Art. 21. 
  1. Nell'articolo 407, comma 2, del codice di procedura  penale,  la
lettera a) e' sostituita dalla seguente: 
  "a) i delitti appresso indicati: 
  1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del  codice
penale; 
  2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo
comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale; 
  3)  delitti  commessi   avvalendosi   delle   condizioni   previste
dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine  di  agevolare
l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo; 
  4) delitti commessi per finalita'  di  terrorismo  o  di  eversione
dell'ordinamento costituzionale per i quali la  legge  stabilisce  la
pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque  anni  o  nel
massimo a dieci anni; 
  5) delitti di illegale  fabbricazione,  introduzione  nello  Stato,
messa in vendita, cessione, detenzione e porto in  luogo  pubblico  o
aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti  di  esse,
di esplosivi, di armi clandestine nonche'  di  piu'  armi  comuni  da
sparo escluse quelle previste dall'articolo  2,  comma  terzo,  della
legge 18 aprile 1975, n. 110; 
  6) delitti di cui agli  articoli  73,  limitatamente  alle  ipotesi
aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, e 74 del  testo  unico,
delle leggi in materia di disciplina degli  stupefacenti  e  sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza,  approvato  con  decreto  del   Presidente   della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni: 
  7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale  nei  casi  in
cui e' obbligatorio l'arresto in flagranza". 
  2. Nell'articolo 347, comma 3,  del  codice  di  procedura  penale,
nell'articolo 112 delle disposizioni di attuazione,  coordinamento  e
transitorie del codice di  procedura  penale  approvate  con  decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nell'articolo  7,  comma  12-bis,
del  decreto-legge  30  dicembre  1989,  n.  416,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.  39,  quale  aggiunto
dall'articolo 8 del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187, convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 agosto  1993,  n.  296,  oltre  che
nell'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419,
convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n.  172,
nell'articolo 25-quater, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 
306, convertito, con modificazioni, dalla legge  7  agosto  1992,  n.
356, e nell'articolo 89, comma 4, del  testo  unico  delle  leggi  in
materia di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,
prevenzione,  cura   e   riabilitazione   dei   relativi   stati   di
tossicodipendenza,  approvato  con  decreto  del   Presidente   della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309,  e  successive  modificazioni,  le
parole: "275, comma 3," sono sostituite dalle seguenti:  "407,  comma
2, lettera a), numeri da 1) a 6)". 
 
          Note all'art. 21: 
             - Il testo vigente dell'art. 407 del codice di procedura
          penale, come modificato dalla legge qui pubblicata,  e'  il
          seguente: 
             "Art. 407 (Termini  di  durata  massima  delle  indagini
          preliminari). - 1. Salvo  quanto  previsto  dall'art.  393,
          comma 4, la durata  delle  indagini  preliminari  non  puo'
          comunque superare diciotto mesi. 
             2. La durata massima e'  tuttavia  di  due  anni  se  le
          indagini preliminari riguardano: 
              a) i delitti appresso indicati: 
                1) delitti di cui agli articoli 285, 286,  416-bis  e
          422 del codice penale; 
                2) delitti consumati o tentati di cui  agli  articoli
          575, 628, terzo comma, 629,  secondo  comma,  e  630  dello
          stesso codice penale; 
                3)  delitti  commessi  avvalendosi  delle  condizioni
          previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine
          di agevolare l'attivita' delle associazioni previste  dallo
          stesso articolo; 
                4) delitti commessi per finalita' di terrorismo o  di
          eversione dell'ordinamento costituzionale per  i  quali  la
          legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel
          minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni; 
                5) delitti di  illegale  fabbricazione,  introduzione
          nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto
          in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra  o
          tipo  guerra  o  parti  di  esse,  di  esplosivi,  di  armi
          clandestine nonche' di piu' armi comuni  da  sparo  escluse
          quelle previste dall'art. 2, comma terzo,  della  legge  18
          aprile 1975, n. 110; 
                6) delitti di cui  agli  articoli  73,  limitatamente
          alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74
          del testo unico delle leggi in materia di disciplina  degli
          stupefacenti e sostanze  psicotrope,  prevenzione,  cura  e
          riabilitazione dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza,
          approvato con decreto del  Presidente  della  Repubblica  9
          ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni; 
                7) delitto di cui all'art. 416 del codice penale  nei
          casi in cui e' obbligatorio l'arresto in flagranza; 
               b)  notizie  di  reato  che  rendono   particolarmente
          complesse le investigazioni per la molteplicita'  di  fatti
          tra loro collegati ovvero per l'elevato numero  di  persone
          sottoposte alle indagini o di persone offese; 
               c) indagini  che  richiedono  il  compimento  di  atti
          all'estero; 
               d) procedimenti in cui e' indispensabile mantenere  il
          collegamento tra piu' uffici del pubblico ministero a norma 
          dell'art. 371. 
