di nuovi mezzi di prova, si e' previsto nell'art. 507 (500) che il suddetto potere sia esercitabile solo al termine dell'acquisizione delle prove richieste dalle parti. Con riferimento all'art. 508 (501) , su suggerimento della Commissione parlamentare, si e' soppresso nel comma 1 il riferimento all'art. 503 (500) , che limitava l'ammissione della perizia in dibattimento a casi eccezionali, e si e' estesa alla parte la facolta' di richiederla. Si e' anche precisato che la sospensione del dibattimento viene disposta solo nei casi in cui sia necessaria, potendo verificarsi l'evenienza di una lunga istruttoria dibattimentale contemporaneamente alla quale il perito svolge i suoi accertamenti. Nel comma 3 - anche qui in conformita' al Parere delle stessa Commissione - si e' soppresso l'inciso "oralmente", consentendo al perito di rispondere ai quesiti anche con una relazione scritta, che sara' poi illustrata oralmente in dibattimento. Nell'art. 509 (502) la precisazione e la integrazione in ordine agli articoli richiamati, apportate nella stesura del Progetto definitivo, rispondono alla esigenza di disciplinare in maniera uniforme situazioni non dissimili. Quanto alla modifica proposta dalla Commissione parlamentare al testo del Progetto preliminare (aggiunta dell'inciso "se necessario", come nell'articolo precedente), va rilevato che la finalita' relativa e' pienamente raggiunta dalla specifica espressione adoperata ("per il tempo strettamente necessario"). Nell'art. 511 (504) si e' introdotto un comma 3, che esclude la possibilita' di dar lettura della perizia prima dell'escussione del perito. I commi 4 e 5 sono stati fusi, in sintonia con numerosi rilievi in tal senso espressi, tra cui quello delle Commissione parlamentare. La modifica apportata all'art. 512 (505) ha inteso equiparare gli atti assunti dal giudice per le indagini preliminari al di fuori dell'incidente probatorio agli atti assunti dal pubblico ministero con le garanzie della difesa. Nel comma 2 dell'art. 513 (506) si e' inteso consentire la lettura delle dichiarazioni dell'imputato in un procedimento connesso solo nel caso di impossibilita' assoluta di sentirlo direttamente. E quindi, si sono aggiunte all'ipotesi dell'inutilita' del mandato di accompagnamento, quelle dell'impossibilita' sia dell'esame a domicilio, sia della rogatoria internazionale. Nell'art. 514 (507) con la modifica apportata al comma 2 (gia' comma 3) si e' inteso chiarire che si fa riferimento non a "documenti", ma alle forme di documentazione di cui all'art. 357. Il comma 2 e' stato, nel Progetto definitivo, soppresso, in quanto la relativa previsione risulta contenuta nell'art. 195. 7.8. L'art. 496 (489-bis), introdotto in occasione della redazione del Progetto definitivo, stabilisce l'ordine di assunzione della prova in dibattimento, ma consente al comma 2 che le parti vi apportino una deroga. La Commissione parlamentare ha paventato che la deroga possa sottrarre al presidente il controllo sulla "genuinita' della prova" e ha chiesto la soppressione del comma 2. Le preoccupazioni della Commissione parlamentare, pur apprezzabili, non paiono fondate, perche' non considerano che la deroga richiede il necessario accordo del pubblico ministero. D'altro canto, a norma dell'art. 506 (499) , il presidente, anche su richiesta di un altro componente del collegio, puo' in qualsiasi momento rivolgere nuove domande alle parti gia' esaminate. Si e' ritenuto, pertanto, di dover mantenere inalterato il testo dell'articolo. Con riferimento all'art. 500 (493) la Commissione parlamentare, gia' in occasione del suo primo Parere, aveva richiesto che nel corso dell'esame dibattimentale di testimoni, periti e parti fosse consentita la contestazione di qualsiasi prova precedentemente acquisita. Con il secondo Parere ha ribadito la sua iniziale richiesta. L'argomento e' stato oggetto di attenta valutazione ma, pur nella consapevolezza della possibilita' di una diversa lettura del punto 76 della legge delega, si e' ritenuto di recepirne un'interpretazione restrittiva. Con questa scelta si e' inteso far fronte a due esigenze: da un canto, circoscrivere le deroghe al principio di oralita', definendo in modo rigoroso l'area delle possibili contestazioni; dall'altro rendere piu' scorrevole l'esame incrociato, limitando gli inevitabili incidenti sull'allegabilita' al fascicolo di ufficio degli atti adoperati per le contestazioni. La proposta interpretazione restrittiva del punto 76 della legge delega, d'altro canto, non incide sostanzialmente sull'ambito di utilizzabilita' delle prove assunte durante le indagini preliminari. Le prove dichiarative, ivi comprese le eventuali consulenze ed accertamenti tecnici, infatti, potranno essere adoperate per le contestazioni durante l'esame della parte, del testimone o del consulente che le ha rese e, quindi, allegate al fascicolo di ufficio quando ne ricorrano i presupposti. Le prove reali potranno essere, comunque, allegate al fascicolo di ufficio, se irripetibili. D'altro canto, se la contestazione in senso tecnico sara' limitata nel senso indicato nel comma 1 dell'art. 500 (493) , nulla esclude che le parti nel corso dell'esame possano fare riferimento ad altre prove gia' acquisite per sollecitare o incalzare l'esaminando. Si e' ritenuto in particolare che puo' parlarsi di "contestazioni" nell'esame testimoniale, solo con riferimento alle ipotesi in cui viene operato un "raffronto" fra le dichiarazioni precedentemente rese dal teste e la successiva dichiarazione dibattimentale. Con cio' non si vuol dire che per l'esame dibattimentale del teste possono servire soltanto le dichiarazioni dallo stesso precedentemente rese. Il potere di "domanda" deve esplicarsi in tutta la sua latitudine, utilizzando percio' ogni precedente acquisizione. Ma la "domanda" e' cosa diversa dalla "contestazione", ha il solo fine di elaborare la prova del fatto e non di saggiare l'attendibilita' del teste. Tale funzione e' assolta dalla contestazione, ed e' questo il motivo per cui il "raffronto" con la precedente dichiarazione diventa inscindibilmente legato all'idea della contestazione. Pertanto, si e' ritenuto di conservare immutato il testo dell'articolo. In sede di Parere al Progetto definitivo, la Commissione parlamentare ha chiesto di considerare le esigenze di coordinamento dell'art. 505 (498) ("Facolta' degli enti e delle associazioni") con l'art. 93 (92) . Si e' tenuto conto di tali esigenze, ed i due commi dell'articolo sono stati unificati. Nell'art. 514 (507) comma 2 si e' eliminato il riferimento agli artt. 512 (505) e 513 (506) , poiche' essi non riguardano attivita' compiute dalla polizia giudiziaria. CAPO IV NUOVE CONTESTAZIONI 7.9. Nell'art. 509 (ora 516) del Progetto definitivo si e' precisato che la modificazione dell'imputazione e' consentita solo quando non determinerebbe lo spostamento della competenza ad un giudice superiore. Ad analoga integrazione si e' provveduto nell'art. 510 (ora 517) . CAPO V DISCUSSIONE FINALE 7.10. Il comma 6 dell'art. 523 (516) stabilisce che la discussione dibattimentale puo' essere interrotta per l'assunzione di nuove prove esclusivamente in caso di assoluta necessita'. La Commissione parlamentare ha ribadito la richiesta di stabilire che, in analogia a quanto previsto dal comma 3 dell'art. 493 (487) , le nuove prove siano ammissibili solo se non era stato possibile acquisirle tempestivamente. In realta' l'art. 493 (487) comma 3 stabilisce che, salvi i casi di impossibilita', le parti decadono dal diritto di far assumere le prove che non abbiano richiesto tempestivamente, entro i termini fissati dall'art. 468 (462) . L'art. 523 (516) comma 6, invece, da' per scontato che le parti non abbiano piu' diritto a richiedere nuove prove dopo l'inizio della discussione e si richiama esclusivamente al potere del giudice di ammettere di ufficio le nuove prove che ritenga assolutamente necessarie a norma dell'art. 507 (500) . Non sarebbe coerente, quindi, condizionare l'ammissione delle nuove prove alla impossibilita' della parte di dedurle tempestivamente, proprio perche' in questa fase del dibattimento le parti non hanno piu' un diritto alla prova e possono solo sollecitare il potere di ufficio del giudice. In occasione della revisione del Progetto preliminare e' stata apportata al comma 2 dell'articolo una modifica intesa ad ottenere che le conclusioni della parte civile contengano l'indicazione dell'ammontare dei danni di cui si richiede il risarcimento. TITOLO III SENTENZA CAPO I DELIBERAZIONE 7.11 - Modifiche marginali hanno interessato questo capo. In accoglimento di un suggerimento della Commissione parlamentare si e' modificato nella stesura del Progetto definitivo il comma 1 dell'art. 525 (518) nel senso che la sentenza e' deliberata subito dopo la chiusura del "dibattimento" anziche' dopo la chiusura della "discussione". Nel Parere della Commissione parlamentare al Progetto preliminare, all'art. 526 (519) , e' contenuta la proposta di prevedere la sanzione della nullita' assoluta nel caso di utilizzazione, ai fini della deliberazione, di prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento. La proposta non e' stata accolta in base alla considerazione che la sanzione di inutilizzabilita' e' delineata in via generale dall'art. 191, che rende sufficientemente chiaro il trattamento del vizio. CAPO II DECISIONE 7.12. Il testo dell'art. 530 (523) del Progetto preliminare e' stato modificato nel senso richiesto dalla Commissione parlamentare prevedendo come formula di assoluzione "il fatto non e' previsto dalla legge come reato", aggiungendo alla considerazione delle cause di giustificazione quella delle "cause personali di non punibilita'" e limitando ai soli casi previsti dalla legge l'applicabilita' delle misure di sicurezza (ma si e' espunto l'aggettivo "soli" davanti a "casi" perche' superfluo). Si e' introdotta nel comma 1 dell'art. 531 (524) , in conformita' al primo Parere della Commissione parlamentare l'espressa previsione della possibilita' di applicare la formula di assoluzione nel merito, anche in presenza di una causa di estinzione del reato, quando ne ricorrano i presupposti. Al comma 1 dell'art. 532 (525) e' stato eliminato il riferimento all'art. 300 comma 2, perche' superfluo. Nell'art. 533 (526) in accoglimento di una richiesta della Commissione parlamentare in sede di primo Parere, si e' espressamente prevista la continuazione dei reati come ipotesi di cumulo delle pene. Nell'ultimo comma dell'art. 537 (530) si e' sostituito il riferimento alle formule di assoluzione con quello alle formule di proscioglimento, ampliando l'ambito di applicazione della norma sulla dichiarazione di falsita' dei documenti. Aderendo ad un rilievo della Commissione parlamentare in sede di primo Parere, nel comma 1 dell'art. 539 (532) si e' soppressa la norma che comportava una modifica della competenza del giudice civile trasferendola al medesimo giudice che ha pronunciato in sede penale. Al comma 2 sono state apportate modifiche di ordine formale, non apparendo condivisibile la proposta della Commissione parlamentare di introdurre un riferimento alla "congrua somma", circa il quantum del danno subito. Modifiche formali sono state apportate alla rubrica ed al testo del comma 1 dell'art. 540 (533) , in conformita' al primo Parere della Commissione parlamentare. Nell'art. 541 (534) e' stata recepita la proposta della Commissione parlamentare avanzata in sede di primo Parere, intesa ad ampliare i casi in cui, a seguito di assoluzione dell'imputato, la parte civile puo' essere condannata alla rifusione delle spese sostenute dallo stesso imputato e dal responsabile civile per effetto dell'azione civile. Tale condanna, con la nuova formulazione dell'articolo, puo' conseguire a qualsiasi formula di assoluzione, fatta salva quella del difetto di imputabilita', trattandosi di circostanza non necessariamente conosciuta dalla parte civile e che non chiede, anzi, postula l'antigiuridicita' del fatto. 