(parte 2)
differenziali  positivi  o  negativi  ed  i  proventi  e gli oneri da
sommare algebricamente tra loro  sono  soltanto  quelli  percepiti  o
sostenuti in relazione a ciascun contratto.
        Al  riguardo si ritiene utile sottolineate che la fattispecie
impositiva definita dall'art. 81,  lettera  c-quater),  del  TUIR  fa
riferimento al redditi "..realizzati..", con cio' lasciando intendere
che  non  e'  sufficiente il semplice pagamento o incasso, ma occorre
altresi' che  tali  pagamenti  e  riscossioni  abbiano  carattere  di
definitivita'.  Ebbene,  con  riferimento ai rapporti di cui trattasi
non  e'  sufficiente,  ai  fini  deii'imposizione  fiscale,  che   in
relazione  ai  differenziali,  proventi  ed  oneri  in  questione  il
contribuente abbia sostenuto dei pagamenti o  abbia  incassato  delle
somme,  essendo  necessario  che  tali pagamenti e incassi abbiano il
carattere della definitivita',  in  quanto  il  contratto  sia  stato
chiuso, eseguito o ceduto.
        Questo   aspetto   e'   stato   evidenziato  nella  relazione
illustrativa del provvedimento in esame, laddove si afferma  che  non
devono   concorrere   a   formare  l'utile  o  la  perdita  derivante
dall'utilizzo dei  contratti  derivati  e  degli  altri  contratti  a
termine  tutti quei pagamenti e incassi che adempiano ad una funzione
di garanzia, quali,  ad  esempio,  i  pagamenti  e  gli  incassi  che
conseguano  all'addebitamento  o  all'accreditamento  dei  cosiddetti
margini, salvo che  naturalmente  non  abbiano  acquisito  natura  di
pagamento definitivo perche' il contratto e' stato chiuso o ceduto.
        Nel  caso in cui un contratto derivato di tipo traslativo che
comporti la consegna dell'attivita' sottostante sia eseguito mediante
tale consegna e non gia' mediante il pagamento del differenziale,  Il
provento  imponibile  va  determinato  secondo le disposizioni - gia'
esaminate concernenti  le  plusvalenze  derivante  dalla  cessione  a
titolo oneroso di titoli, strumenti finanziari o di valute estere.
        Tra  i  proventi  e  gli  oneri  che  concorrono a formare il
reddito o la perdita complessivamente realizzata mediante  l'utilizzo
del  contratti  derivati e degli altri contratti a termine rientranti
nell'ambito applicativo dell' art. 81, lettera  c-quater),  del  TUIR
devono essere inclusi anche i premi pagati e riscossi su opzioni, sia
di   tipo   traslativo   che  differenziale,  in  quanto  anche  essi
costituiscono veri proventi ed oneri. Ai sensi del comma 7  dell'art.
82  del TUIR, i premi in questione non devono concorrere a formare il
reddito o la perdita nel periodo d'imposta in  cui  essi  sono  stati
riscossi o pagati, ma nel periodo d'imposta in cui l'opzione e' stata
esercitata  ovvero  e'  scaduto  il  termine per il suo esercizio, in
quanto come precisa al riguardo la relazione illustrativa -  e'  solo
con  il  venir meno dell'opzione che puo' considerarsi effettivamente
compiuta l'operazione economica ad essa sottesa.
        L'applicabilita' di questa regola e' stata esclusa, peraltro,
nel caso in cui l'opzione sia stata chiusa  anticipatamente  mediante
la  stipula di una opzione eguale e contraria per la stessa scadenza,
come pure nel caso in cui l'opzione sia  stata  ceduta  a  terzi.  In
dette  ipotesi,  infatti,  ai  fini dell'imputazione dei premi non e'
necessario  attendere  la  scadenza   del   termine   stabilito   per
l'esercizio  del  diritto  d'opzione, in quanto con il verificarsi di
tali eventi i  premi  assumono  i  caratteri  previsti  per  la  loro
impossibilita' come proventi o per la loro deducibilita' come oneri.
2.3.4      Base imponibile delle plusvalenze e del proventi derivanti
        dalla cessione di crediti, contratti e  strumenti  finanziari
        ovvero da contratti aleatori
        Ai  fini della determinazione delle plusvalenze e degli altri
proventi realizzati mediante  la  cessione  a  titolo  oneroso  o  la
chiusura  di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante la
cessione a titolo oneroso ovvero il rimborso di crediti  pecuniari  o
di  strumenti finanziari, nonche' quelli realizzati mediante rapporti
attraverso cui possono essere  conseguiti  differenziali  positivi  e
negativi in dipendenza di un evento incerto di cui all'art. 81, comma
1,  lettera  c-quinquies),  del  TUIR,  con la disposizione di cui al
comma 8 dell'art. 82 del TUIR sono stati  dettati  criteri  in  parte
analoghi a quelli previsti per la determinazione delle plusvalenze di
cui alle lettere da c) a c-ter) del predetto articolo 81.
        La  disposizione  in esame stabilisce, infatti, che i redditi
in  questione  sono  costituiti  dalla  differenza  positiva  tra   i
corrispettivi   percepiti   (ovvero   le   somme   rimborsate)  ed  i
corrispettivi pagati (ovvero le somme corrisposte), aumentate di ogni
onere inerente alla loro produzione, con esclusione  degli  interessi
passivi.  Da  cio'  deriva  che  nei  casi di specie, diversamente da
quanto previsto per la determinazione delle plusvalenze di  cui  alle
predette  lettere  da  c)  a  c-te)  dell'art.  81, non e' ammessa la
deducibilita' delle minusvalenze e  dei  differenziali  negativi,  in
quanto  l'ipotesi  della  deducibilita'  avrebbe  potuto  prestarsi a
manovre elusive.
2.3.5   Applicazione dell'equalizzatore
        Come gia' anticipato in premessa, con riferimento alle  forme
del  risparmio gestito - la cui disciplina e' contenuta negli artt. 7
e 8 del provvedimento in oggetto - il legislatore ha  introdotto  uno
speciale  regime  di  tassazione  delle  plusvalenze e dei redditi di
natura finanziaria, che si fonda sul  criterio  della  maturazione  e
che,  quindi, comporta una anticipazione dell'imposizione rispetto ai
regimi  di  tassazione  ordinario  e   semplificato   (sono   quelli,
rispettivamente,  della  dichiarazione  dei  redditi  e del risparmio
amministrato)  i  quali  si  basano  invece sull'opposto criterio del
realizzo.
        Come si vedra' meglio in sede di esame dei predetti  articoli
7  e  8,  l'adozione  del  criterio  della  maturazione  implica  che
l'imposta sostitutiva non viene applicata  sulle  plusvalenze  e  gli
altri  redditi  diversi realizzati nell'ambito della gestione, ma sul
risultato  di  gestione  maturato  al  termine  di  ciascun   periodo
d'imposta.
        Per evitare che l'introduzione del criterio della maturazione
possa   costituire   un   disincentivo  all'adozione  del  regime  di
tassazione previsto  per  lo  strumento  del  risparmio  gestito,  il
legislatore  delegante  ha  previsto,  con  la  disposizione  di  cui
all'art. 3, comma 160, lettera h),  della  legge  n.  662  del  1996,
l'introduzione  di  meccanismi correttivi volti a rendere equivalente
la tassazione del risultato delle gestioni  con  quella  dei  redditi
diversi conseguiti in base al realizzo.
        In   attuazione   di  tale  principio,  con  la  disposizione
contenuta nell'art. 82, comma 9, del TUIR  e'  stato  introdotto  uno
specifico meccanismo di compensazione (cosiddetto "equalizzatore") la
cui  funzione  e'  quella  di  rendere  equivalenti, sotto il profilo
finanziario, il regime di tassazione basato sul criterio del realizzo
e quello basato sul criterio della maturazione.
        In particolare, la disposizione sopra richiamata prevede  che
le   plusvalenze  e  le  minusvalenze,  i  differenziali  positivi  e
negativi, nonche' i proventi e gli oneri di cui alle lettere  c-bis),
c-ter),  c-quater) e c-quinquies), per i quali sia superiore a dodici
mesi il periodo intercorrente tra la data di acquisizione e quella di
cessione,  chiusura  o   rimborso   delle   partecipazioni,   titoli,
certificati,  strumenti  finanziari, crediti o rapporti devono essere
corretti tenendo conto di  un  fattore  di  rettifica  finalizzato  a
rendere  equivalente  la  tassazione  in  base alla realizzazione con
quella in base alla maturazione.
        Tale meccanismo viene determinato annualmente con decreto del
Ministro delle finanze, servendo conto di una serie di  parametri  ed
elementi  specificamente,  indicati nella norma. I predetti parametri
tengono conto del periodo di  possesso,  del  momento  del  pagamento
dell'imposta,  dei  tassi  di  rendimento  dei  titoli di Stato delle
quotazioni dei titoli negoziati in mercati regolamentati  e  di  ogni
altro  elemento  che  possa  influenzare la determinazione dei valore
delle attivita' finanziarie produttive dei redditi tassabili in  base
alla maturazione.
2.3.6    Disciplina delle plusvalenze e dei redditi diversi di natura
        finanziaria dei soggetti non residenti
       Relativamente ai  soggetti  non  residenti  l'articolo  1  del
decreto  legislativo  in  esame apporta alcune modifiche all'art. 20,
comma 1, lettera 9, del TUIR.
        Al riguardo si ricorda  che  la  precedente  formulazione  di
quest'ultima  disposizione normativa considerava prodotti in Italia i
redditi diversi derivanti da attivita' svolte  nel  territorio  dello
Stato  o  relativi  a  beni  che si trovano nel territorio stesso. La
medesima disposizione, inoltre,  con  riferimento  alla  cessione  di
partecipazioni  in  societa'  residenti,  considerava  in  ogni  caso
esistenti nel territorio dello Stato le partecipazioni in societa'  a
responsabilita'   limitata,  in  nome  collettivo  e  in  accomandita
semplice.
        Con  la  suddetta modifica dell'art. 20, comma 1, lettera f),
del TUIR il legislatore ha inteso ampliare la presunzione assoluta di
territorialita' al fine di ricomprendere tra le partecipazioni che si
considerano  esistenti  nel  territorio  dello  Stato,   oltre   alle
partecipazioni in societa' a responsabilita' limitata, in accomandita
semplice e in nome collettivo residenti, anche quelle in societa' per
azioni  o  in  accomandita  per azioni residenti e, conseguentemente,
attrarre alla sfera impositiva  le  plusvalenze  realizzate  dai  non
residenti  sulle  partecipazioni  possedute  in societa' residenti di
ogni tipo, indipendentemente dal fatto che i  titoli  rappresentativi
delle predette partecipazioni siano depositati in Italia.
        Con  la  stessa  disposizione  il  legislatore  ha  stabilito
tuttavia  che  la  presunzione  assoluta  di  territorialita'   cosi'
introdotta  non  opera  per le plusvalenze derivanti dalla cessione a
titolo oneroso di partecipazioni non qualificate di cui alla  lettera
c-bis)  dell'art.  81  del TUIR, se queste sono negoziate nei mercati
regolamentati. Pertanto, tali plusvalenze non si considerano in  ogni
caso   come   prodotte  nel  territorio  dello  Stato,  anche  se  le
partecipazioni in parola siano detenute in Italia.
        In  merito  alla  disposizione  in  esame   va   innanzitutto
precisato  che  con  il  termine  "partecipazione"  il legislatore ha
inteso  riferirsi  alla  nozione  recata  dall'art.   81   del   TUIR
(espressamente  richiamato  dall'art. 20 dello stesso testo unico) e,
pertanto, in essa debbono ricomprendersi non solo le  azioni  e  ogni
altra  partecipazione ai patrimonio delle societa' di persone (con la
sola esclusione delle associazioni  tra  artisti  e  professionisti),
delle  societa'  di  capitali  e  degli  enti commerciali, ma anche i
diritti ed i titoli attraverso cui possono  essere  acquistate  dette
partecipazioni.
        Un'ulteriore    importante    innovazione    introdotta   dal
provvedimento in esame e' quella contenuta nel comma 5  dell'articolo
5  con il quale e' stato previsto un apposito regime di esenzione per
le plusvalenze e i redditi indicati nelle  lettere  da  c-bis)  a  c-
quinquies)  dell'art.  81  del  TUIR,  e  quindi  per tutti i redditi
diversi derivanti da operazioni  finanziarie,  con  esclusione  delle
plusvalenze  derivanti da cessioni a titolo oneroso di partecipazioni
qualificate.
        Tale regime si applica sia ai soggetti che risiedono in Paesi
con i quali sono in vigore Convenzioni contro le  doppie  imposizioni
che consentono lo scambio di informazioni necessarie per accertare il
requisito  della  residenza  con esclusione dei soggetti residenti in
paesi o territori con regime  fiscale  privilegiato  individuati  nel
D.M.  24  aprile  1992  -  sia  agli enti ed organismi internazionali
costituiti in  base  ad  accordi  internazionali  resi  esecutivi  in
Italia.
        In  relazione  a tale disposizione si osserva che i requisiti
sopra elencati sono del tutto identici a quelli  stabiliti  dall'art.
6  del  decreto  legislativo 1o aprile 1996, n. 239 per consentire ai
non residenti di percepire gli interessi, premi ed altri frutti delle
obbligazioni e titoli similari ivi  menzionati  senza  l'applicazione
dell'imposta sostitutiva introdotta dal medesimo provvedimento.
        La  stessa  disposizione  precisa,  tra  l'altro, che ai fini
della  sussistenza  del  requisito  della  residenza  si   deve   far
riferimento alle norme contenute nelle singole convenzioni.
        A  tale  proposito  occorre  considerare  che  con il decreto
ministeriale 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
220 del  19  settembre  1996  ed  integrato  dal  successivo  decreto
ministeriale  25  marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
88 del 16 aprile 1998, e' stato approvato l'elenco degli Stati con  i
quali risulta attuabile lo scambio di informazioni; conseguentemente,
il   regime   di   esenzione  previsto  dall'art.  5,  comma  5,  del
provvedimento  in  esame  si  applica  nei  confronti  dei   soggetti
residenti negli Stati medesimi.
        Si  precisa,  tuttavia, che l'esenzione in esame non spetta a
quei soggetti che, pur essendo residenti in alcuni Stati indicati nei
citati decreti ministeriali del 4 settembre 1996 e del 25 marzo 1998,
sono inclusi  altresi'  nel  decreto  ministeriale  24  aprile  1992,
concernente   l'individuazione   dei   Paesi   con   regime   fiscale
privilegiato.
        Piu' precisamente, come era stato gia'  specificato  ai  fini
della procedura di esonero stabilita per i soggetti non residenti dal
citato   decreto   legislativo   n.   239   del  1996,  sono  escluse
dall'agevolazione le seguenti categorie di soggetti:
- per le  Filippine,  le  societa'  finanziarie  multinazionali,  con
  riferimento alle attivita' direzionali;
-  per  Malta, le societa' i cui proventi affluiscono da fonti estere
  quali quelle di cui al "Malta lnternational Business Activity  Act"
  del 30 giugno 1989 e successive modificazioni ed integrazioni;
-  per  Singapore,  le  societa'  i cui proventi affluiscono da fonti
  estere.
        Per quanto concerne gli enti e gli organismi  internazionali,
il  regime di esenzione si applica nel caso in cui i relativi Accordi
istitutivi siano stati ratificati  in  Italia,  a  prescindere  dalla
condizione  che  gli  enti stessi fruiscano di totale esenzione dalla
generalita'  delle  imposte  in  Italia  in  virtu'   degli   Accordi
istitutivi medesimi o di altri Accordi ad essi pertinenti.
        Conclusivamente, si osserva che per quanto riguarda i redditi
diversi in esame, i soggetti non residenti sono tutti indistintamente
esenti  dall'imposizione  in  Italia  relativamente  alle plusvalenze
derivanti  dalla  cessione  di  partecipazioni  non  qualificate   in
societa' residenti, se dette partecipazioni sono negoziate in mercati
regolamentati,  sia italiani che esteri. Per quanto riguarda, invece,
le  plusvalenze  derivanti  dalla  cessione  di  partecipazioni   non
qualificate  non  negoziate  in  mercati  regolamentati  e  gli altri
redditi di cui alle lettere da c-ter)  a  c-quinquies)  del  comma  1
dell'art.  81 del TUIR, i soggetti non residenti fruiscono del regime
di non  imponibilita'  soltanto  se  ricorrono  le  condizioni  sopra
citate.
        Va,   altresi',  sottolineato  che  il  suesposto  regime  di
esenzione trova i  proprio  fondamento  in  una  norma  di  carattere
interno,   quale,   appunto,  l'articolo  5,  comma  5,  del  decreto
legislativo n. 461 del  1997,  che  prescinde  dalla  sussistenza  di
apposite  disposizioni  contenute  nelle  Convenzioni  per evitare le
doppie imposizioni sui reddito.
        Pertanto,  va da se' qualora le Convenzioni fiscali prevedano
la tassazione esclusiva delle plusvalenze nello  Stato  di  residenza
del  beneficiario,  dette  plusvalenze  saranno  esentate anche se la
norma interna ne disponga l'imponibilita'.
                            Capitolo III
   IMPOSTA SOSTITUTIVA SUI REDDITI DIVERSI DI NATURA FINANZIARIA.
3.1     GENERALITA'
        Come gia' accennato in premessa, insieme all'obiettivo  della
completezza  dell'imposizione  sui  redditi di natura finanziaria, il
legislatore ha perseguito anche quello  della  neutralita',  sia  con
riferimento  alle aliquote che alle basi imponibili, nella tassazione
di tali  redditi.  Questo  obiettivo  e'  stato  realizzato  mediante
l'assoggettamento  dei  redditi  in  questione ad un prelievo il piu'
possibile'   uniforme,   il    che    ha    comportato    l'abbandono
dell'imposizione   progressiva   e   l'adozione   di   un'imposizione
sostitutiva.