             3. Qualora il pubblico ministero  non  abbia  esercitato
          l'azione penale o  richiesto  l'archiviazione  nel  termine
          stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti  di
          indagine compiuti dopo la scadenza del termine non  possono
          essere utilizzati.". 
             - Si trascrive il testo  dell'art.  347  del  codice  di
          procedura  penale,  come   modificato   dalla   legge   qui
          pubblicata: 
             "Art. 347 (Obbligo di riferire la notizia del reato).  -
          1. Acquisita la notizia di reato, la  polizia  giudiziaria,
          senza  ritardo,  riferisce  al  pubblico   ministero,   per
          iscritto, gli elementi essenziali del  fatto  e  gli  altri
          elementi sino ad allora raccolti,  indicando  le  fonti  di
          prova e le attivita' compiute,  delle  quali  trasmette  la
          relativa documentazione. 
             2.  Comunica,   inoltre,   quando   e'   possibile,   le
          generalita',  il  domicilio  e  quanto  altro  valga   alla
          identificazione della persona  nei  cui  confronti  vengono
          svolte le indagini, della persona offesa e  di  coloro  che
          siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per  la
          ricostruzione dei fatti. 
             2-bis. Qualora siano stati compiuti atti per i quali  e'
          prevista l'assistenza del difensore della persona  nei  cui
          confronti vengono  svolte  le  indagini,  la  comunicazione
          della notizia di reato e' trasmessa  al  piu'  tardi  entro
          quarantotto  ore  dal  compimento   dell'atto,   salve   le
          disposizioni di legge che prevedono termini particolari. 
             3. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell'art.
          407, comma 2, lettera a), numeri da 1)  a  6)  e,  in  ogni
          caso,   quando   sussistono   ragioni   di   urgenza,    la
          comunicazione della notizia di reato e' data immediatamente
          anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire
          senza ritardo  quella  scritta  con  le  indicazioni  e  la
          documentazione previste dai commi 1 e 2. 
             4. Con la comunicazione, la polizia  giudiziaria  indica
          il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia.". 
             - Il testo vigente dell'art. 112 delle  disposizioni  di
          attuazione,  coordinamento  e  transitorie  del  codice  di
          procedura  penale,  come   motificato   dalla   legge   qui
          pubblicata, e' il seguente: 
             "Art.  112  (Attivita'  della  polizia  giudiziaria   in
          mancanza di una condizione  di  procedibilita').  -  1.  La
          polizia giudiziaria riferisce  senza  ritardo  al  pubblico
          ministero l'attivita' di indagine  prevista  dall'art.  346
          del codice. Se sussistono ragioni di urgenza o si tratta di
          taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lettera
          a),  numeri  da  1)  a  6),  la   comunicazione   e'   data
          immediatamente anche  in  forma  orale.  La  documentazione
          delle  attivita'  compiute  e'  prontamente  trasmessa   al
          pubblico ministero se questi ne fa richiesta.". 
             - Si trascrive il testo dell'art. 7 del D.L. 30 dicembre
          1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
          febbraio 1990, n. 39 (Norme urgenti  in  materia  di  asilo
          politico,   di   ingresso   e   soggiorno   dei   cittadini
          extracomunitari  e  di   regolarizzazione   dei   cittadini
          extracomunitari ed apolidi  gia'  presenti  nel  territorio
          dello Stato), quale aggiunto dall'art. 8 del D.L. 14 giugno
          1993, n. 187, convertito, con modificazioni, dalla legge 12
          agosto 1993, n. 296 (Nuove misure in materia di trattamento
          penitenziario,  nonche'   sull'espulsione   dei   cittadini
          stranieri), come modificato dalla legge qui pubblicata: 
             "Art. 7 (Espulsione dal territorio dello  Stato).  -  1.