7.13. A proposito della esecuzione del provvedimento del giudice che dispone la pubblicazione della sentenza a fini riparatori (art. 543 gia' 536) , la Commissione parlamentare ha richiesto di prevedere che essa sia operata di ufficio, in conformita' di una prassi gia' esistente. In realta', la prassi cui la Commissione parlamentare si richiama riguarda la pubblicazione della sentenza come pena accessoria (art. 36 c.p. e art. 484 c.p.p.), non la pubblicazione della sentenza come riparazione del danno (art. 186 c.p. e art. 491 c.p.p.). In questo secondo caso, infatti, l'esecuzione avviene sempre ad iniziativa di parte, secondo quanto prescrive espressamente il secondo comma dell'art. 491 c.p.p. Questo stesso sistema si e' inteso riprodurre nel progetto; ed al fine di renderlo piu' chiaro sono state apportate all'articolo modificazioni di carattere formale. Inoltre la modifica della rubrica ("ordine di pubblicazione" anziche' "pubblicazione"), apportata nel testo definitivo, e' apparsa opportuna per far risaltare il diverso significato dell'espressione "pubblicazione" rispetto a quella adoperata nell'art. 545 (538) . CAPO III ATTI SUCCESSIVI ALLA DELIBERAZIONE 7.14. L'invito della Commissione parlamentare, espresso in sede di primo Parere sull'art. 544 (537) , di coordinare la norma dell'articolo con quella della legge sulla responsabilita' civile dei magistrati, e' stato seguito nel testo del Progetto definitivo: il coordinamento si trova nell'art. 125 (124) . Si e' accolta la formulazione del comma 3 dell'art. 545 (538) proposta dalla Commissione parlamentare con il primo Parere, che ha inteso precisare il richiamo alla pubblicazione prevista nel precedente comma 2. Nel Progetto definitivo, con riferimento ad una proposta della Commissione parlamentare, era stato introdotto l'aricolo 539-bis, relativo ai casi di nullita' della sentenza, prevista per mancanza della motivazione, del dispositivo o della sottoscrizione del giudice. La formulazione della nuova norma e' stata ritenuta insufficiente dalla Commissione parlamentare, che nel suo secondo Parere ha lamentato che il riferimento alla sola mancanza di motivazione quale causa di nullita' comporti la possibilita' di correzione di una sentenza insufficientemente motivata. Va osservato che, contrariamente a quanto avviene nel processo civile, nel codice di procedura penale vigente (v. art. 476 c.p.p.) l'insufficienza di motivazione e' gia' considerata come ipotesi di correzione della sentenza. E' vero che la norma ha avuto scarsa applicazione pratica, ma il concetto di motivazione insufficiente ha svolto, nella giurisprudenza, un ruolo di limite rispetto a quello di motivazione carente o contraddittoria. Si ritiene che non sia opportuno abbandonare questa tradizione interpretativa, sebbene il testo dell'art. 547 (540) del nuovo codice debba essere chiarito nel senso che sono oggetto di correzione soltanto i vizi della sentenza che non diano luogo a nullita'. D'altro canto, l'inserimento delle cause di nullita' della sentenza nel sistema del Progetto ha lasciato aperti problemi di coordinamento sia con l'art. 125 (124) , che gia' prevede la mancanza di motivazione come causa di nullita', sia con l'art. 606 (599) , che prevede l'omissione e l'illogicita' della motivazione quali motivi di ricorso per cassazione. Per questa ragione, nel testo definitivo del codice, si e' deciso di sopprimere l'art. 539- bis e di inserire nell'art. 546 (539) un ultimo comma, che, richiamata la causa di nullita' prevista dall'art. 125 (124) , prevede in aggiunta ad essa la nullita' per la mancanza del dispositivo o della sottoscrizione. Anche l'art. 606 (599) lettera e) e' stato modificato per il necessario coordinamento. La modificazione dell'art. 547 (540) e' destinata a chiarire che la correzione puo' essere disposta in tutte le ipotesi in cui non v'e' nullita' della sentenza ed e' frutto, come si e' detto, del coordinamento con il definitivo testo dell'art. 546 (539) . LIBRO VIII PROCEDIMENTO DAVANTI AL PRETORE TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI 8.1. L'impostazione del Titolo I, relativo alle disposizioni generali, e' stata oggetto sin dalle prime formulazioni di un vivace dibattito, in quanto e' questa la sede ove deve essere definito il problema della dislocazione territoriale dei nuovi organi giudiziari del procedimento pretorile. Le autonome e diverse funzioni giudiziarie previste nel processo di pretura (pubblico ministero, giudice per le indagini preliminari, pretore del dibattimento) rispetto allo schema del vigente codice di procedura penale costringono infatti ad affrontare gli apparentemente insuperabili problemi posti dall'attuale distribuzione territoriale delle preture mandamentali, delle quali 668 con un solo posto di pretore in organico, e numerose, anche non mandamentali, con meno di cinque pretori. E' evidente che tale distribuzione rende impraticabile l'attuazione del nuovo processo penale, in quanto ciascuna pretura dovrebbe essere composta, ai soli fini della trattazione degli affari penali, di almeno due pubblici ministeri, due giudici per le indagini preliminari e due pretori del dibattimento, onde consentire il necessario avvicendamento dei magistrati in caso di ferie o impedimenti di qualsiasi natura. La soluzione ottimale presuppone una incisiva revisione delle circoscrizioni giudiziarie, mediante un congruo accorpamento delle attuali preture mandamentali e comunque l'istituzione di uffici pretorili aventi dimensioni che consentano una razionale ed economica gestione degli affari penali da parte dei nuovi organi del procedimento pretorile. Le necessarie modifiche di ordinamento giudiziario esulano dai limiti della legge-delega per il nuovo codice; si e' quindi ritenuto, anche sulla base delle proposte in discussione e del disegno di legge governativo C 3005, di assumere come ipotesi di lavoro una distribuzione degli organi giudiziari del procedimento pretorile tra la sede circondariale e quella mandamentale. Muovendosi in questa direzione, nel Progetto preliminare si era previsto che il pubblico ministero e il pretore per il dibattimento operassero presso la pretura circondariale, riservando alla sede mandamentale le funzioni del giudice per le indagini preliminari. I numerosi rilievi critici presentati da piu' parti a tale soluzione ed una piu' matura riflessione sulla frequenza e sulla molteplicita' dei rapporti che verranno ad instaurarsi nel nuovo procedimento pretorile tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari, hanno indotto ad invertire la dislocazione territoriale tra quest'ultimo e il pretore del dibattimento, prevedendo che pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari operino nella medesima sede circondariale. In effetti, le competenze del giudice per le indagini preliminari (incidente probatorio, misure cautelari, atti urgenti a norma dell'art. 467 (461) , autorizzazione alla proroga delle indagini preliminari, decreto di archiviazione, giudizio abbreviato e applicazione della pena a richiesta delle parti, tentativo di conciliazione) , tutte condizionate dal presupposto della richiesta del pubblico ministero, e per lo piu' circoscritte entro limiti temporali molto ristretti, rendono evidente che sarebbe antieconomico distribuire l'attivita' dell'organo dell'accusa e del giudice in sedi territoriali diverse. Al contrario, l'attivita' del pretore del dibattimento ha una maggiore autonomia e comunque non presuppone un doppio passaggio di carte in andata e in ritorno analogo a quello tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari. A favore di tale scelta gioca inoltre la considerazione che la competenza territoriale e' per tradizione determinata con riferimento al giudice del dibattimento, ed e' quindi opportuno che sia quest'ultimo il giudice del locus commissi delicti. Venendo all'esame dei singoli articoli, nessuna modifica e' stata apportata all'art. 549 (542) , che si limita ad operare un generale rinvio alle norme per il procedimento davanti al tribunale. Per quanto riguarda l'art. 550 (543) , valgono le osservazioni sopra svolte nel dare atto della nuova dislocazione territoriale degli organi giudiziari nel procedimento pretorile. In questa sede si deve solo precisare che, al fine di evitare qualsiasi equivoco, si e' espressamente previsto nel testo definitivo, alla lettera b) che il giudice per le indagini preliminari opera presso la pretura circondariale e alla lettera c) che il pretore del dibattimento opera presso la pretura mandamentale. Nella lettera a) e' stata utilizzata l'espressione "procuratore della Repubblica" in luogo di "pubblico ministero", essendo quest'ultima indicativa della funzione e non dell'organo. Non si e' ritenuto opportuno accogliere il suggerimento della Commissione parlamentare, espresso nel Parere sul Progetto definitivo, di sostituire nella lettera c) le parole "in sede mandamentale" con le parole "del dipartimento". E' vero che tale terminologia figura nel disegno di legge governativo C 3005 in tema di definizione delle preture circondariali, ma l'espressione non compare in una legge definitiva e non puo' quindi allo stato essere inserita nel testo del nuovo codice. TITOLO II INDAGINI PRELIMINARI 8.2. I due aspetti problematici del titolo in esame si riferiscono ai limiti entro cui ammettere l'incidente probatorio, che, alla stregua della direttiva n. 103 della legge delega, deve essere assunto, in linea con i criteri di massima semplificazione del procedimento pretorile, "solo in casi eccezionali", nonche' alla disciplina dell'istituto dell'archiviazione in caso di mancato accordo del giudice sulla richiesta del pubblico ministero. Le scelte operate nel Progetto preliminare hanno sollevato su entrambi i temi numerosi rilievi critici, relativi rispettivamente alla riduzione delle ipotesi di incidente probatorio rispetto a quelle previste per il procedimento davanti al tribunale ed alla mancata previsione di una disciplina idonea a sbloccare la potenziale situazione di stallo nei casi di disaccordo del giudice sulla richiesta di archiviazione. Sulla base di tali rilievi, la disciplina dei due istituti e' stata parzialmente modificata nel Progetto definitivo, anche al fine di renderla piu' uniforme, pur tenendosi conto della specificita' del procedimento pretorile, a quella dettata per i reati di competenza del tribunale. Nell'art. 551 (544) e' stato accolto il suggerimento della Commissione parlamentare, avanzato anche da numerosi uffici giudiziari, di estendere le ipotesi di incidente probatorio ai casi di pericolo di inquinamento della prova e di confronto, non potendo a priori escludersi che tali situazioni o esigenze si verifichino nel procedimento pretorile. La direttiva della delega e' stata quindi tradotta non riducendo i casi di incidente probatorio rispetto al procedimento davanti al tribunale (detti casi sono stati integralmente richiamati mediante un rinvio all'art. 392 (390) , ma introducendo un limite di carattere qualitativo attinente alla natura delle indagini ed un connotato di carattere temporale. Il giudice dispone incidente probatorio solo nei casi in cui la complessita' delle indagini rende impossibile al pubblico ministero emettere immediatamente il decreto di citazione a giudizio. Conseguentemente alle modifiche ora descritte e' venuta meno la necessita' dell'elencazione contenuta nel comma 1 del Progetto preliminare e la previsione di cui all'ultimo comma. In conformita' al suggerimento della Commissione parlamentare, e' stata altresi' estesa alla persona offesa la facolta' di chiedere l'incidente probatorio (comma 3), mediante sollecitazione rivolta al pubblico ministero, analogamente a quanto previsto dall'art. 394 (392) . Per quanto riguarda l'art. 552 (545) , e' stato eliminato il comma 1 del Progetto preliminare reso superfluo dalla modifica dell'art. 551. Nel