(parte 11)
cautelare nei confronti di persone che versino  in  tali  stati,  sia
delle  preoccupazioni  -  da  piu'  parti  espresse - sui pericoli di
strumentalizzazioni derivanti dalla mancanza  di  adeguati  controlli
circa  l'effettivo svolgimento dei programmi di recupero, in funzione
dei quali si tollera  la  rinuncia  all'applicazione  della  suddetta
misura.
   Il testo dell'art. 279 e' stato parzialmente riscritto per rendere
piu' corretta la relativa formulazione.
   Accogliendosi i rilievi della Commissione parlamentare, il comma 2
dell'art. 290, e' stato  integrato  con  il  riferimento  ai  delitti
contro   l'incolumita'   pubblica;   sono  state  cosi'  superate  le
perplessita' che avevano indotto a  non  apportare  nella  precedente
stesura  la  modifica  che  era  gia'  stata  proposta nel Parere sul
Progetto preliminare.
   A  parte  alcune  modifiche di ordine formale, l'art. 292, venendo
incontro ai rilievi della  Commissione  parlamentare,  ha  subito  la
soppressione  dell'originario  comma  2,  derivandone  una  implicita
riconduzione delle ipotesi gia' previste  da  quel  comma  al  regime
generale delle sanatorie delle nullita'.
   Nell'art.  294, oltre ad alcune modifiche di carattere formale, si
segnala l'inserimento,  nel  comma  1,  di  una  norma  apposita  per
l'interrogatorio   della   persona  agli  arresti  domiciliari,  resa
necessaria dalla peculiarieta' di questa misura che, pure, e', in via
generale,  equiparata  alla  custodia  cautelare.  E  del  resto tale
modifica  e'  in  linea  con  le   osservazioni   della   Commissione
parlamentare  che  aveva  ritenuto  "compatibile  con  la  delega  la
previsione di un termine superiore  ai  cinque  giorni  nel  caso  di
arresti domiciliari".
   Nell'art.  299,  mentre  non  si  e' accolto il suggerimento della
Commissione  parlamentare  volto   a   sostituire,   nel   comma   4,
l'espressione  "quando le esigenze cautelari risultano aggravate" con
l'altra  "quando  la  misura  risulta  inadeguata",   essendo   parso
preferibile  mantenere  una formula corrispondente a quella del comma
2, ove si allude al caso in  cui  "le  esigenze  cautelari  risultano
attenuate",  si  e' soppressa, nel comma 3, la specificazione "per le
indagini preliminari", allo scopo di far meglio intendere  che  anche
al giudice del giudizio deve ritenersi prescritto di provvedere entro
cinque giorni dal deposito della richiesta.
   Nell'art.  300  comma  1,  a  parte  la sostituzione della formula
"della medesima persona" (resa necessaria dal successivo  riferimento
al  provvedimento di archiviazione) a quella "del medesimo imputato",
si e' meglio specificata la tipologia  dei  provvedimenti  dai  quali
deriva  l'effetto  estintivo  delle  misure  cautelari, attraverso la
locuzione  "nei  confronti  della  medesima   persona   e'   disposta
l'archiviazione  ovvero  e'  pronunciata  sentenza  di  non  luogo  a
procedere o di proscioglimento". Quanto al comma 2,  ai  fini  di  un
migliore    coordinamento   con   la   disciplina   dell'applicazione
provvisoria delle misure di sicurezza, si e' stabilito che, nel  caso
di  pronuncia  della  sentenza  di  proscioglimento  o di non luogo a
procedere, con  la  quale  venga  altresi'  applicata  la  misura  di
sicurezza  del  ricovero  in  ospedale  psichiatrico  giudiziario, il
giudice debba provvedere a norma dell'art. 312.
   Nell'art.  302,  al  fine  di  venire  incontro  ai  rilievi della
Commissione parlamentare circa i presupposti della rinnovazione della
custodia  cautelare  nei  confronti della persona liberata per omesso
interrogatorio  entro  il  termine  previsto  dall'art.  294,  si  e'
precisato  che  la  suddetta misura puo' venire di nuovo disposta dal
giudice, su richiesta  del  pubblico  ministero,  solo  dopo  che  la
persona  stessa  abbia  reso  l'interrogatorio  in stato di liberta',
sempre che, anche alla stregua dei risultati di tale  interrogatorio,
risultino  sussistere  le  condizioni di applicabilita' e le esigenze
cautelari previste  dagli  artt.  273,  274  e  275.  Non  potendosi,
tuttavia,    imporre    coattivamente    la   prestazione   di   tale
interrogatorio, si e' prevista la possibilita' del  ripristino  della
custodia,  in presenza delle condizioni richiamate, anche nel caso in
cui la persona liberata non si presenti  a  rendere  l'interrogatorio
senza addurre un giustificato motivo.
  L'art.   303  e'  stato  modificato  formalmente,  prevedendosi  un
apposito comma 3 per la ipotesi di nuova decorrenza  dei  termini  di
durata massima della custodia cautelare in caso di evasione.
   Nell'art.  307  e'  stata  apportata  una  modifica  formale nella
lettera a) del comma 2 e si e' chiarito, nel comma 4, che  competente
alla  convalida  del fermo e' il giudice per le indagini preliminari,
il quale con il provvedimento di convalida, se vi  e'  richiesta  del
pubblico  ministero  e  ne  ricorrono  le  condizioni,  "dispone  con
ordinanza" la misura cautelare;  non  e'  sembrato  infatti  corretto
parlare di "conversione del fermo" in tale misura.
   Nel  testo definitivo dell'art. 309, oltre ad alcuni aggiustamenti
formali, anche al fine di rendere agevole il coordinamento con l'art.
310, e oltre ad una modifica meramente esplicativa, consistente nella
specificazione che si tratta di riesame "anche nel merito" (comma  1)
,   e'  stata  introdotta  una  modifica  sostanziale  nel  comma  8,
prevedendosi che  "fino  al  giorno  dell'udienza  gli  atti  restano
depositati  in  cancelleria",  allo  scopo  evidente di dare un senso
compiuto  al  contraddittorio  previsto  attraverso  il  richiamo  al
procedimento  camerale  di cui all'art. 127 (126). Questa esigenza di
garanzia per  l'intervento  della  difesa  (che  si  e'  ritenuto  di
potenziare  anche in armonia con la recente innovazione ex art. 25 l.
5 agosto 1988 n. 330) non poteva, tuttavia,  venire  soddisfatta  con
riferimento  all'intero complesso degli atti del procedimento secondo
la versione dell'articolo  accolta  nel  Progetto,  il  cui  comma  4
prevedeva  che l'autorita' giudiziaria procedente, una volta avvisata
della richiesta di riesame, entro il giorno  successivo  trasmettesse
al tribunale gli "atti del procedimento".
   Ad evitare che, per tale via, nel corso delle indagini preliminari
il pubblico ministero fosse in concreto obbligato  ad  una  sorta  di
anticipata  discovery,  si  e'  stabilito nel comma 5 che gli atti da
trasmettere al tribunale - destinati come tali ad  essere  conosciuti
dal  difensore,  attraverso il loro deposito in cancelleria - fossero
soltanto quelli "presentati  a  norma  dell'articolo  291  comma  1":
cioe',  in  sostanza,  i  soli  atti  posti  dal pubblico ministero a
fondamento della sua richiesta di applicazione della misura.
   Nell'art.  310 sono state apportate alcune modifiche formali o per
motivi di coordinamento con l'art.  309.  Inoltre,  accogliendosi  il
suggerimento  della  Commissione  parlamentare,  e tenuto conto della
peculiarita'  degli  interessi  su  cui   incide   il   provvedimento
sottoposto  ad  appello,  si sono superati i precedenti dubbi e si e'
deciso di ridurre da trenta a venti giorni il termine entro il quale,
ai  sensi  del  comma  2,  il  tribunale  dovra'  emettere la propria
decisione.
   Nell'art.  311,  essendosi ritenuto di configurare la possibilita'
del  ricorso  per  cassazione  omisso  medio,  secondo  l'indicazione
emergente  anche dall'art. 23 l. 5 agosto 1988 n. 330, contro le sole
ordinanze che abbiano  disposto  una  misura  coercitiva  (come  tali
assoggettabili  a  riesame  ex  art.  309)  , e non anche una diversa
misura cautelare, si  e'  correlativamente  modificato  il  comma  2,
sostituendo l'espressione "misura cautelare" con "misura coercitiva";
del resto in coerenza con la previsione gia' contenuta  nello  stesso
comma,  per  cui la proposizione di tale ricorso "rende inammissibile
la richiesta di riesame".
   Per  ragioni  meramente  formali, si e' sostituita, nell'art. 312,
l'espressione "in qualunque stato delle indagini  preliminari  o  del
giudizio"  con  l'altra piu' consueta "in qualunque stato e grado del
procedimento".
   Nell'art.  313,  oltre  a  modifiche  formali,  si  e'  deciso  di
specificare, nel comma 1, quanto  gia'  doveva  ritenersi,  peraltro,
implicito  anche  nella  precedente  formulazione,  stabilendosi  che
l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza  possa  avvenire
soltanto    "previo    accertamento   sulla   pericolosita'   sociale
dell'imputato". In tal modo si e' venuti incontro alle preoccupazioni
espresse dalla Commissione parlamentare, risultando fuori discussione
che il suddetto accertamento di pericolosita' sociale debba precedere
sia  l'applicazione che l'eventuale revoca della misura di sicurezza.
   Negli artt. 314 e 315 (precisamente, nei commi 3 e 5 dell'art. 314
e  nel  comma  1  dell'art.  315)  si  e'  proceduto   a   sostituire
l'espressione  "decreto  di archiviazione" con l'altra "provvedimento
di  archiviazione",  cosi'  da  far  intendere   come   entrambe   le
disposizioni  si  applichino anche nel caso di archiviazione disposta
con ordinanza.
   Modifiche  formali  o  per  motivi  di  coordinamento  sono  state
apportate anche agli artt. 283, 292, 293, 296, 304, 305 e 306.
                              TITOLO II
                        MISURE CAUTELARI REALI
  4.3.  La  disciplina  dei  sequestri  non e' stata modificata nella
sostanza rispetto a quella contenuta nel Progetto preliminare.
   Gli  artt.  317, 318, 319, 321, 323 e 324 contengono invece talune
modifiche di carattere formale dettate dalla esigenza di  migliorarne
la  formulazione  e  di garantirne un piu' puntuale coordinamento con
altre disposizioni del testo.
   4.4.   Nel  testo  definitivo  del  codice  sono  state  apportate
modifiche formali o di coordinamento con altre disposizioni del testo
agli artt. 318, 319, 321, 322, 323.
   Nell'art.  316  comma  1 si e' limitato l'ambito di applicabilita'
della norma al "processo di merito"  per  escludere  il  giudizio  di
cassazione.
   L'art.  317  comma  2  e'  stato integrato con il riferimento alla
ipotesi in  cui  sia  stata  pronunciata  sentenza  di  non  luogo  a
procedere.   Si   e'  inoltre  colmata  una  lacuna  prevedendosi  la
competenza del giudice per le indagini  preliminari  ad  ordinare  il
sequestro  dopo  che sia stato emesso il provvedimento che dispone il
giudizio e prima della trasmissione degli atti al giudice competente.
   Nell'art.  324,  oltre a modifiche formali, e' stata inserita, nel
comma 6, la previsione che "fino  al  giorno  dell'udienza  gli  atti
restano  depositati  in cancelleria", allo scopo di dare effettivita'
al contraddittorio previsto attraverso il richiamo all'art. 127 (126)
(v. anche articolo 309) .
   Nello  stesso articolo inoltre e' stato introdotto un nuovo comma,
in conseguenza della soppressione del comma 3 dell'art. 318:  in  tal
modo   e'   stata   disciplinata,   sia  con  riguardo  al  sequestro
conservativo che con riguardo al  sequestro  preventivo,  la  ipotesi
della contestazione della proprieta' res sequestrata.
   Nell'art.  325  e'  stata  prevista  la  possibilita'  di proporre
direttamente ricorso per cassazione avverso il decreto di  sequestro.
                            PARTE SECONDA
                               LIBRO V
                         INDAGINI PRELIMINARI
                        E UDIENZA PRELIMINARE
                               TITOLO I
                        DISPOSIZIONI GENERALI
  5.1. Nel Progetto definitivo il testo degli articoli che dettano le
disposizioni generali del libro V,  con  il  quale  inizia  la  parte
seconda  del  codice,  e'  rimasto  invariato, salva una modifica del
comma 1 dell'art. 329  (che  disciplina  il  segreto  delle  indagini
preliminari)  ,  intesa  a  sancire  con  maggiore chiarezza che tale
segreto cessa in ogni caso all'atto della chiusura delle indagini,  a
prescindere  dal  relativo  epilogo,  e  quindi  anche  nel  caso  di
archiviazione.
   5.2.  Nel testo definitivo del codice le disposizioni del presente
titolo  non  hanno  subito   modificazioni   rispetto   al   Progetto
definitivo,  salvo  un  emendamento  formale  apportato all'art. 328,
relativo all'intervento del giudice per le indagini  preliminari.  In
ordine  ai  soggetti che a tale giudice possono presentare richieste,
si e' aggiunto alle "parti  private"  il  riferimento  espresso  alla
"persona  offesa  dal  reato".  Si e' comunque deciso di mantenere la
locuzione  "parti  private"  perche'  la  norma  si   applica   anche
all'udienza   preliminare   e  non  solo  alla  fase  delle  indagini
preliminari.
                              TITOLO II
                           NOTIZIA DI REATO
  5.3.  Nel  Progetto  definitivo  e'  stato  soppresso  il comma 3 e
modificato il comma 4 dell'art. 335 del Progetto preliminare, in modo
da  distinguere la disciplina generale prevista dall'art. 116 (115) ,
concernente il rilascio di copie, estratti e certificati  di  atti  e
che  riguarda  anche  il  denunciante  e  la  persona  offesa,  dalle
disposizioni dettate dall'art. 335
 che  si riferiscono, invece, al registro delle pendenze giudiziarie,
rispetto al quale il comma  soppresso  poteva  determinare  ingerenze
intempestive  e  percio'  indebite  nello  stato del procedimento. La
Commissione parlamentare ha ritenuto la nuova formulazione  dell'art.
335 piu' rispondente alla legge-delega (direttiva n. 35) .
   5.4.  Nel  testo  del  codice le disposizioni di questo titolo non
hanno subito alcuna modifica, salvo un miglioramento formale  che  ha
riguardato la rubrica dell'art. 331.
                              TITOLO III
                     CONDIZIONI DI PROCEDIBILITA'
  5.5.  Le  modifiche  principali  che  si  rinvengono  nel testo del
Progetto definitivo (rispetto  a  quello  del  Progetto  preliminare)
riguardano le disposizioni dell'art. 343 (autorizzazione a procedere)
  In particolare e'  stato  riformulato  il  comma  3  relativo  alle
ipotesi  di  flagranza  di  reati  per i quali sia previsto l'arresto
obbligatorio.  Poiche'  l'art.  343  riguarda   tutti   i   casi   di
autorizzazione  a procedere (e non solo quelli relativi ai membri del
Parlamento) si e' disposto  in  linea  generale,  conformemente  alla
direttiva  n. 47 della legge-delega, che i divieti previsti dal comma
2 non operano nelle specificate situazioni di flagranza. Per i membri
del  Parlamento,  alla  gia'  prevista  possibilita'  di  arresto  in
flagranza (limitata a quei delitti per i quali  era  obbligatorio  il
mandato   di   cattura   all'epoca  della  entrata  in  vigore  della
Costituzione repubblicana)  e'  stata  aggiunta  la  possibilita'  di
perquisizioni   personali   e   domiciliari,  secondo  la  previsione
dell'art. 68  della  Costituzione,  a  cui  si  e'  riconosciuta  una
efficacia   riduttiva   del   piu'   ampio   tenore  letterale  della
legge-delega (Relazione al Progetto preliminare, p. 185) . Infine  al
trattamento  dei  membri  del  Parlamento si e' parificato quello dei
componenti della Corte costituzionale (art. 3 legge costituzionale  9
febbraio 1948 n. 1).
   Nell'art.  342  si e' indicato l'ufficio al quale va presentata la
richiesta di procedimento.
   Nell'art.   344   si   e'  aggiunto  un  comma  4,  relativo  alla
possibilita' di separazione dei processi quando soltanto  per  alcuni
imputati e' necessaria l'autorizzazione a procedere.
   Modifiche  formali  sono  state,  infine,  apportate  alla rubrica
dell'art. 338, nonche' al testo degli artt. 345 (in  accoglimento  di
un suggerimento della Commissione parlamentare) e 346.
   5.6.  Nel  testo  del  codice  modifiche di ordine prevalentemente
formale o di coordinamento sono state apportate agli artt. 338,  343,
344 e 345.
   Nel  comma 4 dell'art. 343 si e' ritenuto preferibile eliminare la
locuzione "neppure in altri procedimenti",  riferita  al  divieto  di
utilizzazione  degli  atti  compiuti  in  violazione della disciplina
sulla autorizzazione a procedere. La  estensione,  invero,  e'  parsa
superflua  e  al  tempo  stesso fonte di possibili equivoci, la' dove
potrebbe far pensare che l'inutilizzabilita' di una prova di un  dato
processo  valga  anche  in  un  diverso processo solo quando cio' sia
specificamente previsto.
   Nel  comma  1,  seconda parte, dell'art. 344, nella locuzione "nei
giudizi di competenza del  pretore"  la  parola  "giudizi"  e'  stata
sostituita con "procedimenti" poiche', conformemente alla convenzione
terminologica adottata, l'espressione "procedimento"  e'  comprensiva
anche  della  fase  delle  indagini  preliminari e di tutti i momenti
processuali anteriori al "giudizio".
   Nel  comma  4  dello  stesso  articolo  si  e'  poi  sostituita la
locuzione "contro piu' imputati" con quella "nei  confronti  di  piu'
persone"  poiche'  la  disposizione  concerne  anche  la  fase  delle
indagini preliminari, in cui non vi e' ancora un imputato.  Il  comma
inoltre  e'  stato  migliorato  formalmente sostituendo l'espressione
"nel frattempo a giudizio" con quella "separatamente".
   Nel comma 1 dell'art. 345 l'espressione "decreto di archiviazione"
e' stata sostituita con "il provvedimento di  archiviazione"  poiche'
la  norma  concerne  sia  le ipotesi di archiviazione pronunciate con
decreto sia quelle in cui il provvedimento e' adottato con ordinanza.
                              TITOLO IV
                        ATTIVITA' A INIZIATIVA
                      DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA
  5.7.  Nel  Progetto  definitivo  sono  state  apportate modifiche a
diversi articoli, ma di esse solo poche richiedono una  esplicazione.
   Nell'art.  351 (modificato anche nella rubrica) si e' soppresso il
comma 2, che nulla aggiungeva al potere di ordine generale attribuito
alla polizia giudiziaria nel comma 1.
  Nell'art. 352, comma 5, e nell'articolo 355 comma 1, si e' chiarito
quale sia il pubblico ministero territorialmente  competente  per  la
convalida  (rispettivamente, della perquisizione e del sequestro). Al
riguardo si e' data rilevanza all'autorita' del luogo in  cui  l'atto
e' stato eseguito, anche nel caso in cui essa non coincide con quella
competente per le indagini.
   Nell'art.  354 si e' aggiunto un comma 3 (e si e' conseguentemente
modificata la rubrica), in  accoglimento  di  un  suggerimento  della
Corte   di   cassazione,   al   fine   di   consentire  alla  polizia
l'accertamento delle tracce del reato desumibili non solo dai  luoghi
e  dalle cose, ma anche dalle persone (per esempio, macchie di sangue
o  reazioni  chimiche  dell'espirazione  a  prova  di  uno  stato  di
ubriachezza).
   Sono  di ordine formale, invece, le modifiche apportate agli artt.
348 (ove e' stata collocata la disposizione costituente  inizialmente
il  comma 3 dell'art. 359 ), 350 (nella rubrica), 353 (nella rubrica)
e 355.
   5.8.  Nel  testo  definitivo del codice si e' soppresso il comma 3
dell'art. 352, che, per il compimento delle perquisizioni, richiamava
le  disposizioni  su  tale atto del libro III. La disciplina generale
ivi contenuta - come  quella  di  ogni  altro  atto  suscettibile  di
compimento  anche  nelle  indagini preliminari - vale anche in questa
fase. Pertanto il richiamo a disposizioni generali e'  per  un  verso
inutile   e   per   un   altro   verso   tale   da  provocare  errate
interpretazioni.
   Modifiche  di  ordine  formale  sono  state  apportate, in sede di
coordinamento, agli articoli 350, 352, 354, 355 e 357, ultimo  comma.
                               TITOLO V
                   ATTIVITA' DEL PUBBLICO MINISTERO
  5.9.  La novita' di maggior rilievo consiste nella introduzione nel
Progetto definitivo, sotto l'articolo 361- bis (ora  362  ),  di  una
apposita  norma  volta  a  sancire  espressamente,  da  un  lato,  il
potere-dovere del pubblico ministero di assumere  informazioni  utili
ai  fini  delle  indagini; dall'altro, gli obblighi che incombono sui
soggetti che tali informazioni sono in grado  di  riferire.  Obblighi
fra  i  quali  non  e'  compreso  quello di dire la verita' - come si
desume dal mancato richiamo dell'art. 198 proprio  per  differenziare
la  posizione  di  tali soggetti dal testimone - ipotizzabile solo in
sede   giurisdizionale,   assegnando   ai   soggetti   medesimi   una
configurazione  non  dissimile  da  quella  che  assumono  le persone
chiamate a riferire circostanze o notizie alla polizia giudiziaria.
   All'art. 364 (363), oltre a taluni emendamenti dettati da esigenze
di coordinamento o formali, si e' ritenuto opportuno  modificare,  al
comma  5, la disciplina degli avvisi ai difensori nei casi di atti da
assumere con assoluta urgenza. In particolare, e' stato previsto  che
il  pubblico  ministero  possa  prescindere  dal rispetto del termine
stabilito  nel  comma  3  ove  l'urgenza   concerna   gli   atti   di
interrogatorio,   confronto   o   ispezione,   stabilendosi  tuttavia
l'obbligo  di  avvisare  il  difensore  "senza  ritardo  e   comunque
tempestivamente".   Per  gli  atti  di  interrogatorio  e  confronto,
l'avviso  e'  sempre  dovuto,  giacche'  non  e'   sembrato   potersi
realizzare  un  presupposto  di  urgenza  tale da porsi in termini di
inconciliabilita' con l'onere dell'avviso, sacrificando,  quindi,  il
concreto esercizio del diritto di difesa. Diversamente si e' ritenuto
per le ispezioni: nell'ipotesi, affatto eccezionale,  prevista  dallo
stesso  comma  5,  l'atto  si  connota in termini di mezzo di ricerca
della prova "a sorpresa" - e quindi come  figura  specifica  rispetto
alla ispezione che non presenti tali caratteristiche - di tal che' e'
apparso coerente prevedere la facolta' di  omettere  l'avviso,  ferma
restando, in ogni caso, la facolta' di intervento del difensore.
