Art. 10.
          Disposizioni in materia di prestazioni familiari
                 per i lavoratori occupati nella CEE
  1.  Il  lavoratore,  il  cui  coniuge  svolge  attivita' lavorativa
all'estero in uno degli Stati membri  della  CEE  ed  il  cui  nucleo
familiare  risiede  in  tutto  o  in  parte  in  Italia,  e' tenuto a
presentare  all'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale,   su
richiesta  dell'Istituto stesso, la dichiarazione reddituale prevista
dalle  norme  in   materia   di   prestazioni   familiari   ai   fini
dell'applicazione  delle  disposizioni comunitarie di cui al capitolo
VII del regolamento del Consiglio delle Comunita' europee n.  1408/71
del  14 giugno 1971 (a). Per il medesimo fine, il datore di lavoro e'
tenuto a fornire all'Istituto nazionale della previdenza sociale,  su
richiesta  dell'Istituto  stesso,  ogni notizia e documento utile. In
caso  di  inottemperanza  si  applicano  le   disposizioni   di   cui
all'articolo  85  del testo unico delle norme concernenti gli assegni
familiari, approvato con decreto del Presidente della  Repubblica  30
maggio 1955, n. 797 (b).
 
             (a)    Il   regolamento   CEE   n.   1408/71,   relativo
          all'applicazione  dei  regimi  di  sicurezza   sociale   ai
          lavoratori  subordinati e ai loro familiari che si spostano
          all'interno della  Comunita',  e'  stato  pubblicato  nella
          "Gazzetta Ufficiale" delle Comunita' europee n. L 149 del 5
          luglio 1971.
             (b)  L'art.  85  del testo unico delle norme concernenti
          gli assegni familiari, approvato con D.P.R. n. 797/1955, e'
          cosi' formulato:
             "Art. 85. - Salvo che i fatti costituiscano  reato  piu'
          grave,  i  datori  di  lavoro o coloro che li rappresentano
          sono puniti  con  l'ammenda  da  lire  cinquecento  a  lire
          cinquemila  per le contravvenzioni alle disposizioni di cui
          agli articoli 39, 40, 41, 42, 68 e 75  del  presente  testo
          unico.
             Ogni  lavoratore  per le infrazioni alle disposizioni di
          cui agli articoli 20 comma terzo, 38 comma quinto e 40  del
          presente  testo  unico,  e'  punito  con  l'ammenda da lire
          duecento a lire duemila".
             Le  sanzioni  dell'ammenda  di  cui  all'articolo  sopra
          riportato   sono   state   sostituite   con   la   sanzione
          amministrativa pecuniaria dall'art.    35  della  legge  24
          novembre  1981,  n.  689  (Modifiche al sistema penale), il
          quale ha  previsto  che  non  costituissero  piu'  reato  e
          fossero soggette alla sanzione amministrativa del pagamento
          di  una  somma  di  denaro  tutte le violazioni contemplate
          dalle  leggi  in  materia  di  previdenza   ed   assistenza
          obbligatorie  per  le  quali  fosse  prevista  la sola pena
          dell'ammenda.
             La misura minima e massima delle sanzioni di  cui  sopra
          e' stata successivamente moltiplicata prima per due (D.L.L.
          5  ottobre  1945,  n.    679),  poi per otto (D.L.C.P.S. 21
          ottobre  1947,  n.   1250),   quindi   per   quaranta   con
          assorbimento dei precedenti aumenti (art. 3 legge 12 luglio
          1961,  n. 603) e infine per cinque (legge 24 novembre 1981,
          n.  689, art. 114, primo comma, in relazione all'art.  113,
          primo  comma).   La misura attuale della sanzione di cui al
          primo comma e' quindi "da lire centomila a lire un milione"
          e quella di cui al secondo comma "da  lire  quarantamila  a
          lire quattrocentomila".