comma 2 (ora comma 1) e' stato operato un espresso rinvio al termine di due giorni previsto dall'art. 398 (396) comma 1 entro cui il giudice decide sulla richiesta di incidente probatorio. E' stato infine aggiunto un ultimo comma (ora comma 3) , che espressamente richiama la disciplina prevista dall'art. 393 (391) comma 4 in tema di proroga del termine delle indagini preliminari per l'esecuzione dell'incidente probatorio. Nell'art. 553 (546) , in sede di redazione del Progetto definitivo, e' stata soppressa la clausola di salvezza con cui iniziava il comma 1 perche' non appropriata sul piano sistematico. Nel comma 3 e' stata riportata, per ragioni di uniformita', la formulazione adottata dall'art. 406 (403) comma 2 in tema di proroga del termine delle indagini preliminari nei procedimento avanti al tribunale. L'art. 554 (547) affronta nel comma 2 il delicato problema dei rapporti tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari in caso di disaccordo sulla richiesta di decreto di archiviazione. Facendosi carico delle osservazioni della Commissione parlamentare al Progetto preliminare, e nell'impossibilita' di dettare una disciplina del tutto analoga a quella del procedimento davanti al tribunale a causa della diversa struttura del processo pretorile, si e' in una prima formulazione (Progetto definitivo) previsto che, in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione, il giudice per le indagini preliminari restituisca gli atti al pubblico ministero, indicando con ordinanza le ragioni per le quali ritiene che debba essere promossa l'azione penale. Si e' ritenuto che tale espressa indicazione potesse di per se' costituire strumento idoneo per indurre il pubblico ministero ad emettere decreto di citazione a giudizio e ad evitare il protrarsi all'infinito delle contrastanti valutazioni tra i due organi giudiziari. Non essendo possibile prevedere nel procedimento pretorile una disciplina, analoga a quella dettata dall'art. 409 (406) comma 4 per il procedimento davanti al tribunale, che trova sbocco nell'udienza preliminare, si e' ritenuto che fosse correttivo sufficiente dell'eventuale inazione del pubblico ministero la comunicazione dell'ordinanza al procuratore generale per l'eventuale esercizio del potere di avocazione. Un piu' attento esame del Parere della Commissione parlamentare sembra peraltro suggerire che il giudice per le indagini preliminari non possa limitarsi ad indicare le ragioni per le quali ritiene che deve essere promossa l'azione penale, ma debba ordinare al pubblico ministero di formulare l'imputazione, in conformita' a quanto disposto dall'art. 409 (406) comma 4. In tali termini e' stato pertanto modificato l'art. 554 (547) comma 2 nel testo definitivo del codice, ferma restando la comunicazione dell'ordinanza al procuratore generale per l'eventuale esercizio del potere di avocazione. Nel rispetto delle esigenze di massima semplificazione, non si e' ritenuto opportuno riprodurre la disciplina dell'art. 409 (406) comma 3. Tale disciplina e' infatti conseguente ad un momento di contradittorio in camera di consiglio (art. 409 (406) comma 2) che avrebbe eccessivamente appesantito il procedimento di pretura. TITOLO III ATTI INTRODUTTIVI DEL GIUDIZIO 8.3. Nel titolo III, assumono un rilievo centrale le norme relative al decreto di citazione a giudizio ed ai meccanismi per incentivare l'imputato a richiedere ovvero a prestare il proprio consenso alle varie forme di definizione anticipata del procedimento indicate dallo stesso pubblico ministero nel decreto di citazione a giudizio. Questa impostazione ha trovato sostanziale conferma nel Parere della Commissione parlamentare al Progetto preliminare, per cui la maggior parte delle modifiche apportate nel testo del Progetto definitivo hanno carattere formale o sistematico. Nell'art. 555 (548) , relativo al contenuto del decreto di citazione a giudizio, e' stata colmata nel Progetto definitivo una precedente lacuna nella lettera e) del comma 1, prevedendo anche l'avvertimento del pubblico ministero all'imputato circa la possibilita' di presentare domanda di oblazione. Non si e' ritenuto di accogliere il suggerimento della Commissione parlamentare di prevedere espressamente nel comma 1 lettera d) che sia il pretore competente per il giudizio ad indicare l'aula del dibattimento, e cio' al fine di "evitare ogni possibile interpretazione nel senso che sia il pubblico ministero a scegliersi un giudice, e tenendo conto altresi' della necessita' che imputato e parti private conoscano quale sia l'aula del dibattimento". E' parso infatti pacifico che la determinazione per l'aula del dibattimento non verra' fatta dal pubblico ministero che emette il decreto di citazione, ma che tale aula, e quindi anche la persona fisica del pretore, saranno individuate mediante tabelle predisposte dal capo dell'ufficio secondo criteri predeterminati e automatici. Prima di passare all'esame degli altri articoli, e' opportuno precisare che la Commissione parlamentare ha formulato osservazioni e proposte di risistemazione dei contenuti degli artt. 548, 549, 550, 551 del Progetto preliminare (ora 555, 556, 557, 558) , in base alla considerazione che la previsione del decreto di citazione emesso nel caso di consenso anticipato del pubblico ministero, prevista nell'art. 556 (549) comma 1, potesse essere piu' organicamente inserita mediante una opportuna aggiunta all'art. 555 (548) comma 1 lettera e). Le proposte della Commissione parlamentare avrebbero senza dubbio consentito una sistemazione piu' elegante della materia, ma si e' ritenuto che la ripartizione della disciplina relativa ai due modelli di decreto di citazione nei quattro articoli citati fosse piu' opportuna ai fini di tenere piu' chiaramente distinte le due ipotesi (decreto di citazione con avvertimento delle varie prospettive di riti differenziati e decreto di citazione con consenso anticipato del pubblico ministero al giudizio abbreviato o all'applicazione della pena a norma dell'art. 444 (439) . Trattandosi di istituti e meccanismi nuovi, una disciplina analitica e didascalica potra' renderne piu' agevole la prima applicazione. Non essendo stato accolto tale suggerimento sistematico della Commissione parlamentare, le modifiche apportate agli articoli da 556 (549) a 558 (551) sono di carattere meramente formale. Per quanto riguarda l'art. 556 (549) , la soppressione del comma 2 e' conseguenza dell'inserimento della disciplina ivi prevista nell'art. 555 (548) comma 3. In ordine all'art. 557 (550) , l'unica modifica riguarda l'integrazione relativa alla domanda di oblazione, in conformita' a quanto previsto dall'art. 555 comma 1 lettera e). Nessuna variazione ha subito l'art. 558 (551) , mentre l'art. 559 (552) e' stato integrato con il richiamo all'art. 467 (461) , in conformita' al suggerimento della Commissione parlamentare. 8.4. Nel testo definitivo del codice, tenuto conto di un suggerimento formulato nel Parere della Commissione parlamentare e' stato riformulato il comma 3 dell'art. 555 (548) ; la modifica suggerita e' stata peraltro espressa in relazione all'art. 556 (549) comma 2, ma la relativa disposizione e' stata collocata per ragioni sistematiche nell'art. 555 (548) . Non e' stato invece accolto il suggerimento di eliminare dalla lettera e) l'inciso "sussistendone i presupposti", ritenuto pleonastico. L'inciso e' stato mantenuto, inserendolo dopo le parole "l'avvertimento che", in quanto la sussistenza dei presupposti si riferisce non tanto alla richiesta dell'imputato, quanto al contenuto del decreto di citazione. Di conseguenza, in un'apposita norma di attuazione, verra' previsto che i moduli del decreto di citazione contengano l'indicazione delle norme di legge relative ai riti differenziati che possono trovare applicazione nel caso concreto. Si ritiene di avere cosi' chiarito che l'indicazione dei riti alternativi non costituisce una manifestazione di volonta' del pubblico ministero in ordine al rito che egli intende consentire o escludere, ma solo una indicazione sulle varie possibilita' che nel caso concreto vengono offerte all'imputato per evitare il dibattimento. Il comma 3, nel testo definitivo, risulta modificato nel senso che il decreto di citazione viene notificato, nel termine previsto, oltre che all'imputato, anche al suo difensore. In tal modo si e' reso correttamente effettivo l'esercizio di difesa con riferimento ai possibili esiti alternativi al dibattimento del procedimento. All'art. 558 (551) e' stato aggiunto, in sede di redazione del testo definitivo, un nuovo comma (comma 3) che richiama espressamente la norma contenuta nell'art. 469, gia' 463, (proscioglimento prima del dibattimento) , facendo intendere che al pretore incombe di dover verificare l'eventuale sussistenza di condizioni che possono portare al proscioglimento dell'imputato. In forza del rinvio generale contenuto nell'art. 549 (542) , secondo cui nel procedimento davanti al pretore si applicano le norme relative al procedimento davanti al tribunale, in quanto applicabile, tale esplicito richiamo potrebbe apparire superfluo. Tuttavia la sua introduzione e' stata giudicata opportuna soprattutto per il significato implicito. Infatti va ricordato che da piu' parti erano state sollevate perplessita' circa la mancanza di un "filtro" giurisdizionale nel procedimento pretorile (conseguente, secondo la Commissione, alla espressa esclusione nella legge delega dell'udienza preliminare) , specie a fronte della previsione della citazione diretta dell'imputato a giudizio da parte del pubblico ministero. Introdotto il comma 3, e' stato esplicitato che il giudice opera una valutazione circa la ipotesi accusatoria prospettata dal pubblico ministero (sia pure nella limitata prospettiva del proscioglimento dell'imputato) . TITOLO IV DEFINIZIONE DEL PROCEDIMENTO 8.5. La disciplina delle varie forme di definizione del procedimento ha incontrato la sostanziale adesione della Commissione parlamentare. L'impianto complessivo del titolo e' quindi rimasto intatto, salvo quelle integrazioni e modifiche volte a rendere piu' chiara la disciplina ovvero a colmare lacune nelle situazioni in cui il criterio di massima semplificazione del procedimento pretorile ha suggerito di dettare un disciplina specifica rispetto al procedimento davanti al tribunale. Al riguardo si segnalano le integrazioni relative alla disciplina del giudizio abbreviato, dell'applicazione della pena su richiesta e degli atti introduttivi del dibattimento. Nell'art. 560 (553) commi 1 e 2 del Progetto definitivo e' stato accolto il suggerimento della Commissione parlamentare di distinguere con maggior chiarezza l'ipotesi in cui la richiesta di giudizio abbreviato e' formulata nel corso delle indagini preliminari da qualla in cui la richiesta dell'imputato e' presentata dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio. Il comma 3 delinea lo specifico contenuto del decreto di citazione nel caso in cui la richiesta dell'imputato ed il relativo consenso del pubblico ministero precedono l'emissione del decreto a norma dell'art. 555 (548) . L'ultimo comma disciplina i termini entro cui il decreto di citazione deve essere notificato alle parti. Nell'art. 561 (554) , fermo restando il rinvio alla disciplina relativa alla costituzione delle parti nell'udienza preliminare a norma dell'art. 453 (447) , i commi 1 e 2 descrivono lo svolgimento dell'udienza; in particolare si e' ritenuto opportuno precisare cha la discussione e le conclusioni delle parti - e conseguentemente la decisione del giudice - si basano esclusivamente sugli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari. E' stato inoltre accolto il suggerimento di carattere formale della Commissione parlamentare di invertire l'ordine tra le parole "imputato" e "persona offesa". L'integrazione apportata all'art. 562 (555) comma 1 del Progetto preliminare con l'espressione "nel corso dell'udienza" si