        Il  legislatore  ha   previsto   la   possibilita'   che   il
contribuente  assolva  il  tributo  sui  redditi  diversi  di  natura
finanziaria sia  mediante  dichiarazione  dei  redditi,  sia  per  il
tramite  di intermediari abilitati, evitando in tal modo la redazione
della dichiarazione stessa relativamente ai  redditi  cosi'  tassati.
Al  riguardo  va  sottolineato  che  il ricorso del contribuente agli
intermediari  non  puo'  consistere  in  una  prestazione   di   tipo
occasionale,  ma richiede l'instaurazione di un rapporto duraturo con
l'intermediario, che si ottiene mediante una espressa  manifestazione
di  volonta'  del contribuente ("opzione"), che lo vincola per almeno
un intero periodo d'imposta e che  presuppone,  quindi,  uno  stabile
rapporto di mandato o di deposito.
        Avuto riguardo a quanto precede, nell'ambito della disciplina
in rassegna si possono distinguere i seguenti regimi:
a)  quello  della  "dichiarazione", che va considerato come il regime
   ordinario e che trova applicazione nei casi in cui il contribuente
   consegue i proventi dei suoi investimenti finanziari senza  subire
   l'imposizione  a  monte  per  non  essersi avvalso dell'intervento
   degli intrmediari finanziari. Le caratteristiche di questo  regime
   sono:
 ___
|   |    la tassazione in base al realizzo dei redditi diversi di
|___|    natura finanziaria di cui all'art. 81 del TUIR, che
         vengono assoggettati all'imposta sostitutiva da parte del
         contribuente in occasione della presentazione della
         dichiarazione dei redditi;
 ___
|   |    la possibilita' di compensare le plusvalenze con le
|___|    minusvalenze e di riportare a nuovo le minusvalenze
         eccedenti;
 ___
|   |    l'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore previsto
|___|    dal comma 9 dell'art. 82 del TUIR;
 ___
|   |    l'applicazione della disciplina riguardante il monitoraggio
|___|    fiscale sia interno che esterno, prevista dagli articoli
         10 e 11 del provvedimento in oggetto;
b)  quello, opzionale, del "risparmio amministrato", che presuppone -
   al pari del regime del "risparmio gestito" di cui alla  successiva
   lettera  c)  -  una  espressa richiesta da parte del contribuente.
   Questo regime comporta l'imposizione degli stessi redditi  di  cui
   alla  precedente  lettera a) ad opera degli intermediari abilitati
   (banche, societa' di intermediazione mobiliare ed  altri  soggetti
   individuati in appositi decreti ministeriali ai sensi dell'art. 6,
   comma  1,  del provvedimento in oggetto, in corso di emanazione) e
   richiede l'instaurazione di uno specifico rapporto  implicante  il
   deposito,   per   l'amministrazione  e  la  custodia,  dei  valori
   mobiliari che generano i proventi imponibili.  Le  caratteristiche
   di questo regime sono:
 ___
|   |    la tassazione in base al realizzo, per ciascuna
|___|    operazione, dei redditi diversi, con applicazione, da
         parte degli intermediari abilitati, delle imposte
         sostitutive;
 ___
|   |    la possibilita' di compensare le plusvalenze con le
|___|    minusvalenze precedentemente conseguite presso lo stesso
         intermediario e di riportare a nuovo le eccedenze
         negative;
 ___
|   |    l'esclusione dall'applicazione di questo stesso regime
|___|    per le plusvalenze derivanti da cessioni di
         partecipazioni qualificate, le quali rimangono sempre
         soggette al regime della dichiarazione dei redditi;
 ___
|   |    l'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore cui s'e'
|___|    fatto cenno nella precedente lett. a);
 ___
|   |    l'esclusione dal monitoraggio fiscale, sia interno che
|___|    esterno, assicurando in tal modo al conribuente
         l'anonimato;
c)  quello,  opzionale,  del  "risparmio  gestito" presso un soggetto
   abilitato ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415.
   A  tal  fine  il  contribuente  instaura  con   un   intermediario
   qualificato (una banca, una societa' di intermediazione mobiliare,
   una  societa'  fiduciaria  iscritta  nell'albo  di  cui  al citato
   decreto legislativo 415 del 1996, residenti in Italia,  nonche'  a
   stabili   organizzazioni   in   Italia  di  banche  o  di  imprese
   d'investimento  non  residenti  iscritte  nel  predetto  albo)  un
   rapporto di gestione del patrimonio affidato a detti intermediari.
   Le caratteristiche di questo regime sono:
 ___
|   |    l'esclusione del risultato della gestione
|___|    dall'assoggettamento alle imposte sui redditi;
 ___
|   |    la tassazioni, sulla base del principio della
|___|    maturazione, dei redditi di capitale
         e dei redditi diversi imputati al patrimonio gestito;
 ___
|   |    l'esclusione da tale regime delle plusvalenze derivanti
|___|    dalla cessione di partecipazioni qualificate, le quali
         rimangono soggette al regime della dichiarazione dei
         redditi;
 ___
|   |    la determinazione algebrica dei risultato netto
|___|    assoggettabile all'imposta sostitutiva da parte
         dell'intermediario, con conseguente compensazione
         tra componenti positivi (redditi di capitale,
         plusvalenze e altri redditi diversi) e negativi
         (minusvalenze e spese);
 ___
|   |    l'esclusione dal risultato di gestione dei redditi che
|___|    concorrono a formare il reddito complessivo, del redditi
         esenti e di quelli soggetti a ritenuta d'imposta o ad
         imposta sostitutiva;
 ___
|   |    il riporto a nuovo dei risultati negativi di gestione;
|___|
 ___
|   |    l'esclusione dal monitoraggio fiscale, sia interno che
|___|    esterno, assicurando, anche in tal caso al contribuente
         l'anonimato.
        Per  quanto  concerne  le  norme  applicabili  in  materia di
accertamento e riscossione delle imposte sostitutive non dichiarate e
non versate dai contribuenti, il comma 6  dell'articolo  in  commento
rinvia  alle  disposizioni previste in materia di imposte sui redditi
precisando tuttavia che la maggiore imposta sostitutiva accertata  e'
riscossa  mediante  iscrizione  nei  ruoli  suppletivi  al  sensi del
D.P.R.. 29 settembre 1973, n, 602.
        Benche' la  disposizione  non  faccia  alcun  riferimento  al
contenzioso  tributario,  sembra evidente che eventuali contestazioni
siano di competenza delle  commissioni  tributarie  e  che,  piu'  in
generale,  si  renda  applicabile la disciplina contenuta nel decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (cfr. anche  circolare  n.  98/E
del  23  aprile  1996).  Va  sottolineato,  infatti,  che  il sistema
delineato  dalla  riforma  comporta  l'applicazione  di  una  imposta
sostitutiva  la quale, salvo le deroghe espressamente stabilite nelle
disposizioni istitutive, mantiene tutta la  disciplina  prevista  per
l'imposta  che  va  a  sostituire  e,  quindi, a seconda del soggetto
passivo, l'imposta sul reddito delle persone fisiche o  quella  sulle
persone   giuridiche,   con   esclusione   soltanto  delle  eventuali
previsioni   che   risultino   incompatibili    con    l'applicazione
dell'imposta  sostitutiva  stessa.  E' appena il caso di rilevare che
nelle ipotesi che saranno  illustrate  successivamente,  nelle  quali
l'imposta sostitutiva e' determinata e applicata da un intermediario,
si  renderanno  applicabili,  ove  compatibili, anche le disposizioni
procedimentali  relative  alle  ritenute  d'acconto  per  quanto  non
previsto, espressamente dalle specifiche disposizioni.
3.2     APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA SOSTITUTIVA IN BASE AL REGIME DELLA
        DICHIARAZIONE
        L'art.  5 del provvedimento in rassegna fissa le regole che i
contribuenti devono osservare, in occasione della presentazione della
dichiarazione  annuale,   per   determinare   e   versare   l'imposta
sostitutiva  sulle  plusvalenze  e  sugli  altri  redditi  di  natura
finanziaria di cui alle lettere da c) a c-quinquies) dell'art. 81 del
TUIR
        Le operazioni che hanno generato minusvalenze o perdite vanno
indicate nella dichiarazione dei redditi soltanto se il  contribuente
intende  avvalersi della facolta' di compensazione con le plusvalenze
e gli altri  redditi  di  cui  alle  lettere  da  c)  a  c-quinquies)
dell'art.  81  del TUIR, realizzati nel periodo d'imposta, ovvero del
riporto in avanti delle medesime.
        Per quanto concerne le plusvalenze derivanti da  cessioni  di
partecipazioni  qualificate  di cui all'art. 81, comma 1, lettera c),
del TUIR, il comma 1 dell'articolo in esame  stabilisce  innanzitutto
che  tali  plusvalenze,  al netto delle relative minusvalenze, devono
essere assoggettate all'imposta sostitutiva  del  27  per  cento.  La
stessa  disposizione  ribadisce,  inoltre, il principio peraltro gia'
affermato  dalla  vigente  normativa  in  materia   con   riferimento
all'imposta  sostitutiva  trattenuta dagli intermediari professionali
sulla base del cosiddetto "regime  forfetario"  di  cui  all'art.  3,
comma  5,  del  decreto-legge  n. 27 del 1991 - secondo cui l'imposta
sostitutiva pagata con riguardo alle cessioni di  partecipazioni  non
qualificate  effettuate  prima  del  superamento delle percentuali di
qualificazione, ma rientranti  nel  calcolo  della  cessione  che  ha
comportato  detto  superamento, e' portata in detrazione dall'imposta
sostitutiva dovuta ai sensi della norma in esame. Poiche' il comma  1
dell'art.  5  del  decreto  legislativo  n. 461 del 1997 si riferisce
genericamente alla "imposta sostitutiva", si ritiene che sia  ammessa
in detrazione dall'imposta sostitutiva del 27 per cento sia l'imposta
sostitutiva  del  12,50  per  cento  pagata  ai sensi del comma 2 del
medesimo articolo 5, che quella pagata  anteriormente  al  1o  luglio
1998 sulla base del decreto legge n. 27 del 1991.
        Il  comma  2  dell'articolo in esame stabilisce, poi, che sui
redditi indicati nelle lettere da c-bis) a c-quinquies) del  comma  1
dell'art 81 del TUIR, determinati secondo i criteri fissati nell'art.
82  dello  stesso  testo  unico,  ovviamente  al netto delle relative
minusvalenze, differenze  negative  o  perdite,  il  contribuente  e'
tenuto  a versare l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con
l'aliquota del 12,50 per cento.
        Conformemente a quanto previsto dalla  legge  di  delega,  il
comma  3  dell'articolo  in esame stabilisce che le plusvalenze e gli
altri redditi di cui ai commi 1 e  2  dello  stesso  articolo  devono
essere indicati distintamente nella dichiarazione dei redditi, il che
impedisce  di  utilizzare le minusvalenze di una massa per compensare
le plusvalenze dell'altra massa e viceversa.
        La stessa disposizione stabilisce, inoltre,  che  con  uno  o
piu'  decreti  del  Ministro  delle  finanze  possono essere previsti
particolari adempimenti ed oneri  di  documentazione  riguardanti  la
determinazione  dei  redditi  in  questione  e  precisa,  infine, che
l'obbligo di dichiarazione non sussiste  per  le  plusvalenze  e  gli
altri  proventi  per  i quali il contribuente ha esercitato l'opzione
per  l'applicazione  del regime del cosiddetto risparmio amministrato
di cui all'art. 6 del provvedimento in oggetto.
        Al  riguardo  si  ritiene  che  i  decreti  ministeriali   in
questione  non possano essere che quelli con i quali sono approvati i
modelli di dichiarazione annuale dei redditi, essendo quella la  sede
propria  per  informare  i  contribuenti  circa la esigenza o meno di
conservare,    per    esibire    o    trasmettere     a     richiesta
dell'Amministrazione  finanziaria  la  documentazione  relativa  agli
elementi positivi e negativi dei redditi dichiarati.
        Per quanto concerne il  versamento  dell'imposta  sostitutiva
sulle   plusvalenze   e   sui  redditi  di  cui  sopra,  il  comma  4
dell'articolo in commento stabilisce che esso va effettuato nei  modi
previsti  per  il versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo
in base alla dichiarazione dei redditi, dal che si ricava  che  nella
fattispecie non sono ipotizzabili versamenti in acconto.
3.3       APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA SOSTITUTIVA IN BASE AL REGIME DEL
        RISPARMIO AMMINISTRATO
3.3.1   Presupposti di applicazione
        L'art.  6  del  provvedimento  in  oggetto   attribuisce   ai
contribuenti  individuati nel precedente paragrafo 3.1 la facolta' di
optare per l'applicazione  di  un  regime  semplificato  dell'imposta
sostitutiva   di   cui  all'art.  5  -  che  disciplina,  come  noto,
l'applicazione  dell'imposta  sostitutiva  da  parte   dello   stesso
contribuente  sulla  base  della  propria  dichiarazione annuale - su
ciascuna delle plusvalenze realizzate ai sensi delle lettere c-bis) e
c-ter) del comma 1 dell'art. 81 del TUIR, come  modificato  dall'art.
3 del provvedimento medesimo.
        Per   espressa   previsione   dell'art.   6,   comma  1,  del
provvedimento in oggetto, tale regime riguarda le singole plusvalenze
realizzate  -  ad  esclusione  soltanto  di  quelle  derivanti  dalla
cessione  a  titolo  oneroso  ovvero  dal  prelievo  di valute estere
rivenienti da depositi e conti correnti -  e  puo'  essere  applicato
anche  -  alle  plusvalenze,  ai  differenziali positivi e agli altri
proventi realizzati mediante i contratti derivati di cui alla lettera
c-quater) dell'art. 81 del TUIR e mediante i rapporti e  le  cessioni
di  cui alla lettera c-quinquies) dello stesso articolo, a condizione
che nei predetti rapporti o cessioni intervengano  come  intermediari
professionali  o  come  controparti  gli  stessi  intermediari  sopra
menzionati.
        Questo regime comporta che  l'applicazione  e  il  versamento
dell'imposta  sostitutiva del 12,50 per cento sui predetti proventi e
plusvalenze sono effettuati  dagli  intermediari  abilitati  indicati
dalla  norma  in  commento (trattasi delle banche e delle societa' di
intermediazione  mobiliare  residenti  in   Italia,   delle   stabili
organizzazioni in Italia delle banche e delle imprese di investimento
non  residenti  ed  altri  soggetti individuati, ai sensi del comma 1
dell'art. 6 del piu' volte citato  decreto  legislativo  n.  461  del
1997,  con apposito decreto interministeriale in corso di emanazione)
e, conseguentemente, solleva i contribuenti dall'obbligo di includere
i proventi e le plusvalenze di cui sopra nelle proprie  dichiarazioni
dei redditi.
        Con   riferimento   alla   predetta   ipotesi  di  esclusione
dall'applicabilita' del regime in rassegna alle plusvalenze  relative
a  depositi  in  valuta,  la  relazione illustrativa osserva che tale
esclusione si giustifica in base  alla  particolare  complessita'  ed
onerosita'   che   inevitabilmente   presenterebbe  la  procedura  di
applicazione dell'imposta da  parte  degli  intermediari  in  siffata
ipotesi.  Conseguentemente,  nei casi di specie permane l'obbligo del
contribuente di includere nella propria dichiarazione dei redditi  le
plusvalenze  derivanti  dalla cessione a titolo oneroso e prelievi di
valute.
        Sempre con riferimento alle ipotesi di esclusione dall'ambito
applicativo del regime del risparmio amministrato e' appena  il  caso
di  ricordare  che,  in conformita' a quanto stabilito dalla legge di
delega,  non  possono  mai  rientrare  nel   regime   del   risparmio
amministrato  le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo
oneroso di partecipazioni qualificate di cui all'art.  81,  comma  1,
lettera c), del TUIR.
        Come gia' anticipato, ai fini dell'applicazione del regime in
esame  non  e' sufficiente rivolgersi in modo occasionale ai predetti
intermediari, ma e' necessario invece che, nel caso delle plusvalenze
o degli altri proventi derivanti da titoli, quote o certificati, tali
titoli,  quote  o  certificati,  siano  dati   in   custodia   o   in
amministrazione  a  questi  ultimi e, nel caso dei proventi derivanti
dai contratti derivati e dai contratti attraverso cui possono  essere
conseguiti  redditi  diversi,  che  sia  intrattenuto  un rapporto di
deposito o conto corrente.
        Va  peraltro,  sottolineato  che  e'  possibile   riscontrare
fattispecie  per  le quali la sussistenza di uno stabile rapporto con
l'intermediario e' comunque verificabile anche in assenza di  formale
contratto  di  custodia  o  di  amministrazione,  quando si tratti di
titoli, quote o  certificati  che  non  possono  formare  oggetto  di
autonoma  circolazione senza l'intervento dell'intermediario medesimo
(ad esempio, titoli non cartolarizzati).