   Sempre  ad esigenze di garanzia e' dovuta l'introduzione del comma
3 all'art. 375 (373): si e' ritenuto  infatti,  che  se  il  pubblico
ministero   intende   procedere   all'interrogatorio   della  persona
sottoposta alle indagini, l'invito a presentarsi deve contenere anche
la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede.
   I  restanti  emendamenti,  salvo  quanto  poi  si  dira' in merito
all'art.  360,  tendono  a  chiarire  il  contenuto  delle   relative
disposizioni  (artt.  366 (365), 369 (367), 371 (369), 376 (374), 377
(375) ovvero soddisfano esigenze formali (artt. 358, 365  (364),  370
(368),  374  (372)  o sistematiche e di coordinamento (artt. 359, 363
(362), 367 (365-bis) , 373 (371) , accogliendo anche  taluni  rilievi
formulati dalla Commissione parlamentare (art. 372 (370) .
   5.10.  Nel  Progetto  definitivo si era ritenuto di dover emendare
l'art. 360 sopprimendo il riferimento alle "operazioni"  e  cio'  nel
presupposto   che   la   norma,  volta  a  circoscrivere  il  ricorso
all'incidente probatorio ma al  tempo  stesso  ad  assicurare  idonee
garanzie  e  un  adeguato  contraddittorio, dovesse dispiegare la sua
operativita' solo nei  casi  di  accertamenti  tecnici  per  i  quali
sarebbe  possibile  il ricorso alla perizia a norma dell'articolo 392
(390) . Tale scelta e' stata mantenuta nel testo definitivo anche  se
la  Commissione  parlamentare  ha  espresso  preoccupazioni  circa il
rischio  che  la  soluzione  anzidetta  venga  ad   escludere   dalla
disposizione  in  esame  "operazioni"  che  pur possono presentare il
carattere della non ripetibilita'. L'assunto, pur se  degno  di  ogni
considerazione,  non e' apparso condivisibile proprio perche', attese
le finalita' della norma, avrebbe generato una spuria commistione tra
il  concetto di accertamento, per sua natura frutto di valutazione, e
quello di operazione, che tale caratteristica non presenta, mentre e'
solo  il  primo  dei  due che puo' funzionalmente raccordarsi al tema
della perizia esperibile in sede di incidente probatorio.
   Nel  comma 5 dello stesso articolo l'espressione finale "esiti non
possono essere raccolti nel fascicolo per il dibattimento"  e'  stata
sostituita  con "risultati non possono essere utilizzati agli effetti
del giudizio" al fine, da un lato, di rendere piu' tecnica la  norma,
riconducendo  la previsione all'"inutilizzabilita'" anziche' alludere
genericamente - e senza che se ne fossero precisate le conseguenze in
caso  di  inosservanza  -  a  una sorta di divieto di inserimento nel
fascicolo dibattimentale; e, dall'altro  lato,  di  non  limitare  la
comminatoria dell'inutilizzabilita' al solo dibattimento.
   I  commi 4 e 5 dello stesso art. 360 sono stati inoltre modificati
formalmente.
   Modifiche  di  coordinamento  o  dettate  da  esigenze  di maggior
chiarezza sono state apportate anche agli articoli  361,  363  (362),
373 (371) e 377 (375).
                              TITOLO VI
                     ARRESTO IN FLAGRANZA E FERMO
  5.11.  Nel  Progetto  definitivo  e'  stato  modificato  il comma 1
dell'articolo   390   (388)   per   dirimere    perplessita'    circa
l'individuazione  del  giudice competente a decidere sulla convalida,
stabilendosi che e' tale  il  giudice  per  le  indagini  preliminari
competente per materia secondo le regole ordinarie e, per territorio,
in rapporto al luogo in cui e' stato operato il fermo o l'arresto. E'
stata  poi soppressa l'espressione "porre a disposizione del giudice"
e correlativamente modificata la rubrica dell'articolo, per  chiarire
che l'obbligo del pubblico ministero si traduce solo nella tempestiva
richiesta della decisione sulla convalida. Si e'  inoltre  modificato
il comma 2 essendo apparso piu' funzionale e celere prevedere che sia
lo stesso giudice (e non il pubblico ministero) a dare  avviso  della
data fissata per l'udienza di convalida dell'arresto o del fermo.
   Nel  comma  3,  infine,  e'  stato  soppresso,  poiche' improprio,
l'inciso "salvo che l'arrestato o il fermato non possa o  si  rifiuti
di  comparire",  giacche'  la  presenza  o  meno dell'arrestato o del
fermato potra' rilevare solo in sede di udienza di convalida.
   Oltre  a  taluni  emendamenti di ordine formale, si e' ritenuto di
modificare la disciplina dell'udienza di convalida (art.  391  (389))
prevedendosi:  a) la necessaria partecipazione del pubblico ministero
e  del  difensore,  per  maggiore  conformita'  alla  delega;  b)  la
soppressione  del  termine  a  difesa  per  il difensore designato in
sostituzione, essendosi ritenuta inconciliabile tale previsione con i
termini "ad horas" stabiliti, a garanzia del diritto di liberta', per
la convalida; c) la possibilita' di proporre ricorso  per  cassazione
avverso  l'ordinanza  che  decide  sulla  convalida,  essendo apparso
opportuno formulare una espressa previsione in tal senso, giacche' il
provvedimento   sulla   convalida   viene   scisso  dalle  successive
determinazioni  del  giudice  in  tema  di  applicazione  di   misure
coercitive.
   Modifiche  formali  o  di  coordinamento, talvolta suggerite dalla
Commissione parlamentare, sono state apportate agli artt. 380  (378),
381 (379), 384 (382), 385 (383), 386 (384) e 388 (386).
   5.12.  Il testo definitivo dell'art. 386 (384) e' stato modificato
formalmente  e  sostanzialmente:  in   particolare,   nel   comma   4
l'espressione   "traducono"   e'   stata   sostituita   con   l'altra
"conducono"; nel comma 5, dicendo "se" e non "quando"  si  e'  voluto
chiarire  che  l'ipotesi  del pregiudizio delle indagini e' del tutto
distinta da quella  dell'infermita';  nel  comma  7,  infine,  si  e'
ritenuto  di  prevedere un ulteriore caso di sopravvenuta inefficacia
dell'arresto o del fermo  che  abilita  il  pubblico  ministero  alla
liberazione ex art. 389 (387) comma 1. Nel testo definitivo del comma
1 dell'art. 390 (388) alla locuzione "la decisione sulla  convalida",
si  e'  sostituita l'espressione "la convalida", sulla considerazione
che la richiesta del pubblico ministero  e'  necessariamente  in  tal
senso,  visto  che  non  ha  egli  stesso  provveduto anteriormente a
ordinare la liberazione della persona arrestata o fermata.
   Gli articoli 389 (387) e 391 (389) sono stati sottoposti ad alcune
modifiche formali e di coordinamento.
                              TITOLO VII
                         INCIDENTE PROBATORIO
  5.13.  Le  modifiche apportate nel Progetto definitivo all'art. 392
(390),  tengono  conto  dei  condivisibili   rilievi   svolti   dalla
Commissione  parlamentare:  cosi',  fra  i  casi in cui e' consentito
l'incidente  probatorio,   e'   stata   inserita   la   ricognizione,
trattandosi  di  atto che spesso si connota di assoluta urgenza e per
cio' stesso non puo' - pena la frustrazione del mezzo di prova  esser
rinviato  al  dibattimento.  Si e' ritenuto anche opportuno ammettere
l'incidente probatorio per procedere all'esame delle persone indicate
nell'art.  210, in presenza dei medesimi presupposti stabiliti per la
testimonianza e per l'esame dell'inquisito sul fatto altrui: cio' per
evidenti ragioni di armonia e razionalita' del sistema.
   E'   stata  infine  prevista,  all'art.  398  (396)  comma  5,  la
possibilita' di espletare l'incidente  probatorio  in  rogatoria  per
intuibili  esigenze di speditezza ed in attuazione del punto 54 della
legge delega.
   A  prescindere  dalla  soppressione del comma 1 dell'art. 400 (ora
403),  la  cui  previsione  si  e'  ritenuta  superflua,  i  restanti
emendamenti  apportati nel Progetto definitivo sono di ordine formale
o scaturiti da esigenze  di  coordinamento  ovvero  volti  a  colmare
marginali  lacune  (artt. 393 (391), 395 (393), 396 (394), 397 (395),
401 (398), 402 (399).
   5.14.  Nel  testo  del  codice  non  sono  state  apportate  altre
modifiche, salvo una modifica formale al testo dell'art. 402 (399).
                             TITOLO VIII
                 CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI
  5.15.  La struttura delle disposizioni che disciplinano la chiusura
delle indagini preliminari e' rimasta sostanzialmente inalterata  nel
Progetto  definitivo,  salvo  talune  modifiche  apportate in tema di
archiviazione. Il  testo  dell'art.  409  (406),  infatti,  e'  stato
emendato  allo  scopo  di  risolvere  il  problema,  segnalato  dalla
Commissione parlamentare, rappresentato dalla situazione di stasi che
si  determina,  in  particolare,  nel caso in cui, prescindendo dalla
necessita' di ulteriori indagini, il  giudice  non  concordi  con  la
richiesta   di   archiviazione   formulata  dal  pubblico  ministero:
situazione che, ove non espressamente disciplinata, consentirebbe  di
configurare  l'archiviazione nella ipotesi suddetta come una sorta di
atto dovuto. Tra le diverse soluzioni astrattamente  ipotizzabili  e'
parsa  preferibile,  per  la migliore compatibilita' col nuovo schema
processuale, quella di prevedere che il giudice, in caso di dissenso,
disponga   con   ordinanza   che   il   pubblico   ministero  formuli
l'imputazione, dando quindi ex officio  impulso  alla  procedura  che
condurra' alla fissazione dell'udienza preliminare. Nel caso, invece,
in cui il pubblico ministero  non  abbia  esaurientemente  svolto  le
indagini,  e' stato previsto un meccanismo di controllo attraverso la
comunicazione della data dell'udienza, all'uopo fissata dal  giudice,
al  procuratore  generale,  il  quale  potra' disporre l'avocazione a
norma dell'art. 412 (409) comma 3.
   Le modifiche di ordine prevalentemente formale che compaiono negli
articoli 405 (402), 406 (403), 407 (404), 413 (410), 415 (412))  sono
state  apportate  anche  in  accoglimento  dei  condivisibili rilievi
formulati dalla  Commissione  parlamentare:  i  restanti  emendamenti
(artt.  410  (407),  411 (408), 412 (409), 414 (411), 415 (412) hanno
soddisfatto esigenze di coordinamento o di chiarezza colmando, anche,
talune  carenze  che figuravano nel precedente testo (art. 407 (404).
Tenuto conto della particolare delicatezza della  materia,  e'  stato
poi  previsto  (art.  414 (411) che la riapertura delle indagini dopo
l'archiviazione venga autorizzata dal giudice con decreto motivato.
  5.16. Nel testo del codice all'art. 408 (405) sono state introdotte
modifiche nei commi 1 e 3 intese  a  meglio  scandire  i  momenti  di
trasmissione  degli  atti  dal  pubblico  ministero  al  giudice e di
deposito degli stessi a disposizione dell'offeso dal reato.
   All'art.  409  (406),  oltre ad una modifica apportata al comma 2,
con cui si prevede il deposito e la conseguente disponibilita'  degli
atti  fino al giorno dell'udienza, e' stato introdotto il comma 5 nel
quale si prevede che l'ordinanza di archiviazione e' ricorribile  per
cassazione  solo nei casi di nullita' previsti dall'art. 127 comma 5:
limitazione che, da un lato, garantisce adeguatamente  dai  vizi  che
possono  aver  afflitto  il  rito  camerale  e, dall'altro, evita una
proliferazione di ricorsi avverso  un  provvedimento  a  struttura  e
funzioni affatto peculiari, quale e' l'ordinanza di archiviazione, di
per se' caducabile in rapporto alla sempre possibile riapertura delle
indagini.
                              TITOLO IX
                         UDIENZA PRELIMINARE
  5.17.  Le  disposizioni  concernenti  l'udienza  preliminare  hanno
subito  diverse  modifiche  nel  Progetto  definitivo:  alcune   sono
scaturite  dalla  necessita'  di  colmare  vuoti normativi (artt. 419
(416) comma 4, 423 (420) comma 3, 424 (421) comma 4, 426  (422  bis),
427  (423)  comma  4,  430  (426)  comma  2); altre hanno soddisfatto
esigenze di maggior chiarezza e razionalita' del sistema  (artt.  416
(413),  418  (415),  419  (416), 420 (417), 422 (419), 427 (423), 429
(425), 431 (427), 432 (428), 433 (429)), avuto  riguardo,  anche,  ai
suggerimenti forniti dalla Commissione parlamentare.
   A  considerazioni  diverse  sono  invece  dovuti  gli  emendamenti
apportati all'art. 425 (422): dopo  approfondita  riflessione  si  e'
ritenuto,  infatti,  di  estendere  le  formule della sentenza di non
luogo a procedere, si'  da  ricomprendervi  i  casi  in  cui  risulta
evidente  che  il  fatto  non  costituisce  reato  o che si tratta di
persona non imputabile o non punibile per qualsiasi causa. E' apparso
infatti  ragionevole prevedere che nei casi in cui la non punibilita'
dell'imputato appaia in termini probatoriamente tali  da  raggiungere
la  soglia  della evidenza - il che pare scongiurare il rischio di un
eccessivo  e  strumentale  contenzioso  nel   corso   della   udienza
preliminare  che  ne  allunghi  i  tempi  -  possa  pervenirsi ad una
soluzione anticipata del processo che eviti  la  celebrazione  di  un
dibattimento   dall'esito   scontato.   D'altra   parte,  la  marcata
propensione che  la  legge  delega  mostra  nei  confronti  dei  riti
alternativi e delle soluzioni procedimentali che tendono a ridurre il
numero dei dibattimenti, consente di ritenere la  soluzione  adottata
in linea con lo spirito della stessa delega, anche se la direttiva 52
non fa testualmente menzione delle formule di cui si e' detto.
   5.18.  Le  disposizioni  del  Progetto definitivo che disciplinano
l'udienza preliminare non hanno subito modifiche di rilievo nel testo
che si propone.
   Il   testo  definitivo  dell'articolo  426  (422-  bis)  e'  stato
modificato anche attraverso la introduzione di un nuovo comma  2  per
coordinarlo con l'art. 546 (539).
   Nel  comma  1,  lettera  e)  dell'art. 431 (427) si e' aggiunta la
precisazione "indicati nell'art. 236"  per  evitare  che  si  potesse
pensare  che  la generica locuzione "documenti" (ancorche' menzionati
unitamente al certificato generale del casellario giudiziale) volesse
riferirsi a qualsiasi prova documentale.
   All'art.  432  (428)  si e' precisato che al giudice devono essere
trasmessi anche i provvedimenti cautelari di cui sia ancora in  corso
l'esecuzione,  in modo che allo stesso sia consentito l'esercizio dei
poteri di ufficio indicati nell'art. 299.
   Gli articoli 419 (416), 420 (417), 421 (418), 422 (419), 426 (422-
bis ) e 429 (425) hanno subito modifiche formali o di  coordinamento.
                               TITOLO X
                        REVOCA DELLA SENTENZA
                       DI NON LUOGO A PROCEDERE
  5.19.  Le  disposizioni di questo titolo non hanno subito modifiche
rispetto al testo del Progetto preliminare,  salvo  alcune  modifiche
formali nel testo definitivo (e nella rubrica) dell'art. 435 (431).
                               LIBRO VI
                        PROCEDIMENTI SPECIALI
                               TITOLO I
                         GIUDIZIO ABBREVIATO
   6.1.  La  disciplina  del  giudizio  abbreviato  ha  ricevuto  nel
Progetto definitivo una sistemazione piu' organica e chiara, in  modo
da  rendere  facilmente percepibili le modalita' di introduzione e di
svolgimento di questo tipo di giudizio, che costituisce una  assoluta
novita' per l'ordinamento processuale italiano.
   Il  contenuto  dell'art.  434  del  Progetto  preliminare e' stato
suddiviso in due articoli, il primo dei quali (ora 438 ) individua  i
presupposti  del  procedimento  speciale  (richiesta  dell'imputato e
consenso del pubblico  ministero),  mentre  il  secondo  (ora  439  )
disciplina  i  tempi  in cui tali presupposti possono verificarsi. Le
norme contenute nei  due  articoli  non  sono  pero'  sostanzialmente
innovative  rispetto  alla disciplina del Progetto preliminare. Si e'
soltanto disposto  in  modo  espresso  (art.  438  comma  3)  che  la
richiesta  dell'imputato di giudizio abbreviato deve essere formulata
personalmente o a mezzo di procuratore speciale.
   Nell'art.  440  (435)  comma  2,  si  e'  imposta  al giudice, con
disposizione piu' chiara, la decisione immediata sulla  richiesta  di
giudizio  abbreviato  che  le  parti  abbiano  presentato  nel  corso
dell'udienza preliminare.
   Nell'art.  441  (436)  si  e'  aggiunto  un nuovo comma al fine di
evitare  che  la  parte  civile  che  non  ha  acconsentito  al  rito
abbreviato abbia a subire la sospensione del processo civile prevista
dall'art. 75 (74) comma 3.
   Un  nuovo  comma  e' stato aggiunto anche nell'art. 442 (437): dal
momento  che  la  disciplina  della  contumacia  non   puo'   trovare
applicazione   per   l'udienza   preliminare,   ma   considerato  che
quest'ultima  ed   il   correlativo   giudizio   abbreviato   possono
ritualmente  celebrarsi  anche  in assenza dell'imputato, e' sembrato
opportuno  prevedere  espressamente  che  la  sentenza  debba  essere
notificata all'imputato non comparso.
   Infine,  nell'art.  443  (438)  si  e'  recepita la proposta della
Commissione parlamentare intesa ad estendere l'ambito entro il  quale
la  sentenza emessa a conclusione del giudizio abbreviato puo' essere
appellata dal pubblico ministero. Si e' percio'  previsto,  nell'art.
443  (438)  comma  3,  che quest'ultimo organo possa proporre appello
anche avverso la sentenza di condanna, nell'ipotesi in cui sia  stato
modificato il titolo del reato.
   6.2.  Nel  testo  definitivo del codice la disciplina del giudizio
abbreviato ha ricevuto modifiche soltanto formali  negli  artt.  438,
439 e 440.
   E'  stato aggiunto un comma 4 all'art. 442, che contiene il rinvio
all'art. 426 comma 2, relativo alla sottoscrizione della sentenza  in
caso di impedimento del giudice.
                              TITOLO II
                       APPLICAZIONE DELLA PENA
                       SU RICHIESTA DELLE PARTI
   6.3.  Anche  la  disciplina del procedimento in esame ha ricevuto,
nel Progetto definitivo, modifiche dirette, per lo piu',  a  dare  ad
esso una sistematica piu' ordinata e chiara.
   In  particolare,  nell'art.  446  (441) si e' concentrata l'intera
disciplina relativa alla richiesta ed  al  consenso,  trasferendo  in
esso  l'originario comma 3 dell'art. 447 (442). Inoltre l'art. 447 e'
stato limitato  alla  disciplina  del  procedimento  nell'ipotesi  di
richiesta  formulata nel corso delle indagini preliminari, mentre nel
nuovo art. 448 (442- bis), che riproduce, nella sostanza, gli  ultimi
tre commi dell'art. 447, sono regolati i provvedimenti del giudice.
   All'istituto  sono  state  apportate  anche  diverse  modifiche di
ordine sostanziale. Nell'art. 444 (439), le parole aggiunte alla fine
del  comma 2 introducono l'eccezione (gia' menzionata in relazione al
giudizio abbreviato non accettato dalla  parte  civile)  alla  regola
della sospensione del processo civile instaurato dopo la costituzione
di parte civile.  La particolare natura del rito ed  il  circoscritto
potere  riconosciuto  al  giudice non consentono a questo, invero, di
decidere sull'azione civile esercitata nel processo penale.
   Nell'art. 446 (441) si e' inserito un nuovo comma 5 per consentire
al giudice di disporre la  comparizione  dell'imputato  qualora  egli
intenda  verificare la volontarieta' e la consapevolezza della scelta
processuale dallo stesso compiuta; cio' allo scopo di scongiurare  il
pericolo,  avvertito  in modo particolare negli ordinamenti che fanno
larga applicazione di riti  alternativi  fondati  sull'accordo  delle
parti, di indebite pressioni.
   Nell'art.  446  (441),  commi  1  e 4, il termine per formulare la
richiesta ed esprimere il consenso e' stato fissato  con  riferimento
alla  dichiarazione  di apertura del dibattimento, in accoglimento di
un'osservazione della Commissione parlamentare.
   Nell'art.  447  (442) si e' modificato il comma 1 e si e' inserito
un nuovo comma 2  al  fine  di  disciplinare  la  convocazione  e  lo
svolgimento dell'apposita udienza fissata dal giudice a seguito della
richiesta  di  applicazione  della  pena  nel  corso  delle  indagini
preliminari.
   Nell'art.   448   (442-   bis)   si   e'  modificato  il  comma  1
(corrispondente al comma 4 dell'art. 442  del  Progetto  preliminare)
nella  parte  in  cui  prevede  il  potere  del  giudice  di ritenere
ingiustificato il dissenso del pubblico ministero  e  di  accogliere,
conseguentemente,   la   richiesta   dell'imputato.  Si  e'  previsto
espressamente che il giudice ponga a base della sua  decisione  anche
la  valutazione sulla congruita' della pena indicata nella richiesta.