propone di chiarire che in sede pretorile, a differenza di quanto previsto nel procedimento davanti al tribunale, ove l'art. 440 (435) disciplina una valutazione preliminare sull'ammissibilita' del rito, il giudice puo' valutare l'ammissibilita' (e quindi anche l'opportunita') del rito solo nel corso dell'udienza. Nel comma 3 e' stata espressamente richiamata la disciplina, prevista in via generale, secondo cui la lettura del decreto di citazione equivale a notificazione per le parti presenti. L'integrazione dell'art. 563 (556) comma 2 si propone, analogamente a quanto previsto per il giudizio abbreviato, di disciplinare in maniera piu' analitica l'ipotesi in cui la richiesta dell'imputato ed il consenso del pubblico ministero precedono l'emissione del decreto di citazione a norma dell'art. 555 (548) . Nel comma 4 si e' opportunamente precisato che se la richiesta e' presentata dopo la scadenza del termine di 15 giorni di cui all'art. 555 (548) comma 1 lettera e), la competenza a decidere spetta al pretore del dibattimento. In ordine all'art. 564 (557) sono stati accolti i suggerimenti della Commissione parlamentare (primo Parere) di usare nella rubrica della norma l'espressione "tentativo" di conciliazione, piu' rispondente al contenuto della disciplina, e di prevedere che il tentativo di conciliazione possa essere esperito dal pubblico ministero anche prima di compiere eventuali atti di indagine preliminare. Nell'art. 565 (558) comma 2, in accoglimento del suggerimento della Commissione parlamentare espresso con il Parere al Progetto preliminare, si e' precisato che in sede di opposizione l'imputato puo' chiedere anche il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 (439) . Le modifiche dei commi da 1 a 5 dell'art. 566 (559) sono meramente formali ovvero rispondono all'esigenza di usare una terminologia piu' rigorosa. E' stato inserito un comma 6- bis (ora comma 7) , al fine di prevedere, in ossequio al suggerimento della Corte di cassazione, la disciplina del termine a difesa. Nel comma 7 (ora comma 8) si e' opportunamente previsto che l'imputato possa formulare anche richiesta di applicazione della pena a norma dell'art. 444 (439) . Infine il comma 8 (ora comma 9) prevede che, al di fuori del caso di giudizio direttissimo disciplinato nell'art. 566 (559) , il pubblico ministero procede nei modi ordinari. In tal modo il giudizio direttissimo e' stato limitato a quello indicato nella lettera a) della direttiva 43 della delega, sostanzialmente analogo a quello attualmente disciplinato nell'art. 505 c.p.p.. Le ragioni di tale limitazione sono da ricercarsi ancora una volta nella peculiarita' del procedimento pretorile che deve essere informato a criteri di snellezza e speditezza. Invero la disciplina del caso di giudizio direttissimo previsto dalla lettera b) della direttiva citata (giudizio entro 15 giorni dall'arresto in flagranza) avrebbe comportato un arretramento rispetto alla attuale normativa (art. 505 c.p.p.) sostanzialmente riprodotta nel nuovo codice; inoltre avrebbe giustificato la previsione secondo cui tale caso di giudizio direttissimo sarebbe divenuta ipotesi normale, con conseguente mancato rispetto dei principi informatori del procedimento pretorile indicati nel punto 103 della delega. Ugualmente non praticabile e' parsa l'adozione del giudizio direttissimo descritto nella lettera c) della direttiva 43 (entro 15 giorni dall'iscrizione della notizia di reato nel registro apposito, in caso di confessione resa dall'imputato) in base alla considerazione secondo la quale il procedimento pretorile - celere e snello - consente di raggiungere risultati sostanzialmente analoghi. Il comma 2 dell'art. 567 (560) regola il deposito delle liste testimoniali tenendo conto delle diverse scansioni temporali che regolano il procedimento pretorile rispetto a quello davanti al tribunale. Infine con il comma 6 si e' inteso disciplinare il caso di impedimento del pretore a sottoscrivere la sentenza. La soluzione accolta tiene conto della esistenza - allo stato - di preture unipersonali. 8.6. Nel testo definitivo del codice, in accoglimento del suggerimento contenuto nel Parere della Commissione parlamentare sul Progetto definitivo si e' ulteriormente modificato l'art. 562 (555) comma 1, precisandosi che il decreto di citazione a giudizio emesso successivamente alla restituzione degli atti al pubblico ministero e' un'altro decreto rispetto a quello di citazione per il giudizio abbreviato. Sempre alla stregua dei suggerimenti della Commissione parlamentare sono state apportate modifiche all'art. 563 (556) comma 2. Modifiche sono state apportate pure all'art. 566 (559) . Al comma 1 e' espressamente previsto, al fine di evitare dubbi interpretativi, che la convalida dell'arresto e il contestuale giudizio avvengono sulla base della imputazione formulata dal pubblico ministero. Al comma 2 e' stata aggiunta la previsione della non applicabilita' della disposizione dell'art. 386 comma 4 al fine di indicare sia pure indirettamente il luogo in cui l'arrestato dovra' essere custodito: questo, sara' conformemente alla prassi attualmente in vigore con riferimento al procedimento disciplinato dall'art. 505 del codice vigente, presso gli uffici di polizia giudiziaria. Si e' tenuto conto del fatto che dall'adozione di una disciplina analoga a quella prevista per i procedimenti di competenza del tribunale sarebbe conseguita una regolamentazione arretrata rispetto alla prassi vigente con riferimento al giudizio direttissimo davanti al pretore. Al comma 4 (ipotesi di presentazione dell'arrestato per la convalida e il contestuale giudizio ad opera del pubblico ministero) il termine medesimo entro il quale il pretore deve fissare l'udienza viene indicato in quarantotto ore dalla richiesta del pubblico ministero (anziche' in novantasei ore dall'arresto) per una piu' esatta aderenza al dettato costituzionale (art. 13 Cost.). Al comma 5 e' stata ribadita l'ipotesi della mancata convalida ma senza le qualificazioni che connotavano l'originaria formulazione (mancata convalida perche' non si deve iniziare l'azione penale), in quanto questa e' stata gia' iniziata dal pubblico ministero che ha richiesto la convalida e il contestuale giudizio (richiesta che presuppone la formulazione di una imputazione). Con riferimento al comma 6, non e' stato seguito il suggerimento, avanzato dalla Commissione parlamentare in sede di Parere sul Progetto definitivo, di collegare la convalida di arresto con l'instaurazione del giudizio direttissimo ("se l'arrestato non e' posto in liberta'") , riproducendo la norma dell'art. 505 comma 4 del codice vigente. Invero si e' ritenuto, del resto anche in analogia al comma 5 (che consente di procedere a giudizio direttissimo anche nel caso in cui l'arresto non sia convalidato e, quindi, l'arrestato rimesso in liberta') , di consentire l'instaurazione del giudizio direttissimo anche nel caso in cui, dopo la convalida, il pretore abbia ordinato la conversione dell'arresto o comunque abbia rimesso in liberta' l'arrestato: ragioni di semplificazione e di speditezza, riconducibili al criterio guida che deve informare il procedimento pretorile, suggeriscono tale conclusione, tenuto conto che e' stata formulata l'imputazione e che l'imputato compare davanti al giudice naturale. Nell'art. 567 (560) sono state apportate prevalentemente modifiche di carattere formale o comunque tendenti a migliorarne la formulazione. Cosi': la rubrica "giudizio in dibattimento" e' stata sostituita con quella "dibattimento"; il rinvio nel comma 1, alle "norme stabilite per i reati di competenza del tribunale" e' stato piu' esattamente espresso come rinvio alle "norme stabilite per il procedimento davanti al tribunale"; la disposizione per la verbalizzazione riassuntiva e' stata formulata sostituendo l'espressione "con l'accordo" con quella "sull'accordo". LIBRO IX IMPUGNAZIONI TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI 9.1. Nel passaggio dal Progetto preliminare a quello definitivo le disposizioni generali sulle impugnazioni non hanno subito nel loro complessivo impianto cambiamenti radicali, anche se diversi articoli sono stati modificati, in alcuni casi solo formalmente, in altri con interventi che hanno inciso sul loro contenuto normativo. Il comma 3 dell'art. 570 (563) prevedeva la possibilita' per il magistrato del pubblico ministero che aveva presentato le conclusioni, nel caso di impugnazione, di "partecipare al successivo grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione". Nel Progetto definitivo la possibilita' e' stata mantenuta solo per il giudizio di appello, tenendo conto da un lato della proposta della Commissione parlamentare di sopprimere l'intero comma, motivata dalla considerazione che la disposizione avrebbe comportato una personalizzazione dell'accusa, e dall'altro dell'esigenza, all'origine dell'innovazione, "di non far disperdere la conoscenza e l'esperienza gia' acquisite dei fatti di quel processo... cosi' evitando anche un nuovo studio di atti particolarmente ponderosi" (Relazione al Progetto preliminare, p. 284) . Si e' ritenuto che questa esigenza solo per il giudizio di appello meritasse di prevalere sulle ragioni negative indicate dalla Commissione parlamentare, e che nel giudizio di cassazione, data la rilevanza degli aspetti di diritto, non occorresse derogare al normale regime delle funzioni per consentire la partecipazione del magistrato che era intervenuto nei gradi precedenti. Nell'art. 571 (564) si e' colmata, con il comma 2 (1- bis) , una lacuna, legittimando all'impugnazione, nel caso di incapacita' legale o naturale dell'imputato, il suo tutore o il suo curatore speciale. Correlativamente nell'ultimo comma dello stesso articolo e' stato previsto che nel caso di incapacita' dell'imputato la dichiarazione di questo diretta a togliere effetto alla impugnazione del suo difensore debba essere integrata attraverso la conforme volonta' del tutore o del curatore speciale. Nell'art. 575 (568) e' stato aggiunto un terzo comma per riconoscere al responsabile civile il diritto di impugnare la sentenza di assoluzione che ha deciso sulla domanda di risarcimento proposta nei confronti del querelante, a norma dell'art. 542 (535) . L'art. 577 (570) , in attuazione della direttiva 85, da' alla parte civile la facolta' di impugnare anche agli effetti penali le sentenze di condanna o di proscioglimento relative ai reati di ingiuria e di diffamazione. Nel Progetto definitivo e' stato precisato che tale facolta' compete solo alla parte civile che sia anche persona offesa, in modo da escludere che l'impugnazione agli effetti penali, eccezionalmente ammessa per i soli casi di ingiuria e di diffamazione, possa essere proposta anche da un eventuale danneggiato diverso dalla persona offesa. Nell'art. 578 (571) , in accoglimento di un rilievo formulato dalla Corte di cassazione, e' stato soppresso il comma 2, che e' risultato superfluo ed impreciso. Rispetto all'art. 580 (573) , relativo alla conversione del ricorso in appello, sia la Commissione parlamentare, sia la Corte di cassazione, pur senza muovere rilievi specifici, hanno proposto una diversa formulazione, nella linea dell'art. 514 del codice vigente. L'articolo nel Progetto definitivo e' stato riformulato nel modo proposto dalla Corte di cassazione. Nell'art. 589 (582) e' stato aggiunto il comma 4 per disciplinare la rinuncia da parte del pubblico ministero all'impugnazione nei casi in cui questa e' trattata in camera di consiglio. Poiche' il potere di rinunciare all'impugnazione e' ripartito, a seconda dello stadio del processo, tra pubblico ministero a quo e pubblico ministero ad quem e' apparso necessario stabilire il momento nel quale tale potere passa dall'uno all'altro quando l'impugnazione e' trattata in camera di consiglio. Modificazioni formali sono state apportate agli artt. 568 (561) , 573 (566) , 582 (575) , 584 (577) , 585 (578) , 586 (579) e 592 (585) 9.2. Nel testo definitivo del codice l'art. 571 (564) e' stato ulteriormente modificato, oltre che nel comma 1, per ragioni formali, nel comma 2, per rendere piu' chiara l'ultima parte, che concerne la dichiarazione dell'imputato contraria alla impugnazione proposta dal difensore, nel caso di incapacita' dell'imputato. Secondo il Progetto definitivo in questo caso la dichiarazione dell'imputato deve essere integrata dalla conforme volonta' del tutore o del curatore speciale. La Commissione parlamentare ha proposto in sostituzione la formula: "la contraria dichiarazione di volonta' del tutore o del curatore speciale toglie effetto all'impugnazione proposta dal difensore". Con questa formula nel contrasto tra il difensore e il tutore o il curatore dovrebbe prevalere la volonta' di queste persone, anche in mancanza di una conforme volonta' dell'imputato incapace. La proposta e' stata considerata con attenzione, ma si e' infine ritenuto preferibile lasciare invariata la disciplina, che riproduce sostanzialmente quella del vigente art. 193, comma 1 del codice vigente. E' sembrato opportuno favorire l'impugnazione, evitando che ad essa possa essere tolto effetto senza una volonta' in tal senso dell'imputato. Anche all'imputato incapace e' infatti riconosciuta la capacita' di impugnare, e quindi si e' ritenuta non irrilevante la mancanza di una sua volonta' contraria all'impugnazione del difensore. A ben vedere nell'art. 571 l'intervento del tutore o del curatore speciale e' previsto per favorire l'impugnazione, dato che essi possono proporla in aggiunta all'imputato incapace o possono impedire all'imputato incapace di togliere effetto all'impugnazione del difensore, mentre si sarebbe posta al di fuori di questa logica una disposizione diretta a far prevalere la volonta' del tutore o del curatore contraria all'impugnazione del difensore. La formulazione dell'ultima parte dell'art. 571 (564 comma 2) era pero' poco chiara ed e' possibile che anche dalla mancanza di chiarezza sia stata determinata la proposta della Commissione parlamentare. E' per questa ragione che di tale parte si e' fatto un autonomo ultimo comma, con alcune modificazioni formali volte a renderne piu' chiaro il contenuto normativo. Nel comma 3 dell'art. 575 (568) , ove si prevedeva la facolta' del responsabile civile di impugnare il capo della sentenza di assoluzione riguardante la domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti del querelante, si e' eliminato il riferimento a quest'ultimo al fine di estendere tale facolta' anche alla domanda proposta nei confronti della parte civile. L'art. 579 (572) , relativo all'impugnazione di sentenze che dispongono misure di sicurezza, ha formato oggetto di un'osservazione essenzialmente formale della Commissione parlamentare. Nell'esaminare questa osservazione e' emerso pero' un grave difetto di coordinamento tra l'art. 579 e l'art. 680 (671) nel Progetto definitivo. Il primo infatti prevedeva che l'impugnazione contro le disposizioni della sentenza che riguardano misure di sicurezza, anche se limitata a queste, dovesse essere proposta con i mezzi di impugnazione generalmente previsti per la sentenza impugnata, mentre l'art. 680, comma 1 stabiliva: "Il tribunale di sorveglianza giudica anche sull'appello... quando e' impugnato soltanto il capo concernente le misure di sicurezza". I due articoli del Progetto definitivo sembravano quindi regolare diversamente l'appello, sia quanto al giudice competente (corte di appello o tribunale di sorveglianza) , sia quanto al procedimento, e per questa ragione sono stati entrambi modificati e coordinati. Nel comma 1 dell'art. 579 e' stata riprodotta la regola dell'art. 212 del codice vigente per il caso in cui l'impugnazione relativa alle misure di sicurezza si accompagni all'impugnazione di un altro capo non riguardante esclusivamente gli interessi civili. Per l'impugnazione concernente le sole disposizioni sulle misure di sicurezza e' stata invece stabilita la competenza del tribunale di sorveglianza, a norma dell'art. 680, eccettuato il caso in cui sia impugnata la disposizione sulla confisca. In questo caso valgono le regole stabilite per i capi penali. Si e' ritenuto insomma coerente con i piu' recenti orientamenti in tema di applicazione delle misure di sicurezza e di procedimento di sorveglianza optare per il tribunale di sorveglianza, lasciando pero' al giudice della cognizione la competenza sulle impugnazioni relative alla confisca. Queste infatti generalmente riguardano questioni di diritto estranee alle normali attribuzioni cognitive della magistratura di sorveglianza ed anche nel sistema vigente hanno dato luogo ad una disciplina speciale, come emerge dall'art. 655 dell'attuale codice, che demanda i provvedimenti sulla confisca, successivi alla sentenza, al giudice dell'esecuzione anziche' alla magistratura di sorveglianza. L'art. 580 (573) nel Progetto definitivo era stato sostituito con un testo proposto dalla Corte di cassazione. Riconsiderando pero' la disposizione, in seguito ad un'osservazione della Commissione parlamentare, e' emerso che era piu' corretta la formulazione del Progetto preliminare sulla conversione del ricorso in appello, dato che la disciplina non poteva riguardare solo il caso in cui "contro i diversi capi della stessa sentenza sono proponibili l'appello e il ricorso per cassazione" (al quale si riferiva il Progetto definitivo) dovendo trovare applicazione anche nel ricorso per saltum e quando rispetto allo stesso capo sono dati alle parti diversi mezzi di impugnazione, come avviene nel giudizio abbreviato. Inoltre non c'era ragione di distinguere tra impugnabilita' "con l'appello se questo sia proposto contro il capo o i capi appellabili" e conversione, perche' una distinzione del genere (che considera diversamente l'impugnazione anteriore alla proposizione dell'appello e quella successiva) avrebbe riprodotto questioni sorte nell'interpretazione dell'art. 514 del codice vigente e comunque non si sarebbe attagliata al ricorso per saltum, posto che questo riguarda provvedimenti di per se' appellabili. Modificazioni solo formali sono state apportate agli artt. 573 (566) comma 1, 574 (567) comma 2, 575 (568) comma 3, 585 (578) commi 2 lettera c) e 4 e 591 (584) comma 1. TITOLO II APPELLO 9.3. Nella redazione del Progetto definitivo gli interventi sugli articoli relativi all'appello sono stati pochi e di scarsa rilevanza. Gli artt. 593 (586) , 594 (586- bis ) , 600 (593) commi 1 e 3 e 601 (594) comma 3 hanno subito modificazioni formali ed integrazioni marginali, mentre piu' significative sono le modificazioni apportate agli artt. 596 (588) , 597 (589) e 599 (592) . All'art. 596 e' stato aggiunto un comma 3, che attribuisce alla corte di appello la cognizione sull'appello contro le sentenze pronunciate dal giudice per le indagini preliminari nel giudizio abbreviato. Il comma 5 dell'art. 597 e' stato integrato con una parte finale diretta a riconoscere espressamente al giudice di appello il potere di compiere di ufficio, quando occorre, il giudizio di comparazione, potere logicamente collegato con quello di applicare di ufficio circostanze attenuanti. Nell'art. 599, che prevede alcuni casi in cui il giudizio di appello si svolge in camera di consiglio, sono stati modificati i commi 1 e 3. La prima modifica e' stata operata in accoglimento di una proposta della Corte di cassazione, diretta ad estendere la disciplina in questione all'appello concernente il giudizio di comparazione tra le circostanze. La seconda e' avvenuta su proposta della Commissione parlamentare, in modo da chiarire che nel caso di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale e' necessaria la partecipazione del pubblico ministero e dei difensori. 9.4. Nel testo definitivo del codice l'art. 596 (588) e' stato riformulato al fine di distinguere, nell'individuazione del giudice competente a decidere sull'appello proposto contro le sentenze emesse nel giudizio abbreviato dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale, l'ipotesi in cui il reato per cui si procede sia di competenza del tribunale da quella in cui sia invece di competenza della corte di assise. In tale ultima ipotesi si e' infatti ritenuto che la competenza dovesse essere attribuita alla corte di assise di appello. E' stata anche apportata una modifica formale all'art. 597 (589) ed e' stato soppresso l'art. 591, in considerazione delle osservazioni critiche mosse a tale disposizione dalla Commissione parlamentare. L'art. 591 stabiliva che, in mancanza di una dichiarazione o elezione di domicilio effettuata all'atto dell'impugnazione o successivamente, l'imputato appellante si dovesse considerare elettivamente domiciliato presso il proprio difensore di fiducia. La Commissione parlamentare nel Parere sul Progetto preliminare aveva criticato la disposizione, rilevando che il suo mantenimento avrebbe comportato l'accollo di "pesanti oneri e responsabilita' al difensore", ed ha poi ribadito le critiche nel Parere definitivo. Riconsiderata la disposizione si e' ritenuto che effettivamente essa in taluni casi avrebbe potuto determinare per il difensore oneri impropri ed avrebbe potuto ostacolare una presa di conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato. Si e' quindi ritenuto opportuno sopprimere la disposizione, rendendo in tal modo applicabili anche al giudizio di appello le regole generali sulle notificazioni. Nel Parere definitivo la Commissione parlamentare ha espresso l'avviso che nell'art. 599 (592) comma 1 fosse "preferibile il mantenimento del testo originario del Progetto, con l'esclusione, quindi, del riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, anche per evitare che attraverso questa formula si insinui la possibilita' di un giudizio in camera di consiglio sull'esistenza di circostanze aggravanti o attenuanti". Dopo aver attentamente valutato l'osservazione si e' ritenuto che la formula non giustifichi l'estensione del procedimento in camera di consiglio per giudicare sull'esistenza di circostanze diverse dalle attenuanti generiche, che sono espressamente previste, e che d'altro canto sarebbe inopportuno escludere il giudizio di comparazione, che assai spesso forma oggetto di motivi di appello diretti nel complesso ad ottenere una diminuzione di pena. Un'altra osservazione riguarda il comma 2 dell'art. 599. La Commissione parlamentare nel Parere sul Progetto preliminare aveva proposto la soppressione delle parole "che ha manifestato la volonta' di comparire" ed ha ripreso l'argomento nel Parere definitivo rilevando che "l'accertamento della manifestazione della volonta' di comparire costituisce un ostacolo a quella maggiore semplificazione" cui si era fatto riferimento per motivare il mancato accoglimento nel Progetto definitivo della proposta di soppressione. Pur essendo apprezzabili le osservazioni della Commissione parlamentare si e' mantenuto invariato il comma, nel quale le parole in questione hanno la funzione di escludere la necessita' del rinvio per il legittimo impedimento dell'imputato quando questo non ha manifestato una volonta' di comparire. E' una regola che trova un riscontro nella disciplina generale dei procedimenti in camera di consiglio (art. 127 comma 4) e che si differenzia da quella stabilita per il dibattimento, nel quale invece si puo' procedere in assenza dell'imputato legittimamente impedito solo quando c'e' un suo espresso consenso o un suo rifiuto, se detenuto. Rispetto all'art. 603 (596) comma 3 la Commissione parlamentare ha ribadito la proposta, gia' formulata nel Parere sul Progetto preliminare, di prevedere che la rinnovazione di ufficio dell'istruzione dibattimentale venga disposta non, come e' stabilito nel Progetto, "se il giudice la ritiene assolutamente necessaria", ma, piu' semplicemente, "quando il giudice ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti". La proposta della