3.3.2   Modalita' di esercizio e revoca dell'opzione
        Per quanto concerne specificamente le modalita' di  esercizio
del  diritto  di  opzione, il comma 2 dell'art. 6 in commento dispone
innanzitutto che il cotribuenti  esercita  tale  opzione  rilasciando
all'intermediario   una   comunicazione  scritta  in  tal  senso.  La
comunicazione - per la quale non sono riviste particolari  formalita'
-    puo'   essere   effettuata   contestualmente   al   conferimento
dell'incarico all'intermediario e all'apertura  del  deposito  o  del
conto  corrente  ovvero,  per i rapporti gia' in essere, in qualsiasi
momento dell'anno, ma in quest'ultimo caso, con effetto  dal  periodo
d'imposta successivo, salvo quanto precisato in via transitoria per i
rapporti  gia'  in  essere  alla  data  dell'entrata  in  vigore  del
provvedimento in esame. Per i rapporti di cui alla lettera  c-quater)
e  per  i rapporti e le cessioni di cui alla lettera c-quinquies) del
comma 1, dell'art. 81 del  TUIR,  l'opzione  puo'  essere  esercitata
all'atto   della   conclusione,  nel  periodo  d'imposta,  del  primo
contratto da cui trae origine l'intervento dell'intermediario  ed  ha
effetto immediato.
        Per  i  soggetti  non  residenti  il  regime  semplificato di
applicazione dell'imposta sostitutiva di cui all'art.  5  costituisce
il  regime  naturale  poiche'  e'  applicato  anche  in  mancanza  di
esercizio  dell'opzione,  salva  la  facolta'  del  contribuente   di
rinunciare   a   tale  regime  con  effetto  dalla  prima  operazione
successiva. Cio' consente i'immediata applicazione per i soggetti non
residenti del regime in esame evitando quindi agli stessi l'esercizio
dell'opzione,  ferma  restando  la  facolta'  di  revoca.  E'  stato,
inoltre, stabilito che la revoca possa essere esercitata anche  dagli
intermediari  non  residenti  relativamente  ai rapporti di custodia,
amministrazione e deposito  ad  essi  intestati  e  sui  quali  siano
detenute attivita' finanziarie di terzi; in tal caso gli intermediari
non  residenti sono tenuti ad assolvere gli obblighi di comunicazione
di cui all'art. 10 e devono nominare, quale  rappresentante  a  detti
fini,  uno  degli  intermediari  di  cui  all'art.    6,  comma 1. La
previsione in questione e' volta a disciplinare la rinuncia al regime
in esame in presenza di  intermediari  non  residenti  che  risultino
intestatari  di  rapporti  di  custodia,  amministrazione e deposito,
cosiddetti "omnibus", sui quali siano detenute attivita'  finanziarie
di terzi. In tal caso, considerato che gli intermediari residenti non
sono  in  grado  di  fornire  all'Amministrazione  finanziaria  ne' i
nominativi dei beneficiari dei proventi delle  attivita'  finanziarie
dagli  stessi detenute ne', talvolta, i controvalori delle operazioni
effettuate, e' stato introdotto l'obbligo per  gli  intermediari  non
residenti,  in  caso  di  rinuncia al regime in esame, di nominare un
rappresentante fiscale tenuto agli obblighi di comunicazione previsti
dall'art. 10.
        Si  precisa,  altresi'  che  in  linea  con  quanto  disposto
dall'articolo  9  del decreto legislativo n. 239 del 1996, i soggetti
non residenti, come ad esempio  Euroclear  e  Cedel,  che  aderiscono
direttamente  ai  sistemi  di gestione accentrata di titoli - gestiti
dalla Banca d'Italia, per cio' che concerne  i  titoli  di  Stato,  e
dalla   Monte   Titoli  s.p.a.,  per  gli  altri  titoli  -  sono  da
considerarsi equiparati alle  banche  italiane  anche  per  cio'  che
riguarda  il  prelievo  per  l'imposta  sostitutiva  eventualmente da
operare  sui  redditi  diversi  conseguiti  dai  propri  depositanti.
Pertanto,  ove per i titoli depositati nei citati sistemi di gestione
a nome del predetti soggetti non residenti si  renda  applicabile  il
regime  del  risparmio amministrato di cui all'articolo 6 del decreto
legislativo in esame, saranno i soggetti non  residenti  aderenti  ai
sistemi  di  gestione accentrata di titoli ad effettuare - attraverso
il loro rappresentante fiscale in Italia nominato ai sensi del citato
articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 239 del 1996 -  tutti
gli   adempimenti   connessi  con  l'applicazione  ed  il  versamento
dell'imposta sostitutiva. Qualora invece si renda applicabile il  re-
gime   della   dichiarazione,   gli  stessi  soggetti  non  residenti
effettueranno - sempre per  il  tramite  del  proprio  rappresentante
fiscale   -   le  comunicazioni  previste  dall'articolo  10.  Nessun
adempimento in termini di effettuazione e di versamento  dell'imposta
sostitutiva,  ne'  in  termini di segnalazione ai sensi dell'articolo
10, dovra', essere svolto dai soggetti residenti gestori dei  sistemi
accentrati  di  deposito  titoli,  i  quali  oltretutto,  non  sono a
conoscenza delle informazioni  necessarie  per,  l'effettuazione  dei
citati adempimenti.
        Per i soggetti residenti, relativamente ai rapporti in essere
alla  data  del  1o  luglio  1998,  anche  se  cointestati, l'imposta
sostitutiva e' applicata dagli  intermediari,  anche  in  assenza  di
qualsiasi opzione del contribuente, salva la facolta' di quest'ultimo
di  rinunciare  a  tale  regime  mediante  apposita  comunicazione da
effettuare entro il 30 settembre 1998,  con  effetto  dal  1o  luglio
dello stesso anno.
        Ai  sensi  del  comma  2  dell'articolo in rassegna l'opzione
svolge efficacia per tutto il periodo d'imposta e puo essere revocata
entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il  periodo
d'imposta successivo. Si ritiene, quindi, che l'opzione esercitata in
un  periodo  d'imposta  abbia  effetto  anche per i periodi d'imposta
successivi, salvo che il contribuente non ne effettui la revoca,  nel
qual  caso  la  revoca  ha effetto dal periodo d'imposta successivo a
quella in cui e' stata comunicata all'intermediario.
        Nel    caso    in    cui    il    contribuente    intrattenga
contemporaneamente   una  pluralita'  di  rapporti  con  un  medesimo
intermediario, l'opzione puo' riguardare tutti i  contratti  o  altri
rapporti  intrattenuti o alcuni soltanto di essi. Inoltre, in ipotesi
di  contratti  cointestati  l'opzione,  per  essere  efficace,   deve
necessariamente  essere  esercitata  da tutti gli intestatari e perde
efficacia  solo  se  viene  espressamente  revocata  da   tutti   gli
intestatari (cfr. DM del 22 maggio 1998, pubblicato nella G.U. n. 132
del  9  giugno  1998).  Al  riguardo  si  precisa inoltre che ai fini
dell'esercizio dell'opzione in discorso e'  necessario  che  tutti  i
cointestatari  abbiano  i  requisiti  per  l'applicazione  del regime
amministrato.
        Come gia' anticipato, l'opzione puo'  essere  esercitata  sia
contestualmente,  che  successivamente  alla  stipula del contratto o
all'instaurazione del rapporto: nel primo caso, l'opzione ha  effetto
immediato;  nel  secondo  caso, ha effetto dal primo giorno dell'anno
successivo a quello in cui e' stata esercitata l'opzione,  salvo  che
per  le fattispecie previste dall'art. 81, comma 1, lettere c-quater)
e c-quinquies) per le quali l'opzione puo' essere esercitata anche al
momento della conclusione del primo  contratto,  come  specificamente
stabilito dai comma 2 dell'articolo in esame.
        Per  quanto  concerne  le  modalita'  con  cui  va esercitata
l'opzione, appare  evidente  che  qualora  l'opzione  sia  esercitata
contestualmente al conferimento dell'incarico o all'instaurazione del
rapporto,   il   contratto  puo'  essere  integrato  con  un'apposita
indicazione in  questo  senso:  in  ogni  altro  caso  risultera'  da
apposito atto scritto.
        Analoga  procedura  vale  anche per quanto concerne la revoca
dell'opzione e i suoi effetti. Viene  infatti  stabilito  che  se  la
revoca  e'  manifestata  prima  della conclusione del contratto o del
rapporto, gli effetti dell'opzione si protraggono fino al termine del
periodo d'imposta in  corso,  a  meno  che  prima  di  tale  data  il
contratto o il rapporto non siano stati risolti.
        Per  quanto  concerne  gli  obblighi  di  conservazione delle
dichiarazioni riguardanti l'esercizio e  la  revoca  dell'opzione  si
ritiene  che  gli  intermediari  debbano  osservare  le  disposizioni
dell'articolo 22 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29
settembre 1973, n. 600.
3.3.3   Le modalita' di applicazione dell'imposta sostitutiva
        Per quanto concerne le modalita' con le quali viene applicata
l'imposta  sostitutiva  da  parte  degli  intermediari incaricati, il
comma 3 dell'articolo in esame stabilisce che,  in  via  di  massima,
l'imposta    sostitutiva   e'   dovuta   su   ciascuna   plusvalenza,
differenziale positivo o provento che il contribuente ha  realizzato.
Con riferimento alla determinazione della base imponibile dei redditi
in questione, la disposizione in commento ha previsto che nel caso in
cui l'intermediario non sia in possesso dei dati e delle informazioni
necessarie  per calcolare l'ammontare delle plusvalenze e degli altri
redditi di natura finanziaria, egli li deve chiedere al  contribuente
prima  dell'effettuazione  dell'operazione  e  che il contribuente e'
tenuto a comunicare all'intermediari o i dati e  le  informazioni  da
quest'ultimo  richiestegli,  trasmettendogli  altresi'  la pertinente
documentazione, anche in copia; in mancanza di tale documentazione il
contribuente   e'   tenuto   a   consegnare   all'intermediario   una
dichiarazione   sostitutiva   nella   quale   attesti  i  dati  e  le
informazioni richiestegli. Qualora il contribuente non  adempia  alle
richieste  dell'intermediario  in  una  delle  forme dianzi indicate,
quest'ultimo sospende l'esecuzione delle operazioni cui e' tenuto  in
relazione all'incarico ricevuto, fintanto che il contribuente non gli
avra'  fornito i dati e le informazioni necessarie per l'applicazione
dell'imposta.
        La stessa disposizione di cui al comma 3 stabilisce  che  nel
caso   contribuente   abbia   fornito   all'intermediario   un'errata
comunicazione dei dati necessaria per il calcolo della plusvalenza  o
del  provento  finanziario  tassabile  e  che da cio' sia derivato un
omesso o non  sufficiente  versamento  dell'imposta  sostitutiva,  la
differenza  tra  quanto  effettivamente  dovuto e quanto versato deve
essere recuperata unicamente  nei  confronti  del  contribuente,  con
applicazione delle sanzioni previste dal successivo comma 11.
3.3.4   La base imponibile
        Per   la   determinazione  della  plusvalenza,  differenziale
positivo o provento percepito dal contribuente  l'intermediario  deve
innanzitutto applicare le regole generali previste per ciascuna delle
fattispecie   reddituali   ricadenti   nel   regime   del   risparmio
amministrato, secondo  le  previsioni  dell'art.  82  del  TUIR,  ivi
compresa  quella  relativa  alla  rilevanza degli oneri inerenti alla
produzione dei redditi di cui trattasi.
        Al riguardo si precisa che non appaiono fiscalmente rilevanti
gli oneri non strettamente inerenti alla produzione delle plusvalenze
e, in particolare, quelli  sostenuti  in  relazione  al  rapporto  di
custodia ed amministrazione dei titoli.
        La  regola  secondo cui i redditi di capitale maturati ma non
riscossi,  diversi  da  quelli  derivanti  dalla  partecipazione   in
societa'  ed enti soggetti all'IRPEG, si scomputano dal corrispettivo
percepito o dalla somma rimborsata, nonche' dal  costo  o  valore  di
acquisto  assume,  com'e'  evidente,  particolare rilievo nel caso di
titoli obbligazionari e similari.
        Con la disposizione contenuta nel comma  4  dell'articolo  in
commento   viene  indicato  il  criterio  contabile  da  seguire  per
determinare il costo da assumere per  calcolare  la  base  imponibile
delle  plusvalenze,  dei differenziali e dei proventi (esclusi quelli
realizzati a seguito della cessione a termine delle valute) nel  caso
in  cui  i titoli o gli altri valori mobiliari della stessa specie ed
aventi eguali caratteristiche (quali, ad esempio, le azioni ordinarie
della  societa'   Alfa,   le   obbligazioni   della   societa'   Beta
rappresentative  di  un  unico  prestito,  e  cosi'  via) siano stati
acquistati dal contribuente in date successive ed a  prezzi  diversi.
Ebbene, qualora ricorra questa ipotesi, si assume come costo o valore
di  acquisto  quello  medio ponderato relativo a ciascuna categoria o
omogenea  di attivita' finanziaria, il che consente all'intermediario
di disporre di un unico valore da  prendere  a  riferimento  ai  fini
della  determinazione  delle plusvalenze o delle minusvalenze e degli
altri redditi diversi. Nulla e' invece innovato per  quanto  concerne
le  plusvalenze  derivanti  dalla  cessione  a  termine  delle valute
estere,  la  cui  determinazione  e'  pari  alla  differenza  tra  il
corrispettivo  della  cessione  e  il valore della valuta al cambio a
pronti accertato alla data di stipula del contratto,  come  stabilito
dall'art. 82 del TUIR precedentemente esaminato.
3.3.5   Il riporto di minusvalenze, perdite e differenziali negative
        Analogamente  a  quanto previsto nell'ambito del regime della
dichiarazione, anche per il  regime  del  risparmio  amministrato  il
comma  5  dell'articolo in commento prevede che nel caso in cui siano
state realizzate minusvalenze, perdite e differenziali  negativi  gli
intermediari   incaricati   computano   in  deduzione,  fino  a  loro
concorrenza,  l'importo  delle  predette,  minusvalenze,  perdite   e
differenziali  negativi  dalle  plusvalenze, proventi e differenziali
positivi realizzati  nelle  successive  operazioni  poste  in  essere
nell'ambito  del  rapporto  intrattenuto  con l'intermediario stesso,
nello stesso periodo d'imposta ed in quelli successivi, ma non  altre
il quarto.
        Con il medesimo comma 5 e' stato stabilito che, per l'ipotesi
in  cui  il contribuente abbia revocato l'opzione oppure abbia chiuso
il rapporto di custodia, amministrazione o deposito, le minusvalenze,
le  perdite  e  i  differenziali  eccedenti  che  non  hanno  trovato
compensazione  possono  essere portati in deduzione, sempre non oltre
il quarto periodo d'imposta rispetto a  quello  del  realizzo,  dalle
plusvalenze, proventi e differenziali positivi realizzati nell'ambito
di   un  altro  rapporto  di  amministrazione,  custodia  e  deposito
intestato agli stessi soggetti titolari del rapporto  di  provenienza
e,   in  alternativa  dalle  plusvalenze,  differenziali  positivi  e
proventi che il contribuente dichiari secondo le modalita'  ordinarie
previste dall'art. 82, comma 4, del TUIR precedentemente esaminato. A
quest'ultimo  fine  ,  gli  intermediari  sono tenuti a rilasciare ai
contribuenti un'apposita certificazione dalla quale risultino tutti i
dati e le informazioni necessarie a  consentire  la  deduzione  delle
predette minusvalenze, perdite e differenziali negativi.
        Le  plusvalenze  e  gli  altri redditi diversi, cosi' come le
minusvalenze e le perdite, derivanti  da  attivita'  finanziarie  che
risultino  intestate  a  piu'  soggetti debbono essere attribuite pro
quota secondo gli ordinari principi civilistici. Resta inteso che per
le attivita' finanziarie la cui titolarita' e' ascrivibile ad un solo
soggetto, ancorche' esse siano immesse in un dossier cointestato,  le
plusvalenze  o  minusvalenze  derivanti  dalle suddette attivita' non
sono compensabili  con  quelle  distintamente  riferbili  agli  altri
cointestatari.
3.3.6   Il trasferimento di strumenti finanziari
        Ai sensi e per  gli  effetti  del  comma  6  dell'art.  6  in
commento   si   considera   cessione   a   titolo  oneroso  anche  il
trasferimento del titoli, quote o certificati o rapporti ad un  altro
deposito,  rapporto  di  custodia  o amministrazione sempre in regime
amministrato, ma intestati a soggetti diversi dagli  intestatari  del
rapporto di provenienza, o ad un rapporto di gestione di cui all'art.
7,  salvo  che  il  trasferimento  non sia avvenuto per successione o
donazione. In tal caso la plusvalenza, il provento, la minusvalenza o
la perdita realizzate mediante il trasferimento sono determinate  con
riferimento  al  valore  normale,  alla  data  del trasferimento, dei
titoli, quote certificati o rapporti trasferiti e  gli  intermediari,
tenuti  al  versamento  dell'imposta, possono sospendere l'esecuzione
delle operazioni fino a che non ottengano dal contribuente  provvista
per il versamento dell'imposta dovuta. Gli intermediari rilasciano al
contribuente  ,apposita  certificazione dalla quale risulti il valore
dei titoli, quote, certificati o rapporti trasferiti.
        Ai sensi del comma 8  dell'articolo  in  esame  nel  caso  di
prelievo  dei  titoli,  quote,  certificati  o  rapporti  o  di  loro
trasferimento e rapporti di custodia o di  amministrazione  intestati
agli  stessi  soggetti  intestatari  dei  rapporti  di  provenienza e
comunque di revoca dell'opzione, per il  calcolo  della  plusvalenza,
reddito,   minusvalenza   o   perdita,   ai   fini  dell'applicazione
dell'imposta sostitutiva di cui all'art.  5  si  assume  il  costo  o
valore  determinati ai sensi del comma 3 e 4 dell'articolo in esame e
si  applica  il  comma  12  sulla  base  di  apposita  certificazione
rilasciata dai soggetti di cui al comma 1.
