Art. 4. Persone svantaggiate 1. Nelle cooperative che svolgono le attivita' di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipedenti, gli alcolisti, i minori in eta' lavorativa in situazioni di difficolta' familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47- bis, 47- ter e 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663. Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanita', con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall'articolo 18 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni. 2. Le persone svantaggiate di cui al comma 1 devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa. La condizione di persona svantaggiata deve risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza. 3. Le aliquote complessive della contribuzione per l'assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute dalle cooperative sociali, relativamente alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate di cui al presente articolo, sono ridotte a zero.
Note all'art. 4: - Il testo degli articoli 47, 47- bis, 47- ter e 48 della legge n. 354/1975 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta') e' il seguente: "Art. 47 (come sostituito dall'art. 11 della legge n. 663/1986) (Affidamento in prova al servizio sociale). - 1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato puo' essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare. 2. Il provvedimento e' adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalita', condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui si puo' ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. 3. L'affidamento in prova al servizio sociale puo' essere disposto senza procedere alla osservazione in istituto quando il condannato, dopo un periodo di custodia cautelare, ha goduto di un periodo di liberta' serbando comportamento tale da consentire il giudizio di cui al precedente comma 2. L'istanza e' presentata al tribunale di sorveglianza del luogo in cui ha sede l'organo del pubblico ministero o il pretore investito dell'esecuzione. 4. Se l'istanza di cui al precedente comma 3 e' proposta prima dell'emissione o dell'esecuzione dell'ordine di carcerazione, e' presentata al pubblico ministero o al pre- tore, il quale, se non osta il limite di pena di cui al comma 1, sospende l'emissione o l'esecuzione fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, al quale trasmette immediatamente gli atti. Il tribunale di sorveglianza de- cide entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell'istanza. 5. All'atto dell'affidamento e' redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovra' seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla liberta' di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro. 6. Con lo stesso provvedimento puo' essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o piu' comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attivita' o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati. 7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare. 8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza. 9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficolta' di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita. 10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto. 11. L'affidamento e' revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova. 12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale". Nota: La Corte costituzionale, con sentenza 4-11 luglio 1989, n. 386 (Gazzetta Ufficiale 19 luglio 1989, n. 28 - serie speciale), ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 47, primo comma, cosi' come sostituito dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui non prevede che nel computo delle pene, ai fini della determinazione del limite dei tre anni, non si debba tener conto anche della pena espiata. La Corte costituzionale, con sentenza 13-22 dicembre 1989, n. 569 (Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 1989, n. 52 - serie speciale), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47, terzo comma, nella parte in cui non prevede che, anche indipendentemente dalla detenzione per espiazione di pena o per custodia cautelare, il condannato possa essere ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale se, in presenza delle altre condizioni, abbia serbato un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al precedente comma 2 dello stesso articolo. La Corte costituzionale, con sentenza 15 ottobre 1987, n. 343 (Gazzetta Ufficiale 4 novembre 1987, n. 46 - serie speciale), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del decimo comma dell'art. 47 nella parte in cui - in caso di revoca del provvedimento di ammissione all'affidamento in prova per comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova - non consente al tribunale di sorveglianza di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il trascorso periodo di affidamento in prova. "Art. 47- bis (aggiunto dall'art. 12 della legge n. 663/1986) (Affidamento in prova in casi particolari). - 1. Se la pena detentiva, inflitta entro il limite di cui al comma 1 dell'art. 47, deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato puo' chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attivita' terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con una unita' sanitaria locale o con uno degli enti, associazioni, cooperative o privati di cui all'art. 1- bis del decreto-legge 22 aprile 1985, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1985, n. 297. Alla domanda deve essere allegata certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica attestante lo stato di tossicodipendenzao di alcooldipendenza e la idoneita', ai fini del recupero del condannato, del programma concordato. 2. Si applica la procedura di cui al comma 4 dell'art. 47 anche se la domanda e' presentata dopo che l'ordine di carcerazione e' stato eseguito. In tal caso il pubblico ministero o il pretore ordina la scarcerazione del condannato. 3. Il tribunale di sorveglianza, nominato un difensore al condannato che ne sia privo, fissa senza indugio la data della trattazione, dandone avviso al richiedente, al difensore e al pubblico ministero almeno cinque giorni prima. Se non e' possibile effettuare la notifica dell'avviso al condannato nel domicilio indicato nella richiesta e lo stesso non compare all'udienza, il tribunale di sorveglianza dichiara inammissibile la richiesta. 