Commissione parlamentare si collega alla direttiva 94 ma non considera adeguatamente che il comma 3 dell'art. 603 riguarda il solo potere del giudice di appello di disporre la rinnovazione di ufficio e non anche quello di disporla su richiesta di parte. Poiche' nel nuovo sistema processuale le prove devono essere richieste dalle parti, risulta residuale e contenuto il potere del giudice di provvedere di ufficio alla loro assunzione e nel dibattimento di primo grado cio' e' consentito solo "se risulta assolutamente necessario" (art. 507) . Nel dibattimento di appello i poteri di ufficio relativi alla prova non possono logicamente ricollegarsi a condizioni meno rigorose ed e' per questa ragione che nel comma 3 e' stata usata la formula "se il giudice la ritiene assolutamente necessaria". E' la rinnovazione a richiesta delle parti invece che puo' e deve essere disposta, ai sensi del comma 1 dell'art. 603, quando "il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti"; inoltre va considerato che per il comma 2 dello stesso articolo quando si tratta di "prove... sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado" riprende pieno vigore il diritto alla prova, riconosciuto in primo grado dall'art. 495 (489) comma 1. TITOLO III RICORSO PER CASSAZIONE 9.5. Le disposizioni del Progetto preliminare sul ricorso per cassazione hanno subito nel Progetto definitivo limitate modificazioni: meramente formali quelle degli artt. 606 (599) comma 3, 608 (601) ; integrative quelle degli artt. 607 (600) , 610 (603) , 611 (604) , 612 (605) e 621 (613) . A quelle del Progetto preliminare sono state pero' aggiunte due nuove importanti disposizioni con l'art. 618 (610- bis) e nel comma 2 dell'art. 627 (617) . Nell'art. 618 sono stati disciplinati gli effetti delle decisioni delle sezioni unite, quando il loro intervento e' avvenuto per "dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni". In questa nuova disposizione si e' stabilito che "le sezioni semplici uniformano le proprie decisioni ai principi di diritto enunciati dalle sezioni unite per dirimere un contrasto; altrimenti rimettono con ordinanza il ricorso alle sezioni unite esponendo le ragioni del dissenso". La disposizione e' stata dettata dall'esigenza, generalmente avvertita, di impedire il protrarsi di contrasti tra le decisioni della Corte di cassazione, anche dopo l'intervento delle sezioni unite, e di assecondare quella "uniforme interpretazione della legge" demandata alla Corte dall'ordinamento giudiziario e necessaria per dare effettiva attuazione al principio di uguaglianza proclamato dall'art. 3 della Costituzione. E' infatti ricorrente il rilievo che viene meno l'effettiva uguaglianza davanti alla legge se nella sede giudiziaria situazioni uguali ricevono trattamenti diversi. Il contrasto tra le decisioni della Corte elude inoltre la richiesta di certezza, che in materia penale e' ancor piu' pressante e si ricollega al principio di stretta legalita', con il suo corollario di tassativita', che non consente di ritenere di volta in volta penalmente lecito o illecito lo stesso fatto o di ravvisare in esso reati diversi di ineguale gravita'. Nelle osservazioni esplicative che hanno accompagnato la nuova disposizione si e' detto che "la prima parte della norma fissa il principio, gia' oggi implicito, che le sezioni semplici devono poi uniformarsi alla decisione delle sezioni unite", mentre "la seconda parte, innovativa, tende ad assicurare l'uniformita' della giurisprudenza pur mantenendo una dialettica all'interno della Corte di cassazione e disciplina il possibile dissenso delle sezioni semplici". Nell'art. 627 comma 2 relativo ai poteri del giudice di rinvio e' stata aggiunta una seconda parte, nella quale si stabilisce che questo giudice, "se e' annullata una sentenza di appello e le parti ne fanno richiesta, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'assunzione delle prove rilevanti per la decisione". Rispetto alla prova risulta cosi' differenziata, diversamente da quanto avviene nel codice vigente, la posizione delle parti nel giudizio di rinvio rispetto a quella nel giudizio di appello. In questo il diritto alla prova e' limitato perche', se non si tratta di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice e' tenuto alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale solo se non si ritiene in grado di decidere allo stato degli atti, mentre nel giudizio di rinvio riprende pieno vigore il diritto alla prova, senza possibilita' per il giudice di negare la rinnovazione ritenendosi in grado di pervenire alla decisione sulla sola base degli atti. Si e' voluto cosi' evitare che il giudizio di rinvio nei limiti in cui impone una rivalutazione del merito si risolva, come accade prevalentemente nel sistema vigente, in un giudizio esclusivamente cartolare. 9.6. Nel testo definitivo del codice sono stati modificati gli artt. 606 comma 1 lett. e) e 618. Nel primo articolo le parole "omessa motivazione" sono state sostituite con le parole "mancanza... della motivazione", per riprendere una formula tradizionale, che meglio si raccorda con gli artt. 125 (124) comma 3 e 546 comma 3 (539- bis) , nei quali la sanzione di nullita' dell'atto concerne la motivazione in senso grafico o strutturale e non i vizi logici della stessa. All'esigenza di raccordo con le disposizioni sugli atti si e' aggiunta la preoccupazione che la formula del Progetto "omessa motivazione" si potesse prestare, in contrasto con la volonta' del legislatore, ad un ampliamento del sindacato sulla motivazione, spostando l'accento dal vizio dell'atto, scandito dalle parole "mancanza... della motivazione", al vizio (di latitudine difficilmente circoscrivibile) dell'attivita' del giudice, richiamata dall'aggettivo "omessa", il quale indica una condotta negativa piu' che le caratteristiche dell'atto. Piu' incisiva e' la modifica dell'art. 618 che, come si e' detto, era stato introdotto nel Progetto definitivo per disciplinare gli effetti delle decisioni prese dalle sezioni unite per dirimere un contrasto di giurisprudenza. La Commissione parlamentare rispetto a questa nuova disposizione ha dichiarato di apprezzare "la tendenza ad assicurare l'uniformita' della giurisprudenza", ma ha mostrato perplessita', rilevando che "la soluzione proposta... viene a porre, per la prima volta nel nostro ordinamento processuale, il vincolo, sia pure tendenziale e corretto, del precedente". Questa perplessita' ha indotto a riconsiderare la disposizione ed a modificarla, facendo venir meno il rigido meccanismo di vincolo alla decisione delle sezioni unite. E' pero' rimasta nella nuova disposizione del codice ugualmente impressa la volonta' legislativa di evitare la formazione e il perdurare di contrasti giurisprudenziali, volonta' che si e' tradotta in un meccanismo di responsabilizzazione delle singole sezioni della Corte di Cassazione, alle quali e' espressamente rimessa la valutazione circa l'opportunita' di rimettere il ricorso alle sezioni unite quando la questione di diritto sottoposta al loro esame "ha dato luogo o puo' dar luogo ad un contrasto giurisprudenziale". E' da notare che in questo caso il ricorso e' rimesso alle sezioni unite non attraverso il primo presidente ma direttamente, con un'ordinanza che, per sua natura, deve essere motivata e deve quindi spiegare le ragioni della rimessione, ed e' chiaro che l'attivazione del meccanismo non puo' mancare quando sulla questione sono gia' intervenute le sezioni unite e la sezione rileva che la propria decisione puo' dare nuovamente luogo ad un contrasto giurisprudenziale. In questo caso nell'ordinanza con la quale viene disposta la rimessione del ricorso saranno enunciate le ragioni per le quali la sezione ritiene che la questione possa dar luogo ad una decisione contrastante con il precedente delle sezioni unite. Nel Parere definitivo della Commissione parlamentare sono contenute anche altre osservazioni e proposte non recepite nel codice. In particolare la Commissione parlamentare ha proposto di modificare l'art. 607 escludendo espressamente che l'imputato possa ricorrere per cassazione contro la sentenza di assoluzione perche' il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. E' pero' sembrato preferibile evitare un'enunciazione negativa come quella proposta, dato che potrebbe risultare limitativa in rapporto all'art. 111 comma 2 della Costituzione e che di regola nei casi considerati il ricorso e' comunque impedito dalla mancanza di interesse. Rispetto all'art. 610 comma 2 la Commissione parlamentare ha ribadito una proposta gia' formulata nel Parere sul Progetto preliminare, diretta a prevedere l'intervento delle sezioni unite anche per "dirimere contrasti insorti tra le decisioni... delle sezioni penali rispetto a quelle civili". Secondo il Parere della Commissione "la previsione di sezioni unite, per cosi' dire miste, appare in ispecie opportuna quando vi siano filoni giurisprudenziali contrastanti sulla interpretazione di elementi normativi di fattispecie penali e qualificazione civilistica". Pur essendo interessante la proposta, si e' ritenuto che la previsione di "sezioni unite... miste" e di un intervento per dirimere i contrasti tra sezioni penali e sezioni civili esuli dalla delega. Resta pero' la possibilita' in casi del genere di investire le sezioni unite penali, alle quali il ricorso puo' essere assegnato dal primo presidente per la speciale importanza della questione. Rispetto all'art. 610 comma 3 la Commissione parlamentare ha osservato che andrebbero ulteriormente specificati presupposti e criteri per la separazione dei procedimenti, ma si e' ritenuto sufficiente il riferimento alla "speditezza della decisione", considerato che il nuovo sistema tende a favorire la separazione in tutti i casi in cui essa risulta conveniente. Un'altra osservazione della Commissione parlamentare riguarda l'art. 611 comma 2, che si e' proposto di modificare in modo da rendere applicabili per la dichiarazione dell'inammissibilita' del ricorso per manifesta infondatezza le regole generali del procedimento in camera di consiglio, previste dall'art. 127, anziche' quelle specificatamente stabilite per la Corte di cassazione dal comma 1 dell'art. 611. Si e' pero' ritenuto inopportuno dare alla dichiarazione di inammissibilita' per manifesta infondatezza una disciplina diversa da quella relativa agli altri casi di inammissibilita', dato che con questa disciplina, al contrario di quanto avviene nel codice vigente, si e' garantito in modo ampio il contraddittorio, attraverso l'avviso dell'udienza e della richiesta del procuratore generale di dichiarare l'inamissibilita', seguito dal diritto di presentare fino quindici giorni prima dell'udienza memorie e fino a cinque giorni prima memorie di replica. E' un procedimento che contiene "adeguate garanzie per la difesa" e che appare quindi conforme alla direttiva 89, la quale non impone la partecipazione dei difensori all'udienza in camera di consiglio. Infine rispetto all'art. 627 la Commissione parlamentare ha ribadito nel Parere definitivo la preferenza per una diversa formulazione del comma 5, gia' proposta nel Parere sul Progetto preliminare, tendente a consentire anche nel giudizio di rinvio la rilevazione di nullita' assolute non concernenti "le parti della sentenza divenute irrevocabili". La proposta e' stata attentamente considerata ed alla fine si e' ritenuto opportuno mantenere il testo del Progetto, che riproduce sostanzialmente la disposizione del vigente art. 544 comma 3. Questa disposizione non e' stata immune da critiche, ma le ha superate anche attraverso una decisione della Corte costituzionale (sent. n. 21 del 1982) , che ha giudicato razionale "la scelta legislativa di rendere improponibile in un determinato grado del procedimento eccezioni di nullita' che si assumono verificate in fasi precedenti ed esaurite", in quanto si tratta di scelta "ispirata dall'intento di