3.3.7   Il possesso di partecipazioni qualificate
        Il  comma 8 dell'articolo in commento disciplina l'ipotesi in
cui nell'ambito di un rapporto di amministrazione si realizzi in capo
al contribuente il possesso di titoli partecipativi  per  percentuali
superiori  a  quelle  previste dalla lettera c) del comma 1 dell'art.
81. Tale computo va effettuato tenendo conto sia delle partecipazioni
possedute nell'ambito di rapporti di risparmio amministrato,  sia  di
quelle possedute nell'ambito di rapporti di risparmio gestito, sia di
quelle  per  le  quali  non  sia  stata esercitata alcuna opzione per
regimi di tassazione alternativi a  quello  della  dichiarazione.  In
caso  di  superamento  delle  predette percentuali la disposizione in
esame stabilisce che il contribuente non puo' esercitare l'opzione  e
che,  nel caso in cui l'opzione sia stata esercitata, la stessa perde
effetto,  limitatamente  alle  partecipazioni  per  le  quali  si  e'
verificato  il  suddetto  superamento.  Per l'ipotesi in cui il detto
superamento sia avvenuto dopo l'esercizio dell'opzione si applica  la
disciplina   di   cui   al   comma   7   dianzi   esaminata  ai  fini
dell'applicazione  dell'imposta  nei  modi  ordinari  da  parte   del
contribuente   con   riferimento   alle  plusvalenze  o  minusvalenze
successivamente realizzate, come previsto dall'art. 5, comma  1,  del
provvedimento  in  oggetto  per  le  cessioni  a  titolo  oneroso  di
partecipazioni qualificate. In questo caso il contribuente e'  tenuto
a  comunicare agli intermediari incaricati, che non siano in grado di
verificare la predetta circostanza in  base  agli  elementi  in  loro
possesso,  l'avvenuto  superamento  delle  percentuali entro quindici
giorni dalla data in cui cio' e' avvenuto oppure all'atto della prima
cessione,  se  essa e' avvenuta precedentemente. In pratica, con tale
procedimento  la  plusvalenza  viene  determinata  sulla   base   dei
corrispettivi  complessivamente  conseguiti  nell'arco  dei  12  mesi
successivi al superamento delle percentuali in termini  di  possesso,
da  cui  va  dedotto  il  costo  medio  ponderato  dei titoli ceduti.
Inoltre, nel caso in cui successivamente al  momento  in  cui  si  e'
verificato   l'avveramento   del   condizione   del   possesso  della
partecipazione  qualificata,  siano  state  cedute  (di  regola,  nel
periodo  di  tempo  intercorrente tra tale momento e la comunicazione
cui e' tenuto  il  contribuente)  partecipazioni  su  cui  sia  stato
applicato   il   regime   fiscale   previsto   per   le  cessioni  di
partecipazioni non qualificate di cui alla lettera  c-bis)  dell'art.
81 del TUIR, i relativi proventi vanno aggiunti a quelli conseguiti a
seguito della cessione della partecipazione qualificata e il costo di
riferimento dedotto (quello medio ponderato) va confermato, in quanto
non e' possibile rideterminare un costo medio ponderato che non tiene
conto  di  eventuali  acquisti successivi. Va da se' che dall'imposta
sostitutiva cosi determinata deve essere dedotta  quella  corrisposta
per le cessioni di partecipazioni non qualificate.
        La stessa disposizione stabilisce poi che in caso di indebito
esercizio dell'opzione o di omessa comunicazione agli intermediari da
parte del contribuente si applica la sanzione amministrativa dal 2 al
5  per  cento  del  valore  delle  partecipazioni,  titoli  o diritti
posseduti.
3.3.8   Le modalita' di versamento
        Per quanto concerne il versamento da parte degli intermediari
dell'imposta  sostitutiva  dovuta  dai  contribuenti,  il   comma   9
dell'articolo  in  commento  stabilisce che il versamento deve essere
effettuato al concessionario della riscossione ovvero alla sezione di
tesoreria provinciale dello Stato entro il  quindicesimo  giorno  del
secondo mese successivo a quello in cui l'imposta e' stata applicata.
A  tal  fine  gli  intermediari  trattengono l'importo del tributo da
versare da ciascun reddito realizzato ovvero  ne  ricevono  provvista
dal  contribuente.  Ai fini dell'esatta individuazione del termine di
versamento, la norma  in  esame  stabilisce  che  per  le  operazioni
effettuate con l'intervento degli intermediari autorizzati ad operare
nei  mercati  regolamentati l'operazione deve considerarsi effettuata
entro il termine previsto per le relative liquidazioni periodiche. E'
stato infine previsto che gli intermediari sono tenuti  a  rilasciare
ai   contribuenti   un'attestazione  del  versamento  entro  il  mese
successivo a quello in cui e' stato effettuato.
        Con il comma 10 dell'articolo in esame e' stato disposto  che
gli  intermediari  devono comunicare all'Amministrazione finanziaria,
negli  stessi   termini   previsti   per   la   presentazione   della
dichiarazione   in   qualita'  di  sostituto  d'imposta,  l'ammontare
complessivo delle plusvalenze e degli altri proventi e  quello  delle
imposte sostitutive applicate nell'anno solare precedente.
        Per   quanto   concerne   le   disposizioni   in  materia  di
accertamento e di riscossione dell'imposta sostitutiva non dichiarata
e  non  versata   dagli   intermediari,   nonche'   per   l'eventuale
contenzioso,  si  rinvia  a quanto precisato nel precedente paragrafo
3.1.
3.3.9   L'equalizzatore
        L'ultimo   comma  dell'articolo  in  commento  disciplina  le
modalita' applicative dell'equalizzatore di cui all'art. 82, comma 9,
del TUIR alle plusvalenze ed agli altri redditi di natura finanziaria
realizzati  nell'ambito  del  regime  semplificato.   A   tal   fine,
nell'intento  di  contenere la quantita' di dati che gli intermediari
debbono elaborare e' stato previsto  un  criterio  analogo  a  quello
adottato per l'identificazione del valore di costo da contrapporre ai
corrispettivi  conseguiti  -  consistente  nella  media ponderata dei
prezzi di acquisto - criterio che consente di  far  riferimento,  per
ogni  categoria  omogenea  di  titoli  e  valori  mobiliari,  ad  una
determinata data media ponderata di acquisto in base  alla  quale  si
individua  il  coefficiente di equalizzazione da applicare a ciascuna
operazione di realizzo. Il calcolo  della  data  media  ponderata  di
acquisto  va  eseguito  considerando  l'anno  civile (365 giorni). Ad
esempio, se 2000 azioni Alfa sono state  comprate  il  10.12.1998  ed
altre  1000  azioni  Alfa  sono  state  acquistate  il  9.1.1999,  si
considera  che  le  3000  azioni  sono  state  tutte  acquistate   il
20.12.1998.
3.4      APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA SOSTITUTIVA SUL RISULTATO MATURATO
        DELLE GESTIONI INDIVIDUALI Di PORTAFOGLIO
        Conformemente a  quanto  previsto  dall'art.  3,  comma  160,
lettera  g),  della  legge 23 dicembre 1996, n. 160, con l'art. 7 del
provvedimento in oggetto viene disciplinato il regime di  imposizione
applicabile  ai redditi di capitale e diversi conseguiti, nell'ambito
delle gestioni individuali di portafoglio, da parte dei  contribuenti
indicati nel precedente paragrafo 3.1, e cioe' da parte delle persone
fisiche  non  esercenti  attivita'  produttive di redditi d'impresa o
comunque relativamente a beni non relativi all'impresa, dei  soggetti
IRPEG  esenti  dalla  relativa imposta, delle societa' semplici e dei
soggetti ad esse equiparati, nonche' degli enti non commerciali.
        Il nuovo regime reca una profonda innovazione nel sistema  di
tassazione  delle  gestioni individuali di patrimoni. Le disposizioni
vigenti, infatti, attuano il prelievo impositivo considerando ciascun
reddito di capitale e diverso conseguito dal contribuente nell'ambito
della gestione patrimoniale; risulta quindi del tutto  irrilevante  -
ai fini impositivi - che il reddito sia conseguito nell'ambito di una
gestione  di  patrimoni ovvero al di fuori di essa dovendosi comunque
osservare le regole ordinarie di imposizione dei  redditi  nonche'  -
ove   previsti  -  gli  adempimenti  di  rilevazione  e  segnalazione
all'Amministrazione finanziaria di tutti i  dati  rilevanti  ai  fini
dell'accertamento  (modelli  RAD,  redazione  della dichiarazione del
sostituto d'imposta,  obblighi  di  rilevazione  e  segnalazione  dei
flussi  finanziari  da  o  verso  l'estero  di importo superiore a 20
milioni di lire).
        Nel dare attuazione alle disposizioni contenute nell'articolo
3, comma 160, lettere g) ed n) della legge n. 662/96, il  legislatore
delegato  ha  introdotto  significativi  elementi di novita' rispetto
alle disposizioni previgenti.
        In primo luogo e' stata attribuita, ai  fini  tributari,  una
specifica  rilevanza  al  rapporto  contrattuale  intrattenuto tra il
contribuente  ed  un   intermediario   finanziario   abilitato   alla
prestazione del servizio di gestione individuale di patrimoni. In tal
modo  e'  stata  superata  l'impostazione  vigente  che perviene alla
tassazione di ogni singolo reddito conseguito dal contribuente ed  e'
stato  introdotto  un regime tributario che prevede l'applicazione di
una imposta sostitutiva del 12,50 per cento sul  reddito  complessivo
netto  maturato  nell'ambito  di  contratto  di gestione di patrimoni
intrattenuto con l'intermediario.
        In  secondo  luogo  muovendo  dalla  considerazione  che   il
risultato  della  gestione  maturato  viene  tassato  con una imposta
sostitutiva  delle  imposte  sui  redditi,  sono  state  riviste   le
disposizioni  che regolano gli obblighi di rilevazione e segnalazione
di dati e notizie all'Amministrazione finanziaria, limitando la  loro
operativita'  alle  sole  fattispecie  suscettibili  di uno specifico
interesse ai fini  dell'accertamento  in  quanto  idonee  a  generare
redditi   che   devono   essere   indicati   dal  contribuente  nella
dichiarazione dei redditi. Pertanto, per le operazioni che comportano
il conseguimento di redditi che concorrono  a  formare  il  risultato
della  gestione  soggetto ad imposta sostitutiva, dette comunicazioni
non sono piu' previste (art. 10, comma 4, dei D.lgs. n. 461 del  1997
e  articolo  27, comma 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, come modificato
dall'articolo 12, comma 4 del D.Lgs. n. 461 del 1997).
        L'art.  7  del  decreto  legislativo  n.  461  del  1997   da
attenuazione a questi principi e disciplina l'imposta sostitutiva sul
risultato della gestione.
        Il  comma  1  dell'articolo  7  in  commento  attribuisce  ai
contribuenti che hanno conferito ad un gestore,  abilitato  ai  sensi
del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, l'incarico di gestire
masse  patrimoniali,  costituite  da  somme  di  denaro o da beni non
relativi all'impresa, la facolta' di optare  per  l'applicazione,  da
parte  del  gestore  medesimo, dell'imposta sostitutiva del 12,50 per
cento  sul  risultato  maturato   delle   gestioni   individuali   di
portafoglio,  comprensivo sia dei redditi di capitale di cui all'art.
41, che dei redditi diversi di cui all'art. 81, comma 1,  lettere  da
c-bis)  a  c-quinquies),  del  TUIR  e,  quindi, con esclusione delle
plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate.
        Giova in primo  luogo  premettere  che  il  riferimento  agli
incarichi  di  gestione  conferiti ai sensi del decreto legislativo n
415 del 1996 deve essere inteso nella  sua  accezione  civilistica  e
cioe'  nel  senso  che  possono fruire del regime tributario previsto
dall'articolo 7 in commento soltanto i proventi (redditi di  capitale
e  redditi  diversi)  che  aderiscono alle operazioni e gli strumenti
finanziari che, sulla base della normativa di settore, possono essere
oggetto di una gestione  individuale  di  patrimoni;  risulta  quindi
escluso  che  tale  regime  possa  trovare  applicazione  anche per i
proventi di attivita' finanziarie eventualmente acquisite dal gestore
in violazione della normativa che ne disciplina l'attivita'.
        Inoltre,  il  riferimento  a  somme  e  beni   non   relativi
all'impresa  lascia  chiaramente intendere che il trattamento fiscale
in commento non puo' trovare applicazione quando i redditi  derivanti
dalla  gestione  aderiscono  a  masse  patrimoniali  appartenenti  ad
imprese commerciali, perche' in tal caso detti redditi  concorrono  a
formare  il  reddito  d'impresa secondo le disposizioni contenute nel
Capo VI del Titolo I del TUIR.
        La disciplina in rassegna non si applica neppure in relazione
ai proventi relativi alle masse patrimoniali  appartenenti  ai  fondi
comuni  d'investimento  -  sia  aperti  che chiusi, sia mobiliari che
immobiliari - alle Sicav e ai fondi pensione, in  quanto  soggetti  a
diverse e specifiche imposte sostitutive delle imposte sui redditi.
        L'opzione  prevista  dall'articolo  7,  comma  1, deve essere
esercitata  mediante  comunicazione  ai   soggetti   abilitati   alla
prestazione  del  servizio  di  gestione  individuale di patrimoni ai
sensi del decreto legislativo n. 415 del 1996. L'articolo 1, comma 2,
del decreto del Ministro delle finanze del 22 maggio 1998, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 del 9  giugno  1998,  prevede  che  i
soggetti  destinatari della comunicazione sono le banche, le societa'
di  intermediazione  mobiliare  ed  le  societa'  fiduciarie  scritte
nell'albo  di  cui  al  predetto  decreto  legislativo,  residenti in
Italia, nonche' alle stabili organizzazioni in Italia di banche e  di
imprese di investimento non residenti, iscritte nel predetto albo.
        Inoltre,   per   quanto  concerne  l'esercizio  e  la  revoca
dell'opzione, il comma 2 dell'articolo  in  esame  stabilisce  che  i
contribuenti  interessati,  salvo  quanto previsto in via transitoria
per i contratti  in  essere  alla  data  di  entrata  in  vigore  del
provvedimento   in   esame,   possono   optare   per   l'applicazione
dell'imposta sostitutiva del 12,50  per  cento  sul  risultato  della
gestione  a  condizione  che  sia  rilasciata  ai gestore un'apposita
comunicazione sottoscritta dal contribuente  all'atto  della  stipula
del  contratto,  nel  qual  caso l'opzione ha effetto immediato. Cio'
porta ad escludere che il particolare regime in esame  che,  come  si
vedra'  meglio  in  seguito,  implica  in  certi casi la posizione di
"lordista" del gestito in relazione ai redditi di capitale e  diversi
che  concorrono  a  formare  il risultato imponibile della gestione -
possa trovare applicazione, per i contratti stipulati a  partire  dal
1o luglio 1998, in assenza di una espressa manifestazione di volonta'
resa  in  forma scritta dal contribuente conseguentemente, in assenza
dell'opzione per il regime del risparmio gestito (nonche'  di  quella
per  il  regime  del  risparmio  amministrato),  i redditi conseguiti
nell'ambito della gestione devono formare oggetto  di  tassazione  in
base   alle   disposizioni   ordinarie   comprese   quelle  contenute
nell'articolo 5 del provvedimento in oggetto.
        Nel caso in cui il contribuente abbia stipulato  uno  o  piu'
rapporti  di gestione senza aver esercitato l'opzione contestualmente
alla stipula del contratto, l'opzione successivamente  rilasciata  al
gestore  ha  effetto dal periodo d'imposta successivo a quello in cui
l'opzione stessa e' stata esercitata (art. 7, comma 2).
        L'opzione ritualmente esercitata ha effetto fino a quando non
e' revocata oppure fino a quando il contratto non viene risolto:  non
e'  quindi  necessaria  una  conferma  periodica  dell'opzione  se il
contratto ha durata pluriennale. Inoltre, fino a quando il  contratto
non  si  scioglie,  l'eventuale  revoca  espressa dal contribuente ha
effetto dal periodo d'imposta successivo a quello  in  cui  e'  stata
manifestata.
        Per  i  rapporti in essere alla data di entrata in vigore del
nuovo regime, l'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n.  461
del  1997, prevede che il nuovo regime impositivo si applica anche in
mancanza di opzione. Tuttavia il contribuente puo' revocare l'opzione
entro il 30 settembre 1998, con effetto dalla data in cui  questa  e'
ricevuta dall'intermediario.
        In  merito a quanto precede si ritiene - in analogia a quanto
osservato con riferimento all'opzione da rendere  per  l'applicazione
del  regime  del  risparmio  amministrato  che  nel  caso  in  cui il
contribuente intrattenga contemporaneamente con  uno  stesso  gestore
piu'  rapporti  di  gestione,  sia  l'opzione  che  la revoca possono
riguardare tutti i rapporti intrattenuti o alcuni soltanto  di  essi.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto ministeriale del
22 maggio 1998, nel caso di contratti cointestati a piu' soggetti nei
cui  confronti  si  applichi  il  medesimo  regime di tassazione, sia
l'esercizio che la revoca dell'opzione svolgono effetti a  condizione
che siano esercitate da tutti i cointestatari.
        Un  caso  di  revoca del tutto particolare e' quello previsto
nel comma 5 dell'articolo in commento, che concerne l'ipotesi in  cui
nel  patrimonio gestito siano compresi titoli, quote, partecipazioni,
certificati o rapporti non negoziati in mercati regolamentati, il cui
valore medio annuo complessivo risulti  superiore  al  10  per  cento
dell'attivo  medio  gestito.  Ebbene,  per  detta  ipotesi  la citata
disposizione prevede due possibilita':
a) che detti titoli, partecipazioni, quote, ecc., siano  valutati  in
   base al valore normale
oppure
b)  che  il  contribuente revochi l'opzione limitatamente ai predetti
   titoli, partecipazioni, quote, ecc..