          Fermo restando quanto previsto  dal  codice  penale,  dalle
          norme in materia di stupefacenti, dall'art. 25 della  legge
          22 maggio 1975, n. 152, recante disposizioni a tutela  dell
          'ordine pubblico, e quanto previsto dall'art. 9,  comma  2,
          del presente decreto, gli stranieri che  abbiano  riportato
          condanna con sentenza passata  in  giudicato  per  uno  dei
          delitti previsti dall'art. 380, commi 1 e 2, del codice  di
          procedura penale sono espulsi dal territorio dello Stato. 
             2. Sono altresi' espulsi dal  territorio  nazionale  gli
          stranieri  che  violino  le  disposizioni  in  materia   di
          ingresso  e   soggiorno,   oppure   che   si   siano   resi
          responsabili, direttamente o  per  interposta  persona,  in
          Italia o all'estero,  di  una  violazione  grave  di  norme
          valutarie, doganali o, in genere, di  disposizioni  fiscali
          italiane  o  delle  norme  sulla  tutela   del   patrimonio
          artistico, o in materia di  intermediazione  di  manodopera
          nonche' di sfruttamento della prostituzione o del reato  di
          violenza carnale o comunque dei delitti contro la  liberta'
          sessuale. 
             3. Lo stesso provvedimento puo' applicarsi nei confronti
          degli stranieri che appartengono ad una delle categorie  di
          cui all'art. 1 della  legge  27  dicembre  1956,  n.  1423,
          recante norme in materia di  misure  di  prevenzione,  come
          sostituito dall'art. 2 della legge 3 agosto 1988;  n.  327,
          nonche' nei confronti degli stranieri che si trovano in una
          delle condizioni di cui all'art. 1 della  legge  31  maggio
          1965, n. 575, recante disposizioni contro  la  mafia,  come
          sostituito dall'art. 13 della legge 13 settembre  1982,  n.
          646. 
             4. L'espulsione e' disposta  dal  prefetto  con  decreto
          motivato  e,  ove  lo  straniero   risulti   sottoposto   a
          procedimento  penale,  previo  nulla  osta   dell'autorita'
          giudiziaria.  Dell'adozione  del  decreto  viene  informato
          immediatamente il Ministero dell'interno. 
             5. Il Ministro dell'interno, con decreto motivato,  puo'
          disporre per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello
          Stato l'espulsione e l'accompagnamento alla frontiera dello
          straniero di passaggio o  residente  nel  territorio  dello
          Stato, previo nulla osta dell'autorita' giudiziaria ove  lo
          straniero risulti sottoposto  a  procedimento  penale.  Del
          decreto viene data preventiva  notizia  al  Presidente  del
          Consiglio dei ministri ed al Ministro degli affari esteri. 
             6. Lo  straniero  espulso  e'  rinviato  allo  Stato  di
          appartenenza ovvero, quando cio' non  sia  possibile,  allo
          Stato di provenienza, salvo che,  a  sua  richiesta  e  per
          giustificati  motivi,  l'autorita'  di  pubblica  sicurezza
          ritenga di accordargli una  diversa  destinazione,  qualora
          possano essere in pericolo la sua vita o  la  sua  liberta'
          personale per motivi di razza,  di  sesso,  di  lingua,  di
          cittadinanza,  di  religione,  di  opinioni  politiche,  di
          condizioni personali o sociali. L'espulsione verso lo Stato
          di provenienza puo' essere esclusa sulla base  dell'Accordo
          di Schengen del 14 giugno 1985 e della relativa Convenzione
          di applicazione. 
             7. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, il  questore
          esegue l'espulsione mediante intimazione allo straniero  ad
          abbandonare  entro  il  termine  di  quindici   giorni   il
          territorio dello Stato  secondo  le  modalita'  di  viaggio
          prefissato   o    a    presentarsi    in    questura    per
          l'accompagnamento alla frontiera entro lo stesso termine. 