evitare la perpetuazione dei giudizi al fine di garantire la definizione del procedimento stesso, cosi' realizzando un interesse fondamentale dell'ordinamento". E' da aggiungere che una scelta diversa, come quella proposta dalla Commissione parlamentare, potrebbe dar luogo a differenze di trattamento rimarchevoli nei casi in cui la nullita', incidendo sull'intero processo, dovrebbe riferirsi anche alle "parti della sentenza divenute irrevocabili", alle quali pero', a quanto pare, secondo la proposta non si estenderebbe l'annullamento. TITOLO IV REVISIONE 9.7. Gli articoli di questo titolo nel passaggio dal Progetto preliminare a quello definitivo non hanno subito mutamenti particolarmente rilevanti. Sono state apportate modificazioni formali agli artt. 629 (621) , 630 (622) , 633 (625) , 634 (626) comma 1, 635 (627) , 637 (629) , 640 (632) , 642 (633) e 643 (634) commi 1 e 2 ed integrazioni marginali agli artt. 634 comma 2 e 637 comma 2, mentre interventi piu' consistenti hanno riguardato gli artt. 636 (628) , 639 (631) e 643 comma 3. Il comma 2 dell'art. 636 nel disciplinare il giudizio di revisione rinviava alle norme sul dibattimento di primo grado "nei limiti imposti dall'oggetto della richiesta di revisione". A questa formula la Commissione parlamentare nel Parere sul Progetto preliminare aveva proposto di sostituire quella "nei limiti imposti dall'oggetto del giudizio di revisione", chiarendo che la proposta tendeva ad "evitare equivoci circa i mezzi di prova che possono essere forniti, che non sono soltanto quelli indicati nella richiesta di revisione, ma tutti quelli ammissibili nel giudizio di revisione". Il Progetto definitivo si e' dato carico dell'osservazione ed il comma e' stato modificato con le parole "nei limiti delle ragioni indicate nella richiesta di revisione". Secondo le osservazioni esplicative che hanno accompagnato il Progetto definitivo "la nuova formula tende..... ad esplicitare che il giudizio di revisione e' vincolato alle ragioni poste a fondamento della domanda e non ai mezzi di prova elencati eventualmente nella stessa". Si chiarisce quindi, che per le prove valgono le regole generali del dibattimento di primo grado, ferma pero' rimanendo la necessita' di un loro rapporto con la domanda (nel senso che sulle ragioni poste a suo fondamento deve misurarsi la rilevanza delle prove) , necessita' che non era esplicitata nella formula proposta dalla Commissione parlamentare. La parte finale dell'art. 639 nel Progetto definitivo e' stata integrata secondo una proposta della Commissione parlamentare diretta a garantire nel giudizio di revisione la parte civile, tenuta a restituire la somma eventualmente pagata dal condannato per il risarcimento del danno, ed a disciplinare la situazione delle cose confiscate. Infine nell'art. 643 e' stato aggiunto il comma 3 per rendere chiaro che il diritto alle prestazioni riparatorie dell'errore giudiziario (pagamento di una somma o ricovero gratuito in un istituto) non spettano in relazione alla parte di pena espiata per il reato oggetto di revisione che sia stata computata in detrazione della pena da espiare per un altro reato. 9.8 Nel testo definitivo del codice e' stato modificato l'art. 630 (622) . Aderendo al suggerimento della Commissione parlamentare, nella prima parte del comma 1 si e' sostituita l'espressione "La revisione puo' domandarsi" con l'espressione "La revisione e' richiesta" (v. anche artt. 633 (625) e 634 (626). L'aggiunta finale alla lettera b) e' stata operata per un necessario coordinamento con l'art. 479, in modo da consentire la revisione anche "se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo successivamente revocata che abbia deciso "una delle questioni previste dall'art. 479". Diventa cosi' possibile la revisione in tutti i casi di revocazione di una sentenza civile o amministrativa su una questione pregiudiziale assunta dal giudice penale a base della sua decisione circa l'esistenza del reato (si pensi ad una condanna per bancarotta fondata su una sentenza dichiarativa di fallimento poi revocata). E' chiaro che il richiamo all'art. 479 non intende limitare la revisione ai soli casi in cui e' avvenuta la sospensione ma significa che l'impugnazione e' ammessa in tutte le ipotesi nelle quali si e' verificato un rapporto tra giudizio civile o amministrativo e giudizio penale come quello previsto nell'art. 479 e la decisione penale e' dipesa dalla risoluzione di una controversia civile o amministrativa, anche se non si e' resa necessaria la sospensione del dibattimento perche' il giudicato civile o amministrativo si era gia' formato. LIBRO X ESECUZIONE 10.1. Il testo degli articoli del libro X, che ha ad oggetto l'esecuzione penale, ha subito nel Progetto definitivo rispetto a quello del Progetto preliminare, numerose modifiche. Molte di queste consistono peraltro in correzioni di carattere meramente formale, finalizzate alla semplificazione e alla migliore comprensibilita' delle disposizioni, o dettate da esigenze di uniformita' stilistica. In altri casi, si e' provveduto al necessario coordinamento dell'articolato con la restante parte del Progetto, come per esempio per quanto concerne l'uso delle espressioni "sentenza di proscioglimento" e "sentenza di non luogo a procedere", la esecuzione delle misure di sicurezza applicate provvisoriamente a norma dell'art. 312 (che evidentemente non puo' seguire la disciplina generale prevista negli artt. 658 (649) e 679 (670) o il rilascio del certificato del casellario giudiziale del testimone quando occorre definirne la personalita' ai sensi dell'art. 236. Numerose, poi, le modifiche dirette a sopperire a carenze del testo o a perfezionare e completare la disciplina dei singoli istituti, senza con cio' intaccarne l'impostazione e la valenza generale. Cosi', e' stata espressamente prevista, nell'art. 657 (648) commi 2 e 3, la computabilita', ai fini della determinazione della pena da eseguire, delle pene condonate e - in relazione a sanzioni della stessa natura - delle sanzioni sostitutive; e' stata disciplinata, nell'art. 659 (650) comma 2, l'esecuzione delle misure di sicurezza non detentive diverse dalla confisca; e' stata prevista nell'art. 660 (651) comma 3 la sospensione del decorso dei termini della prescrizione durante il differimento della conversione della pena pecuniaria; si e' regolato nell'art. 662 (653) comma 2, il computo delle misure interdittive nella durata della corrispondente pena accessoria; la disciplina relativa al conflitto di giudicati e' stata meglio e piu' compiutamente definita nell'art. 669 (660) ; sono state delimitate con maggiore rispondenza alle previsioni del vigente ordinamento penitenziario le competenze del giudice dell'esecuzione e di quello di sorveglianza in merito alla liberazione condizionale e all'affidamento in prova al servizio sociale, e si e' esplicitata la rilevabilita' d'ufficio dell'estinzione del reato (in caso di amnistia impropria) o della pena nell'art. 676 (667) commi 1 e 3; si sono salvaguardate, introducendo nell'art. 677 (668) comma 2 una apposita clausola di salvezza, le deroghe ai criteri generali di determinazione della competenza territoriale della magistratura di sorveglianza previste oggi in tema di misure alternative alla detenzione; si e' opportunamente esteso il potere del pubblico ministero di richiedere i certificati penali degli imputati e dei condannati, in considerazione delle esigenze connesse alla contestazione della recidiva e, soprattutto, alla fase dell'esecuzione. Vi sono infine alcune modifiche cui, per la loro rilevanza, e' opportuno dedicare maggiore attenzione. Nessuna osservazione e' stata formulata dalla Commissione parlamentare nel Parere sul Progetto definitivo. TITOLO I GIUDICATO 10.2. Sul tema dei rapporti tra giudicato penale e processo civile o amministrativo - un tema da considerare separatamente per la sua stretta connessione con il titolo V del libro I - gli interventi hanno coivolto il solo articolato del Progetto preliminare, mentre il Progetto definitivo non ha subi'to modificazioni nel passaggio al testo definitivo. Quanto all'art. 651 (642) , concernente l'efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno, la Commissione parlamentare - pur esprimendosi favorevolmente circa la conformita' alla delega - aveva segnalato, con il primo Parere, l'opportunita' di adottare, con riferimento ai soggetti nei cui confronti il giudicato penale ha effetto vincolante, lo stesso lessico della direttiva n. 22, ultimo punto, "in quanto piu' ampia rispetto a quella usata dall'articolo". Non si e' ritenuto di aderire a tale suggerimento perche' gli unici soggetti "svantaggiati" dal giudicato penale di condanna non possono essere che l'imputato e il responsabile civile. Per quest'ultimo il riferimento alla citazione e all'intervento si colloca puntualmente nella direttiva 22, secondo quanto e' segnalato nello stesso parere della Commissione parlamentare. Allo stesso art. 651 e' stata peraltro apportata una modifica di sostanza, integrandosene il comma 2, concernente l'efficacia extra-penale del giudicato di condanna conseguente al giudizio abbreviato, mediante la clausola di chiusura "salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato". L'inciso e' stato inserito su suggerimento della Corte di cassazione la quale aveva, per la verita', proposto di completare il comma 2 con le parole: "qualora la parte civile abbia consentito al rito abbreviato". La formula poi trasfusa nel testo definitivo e' stata adottata perche', oltre a tener conto del fatto che, di norma, la sentenza indicata nell'art. 651 giova alla parte civile (nonche', e' importante precisarlo, al danneggiato che non abbia esercitato l'azione civile in sede penale) tanto che solo una opposizione della parte civile purche' non consenziente all'abbreviazione del rito, potrebbe giustificarne l'assenza di efficacia vincolante nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o il risarcimento del danno, vale anche a meglio coordinare il precetto dell'art. 651 comma 2 con quello dell'art. 441 comma 2. L'emendamento apportato all'art. 652 (643) (efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno) e' conseguente alla riformulazione della norma dell'art. 75 riguardante l'esercizio dell'azione civile in sede penale: un articolo nel quale e' stato inserito - nel passaggio al Progetto definitivo - il comma 2- bis (ora comma 2) espressamente richiamato dal comma 1 dell'art. 652 al fine di ribadire come l'efficacia di giudicato della sentenza irrevocabile di assoluzione trova un limite nei casi in cui l'azione civile - o perche' non trasferita nel processo penale o perche' iniziata quando non e' piu' ammessa la costituzione di parte civile - prosegua in sede propria. Per quel che attiene al regime dell'efficacia del giudicato di assoluzione nel giudizio disciplinare regolato nell'art. 653 (644) , la Commissione parlamentare aveva espresso - in sede di primo Parere - perplessita' sulla parte della norma che non ne estende l'efficacia preclusiva "all'ipotesi di non punibilita' per l'effetto dell'adempimento di un dovere". Aveva, pero' subito dopo, rilevato che "la direttiva 24 limita alle formule di non sussistenza o di non commissione del fatto la preclusione di un successivo giudizio amministrativo", auspicando "una piu' compiuta previsione da parte della delega soprattutto per evitare situazioni nelle quali la norma primaria verrebbe ad essere vanificata dalla norma secondaria". Non e' rimasto, quindi, che prendere atto di tale rilievo: la modificazione dell'art. 653 nel senso auspicato dalla Commissione parlamentare non rientra infatti nell'ambito dei poteri del legislatore delegato. Infine, a seguito dei suggerimenti della Commissione parlamentare, si e' provveduto ad apportare modificazioni al lessico dell'art. 654 (645) , avente ad oggetto l'efficacia del giudicato penale nei giudizi civili o amministrativi del