        Al riguardo, facendo riserva  di  ritornare  sullo  specifico
argomento  allorquando  verra'  esaminato  il  contenuto  del comma 5
dell'articolo in rassegna, si puo' fin d'ora anticipare  che  ove  il
contribuente  opti  per  la  seconda soluzione (revoca parziale), gli
effetti della revoca in costanza  di  svolgimento  del  contratto  di
gestione  decorrono  nei  termini  ordinari previsti dall'articolo 7,
comma 2, e cioe' dall'anno successivo a quello in cui  la  revoca  e'
comunicata  all'intermediario,  conformemente a quanto ora stabilisce
la disposizione in esame.
        Prima di concludere il discorso  sull'esercizio  dell'opzione
in parola, e' opportuno anticipare il contenuto della disposizione di
cui  al  comma  14  dell'articolo in rassegna, che contiene una norma
antielusiva volta ad  evitare  che  le  plusvalenze  derivanti  dalla
cessione  di  partecipazioni  qualificate possano fruire di un regime
impositivo piu' favorevole rispetto a quello per esse previsto.
        Ricalcando  l'analoga  disposizione  recata   dal   comma   8
dell'art.  6  dianzi  esaminato,  la  predetta disposizione di cui al
comma 14 prevede che l'opzione  non  puo'  essere  esercitata  e,  se
esercitata, perde effetto qualora le percentuali di diritti di voto o
di   partecipazione  rappresentate  dalla  partecipazioni,  titoli  o
diritti   complessivamente   posseduti   dal   contribuente,    anche
nell'ambito  di  rapporti  soggetti  alla  disciplina  del  risparmio
amministrato di cui all'art. 6 del provvedimento  in  oggetto,  siano
superiori  a  quelle indicate nell'art. 81, comma. 1, lettera c), del
TUIR.
        La stessa  disposizione  prevede,  inoltre,  che  qualora  il
superamento  delle percentuali si sia verificato in data successiva a
quella in cui e'  stata  esercitata  l'opzione,  il  contribuente  e'
tenuto a comunicare al gestore tale circostanza entro quindici giorni
dalla  data  in  cui  il  si  e'  verificato  il  superamento  o,  se
precedente, alla data della prima cessione, sempreche' il gestore non
sia in grado di verificare tale situazione  sulla  base  dei  dati  e
delle  informazioni  in suo possesso. Infine, per l'ipotesi in cui il
contribuente abbia indebitamente esercitato l'opzione o abbia  omesso
di comunicare al gestore il superamento delle cennate percentuali, si
applica a carico del contribuente la sanzione amministrativa dal 2 al
5  per  cento  del  valore  delle  partecipazioni,  titoli  o diritti
posseduti alla data della commessa violazione.
        Per quanto concerne il  meccanismo  applicativo  dell'imposta
sostitutiva  del 12,50 per cento sul "risultato maturato" nel periodo
d'imposta - espressamente sancito dalla  norma  di  delega  contenuta
nell'art.  3,  comma  160,  lettera g), della citata legge n. 662 del
1996 - nel disciplinare il regime delle  gestioni  patrimoniali,  sia
individuali  che  collettive,  il  legislatore  ha dovuto tener conto
anche di quanto stabilito dalla disposizione contenuta nella  seconda
parte  della  successiva  lettera  n)  della  stessa norma di delega,
laddove e' stato previsto, tra  l'altro,  il  "coordinamento  fra  le
disposizioni  in  materia  di  ritenute  alla  fonte  sui  redditi di
capitale e di imposte sostitutive afferenti i redditi medesimi  ed  i
trattamentii previsti alle lettere g) e i)" .
        Nell'ambito  dell'art.  7  in rassegna, tale coordinamento e'
stato realizzato attraverso le disposizioni contenute nei commi  4  e
3, nei quali e' stato rispettivamente previsto che:
-  la  base  imponibile  da  assoggettati all'imposta sostitutiva del
  12,50 per cento e' costituita dal risultato della gestione maturato
  nel periodo d'imposta. Da cio' si desume agevolmente che i  redditi
  di  capitale e diversi relativi alle masse patrimoniali gestite non
  rappresentano la base imponibile dell'imposta, ma  concorrono  alla
  formazione  della  stessa  secondo  il  criterio della maturazione,
  indipendentemente dalla loro percezione;
- le masse patrimoniali gestite assumono, all'atto  della  percezione
  dei  redditi  di  capitale  e  dei redditi diversi, la qualifica di
  "lordista"  (espressione  desunta  dalla  normativa  contenuta  nel
  decreto   legislativo  n.  239  del  1996,  con  la  quale  vengono
  individuati i soggetti che non subiscono ne' ritenute  alla  fonte,
  ne'   imposte   sostitutive  sui  redditi  delle  obbligazioni  ivi
  disciplinate). Detti redditi, infatti, dovendo essere  assoggettati
  all'imposta  sostitutiva  del 12,50 per cento da parte del gestore,
  in quanto concorrono  a  formare  la  base  imponibile  secondo  il
  cennato  criterio  della maturazione, devono necessariamente essere
  conseguiti senza  aver  subito  alcuna  preventiva  imposizione  e,
  quindi,   senza  applicazione  alcuna  di  ritenute  o  di  imposte
  sostitutive.
        Per effetto di quanto stabilito dal comma 3 dell'articolo  in
esame, quindi, le masse patrimoniali subiscono il prelievo alla fonte
sui  redditi  di capitale soltanto se detto prelievo e' espressamente
previsto e sempreche' i redditi di capitale non rientrino tra  quelli
specificamente   menzionati   nello   stesso   comma   3.   Pertanto,
continueranno ad affluire alla gestione, al netto delle  ritenute  di
legge,  i  redditi di capitale per i quali e' prevista un'aliquota di
ritenuta del 27 per cento (fatta  eccezione  per  gli  interessi  sui
conti  correnti bancari per i quali si verifichi la condizione di cui
all'articolo 7, comma 3, lettera b), del decreto legislativo  n.  461
del   1997)   oppure   la   ritenuta  del  12,50  per  cento  operata
dall'emittente in forza delle disposizioni del novellato articolo 26,
comma 1, del D.P.R. n. 600 del  1973  (interessi  ed  altri  proventi
delle  obbligazioni  emesse  da  societa'  per  azioni  residenti non
quotate, ecc.).
        Per quanto concerne poi i redditi diversi che concorrono    a
formare  il  risultato della gestione, la stessa norma stabilisce che
gli stessi non sono  soggetti  ne'  alle  imposte  sui  redditi,  ne'
all'imposta    sostitutiva    di    cui    all'art.   5,   comma   2.
Conseguentemente, i redditi che concorrono  a  formare  il  risultato
della  gestione  su  cui va applicata l'imposta sostitutiva del 12,50
per cento non sono soggetti alle imposte sostitutive  previste  dagli
att. 5 e 6 del provvedimento in oggetto.
        E' appena il caso di sottolineare ancora una volta che il re-
gime  in  questione  non  si applica alle plusvalenze derivanti dalla
cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate, le quali non
sono menzionate ne' nel comma 1 ne'  nel  comma  3  dell'articolo  in
commento,  e quindi per dette plusvalenze resta fermo l'obbligo della
dichiarazione da  parte  del  contribuente  secondo  quanto  previsto
dall'articolo 5 del provvedimento in esame.
        Cio'   premesso,  il  comma  3  dell'articolo  in  esame,  ha
innanzitutto sancito il criterio di carattere meramente strumentale -
dianzi commentato - secondo cui, nel caso di opzione del contribuente
di volersi avvalere del regime del risparmio gestito,  i  redditi  di
capitale  e  diversi  che  concorrono  a  formare  il risultato della
gestione su cui va applicata  l'imposta  sostitutiva  del  12,50  per
cento, determinati sulla base dei criteri stabiliti dagli artt.  42 e
82  del  TUIR,  non  devono  essere assoggettati a imposta al momento
della loro percezione.
        Con riferimento ai rediti di capitale, tuttavia, si  e'  resa
necessaria  una  disciplina piu' articolata, perche' la deroga al re-
gime del prelievo alla fonte - e quindi la  possibilita'  di  rendere
lordista  il  patrimonio  gestito - si rende praticabile soltanto con
riferimento  ai  redditi  per  i  quali  l'ordinamento  prevede,  nei
confronti  dei  contribuenti non imprenditori, un prelievo definitivo
(cioe', una ritenuta  d'imposta  o  una  imposta  sostitutiva)  nella
misura del 12,50 per cento.
        La  sudetta deroga, invece, non puo' operare per i redditi di
capitale per i quali l'ordinamento prevede che debbano  concorrere  a
formare  il  reddito  complessivo del contribuente nonche', come gia'
accennato, nei casi in cui il prelievo definitivo trova  applicazione
con un'aliquota superiore (quella del 27 per cento). Per tali redditi
il  legislatore  (art.  7,  comma  4)  ha inteso mantenere il sistema
impositivo ad  essi  pertinente,  anche  se  vengono  conseguiti  dal
patrimonio  gestito,  nel  qual  caso  dovranno  essere  dedotti  dal
risultato della gestione da assoggettare all'imposta sostitutiva.
        Inoltre, al fine di evitare una doppia  imposizione,  qualora
nella  gestione  dovessero  aflluire  proventi  gia'  soggetti ad uno
specifico regime di esenzione oppure ad imposizione  sostitutiva,  e'
stato previsto (art. 7, comma 4) che dovranno essere altresi' dedotti
dal  risultato  della  gestione anche i redditi esenti o comunque non
soggetti  ad  imposta,  quali  ad  esempio  le  plusvalenze   (e   le
minusvalenze), di cui all'articolo 20, comma 1, lettera f), del TUIR,
i  proventi  derivanti da quote o azioni di organismi di investimento
collettivo mobiliare soggetti alle disposizioni di  cui  all'articolo
8,  commi  da  1  a  4,  del  decreto  legislativo n. 461 del 1997, i
proventi da fondi comuni di  investimento  immobiliare  di  cui  alla
legge  n.  86 del 1994. Va da se' che le perdite derivanti da quote o
azioni  di  cui  sopra  non  assumono   rilevanza   ai   fini   della
determinazione  del  risultato  di gestione, in quanto le stesse sono
dedotte in capo all'organismo di investimento collettivo.
        Alla stregua di quanto precede e con specifico riferimento ai
redditi di capitale la disposizione in commento ha  quindi  stabilito
che non si applicano:
a)  l'imposta sostitutiva sugli interessi premi ed altri frutti delle
   obbligazioni e titoli similari, pubblici  e  privati,  di  cui  al
   decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239;
b)  la ritenuta del 27 per cento, prevista dall'art. 26, comma 2, del
   D.P.R. 29  settembre  1973,  n.  600,  sugli  interessi  ad  altri
   proventi  dei conti correnti bancari, a condizione che la giacenza
   media annua non sia superiore al 5  per  cento  dell'attivo  medio
   gestito.  Ricorrendo questa ipotesi, nel caso la banca depositaria
   presso  la quale sono intrattenuti i conti correnti bancari sia un
   soggetto diverso dal gestore, quest'ultimo  deve  comunicare  alla
   banca,   mediante  apposita  attestazione,  la  sussistenza  delle
   condizioni che comportano  la  non  applicazione  della  ritenuta.
   Pertanto,  in  mancanza  dell'attestazione  e  nel  caso in cui la
   giacenza media annua sia superiore alla predetta  percentuale,  la
   banca  deve  applicare  la  ritenuta  del 27 per cento sull'intero
   ammontare degli interessi relativi al patrimonio gestito ed in tal
   caso gli interessi assoggettati alla ritenuta  del  27  per  cento
   dovranno   essere   dedotti  dalla  base  imponibile  dell'imposta
   sostitutiva;
c) la ritenuta d'imposta del 12,50 pel cento, prevista dall'art.  26,
   comma  3,  del  D.P.R.  29  settembre  1973,  n.  600  - nel testo
   modificato dall'art. 12, comma 1, del provvedimento in  oggetto  -
   sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli
   similari  aventi  scadenza  non  inferiore a diciotto mesi, emessi
   all'estero da soggetti non residenti. La stessa disposizione ha ad
   oggetto  anche  gli  interessi  e   gli   altri   proventi   delle
   obbligazioni e degli altri titoli di cui all'art. 31 del D.P.R. 29
   settetnbre  1973,  n.  601,  nonche'  di quelli con regime fiscale
   equiparato, emessi all'estero a decorrere dal 10  settembre  1992,
   indipendentemente dalla loro scadenza;
d)  la  ritenuta  del  12,50  per cento, prevista dall'art. 26, comma
   3-bis), del citato D.P.R. n. 600 del 1973 - nel  testo  introdotto
   dall'art. 12, comma 1, del provvedimento in oggetto - sui proventi
   derivanti  dalle  operazioni di riporto e di pronti contro termine
   su titoli e valute e da operazione  di  prestito  titoli  di  cui,
   rispettivamente,  all'art. 41, comma 1, lett. g-bis) e g-ter), del
   TUIR;
e) la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dai commi 1 e 4 dell'art
   27 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600  -  nel  testo  modificato
   dall'art.  12,  comma  4,  del  provvedimento  in  oggetto  -  sui
   dividenti percepiti da persone fisiche residenti in  relazione  ad
   azioni  o  quote  partecipative, italiane o estere, rientranti nel
   ambito delle partecipazioni, non qualificate ai  sensi  dell'art'.
   81,   comma  1  lettera  c-bis),  con  esclusione  delle  ritenute
   applicabili sugli utili derivanti da  partecipazioni  in  societa'
   estere  non  negoziate  in  mercati  regolamentati  sui  quali  il
   prelievo alla fonte e' comunque applicato a titolo d'acconto.  Per
   quanto  riguarda  la  nozione di mercati regolamentati si rinvia a
   quanto specificato al paragrafo 2.2.1.  Inoltre  tenuto  conto  di
   quanto disposto dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legislativo
   in  commento  tale  disposizione  e'  destinata ad operare per gli
   utili la cui distribuzione sia  stata  deliberata  dalla  societa'
   emittente a partire dal 1o luglio 1998;
f)  la  ritenuta  del 12,50 per cento, prevista dal comma 1 dell'art.
   10-ter della  legge  23  marzo  1983,  n.  77  -  come  modificato
   dall'art.  8, comma 5, del provvedimento in oggetto - sui proventi
   derivanti  dalla   partecipazione   a   organismi   d'investimento
   collettivo  in  valori  mobiliari di diritto estero, situati negli
   Stati  membri  dell'Unione  Europea,   conformi   alle   direttive
   comunitarie  e  le  cui  quote sono collocate nel territorio dello
   Stato ai sensi dell'art.   10-bis della stessa  legge  n.  77  del
   1983.
        Il  comma  4  fissa  i  criteri  in base ai quali deve essere
determinato il risultato netto della gestione sul quale va  applicata
l'imposta  sostitutiva  del  12,50  per  cento.  Detto  risultato  e'
costituito dalla differenza tra il valore del patrimonio  gestito  al
termine  di  ciascun  anno  solare (ovvero, se precedente, del valore
risultante alla data di chiusura,  del  contratto  di  gestione),  al
lordo    dell'imposta    sostitutiva    eventualmente    accantonata,
incrementato  dei  prelevamenti  fatti  dal  contribuente  nel  corso
dell'anno,  ed  il valore del patrimonio gestito all'inizio dell'anno
(ovvero, se posteriore, di quello conferito, alla data della  stipula
del  contratto  di gestione). Agli effetti della determinazione e del
risultato  netto  di  gestione,  al  valore  del  patrimonio  gestito
all'inizio  dell'anno vanno aggiunti gli ulteriori conferimenti fatti
dal contribuente nel corso dell'anno, i redditi maturati nel  periodo
e  soggetti  a ritenuta, i redditi che concorrono alla formazione del
reddito complessivo del contribuente, i redditi esenti o comunque non
soggetti ad  imposta  maturati  nel  periodo,  i  proventi  derivanti
partecipazione  ad  organismi  d'investimento  collettivo  in  valori
mobiliari soggetti all' imposta sostitutiva, nonche' i proventi della
partecipazione ai fondi comuni di  investimento  immobiliare  di  cui
alla legge 25 gennaio 1994, n. 86.
        Naturalmente concorrono a formare il risultato della gestione
le  eventuali  plusvalenze  o  minusvalenze  derivanti dalle quote di
partecipazione in organismi di investimento  collettivo  (determinate
tenendo  conto  delle disposizioni dell'articolo 81, comma 1, lettera
c-ter) del TUIR, nonche' di quelle contenute nel  novellato  articolo
42, comma 4 - bis, del TUIR), cosi come le plusvalenze e minusvalenze
derivanti  dai  valori  mobiliari  che  generano  redditi di capitale
esenti, soggetti a ritenuta (ancorche' conseguiti  nell'ambito  della
gestione)  ovvero che concorrono a formare il reddito complessivo del
contribuente. In  entrambi  i  casi  le  plusvalenze  e  minusvalenze
concorrono a formare il risultato della gestione.
        Tale  risultato,  tuttavia,  non  costituisce  ancora la base
imponibile su cui deve essere  applicata  l'imposta  sostitutiva,  in
quanto  da  esso  il  gestore deve dedurre le commissioni e gli oneri
relativi al patrimonio gestito: trattasi della tassa sui contratti di
borsa, delle commissioni di gestione, di  quelle  di  negoziazione  e
dell'eventuale  imposta  di  successione  e  donazione corrisposta in
relazione ai titoli e ai diritti immessi nella gestione patrimoniale,
con esclusione in ogni caso degli  interessi  passivi  sostenuti  per
finanziare le operazioni della gestione.