             8. Copia del verbale di intimazione e'  consegnata  allo
          straniero, che e' tenuto ad esibirla agli uffici di polizia
          di frontiera prima di lasciare il territorio dello Stato  e
          ad ogni richiesta dell'autorita'. 
             9. Lo straniero che  non  osserva  l'intimazione  o  che
          comunque si trattiene nel territorio dello Stato  oltre  il
          termine  prefissato  e'  immediatamente  accompagnato  alla
          frontiera. 
             10. In ogni caso non e' consentita  l'espulsione  ne  il
          respingimento alla  frontiera  dello  straniero  verso  uno
          Stato ove possa essere oggetto di persecuzione  per  motivi
          di  razza,  di  sesso,  di  lingua,  di  cittadinanza,   di
          religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o
          sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un
          altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. 
             11. Quando a seguito di provvedimento di  espulsione  e'
          necessario  procedere  ad  accertamenti  supplementari   in
          ordine all'identita' ed alla nazionalita'  dello  straniero
          da espellere, ovvero all'acquisizione di documenti o  visti
          per il medesimo e in ogni altro caso in  cui  non  si  puo'
          procedere immediatamente all'esecuzione dell'espulsione, il
          questore del luogo  in  cui  lo  straniero  si  trova  puo'
          richiedere,   senza   altre   formalita',   al    tribunale
          l'applicazione, nei confronti della persona  da  espellere,
          della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con o
          senza l'obbligo di soggiorno in una determinata localita'. 
             12. Nei casi di particolare urgenza,  il  questore  puo'
          richiedere  al  presidente  del  tribunale   l'applicazione
          provvisoria della misura di cui al  comma  11  anche  prima
          dell'inizio del procedimento. In caso di  violazione  degli
          obblighi derivanti dalle misure di sorveglianza speciale lo
          straniero e' arrestato e punito con la  reclusione  fino  a
          due anni. 
             12-bis.  Nei  confronti  degli  stranieri  sottoposti  a
          custodia cautelare per  uno  o  piu'  delitti  consumati  o
          tentati, diversi da quelli indicati dall'art. 407, comma 2,
          lettera a), numeri da 1)  a  6)  del  codice  di  procedura
          penale, ovvero condannati con sentenza passata in giudicato
          ad una pena che, anche  se  costituente  parte  residua  di
          maggior pena, non sia superiore a tre anni  di  reclusione,
          e'  disposta  l'immediata   espulsione   nello   Stato   di
          appartenenza  o  di  provenienza   salvo   che   sussistano
          inderogabili esigenze processuali  ovvero  ricorrano  gravi
          ragioni  personali  di  salute  o  gravi  pericoli  per  la
          sicurezza e l'incolumita' in conseguenza di eventi  bellici
          o di epidemie. Le disposizioni previste nel presente  comma
          non si applicano nei confronti degli stranieri sottoposti a
          custodia cautelare o in espiazione di pena detentiva per il
          delitto previsto dal comma 12-sexies. 
             12-ter. L'espulsione e'  disposta,  su  richiesta  dello
          straniero o del suo difensore, dal giudice che  procede  se
          si tratta di imputato e dal giudice dell'esecuzione  se  si
          tratta di condannato. Il giudice, acquisite le informazioni
          degli  organi  di  polizia,  accertato  il   possesso   del
          passaporto o di documento equipollente, sentito il pubblico
          ministero  e  le  altre  parti,   decide   con   ordinanza.
          L'espulsione e'  eseguita  dalla  polizia  giudiziaria  con
          accompagnamento   immediato   alla    frontiera.    Avverso
          l'ordinanza puo' essere  proposto  ricorso  per  cassazione
          nelle forme e nei termini previsti dall'art. 311, commi  2,
          3, 4 e 5, del codice di procedura penale. 
             12-quater.  L'esecuzione  dell'espulsione  disposta  nei
          confronti degli stranieri in stato di detenzione sospende i
          termini della custodia cautelare e l'esecuzione della pena. 
          Lo stato di detenzione e'  ripristinato  in  ogni  caso  di
          rientro dello straniero espulso nel territorio dello  Stato
          e in caso di mancata esecuzione dell'espulsione. 