4. Ai fini della decisione, il tribunale di sorveglianza puo' anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato; deve altresi' accertare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza o l'esecuzione del programma di recupero non siano preordinati al conseguimento del beneficio. 5. Dell'ordinanza che conclude il procedimento e' data immediata comunicazione al pubblico ministero o al pretore competente per l'esecuzione il quale, se l'affidamento non e' disposto, emette ordine di carcerazione. 6. Se il tribunale di sorveglianza dispone l'affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalita' di esecuzione del programma. Sono altresi' stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegue il programma di recupero. L'esecuzione della pena di considera iniziata dalla data del verbale di affidamento. 7. L'affidamento in prova al servizio sociale non puo' essere disposto, ai sensi del presente articolo, piu' di due volte. 8. Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla presente legge per la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale". "Art. 47- ter (aggiunto dall'art. 13 della legge n. 663/1986) (Detenzione domiciliare). - 1. La pena della reclusione non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonche' la pena dell'arresto, possono essere espiate, se non vi e' stato affidamento in prova al servizio sociale, nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo pubblico di cura o di assistenza quando trattasi di: 1) donna incinta o che allatta la propria prole ovvero madre di prole di eta' inferiore a tre anni con lei convivente; 2) persona in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; 3) persona di eta' superiore a 65 anni, se inabile anche parzialmente; 4) persona di eta' minore di 21 anni, per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia. 2. La detenzione domiciliare non puo' essere concessa quando e' accertata l'attualita' di collegamenti del condannato con la criminalita' organizzata o di una scelta di criminalita'. 3. Se la condanna di cui al comma 1 deve essere eseguita nei confronti di persona che trovasi in stato di liberta' o ha trascorso la custodia cautelare, o la parte terminale di essa, in regime di arresti domiciliari, si applica la procedura di cui al comma 4 dell'art. 47. 4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalita' secondo quanto stabilito dal secondo comma dell'art. 254-quater del codice di procedura penale. Si applica il quinto comma del medesimo articolo. Determina e impartisce altresi' le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare. 5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la detenzione domiciliare non e' sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare. 6. La detenzione domiciliare e' revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure. 7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nel comma 1. 8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo. 9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca". Nota: La Corte costituzionale, con sentenza 4-13 aprile 1990, n. 215 (Gazzetta Ufficiale 18 aprile 1990, n. 16 - serie speciale), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47- ter, primo comma, n. 1, nella parte in cui non prevede che la detenzione domiciliare, concedibile alla madre di prole di eta' inferiore a tre anni con lei convivente, possa essere concessa, nelle stesse condizioni, anche al padre detenuto, qualora la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole. "Art. 48 (come modificato dall'art. 29 della legge n. 663/1986) (Regime di semiliberta'). - Il regime di semiliberta' consiste nella concessione al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attivita' lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. I condannati e gli internati ammessi al regime di semiliberta' sono assegnati in appositi istituiti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili". - Il testo dell'art. 18 del D.L.C.P.S. n. 1577/1947, come sostituito dall'art. 3 della legge 8 maggio 1949, n. 285, poi modificato dall'art. 17 della legge 17 febbraio 1971, n. 127, e' il seguente: "Art. 18 (Istituzione della commissione centrale per le cooperative). - E' istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale la commissione centrale per le cooperative composta come segue: 1) il direttore generale della cooperazione presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e in sua vece un funzionario della stessa direzione generale di grado non inferiore al 6; 2) un rappresentante effettivo e uno supplente per ciascuno dei seguenti Ministeri: interno, finanze, tesoro, lavori pubblici, agricoltura e foreste, trasporti, industria e commercio, marina mercantile, lavoro e previdenza sociale, nonche' del sottosegretariato per l'assistenza ai combattenti, reduci e partigiani e dell'Alto commissariato per l'alimentazione; 3) i rappresentanti del movimento cooperativo designati dalle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento stesso, riconosciute a norma dell'art. 5, in numero di cinque effettivi e cinque supplenti per ciascuna associazione; 4) un esperto in qualita' di membro effettivo e uno in qualita' di membro supplente nominati dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale in rappresentanza delle eventuali associazioni che non posseggano i requisiti necessari per ottenere il riconoscimento. In caso di mancata designazione dei rappresentanti del movimento cooperativo il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale provvede alla nomina dei rappresentanti stessi scegliendoli fra le persone che svolgono attivita' nel campo della cooperazione. I membri della commissione sono nominati con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, durano in carica tre anni e possono essere riconfermati. La commissione elegge nel suo seno il presidente e il vice presidente. La commissione e' convocata dal suo presidente con ordine del giorno che dovra' comprendere anche gli argomenti proposti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, il quale ha comunque facolta' di partecipare alle adunanze. La segreteria della commissione e' costituita da funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale nominati con decreto del Ministro".