Mancando il consenso  del  pubblico  ministero  e'  parso  opportuno,
infatti,  attribuire  al  giudice piu' pregnanti poteri di controllo,
estesi anche alla misura della pena chiesta dall'imputato.
   Gli  artt.  446  (441)  e 447 (442) sono stati modificati anche in
aspetti formali.
   6.4.  Nel  testo  definitivo  del  codice  sono stati recepiti due
suggerimenti formulati dalla Commissione  parlamentare  in  relazione
agli  artt.  444  (439)  comma 2 e 446 (441) comma 1 che hanno subito
modifiche formali, intese a chiarirne il contenuto normativo.
   Altra  modifica  formale  e'  stata  apportata  alla  parte finale
dell'art. 445 (440) comma 1, per coordinare il testo con il  disposto
dell'art.  689,  e  alla  rubrica  stessa,  per  esigenze di migliore
formulazione.
                              TITOLO III
                        GIUDIZIO DIRETTISSIMO
   6.5.  La  disciplina  data  all'istituto  nel  Progetto definitivo
contiene tre elementi di diversita' rispetto a  quella  del  Progetto
preliminare.
   Innanzitutto,  nel  caso di presentazione dell'imputato al giudice
del dibattimento per la convalida dell'arresto e per  il  contestuale
giudizio,  si e' ritenuto opportuno prevedere espressamente nell'art.
449 (443), la disciplina della convalida attraverso una  formulazione
analoga  a  quella  prevista  dall'art.  556  (559)  per  il giudizio
direttissimo davanti al pretore, a sua volta mutuata dalla  consimile
disciplina dettata dal vigente art. 505 c.p.p..
   Attraverso  il richiamo anche della lettera f) dell'art. 429 (425)
comma 1, contenuto nel comma 3 dell'art.  450  (444)  e  la  modifica
dell'art.  451  (445)  comma  4,  si  e' poi disciplinato il caso del
giudizio direttissimo instaurato sulla base  della  confessione  resa
dall'imputato  libero.  In  tale  ipotesi,  poiche' l'imputato non e'
detenuto, si applica, nel giudizio direttissimo, la disciplina  della
contumacia.
   Infine,  in  tema  di  trasformazione  del  rito  e  con specifico
riferimento al caso di richiesta di giudizio abbreviato,  allo  scopo
di  evitare  una  non  economica  retrocessione  del  procedimento al
giudice delle indagini preliminari, si  e'  previsto,  nell'art.  452
(446)  comma  2,  che in tal caso il giudice del dibattimento procede
con le forme previste per l'udienza preliminare,  e  puo'  avvalersi,
ove  non  ritenga  di  poter  decidere  allo  stato  degli  atti, dei
necessari poteri  di  integrazione  probatoria  secondo  le  forme  -
necessariamente snelle - previste nell'art. 422 (419).
   Modifiche  di  carattere  formale  e  di coordinamento sono state,
inoltre, apportate negli artt. 449 (443) comma 3, 450 (444) commi 1 e
2, 451 (445) commi 3 e 4.
   6.6.  Anche  le  variazioni che hanno condotto al testo finale del
codice sono di carattere formale e  concernono  l'art.  449  (443)  e
l'art. 450 (444) .
                              TITOLO IV
                          GIUDIZIO IMMEDIATO
   6.7. Nel Progetto definitivo la disciplina del giudizio immediato,
oltre a modifiche formali apportate al comma 2 dell'art.  454  (448),
ha  ricevuto una sola innovazione sostanziale relativa alla richiesta
di giudizio abbreviato proposta  dall'imputato  dopo  che  sia  stato
disposto  il  giudizio immediato (art. 458 (452). Anche qui, come per
il giudizio direttissimo, il  Progetto  preliminare  prevedeva,  come
effetto  di  tale  richiesta,  una  retrocessione del procedimento al
giudice per le indagini preliminari. Per evitare siffatta situazione,
sotto  tutti  gli  aspetti criticabile, si e' previsto che l'imputato
abbia l'onere di chiedere il giudizio abbreviato, al giudice  che  ha
disposto  con decreto il giudizio immediato, entro sette giorni dalla
notifica di tale  decreto  (che  contiene  anche  l'avviso  circa  la
facolta'  dell'imputato  di  chiedere,  per  l'appunto,  il  giudizio
abbreviato). Il pubblico ministero, cui l'imputato  ha  provveduto  a
notificare  la  richiesta,  esprime  il  proprio  consenso nei cinque
giorni successivi; verificati l'ammissibilita' della richiesta  e  il
consenso  del  pubblico  ministero,  il  giudice  fissa  l'udienza  e
provvede nelle forme previste per il giudizio abbreviato.
   Correlativamente, si e' previsto all'art. 457 (451) che il giudice
per le  indagini  preliminari  trasmette  gli  atti  al  giudice  del
dibattimento  solo dopo che sono inutilmente decorsi i termini per la
presentazione della richiesta di giudizio abbreviato.
   6.8. Nel testo definitivo del codice, si e' data, a seguito di una
osservazione della Commissione parlamentare, una  nuova  formulazione
al  comma  1 dell'art. 458 (452), nella parte relativa alla posizione
del pubblico ministero, il quale, se e' libero di esprimere o meno il
proprio  consenso  alla  richiesta  di  giudizio  abbreviato proposta
dall'imputato (secondo le caratteristiche che, in generale,  ha  tale
tipo  di procedimento speciale), deve determinarsi entro un ristretto
termine al fine di  consentire  che,  qualora  egli  non  esprima  il
proprio  consenso,  il  processo possa proseguire con la trasmissione
del fascicolo al giudice per il dibattimento.
   Nel  testo  definitivo  del  codice  sono state, infine, apportate
modifiche formali all'art. 454 (448) nonche' all'art. 458 (452).
                               TITOLO V
                       PROCEDIMENTO PER DECRETO
   6.9.  Poche  e  dettate  da  motivi di forma o di coordinamento le
modifiche (artt. 459  (453)  e  464  (458))  apportate  nel  Progetto
definitivo   alle  disposizioni  che  regolano  il  procedimento  per
decreto: merita  di  essere  segnalata  l'introduzione  di  un  comma
nell'art.  464  (458), con cui si e' inteso disciplinare l'ipotesi in
cui,  all'atto  della  opposizione,  venga  presentata   domanda   di
oblazione.
   Nel  testo  definitivo  del codice e' stata soltanto migliorata la
forma degli artt. 459 (453),460 (454) e 461 (455).
                              LIBRO VII
                               GIUDIZIO
                               TITOLO I
                   ATTI PRELIMINARI AL DIBATTIMENTO
   7.1.  Tutti  gli  articoli  contenuti  nel  titolo  I  sono  stati
"ritoccati" in occasione della prima o della  seconda  revisione  del
Progetto.
   Si   e'   trattato,   pero',   per  lo  piu'  di  modifiche  quasi
esclusivamente formali.
   Con riferimento all'art. 465 (459) va sottolineato che, in sede di
revisione del Progetto preliminare, esso e' stato modificato in  modo
da  consentire al presidente del tribunale e della corte di assise di
anticipare, oltre che di differire, l'udienza.
   Inoltre  l'anticipazione  o  il  rinvio  devono essere sorretti da
"giustificati" (anziche' "gravi")  motivi;  tale  modifica  tende  ad
ampliare  i  poteri  del  presidente,  al  fine  di  evitare  inutili
comparizioni delle parti all'udienza, che viene inizialmente  fissata
dal giudice dell'udienza preliminare (comma 1).
   Nel   comma  2  si  sono  stabiliti  i  termini  per  l'avviso  di
anticipazione dell'udienza.
   L'art.  466  (460),  in  occasione  della  revisione  del Progetto
preliminare, e' stato modificato per  consentire  anche  alle  parti,
oltre  che  ai  loro  difensori,  di prendere visione di cose, atti e
documenti del processo.
   La  Commissione  parlamentare  ha  espresso parere favorevole alla
modifica  introdotta  perche'  essa  attua  "un   ampliamento   della
possibilita' di autodifesa, nel rispetto dello spirito della delega".
   In  merito  all'art.  467 (461), la Commissione parlamentare aveva
formulato  nel  Parere  al  Progetto  preliminare  una  proposta   di
soppressione,   ritenendo   preferibile   prevedere   che  prima  del
dibattimento le prove potessero essere acquisite solo  nell'incidente
probatorio,  onde  evitare  che  in  virtu'  dell'art.  467  (461) si
estendesse anche all'udienza preliminare la possibilita' di  assumere
prove urgenti.
   In  realta'  l'art.  467  (461),  analogamente al vigente art. 418
c.p.p., e' destinato a trovare applicazione esclusivamente nella fase
degli  atti  preliminari  al  dibattimento,  che  e'  successiva alla
chiusura sia delle indagini preliminari  sia  dell'eventuale  udienza
preliminare.
   La norma e' necessaria appunto per consentire l'assunzione urgente
della prova in una fase in cui non e' piu' possibile  procedervi  con
l'incidente probatorio.
   Si   e',   pertanto,   ritenuto   di   confermare   l'orientamento
precedentemente   espresso,   mantenendo    inalterato    il    testo
dell'articolo,  considerato  che  non  puo'  ovviamente  prospettarsi
l'eventualita'  di  una   "retrocessione"   del   processo   a   fasi
"istruttorie", ormai eliminate dalla nuova normativa.
   L'art.  462  (ora  468)  comma 4 del Progetto preliminare e' stato
modificato  in  sostanziale  accoglimento   di   un   rilievo   della
Commissione  parlamentare:  si  e'  sostituita  l'espressione  "prova
contraria"  al  termine  "controprova",   che   appariva   richiamare
l'omologa   e   riduttiva  nozione  civilistica  di  prova  contraria
dipendente.
   Anche   l'art.  469  (463)  e'  stato  modificato  in  sostanziale
accoglimento di un rilievo  della  Commissione  parlamentare:  si  e'
fatta  salva l'applicazione anche in sede predibattimentale dell'art.
129 (128) comma 2, che stabilisce il principio di preferenza  per  le
formule   di  proscioglimento  nel  merito,  quando  ne  ricorrano  i
presupposti.
   7.2.  Nel  testo  definitivo  del codice la nuova formulazione del
comma 1  dell'art.  465  (459)  e'  stata  imposta  dalla  previsione
dell'ipotesi  di  anticipazione  dell'udienza, non disciplinata, come
gia' detto, nel testo del Progetto preliminare. Si  e'  cosi'  inteso
sottolineare  che  i  "giustificati  motivi"  debbono  sorreggere sia
l'anticipazione che il  differimento  dell'udienza,  e  che  solo  in
relazione al differimento appare opportuna l'espressa apposizione del
limite indicato ("non piu' di una volta").
   E'  stata,  comunque, apportata un'ulteriore modifica di carattere
formale,   che   lascia   inalterato   il    significato    normativo
dell'articolo.
                              TITOLO II
                             DIBATTIMENTO
                                CAPO I
                        DISPOSIZIONI GENERALI
   7.3.  Anche  in  questo  titolo  sono  stati  modificati  numerosi
articoli, ma si tratta di interventi che hanno lasciato inalterata la
struttura   del  dibattimento,  cosi'  come  delineata  nel  Progetto
preliminare, pur apportandovi considerevoli miglioramenti.
   Le  decisioni  piu' impegnative hanno riguardato l' art. 479 (473)
che  dopo  una  soppressione  nel  Progetto   definitivo   e'   stato
ripristinato su richiesta della Commissione parlamentare e l'art. 500
(493) che e' stato conservato nel suo testo originario, nonostante la
richiesta  della  Commissione  parlamentare  di  estendere l'istituto
della contestazione a tutte le prove gia' acquisite  nel  momento  in
cui si procede all'esame.
   L'art. 465 (ora 471 ) del Progetto preliminare e' stato modificato
in accoglimento di un rilievo della Commissione parlamentare:  si  e'
precisato  che  non  e'  ammessa  la  presenza  in udienza di persone
sottoposte a  misure  di  prevenzione  e,  fatta  eccezione  per  gli
appartenenti alla forza pubblica, di persone armate.
   Al  testo  dell'articolo  466 (ora 472 ), cosi' come formulato nel
Progetto preliminare, sono state apportate alcune modifiche.
   Con la modifica del comma 1 si e' rimesso all'autorita' competente
l'onere di richiedere il dibattimento a porte chiuse nei casi in  cui
la  pubblicita'  comporterebbe  la diffusione di notizie da mantenere
segrete nell'interesse dello Stato.
   Con  la  modifica  del comma 3 si sono inclusi gli imputati tra le
persone  la  cui  sicurezza  puo'   essere   tutelata   mediante   la
celebrazione del processo a porte chiuse.
   All'art.  467  (ora  473  )  del  Progetto  preliminare  e'  stata
apportata una modifica al comma 2, di carattere solo formale.
   La  modifica apportata all'art. 475 (469) comma 1 tende ad evitare
le formalita' della decisione collegiale circa il potere di  disporre
l'allontanamento  coattivo  dell'imputato, che e' stato attribuito al
presidente.
   Nell'art.  476 (470) comma 2, al fine di evitare agevoli elusioni,
e' stato esteso il divieto di arresto  in  udienza  del  testimone  a
tutti  i  reati  concernenti il contenuto della deposizione, anziche'
alla sola ipotesi di falsita' e reticenza.
   Nel  Progetto  definitivo  e' stato soppresso l'art. 473 (ora 479)
relativo alla sospensione del dibattimento in attesa della  decisione
di una questione civile o amministrativa, ritenendosi che, al fine di
evitare lunghe stasi del processo penale,  dovesse  consentirsene  la
sospensione   soltanto   in   presenza   di  alcuna  delle  questioni
pregiudiziali previste dall'art. 3. All'accresciuta  possibilita'  di
contrasti  di  giudicato  si  sarebbe  ovviato ampliando l'ambito del
giudizio di revisione.
   All'art.  481  (475)  e'  stata  apportata  una modifica meramente
formale.
   7.4.  Nel  testo  definitivo  del  codice,  su  suggerimento della
Commissione parlamentare, si e' reintrodotto l'art. 479 (473). Si  e'
inoltre  fatto  fronte,  in  conformita' al rilievo della Commissione
parlamentare, all'esigenza  "di  coordinare  la  norma  col  disposto
dell'articolo 3", da un lato, disponendosi che l'art. 479 (473) opera
"Fermo quanto previsto dall'articolo 3" e, quindi, per  le  questioni
civili  o amministrative (lato sensu pregiudiziali) diverse da quella
sullo  stato  di  famiglia   o   di   cittadinanza   e,   dall'altro,
prescrivendosi  (al  pari di quanto previsto dall'art. 20 comma 2 del
c.p.p.; cfr. altresi', l'art. 645 del Progetto,  ora  651  )  che  la
sospensione  non opera quando la controversia civile sia assoggettata
ad un regime di prova limitata.
   Va  precisato,  pero',  quanto  a  quest'ultimo  precetto,  che la
sospensione non esplica, come e' nel  sistema  vigente  (v.  art.  21
comma  2  c.p.p.),  una efficacia vincolante sulla decisione civile o
amministrativa,  situazione   che   determinerebbe   una   insanabile
antinomia  con  l'art.  2:  e'  chiaro  che  il giudice penale dovra'
congruamente motivare, ove abbia sospeso  il  dibattimento  ai  sensi
dell'art.  479  (473),  il  suo  contrario avviso rispetto al decisum
extra-penale.
   Cionondimeno  si  e'  deciso  di  intervenire egualmente sul testo
dell'art. 630 (622), che disciplina i  presupposti  della  revisione,
tenendo  presente  che comunque nel nuovo sistema saranno maggiori le
possibilita' di contrasto tra giudicati.
   L'espressione  "sentenza  definitiva" e' stata, infine, sostituita
con "sentenza passata in giudicato': la nuova formulazione e'  parsa,
infatti  (v.  analogamente,  l'art.  75  (74)  comma 1), maggiormente
aderente al sistema del giudicato quale  configurato  nel  codice  di
procedura civile.
   La  modifica  del  comma  2  dell'art.  482  (476),  relativamente
all'attribuzione di  una  competenza  funzionale  al  presidente  del
collegio   su   "tutte"   le  domande  delle  parti  in  ordine  alla
documentazione, risponde ad un'avvertita  esigenza  di  funzionalita'
del  dibattimento.  E'  stata,  percio',  eliminata  la  distinzione,
ipotizzata  dal  testo  del  Progetto  preliminare,  fra  i  casi  di
competenza  del  presidente  del  collegio  e  i  casi spettanti alla
competenza dell'intero collegio giudicante.
                               CAPO II
                          ATTI INTRODUTTIVI
   7.5.  Nel  Progetto  definitivo e' stata apportata una modifica al
comma 5 dell'art.  486  (480),  che,  nel  prevedere  il  rinvio  del
dibattimento per assoluto impedimento del difensore, ne condiziona la
possibilita' all'immediata comunicazione da parte dell'interessato.
   Nell'art.  487 (481), in sede di redazione del Progetto definitivo
e per un migliore coordinamento,  si  e'  aggiunto  nel  comma  1  un
richiamo anche al comma 2 dell'art. 486 (480).
   All'art.  489  (483),  comma  2,  e' stata operata una modifica di
carattere formale (non "designare" ma "nominare" un difensore).
   Nel  Progetto  definitivo  si  e' introdotta nel testo del comma 1
dell'art. 491 (485) una modifica intesa a  chiarire  che  determinate
eccezioni  (come  quella  di incompetenza per territorio) non possono
essere piu' proposte dopo compiute  le  formalita'  di  apertura  del
dibattimento,  neppure  quando i loro presupposti si sono manifestati
solo in un momento successivo. E' stato in particolare osservato  che
in  quest'ultima  ipotesi il riferimento alla decadenza e' improprio,
giacche' allo spirare del termine non e'  ancora  sorta  la  relativa
facolta'.  Si  e'  pertanto adoperata l'espressione "sono precluse se
non sono proposte".
   L'art.  495  (489)  ha  subito  due  modifiche  in occasione della
redazione del Progetto definitivo.
   Con   una   modifica   formale   del  comma  1,  si  e'  soppressa
l'elencazione dei criteri di ammissione della prova,  rinviando  alla
norma di carattere generale che li prevede.
   Si  e'  anche  previsto, al comma 2, che il giudice debba decidere
immediatamente sulle questioni  insorte  in  tema  di  ammissibilita'
della prova, anziche' accantonarle sino all'esito del dibattimento.
   7.6.  Riguardo  all'art.  484  (478)  del  Progetto  definitivo la
Commissione parlamentare ha chiesto  di  eliminare  dal  comma  2  il
riferimento alla possibilita' di scegliere il sostituto del difensore
assente tra  gli  avvocati  o  i  procuratori  presenti  in  udienza,
ritenendo  che  tale  scelta  debba operarsi con criteri di carattere
"funzionale"  e  non  "spaziale".   Aderendosi   sostanzialmente   ai
propositi  della  Commissione parlamentare, si e' ritenuto, nel testo
definitivo del  codice,  di  disciplinare  la  scelta  del  difensore
sostituto con un rinvio alla norma generale dell'art. 97 comma 4, che
contiene   un   riferimento   al   solo    criterio    dell'immediata
reperibilita'.
   Nel  comma  4  dell'art.  486  (480)  e'  stato eliminato l'ultimo
periodo, che richiamava l'art. 148 comma 5, in  quanto  superfluo  ed
equivoco (perche' collegato sintatticamente all'espressione "che sono
o devono considerarsi presenti').
   In  ordine  al comma 5 dello stesso art. 486 (480), nella parte in
cui subordinava il rinvio del dibattimento per  assoluto  impedimento
del  difensore  al  fatto  che tale impedimento fosse "immediatamente
comunicato", la Commissione parlamentare ha rilevato che il difensore
puo'  non  essere  in  condizioni  di  comunicare l'impedimento ed ha
chiesto di precisare che l'immediata comunicazione e' necessaria solo
"ove possibile".
   In    realta'   nella   formulazione   del   Progetto   definitivo
l'immediatezza della comunicazione doveva essere riferita al  momento
dell'anticipata conoscenza dell'impedimento ovvero a quello della sua
cessazione. Si tendeva cosi'  ad  evitare  che,  in  presenza  di  un
impedimento assoluto ma previsto o, comunque, conosciuto in anticipo,
il difensore tardasse ad informare il giudice, al fine  di  ritardare
la celebrazione del processo.
   Per  rendere, in questo senso, piu' chiaro il testo e nell'intento
di  uniformarsi   sostanzialmente   al   parere   della   Commissione
parlamentare,   si   e'   sostituita   la   formula  piu'  vincolante
dell'"immediata    comunicazione"    (che    parrebbe     prescindere
dall'effettiva    possibilita'    della    tempestiva    segnalazione
dell'impedimento),   con   quella   piu'   elastica   della   "pronta
comunicazione"  (che  coprirebbe  i  casi di comunicazione effettuata
"appena possibile"). Quindi all'avverbio  "immediatamente"  e'  stato
sostituito quello "prontamente".
  All'art.  490  (484)  e' stata apportata una modifica per motivi di
coordinamento con il nuovo testo dell'art. 132 (131) . Si e'  deciso,
infatti,  di  riordinare  la  materia  dell'accompagnamento  coattivo
prevedendo  nella  norma  generale  dell'art.  132  (131)   solo   il
procedimento e nelle singole norme speciali i diversi presupposti del
provvedimento.
   In  sede  di  redazione  del  testo definitivo, e' stata aggiunta,
nell'art. 491 (485) comma 1, la  previsione  relativa  all'intervento
degli enti e delle associazioni previste dall'art. 91.
   Nell'art.  492  (486)  comma  2  la  sostituzione dell'espressione
"segretario" con quella "l'ausiliario  che  assiste  il  giudice"  e'
conseguente alla scelta terminologica adottata in via generale.
   Nello  stesso  senso e' la modifica apportata al comma 2 dell'art.
494 (488) .
                               CAPO III
                      ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE
   7.7.  L'art.  497 (490) ha subito due modifiche in occasione della
revisione del Progetto preliminare.
   Nel  comma  1  si  e'  precisato  che  l'ordine  di escussione dei
testimoni e' affidato alla scelta della parte che li adduce.
   Nel  comma  2  si  sono  esclusi  l'ammonimento presidenziale e il
formale impegno a dire la verita' per i testimoni di  eta'  inferiore
ai  quattordici  anni,  non in grado di apprezzare il disvalore della
violazione dell'impegno assunto.
   L'art. 499 (492-bis) risulta dalla trasposizione dell'art. 491 del
Progetto preliminare, il cui testo e' stato modificato nei commi 3, 5
e 6, in occasione della revisione dello stesso Progetto.