        Per  quanto  concerne i criteri di valutazione del patrimonio
gestito all'inizio e alla fine dell'anno, il comma 5 dell'articolo in
esame prevede che il gestore debba fare ricorso  a  quelli  stabiliti
nei  regolamenti  adottati dalla Consob in attuazione del gia' citato
decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415.
        Relativamente ai titoli, alle quote, alle partecipazioni,  ai
certificati   ed  agli  altri  rapporti  non  negoziati  nei  mercati
regolamentati, con  il  decreto  ministeriale  previsto,  nell'ultimo
periodo  del  comma 5 dell'articolo in rassegna e' stato disposto che
detti titoli e  rapporti  sono  valutati  al  presumibile  valore  di
realizzo  sul  mercato,  individuato  su  un'ampia  base  di elementi
d'informazione,   oggettivamente    considerati    dall'intermediario
autorizzato,  concernenti sia la situazione dell'emittente che quella
del mercato. In particolare, per i contratti ed i  rapporti  derivati
di  cui  all'art.  81,  comma  1,  lett,  c-quater), del TUIR e per i
rapporti  attraverso  cui  possono  essere  conseguiti  differenziali
positivi  e  negativi  in  dipendenza  di un evento incerto, indicati
nella lettera c-quinquies) dell'art. 81 del medesimo testo unico, non
negoziati nei mercati regolamentati, lo stesso  decreto  ministeriale
dispone  che  la  valutazione  va  effettuata  con  riferimento  alle
condizioni di mercato.
        I criteri sopra indicati valgono, naturalmente,  soltanto  se
il  patrimonio  gestito non sia composto per oltre il 10 per cento da
titoli e rapporti non negoziati nei mercati regolamentati perche', in
caso contrario, il gestore dovra' valutare detti  titoli  e  rapporti
sulla  base  del loro valore normale, il che significa che i predetti
titoli, certificati rapporti e strumenti finanziari sono valutati  al
maggiore  tra  il valore risultante dall'applicazione dei criteri del
presumibile valore di realizzo e quello risultante  dall'applicazione
dei criteri di cui all'art. 9, comma 4, lett. b) e c), del TUIR (cfr.
decreto  del  Ministro delle finanze del 9 giugno 1998 in G.U. n. 138
del 16 giugno 1998). Come  si  e'  avuto  modo  di  anticipare  sullo
specifico  argomento,  resta  comunque  salva  la  facolta',  per  il
contribuente, di revocare l'opzione limitatamente ai predetti  titoli
e rapporti.
        Ai  fini  dell'applicazione  dell'imposta sostitutiva si deve
tuttavia tener conto di quanto dispone il comma 10  del  articolo  in
esame,  laddove  si  prende in esame l'ipotesi che il risultato della
gestione sia negativo. Ricorrendo detta ipotesi, la  disposizione  in
commento  prevede  che  questo  risultato  negativo  e'  computato in
diminuzione del risultato -evidentemente positivo  -  della  gestione
dei  periodi  d'imposta  successivi,  ma  non  oltre  il  quarto, per
l'intero importo che trova capienza in essi.
        Attesa la formulazione della  disposizione  in  commento,  si
ritiene che la predetta compensazione tra il risultato negativo di un
anno  e quello positivo degli anni successivi debba essere realizzata
nell'ambito  di   ciascun   patrimonio   gestito   da   un   medesimo
intermediario  e  che,  pertanto, qualora un contribuente intrattenga
due o piu' rapporti di gestione con  un  medesimo  intermediario,  il
risultato  negativo  di un contratto non puo' essere compensato con i
risultati positivi degli altri contratti, ma deve  essere  compensato
con  i  risultati  positivi  che  da quello stesso contratto potranno
derivare nei successivi periodi d'imposta
        Inoltre,  la  previsione  secondo  il  risultato  negativo va
computato  in  diminuzione  dei  risultati  positivi  conseguiti  nei
successivi  anni  per  l'intero ammontare di detto risultato negativo
che trovi capienza in quelli positivi, porta ad  escludere  che  tale
compensazione  possa  essere  effettuata  in misura diversa da quella
prevista dalla norma.
        Cio' non pregiudica la posizione di quei contribuenti che  si
trovino nella situazione di dover compensare un risultato negativo ma
non  possano avvalersi della procedura prevista dal predetto comma 10
per esserne venute meno le condizioni (a causa dello scioglimento del
contratto o della revoca dell'opzione). Ricorrendo tale  ipotesi,  il
diritto  del contribuente a compensare il suddetto risultato negativo
con quelli positivi conseguiti nei successivi  periodi  d'imposta  e'
stato assicurato dal legislatore attraverso la disposizione di cui al
comma  13  dell'articolo in esame, laddove e' previsto che il gestore
deve  rilasciare  al  contribuente  un  certificato  nel  quale   sia
indicato,  oltre  al  valore  dei  titoli  restituiti al contribuente
calcolato con  riferimento  al  giorno  in  cui  l'opzione  ha  perso
efficacia, anche l'ammontare dei risultati negativi della gestione ed
il  periodo  d'imposta  in  cui  essi  sono  emersi  e per i quali il
contribuente ha il diritto di effettuare la predetta compensazione.
        Il comma 13 in questione prevede,  infatti,  che  i  predetti
risultati  negativi  possono  essere  computati  in  diminuzione, nel
rispetto dei limiti temporali sopra indicati:
 ___
|   |    dalle plusvalenze imponibili relativamente alla quale
|___|    il contribuente e' tenuto a farne oggetto, di
         dichiarazione ai sensi dell'art. 5, comma 3, del
         provvedimento in oggetto;
 ___
|   |    dalle plusvalenze realizzate nell'ambito del regime del
|___|    risparmio amministrato di cui all'art. 6 del provvedimento
         in esame;
 ___
|   |    dal risultato positivo di un contratto di gestione che il
|___|    contribuente abbia stipulato con lo stesso o con un altro
         gestore.
        E' appena il  caso  di  ricordare  che  nei  casi  di  revoca
dell'opzione  e  di  scioglimento del contratto il passaggio del beni
dal gestore al contribuente si configura come trasferimento a  titolo
oneroso  dei titoli, quote, certificati, valute e rapporti, come tale
suscettibile di generare plusvalenze tassabili. Di cio' si deve tener
conto ai fini della successiva  applicazione  dell'equilizzatore,  in
quanto  la  data  rilevante  a  tal  fine  e'  quella  del 1o gennaio
dell'anno successivo a quello in  cui  e'  stata  revocata  l'opzione
ovvero quella in cui e' stato chiuso il contratto in tale ipotesi.
        I  commi  7 e 8 dell'articolo in esame disciplinano il regime
fiscale dei  conferimenti  e  dei  prelievi  fatti  dal  contribuente
nell'ambito del rapporto di gestione.
        Con  la  prima  delle citate disposizioni viene stabilito che
nel caso in cui il  contribuente  abbia  stipulato  un  contratto  di
gestione   ed   abbia   contestualmente   esercitato   l'opzione  per
l'applicazione dell'imposta  sostitutiva  del  12,50  per  cento  sul
risultato  maturato della gestione, il conferimento dei titoli, delle
quote, dei certificati e degli altri rapporti deve essere considerato
alla stregua di una cessione a titolo oneroso.
        Poiche' i titoli ed i rapporti vengono presi  in  carico  dal
gestore   sulla  base  del  valore  che  essi  hanno  alla  data  del
conferimento, e' stato disposto che sulle plusvalenze emergenti  alla
data del conferimento si applicano le disposizioni di cui ai commi 5,
6,  9  e  12  dell'art.  6 del provvedimento in oggetto. Pertanto, le
plusvalenze o minusvalenze emergenti alla  data  della  consegna  dei
titoli   o   rapporti  dal  parte  del  contribuente  si  considerano
realizzate e ad esse, qualora superino le minusvalenze rilevate  alla
stessa  data sugli stessi titoli e rapporti, si applica la disciplina
fiscale  del  risparmio  amministrato  prevista  dell'art.  6  dianzi
esaminato,    anche    per    quel    che   riguarda   l'applicazione
dell'equalizzatore. Cio' comporta che sulle cennate plusvalenze, come
sopra  calcolate,  il  gestore  e'  tenuto  ad  applicare   l'imposta
sostitutiva del 12,50 per cento ed a versarla entro il giorno 1 5 del
secondo mese successivo.
        La  stessa disposizione del comma 7 in esame prevede altresi'
il caso in cui i titoli ed i rapporti di che trattasi non siano stati
materialmente consegnati al gestore dal contribuente,  ma  provengano
da   un   altro  rapporto  di  gestione  relativamente  al  quale  il
contribuente ha esercitato l'opzione per l'applicazione  dell'imposta
sostitutiva.  Ebbene, per questa ipotesi la norma in esame stabilisce
che il patrimonio trasferito da una gestione  all'altra  deve  essere
valorizzato  dal  gestore  uscente sulla base del valore attribuibile
nel giorno in cui viene eseguito il  trasferimento  e  che  a  questo
stesso  valore  il patrimonio viene assunto dal gestore che lo prende
in carico.
        Sempre per quel che concerne la disciplina dei  conferimenti,
la stessa norma di cui al comma 7 in esame contempla il caso in cui i
titoli  ed i rapporti conferiti in gestione provengano da un rapporto
per il quale il contribuente aveva esercitato l'opzione per fruire  -
del  regime  di  cui  all'art.  6  del  provvedimento in oggetto, che
concerne il regime  del  risparmio  amministrato  gia'  esaminato  in
precedenza.  Per  detta ipotesi e' stato previsto che l'intermediario
cui competeva l'applicazione dell'imposta sostitutiva secondo il  re-
gime   del  risparmio  amministrato  e'  tenuto  ad  applicare  sulle
plusvalenze relative ai titoli ed ai  rapporti  trasferiti  l'imposta
sostitutiva di cui all'art. 6, comma 6 del provvedimento in oggetto e
a  rilasciare  al contribuente l'apposita certificazione ivi prevista
dalla quale risulti  il  valore  dei  titoli,  quote,  certificato  o
rapporti trasferiti.
        Qualora  emergano  minusvalenze  in  sede  di valutazione dei
titoli o rapporti conferiti in un nuovo contratto di gestione, queste
minusvalenze  non  possono  essere  computate  in   diminuzione   del
risultato  della  gestione  ove aderiscano a titoli o rapporti che il
contribuente  ha  materialmente  consegnato  al  gestore  ovvero   se
derivino da un precedente rapporto di amministrazione, cio' in quanto
il comma 5 dell'art. 6 del provvedimento in oggetto stabilisce che le
minusvaleze realizzate nell'ambito del risparmio amministrato possono
essere  dedotte  dal  contribuente  soltanto  se  il  contribuente si
avvale, dopo il trasferimento, di  uno  dei  due  sistemi  impositivi
previsti  dagli  art. 5 e 6 del provvedimento in oggetto, vale a dire
quello della dichiarazione e quello del risparmio amministrato.
        E' invece possibile, come gia' detto, computare il  risultato
negativo  della gestione, risultante dopo la conclusione del relativo
contratto, in diminuzione del risultato positivo maturato in capo  ad
un  altro contratto di gestione (nuovo o gia' esistente) intestato al
medesimo  contribuente,  sempreche'  quest'ultimo  abbia   esercitato
l'opzione per l'applicazione del regime del risparmio gestito. Questa
possibilita'   e'   infatti   espressamente  prevista  dal  comma  13
dell'articolo in esame, laddove viene stabilito che  il  gestore  del
contratto concluso e' tenuto a rilasciare al contribuente un'apposita
certificazione  dalla  quale  risultino  gli  importi  computabili in
diminuzione delle plusvalenze ai sensi dell'art.  82,  comma  4,  del
TUIR,  nel  testo  sostituito  dall'art.  4,  comma  1, lett. b), del
provvedimento  in  oggetto.  Ovviamente,  nella   certificazione   va
indicato  altresi' l'anno solare cui i predetti risultati negativi si
riferiscono, ai fini della verifica del  limite  temporale  stabilito
dalla citata disposizione dell'art. 82 del TUIR.
        I  commi 8 e 9 disciplinano le ipotesi in cui il contribuente
effettui nel corso di validita' del contratto prelevamenti dei titoli
o rapporti conferiti ovvero ne disponga il  trasferimento  presso  un
altro  deposito  o  rapporto  di custodia o di amministrazione di cui
all'art. 6 precedentemente esaminato.
        Ricorrendo  queste  ipotesi,  con  la   disposizione   recata
dall'art.  8  del  provvedimento in oggetto e' stato stabilito che le
circostanze sopra evidenziate determinano il sorgere del  presupposto
impositivo  delle  plusvalenze maturate sugli strumenti finanziari in
questione fino alla  data  del  loro  prelievo  o  trasferimento,  da
quantificarsi  secondo  i  criteri  di  valutazione di cui al comma 5
dello stesso art. 7 in. commento. Per effetto di tale disciplina,  il
risultato  della  gestione  relativo al periodo in cui tali eventi si
sono verificati deve  essere  determinato  tenendo  conto  anche  del
valore  che  i  predetti titoli o rapporti avevano alla data del loro
prelievo  o  trasferimento.  Cio'  implica   che,   ai   fini   della
determinazione  del  risultato  della gestione, il predetto valore e'
computato in aumento del patrimonio gestito, quale risulta alla  fine
del  periodo  d'imposta  o,  se precedente, alla data di chiusura del
contratto.
        Per espressa previsione della norma  in  esame,  la  predetta
disposizione non si applica quando il prelievo o il trasferimento sia
stato  causato  da  donazione  o successione ereditaria. Per siffatte
eventualita', il trasferimento ad un diverso rapporto intestato  agli
eredi,  ai  legatari  o donatari non si configura come fattispecie al
cui  verificarsi  il  legislatore  ha  collegato   il   sorgere   del
presupposto   impositivo   ai   fini  dell'applicazione  dell'imposta
sostitutiva in questione. Pertanto, in caso di prelievo i  titoli,  i
certificati  e  i  rapporti  sono  valorizzati  in capo al patrimonio
gestito tenendo conto dell'ultimo costo  di  acquisto  sostenuto  dal
gestore,   ovvero,  se  posteriore,  dell'ultimo  valore  fiscalmente
rilevante  ai  fini   dell'applicazione   dell'imposta   sostitutiva.
Inoltre,   ai   fini   della   determinazione   delle  plusvalenze  e
minusvalenze in capo  agli  eredi,  i  prelievi  ed  i  trasferimenti
conseguenti  ad una successione o donazione devono essere valorizzati
assumendo i criteri fissati dall'articolo 82, comma 5, del TUIR, come
modificato dall'articolo 4 del decreto legislativo in commento.
        Qualora  il  prelievo  dei  titoli  o  rapporti  derivi dallo
scioglimento del contratto, si viene a determinare la  situazione  in
cui  la  revoca  ha  effetto  immediato:  in  tal  caso  il  gestore,
nell'applicare l'imposta sostitutiva, deve assumere  come  patrimonio
finale il valore del patrimonio alla data di chiusura del contratto.
        Il  comma 9 dell'articolo in commento stabilisce, poi, che in
tutti i casi previsti dal comma 8 sopra esaminato, il predetto valore
costituira' il costo fiscalmente riconosciuto dei predetti  titoli  e
rapporti  nell'ambito  di  ciascuno  dei  regimi (che posso essere, a
seconda delle scelte del contribuente,  quello  della  dichiarazione,
quello del risparmio amministrato o quello del risparmio gestito) che
si  rendera'  successivamente  applicabile. Al fine di assicurare una
corretta applicazione del suddetto principio  della  continuita'  dei
valori,  la  norma  in  esame  stabilisce  che il gestore e' tenuto a
rilasciare al contribuente una certificazione dalla quale risulti  il
valore  dei titoli, quote, certificati, valute e rapporti - prelevati
o trasferiti - che sono  stati  assunti  per  la  determinazione  del
risultato   della   gestione.   In  tale  contesto  sembra  opportuno
anticipare quanto prevede il comma 15 dell'articolo in esame, laddove
si stabilisce che, nel caso in cui il contribuente che ha prelevato i
titoli o rapporti ricada in uno dei regimi di cui all'art.  5  (della
dichiarazione)  o 6 (del risparmio amministrato) del provvedimento in
esame, ai fini dell'applicazione  dell'equalizzatore,  come  data  di
acquisto  dei titoli o rapporti si assume quella in cui ha effetto il
prelievo o la revoca dell'opzione.
        Il comma 11 si occupa del versamento dell'imposta sostitutivi
del 12,50 per cento sul risultato della  gestione.  Tale  adempimento
deve  essere  svolto dal soggetto gestore il quale, in mancanza della
liquidita'  necessaria  per  effettuare  il  detto   versamento,   e'
legittimato ad effettuare, anche in deroga alle norme contrattuali, i
disinvestimenti  all'uopo  necessari,  a meno che il contribuente non
provveda a rimettergli le somme necessarie entro  il  giorno  15  del
mese  in  cui  l'imposta  deve essere versata. La stessa disposizione
prevede che nel caso di prelievo o  di  trasferimento  dei  titoli  o
rapporti  di  cui  al comma 8 precedentemente esaminato il gestore e'
legittimato a sospendere l'esecuzione delle prestazioni fino a quando
il contribuente non  gli  ha  fornito  le  somme  necessarie  per  il
versamento o dell'imposta dovuta.
        Circa   le  modalita'  del  versamento  dell'imposta,  si  fa
presente che lo stesso puo'  essere  alternativamente  effettuato  al
concessionario  della  riscossione  oppure  alla sezione di tesoreria
provinciale dello Stato; per quanto concerne, invece, i termini entro
cui il versamento deve essere effettuato si fa presente che l'imposta
va versata entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello in  cui
e'  maturato  il relativo debito oppure entro il quindici del secondo
mese successivo a quello in cui  e'  stato  revocato  il  mandato  di
gestione.