giudizio di danno, cosi' da meglio adeguarne il testo alle previsioni della prima parte della direttiva 24 della legge-delega. TITOLO II ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI 10.3. La Commissione parlamentare aveva rilevato, in sede di primo Parere, la necessita' di dare compiuta attuazione alla direttiva 96 nella parte in cui prescrive l'obbligo di notificare o comunicare al difensore, a pena di nullita', i provvedimenti della fase dell'esecuzione concernenti le pene e le misure di sicurezza; e cio' in relazione ai provvedimenti emessi dal pubblico ministero. In effetti, il tenore letterale della delega sembra deporre nel senso fatto proprio dalla Commissione, posto che la direttiva 96, nella parte in questione, fa riferimento - nella interpretazione che appare piu' corretta - a tutti i provvedimenti della fase esecutiva, da qualunque organo promanino; mentre ad analoga conclusione induce il confronto con il testo della direttiva 78 della delega del 1974 che, in merito all'obbligo di notifica al difensore, faceva invece riferimento specifico ai "provvedimenti del giudice dell'esecuzione". Se questa e' la volonta' del legislatore delegante, occorreva evidentemente prenderne atto e predisporre una disciplina che conciliasse la notifica in questione con le peculiarita' della procedura esecutiva. Al riguardo, il primo problema che si pone e' quello della individuazione del difensore. Scartata l'idea di una automatica prorogatio del mandato della fase di cognizione, che non appariva giustificata anche in considerazione della notevole distanza geografica e temporale che a volte intercorre fra la conclusione di detta fase e quella esecutiva (si pensi al giudizio di cassazione) , si e' previsto che, in assenza di una nomina apposita da parte del condannato, sia assicurata la difesa d'ufficio con la procedura dell'art. 97. E' poi evidente che, data la natura dei provvedimenti in questione la notifica non puo' precedere ne' condizionarne l'esecuzione: d'altro canto, e' necessario fissare un termine perentorio per l'adempimento, al fine di assicurare l'effettivita' alla sanzione prescritta dalla delega (nullita') . Si e' cosi' pervenuti alla disposizione di carattere generale di cui al comma 5 dell'art. 655 (646) , integrata da opportuni richiami che la rendono applicabile, oltre che in tutti i casi in cui viene emesso un ordine di esecuzione, in relazione ai provvedimenti di computo e di cumulo, rispettivamente disciplinati negli artt. 657 (648) e 663 (654) . 10.4. Nel testo definitivo del codice, si e' sostituita l'espressione "in giudizio" nella rubrica e nel comma 1 dell'art. 658 (649) , con le parole "con sentenza", al fine di comprendere anche l'ipotesi in cui la misura di sicurezza sia stata ordinata con la sentenza di non luogo a procedere. Nell'art. 664 (655) comma 4 e' stato eliminato l'inciso relativo alla "connessione oggettiva" perche' superfluo, stante la nuova disciplina sulla connessione. Nell'art. 665 e' stata soppressa la disposizione (art. 656 comma 4) che individuava il giudice competente a provvedere in luogo della corte di assise deliberante la chiusura della sessione, e cio' in quanto la nuova disciplina che regola il funzionamento della corte stessa non prevede soluzioni di continuita' fra una sessione e l'altra. TITOLO III ATTRIBUZIONI DEGLI ORGANI GIURISDIZIONALI 10.5. Nel Progetto definitivo e' stato conferito al pubblico ministero il potere di disporre in via provvisoria la liberazione del detenuto nelle ipotesi di errore di persona. Spesso infatti il giudice della esecuzione, per la difficolta' della sua costituzione o per la lontananza dal luogo ove l'interessato e' detenuto, non e' in grado di intervenire tempestivamente; ne' sufficienti garanzie al riguardo offre il magistrato di sorveglianza, tenuto conto della sua limitata presenza sul territorio e della mancanza di elementi conoscitivi. Del resto, non sembra razionale negare all'organo che emette l'ordine di carcerazione il potere di ovviare, nei casi di urgenza, alla erronea esecuzione dello stesso. Si e' pertanto previsto nel comma 3 dell'art. 667 (658) che, ove l'errore sia evidente e non sia possibile provvedere tempestivamente nelle forme ordinarie, il pubblico ministero del luogo dove l'arrestato si trova ne disponga provvisoriamente la liberazione, cosi' come gia' oggi dispone l'art. 583 del codice vigente. Per lo stesso ordine di ragioni e' stato attribuito al pubblico ministero l'analogo potere in tema di applicazione di amnistia e indulto, gia' conferito nell'art. 663 del Progetto preliminare al magistrato di sorveglianza. E' infatti emerso che gli uffici di sorveglianza, non disponendo dei fascicoli dell'esecuzione, non sarebbero in grado di controllare la sollecita applicazione dei provvedimenti di clemenza a tutti gli aventi diritto ne', di conseguenza, di disporre provvisoriamente la liberazione in tutti quei casi in cui non e' possibile ottenere in tempi sufficientemente rapidi una decisione dal giudice dell'esecuzione. Pertanto, si e' preferito, al fine di meglio garantire i diritti del condannato, tener ferma anche in questo caso la competenza del pubblico ministero, i cui uffici tradizionalmente la hanno esercitata senza inconvenienti. Degne di nota anche le modifiche apportate all'art. 670 (661) . Nel comma 1 si e' innanzitutto data piu' puntuale attuazione alla direttiva n. 80, sancendo espressamente che, ai fini della verifica della esecutivita' del titolo nelle ipotesi di irreperibilita' del condannato, il giudice deve valutare anche il merito della procedura seguita nella ricerca dell'interessato, non essendo sufficiente il rispetto meramente formale degli adempimenti prescritti (art. 670) . Il riferimento al "condannato" vale a chiarire, ove ve ne fosse bisogno, che cio' che in questa sede e' oggetto di controllo e' la dichiarazione di irreperibilita' relativa alla notifica del provvedimento che si assume esecutivo, essendo escluso che possano venire in rilievo eventuali dichiarazioni relative a fasi processuali precedenti, la cui irritualita' dovra' essere fatta valere in sede di impugnazione. Il testo del Progetto preliminare (art. 661) , in tema di rapporti fra incidente di esecuzione e impugnazione del provvedimento di cui si contesta l'esecutivita', subordinava la proponibilita' dell'impugnazione "tardiva" all'accertamento, da parte del giudice dell'esecuzione, della non esecutivita' del titolo. Ad una piu' attenta riflessione si e' rilevato che, anche a prescindere dalle perplessita' che solleva l'uso del concetto di "tardivita'" in questo contesto, non puo' essere sottratto al giudice dell'impugnazione il potere di valutare l'ammissibilita' della stessa, tanto piu' che il problema della esecutivita' del titolo si puo' porre (soltanto) nel giudizio di impugnazione (come quando, ad esempio, e' impugnata una condanna a pena sospesa) . Recependo nella sostanza la soluzione gia' fatta propria dal Progetto preliminare del 1978, che del resto coincide con quella affermatasi in giurisprudenza, si e' riconosciuta nell'art. 670 comma 2 la autonoma funzione dei due rimedi, che possono concorrere: mentre in una sede si valutera' l'esecutivita' del titolo al fine di giudicare se dar corso all'esecuzione o sospenderla, nell'altra la stessa valutazione sara' invece finalizzata all'accertamento della ammissibilita' dell'impugnazione, senza che la prima decisione pregiudichi o condizioni la pronuncia del secondo giudice. Anche la disciplina relativa alla grazia e' stata infine oggetto di ripensamento. Il Progetto preliminare, all'art. 672, prevedeva che la domanda di grazia fosse in ogni caso presentata al magistrato di sorveglianza e cio', come si legge nella Relazione, per valorizzare il carattere di strumento di risocializzazione dell'istituto. Questo, peraltro, assolve ad altre e diverse funzioni, di rilievo anche politico, che non possono essere ignorate; e cio' a prescindere dalla irrazionalita' dell'intervento del magistrato di sorveglianza in ipotesi come quella della pena pecuniaria. Si e' di conseguenza prevista nell'art. 681 la proposizione della domanda direttamente al ministro, ferma la facolta' di presentarla, a seconda che l'interessato sia o meno detenuto, al magistrato di sorveglianza o al procuratore generale (le cui osservazioni devono comunque essere acquisite, al fine di assicurare la considerazione di tutti i molteplici interessi coinvolti) . E' stata poi disciplinata anche la procedura relativa alla "proposta" di grazia avanzata dal consiglio di disciplina, che va invece sempre presentata al magistrato di sorveglianza, coerentemente con la sua natura di "ricompensa" e con la sua finalita' esclusivamente rieducativa. Si e' infine chiarito che la grazia puo' essere concessa anche "d'ufficio", vale a dire in assenza di domanda o di proposta. Nello stesso ordine di idee la modifica apportata all'art. 684 (675) , che tiene ferma in capo al ministro la competenza a disporre il differimento dell'esecuzione nel caso previsto dall'art. 147 comma 1 numero 1 del codice penale: la decisione al riguardo presuppone infatti una prognosi favorevole sulla concedibilita' del beneficio che puo' essere effettuata soltanto dall'organo che nella prassi costituzionale esercita il relativo potere. 10.6. Nel testo definitivo del codice sono state apportate modifiche formali o di coordinamento agli artt. 667 (658), 668 (659), 669 (660) comma 7, 671 (662), 675 (666), 677 (668), 679 (670) e 681 (672) . Come gia' rilevato con riferimento all'art. 579 (572), si e' anche eliminato un difetto di coordinamento fra tale norma e l'art. 680 (671) relativamente alla disciplina delle impugnazioni avverso i (soli) capi della sentenza concernenti le misure di sicurezza. Nel rivedere la materia e' apparso opportuno demandare al giudice specializzato la cognizione delle impugnazioni suddette anche quando hanno ad oggetto una sentenza di secondo grado, conformemente a quanto gia' previsto dal comma 2 dell'art. 640 del codice vigente. Si e' infatti ritenuto che il vaglio nel merito da parte del giudice specializzato a maggior ragione si giustifica nel momento in cui lo stesso si identifica con la magistratura di sorveglianza, che ha una competenza generale e istituzionalizzata in ordine alle misure di sicurezza. Si e' di conseguenza opportunamente modificato il comma 2 dell'art. 680 (art. 671 comma 1). TITOLO IV CASELLARIO GIUDIZIALE 10.7. Di scarso rilievo le modifiche apportate al titolo IV gia' nel Progetto definitivo. Nell'art. 686 (677) e' stata semplificata e razionalizzata la disciplina relativa alle contravvenzioni, escludendo l'iscrizione (soltanto) quando e' ammessa l'oblazione ex art. 162 c.p. Con la nuova formulazione sembra chiaro che le condanne a pena sospesa sono sempre iscritte, anche se e' ammessa l'oblazione. Nell'art. 688 (679) , come gia' detto sub 10.1, e' stato esteso il potere del pubblico ministero di richiedere i certificati del casellario giudiziale al di la' della fase delle indagini preliminari: in relazione alla necessita' di contestare la recidiva nonche' ai fini della esecuzione. Nella lettera e) del comma 2 dell'art. 689 (680) si e' fatto riferimento alla sentenza che definisce il "patteggiamento" ai sensi degli artt. 444 segg. Sembra poi verosimile che le condanne per reati successivamente abrogati non potranno essere revocate in tempi brevi; ad evitare che il cittadino il quale, eventualmente per ignoranza, non abbia provveduto a chiedere la revoca ai sensi dell'art. 673, veda la condanna iscritta nel certificato, si e' conservata la previsione dell'art. 608 n. 7 c.p.p. Al comma 3 si e' tenuto conto del fatto che le misure alternative non costituiscono cause di estinzione della pena. Non e' sembrato necessario fare riferimento in questa sede all'amnistia come suggerito dalla Commissione parlamentare, essendo la condanna amnistiata non menzionabile ai sensi della lettera d) del comma 2.