   La  modifica  del comma 3 estende il divieto di domande suggestive
anche alla parte avente interesse comune con quella che ha chiesto la
citazione del testimone.
   La  modifica del comma 5 risponde ad una richiesta formulata dalla
Commissione  parlamentare   nel   primo   Parere   e   ribadisce   la
discrezionalita'   del   presidente   nell'autorizzare   il  teste  a
consultare documenti in aiuto alla memoria.
   Nel  comma  6  si  e'  precisato che gli interventi del presidente
intesi ad assicurare la lealta' dell'esame possono essere sollecitati
anche dalle parti.
   Nell'art.  501  (494)  comma 2, in accoglimento di un suggerimento
della Commissione parlamentare, si e' estesa anche  ai  documenti  la
facolta'  di  consultazione  da  parte  del  perito  o del consulente
esaminato.
   Nel  comma  2  dell'art.  502  (495)  si e' precisato che le parti
private  non  assistono  all'esame  a  domicilio,  essendo  di  norma
rappresentate  dai  difensori. Per l'imputato si e' prevista peraltro
la possibilita' di un'autorizzazione da parte del presidente  per  il
caso in cui abbia uno specifico interesse ad intervenire "di persona"
all'esame.
   Quanto  all'art.  503  (496)  ,  va  sottolineato che nel Progetto
preliminare  era  rimasta  priva  di  disciplina  la  materia   delle
dichiarazioni  ricevute  dal  giudice  per le indagini preliminari in
occasione dell'interrogatorio della persona  privata  della  liberta'
personale    ovvero   in   occasione   dell'assunzione   nell'udienza
preliminare delle sommarie  informazioni  necessarie  ai  fini  della
decisione.
   A  questa  lacuna  si  e'  inteso  ovviare  inserendo nel Progetto
definitivo il comma  6  dell'art.  503  (496)  ,  che  equipara  tali
dichiarazioni a quelle assunte dal pubblico ministero con le garanzie
della difesa.
   La  Commissione  parlamentare,  pur riconoscendo la coerenza della
disposizione con il sistema delineato nel Progetto, rileva  che  essa
costituisce una forzatura della delega.
   In  realta',  se e' vero che nella legge-delega manca un qualsiasi
riferimento al regime di questi atti, e' pur vero che la facolta' del
giudice  per  le  indagini  preliminari  di assumere dichiarazioni e'
prevista espressamente nei punti 34 e 36 ed implicitamente nei  punti
52 e 60.
  L'art.  504  (497)  ha  subito  una  modifica  solo  formale. Si e'
preferito parlare di "opposizioni" anziche'  di  "eccezioni"  per  le
deduzioni delle parti concernenti l'esame dei testimoni.
   Con  riferimento  all'art.  505 (498) la Commissione parlamentare,
esprimendo il Parere al Progetto preliminare, aveva sottolineato  "la
necessita'  di  un coordinamento di tale disposizione con l'indirizzo
in cui si muovono i disegni di legge sulla violenza sessuale in corso
di  esame  presso  il  Parlamento:  questi, infatti, prevedono per le
associazioni poteri piu' ampi di quelli previsti dall'art. 505  (498)
".
   Nella  redazione  del  Progetto  definitivo  si  e'  osservato che
nessuna direttiva della delega prevede le stesse facolta' degli  enti
e  delle  associazioni  anche  per la persona offesa non costituitasi
parte civile;  di  qui  la  soppressione,  nel  detto  Progetto,  del
riferimento a questa (comma 1).
   Nell'art. 506 (499) , per una maggiore aderenza alla delega, si e'
precisato che le nuove domande agli esaminati possono essere  rivolte
dal  presidente  anche su richiesta di altri componenti del collegio,
in conformita' al primo Parere della Commissione parlamentare.
   In  sintonia  con  i  rilievi  della Commissione parlamentare, per
sottolineare il carattere  eccezionale  del  potere  del  giudice  di
disporre  l'assunzione  di  nuovi  mezzi  di  prova,  si  e' previsto
nell'art. 507 (500) che il suddetto potere sia esercitabile  solo  al
termine dell'acquisizione delle prove richieste dalle parti.
   Con  riferimento  all'art.  508  (501)  ,  su  suggerimento  della
Commissione parlamentare, si e' soppresso nel comma 1 il  riferimento
all'art.  503  (500)  ,  che  limitava  l'ammissione della perizia in
dibattimento a casi  eccezionali,  e  si  e'  estesa  alla  parte  la
facolta' di richiederla. Si e' anche precisato che la sospensione del
dibattimento viene disposta solo nei  casi  in  cui  sia  necessaria,
potendo    verificarsi   l'evenienza   di   una   lunga   istruttoria
dibattimentale contemporaneamente alla quale il perito svolge i  suoi
accertamenti.
   Nel  comma  3  -  anche  qui in conformita' al Parere delle stessa
Commissione - si e' soppresso l'inciso  "oralmente",  consentendo  al
perito  di rispondere ai quesiti anche con una relazione scritta, che
sara' poi illustrata oralmente in dibattimento.
   Nell'art.  509  (502)  la precisazione e la integrazione in ordine
agli  articoli  richiamati,  apportate  nella  stesura  del  Progetto
definitivo,  rispondono  alla  esigenza  di  disciplinare  in maniera
uniforme situazioni non dissimili.
   Quanto  alla  modifica  proposta dalla Commissione parlamentare al
testo del Progetto preliminare (aggiunta dell'inciso "se necessario",
come nell'articolo precedente), va rilevato che la finalita' relativa
e' pienamente raggiunta dalla specifica espressione  adoperata  ("per
il tempo strettamente necessario").
   Nell'art.  511  (504)  si e' introdotto un comma 3, che esclude la
possibilita' di dar lettura della perizia prima  dell'escussione  del
perito.
   I commi 4 e 5 sono stati fusi, in sintonia con numerosi rilievi in
tal senso espressi, tra cui quello delle Commissione parlamentare.
   La  modifica apportata all'art. 512 (505) ha inteso equiparare gli
atti assunti dal giudice per le  indagini  preliminari  al  di  fuori
dell'incidente  probatorio  agli  atti assunti dal pubblico ministero
con le garanzie della difesa.
   Nel comma 2 dell'art. 513 (506) si e' inteso consentire la lettura
delle dichiarazioni dell'imputato in un  procedimento  connesso  solo
nel  caso  di  impossibilita'  assoluta  di  sentirlo direttamente. E
quindi, si sono aggiunte all'ipotesi dell'inutilita' del  mandato  di
accompagnamento,   quelle   dell'impossibilita'   sia   dell'esame  a
domicilio, sia della rogatoria internazionale.
   Nell'art.  514  (507)  con  la modifica apportata al comma 2 (gia'
comma  3)  si  e'  inteso  chiarire  che  si  fa  riferimento  non  a
"documenti",  ma alle forme di documentazione di cui all'art. 357. Il
comma 2 e' stato, nel Progetto definitivo, soppresso,  in  quanto  la
relativa previsione risulta contenuta nell'art. 195.
  7.8.  L'art. 496 (489-bis), introdotto in occasione della redazione
del Progetto definitivo,  stabilisce  l'ordine  di  assunzione  della
prova  in  dibattimento,  ma  consente  al  comma  2  che le parti vi
apportino una deroga.
   La  Commissione  parlamentare  ha  paventato  che  la deroga possa
sottrarre al presidente il controllo sulla "genuinita' della prova" e
ha chiesto la soppressione del comma 2.
   Le    preoccupazioni    della    Commissione   parlamentare,   pur
apprezzabili, non paiono fondate,  perche'  non  considerano  che  la
deroga richiede il necessario accordo del pubblico ministero.
   D'altro  canto, a norma dell'art. 506 (499) , il presidente, anche
su richiesta di un altro componente del collegio, puo'  in  qualsiasi
momento rivolgere nuove domande alle parti gia' esaminate.
   Si  e'  ritenuto, pertanto, di dover mantenere inalterato il testo
dell'articolo.
   Con  riferimento  all'art.  500 (493) la Commissione parlamentare,
gia' in occasione del suo primo Parere, aveva richiesto che nel corso
dell'esame   dibattimentale   di  testimoni,  periti  e  parti  fosse
consentita  la  contestazione  di  qualsiasi  prova   precedentemente
acquisita.  Con  il  secondo  Parere  ha  ribadito  la  sua  iniziale
richiesta.
   L'argomento  e' stato oggetto di attenta valutazione ma, pur nella
consapevolezza della possibilita' di una diversa lettura del punto 76
della  legge  delega,  si e' ritenuto di recepirne un'interpretazione
restrittiva.
   Con  questa  scelta  si e' inteso far fronte a due esigenze: da un
canto, circoscrivere le deroghe al principio di  oralita',  definendo
in  modo  rigoroso  l'area  delle possibili contestazioni; dall'altro
rendere piu' scorrevole l'esame incrociato, limitando gli inevitabili
incidenti  sull'allegabilita'  al  fascicolo  di  ufficio  degli atti
adoperati per le contestazioni.
   La  proposta  interpretazione restrittiva del punto 76 della legge
delega, d'altro canto,  non  incide  sostanzialmente  sull'ambito  di
utilizzabilita'  delle prove assunte durante le indagini preliminari.
   Le  prove  dichiarative,  ivi  comprese le eventuali consulenze ed
accertamenti tecnici,  infatti,  potranno  essere  adoperate  per  le
contestazioni  durante  l'esame  della  parte,  del  testimone  o del
consulente che le ha rese e, quindi, allegate al fascicolo di ufficio
quando ne ricorrano i presupposti.
   Le prove reali potranno essere, comunque, allegate al fascicolo di
ufficio, se irripetibili.
   D'altro canto, se la contestazione in senso tecnico sara' limitata
nel senso indicato nel comma 1 dell'art. 500 (493)  ,  nulla  esclude
che  le  parti nel corso dell'esame possano fare riferimento ad altre
prove gia' acquisite per sollecitare o incalzare l'esaminando.
   Si e' ritenuto in particolare che puo' parlarsi di "contestazioni"
nell'esame testimoniale, solo con riferimento  alle  ipotesi  in  cui
viene  operato  un  "raffronto"  fra le dichiarazioni precedentemente
rese dal teste e la successiva dichiarazione dibattimentale.
   Con cio' non si vuol dire che per l'esame dibattimentale del teste
possono   servire   soltanto   le    dichiarazioni    dallo    stesso
precedentemente rese. Il potere di "domanda" deve esplicarsi in tutta
la sua latitudine, utilizzando percio' ogni precedente  acquisizione.
Ma  la  "domanda"  e'  cosa diversa dalla "contestazione", ha il solo
fine  di  elaborare  la  prova  del   fatto   e   non   di   saggiare
l'attendibilita' del teste.
   Tale  funzione  e'  assolta  dalla  contestazione, ed e' questo il
motivo per cui il "raffronto" con la precedente dichiarazione diventa
inscindibilmente legato all'idea della contestazione.
   Pertanto,   si   e'  ritenuto  di  conservare  immutato  il  testo
dell'articolo.
   In   sede   di  Parere  al  Progetto  definitivo,  la  Commissione
parlamentare ha chiesto di considerare le esigenze  di  coordinamento
dell'art.  505 (498) ("Facolta' degli enti e delle associazioni") con
l'art. 93 (92) . Si e' tenuto conto di tali esigenze, ed i due  commi
dell'articolo sono stati unificati.
   Nell'art.  514  (507)  comma 2 si e' eliminato il riferimento agli
artt. 512 (505) e 513 (506) , poiche' essi non  riguardano  attivita'
compiute dalla polizia giudiziaria.
                               CAPO IV
                         NUOVE CONTESTAZIONI
   7.9.  Nell'art.  509  (ora  516)  del  Progetto  definitivo  si e'
precisato che la modificazione dell'imputazione  e'  consentita  solo
quando  non  determinerebbe  lo  spostamento  della  competenza ad un
giudice superiore.
   Ad analoga integrazione si e' provveduto nell'art. 510 (ora 517) .
                                CAPO V
                          DISCUSSIONE FINALE
   7.10. Il comma 6 dell'art. 523 (516) stabilisce che la discussione
dibattimentale puo' essere interrotta per l'assunzione di nuove prove
esclusivamente in caso di assoluta necessita'.
   La  Commissione parlamentare ha ribadito la richiesta di stabilire
che, in analogia a quanto previsto dal comma 3 dell'art. 493 (487)  ,
le  nuove  prove  siano  ammissibili  solo se non era stato possibile
acquisirle tempestivamente.
   In  realta'  l'art. 493 (487) comma 3 stabilisce che, salvi i casi
di impossibilita', le parti decadono dal diritto di far  assumere  le
prove  che  non  abbiano  richiesto  tempestivamente, entro i termini
fissati dall'art. 468 (462) .
   L'art.  523  (516)  comma 6, invece, da' per scontato che le parti
non abbiano piu' diritto a richiedere nuove prove dopo l'inizio della
discussione  e  si  richiama  esclusivamente al potere del giudice di
ammettere  di  ufficio  le  nuove  prove  che  ritenga  assolutamente
necessarie a norma dell'art. 507 (500) .
   Non  sarebbe  coerente,  quindi,  condizionare  l'ammissione delle
nuove   prove   alla   impossibilita'   della   parte   di    dedurle
tempestivamente,  proprio  perche' in questa fase del dibattimento le
parti non hanno piu' un diritto alla prova e possono solo sollecitare
il potere di ufficio del giudice.
   In  occasione  della  revisione  del Progetto preliminare e' stata
apportata al comma 2 dell'articolo una modifica  intesa  ad  ottenere
che  le  conclusioni  della  parte  civile  contengano  l'indicazione
dell'ammontare dei danni di cui si richiede il risarcimento.
                              TITOLO III
                               SENTENZA
                                CAPO I
                            DELIBERAZIONE
   7.11  -  Modifiche  marginali  hanno  interessato  questo capo. In
accoglimento di un suggerimento della Commissione parlamentare si  e'
modificato nella stesura del Progetto definitivo il comma 1 dell'art.
525 (518) nel senso che la sentenza  e'  deliberata  subito  dopo  la
chiusura   del   "dibattimento"   anziche'  dopo  la  chiusura  della
"discussione".
   Nel Parere della Commissione parlamentare al Progetto preliminare,
all'art. 526 (519)  ,  e'  contenuta  la  proposta  di  prevedere  la
sanzione  della  nullita' assoluta nel caso di utilizzazione, ai fini
della  deliberazione,  di  prove  diverse  da  quelle  legittimamente
acquisite nel dibattimento.
   La  proposta  non e' stata accolta in base alla considerazione che
la  sanzione  di  inutilizzabilita'  e'  delineata  in  via  generale
dall'art.  191,  che rende sufficientemente chiaro il trattamento del
vizio.
                               CAPO II
                              DECISIONE
   7.12.  Il  testo  dell'art.  530 (523) del Progetto preliminare e'
stato modificato nel senso richiesto dalla  Commissione  parlamentare
prevedendo  come  formula  di  assoluzione  "il fatto non e' previsto
dalla legge come reato", aggiungendo alla considerazione delle  cause
di  giustificazione quella delle "cause personali di non punibilita'"
e limitando ai soli casi previsti dalla legge l'applicabilita'  delle
misure  di  sicurezza  (ma si e' espunto l'aggettivo "soli" davanti a
"casi" perche' superfluo).
   Si  e' introdotta nel comma 1 dell'art. 531 (524) , in conformita'
al primo Parere della Commissione parlamentare l'espressa  previsione
della possibilita' di applicare la formula di assoluzione nel merito,
anche in presenza di una causa di estinzione  del  reato,  quando  ne
ricorrano i presupposti.
   Al  comma  1 dell'art. 532 (525) e' stato eliminato il riferimento
all'art. 300 comma 2, perche' superfluo.
   Nell'art.  533  (526)  in  accoglimento  di  una  richiesta  della
Commissione parlamentare in sede di primo Parere, si e' espressamente
prevista  la  continuazione  dei  reati  come ipotesi di cumulo delle
pene.
   Nell'ultimo   comma  dell'art.  537  (530)  si  e'  sostituito  il
riferimento alle formule di assoluzione con quello  alle  formule  di
proscioglimento, ampliando l'ambito di applicazione della norma sulla
dichiarazione di falsita' dei documenti.
   Aderendo  ad  un rilievo della Commissione parlamentare in sede di
primo Parere, nel comma 1 dell'art. 539  (532)  si  e'  soppressa  la
norma che comportava una modifica della competenza del giudice civile
trasferendola al medesimo giudice che ha pronunciato in sede  penale.
   Al  comma  2 sono state apportate modifiche di ordine formale, non
apparendo condivisibile la proposta della Commissione parlamentare di
introdurre  un riferimento alla "congrua somma", circa il quantum del
danno subito.
   Modifiche  formali  sono  state apportate alla rubrica ed al testo
del comma 1 dell'art. 540 (533) ,  in  conformita'  al  primo  Parere
della Commissione parlamentare.
   Nell'art.   541   (534)   e'  stata  recepita  la  proposta  della
Commissione parlamentare avanzata in sede di primo Parere, intesa  ad
ampliare  i  casi  in cui, a seguito di assoluzione dell'imputato, la
parte civile  puo'  essere  condannata  alla  rifusione  delle  spese
sostenute dallo stesso imputato e dal responsabile civile per effetto
dell'azione  civile.  Tale  condanna,  con  la   nuova   formulazione
dell'articolo,  puo'  conseguire  a qualsiasi formula di assoluzione,
fatta salva quella  del  difetto  di  imputabilita',  trattandosi  di
circostanza  non  necessariamente conosciuta dalla parte civile e che
non chiede, anzi, postula l'antigiuridicita' del fatto.
   7.13.  A  proposito della esecuzione del provvedimento del giudice
che dispone la pubblicazione della sentenza a fini  riparatori  (art.
543 gia' 536) , la Commissione parlamentare ha richiesto di prevedere
che essa sia operata di ufficio, in conformita' di  una  prassi  gia'
esistente.
   In  realta', la prassi cui la Commissione parlamentare si richiama
riguarda la pubblicazione della sentenza come pena  accessoria  (art.
36  c.p. e art. 484 c.p.p.), non la pubblicazione della sentenza come
riparazione del danno (art. 186 c.p. e art. 491  c.p.p.).  In  questo
secondo  caso,  infatti, l'esecuzione avviene sempre ad iniziativa di
parte,  secondo  quanto  prescrive  espressamente  il  secondo  comma
dell'art. 491 c.p.p.
   Questo  stesso sistema si e' inteso riprodurre nel progetto; ed al
fine di  renderlo  piu'  chiaro  sono  state  apportate  all'articolo
modificazioni di carattere formale. Inoltre la modifica della rubrica
("ordine di pubblicazione" anziche' "pubblicazione"),  apportata  nel
testo  definitivo,  e' apparsa opportuna per far risaltare il diverso
significato  dell'espressione  "pubblicazione"  rispetto   a   quella
adoperata nell'art. 545 (538) .
                               CAPO III
                  ATTI SUCCESSIVI ALLA DELIBERAZIONE
   7.14. L'invito della Commissione parlamentare, espresso in sede di
primo  Parere  sull'art.  544  (537)  ,  di   coordinare   la   norma
dell'articolo con quella della legge sulla responsabilita' civile dei
magistrati, e' stato seguito nel testo del  Progetto  definitivo:  il
coordinamento si trova nell'art. 125 (124) .
   Si  e'  accolta  la  formulazione  del comma 3 dell'art. 545 (538)
proposta dalla Commissione parlamentare con il primo Parere,  che  ha
inteso   precisare   il  richiamo  alla  pubblicazione  prevista  nel
precedente comma 2.
   Nel  Progetto  definitivo,  con  riferimento ad una proposta della
Commissione parlamentare, era  stato  introdotto  l'aricolo  539-bis,
relativo  ai  casi  di nullita' della sentenza, prevista per mancanza
della  motivazione,  del  dispositivo  o  della  sottoscrizione   del
giudice.
   La  formulazione della nuova norma e' stata ritenuta insufficiente
dalla  Commissione  parlamentare,  che  nel  suo  secondo  Parere  ha
lamentato  che il riferimento alla sola mancanza di motivazione quale
causa di nullita' comporti  la  possibilita'  di  correzione  di  una
sentenza insufficientemente motivata.
   Va  osservato  che,  contrariamente  a quanto avviene nel processo
civile, nel codice di procedura penale vigente (v. art.  476  c.p.p.)
l'insufficienza  di  motivazione  e' gia' considerata come ipotesi di
correzione della sentenza. E' vero  che  la  norma  ha  avuto  scarsa
applicazione  pratica, ma il concetto di motivazione insufficiente ha
svolto, nella giurisprudenza, un ruolo di limite rispetto a quello di
motivazione carente o contraddittoria.
   Si  ritiene  che  non  sia opportuno abbandonare questa tradizione
interpretativa, sebbene il testo dell'art. 547 (540) del nuovo codice
debba  essere  chiarito  nel  senso  che  sono  oggetto di correzione
soltanto i vizi della sentenza che non diano luogo a nullita'.
   D'altro   canto,  l'inserimento  delle  cause  di  nullita'  della
sentenza nel sistema del Progetto  ha  lasciato  aperti  problemi  di
coordinamento sia con l'art. 125 (124) , che gia' prevede la mancanza
di motivazione come causa di nullita', sia con l'art. 606 (599) , che
prevede l'omissione e l'illogicita' della motivazione quali motivi di
ricorso per cassazione.
   Per  questa ragione, nel testo definitivo del codice, si e' deciso
di sopprimere l'art. 539- bis e di inserire nell'art.  546  (539)  un
ultimo comma, che, richiamata la causa di nullita' prevista dall'art.
125 (124) , prevede in aggiunta ad essa la nullita' per  la  mancanza
del  dispositivo  o  della  sottoscrizione.  Anche  l'art.  606 (599)
lettera e) e' stato modificato per il necessario coordinamento.
   La  modificazione  dell'art. 547 (540) e' destinata a chiarire che
la correzione puo' essere disposta in tutte le  ipotesi  in  cui  non
v'e'  nullita'  della  sentenza  ed  e' frutto, come si e' detto, del
coordinamento con il definitivo testo dell'art. 546 (539) .