        Il  comma 12 stabilisce che, entro lo stesso termine previsto
dalle  disposizioni  in  materia  di  imposte  sui  redditi  per   la
presentazione  della  dichiarazione dei redditi propri, il gestore e'
tenuto a  presentare  anche  la  dichiarazione  relativa  all'imposta
sostitutiva  prelevata  sul  complesso delle gestioni. Cio' significa
che la dichiarazione deve essere presentata entro un mese dalla  data
di  approvazione del bilancio di esercizio, come previsto dal comma 2
dell'art. 9. del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
        Il comma 13 dell'articolo in commento disciplina - come  gia'
anticipato  -  le  modalita' di utilizzo del risultato negativo della
gestione emergente  al  momento  dell'uscita  dallo  speciale  regime
opzionale  del risparmio gestito. Tale situazione, che si verifica in
caso  di  scioglimento  del  contratto  o  di  revoca   dell'opzione,
impedisce  materialmente di riportare in avanti il risultato negativo
nell'ambito della medesima gestione che lo ha  prodotto:  per  questo
motivo e' stata offerta al contribuente la possibilita' di dedurre il
predetto  risultato negativo delle plusvalenze che formano oggetto di
dichiarazione secondo le modalita' previste dall'art.  82,  comma  4,
del  TUIR  oppure  nell'ambito  di  un  altro  rapporto  di  gestione
intestato allo stesso contribuente, per il quale sia stata ovviamente
esercitata la  prescritta  opzione.  Per  consentire  l'esercizio  di
questo  diritto, la disposizione in esame ha stabilito che il gestore
rilasci  al  contribuente  un'apposita  certificazione  dalla   quale
risulti  l'importo  del risultato negativo e l'anno in cui esso si e'
prodotto. Il risultato negativo  puo'  essere  inoltre  computato  in
diminuzione  dal  risultato  di un altro contratto di gestione che il
contribuente ha gia' stipulato o stipula ex novo con lo stesso od  un
altro gestore, nonche' dalla plusvalenze realizzate nell'ambito di un
rapporto  soggetto  al  regime  del  risparmio  amministrato  di  cui
all'art. 6, sempreche' tali  rapporti  siano  intestati  allo  stesso
contribuente e sempre nei limiti temporali stabiliti dalla legge.
        Per  quanto  non  specificamente  disciplinato dall'art. 7 in
esame circa l'accertamento, la riscossione e le sanzioni  applicabili
in   relazione   agli  obblighi  di  dichiarazione  e  di  versamento
dell'imposta sostitutiva dal parte  dei  gestori,  il  comma  16  del
medesimo  articolo  rinvia  alle  disposizioni  di carattere generale
applicabili in materia di imposte sui redditi. Al riguardo si  rinvia
alle precisazioni gia' fornite al paragrafo 3.1.
3.5          APPLICAZIONE  DELL'IMPOSTA  SOSTITUTIVA SUL RISULTATO DI
        GESTIONE  DEGLI  ORGANISMI  Di  INVESTIMENTO  COLLETTIVO  DEL
        RISPARMIO
3.5.1   Generalita'
        Come  e' noto il vigente regime tributario degli organismi di
investimento collettivo in valori mobiliari e' dettato  dall'articolo
9  della  legge  23  marzo  19 3, n. 77 (fondi comuni di investimento
mobiliare aperti italiani), dall'articolo 14 del decreto  legislativo
25  gennaio  1992,  n.  84  (SICAV italiane), dall'articolo 1 1 della
legge 14 agosto 1993, n. 344 (fondi comuni di investimento  mobiliare
chiusi  italiani)  nonche'  dall'articolo 11-bis del decreto legge 30
settembre 1983, n. 512 convertito  con  modificazioni  con  legge  25
novembre  1983,  n.  649 (fondi comuni lussemburghesi c.d.  storici).
Tali disposizioni prevedono il seguente regime impositivo:
a) l'assenza di soggetivita' degli organismi  in  questione  ai  fini
   delle imposte dirette;
b) l'applicazione di una imposta patrimoniale sostitutiva commisurata
   al  patrimonio  medio  netto  del fondo o della SICAV rilevato nel
   periodo  d'imposta.  Le   aliquote   variano   a   seconda   della
   composizione degli attivi del fondo o della SICAV ovvero a seconda
   della natura dell'organismo di investimento collettivo;
c)  l'applicazione  delle  ritenute  e  delle imposte sostitutive sui
   redditi di capitale conseguiti dai fondi nonche' le  ritenute  sui
   redditi  diversi  di  cui all'articolo 81, comma 1, lettera c-ter)
   del testo unico nel testo vigente fino al 30 giugno 1998.
        Come gia' anticipato in  premessa,  nel  tracciare  le  linee
guida  del  regime opzionale di tassazione sul risultato maturato, il
legislatore ha tra l'altro stabilito,  con  la  disposizione  di  cui
all'art.  3,  comma 160, lettera i), della piu' volte citata legge n.
662 del 1996, che la revisione del  regime  fiscale  degli  organismi
d'investimento  collettivo  in  valori  mobiliari  deve  avvenire con
criteri analoghi a quelli fissati nella  lettera  g)  della  medesima
norma,  che  riguarda  -  come  noto  -  la  disciplina fiscale delle
gestioni individuali e che ha  gia'  formato  oggetto  di  esame  nel
precedente  paragrafo,  laddove  e'  stato  illustrato  il  contenuto
dell'art. 7 del provvedimento in oggetto.
        Per effetto  di  tale  indicazione,  il  regime  fiscale  dei
predetti  organismi d'investimento viene sostanzialmente a coincidere
con quello ideale gestioni individuali sopra citate,  le  quali  sono
caratterizzate dall'applicazione di una imposta sostitutiva del 12,50
per  cento  sul  risultato  maturato  della  gestione, dal cui ambito
applicativo vanno esclusi  i  redditi  esenti  e  quelli  soggetti  a
ritenuta  d'imposta o ad imposta sostitutiva, e dalla possibilita' di
compensare il risultato negativo di un periodo d'imposta  con  quelli
positivi degli anni successivi.
        Detto regime implica, come e' evidente, un profondo mutamento
dell'attuale  regime  fiscale,  che  -  come  accennato  - prevede la
definitivita'  del  prelievo  alla  fonte  sui  redditi  di  capitale
percepiti  dal  fondo  comune  e  sull'imposizione  delle plusvalenze
conseguite  mediante  applicazione  di  una   imposizione   di   tipo
patrimoniale ad opera della societa' di gestione del fondo.
        La  nuova  disciplina fiscale degli organismi di investimenti
collettivo  in  valori  mobiliari  e'  contenuta  nell'art.   8   del
provvedimento  in esame, nel quale e' stato trascritto il nuovo testo
delle disposizioni tributarie ad essi relativi e che vengono  qui  di
seguito elencate:
a) dell'art. 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77, che riguarda i fondi
   comuni   d'investimento   mobiliare  di  tipo  aperto  di  diritto
   nazionale (comma 1);
b) dell'art 14 del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 84,  che  riguarda  gli
   organismi  d'investimento collettivo in valori mobiliari, operanti
   nella forma delle societa' d'investimento  a  capitale  variabile,
   usualmente indicate con la sigla "SICAV" (comma 2);
c)  dell'art.  11  della legge 14 agosto 1993, n. 344, che riguarda i
   fondi comuni d'investimento mobiliare di tipo  chiuso  di  diritto
   nazionale (comma 3);
d)  dell'art.  11-bis  del  decreto-legge  settembre  1983,  n.  512,
   convertito, con modificazioni dalla legge  25  novembre  1983,  n.
   649,  che  riguarda i fondi comuni esteri d'investimento mobiliare
   di tipo aperto, autorizzati al collocamento nel  territorio  dello
   Stato   ai   sensi  del  decreto-legge  6  giugno  1956,  n.  476,
   convertito, con modificazioni, dalla legge 25 luglio 1956, n.  786
   (comma 4);
        Con  il  comma  5, dell'articolo 8 sono altresi' modificati i
commi da 1 a 6 dell'art, 10-ter della legge  n.  77  del  1983  sopra
citata,  che  riguarda  gli  organismi  d'investimento  collettivo in
valori mobiliari di diritto estero le cui quote  sono  collocate  nel
territorio dello Stato.
        Nessuna  modifica  e'  stata invece apportata alla disciplina
fiscale riguardante i fondi comuni  di  investimento  immobiliare  di
tipo  chiuso  di  cui  alla  legge 25 gennaio 1994, n. 86, ed i fondi
pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile  1993,  n.  124,  in
quanto  la  delega  ha  fatto  riferimento  soltanto  agli  organismi
d'investimento collettivo in valori mobiliari.
        Cio' premesso, viene  qui  di  seguito  illustrata  la  nuova
disciplina  fiscale dei predetti organismi, come risulta dalle citate
disposizioni dell'art. 8 in rassegna.
3.5.2     Fondi comuni  d'investimento  di  tipo  aperto  di  diritto
        nazionale
        Il  primo  periodo del comma 1 dell'art. 9 della citata legge
n. 77 del 1983 come sostituito dal comma 1 dell'articolo in  esame  -
stabilisce, innanzitutto, che i fondi comuni di che trattasi non sono
soggetti alle imposte sui redditi, con cio' confermando l'attuale re-
gime  fiscale  dei  fondi  comuni  di  investimento mobiliare di tipo
aperto di diritto nazionale.
        Il  secondo  periodo  del  medesimo  articolo  ribadisce   il
criterio - gia' sancito dall'attuale testo dell'articolo in questione
-  secondo  cui le ritenute operate sui redditi di capitale percepiti
dal fondo s'intendono applicate a titolo d'imposta. In merito a  tale
disposizione   e   necessario   un  chiarimento,  in  quanto  il  suo
significato e' diverso da  quello  attribuibile  alla  corrispondente
norma del testo attuale.
        Come si vedra' meglio in seguito, poiche' il nuovo sistema di
tassazione dei fondi in questione prevede che la societa' di gestione
e'   tenuta  ad  applicare  sul  risultato  della  gestione  maturato
nell'anno  l'imposta  sostitutiva  del  12,50  per  cento,  e'  stato
necessario  coordinare tale regime con le disposizioni riguardanti la
tassazione dei proventi conseguiti dai fondi, tra le  quali  assumono
particolare rilievo le altre norme contenute nel comma 1 del medesimo
articolo 9 in rassegna che, da un lato, limitano il prelievo soltanto
a taluni redditi di capitale e, dall'altro, attribuiscono ai fondi la
qualifica  di  soggetto  cosiddetto  "lordista"  - espressione questa
desunta dalla normativa recata dal decreto  legislativo  n.  239  del
1996,  che  per  taluni  soggetti  sancisce  il diritto a percepire i
redditi di capitale "al lordo" dell'imposta sostitutiva ovvero  delle
ritenute  alla  fonte  applicabili  -  con la conseguenza che i fondi
comuni interessati non devono subire in ogni  caso  la  tassazione  a
monte  sui  redditi  di  capitale  da  essi  percepiti, ma solo se le
singole disposizioni prevedono l'applicazione del prelievo alla fonte
nel loro confronti.
        Analogo problema non si pone ovviamente per quel che concerne
i redditi diversi, in quanto i fondi in parola non sono soggetti alle
imposte  sui  redditi,  come  previsto  dalla   citata   disposizione
contenuta nel primo periodo del comma 1 dell'articolo 9. Pertanto, le
plusvalenze e le minusvalenze di cui al comma 1 dell'art. 81 del TUIR
sono  percepiti dal fondi comuni al lordo di ogni onere impositivo ed
in tale misura concorrono  a  formare  il  risultato  della  gestione
maturato  nel  periodo  d'imposta  su  cui si applica il prelievo del
12,50 per cento.
        Il  terzo  periodo  del  comma  1  dell'articolo   in   esame
stabilisce,  con  riferimento  ai  redditi  di capitale percepiti dai
fondi comuni in rubrica citati, che non si applicano:
a) la ritenuta del 27 per cento prevista dall'art. 26, comma  2,  del
   D.P.R.  n.  600  del 1973 sugli interessi e gli altri proventi dei
   conti correnti bancari, a condizione che la giacenza  media  annua
   non  sia  superiore  al  5  per  cento  dell'attivo medio gestito.
   Sebbene  tale  previsione  rappresenti  una  rilevante  deroga  ai
   principi  generali  della  riforma, si osserva che la stessa trova
   ragione nel fatto che nella fattispecie il conto corrente bancario
   rappresenta un mezzo necessario  per  eseguire  le  operazioni  di
   gestione  e,  quindi,  a  detti  conti  non  si puo' attribuire la
   funzione di un normale strumento d'investimento finanziario  delle
   liquidita'  se la giacenza delle somme sia contenuta nei ristretti
   margini quantitativi previsti dalla disposizione in esame.  Va  da
   se' che, nel caso in cui la cennata condizione non sia rispettata,
   la  ritenuta  del  27  per cento deve essere applicata anche sugli
   interessi riferibili alla percentuale del 5 per cento  ed  in  tal
   caso  gli  interessi  assoggettati  alla ritenuta del 27 per cento
   dovranno  essere  dedotti  dalla  base   imponibile   dell'imposta
   sostitutiva;
b)  la ritenuta del 12,50 per cento prevista dal comma 3 dell'art. 26
   del citato D.P.R. n. 600 del 1973 - nel testo sostituito dall'art.
   12, comma 1, del provvedimento in oggetto - sugli interessi e  gli
   altri  proventi  delle  obbligazioni  e  degli altri titoli emessi
   all'estero con scadenza non inferiore a diciotto mesi, nonche' dei
   titoli di cui all'art. 31 del D.P.R. 29 settembre  1973,  n.  601,
   compresi quelli con regime fiscale equiparato, emessi all'estero a
   decorrere  dal  10  settembre  1992,  indipendentemente dalla loro
   scadenza;
c) la ritenuta del 12,50 per cento prevista dal comma 3-bis dell'art.
   20 del citato D.P.R. n.  600  del  1973  -  nel  testo  sostituito
   dall'art.    12,  comma  1,  del  provvedimento  in  oggetto - sui
   proventi delle operazioni di prestito titoli e  di  pronti  contro
   termine  di  cui  all'art.  41,  comma 1, del TUIR precedentemente
   esaminato;
d) la ritenuta del 12,50  per  cento  sui  proventi  derivanti  dalla
   partecipazione  agli organismi d'investimento collettivo in valori
   mobiliare di tipo  aperto  di  diritto  estero,  armonizzati  alle
   direttive comunitarie ed autorizzati al collocamento in Italia, di
   cui all'art. 10-ter, comma 1, della stessa legge n. 77 del 1983.
        Cio'   premesso,  tenuto  conto  di  quanto  stabilito  dalla
disposizione teste' esaminata e dalle altre disposizioni riguardanti,
l'applicazione da parte degli intermediari, delle ritenute alla fonte
o dell'imposta sostitutiva sui i redditi di capitale, i casi in cui i
fondi comuni non subiscono alcun prelievo  alla  fonte  -  sia  sotto
forma  di  ritenuta  che  di imposta sostutiva - possono essere cosi'
individuati, in aggiunta a quelli sopra elencati:
e) l'imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti delle
   obbligazioni pubbliche e private di cui al decreto legislativo  1o
   aprile  1996,  n.  239 nel testo sostituito dall'art. 12, comma 3,
   lettera b), del provvedimento in oggetto.  La  nuova  disposizione
   infatti,   nell'elencare  i  soggetti  cui  si  applica  l'imposta
   sostitutiva  in  questione  non  menziona  piu'  i  fondi   comuni
   d'investimento   e   conseguentemente   nel   loro  confronti  gli
   intermediari non devono applicare l'imposta sostitutiva in parola;
f) la ritenuta del 12,50 per cento sugli  utili  in  qualunque  forma
   corrisposti  ai  soci dalle Societa' e degli enti, sia che esteri,
   prevista all'art. 27  del  D.P.R.  n.  600  del  1973,  nel  testo
   sostituito  dal comma 4 dell'art. 12 del provvedimento in oggetto.
   Il comma 1 dell'art. 27 teste' citato  prevede,  infatti,  che  la
   ritenuta si applica nei confronti delle persone fisiche, dei fondi
   pensione  e dei fondi immobiliari e, conseguentemente, in mancanza
   di una espressa previsione normativa in senso diverso,  gli  utili
   corrisposti  ai  fondi comuni in parola non sono soggetti ad alcun
   prelievo alla  fonte  e  concorrono  a  formare  il  risultato  di
   gestione  di cui al comma dell'art. 9 in commento. Tenuto conto di
   quanto disposto dall'articolo 14 comma 1, del decreto  legislativo
   in  commento  tale  disposizione  e'  destinata ad operare per gli
   utili la cui distribuzione  e'  stata  deliberata  dalla  societa'
   emittente a partire dai 1o luglio 1998.
        Diversamente  da  quanto dianzi esposto, in mancanza di norme
che espressamente sanciscano una deroga al sistema generale  in  tema
di  prelievo  alla  fonte  sui  redditi  di  capitale, i soggetti che
corrispondono detti redditi ai fondi comuni di cui all'art.  9  della
citata  legge  n.  77  del  1983  devono  applicare,  ricorrendone le
condizioni di carattere soggettivo, il prelievo alla  fonte  previsto
dalle singole disposizioni fiscali.
        Come si e' avuto modo di notare, ove si eccettui la deroga di
cui  alla  precedente  lettera  a),  i casi relativamente ai quali il
legislatore ha ritenuto  di  poter  attribuire  al  fondi  comuni  la
qualita'  di  "lordista"  sono  esclusivamente  quelli per i quali e'
prevista l'applicazione da  parte  degli  intermediari  (rectius:  da
parte  dei  soggetti  che  comunque  intervengono  nel  pagamento, se
rientrano tra quelli indicati nel comma 1 dell'art. 23 del D.P.R.  n.