             12-quinquies. Lo  straniero  sottoposto  a  procedimento
          penale ed espulso ai sensi del comma 12-bis e'  autorizzato
          a rientrare temporaneamente  in  Italia  al  solo  fine  di
          partecipare al giudizio o al compimento di quegli atti  per
          i quali e' necessaria la sua  presenza.  Una  volta  venute
          meno   le   esigenze   processuali,   lo    straniero    e'
          riaccompagnato alla frontiera, salvo  diversa  disposizione
          dell'autorita' giudiziaria competente. 
             12-sexies. Lo straniero che non osserva le  prescrizioni
          del provvedimento di espulsione di cui al comma  12-bis  e'
          punito con la reclusione da sei mesi  a  due  anni  e  puo'
          procedersi  al  suo  arresto  anche  fuori  dei   casi   di
          flagranza. Nell'udienza di  convalida  il  giudice,  se  ne
          ricorrono i  presupposti,  dispone  l'applicazione  di  una
          delle misure coercitive previste dalla legge  anche  al  di
          fuori  dei  limiti  di  cui  all'art.  280  del  codice  di
          procedura penale.". 
             - Si riporta il testo dell'art. 7 del D.L.  31  dicembre
          1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18
          febbraio 1992, n. 172 (Istituzione del  Fondo  di  sostegno
          per le vittime di  richieste  estorsive),  come  modificato
          dalla presente legge: 
             "Art. 7 (Circostanze aggravanti). - 1. - 3. (Omissis). 
            4. Per i delitti di cui all'art. 407,  comma  2,  lettera
          a), numeri da 1) a 6) del codice  di  procedura  penale  le
          circostanze  attenuanti,   diverse   da   quella   prevista
          dall'art.  98  del  codice  penale,  concorrenti   con   le
          aggravanti di cui agli articoli 111  e  112,  comma  primo,
          numeri 3) e 4), e comma secondo,  del  codice  penale,  non
          possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a
          queste se chi ha determinato altri a commettere il reato, o
          si e' avvalso di altri nella commissione del delitto, ne e'
          il genitore esercente la potesta' ovvero il fratello  o  la
          sorella e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita'
          di pena risultante dall'aumento conseguente  alle  predette
          aggravanti.". 
             - Si riporta il testo dell'art.  25-quater  del  D.L.  8
          giugno 1992, n. 306, conv., con modificazioni, dalla  legge
          7 agosto 1992, n. 356 (Modifiche urgenti al nuovo codice di
          procedura  penale  e  provvedimenti   di   contrasto   alla
          criminalita'  mafiosa),  come  modificato  dalla  legge  24
          luglio 1993, n. 256 e dalla presente legge: 
             "Art.  25-quater  (Soggiorno   cautelare).   -   1.   Il
          procuratore nazionale antimafia, anche su rischiesta  della
          Direzione  investigativa  antimafia  ovvero   dei   servizi
          centrali e interprovinciali previsti dall'art. 12 del  D.L.
          13 maggio 1991,  n.  152,  convertito,  con  modificazioni,
          dalla legge 12  luglio  1991,  n.  203,  puo'  disporre  il
          soggiorno cautelare  di  coloro  nei  cui  confronti  abbia
          motivo di ritenere che si accingano a compiere  taluno  dei
          delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), numeri
          da 1) a 6), del  codice  di  procedura  penale  avvalendosi
          delle condizioni  previste  nell'art.  416-bis  del  codice
          penale  od  al  fine   di   agevolare   l'attivita'   delle
          associazioni indicate nel medesimo art. 416-bis. 
             2. La misura di cui al comma 1  non  puo'  avere  durata
          superiore ad un anno; alla scadenza del  termine  stabilito
          ovvero quando sono cessate le  condizioni  che  ne  avevano
          determinato  l'applicazione,  la  misura  e'  revocata  dal
          procuratore nazionale antimafia; questi, ove ne  sussistano
          i presupposti, puo' richiedere nei confronti della medesima
          persona l'applicazione di una misura di prevenzione a norma
          della  legge  31  maggio  1965,  n.   575,   e   successive
          modificazioni. 
             3. Con  il  provvedimento  che  applica  la  misura  del
          soggiorno cautelare sono determinate le prescrizioni che la
          persona deve osservare ed e' indicata la localita'  ove  la
          misura stessa deve essere eseguita. 