                              LIBRO VIII
                   PROCEDIMENTO DAVANTI AL PRETORE
                               TITOLO I
                        DISPOSIZIONI GENERALI
   8.1.  L'impostazione  del  Titolo  I,  relativo  alle disposizioni
generali, e' stata oggetto sin dalle prime formulazioni di un  vivace
dibattito,  in  quanto  e' questa la sede ove deve essere definito il
problema della dislocazione territoriale dei nuovi organi  giudiziari
del procedimento pretorile.
   Le  autonome  e diverse funzioni giudiziarie previste nel processo
di pretura (pubblico ministero, giudice per le indagini  preliminari,
pretore  del dibattimento) rispetto allo schema del vigente codice di
procedura penale costringono infatti ad affrontare gli apparentemente
insuperabili  problemi  posti dall'attuale distribuzione territoriale
delle preture mandamentali, delle quali 668  con  un  solo  posto  di
pretore  in organico, e numerose, anche non mandamentali, con meno di
cinque  pretori.   E'   evidente   che   tale   distribuzione   rende
impraticabile  l'attuazione  del  nuovo  processo  penale,  in quanto
ciascuna  pretura  dovrebbe  essere  composta,  ai  soli  fini  della
trattazione  degli  affari  penali, di almeno due pubblici ministeri,
due  giudici  per  le  indagini  preliminari  e   due   pretori   del
dibattimento,   onde  consentire  il  necessario  avvicendamento  dei
magistrati in caso di ferie o impedimenti di qualsiasi natura.
   La  soluzione  ottimale  presuppone  una  incisiva revisione delle
circoscrizioni giudiziarie, mediante un  congruo  accorpamento  delle
attuali  preture  mandamentali  e  comunque  l'istituzione  di uffici
pretorili aventi dimensioni che consentano una razionale ed economica
gestione   degli   affari  penali  da  parte  dei  nuovi  organi  del
procedimento pretorile.
   Le  necessarie  modifiche  di  ordinamento giudiziario esulano dai
limiti della legge-delega per il nuovo codice; si e' quindi ritenuto,
anche sulla base delle proposte in discussione e del disegno di legge
governativo  C  3005,  di  assumere  come  ipotesi  di   lavoro   una
distribuzione  degli organi giudiziari del procedimento pretorile tra
la sede circondariale e quella mandamentale.
   Muovendosi  in  questa  direzione, nel Progetto preliminare si era
previsto che il pubblico ministero e il pretore per  il  dibattimento
operassero  presso  la  pretura  circondariale,  riservando alla sede
mandamentale le funzioni del giudice per le indagini preliminari.
   I  numerosi  rilievi  critici  presentati  da  piu'  parti  a tale
soluzione ed una piu' matura  riflessione  sulla  frequenza  e  sulla
molteplicita'  dei  rapporti  che  verranno  ad instaurarsi nel nuovo
procedimento pretorile  tra  pubblico  ministero  e  giudice  per  le
indagini  preliminari,  hanno  indotto  ad  invertire la dislocazione
territoriale  tra  quest'ultimo  e  il  pretore   del   dibattimento,
prevedendo   che   pubblico  ministero  e  giudice  per  le  indagini
preliminari operino nella medesima sede circondariale.
   In  effetti, le competenze del giudice per le indagini preliminari
(incidente  probatorio,  misure  cautelari,  atti  urgenti  a   norma
dell'art.  467  (461)  ,  autorizzazione  alla proroga delle indagini
preliminari,  decreto  di  archiviazione,   giudizio   abbreviato   e
applicazione  della  pena  a  richiesta  delle  parti,  tentativo  di
conciliazione) , tutte condizionate dal presupposto  della  richiesta
del  pubblico  ministero,  e  per  lo  piu' circoscritte entro limiti
temporali molto ristretti, rendono evidente che sarebbe antieconomico
distribuire l'attivita' dell'organo dell'accusa e del giudice in sedi
territoriali diverse.
   Al  contrario,  l'attivita'  del  pretore  del dibattimento ha una
maggiore autonomia e comunque non presuppone un doppio  passaggio  di
carte  in andata e in ritorno analogo a quello tra pubblico ministero
e giudice per le indagini preliminari.
   A  favore  di  tale  scelta gioca inoltre la considerazione che la
competenza territoriale e' per tradizione determinata con riferimento
al   giudice  del  dibattimento,  ed  e'  quindi  opportuno  che  sia
quest'ultimo il giudice del locus commissi delicti.
  Venendo  all'esame  dei singoli articoli, nessuna modifica e' stata
apportata all'art. 549 (542) , che si limita ad operare  un  generale
rinvio alle norme per il procedimento davanti al tribunale.
   Per  quanto  riguarda  l'art.  550 (543) , valgono le osservazioni
sopra svolte nel dare  atto  della  nuova  dislocazione  territoriale
degli organi giudiziari nel procedimento pretorile. In questa sede si
deve solo precisare che, al fine di evitare qualsiasi equivoco, si e'
espressamente  previsto  nel testo definitivo, alla lettera b) che il
giudice  per  le  indagini  preliminari  opera  presso   la   pretura
circondariale e alla lettera c) che il pretore del dibattimento opera
presso la pretura mandamentale. Nella lettera a) e' stata  utilizzata
l'espressione  "procuratore  della  Repubblica" in luogo di "pubblico
ministero", essendo quest'ultima  indicativa  della  funzione  e  non
dell'organo.
   Non  si  e'  ritenuto  opportuno  accogliere il suggerimento della
Commissione  parlamentare,   espresso   nel   Parere   sul   Progetto
definitivo,  di  sostituire  nella  lettera  c)  le  parole  "in sede
mandamentale" con le parole "del  dipartimento".  E'  vero  che  tale
terminologia  figura  nel disegno di legge governativo C 3005 in tema
di definizione delle  preture  circondariali,  ma  l'espressione  non
compare  in  una legge definitiva e non puo' quindi allo stato essere
inserita nel testo del nuovo codice.
                              TITOLO II
                         INDAGINI PRELIMINARI
   8.2. I due aspetti problematici del titolo in esame si riferiscono
ai limiti entro  cui  ammettere  l'incidente  probatorio,  che,  alla
stregua  della  direttiva  n.  103  della  legge  delega, deve essere
assunto, in linea  con  i  criteri  di  massima  semplificazione  del
procedimento  pretorile,  "solo  in  casi  eccezionali", nonche' alla
disciplina  dell'istituto  dell'archiviazione  in  caso  di   mancato
accordo del giudice sulla richiesta del pubblico ministero.
  Le  scelte  operate  nel  Progetto  preliminare  hanno sollevato su
entrambi i temi numerosi rilievi  critici,  relativi  rispettivamente
alla  riduzione  delle  ipotesi  di  incidente  probatorio rispetto a
quelle previste per il procedimento  davanti  al  tribunale  ed  alla
mancata previsione di una disciplina idonea a sbloccare la potenziale
situazione di  stallo  nei  casi  di  disaccordo  del  giudice  sulla
richiesta di archiviazione.
   Sulla  base  di  tali  rilievi,  la disciplina dei due istituti e'
stata parzialmente modificata nel Progetto definitivo, anche al  fine
di renderla piu' uniforme, pur tenendosi conto della specificita' del
procedimento pretorile, a quella dettata per i  reati  di  competenza
del tribunale.
   Nell'art.  551  (544)  e'  stato  accolto  il  suggerimento  della
Commissione  parlamentare,  avanzato   anche   da   numerosi   uffici
giudiziari,  di  estendere le ipotesi di incidente probatorio ai casi
di pericolo di inquinamento della prova e di confronto, non potendo a
priori  escludersi  che tali situazioni o esigenze si verifichino nel
procedimento pretorile.
   La direttiva della delega e' stata quindi tradotta non riducendo i
casi di incidente probatorio  rispetto  al  procedimento  davanti  al
tribunale    (detti casi sono stati integralmente richiamati mediante
un rinvio all'art. 392 (390) , ma introducendo un limite di carattere
qualitativo  attinente  alla natura delle indagini ed un connotato di
carattere temporale. Il giudice dispone incidente probatorio solo nei
casi  in  cui  la  complessita'  delle  indagini rende impossibile al
pubblico ministero emettere immediatamente il decreto di citazione  a
giudizio.  Conseguentemente  alle  modifiche  ora descritte e' venuta
meno  la  necessita'  dell'elencazione  contenuta  nel  comma  1  del
Progetto preliminare e la previsione di cui all'ultimo comma.
   In  conformita' al suggerimento della Commissione parlamentare, e'
stata altresi' estesa alla persona offesa  la  facolta'  di  chiedere
l'incidente  probatorio (comma 3), mediante sollecitazione rivolta al
pubblico ministero, analogamente  a  quanto  previsto  dall'art.  394
(392) .
   Per quanto riguarda l'art. 552 (545) , e' stato eliminato il comma
1 del Progetto preliminare reso superfluo  dalla  modifica  dell'art.
551. Nel comma 2 (ora comma 1) e' stato operato un espresso rinvio al
termine di due giorni previsto dall'art. 398 (396) comma 1 entro  cui
il  giudice  decide sulla richiesta di incidente probatorio. E' stato
infine aggiunto un ultimo comma (ora comma  3)  ,  che  espressamente
richiama  la  disciplina prevista dall'art. 393 (391) comma 4 in tema
di proroga del termine delle indagini  preliminari  per  l'esecuzione
dell'incidente probatorio.
   Nell'art.   553   (546)  ,  in  sede  di  redazione  del  Progetto
definitivo, e' stata  soppressa  la  clausola  di  salvezza  con  cui
iniziava  il  comma  1 perche' non appropriata sul piano sistematico.
Nel comma 3 e'  stata  riportata,  per  ragioni  di  uniformita',  la
formulazione  adottata dall'art. 406 (403) comma 2 in tema di proroga
del termine delle indagini preliminari  nei  procedimento  avanti  al
tribunale.
   L'art.  554  (547)  affronta  nel comma 2 il delicato problema dei
rapporti tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari
in caso di disaccordo sulla richiesta di decreto di archiviazione.
   Facendosi carico delle osservazioni della Commissione parlamentare
al  Progetto  preliminare,  e  nell'impossibilita'  di  dettare   una
disciplina  del  tutto  analoga  a quella del procedimento davanti al
tribunale a causa della diversa struttura del processo pretorile,  si
e'  in  una prima formulazione (Progetto definitivo) previsto che, in
caso di mancato accoglimento della  richiesta  di  archiviazione,  il
giudice  per le indagini preliminari restituisca gli atti al pubblico
ministero, indicando con ordinanza le ragioni per  le  quali  ritiene
che  debba  essere  promossa l'azione penale. Si e' ritenuto che tale
espressa indicazione potesse di per se' costituire  strumento  idoneo
per  indurre il pubblico ministero ad emettere decreto di citazione a
giudizio e ad evitare il protrarsi  all'infinito  delle  contrastanti
valutazioni tra i due organi giudiziari.
   Non  essendo  possibile  prevedere  nel procedimento pretorile una
disciplina, analoga a quella dettata dall'art. 409 (406) comma 4  per
il  procedimento  davanti al tribunale, che trova sbocco nell'udienza
preliminare,  si  e'  ritenuto  che  fosse   correttivo   sufficiente
dell'eventuale  inazione  del  pubblico  ministero  la  comunicazione
dell'ordinanza al procuratore generale per l'eventuale esercizio  del
potere di avocazione.
   Un  piu'  attento  esame del Parere della Commissione parlamentare
sembra peraltro suggerire che il giudice per le indagini  preliminari
non  possa  limitarsi ad indicare le ragioni per le quali ritiene che
deve essere promossa l'azione penale, ma debba ordinare  al  pubblico
ministero   di  formulare  l'imputazione,  in  conformita'  a  quanto
disposto dall'art. 409 (406) comma 4.
  In tali termini e' stato pertanto modificato l'art. 554 (547) comma
2 nel testo definitivo del codice, ferma  restando  la  comunicazione
dell'ordinanza  al procuratore generale per l'eventuale esercizio del
potere di avocazione.
   Nel  rispetto delle esigenze di massima semplificazione, non si e'
ritenuto opportuno riprodurre la disciplina dell'art. 409 (406) comma
3.   Tale   disciplina  e'  infatti  conseguente  ad  un  momento  di
contradittorio in camera di consiglio (art. 409 (406)  comma  2)  che
avrebbe eccessivamente appesantito il procedimento di pretura.
                              TITOLO III
                    ATTI INTRODUTTIVI DEL GIUDIZIO
   8.3.  Nel  titolo  III,  assumono  un  rilievo  centrale  le norme
relative al decreto di citazione a  giudizio  ed  ai  meccanismi  per
incentivare  l'imputato  a  richiedere  ovvero  a prestare il proprio
consenso alle varie forme di definizione anticipata del  procedimento
indicate  dallo  stesso pubblico ministero nel decreto di citazione a
giudizio.
   Questa  impostazione  ha  trovato  sostanziale conferma nel Parere
della Commissione parlamentare al Progetto preliminare,  per  cui  la
maggior  parte  delle  modifiche  apportate  nel  testo  del Progetto
definitivo hanno carattere formale o sistematico.
   Nell'art.  555  (548)  ,  relativo  al  contenuto  del  decreto di
citazione a giudizio, e' stata colmata nel  Progetto  definitivo  una
precedente  lacuna  nella  lettera  e)  del comma 1, prevedendo anche
l'avvertimento  del  pubblico   ministero   all'imputato   circa   la
possibilita' di presentare domanda di oblazione.
   Non si e' ritenuto di accogliere il suggerimento della Commissione
parlamentare di prevedere espressamente nel comma 1  lettera  d)  che
sia  il  pretore  competente  per  il giudizio ad indicare l'aula del
dibattimento,  e  cio'   al   fine   di   "evitare   ogni   possibile
interpretazione  nel senso che sia il pubblico ministero a scegliersi
un giudice, e tenendo conto altresi' della necessita' che imputato  e
parti  private conoscano quale sia l'aula del dibattimento". E' parso
infatti pacifico che la determinazione per  l'aula  del  dibattimento
non  verra'  fatta  dal  pubblico  ministero che emette il decreto di
citazione, ma che tale aula, e quindi anche  la  persona  fisica  del
pretore,  saranno  individuate  mediante tabelle predisposte dal capo
dell'ufficio secondo criteri predeterminati e automatici.
   Prima  di  passare  all'esame  degli  altri articoli, e' opportuno
precisare che la Commissione parlamentare ha formulato osservazioni e
proposte  di  risistemazione dei contenuti degli artt. 548, 549, 550,
551 del Progetto preliminare (ora 555, 556, 557, 558) , in base  alla
considerazione  che la previsione del decreto di citazione emesso nel
caso  di  consenso  anticipato  del  pubblico   ministero,   prevista
nell'art.  556  (549)  comma  1,  potesse  essere  piu' organicamente
inserita mediante una opportuna aggiunta all'art. 555 (548)  comma  1
lettera e).
   Le  proposte della Commissione parlamentare avrebbero senza dubbio
consentito una sistemazione piu' elegante della  materia,  ma  si  e'
ritenuto che la ripartizione della disciplina relativa ai due modelli
di decreto di  citazione  nei  quattro  articoli  citati  fosse  piu'
opportuna  ai fini di tenere piu' chiaramente distinte le due ipotesi
(decreto di citazione con avvertimento  delle  varie  prospettive  di
riti differenziati e decreto di citazione con consenso anticipato del
pubblico ministero al giudizio abbreviato  o  all'applicazione  della
pena  a  norma  dell'art.  444  (439)  .  Trattandosi  di  istituti e
meccanismi nuovi,  una  disciplina  analitica  e  didascalica  potra'
renderne piu' agevole la prima applicazione.
   Non  essendo  stato  accolto  tale  suggerimento sistematico della
Commissione parlamentare, le modifiche apportate agli articoli da 556
(549) a 558 (551) sono di carattere meramente formale.
   Per quanto riguarda l'art. 556 (549) , la soppressione del comma 2
e'  conseguenza  dell'inserimento  della  disciplina   ivi   prevista
nell'art. 555 (548) comma 3.
   In   ordine   all'art.  557  (550)  ,  l'unica  modifica  riguarda
l'integrazione relativa alla domanda di oblazione, in  conformita'  a
quanto previsto dall'art. 555 comma 1 lettera e).
   Nessuna  variazione ha subito l'art. 558 (551) , mentre l'art. 559
(552) e' stato integrato con il richiamo  all'art.  467  (461)  ,  in
conformita' al suggerimento della Commissione parlamentare.
  8.4.   Nel   testo  definitivo  del  codice,  tenuto  conto  di  un
suggerimento formulato nel Parere della Commissione  parlamentare  e'
stato  riformulato  il  comma  3  dell'art.  555  (548) ; la modifica
suggerita e' stata peraltro espressa in relazione all'art. 556  (549)
comma  2,  ma la relativa disposizione e' stata collocata per ragioni
sistematiche nell'art. 555 (548) .
   Non  e'  stato  invece  accolto il suggerimento di eliminare dalla
lettera  e)  l'inciso   "sussistendone   i   presupposti",   ritenuto
pleonastico.  L'inciso e' stato mantenuto, inserendolo dopo le parole
"l'avvertimento che", in quanto la  sussistenza  dei  presupposti  si
riferisce non tanto alla richiesta dell'imputato, quanto al contenuto
del decreto di citazione. Di conseguenza,  in  un'apposita  norma  di
attuazione,  verra'  previsto  che  i moduli del decreto di citazione
contengano l'indicazione  delle  norme  di  legge  relative  ai  riti
differenziati  che possono trovare applicazione nel caso concreto. Si
ritiene  di  avere  cosi'  chiarito  che   l'indicazione   dei   riti
alternativi  non  costituisce  una  manifestazione  di  volonta'  del
pubblico ministero in ordine al rito che egli  intende  consentire  o
escludere,  ma  solo una indicazione sulle varie possibilita' che nel
caso  concreto  vengono   offerte   all'imputato   per   evitare   il
dibattimento.
   Il comma 3, nel testo definitivo, risulta modificato nel senso che
il decreto di citazione viene notificato, nel termine previsto, oltre
che  all'imputato,  anche  al  suo  difensore. In tal modo si e' reso
correttamente effettivo l'esercizio  di  difesa  con  riferimento  ai
possibili esiti alternativi al dibattimento del procedimento.
   All'art.  558  (551)  e'  stato aggiunto, in sede di redazione del
testo definitivo, un nuovo comma (comma 3) che richiama espressamente
la  norma  contenuta  nell'art. 469, gia' 463, (proscioglimento prima
del dibattimento) , facendo intendere che al pretore incombe di dover
verificare  l'eventuale sussistenza di condizioni che possono portare
al  proscioglimento  dell'imputato.  In  forza  del  rinvio  generale
contenuto  nell'art. 549 (542) , secondo cui nel procedimento davanti
al pretore si applicano le norme relative al procedimento davanti  al
tribunale,  in  quanto  applicabile, tale esplicito richiamo potrebbe
apparire superfluo. Tuttavia la sua introduzione e'  stata  giudicata
opportuna  soprattutto  per  il  significato  implicito.  Infatti  va
ricordato che da piu' parti erano state sollevate perplessita'  circa
la mancanza di un "filtro" giurisdizionale nel procedimento pretorile
(conseguente, secondo la Commissione, alla espressa esclusione  nella
legge  delega  dell'udienza  preliminare)  ,  specie  a  fronte della
previsione della citazione diretta dell'imputato a giudizio da  parte
del  pubblico  ministero. Introdotto il comma 3, e' stato esplicitato
che il giudice opera una valutazione  circa  la  ipotesi  accusatoria
prospettata   dal   pubblico   ministero  (sia  pure  nella  limitata
prospettiva del proscioglimento dell'imputato) .
                              TITOLO IV
                     DEFINIZIONE DEL PROCEDIMENTO
   8.5.   La   disciplina   delle  varie  forme  di  definizione  del
procedimento ha incontrato la sostanziale adesione della  Commissione
parlamentare.  L'impianto  complessivo  del  titolo e' quindi rimasto
intatto, salvo quelle integrazioni e modifiche volte a  rendere  piu'
chiara  la disciplina ovvero a colmare lacune nelle situazioni in cui
il criterio di massima semplificazione del procedimento pretorile  ha
suggerito di dettare un disciplina specifica rispetto al procedimento
davanti al tribunale.
   Al  riguardo si segnalano le integrazioni relative alla disciplina
del giudizio abbreviato, dell'applicazione della pena su richiesta  e
degli atti introduttivi del dibattimento.
   Nell'art.  560  (553) commi 1 e 2 del Progetto definitivo e' stato
accolto il suggerimento della Commissione parlamentare di distinguere
con  maggior  chiarezza  l'ipotesi  in  cui  la richiesta di giudizio
abbreviato e' formulata  nel  corso  delle  indagini  preliminari  da
qualla   in   cui  la  richiesta  dell'imputato  e'  presentata  dopo
l'emissione del decreto di citazione a giudizio. Il comma  3  delinea
lo  specifico  contenuto  del decreto di citazione nel caso in cui la
richiesta  dell'imputato  ed  il  relativo  consenso   del   pubblico
ministero  precedono  l'emissione  del  decreto a norma dell'art. 555
(548) . L'ultimo comma disciplina i termini entro cui il  decreto  di
citazione deve essere notificato alle parti.
  Nell'art.  561  (554)  ,  fermo  restando il rinvio alla disciplina
relativa alla costituzione delle  parti  nell'udienza  preliminare  a
norma  dell'art.  453 (447) , i commi 1 e 2 descrivono lo svolgimento
dell'udienza; in particolare si e' ritenuto opportuno  precisare  cha
la  discussione  e le conclusioni delle parti - e conseguentemente la
decisione del giudice - si basano esclusivamente sugli atti contenuti
nel fascicolo delle indagini preliminari. E' stato inoltre accolto il
suggerimento di carattere formale della Commissione  parlamentare  di
invertire l'ordine tra le parole "imputato" e "persona offesa".
   L'integrazione  apportata  all'art. 562 (555) comma 1 del Progetto
preliminare con l'espressione "nel corso dell'udienza" si propone  di
chiarire  che  in sede pretorile, a differenza di quanto previsto nel
procedimento davanti al tribunale, ove l'art.  440  (435)  disciplina
una  valutazione preliminare sull'ammissibilita' del rito, il giudice
puo' valutare l'ammissibilita' (e quindi  anche  l'opportunita')  del
rito  solo nel corso dell'udienza. Nel comma 3 e' stata espressamente
richiamata la disciplina, prevista in via generale,  secondo  cui  la
lettura  del  decreto  di  citazione  equivale a notificazione per le
parti presenti.
