Art. 2. 1. Presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura e' istituito un ruolo degli agenti di affari in mediazione, nel quale devono iscriversi coloro che svolgono o intendono svolgere l'attivita' di mediazione, anche se esercitata in modo discontinuo o occasionale. 2. Il ruolo e' distinto in tre sezioni: una per gli agenti immobiliari, una per gli agenti merceologici ed una per gli agenti muniti di mandato a titolo oneroso, salvo ulteriori distinzioni in relazione a specifiche attivita' di mediazione da stabilire con il regolamento di cui all'articolo 11. 3. Per ottenere l'iscrizione nel ruolo gli interessati devono: a) essere cittadini italiani o cittadini di uno degli Stati membri della Comunita' economica europea, ovvero stranieri residenti nel territorio della Repubblica italiana e avere raggiunto la maggiore eta'; b) avere il godimento dei diritti civili; c) risiedere nella circoscrizione della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ruolo intendono iscriversi; d) aver assolto agli impegni derivanti dalle norme relative agli obblighi scolastici vigenti al momento della loro eta' scolare; e) avere conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado di indirizzo commerciale o la laurea in materie commerciali o giuridiche ovvero aver superato un esame diretto ad accertare l'attitudine e la capacita' professionale dell'aspirante in relazione al ramo di mediazione prescelto. L'accesso all'esame e' consentito a quanti hanno prestato per almeno due anni la propria opera presso imprese esercenti l'attivita' di mediazione oppure hanno frequentato un apposito corso preparatorio. Le materie e le modalita' dell'esame sono stabilite dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione centrale di cui all'articolo 4; f) salvo che non sia intervenuta la riabilitazione, non essere stati sottoposti a misure di prevenzione, divenute definitive, a norma delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423; 10 febbraio 1962, n. 57, 31 maggio 1965, n. 575; 13 settembre 1982, n. 646; non essere incorsi in reati puniti con la reclusione ai sensi dell'articolo 116 del regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, e successive modificazioni; non essere interdetti o inabilitati, falliti, condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, la economia pubblica, l'industria ed il commercio, ovvero per delitto di omicidio volontario, furto, rapina, estorsione, truffa, appropriazione indebita, ricettazione, emissione di assegni a vuoto e per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni. 4. L'iscrizione al ruolo deve essere richiesta anche se l'attivita' viene esercitata in modo occasionale o discontinuo, da coloro che svolgono, su mandato a titolo oneroso, attivita' per la conclusione di affari relativi ad immobili od aziende.
Note all'art. 2: - La legge n. 1423/1956 reca: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralita'". - La legge n. 57/1962 reca: "Istituzione dell'albo nazionale dei costruttori'". - La legge n. 575/1965 reca: "Disposizioni contro la mafia". - La legge n. 646/1982 reca: "Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia". - Il testo dell'art. 116 del R.D. n. 1736/1933 (Disposizioni sull'assegno bancario, sull'assegno circolare e su alcuni titoli speciali dell'Istituto di emissione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), come modificato dall'art. 139 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e' il seguente: "Art. 116. - E' punito con la multa da lire cinquanta a lire cinquecento e nei casi piu' gravi anche con la reclusione sino a sei mesi, salvo che il fatto costituisca reato punibile con pena maggiore: 1) chiunque emette un assegno bancario senza averne avuto dal trattario l'autorizzazione; 2) chiunque emette un assegno bancario senza che presso il trattario esista la somma sufficiente, ovvero, dopo averlo emesso e prima della scadenza dei termini fissati per la sua presentazione, dispone altrimenti in tutto o in parte della somma; 3) chiunque emette un assegno bancario con data falsa o mancante di uno dei requisiti indicati ai numeri 1), 2), 3) e 5) dell'art. 1 e all'art. 11; 4) chiunque emette un assegno bancario contro le disposizioni dell'ultimo capoverso dell'art. 6. Nei casi piu' gravi la condanna per uno dei delitti previsti nei numeri 1 e 2 del comma precedente importa, indipendentemente dall'applicazione dell'art. 69 del codice penale, la pubblicazione della sentenza di condanna e del divieto di emettere assegni bancari o postali per un periodo da uno a tre anni. Se il colpevole, nei casi preveduti nei numeri 2) e 3) fornisce al trattario la somma prima della presentazione dell'assegno, la pena e' ridotta alla meta' e, qualora l'emissione sia stata compiuta per un fatto scusabile, va esente da pena. La misura minima e massima della sanzione pecuniaria di cui al primo comma dell'articolo soprariportato e' stata successivamente moltiplicata prima per due (D.L.L. 5 ottobre 1945, n. 679), poi per otto (D.L.C.P.S. 21 ottobre 1947, n. 1250), quindi per quaranta con assorbimento dei precedenti aumenti (art. 3 legge 12 luglio 1961, n. 603) e infine per cinque (legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 113, primo comma). La misura attuale della sanzione e' quindi "da lire diecimila a lire un milione". Si trascrive il testo dell'art. 69 del codice penale, richiamato nell'articolo soprariportato: "Art. 69 (Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti). Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti. Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti. Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze. Le disposizioni precedenti si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato". (Il testo originario dell'ultimo comma e' stato cosi' sostituito dall'art. 6 del D.L. 11 aprile 1974, n. 99, convertito, con modificazioni, nella legge 7 giugno 1974, n. 220).