             4. L'allontanamento abusivo dalla localita' di soggiorno
          cautelare e' punito con la reclusione da uno a tre anni; e'
          consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza. 
             5. Entro dieci giorni dalla  notificazione  del  decreto
          motivato che applica la  misura  del  soggiorno  cautelare,
          l'interessato puo' proporre richiesta di riesame al giudice
          per le indagini preliminari presso il tribunale  del  luogo
          ove  ha  sede  il  procuratore  nazionale   antimafia.   La
          richiesta  puo'  essere   presentata   o   trasmessa   alla
          cancelleria del giudice, anche a mezzo di difensore  munito
          di mandato speciale. Il giudice provvede entro dieci giorni
          dalla ricezione della  richiesta,  sentito  il  procuratore
          nazionale antimafia il quale trasmette  senza  ritardo  gli
          elementi su cui si fonda il decreto.  Il  giudice,  se  non
          deve dichiarare l'inammissibilita', annulla o  conferma  il
          decreto  oggetto  del  riesame.  Contro  la  decisione  del
          giudice, il procuratore nazionale antimafia,  l'interessato
          o il difensore di quest'ultimo possono proporre ricorso per
          cassazione  entro  dieci  giorni  dalla   comunicazione   o
          notificazione della decisione  medesima.  La  richiesta  di
          riesame  e  il  ricorso  per  cassazione   non   sospendono
          l'esecuzione del decreto.". 
             - Si trascrive il testo dell'art.  89  del  testo  unico
          della legge in materia di disciplina degli  stupefacenti  e
          sostanze psicotrope, cura  e  riabilitazione  dei  relativi
          stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9  ottobre
          1990, n. 309, e successive modificazioni  ed  integrazioni,
          come modificato dalla presente legge: 
             "Art. 89 (Provvedimenti restrittivi  nei  confronti  dei
          tossicodipendenti o alcooldipendenti che abbiano in corso 
          programmi terapeutici). - 
             1. Non puo' essere disposta  la  custodia  cautelare  in
          carcere,  salvo  che  sussistano  esigenze   cautelari   di
          eccezionale  rilevanza,  quando  imputata  e'  una  persona
          tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso  un
          programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici
          per l'assistenza ai tossicodipendenti,  ovvero  nell'ambito
          di  una  struttura  autorizzata,   e   l'interruzione   del
          programma   puo'    pregiudicare    la    disintossicazione
          dell'imputato. Con lo stesso  provvedimento,  o  con  altro
          successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per
          accertare che  il  tossicodipendente  o  l'alcooldipendente
          prosegua il programma di recupero. 
             2. Se una persona tossicodipendente o  alcooldipendente,
          che e' in custodia cautelare in carcere, intende sottoporsi
          ad un programma di recupero presso i servizi  pubblici  per
          l'assistenza ai  tossicodipendenti,  ovvero  una  struttura
          autorizzata residenziale, la misura cautelare  e'  revocata
          sempre che non ricorrano esigenze cautelari di  eccezionale
          rilevanza.   La   revoca    e'    concessa    su    istanza
          dell'interessato: all'istanza e'  allegata  certificazione,
          rilasciata    da    un    servizio    pubblico    per    le
          tossicodipendenze, attestante lo stato di tossicodipendenza
          o  di  alcooldipendenza,  nonche'   la   dichiarazione   di
          disponibilita' all'accoglimento rilasciata dalla struttura. 
          Il servizio pubblico e' comunque tenuto  ad  accogliere  la
          richiesta  dell'interessato  di  sottoporsi  al   programma
          terapeutico. 
             3. Il giudice dispone la custodia cautelare in carcere o
          ne dispone il ripristino quando accerta che la  persona  ha
          interrotto l'esecuzione del programma, ovvero  mantiene  un
          comportamento incompatibile con la  corretta  esecuzione  o
          quando accerta che  la  persona  non  ha  collaborato  alla
          definizione del programma o ne ha rifiutato l'esecuzione. 
             4. Le disposizioni  di  cui  ai  commi  1  e  2  non  si
          applicano quando si procede per uno  dei  delitti  previsti
          dall'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6),  del
          codice di procedura penale. 
             5. Nei confronti delle persone di  cui  al  comma  2  si
          applicano le disposizioni previste dall'art. 96, comma 6.".