   L'integrazione   dell'art.   563   (556)   comma   2  si  propone,
analogamente  a  quanto  previsto  per  il  giudizio  abbreviato,  di
disciplinare  in maniera piu' analitica l'ipotesi in cui la richiesta
dell'imputato  ed  il  consenso  del  pubblico  ministero   precedono
l'emissione  del  decreto  di citazione a norma dell'art. 555 (548) .
Nel comma 4 si e' opportunamente precisato che  se  la  richiesta  e'
presentata  dopo la scadenza del termine di 15 giorni di cui all'art.
555 (548) comma 1 lettera e), la  competenza  a  decidere  spetta  al
pretore del dibattimento.
   In  ordine  all'art.  564  (557) sono stati accolti i suggerimenti
della Commissione parlamentare (primo Parere) di usare nella  rubrica
della   norma   l'espressione   "tentativo"  di  conciliazione,  piu'
rispondente al contenuto della disciplina,  e  di  prevedere  che  il
tentativo   di  conciliazione  possa  essere  esperito  dal  pubblico
ministero  anche  prima  di  compiere  eventuali  atti  di   indagine
preliminare.
   Nell'art.  565  (558)  comma  2,  in accoglimento del suggerimento
della Commissione parlamentare espresso con  il  Parere  al  Progetto
preliminare,  si  e'  precisato che in sede di opposizione l'imputato
puo' chiedere anche il giudizio  abbreviato  o  l'applicazione  della
pena a norma dell'art. 444 (439) .
   Le modifiche dei commi da 1 a 5 dell'art. 566 (559) sono meramente
formali ovvero rispondono all'esigenza di usare una terminologia piu'
rigorosa.
   E'  stato  inserito  un  comma  6-  bis (ora comma 7) , al fine di
prevedere, in ossequio al suggerimento della Corte di cassazione,  la
disciplina  del  termine  a  difesa.  Nel comma 7 (ora comma 8) si e'
opportunamente  previsto  che  l'imputato   possa   formulare   anche
richiesta di applicazione della pena a norma dell'art. 444 (439) .
   Infine  il comma 8 (ora comma 9) prevede che, al di fuori del caso
di giudizio  direttissimo  disciplinato  nell'art.  566  (559)  ,  il
pubblico ministero procede nei modi ordinari. In tal modo il giudizio
direttissimo e' stato limitato a quello  indicato  nella  lettera  a)
della  direttiva  43  della  delega, sostanzialmente analogo a quello
attualmente disciplinato nell'art. 505 c.p.p..  Le  ragioni  di  tale
limitazione  sono  da  ricercarsi ancora una volta nella peculiarita'
del procedimento pretorile che deve essere  informato  a  criteri  di
snellezza  e  speditezza.  Invero  la disciplina del caso di giudizio
direttissimo  previsto  dalla  lettera  b)  della  direttiva   citata
(giudizio   entro   15  giorni  dall'arresto  in  flagranza)  avrebbe
comportato un arretramento rispetto alla attuale normativa (art.  505
c.p.p.)  sostanzialmente riprodotta nel nuovo codice; inoltre avrebbe
giustificato  la  previsione  secondo  cui  tale  caso  di   giudizio
direttissimo   sarebbe  divenuta  ipotesi  normale,  con  conseguente
mancato rispetto dei principi informatori del procedimento  pretorile
indicati nel punto 103 della delega.
   Ugualmente  non  praticabile  e'  parsa  l'adozione  del  giudizio
direttissimo descritto nella lettera c) della direttiva 43 (entro  15
giorni  dall'iscrizione della notizia di reato nel registro apposito,
in  caso  di   confessione   resa   dall'imputato)   in   base   alla
considerazione  secondo la quale il procedimento pretorile - celere e
snello - consente di raggiungere risultati sostanzialmente  analoghi.
  Il  comma  2  dell'art.  567  (560)  regola il deposito delle liste
testimoniali tenendo conto  delle  diverse  scansioni  temporali  che
regolano  il  procedimento  pretorile  rispetto  a  quello davanti al
tribunale.
   Infine  con  il  comma  6  si  e'  inteso  disciplinare il caso di
impedimento del pretore a sottoscrivere  la  sentenza.  La  soluzione
accolta  tiene  conto  della  esistenza  -  allo  stato  - di preture
unipersonali.
   8.6.   Nel  testo  definitivo  del  codice,  in  accoglimento  del
suggerimento contenuto nel Parere della Commissione parlamentare  sul
Progetto  definitivo  si e' ulteriormente modificato l'art. 562 (555)
comma 1, precisandosi che il decreto di citazione a  giudizio  emesso
successivamente alla restituzione degli atti al pubblico ministero e'
un'altro decreto rispetto a  quello  di  citazione  per  il  giudizio
abbreviato.
   Sempre   alla   stregua   dei   suggerimenti   della   Commissione
parlamentare sono state apportate modifiche all'art. 563 (556)  comma
2.
   Modifiche sono state apportate pure all'art. 566 (559) .
   Al  comma  1  e'  espressamente previsto, al fine di evitare dubbi
interpretativi,  che  la  convalida  dell'arresto  e  il  contestuale
giudizio   avvengono  sulla  base  della  imputazione  formulata  dal
pubblico ministero.
   Al   comma   2   e'   stata   aggiunta  la  previsione  della  non
applicabilita' della disposizione dell'art. 386 comma 4  al  fine  di
indicare  sia  pure indirettamente il luogo in cui l'arrestato dovra'
essere custodito: questo, sara' conformemente alla prassi attualmente
in  vigore con riferimento al procedimento disciplinato dall'art. 505
del codice vigente, presso gli uffici di polizia giudiziaria.  Si  e'
tenuto  conto del fatto che dall'adozione di una disciplina analoga a
quella prevista  per  i  procedimenti  di  competenza  del  tribunale
sarebbe  conseguita  una  regolamentazione  arretrata  rispetto  alla
prassi vigente con riferimento al giudizio  direttissimo  davanti  al
pretore.
   Al  comma  4  (ipotesi  di  presentazione  dell'arrestato  per  la
convalida e il contestuale giudizio ad opera del pubblico  ministero)
il  termine medesimo entro il quale il pretore deve fissare l'udienza
viene indicato  in  quarantotto  ore  dalla  richiesta  del  pubblico
ministero  (anziche'  in  novantasei  ore  dall'arresto) per una piu'
esatta aderenza al dettato costituzionale (art. 13 Cost.).
   Al  comma 5 e' stata ribadita l'ipotesi della mancata convalida ma
senza le qualificazioni  che  connotavano  l'originaria  formulazione
(mancata  convalida perche' non si deve iniziare l'azione penale), in
quanto questa e' stata gia' iniziata dal pubblico  ministero  che  ha
richiesto  la  convalida  e  il  contestuale  giudizio (richiesta che
presuppone la formulazione di una imputazione).
   Con  riferimento al comma 6, non e' stato seguito il suggerimento,
avanzato  dalla  Commissione  parlamentare  in  sede  di  Parere  sul
Progetto  definitivo,  di  collegare  la  convalida  di  arresto  con
l'instaurazione del giudizio direttissimo  ("se  l'arrestato  non  e'
posto in liberta'") , riproducendo la norma dell'art. 505 comma 4 del
codice vigente. Invero si e' ritenuto, del resto anche in analogia al
comma  5 (che consente di procedere a giudizio direttissimo anche nel
caso in cui l'arresto non  sia  convalidato  e,  quindi,  l'arrestato
rimesso  in  liberta')  ,  di consentire l'instaurazione del giudizio
direttissimo anche nel caso in cui, dopo  la  convalida,  il  pretore
abbia  ordinato  la conversione dell'arresto o comunque abbia rimesso
in liberta' l'arrestato: ragioni di semplificazione e di  speditezza,
riconducibili  al  criterio  guida che deve informare il procedimento
pretorile, suggeriscono tale conclusione, tenuto conto che  e'  stata
formulata  l'imputazione  e che l'imputato compare davanti al giudice
naturale.
   Nell'art. 567 (560) sono state apportate prevalentemente modifiche
di  carattere  formale  o  comunque   tendenti   a   migliorarne   la
formulazione.  Cosi':  la rubrica "giudizio in dibattimento" e' stata
sostituita con quella "dibattimento"; il rinvio  nel  comma  1,  alle
"norme  stabilite  per  i reati di competenza del tribunale" e' stato
piu' esattamente espresso come rinvio alle "norme  stabilite  per  il
procedimento   davanti   al   tribunale";   la  disposizione  per  la
verbalizzazione   riassuntiva   e'   stata   formulata    sostituendo
l'espressione "con l'accordo" con quella "sull'accordo".
                               LIBRO IX
                             IMPUGNAZIONI
                               TITOLO I
                        DISPOSIZIONI GENERALI
   9.1. Nel passaggio dal Progetto preliminare a quello definitivo le
disposizioni generali sulle impugnazioni non hanno  subito  nel  loro
complessivo  impianto cambiamenti radicali, anche se diversi articoli
sono stati modificati, in alcuni casi solo formalmente, in altri  con
interventi che hanno inciso sul loro contenuto normativo.
   Il  comma  3  dell'art. 570 (563) prevedeva la possibilita' per il
magistrato  del  pubblico   ministero   che   aveva   presentato   le
conclusioni,  nel caso di impugnazione, di "partecipare al successivo
grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale presso  la
corte  di  appello  o  presso  la  corte di cassazione". Nel Progetto
definitivo la possibilita' e' stata mantenuta solo per il giudizio di
appello,  tenendo  conto  da un lato della proposta della Commissione
parlamentare   di   sopprimere   l'intero   comma,   motivata   dalla
considerazione   che   la   disposizione   avrebbe   comportato   una
personalizzazione   dell'accusa,    e    dall'altro    dell'esigenza,
all'origine  dell'innovazione, "di non far disperdere la conoscenza e
l'esperienza gia' acquisite  dei  fatti  di  quel  processo...  cosi'
evitando  anche  un  nuovo  studio di atti particolarmente ponderosi"
(Relazione al Progetto preliminare, p. 284) .
   Si e' ritenuto che questa esigenza solo per il giudizio di appello
meritasse  di  prevalere  sulle  ragioni  negative   indicate   dalla
Commissione  parlamentare,  e che nel giudizio di cassazione, data la
rilevanza degli  aspetti  di  diritto,  non  occorresse  derogare  al
normale  regime  delle  funzioni per consentire la partecipazione del
magistrato che era intervenuto nei gradi precedenti.
   Nell'art.  571  (564) si e' colmata, con il comma 2 (1- bis) , una
lacuna, legittimando all'impugnazione, nel caso di incapacita' legale
o  naturale  dell'imputato, il suo tutore o il suo curatore speciale.
Correlativamente nell'ultimo comma dello  stesso  articolo  e'  stato
previsto  che  nel caso di incapacita' dell'imputato la dichiarazione
di questo diretta  a  togliere  effetto  alla  impugnazione  del  suo
difensore  debba essere integrata attraverso la conforme volonta' del
tutore o del curatore speciale.
   Nell'art.   575  (568)  e'  stato  aggiunto  un  terzo  comma  per
riconoscere  al  responsabile  civile  il  diritto  di  impugnare  la
sentenza  di  assoluzione che ha deciso sulla domanda di risarcimento
proposta nei confronti del querelante, a norma dell'art. 542 (535)  .
   L'art.  577  (570)  ,  in  attuazione della direttiva 85, da' alla
parte civile la facolta' di impugnare anche agli  effetti  penali  le
sentenze  di  condanna  o  di  proscioglimento  relative  ai reati di
ingiuria  e  di  diffamazione.  Nel  Progetto  definitivo  e'   stato
precisato  che  tale  facolta' compete solo alla parte civile che sia
anche persona offesa, in modo da escludere  che  l'impugnazione  agli
effetti penali, eccezionalmente ammessa per i soli casi di ingiuria e
di  diffamazione,  possa  essere  proposta  anche  da  un   eventuale
danneggiato diverso dalla persona offesa.
   Nell'art.  578  (571)  ,  in  accoglimento di un rilievo formulato
dalla Corte di cassazione, e' stato soppresso  il  comma  2,  che  e'
risultato superfluo ed impreciso.
   Rispetto  all'art.  580  (573)  ,  relativo  alla  conversione del
ricorso in appello, sia la Commissione parlamentare, sia la Corte  di
cassazione,  pur  senza muovere rilievi specifici, hanno proposto una
diversa formulazione, nella linea dell'art. 514 del  codice  vigente.
L'articolo  nel  Progetto  definitivo  e'  stato riformulato nel modo
proposto dalla Corte di cassazione.
   Nell'art.  589 (582) e' stato aggiunto il comma 4 per disciplinare
la rinuncia da parte del pubblico ministero all'impugnazione nei casi
in  cui  questa e' trattata in camera di consiglio. Poiche' il potere
di rinunciare all'impugnazione e' ripartito, a seconda  dello  stadio
del  processo,  tra  pubblico ministero a quo e pubblico ministero ad
quem e' apparso necessario stabilire il momento nel quale tale potere
passa  dall'uno all'altro quando l'impugnazione e' trattata in camera
di consiglio.
  Modificazioni  formali  sono state apportate agli artt. 568 (561) ,
573 (566) , 582 (575) , 584 (577) , 585 (578) , 586 (579) e 592 (585)
   9.2.  Nel  testo  definitivo  del codice l'art. 571 (564) e' stato
ulteriormente modificato, oltre che nel comma 1, per ragioni formali,
nel  comma 2, per rendere piu' chiara l'ultima parte, che concerne la
dichiarazione dell'imputato contraria alla impugnazione proposta  dal
difensore, nel caso di incapacita' dell'imputato.
   Secondo  il  Progetto  definitivo  in questo caso la dichiarazione
dell'imputato deve  essere  integrata  dalla  conforme  volonta'  del
tutore o del curatore speciale.
   La   Commissione  parlamentare  ha  proposto  in  sostituzione  la
formula: "la contraria dichiarazione di volonta'  del  tutore  o  del
curatore   speciale  toglie  effetto  all'impugnazione  proposta  dal
difensore". Con questa formula nel contrasto tra il  difensore  e  il
tutore  o  il  curatore  dovrebbe  prevalere  la  volonta'  di queste
persone, anche in mancanza di  una  conforme  volonta'  dell'imputato
incapace.  La  proposta e' stata considerata con attenzione, ma si e'
infine ritenuto preferibile lasciare  invariata  la  disciplina,  che
riproduce  sostanzialmente  quella  del vigente art. 193, comma 1 del
codice  vigente.  E'  sembrato  opportuno  favorire   l'impugnazione,
evitando che ad essa possa essere tolto effetto senza una volonta' in
tal senso  dell'imputato.  Anche  all'imputato  incapace  e'  infatti
riconosciuta  la  capacita' di impugnare, e quindi si e' ritenuta non
irrilevante   la   mancanza   di   una   sua    volonta'    contraria
all'impugnazione del difensore.
   A  ben vedere nell'art. 571 l'intervento del tutore o del curatore
speciale e' previsto  per  favorire  l'impugnazione,  dato  che  essi
possono proporla in aggiunta all'imputato incapace o possono impedire
all'imputato  incapace  di  togliere  effetto  all'impugnazione   del
difensore,  mentre  si sarebbe posta al di fuori di questa logica una
disposizione diretta a far prevalere la volonta'  del  tutore  o  del
curatore contraria all'impugnazione del difensore.
   La  formulazione dell'ultima parte dell'art. 571 (564 comma 2) era
pero' poco chiara  ed  e'  possibile  che  anche  dalla  mancanza  di
chiarezza   sia  stata  determinata  la  proposta  della  Commissione
parlamentare. E' per questa ragione che di tale parte si e' fatto  un
autonomo  ultimo  comma,  con  alcune  modificazioni  formali volte a
renderne piu' chiaro il contenuto normativo.
   Nel comma 3 dell'art. 575 (568) , ove si prevedeva la facolta' del
responsabile  civile  di  impugnare  il  capo   della   sentenza   di
assoluzione riguardante la domanda di risarcimento del danno proposta
nei confronti del  querelante,  si  e'  eliminato  il  riferimento  a
quest'ultimo  al  fine  di estendere tale facolta' anche alla domanda
proposta nei confronti della parte civile.
   L'art.  579  (572)  ,  relativo  all'impugnazione  di sentenze che
dispongono misure di sicurezza, ha formato oggetto di un'osservazione
essenzialmente formale della Commissione parlamentare. Nell'esaminare
questa osservazione e' emerso pero' un grave difetto di coordinamento
tra  l'art.  579 e l'art. 680 (671) nel Progetto definitivo. Il primo
infatti prevedeva che l'impugnazione  contro  le  disposizioni  della
sentenza  che  riguardano  misure  di  sicurezza, anche se limitata a
queste,  dovesse  essere  proposta  con  i  mezzi   di   impugnazione
generalmente  previsti  per la sentenza impugnata, mentre l'art. 680,
comma 1  stabiliva:  "Il  tribunale  di  sorveglianza  giudica  anche
sull'appello...  quando  e' impugnato soltanto il capo concernente le
misure  di  sicurezza".  I  due  articoli  del  Progetto   definitivo
sembravano  quindi  regolare  diversamente  l'appello,  sia quanto al
giudice competente (corte di appello o tribunale di  sorveglianza)  ,
sia  quanto al procedimento, e per questa ragione sono stati entrambi
modificati e coordinati.
   Nel  comma 1 dell'art. 579 e' stata riprodotta la regola dell'art.
212 del codice vigente per il caso  in  cui  l'impugnazione  relativa
alle  misure  di sicurezza si accompagni all'impugnazione di un altro
capo  non  riguardante  esclusivamente  gli  interessi  civili.   Per
l'impugnazione  concernente  le  sole  disposizioni  sulle  misure di
sicurezza e' stata invece stabilita la competenza  del  tribunale  di
sorveglianza,  a  norma  dell'art. 680, eccettuato il caso in cui sia
impugnata la disposizione sulla confisca. In questo caso  valgono  le
regole stabilite per i capi penali.
   Si e' ritenuto insomma coerente con i piu' recenti orientamenti in
tema di applicazione delle misure di sicurezza e di  procedimento  di
sorveglianza optare per il tribunale di sorveglianza, lasciando pero'
al giudice della cognizione la competenza sulle impugnazioni relative
alla  confisca.  Queste  infatti generalmente riguardano questioni di
diritto  estranee   alle   normali   attribuzioni   cognitive   della
magistratura  di sorveglianza ed anche nel sistema vigente hanno dato
luogo  ad  una  disciplina  speciale,  come  emerge   dall'art.   655
dell'attuale  codice,  che  demanda  i  provvedimenti sulla confisca,
successivi alla sentenza, al giudice  dell'esecuzione  anziche'  alla
magistratura di sorveglianza.
   L'art.  580 (573) nel Progetto definitivo era stato sostituito con
un testo proposto dalla Corte di cassazione. Riconsiderando pero'  la
disposizione,   in   seguito  ad  un'osservazione  della  Commissione
parlamentare, e' emerso che era piu'  corretta  la  formulazione  del
Progetto  preliminare  sulla conversione del ricorso in appello, dato
che la disciplina non poteva riguardare solo il caso in cui "contro i
diversi  capi  della  stessa sentenza sono proponibili l'appello e il
ricorso per cassazione" (al quale si riferiva il Progetto definitivo)
dovendo trovare  applicazione  anche  nel ricorso per saltum e quando
rispetto allo stesso capo sono  dati  alle  parti  diversi  mezzi  di
impugnazione, come avviene nel giudizio abbreviato. Inoltre non c'era
ragione di distinguere tra impugnabilita' "con  l'appello  se  questo
sia  proposto  contro  il  capo  o i capi appellabili" e conversione,
perche'  una  distinzione  del  genere  (che  considera  diversamente
l'impugnazione  anteriore  alla  proposizione  dell'appello  e quella
successiva) avrebbe riprodotto questioni  sorte  nell'interpretazione
dell'art. 514 del codice vigente e comunque non si sarebbe attagliata
al ricorso per saltum, posto che questo riguarda provvedimenti di per
se' appellabili.
   Modificazioni  solo  formali  sono  state apportate agli artt. 573
(566) comma 1, 574 (567) comma 2, 575 (568) comma 3, 585 (578)  commi
2 lettera c) e 4 e 591 (584) comma 1.
                              TITOLO II
                               APPELLO
   9.3.  Nella redazione del Progetto definitivo gli interventi sugli
articoli relativi all'appello sono stati pochi e di scarsa rilevanza.
Gli  artt.  593 (586) , 594 (586- bis ) , 600 (593) commi 1 e 3 e 601
(594) comma 3 hanno  subito  modificazioni  formali  ed  integrazioni
marginali,  mentre piu' significative sono le modificazioni apportate
agli artt. 596 (588) , 597 (589) e 599 (592) .
   All'art.  596  e'  stato aggiunto un comma 3, che attribuisce alla
corte di  appello  la  cognizione  sull'appello  contro  le  sentenze
pronunciate  dal  giudice  per  le  indagini preliminari nel giudizio
abbreviato.
   Il  comma  5 dell'art. 597 e' stato integrato con una parte finale
diretta a riconoscere espressamente al giudice di appello  il  potere
di  compiere di ufficio, quando occorre, il giudizio di comparazione,
potere logicamente collegato  con  quello  di  applicare  di  ufficio
circostanze attenuanti.
   Nell'art.  599,  che  prevede  alcuni  casi  in cui il giudizio di
appello si svolge in camera di consiglio,  sono  stati  modificati  i
commi  1  e  3. La prima modifica e' stata operata in accoglimento di
una proposta della Corte  di  cassazione,  diretta  ad  estendere  la
disciplina  in  questione  all'appello  concernente  il  giudizio  di
comparazione tra le circostanze. La seconda e' avvenuta  su  proposta
della  Commissione  parlamentare, in modo da chiarire che nel caso di
rinnovazione  dell'istruzione   dibattimentale   e'   necessaria   la
partecipazione del pubblico ministero e dei difensori.
   9.4.  Nel  testo  definitivo  del codice l'art. 596 (588) e' stato
riformulato al fine di distinguere, nell'individuazione  del  giudice
competente a decidere sull'appello proposto contro le sentenze emesse
nel giudizio abbreviato  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari
presso il tribunale, l'ipotesi in cui il reato per cui si procede sia
di competenza del tribunale da quella in cui sia invece di competenza
della  corte di assise. In tale ultima ipotesi si e' infatti ritenuto
che la competenza dovesse essere attribuita alla corte di  assise  di
appello.
   E'  stata  anche apportata una modifica formale all'art. 597 (589)
ed  e'  stato  soppresso  l'art.   591,   in   considerazione   delle
osservazioni  critiche  mosse  a  tale disposizione dalla Commissione
parlamentare.
  L'art.  591  stabiliva  che,  in  mancanza  di  una dichiarazione o
elezione  di  domicilio  effettuata  all'atto   dell'impugnazione   o
successivamente,   l'imputato   appellante   si  dovesse  considerare
elettivamente domiciliato presso il proprio difensore di fiducia.  La
Commissione  parlamentare  nel  Parere sul Progetto preliminare aveva
criticato la disposizione, rilevando che il suo mantenimento  avrebbe
comportato   l'accollo   di   "pesanti  oneri  e  responsabilita'  al
difensore", ed ha poi ribadito le critiche nel Parere definitivo.
   Riconsiderata  la  disposizione  si e' ritenuto che effettivamente
essa in taluni casi avrebbe potuto determinare per il difensore oneri
impropri  ed  avrebbe  potuto  ostacolare  una  presa  di  conoscenza
effettiva dell'atto da parte dell'imputato.
   Si  e'  quindi  ritenuto  opportuno  sopprimere  la  disposizione,
rendendo in tal modo applicabili anche  al  giudizio  di  appello  le
regole generali sulle notificazioni.
   Nel  Parere  definitivo  la  Commissione  parlamentare ha espresso
l'avviso che nell'art.  599  (592)  comma  1  fosse  "preferibile  il
mantenimento  del  testo  originario  del Progetto, con l'esclusione,
quindi, del riferimento al giudizio di comparazione fra  circostanze,
anche  per  evitare  che  attraverso  questa  formula  si  insinui la
possibilita' di un giudizio in camera di consiglio sull'esistenza  di
circostanze aggravanti o attenuanti". Dopo aver attentamente valutato
l'osservazione  si  e'  ritenuto  che  la  formula  non   giustifichi
l'estensione  del  procedimento  in camera di consiglio per giudicare
sull'esistenza di circostanze diverse dalle attenuanti generiche, che
sono  espressamente previste, e che d'altro canto sarebbe inopportuno
escludere il giudizio di comparazione, che assai spesso forma oggetto
di   motivi   di  appello  diretti  nel  complesso  ad  ottenere  una
diminuzione di pena.
   Un'altra  osservazione  riguarda  il  comma  2  dell'art.  599. La
Commissione parlamentare nel Parere sul  Progetto  preliminare  aveva
proposto la soppressione delle parole "che ha manifestato la volonta'
di  comparire"  ed  ha  ripreso  l'argomento  nel  Parere  definitivo
rilevando  che "l'accertamento della manifestazione della volonta' di
comparire costituisce un ostacolo a quella maggiore  semplificazione"
cui si era fatto riferimento per motivare il mancato accoglimento nel
Progetto definitivo  della  proposta  di  soppressione.  Pur  essendo
apprezzabili  le  osservazioni  della  Commissione parlamentare si e'
mantenuto invariato il comma, nel quale le parole in questione  hanno
la  funzione  di  escludere la necessita' del rinvio per il legittimo
impedimento  dell'imputato  quando  questo  non  ha  manifestato  una
volonta'  di  comparire.  E'  una regola che trova un riscontro nella
disciplina generale dei procedimenti in camera di consiglio (art. 127
comma   4)   e   che  si  differenzia  da  quella  stabilita  per  il
dibattimento,  nel  quale  invece  si  puo'  procedere   in   assenza
dell'imputato   legittimamente  impedito  solo  quando  c'e'  un  suo
espresso consenso o un suo rifiuto, se detenuto.
   Rispetto all'art. 603 (596) comma 3 la Commissione parlamentare ha
ribadito  la  proposta,  gia'  formulata  nel  Parere  sul   Progetto
preliminare,   di   prevedere   che   la   rinnovazione   di  ufficio
dell'istruzione dibattimentale venga disposta non, come e'  stabilito
nel  Progetto,  "se  il giudice la ritiene assolutamente necessaria",
ma, piu' semplicemente, "quando il giudice ritenga di non  essere  in
grado di decidere allo stato degli atti".
   La   proposta  della  Commissione  parlamentare  si  collega  alla
direttiva 94 ma non considera adeguatamente che il comma 3  dell'art.
603  riguarda  il  solo  potere del giudice di appello di disporre la
rinnovazione di ufficio e non anche quello di disporla  su  richiesta
di parte.
   Poiche'  nel  nuovo  sistema  processuale  le  prove devono essere
richieste dalle parti, risulta residuale e contenuto  il  potere  del
giudice   di  provvedere  di  ufficio  alla  loro  assunzione  e  nel
dibattimento di primo grado  cio'  e'  consentito  solo  "se  risulta
assolutamente  necessario" (art. 507) . Nel dibattimento di appello i
poteri  di  ufficio  relativi  alla  prova  non  possono  logicamente
ricollegarsi  a condizioni meno rigorose ed e' per questa ragione che
nel comma 3 e' stata usata la  formula  "se  il  giudice  la  ritiene
assolutamente necessaria". E' la rinnovazione a richiesta delle parti
invece che puo'  e  deve  essere  disposta,  ai  sensi  del  comma  1
dell'art.  603,  quando "il giudice ritiene di non essere in grado di
decidere allo stato degli atti"; inoltre va considerato  che  per  il
comma   2  dello  stesso  articolo  quando  si  tratta  di  "prove...
sopravvenute o scoperte dopo il giudizio  di  primo  grado"  riprende
pieno  vigore  il  diritto  alla  prova,  riconosciuto in primo grado
dall'art. 495 (489) comma 1.
                              TITOLO III
                        RICORSO PER CASSAZIONE
   9.5.  Le  disposizioni  del  Progetto  preliminare sul ricorso per
cassazione   hanno   subito   nel   Progetto   definitivo    limitate
modificazioni:  meramente  formali quelle degli artt. 606 (599) comma
3, 608 (601) ; integrative quelle degli artt. 607 (600) , 610 (603) ,
611 (604) , 612 (605) e 621 (613) . A quelle del Progetto preliminare
sono state pero'  aggiunte  due  nuove  importanti  disposizioni  con
l'art. 618 (610- bis) e nel comma 2 dell'art. 627 (617) .
   Nell'art.  618 sono stati disciplinati gli effetti delle decisioni
delle sezioni unite,  quando  il  loro  intervento  e'  avvenuto  per
"dirimere  contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni".
In questa nuova disposizione si e' stabilito che "le sezioni semplici
uniformano  le  proprie  decisioni  ai  principi di diritto enunciati
dalle sezioni unite per dirimere un contrasto;  altrimenti  rimettono
con  ordinanza il ricorso alle sezioni unite esponendo le ragioni del
dissenso".
   La  disposizione  e'  stata  dettata  dall'esigenza,  generalmente
avvertita, di impedire il protrarsi di  contrasti  tra  le  decisioni
della  Corte  di  cassazione,  anche  dopo l'intervento delle sezioni
unite, e di assecondare quella "uniforme interpretazione della legge"
demandata  alla  Corte  dall'ordinamento giudiziario e necessaria per
dare effettiva attuazione  al  principio  di  uguaglianza  proclamato
dall'art.  3 della Costituzione. E' infatti ricorrente il rilievo che
viene meno l'effettiva uguaglianza davanti alla legge se  nella  sede
giudiziaria   situazioni  uguali  ricevono  trattamenti  diversi.  Il
contrasto tra le decisioni della Corte elude inoltre la richiesta  di
certezza,  che  in  materia  penale  e'  ancor  piu'  pressante  e si
ricollega al principio di stretta legalita', con il suo corollario di
tassativita',  che  non  consente  di  ritenere  di  volta  in  volta
penalmente lecito o illecito lo stesso fatto o di ravvisare  in  esso
reati diversi di ineguale gravita'.
   Nelle  osservazioni  esplicative  che  hanno accompagnato la nuova
disposizione si e' detto che "la prima parte  della  norma  fissa  il
principio,  gia'  oggi  implicito, che le sezioni semplici devono poi
uniformarsi alla decisione delle sezioni unite", mentre  "la  seconda
parte,   innovativa,   tende   ad   assicurare   l'uniformita'  della
giurisprudenza pur mantenendo una dialettica all'interno della  Corte
di  cassazione  e  disciplina  il  possibile  dissenso  delle sezioni
semplici".
   Nell'art.  627 comma 2 relativo ai poteri del giudice di rinvio e'
stata aggiunta una seconda  parte,  nella  quale  si  stabilisce  che
questo  giudice,  "se e' annullata una sentenza di appello e le parti
ne  fanno  richiesta,   dispone   la   rinnovazione   dell'istruzione
dibattimentale   per   l'assunzione  delle  prove  rilevanti  per  la
decisione".  Rispetto  alla  prova   risulta   cosi'   differenziata,
diversamente da quanto avviene nel codice vigente, la posizione delle
parti nel giudizio di  rinvio  rispetto  a  quella  nel  giudizio  di
appello.  In questo il diritto alla prova e' limitato perche', se non
si tratta di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di  primo
grado,   il  giudice  e'  tenuto  alla  rinnovazione  dell'istruzione
dibattimentale solo se non si ritiene in grado di decidere allo stato
degli  atti,  mentre  nel giudizio di rinvio riprende pieno vigore il
diritto alla prova, senza possibilita' per il giudice  di  negare  la
rinnovazione  ritenendosi  in grado di pervenire alla decisione sulla
sola base degli atti. Si e' voluto cosi' evitare che il  giudizio  di
rinvio  nei  limiti  in  cui  impone  una rivalutazione del merito si
risolva, come accade  prevalentemente  nel  sistema  vigente,  in  un
giudizio esclusivamente cartolare.
   9.6.  Nel  testo  definitivo  del codice sono stati modificati gli
artt. 606 comma 1 lett. e) e 618.
  Nel  primo  articolo  le  parole  "omessa  motivazione"  sono state
sostituite  con  le  parole  "mancanza...  della  motivazione",   per
riprendere  una  formula tradizionale, che meglio si raccorda con gli
artt. 125 (124) comma 3 e 546 comma 3  (539-  bis)  ,  nei  quali  la
sanzione  di  nullita'  dell'atto  concerne  la  motivazione in senso
grafico o strutturale e non i vizi logici della stessa.
   All'esigenza  di  raccordo  con  le  disposizioni sugli atti si e'
aggiunta la  preoccupazione  che  la  formula  del  Progetto  "omessa
motivazione"  si  potesse  prestare, in contrasto con la volonta' del
legislatore, ad  un  ampliamento  del  sindacato  sulla  motivazione,
spostando  l'accento  dal  vizio  dell'atto,  scandito  dalle  parole
"mancanza...   della   motivazione",   al   vizio   (di    latitudine
difficilmente circoscrivibile) dell'attivita' del giudice, richiamata
dall'aggettivo "omessa", il quale indica una condotta  negativa  piu'
che le caratteristiche dell'atto.
  Piu'  incisiva  e' la modifica dell'art. 618 che, come si e' detto,
era stato introdotto nel Progetto  definitivo  per  disciplinare  gli
effetti  delle  decisioni  prese  dalle sezioni unite per dirimere un
contrasto di giurisprudenza. La Commissione parlamentare  rispetto  a
questa nuova disposizione ha dichiarato di apprezzare "la tendenza ad
assicurare  l'uniformita'  della  giurisprudenza",  ma  ha   mostrato
perplessita',  rilevando che "la soluzione proposta... viene a porre,
per la prima volta nel nostro ordinamento  processuale,  il  vincolo,
sia pure tendenziale e corretto, del precedente".
   Questa  perplessita' ha indotto a riconsiderare la disposizione ed
a modificarla, facendo venir meno il  rigido  meccanismo  di  vincolo
alla  decisione  delle  sezioni  unite.  E' pero' rimasta nella nuova
disposizione del codice ugualmente impressa la  volonta'  legislativa
di    evitare   la   formazione   e   il   perdurare   di   contrasti
giurisprudenziali, volonta' che si e' tradotta in  un  meccanismo  di
responsabilizzazione delle singole sezioni della Corte di Cassazione,
alle  quali   e'   espressamente   rimessa   la   valutazione   circa
l'opportunita'  di  rimettere il ricorso alle sezioni unite quando la
questione di diritto sottoposta al loro esame "ha dato luogo  o  puo'
dar luogo ad un contrasto giurisprudenziale".
   E' da notare che in questo caso il ricorso e' rimesso alle sezioni
unite  non  attraverso  il  primo  presidente  ma  direttamente,  con
un'ordinanza  che, per sua natura, deve essere motivata e deve quindi
spiegare le ragioni della rimessione, ed e' chiaro che  l'attivazione
del  meccanismo  non  puo'  mancare  quando sulla questione sono gia'
intervenute le sezioni unite e  la  sezione  rileva  che  la  propria
decisione    puo'    dare    nuovamente   luogo   ad   un   contrasto
giurisprudenziale. In questo caso nell'ordinanza con la  quale  viene
disposta  la  rimessione del ricorso saranno enunciate le ragioni per
le quali la sezione ritiene che la questione possa dar luogo  ad  una
decisione contrastante con il precedente delle sezioni unite.
   Nel   Parere   definitivo   della  Commissione  parlamentare  sono
contenute anche  altre  osservazioni  e  proposte  non  recepite  nel
codice.
   In   particolare   la  Commissione  parlamentare  ha  proposto  di
modificare l'art. 607 escludendo espressamente che  l'imputato  possa
ricorrere per cassazione contro la sentenza di assoluzione perche' il
fatto non sussiste o  per  non  aver  commesso  il  fatto.  E'  pero'
sembrato  preferibile  evitare  un'enunciazione  negativa come quella
proposta, dato che potrebbe risultare limitativa in rapporto all'art.
111  comma  2 della Costituzione e che di regola nei casi considerati
il ricorso e' comunque impedito dalla mancanza di interesse.
   Rispetto  all'art.  610  comma  2  la  Commissione parlamentare ha
ribadito  una  proposta  gia'  formulata  nel  Parere  sul   Progetto
preliminare,  diretta  a  prevedere  l'intervento delle sezioni unite
anche per "dirimere  contrasti  insorti  tra  le  decisioni...  delle
sezioni penali rispetto a quelle civili".
   Secondo  il  Parere  della  Commissione  "la previsione di sezioni
unite, per cosi' dire miste, appare in ispecie  opportuna  quando  vi
siano  filoni giurisprudenziali contrastanti sulla interpretazione di
elementi   normativi   di   fattispecie   penali   e   qualificazione
civilistica".  Pur  essendo  interessante la proposta, si e' ritenuto
che la previsione di "sezioni unite... miste" e di un intervento  per
dirimere  i contrasti tra sezioni penali e sezioni civili esuli dalla
delega. Resta pero' la possibilita' in casi del genere  di  investire
le  sezioni unite penali, alle quali il ricorso puo' essere assegnato
dal primo presidente per la speciale importanza della questione.
   Rispetto  all'art.  610  comma  3  la  Commissione parlamentare ha
osservato che  andrebbero  ulteriormente  specificati  presupposti  e
criteri  per  la  separazione  dei  procedimenti,  ma  si e' ritenuto
sufficiente  il  riferimento  alla  "speditezza   della   decisione",
considerato  che  il nuovo sistema tende a favorire la separazione in
tutti i casi in cui essa risulta conveniente.
   Un'altra  osservazione  della  Commissione  parlamentare  riguarda
l'art. 611 comma 2, che si e'  proposto  di  modificare  in  modo  da
rendere  applicabili  per  la dichiarazione dell'inammissibilita' del
ricorso  per  manifesta   infondatezza   le   regole   generali   del
procedimento in camera di consiglio, previste dall'art. 127, anziche'
quelle specificatamente stabilite per  la  Corte  di  cassazione  dal
comma  1  dell'art.  611.  Si e' pero' ritenuto inopportuno dare alla
dichiarazione di  inammissibilita'  per  manifesta  infondatezza  una
disciplina   diversa   da   quella   relativa   agli  altri  casi  di
inammissibilita', dato che con questa  disciplina,  al  contrario  di
quanto  avviene  nel codice vigente, si e' garantito in modo ampio il
contraddittorio, attraverso l'avviso dell'udienza e  della  richiesta
del procuratore generale di dichiarare l'inamissibilita', seguito dal
diritto di presentare fino quindici giorni prima dell'udienza memorie
e  fino  a cinque giorni prima memorie di replica. E' un procedimento
che contiene "adeguate garanzie per la difesa" e  che  appare  quindi
conforme alla direttiva 89, la quale non impone la partecipazione dei
difensori all'udienza in camera di consiglio.
   Infine  rispetto  all'art.  627  la  Commissione  parlamentare  ha
ribadito  nel  Parere  definitivo  la  preferenza  per  una   diversa
formulazione  del  comma  5,  gia'  proposta  nel Parere sul Progetto
preliminare, tendente a consentire anche nel giudizio  di  rinvio  la
rilevazione  di  nullita'  assolute  non  concernenti "le parti della
sentenza divenute irrevocabili".
   La  proposta  e' stata attentamente considerata ed alla fine si e'
ritenuto opportuno mantenere il testo  del  Progetto,  che  riproduce
sostanzialmente  la disposizione del vigente art. 544 comma 3. Questa
disposizione non e' stata immune da critiche, ma le ha superate anche
attraverso  una decisione della Corte costituzionale (sent. n. 21 del
1982) , che ha giudicato razionale "la scelta legislativa di  rendere
improponibile  in  un determinato grado del procedimento eccezioni di
nullita' che si assumono verificate in fasi precedenti ed  esaurite",
in  quanto  si  tratta di scelta "ispirata dall'intento di evitare la
perpetuazione dei giudizi al fine di  garantire  la  definizione  del
procedimento  stesso,  cosi'  realizzando  un  interesse fondamentale
dell'ordinamento". E' da aggiungere  che  una  scelta  diversa,  come
quella  proposta dalla Commissione parlamentare, potrebbe dar luogo a
differenze di trattamento rimarchevoli nei casi in cui  la  nullita',
incidendo  sull'intero processo, dovrebbe riferirsi anche alle "parti
della sentenza divenute irrevocabili", alle  quali  pero',  a  quanto
pare, secondo la proposta non si estenderebbe l'annullamento.
                              TITOLO IV
                              REVISIONE
   9.7.  Gli  articoli  di  questo  titolo nel passaggio dal Progetto
preliminare  a  quello  definitivo   non   hanno   subito   mutamenti
particolarmente rilevanti. Sono state apportate modificazioni formali
agli artt. 629 (621) , 630 (622) , 633 (625) , 634 (626) comma 1, 635
(627)  , 637 (629) , 640 (632) , 642 (633) e 643 (634) commi 1 e 2 ed
integrazioni marginali agli artt. 634 comma 2 e 637 comma  2,  mentre
interventi  piu'  consistenti  hanno riguardato gli artt. 636 (628) ,
639 (631) e 643 comma 3.
   Il comma 2 dell'art. 636 nel disciplinare il giudizio di revisione
rinviava alle norme sul  dibattimento  di  primo  grado  "nei  limiti
imposti  dall'oggetto della richiesta di revisione". A questa formula
la Commissione parlamentare nel Parere sul Progetto preliminare aveva
proposto  di  sostituire  quella "nei limiti imposti dall'oggetto del
giudizio di revisione", chiarendo che la proposta tendeva ad "evitare
equivoci  circa  i mezzi di prova che possono essere forniti, che non
sono soltanto quelli indicati nella richiesta di revisione, ma  tutti
quelli ammissibili nel giudizio di revisione". Il Progetto definitivo
si e' dato carico dell'osservazione ed il comma e'  stato  modificato
con  le  parole "nei limiti delle ragioni indicate nella richiesta di
revisione".
   Secondo  le  osservazioni  esplicative  che  hanno accompagnato il
Progetto definitivo "la nuova formula tende..... ad  esplicitare  che
il giudizio di revisione e' vincolato alle ragioni poste a fondamento
della domanda e non ai mezzi di prova  elencati  eventualmente  nella
stessa".  Si  chiarisce  quindi,  che  per le prove valgono le regole
generali del dibattimento di primo grado, ferma  pero'  rimanendo  la
necessita'  di  un  loro rapporto con la domanda (nel senso che sulle
ragioni poste a suo fondamento  deve  misurarsi  la  rilevanza  delle
prove)  ,  necessita'  che non era esplicitata nella formula proposta
dalla Commissione parlamentare.
   La  parte  finale  dell'art.  639 nel Progetto definitivo e' stata
integrata secondo una proposta della Commissione parlamentare diretta
a  garantire  nel  giudizio  di  revisione  la parte civile, tenuta a
restituire la  somma  eventualmente  pagata  dal  condannato  per  il
risarcimento  del  danno,  ed a disciplinare la situazione delle cose
confiscate.
   Infine  nell'art.  643  e'  stato  aggiunto il comma 3 per rendere
chiaro  che  il  diritto  alle  prestazioni  riparatorie  dell'errore
giudiziario  (pagamento  di  una  somma  o  ricovero  gratuito  in un
istituto) non spettano in relazione alla parte di pena espiata per il
reato  oggetto  di  revisione  che  sia stata computata in detrazione
della pena da espiare per un altro reato.
  9.8  Nel testo definitivo del codice e' stato modificato l'art. 630
(622) .
   Aderendo  al  suggerimento  della  Commissione parlamentare, nella
prima parte del comma 1 si e' sostituita l'espressione "La  revisione
puo'  domandarsi"  con  l'espressione "La revisione e' richiesta" (v.
anche artt. 633 (625) e 634 (626).
   L'aggiunta  finale  alla  lettera  b)  e'  stata  operata  per  un
necessario coordinamento con l'art. 479, in  modo  da  consentire  la
revisione anche "se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno
ritenuto  la  sussistenza  del  reato  a  carico  del  condannato  in
conseguenza  di  una  sentenza  del  giudice  civile o amministrativo
successivamente  revocata  che  abbia  deciso  "una  delle  questioni
previste dall'art. 479".
   Diventa   cosi'   possibile  la  revisione  in  tutti  i  casi  di
revocazione di una sentenza civile o amministrativa su una  questione
pregiudiziale  assunta  dal giudice penale a base della sua decisione
circa l'esistenza del reato (si pensi ad una condanna per  bancarotta
fondata su una sentenza dichiarativa di fallimento poi revocata).
   E'  chiaro  che  il  richiamo all'art. 479 non intende limitare la
revisione ai soli casi in cui e' avvenuta la sospensione ma significa
che  l'impugnazione  e' ammessa in tutte le ipotesi nelle quali si e'
verificato  un  rapporto  tra  giudizio  civile  o  amministrativo  e
giudizio  penale  come  quello  previsto nell'art. 479 e la decisione
penale e' dipesa dalla  risoluzione  di  una  controversia  civile  o
amministrativa, anche se non si e' resa necessaria la sospensione del
dibattimento perche' il giudicato civile o amministrativo si era gia'
formato.
                               LIBRO X
                              ESECUZIONE
  10.1.  Il  testo  degli  articoli  del  libro  X, che ha ad oggetto
l'esecuzione penale, ha subito nel  Progetto  definitivo  rispetto  a
quello  del Progetto preliminare, numerose modifiche. Molte di queste
consistono peraltro in correzioni  di  carattere  meramente  formale,
finalizzate  alla  semplificazione  e  alla migliore comprensibilita'
delle disposizioni, o dettate da esigenze di uniformita'  stilistica.
In   altri   casi,  si  e'  provveduto  al  necessario  coordinamento
dell'articolato con la restante parte del Progetto, come per  esempio
per   quanto   concerne   l'uso   delle   espressioni   "sentenza  di
proscioglimento" e "sentenza di non luogo a procedere", la esecuzione
delle   misure   di  sicurezza  applicate  provvisoriamente  a  norma
dell'art. 312 (che  evidentemente  non  puo'  seguire  la  disciplina
generale prevista negli artt. 658 (649) e 679 (670) o il rilascio del
certificato del casellario giudiziale del  testimone  quando  occorre
definirne la personalita' ai sensi dell'art. 236.
   Numerose,  poi,  le  modifiche  dirette  a sopperire a carenze del
testo o  a  perfezionare  e  completare  la  disciplina  dei  singoli
istituti,  senza  con  cio'  intaccarne  l'impostazione  e la valenza
generale. Cosi', e' stata espressamente prevista, nell'art. 657 (648)
commi  2  e  3, la computabilita', ai fini della determinazione della
pena da eseguire, delle pene condonate e - in  relazione  a  sanzioni
della   stessa   natura   -  delle  sanzioni  sostitutive;  e'  stata
disciplinata, nell'art. 659 (650) comma 2, l'esecuzione delle  misure
di  sicurezza non detentive diverse dalla confisca; e' stata prevista
nell'art. 660 (651) comma 3 la sospensione del  decorso  dei  termini
della  prescrizione  durante  il differimento della conversione della
pena pecuniaria; si e' regolato  nell'art.  662  (653)  comma  2,  il
computo  delle  misure interdittive nella durata della corrispondente
pena accessoria; la disciplina relativa al conflitto di giudicati  e'
stata meglio e piu' compiutamente definita nell'art. 669 (660) ; sono
state delimitate con maggiore rispondenza alle previsioni del vigente
ordinamento penitenziario le competenze del giudice dell'esecuzione e
di quello di sorveglianza in merito alla liberazione  condizionale  e
all'affidamento  in prova al servizio sociale, e si e' esplicitata la
rilevabilita'  d'ufficio  dell'estinzione  del  reato  (in  caso   di
amnistia  impropria) o della pena nell'art. 676 (667) commi 1 e 3; si
sono salvaguardate, introducendo nell'art.  677  (668)  comma  2  una
apposita  clausola  di  salvezza,  le  deroghe ai criteri generali di
determinazione della competenza territoriale  della  magistratura  di
sorveglianza  previste  oggi  in  tema  di  misure  alternative  alla
detenzione; si  e'  opportunamente  esteso  il  potere  del  pubblico
ministero  di  richiedere  i  certificati penali degli imputati e dei
condannati,  in   considerazione   delle   esigenze   connesse   alla
contestazione    della    recidiva    e,   soprattutto,   alla   fase
dell'esecuzione.
   Vi  sono  infine  alcune  modifiche cui, per la loro rilevanza, e'
opportuno dedicare maggiore attenzione.
   Nessuna   osservazione   e'   stata  formulata  dalla  Commissione
parlamentare nel Parere sul Progetto definitivo.
                               TITOLO I
                              GIUDICATO
   10.2. Sul tema dei rapporti tra giudicato penale e processo civile
o amministrativo - un tema da considerare separatamente  per  la  sua
stretta  connessione  con  il  titolo  V del libro I - gli interventi
hanno coivolto il solo articolato del Progetto preliminare, mentre il
Progetto  definitivo  non  ha  subi'to modificazioni nel passaggio al
testo definitivo.
   Quanto all'art. 651 (642) , concernente l'efficacia della sentenza
penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno,  la
Commissione  parlamentare  - pur esprimendosi favorevolmente circa la
conformita' alla delega -  aveva  segnalato,  con  il  primo  Parere,
l'opportunita'  di  adottare,  con  riferimento  ai  soggetti nei cui
confronti il  giudicato  penale  ha  effetto  vincolante,  lo  stesso
lessico  della  direttiva  n. 22, ultimo punto, "in quanto piu' ampia
rispetto a quella usata dall'articolo".
   Non  si  e'  ritenuto  di  aderire a tale suggerimento perche' gli
unici soggetti "svantaggiati" dal giudicato penale  di  condanna  non
possono   essere   che  l'imputato  e  il  responsabile  civile.  Per
quest'ultimo  il  riferimento  alla  citazione  e  all'intervento  si
colloca  puntualmente nella direttiva 22, secondo quanto e' segnalato
nello stesso parere della Commissione parlamentare.
   Allo  stesso  art. 651 e' stata peraltro apportata una modifica di
sostanza,  integrandosene  il  comma   2,   concernente   l'efficacia
extra-penale  del  giudicato  di  condanna  conseguente  al  giudizio
abbreviato, mediante la clausola di chiusura "salvo che vi si opponga
la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato".
   L'inciso   e'  stato  inserito  su  suggerimento  della  Corte  di
cassazione la quale aveva, per la verita', proposto di completare  il
comma  2  con le parole: "qualora la parte civile abbia consentito al
rito abbreviato".
   La  formula  poi  trasfusa  nel testo definitivo e' stata adottata
perche', oltre a tener conto del fatto che,  di  norma,  la  sentenza
indicata   nell'art.   651  giova  alla  parte  civile  (nonche',  e'
importante  precisarlo,  al  danneggiato  che  non  abbia  esercitato
l'azione  civile in sede penale) tanto che solo una opposizione della
parte civile purche' non  consenziente  all'abbreviazione  del  rito,
potrebbe giustificarne l'assenza di efficacia vincolante nel giudizio
civile o amministrativo per le restituzioni  o  il  risarcimento  del
danno, vale anche a meglio coordinare il precetto dell'art. 651 comma
2 con quello dell'art. 441 comma 2.
   L'emendamento   apportato  all'art.  652  (643)  (efficacia  della
sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile  o  amministrativo
di danno) e' conseguente alla riformulazione della norma dell'art. 75
riguardante  l'esercizio  dell'azione  civile  in  sede  penale:   un
articolo  nel  quale  e'  stato  inserito - nel passaggio al Progetto
definitivo - il comma 2- bis (ora comma 2)  espressamente  richiamato
dal  comma  1  dell'art.  652 al fine di ribadire come l'efficacia di
giudicato della sentenza irrevocabile di assoluzione trova un  limite
nei  casi  in  cui  l'azione  civile  -  o perche' non trasferita nel
processo penale o perche' iniziata quando  non  e'  piu'  ammessa  la
costituzione di parte civile - prosegua in sede propria.
   Per  quel  che  attiene  al regime dell'efficacia del giudicato di
assoluzione nel giudizio disciplinare regolato nell'art. 653 (644)  ,
la  Commissione parlamentare aveva espresso - in sede di primo Parere
- perplessita' sulla parte della norma che non ne estende l'efficacia
preclusiva    "all'ipotesi   di   non   punibilita'   per   l'effetto
dell'adempimento di un dovere". Aveva, pero'  subito  dopo,  rilevato
che  "la direttiva 24 limita alle formule di non sussistenza o di non
commissione del  fatto  la  preclusione  di  un  successivo  giudizio
amministrativo",  auspicando  "una  piu' compiuta previsione da parte
della delega soprattutto per evitare situazioni nelle quali la  norma
primaria verrebbe ad essere vanificata dalla norma secondaria".
   Non  e'  rimasto,  quindi,  che  prendere atto di tale rilievo: la
modificazione dell'art. 653 nel  senso  auspicato  dalla  Commissione
parlamentare   non   rientra   infatti  nell'ambito  dei  poteri  del
legislatore delegato.
  Infine,  a seguito dei suggerimenti della Commissione parlamentare,
si e' provveduto ad apportare modificazioni al lessico dell'art.  654
(645)  ,  avente  ad  oggetto  l'efficacia  del  giudicato penale nei
giudizi civili o amministrativi  del  giudizio  di  danno,  cosi'  da
meglio  adeguarne  il  testo  alle previsioni della prima parte della
direttiva 24 della legge-delega.
                              TITOLO II
                              ESECUZIONE
                  DEI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI
   10.3. La Commissione parlamentare aveva rilevato, in sede di primo
Parere, la necessita' di dare compiuta attuazione alla  direttiva  96
nella  parte in cui prescrive l'obbligo di notificare o comunicare al
difensore,  a  pena  di  nullita',   i   provvedimenti   della   fase
dell'esecuzione  concernenti le pene e le misure di sicurezza; e cio'
in relazione ai  provvedimenti  emessi  dal  pubblico  ministero.  In
effetti,  il  tenore  letterale della delega sembra deporre nel senso
fatto proprio dalla Commissione, posto che  la  direttiva  96,  nella
parte in questione, fa riferimento - nella interpretazione che appare
piu' corretta - a tutti i  provvedimenti  della  fase  esecutiva,  da
qualunque  organo  promanino; mentre ad analoga conclusione induce il
confronto con il testo della direttiva 78 della delega del 1974  che,
in  merito  all'obbligo  di  notifica  al  difensore,  faceva  invece
riferimento specifico ai "provvedimenti del giudice dell'esecuzione".
   Se  questa  e'  la  volonta'  del legislatore delegante, occorreva
evidentemente  prenderne  atto  e  predisporre  una  disciplina   che
conciliasse  la  notifica  in  questione  con  le  peculiarita' della
procedura esecutiva. Al riguardo, il primo problema che  si  pone  e'
quello  della  individuazione  del  difensore. Scartata l'idea di una
automatica prorogatio del mandato della fase di cognizione,  che  non
appariva giustificata anche in considerazione della notevole distanza
geografica e temporale che a volte intercorre fra la  conclusione  di
detta  fase e quella esecutiva (si pensi al giudizio di cassazione) ,
si e' previsto che, in assenza di una nomina apposita  da  parte  del
condannato,  sia  assicurata  la  difesa  d'ufficio  con la procedura
dell'art. 97. E' poi evidente che, data la natura  dei  provvedimenti
in  questione  la  notifica  non  puo'  precedere  ne'  condizionarne
l'esecuzione:  d'altro  canto,  e'  necessario  fissare  un   termine
perentorio  per  l'adempimento,  al fine di assicurare l'effettivita'
alla sanzione prescritta  dalla  delega  (nullita')  .  Si  e'  cosi'
pervenuti  alla  disposizione di carattere generale di cui al comma 5
dell'art. 655 (646) , integrata da opportuni richiami che la  rendono
applicabile,  oltre che in tutti i casi in cui viene emesso un ordine
di esecuzione, in relazione ai provvedimenti di computo e di  cumulo,
rispettivamente disciplinati negli artt. 657 (648) e 663 (654) .
   10.4.   Nel   testo   definitivo  del  codice,  si  e'  sostituita
l'espressione "in giudizio" nella rubrica e nel comma 1 dell'art. 658
(649)  ,  con  le parole "con sentenza", al fine di comprendere anche
l'ipotesi in cui la misura di sicurezza sia  stata  ordinata  con  la
sentenza di non luogo a procedere.
   Nell'art.  664  (655) comma 4 e' stato eliminato l'inciso relativo
alla "connessione  oggettiva"  perche'  superfluo,  stante  la  nuova
disciplina sulla connessione.
   Nell'art.  665  e' stata soppressa la disposizione (art. 656 comma
4) che individuava il giudice competente a provvedere in luogo  della
corte  di  assise  deliberante  la chiusura della sessione, e cio' in
quanto la nuova disciplina che regola il  funzionamento  della  corte
stessa  non  prevede  soluzioni  di  continuita'  fra  una sessione e
l'altra.
                              TITOLO III
                             ATTRIBUZIONI
                     DEGLI ORGANI GIURISDIZIONALI
   10.5.  Nel  Progetto  definitivo  e'  stato  conferito al pubblico
ministero il potere di disporre in via provvisoria la liberazione del
detenuto  nelle  ipotesi  di  errore  di  persona.  Spesso infatti il
giudice della esecuzione, per la difficolta' della sua costituzione o
per  la lontananza dal luogo ove l'interessato e' detenuto, non e' in
grado di intervenire tempestivamente;  ne'  sufficienti  garanzie  al
riguardo  offre il magistrato di sorveglianza, tenuto conto della sua
limitata  presenza  sul  territorio  e  della  mancanza  di  elementi
conoscitivi.  Del  resto,  non sembra razionale negare all'organo che
emette l'ordine di carcerazione il potere di  ovviare,  nei  casi  di
urgenza,  alla  erronea  esecuzione  dello  stesso.  Si  e'  pertanto
previsto nel comma 3  dell'art.  667  (658)  che,  ove  l'errore  sia
evidente  e  non sia possibile provvedere tempestivamente nelle forme
ordinarie, il pubblico ministero del luogo dove l'arrestato si  trova
ne  disponga  provvisoriamente  la  liberazione, cosi' come gia' oggi
dispone l'art. 583 del codice vigente.
   Per  lo  stesso  ordine di ragioni e' stato attribuito al pubblico
ministero l'analogo potere in tema  di  applicazione  di  amnistia  e
indulto,  gia'  conferito  nell'art.  663 del Progetto preliminare al
magistrato di sorveglianza. E'  infatti  emerso  che  gli  uffici  di
sorveglianza,  non  disponendo  dei  fascicoli  dell'esecuzione,  non
sarebbero in grado  di  controllare  la  sollecita  applicazione  dei
provvedimenti  di  clemenza  a  tutti  gli  aventi  diritto  ne',  di
conseguenza, di disporre provvisoriamente  la  liberazione  in  tutti
quei  casi in cui non e' possibile ottenere in tempi sufficientemente
rapidi una decisione dal giudice  dell'esecuzione.  Pertanto,  si  e'
preferito,  al  fine  di  meglio  garantire i diritti del condannato,
tener  ferma  anche  in  questo  caso  la  competenza  del   pubblico
ministero,  i  cui  uffici tradizionalmente la hanno esercitata senza
inconvenienti.
   Degne  di  nota  anche le modifiche apportate all'art. 670 (661) .
Nel comma 1 si e' innanzitutto data  piu'  puntuale  attuazione  alla
direttiva  n.  80, sancendo espressamente che, ai fini della verifica
della esecutivita' del titolo nelle ipotesi  di  irreperibilita'  del
condannato,  il giudice deve valutare anche il merito della procedura
seguita nella ricerca dell'interessato, non  essendo  sufficiente  il
rispetto  meramente formale degli adempimenti prescritti (art. 670) .
Il riferimento al "condannato" vale  a  chiarire,  ove  ve  ne  fosse
bisogno,  che  cio'  che in questa sede e' oggetto di controllo e' la
dichiarazione  di  irreperibilita'   relativa   alla   notifica   del
provvedimento  che  si  assume esecutivo, essendo escluso che possano
venire in rilievo eventuali dichiarazioni relative a fasi processuali
precedenti, la cui irritualita' dovra' essere fatta valere in sede di
impugnazione.
   Il testo del Progetto preliminare (art. 661) , in tema di rapporti
fra incidente di esecuzione e impugnazione del provvedimento  di  cui
si    contesta    l'esecutivita',   subordinava   la   proponibilita'
dell'impugnazione "tardiva" all'accertamento, da  parte  del  giudice
dell'esecuzione,  della  non  esecutivita'  del  titolo.  Ad una piu'
attenta riflessione si e' rilevato che,  anche  a  prescindere  dalle
perplessita' che solleva l'uso del concetto di "tardivita'" in questo
contesto, non puo' essere sottratto al giudice  dell'impugnazione  il
potere  di  valutare l'ammissibilita' della stessa, tanto piu' che il
problema della esecutivita' del titolo si puo' porre  (soltanto)  nel
giudizio  di  impugnazione (come quando, ad esempio, e' impugnata una
condanna a pena sospesa) . Recependo nella sostanza la soluzione gia'
fatta  propria  dal  Progetto  preliminare  del  1978,  che del resto
coincide con quella affermatasi in giurisprudenza, si e' riconosciuta
nell'art.  670  comma  2  la  autonoma  funzione  dei due rimedi, che
possono concorrere: mentre in una sede  si  valutera'  l'esecutivita'
del  titolo  al  fine  di  giudicare  se  dar  corso all'esecuzione o
sospenderla,  nell'altra   la   stessa   valutazione   sara'   invece
finalizzata  all'accertamento della ammissibilita' dell'impugnazione,
senza che la prima decisione pregiudichi o  condizioni  la  pronuncia
del secondo giudice.
   Anche  la  disciplina relativa alla grazia e' stata infine oggetto
di ripensamento. Il Progetto preliminare, all'art. 672, prevedeva che
la  domanda  di grazia fosse in ogni caso presentata al magistrato di
sorveglianza e cio', come si legge nella Relazione,  per  valorizzare
il carattere di strumento di risocializzazione dell'istituto. Questo,
peraltro, assolve ad altre  e  diverse  funzioni,  di  rilievo  anche
politico, che non possono essere ignorate; e cio' a prescindere dalla
irrazionalita' dell'intervento  del  magistrato  di  sorveglianza  in
ipotesi  come  quella  della  pena  pecuniaria.  Si e' di conseguenza
prevista nell'art. 681 la proposizione della domanda direttamente  al
ministro,   ferma   la   facolta'   di  presentarla,  a  seconda  che
l'interessato sia o meno detenuto, al magistrato di sorveglianza o al
procuratore  generale  (le  cui  osservazioni  devono comunque essere
acquisite, al  fine  di  assicurare  la  considerazione  di  tutti  i
molteplici  interessi coinvolti) . E' stata poi disciplinata anche la
procedura relativa alla "proposta" di grazia avanzata  dal  consiglio
di  disciplina,  che  va  invece  sempre  presentata al magistrato di
sorveglianza, coerentemente con la sua natura di "ricompensa"  e  con
la  sua  finalita'  esclusivamente rieducativa. Si e' infine chiarito
che la grazia puo' essere concessa anche "d'ufficio", vale a dire  in
assenza di domanda o di proposta.
   Nello  stesso  ordine  di  idee la modifica apportata all'art. 684
(675) , che tiene ferma in capo al ministro la competenza a  disporre
il differimento dell'esecuzione nel caso previsto dall'art. 147 comma
1 numero 1 del codice penale: la  decisione  al  riguardo  presuppone
infatti  una  prognosi  favorevole sulla concedibilita' del beneficio
che puo' essere effettuata  soltanto  dall'organo  che  nella  prassi
costituzionale esercita il relativo potere.
   10.6.  Nel  testo  definitivo  del  codice  sono  state  apportate
modifiche formali o di coordinamento agli artt. 667 (658), 668 (659),
669  (660)  comma  7, 671 (662),  675 (666),  677 (668),  679 (670) e
681 (672) .
   Come  gia'  rilevato  con  riferimento  all'art. 579 (572),  si e'
anche eliminato un difetto di coordinamento fra tale norma  e  l'art.
680  (671) relativamente alla disciplina delle impugnazioni avverso i
(soli) capi della sentenza concernenti le misure  di  sicurezza.  Nel
rivedere  la  materia  e'  apparso  opportuno  demandare  al  giudice
specializzato la cognizione delle impugnazioni suddette anche  quando
hanno  ad  oggetto  una  sentenza  di  secondo grado, conformemente a
quanto gia' previsto dal comma 2 dell'art. 640 del codice vigente. Si
e'  infatti  ritenuto  che  il vaglio nel merito da parte del giudice
specializzato a maggior ragione si giustifica nel momento in  cui  lo
stesso  si identifica con la magistratura di sorveglianza, che ha una
competenza generale e istituzionalizzata in  ordine  alle  misure  di
sicurezza.  Si e' di conseguenza opportunamente modificato il comma 2
dell'art. 680 (art. 671 comma 1).
                              TITOLO IV
                        CASELLARIO GIUDIZIALE
   10.7.  Di  scarso rilievo le modifiche apportate al titolo IV gia'
nel Progetto definitivo.
  Nell'art.  686  (677)  e'  stata  semplificata  e razionalizzata la
disciplina relativa  alle  contravvenzioni,  escludendo  l'iscrizione
(soltanto)  quando  e'  ammessa  l'oblazione  ex art. 162 c.p. Con la
nuova formulazione sembra chiaro che le condanne a pena sospesa  sono
sempre iscritte, anche se e' ammessa l'oblazione.
   Nell'art. 688 (679) , come gia' detto sub 10.1, e' stato esteso il
potere  del  pubblico  ministero  di  richiedere  i  certificati  del
casellario   giudiziale   al   di   la'  della  fase  delle  indagini
preliminari: in relazione alla necessita' di contestare  la  recidiva
nonche' ai fini della esecuzione.
   Nella  lettera  e)  del  comma  2  dell'art. 689 (680) si e' fatto
riferimento alla sentenza che definisce il "patteggiamento" ai  sensi
degli artt. 444 segg.
   Sembra  poi  verosimile  che le condanne per reati successivamente
abrogati non potranno essere revocate in tempi brevi; ad evitare  che
il  cittadino  il  quale,  eventualmente  per  ignoranza,  non  abbia
provveduto a chiedere la revoca  ai  sensi  dell'art.  673,  veda  la
condanna  iscritta  nel  certificato,  si e' conservata la previsione
dell'art. 608 n. 7 c.p.p.
   Al  comma 3 si e' tenuto conto del fatto che le misure alternative
non costituiscono cause di estinzione della  pena.  Non  e'  sembrato
necessario   fare   riferimento  in  questa  sede  all'amnistia  come
suggerito  dalla  Commissione  parlamentare,  essendo   la   condanna
amnistiata non menzionabile ai sensi della lettera d) del comma 2.