600 del 1973), di una ritenuta  alla  fonte  ovvero  di  una  imposta
sostitutiva del 12,50 per cento.
        Identica  possibilita'  non  e' stata invece prevista sia nel
caso in cui si tratta di redditi   di  capitale  che,  pur  scontando
un'imposizione  del 12,50 per cento, sono posti in pagamento da parte
dei soggetti che hanno emesso i titoli, sia nel caso in cui i redditi
di  capitale  sono  soggetti  ad  un  prelievo  del  27  per   cento.
Ricorrendo  queste  ipotesi,  e'  stato  tenuto  fermo  il regime del
prelievo alla fonte anche se  i  redditi  sono  percepiti  dal  fondo
comune, regime che ovviamente comporta l'esclusione dei redditi cosi'
tassati  dal  concorso  alla formazione del risultato di gestione, in
quanto   diversamente   si   sarebbe   determinata  una  duplicazione
d'imposta.
        In questi termini va intesa  la  disposizione  contenuta  nel
secondo  periodo del comma 1 dell'art. 9, secondo cui le ritenute op-
erate sui  redditi  di  capitale  si  intendono  applicate  a  titolo
d'imposta.
        Per  quanto  concerne il regime tributario applicabile dal 1o
luglio 1998 ai fondi comuni  d'investimento  citati  in  rubrica,  la
novita'   piu'   importante  e'  costituita,  come  gia'  anticipato,
dall'abolizione dell'imposizione di tipo patrimoniale  che  ai  sensi
dell'attuale  formulazione  dell'art. 9 della legge n. 77 del 1983 si
rende  applicabile  sul  patrimonio  netto  del  fondo.  Tale   forma
impositiva,   comunque,  deve  essere  applicata  -  ai  sensi  delle
disposizioni di carattere transitorio contenute nell'art. 15, comma 6
del provvedimento in oggetto, che verranno appresso esaminate  -  con
riferimento al patrimonio netto del fondo risultante alla data del 30
giugno  1998  e  deve essere versata entro il 30 settembre 1998 sulla
base di  un'apposita  dichiarazione  (che  dovra'  essere  presentata
unicamente  alla  dichiarazione del risultato della gestione maturato
nel secondo semestre del 1998).
        Dal  1o  luglio  1998,  in  luogo  della   predetta   imposta
patrimoniale  si  deve  applicare,  ai  sensi di quanto stabilisce il
nuovo comma 2 dell'art. 9 in commento, una  imposta  sostitutiva  del
12,50  per  cento  sul risultato della gestione del fondo maturato in
ciascun anno.
        Ai fini del calcolo della base imponibile  su  cui  applicare
detta  imposta,  la disposizione da ultimo citata stabilisce che essa
e' pari alla differenza tra il valore del patrimonio netto del  fondo
alla fine dell'anno, al lordo nell'imposta sostitutiva, aumentato dei
rimborsi e dei proventi eventualmente distribuiti nel corso dell'anno
e  diminuito  delle  sottoscrizioni effettuate nell'anno ed il valore
del patrimonio netto all'inizio  dell'anno,  aumentato  dei  proventi
derivanti dalla partecipazione ad organismi d'investimento collettivo
del  risparmio  soggetti  ad  imposizione  sostitutiva  (trattasi dei
proventi e degli incrementi di valore delle parti  dei  fondi  aperti
italiani, delle Sicav italiane, degli organismi d'investimento di cui
all'art.  11-bis  del citato decreto-legge n. 512 del 1983 cosiddetti
"lussemburghesi storici" - e dei fondi chiusi Italiani), nonche'  dei
proventi  esenti (espressamente previsti ai fini del mantenimento del
regime agevolativo) e dei  proventi  soggetti  a  ritenuta  a  titolo
definitivo  (la  cui  esclusione e' finalizzata ad evitare,una doppia
imposizione).
        Al riguardo va  precisato,  tuttavia,  che  l'esclusione  dal
concorso  alla  formazione  del  risultato di gestione previsto per i
predetti  proventi  esenti  da  imposta  ovvero  soggetti  a  imposta
sostitutiva  o  a ritenuta alla fonte a titolo definitivo deve essere
limitata ai soli redditi di capitale di cui all'articolo 41 del  TUIR
e  non  si  estende  alle  eventuali plusvalenze maturate per effetto
della negoziazione, del rimborso o della valutazione dello  strumento
finanziario:  ove  si rilevi quindi una plusvalenza, cosi' come se si
dovesse rilevare una  minusvalenza,  questa  concorre  a  formare  il
risultato  della  gestione  del fondo. Va da se' che, alla stregua di
quanto  detto  a  proposito  del  regime  tributario  delle  gestioni
individuali di portafoglio, ai fini del calcolo della base imponibile
non rilevano le perdite derivanti da azioni o quote di partecipazione
ad   organismi   di   investimento  collettivo  soggetti  ad  imposta
sostitutiva sul risultato della gestione.
        Considerato che ai sensi dell'art. 5, comma  1,  lettera  d),
della  legge  n.  77  del  1983 la societa' di gestione deve redigere
giornalmente un prospetto nel quale vanno indicati il valore unitario
delle quote di partecipazione ed  il  valore  complessivo  netto  del
fondo,  ne  deriva  che  il  calcolo  dell'imposta  sostitutiva sugli
incrementi (ovvero sui decrementi) del patrimonio netto  deve  essere
effettuato  con  la  stessa  periodicita' con la quale la societa' di
gestione procede al calcolo del valore delle singole quote, rilevando
contestualmente l'incremento imponibile  del  patrimonio  che  deriva
dalle   diverse   componenti   reddituali   (redditi,  plusvalenze  e
minusvalenze  maturati),  l'imposta  dovuta  sull'incremento  e,   di
conseguenza,  il  patrimonio  netto da assumere per la valorizzazione
delle quote in circolazione.
        Tale  criterio,  peraltro,  e'   quello   che   consente   di
determinare  in  modo corretto il vale unitario o delle quote ai fini
delle operazioni di sottoscrizione ed rimborso, che,  espressione  di
un  valore  al  netto  delle imposte, che sono pagate interamente dal
fondo attraverso  la  societa'  di  gestione.  Poiche'  il  pagamento
dell'imposta  viene  effettuato  una  volta  l'anno, ne deriva che in
occasione  del   calcolo   eseguito   giornalmente   per   verificare
l'incremento   del   patrimonio  del  fondo  prodotto  dalle  diverse
componenti  reddituali  la  societa'  di  gestione  calcola  altresi'
l'imposta  sostitutiva  da  accantonare  in vista del versamento e, a
fine   anno,   l'ammontare   complessivo   dell'imposta   accantonata
costituisce  il  debito  d'imposta da versare entro il 28 febbraio di
ciascun anno.
        Ai fini dell'individuazione del patrimonio  netto  all'inizio
dell'anno  si  assume  quello  risultante  dal  prospetto giornaliero
relativo all'ultimo giorno dell'anno precedente.
        Il comma 2 dell'articolo 9 in commento riafferma il criterio,
gia' presente  nell'attuale  legislazione  in  materia,  secondo  cui
qualora  il  fondo  sia stato avviato oppure venga a cessare in corso
d'anno, in luogo del patrimonio all'inizio ed alla fine dell'anno  si
assumono,  rispettivamente,  il  valore  del  patrimonio alla data di
avvio del fondo e quello del patrimonio alla data di  cessazione  del
fondo.
        Come  gia' anticipato, una volta calcolata la base imponibile
ed applicata l'imposta sostitutiva,  l'ultimo  periodo  del  comma  2
della disposizione in rassegna prevede che la societa' di gestione e'
tenuta  a  versare  l'imposta  sostitutiva  al  concessionario  della
riscossione oppure alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato,
entro il 28 febbraio di ciascun anno.
        Innovando il regime attualmente in vigore,  ma  coerentemente
con  la  disciplina  dettata  dal  legislatore  delegante  per quanto
concerne le gestioni individuali di patrimonio, con  la  disposizione
di  cui  al  comma  2-bis dell'articolo in commento il legislatore ha
disciplinato altresi l'ipotesi in cui il risultato della gestione del
fondo evidenzi  un  decremento  anziche'  un  incremento.  Ricorrendo
questa  ipotesi, la disposizione in esame stabilisce che il risultato
negativo - che deve  risultare  dall'apposita  dichiarazione  che  la
societa'  di  gestione e' tenuta a presentare - puo' essere computato
in  diminuzione  dal  risultato  della gestione dei periodi d'imposta
successivi, per l'intero importo che in essi trovi capienza  e  senza
alcun  limite temporale, oppure puo' essere utilizzato, in tutto o in
parte, dalla societa' di gestione in  diminuzione  dal  risultato  di
gestione  di altri fondi gestiti dalla stessa societa', a partire dal
medesimo periodo d'imposta in cui e' maturato il risultato  negativo,
riconoscendo  il  relativo importo a favore del fondo che ha maturato
il risultato negativo.
        Tale disciplina comporta quindi sostanzialmente il sorgere di
un credito d'imposta, che e' pari al 12,50 per  cento  del  risultato
negativo  maturato.  Applicando  nella fattispecie lo stesso criterio
sopra  indicato  circa  l'accantonamento   giornaliero   dell'imposta
sostitutiva  dovuta  nell'ipotesi  di  incremento del patrimonio, nel
caso del decremento  la  societa'  di  gestione  accredita  al  fondo
giornalmente  un  importo  pari  al  12,50  per  cento  del risultato
negativo, accredito che si viene a riflettere immediatamente  in  una
maggiore valutazione' della quota, in quanto la minusvalenza viene ad
essere compensata dall'imposta accreditata.
        Le eccedenze non compensate, che la societa' di gestione deve
evidenziare   nella   dichiarazione,   possono  essere  computate  in
diminuzione dalle imposte dovute dallo  stesso  fondo  sul  risultato
positivo   conseguito   negli  anni  successivi  senza  alcun  limite
temporale oppure, se la societa' gestisce altri fondi comuni,  essere
compensato con l'imposta sostitutiva dovuta in relazione al risultato
positivo  ottenuto  da  detti  fondi,  nel  qual caso l'imposta cosi'
recuperata va accreditata al fondo che aveva evidenziato il risultato
negativo.  Tali  compensazioni   dovranno   risultare   nell'apposita
dichiarazione che la societa' di gestione e' tenuta a presentare.
        A  quest'ultimo  proposito il comma 4 dell'art. 9 in commento
stabilisce, che la societa' di gestione deve  presentare  ogni  anno,
contestualmente   alla   dichiarazione   dei   redditi   propri,   la
dichiarazione  del  risultato  di   gestione   conseguito   nell'anno
precedente  da  ciascuno  dei fondi gestito dalla stessa societa'. In
tale dichiarazione la societa'  di  gestione  deve  indicare  i  dati
necessari  per  la  determinazione  dell'imposta  sostitutiva dovuta.
Qualora detta imposta sia stata compensata e' necessario  evidenziare
anche  i crediti d'imposta maturati e le compensazioni effettuate tra
fondi che evidenziano un debito d'imposta  sostitutiva  e  fondi  che
invece evidenziano un credito per la stessa imposta.
        Diversamente  da  quanto  previsto dall'attuale normativa, la
dichiarazione  non  deve   essere   presentata   entro   un   termine
prestabilito,  ma  contestualmente  alla  dichiarazione  dei  redditi
propri, il che comporta un termine mobile, in quanto coincide con  il
termine  massimo  di  un  mese  dall'approvazione  del bilancio della
societa' di gestione.
        La stessa disposizione contenuta nel comma 4 dell'articolo in
esame  prevede  poi  che  per  quanto   concerne   la   liquidazione,
l'accertamento,  la riscossione, le sanzioni anche penati, i rimborsi
ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste in materia di
imposte sui redditi.
        Il  comma  3  dell'articolo   in   commento   disciplina   il
trattamento   tributario   applicabile  nei  confronti  dei  soggetti
residenti nel territorio dello Stato che hanno sottoscritto azioni  o
quote  di  fondi  comuni, mentre la disciplina riguardante i soggetti
non  residenti e' contenuta nell'art. 9 del provvedimento in oggetto,
che verra' successivamente esaminato.
        Cio' premesso, per quanto concerne i soggetti  residenti,  la
disposizione  in  esame  detta  differenti  regole  a  seconda che le
partecipazioni ai fondi in questione  siano  state,  assunte  o  meno
nell'esercizio di imprese commerciali.
        Per  l'ipotesi  in  cui  le partecipazioni ai fondi non siano
state assunte nell'esercizio di imprese commerciali, la  disposizione
in esame conferma l'attuale regime, nel senso che i relativi proventi
non  concorrono  a  formare  il  reddito imponibile dei partecipanti.
Questo regime e' del tutto coerente con il sistema di tassazione  dei
redditi   di   natura   finanziaria   realizzati   attraverso   forme
d'investimento che garantiscono il pagamento  "a  monte"  del  debito
d'imposta dovuto dai contribuenti sui proventi da essi conseguiti per
il  tramite  di  soggetti  abilitati  ad  amministrare  o  gestire il
risparmio.
        Questo regime, ovviamente, trova applicazione solo  nel  caso
in   cui  il  rapporto  del  contribuente  si  svolga  esclusivamente
attraverso  le  forme  canoniche  e  cioe'  con  le   operazioni   di
sottoscrizione e rimborso delle quote effettuate per il tramite della
societa'  di  gestione o con i soggetti incaricati del collocamento e
del rimborso delle quote medesime.
        Qualora, invece, il contribuente acquisti o ceda le quote  di
partecipazione  al  fondo al di fuori delle strutture di servizio del
fondo, pagando o ricevendo, rispettivamente, una  somma  diversa  dal
valore  che  le  azioni  o quote acquistate ovvero cedute avevano nei
giorni in cui  le  relative  operazioni  sono  avvenute,  l'eventuale
differenza  positiva  -  che  fiscalmente non costituisce il provento
derivante dalla partecipazione ai fondi ma  una  plusvalenza  il  cui
importo  va  determinato  in  base ai criteri fissati dal comma 4-bis
dell'art. 42 del TUIR - deve formare oggetto di tassazione  autonoma,
in  quanto  nella  fattispecie  si  e'  in presenza di un reddito non
rientrante nell'ambito applicativo della disposizione in esame, ma in
quello dell'art. 81, comma 1,  lettera  c-ter),  del  TUIR,  come  si
desume  peraltro  dalla  disposizione  contenuta  nell'ultimo periodo
dell'art. 9, comma 3, della piu' volte citata legge n. 77 del 1983.
        Ai fini di una puntuale individuazione dei proventi derivanti
dalla partecipazione ad organismi d'investimento collettivo in valori
mobiliari e, conseguentemente, anche  ai  fini  della  determinazione
delle  eventuali plusvalenze o minusvalenze, il comma 4-bis dell'art.
42 del TUIR stabilisce che le somme o  il  valore  normale  dei  beni
distribuiti,  anche  in  sede:  di  riscatto  o  liquidazione,  dagli
organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari, soggetti  ad
imposta  sostitutiva sul risultato della gestione, nonche' le somme o
il valore normale dei  beni  percepiti  in  sede  di  cessione  delle
partecipazioni  ai  predetti ,organismi costituiscono proventi per un
importo corrispondente alla differenza positiva tra  l'incremento  di
valore  delle  azioni o quote rilevato alla data della distribuzione,
del riscatto, della liquidazione o della cessione e  l'incremento  di
valore delle azioni o quote rilevato alla data di sottoscrizione o di
acquisto.  La stessa disposizione precisa inoltre che l'incremento di
valore  in  questione  deve  essere  rilevato  dall'ultimo  prospetto
predisposto dalla societa' di gestione del fondo.
        Una  volta accertato che il contribuente ha realizzato, oltre
ai proventi di cui al comma 3 dell'art. 9 della legge n. 77 del 1983,
anche plusvalenze rientranti nella disposizione di cui alla  lett  c-
ter)  del  comma  1  dell'art.  81  del TUIR, su dette plusvalenze e'
dovuta l'imposta sostitutiva del  12,50.  Tale  imposta  puo'  essere
corrisposta   direttamente   dal   contribuente   sulla   base  della
dichiarazione  dei   redditi,   come   previsto   dall'art.   5   del
provvedimento  in  oggetto in precedenza esaminato, ovvero attraverso
un intermediario nel caso in cui  il  contribuente  abbia  esercitato
l'opzione  prevista  dall'art. 6 (concernente il regime del risparmio
amministrato) e dall'art. 7  (concernente  il  regime  del  risparmio
gestito)  del  decreto legislativo n. 461 del 1997, gia' esaminati in
precedenza.
        Per l'ipotesi in cui le partecipazioni ai fondi  siano  state
assunte nell'esercizio di imprese commerciali, il comma 3 dell'art. 9
stabilisce  che  i  relativi proventi concorrono a formare il reddito
soltanto   nell'esercizio   in   cui   sono   percepiti,    ancorche'
l'imprenditore  li abbia iscritti in bilancio indipendentemente dalla
percezione; la stessa disposizione stabilisce  inoltre  che  su  tali
proventi  l'imprenditore  ha  diritto  ad un credito d'imposta il cui
importo e' pari al 15 per cento dei proventi stessi, credito  la  cui
funzione  e'  quella  di neutralizzare gli effetti della tassazione a
monte che il contribuente ha subito  a  causa  dell'applicazione,  da
parte  della societa' di gestione, dell'imposta sostitutiva del 12,50
per cento e, quindi, per evitare una doppia imposizione dei  proventi
che altrimenti si verificherebbe.
        Destinatari di, questo regime sono indistintamente tutti gli,
imprenditori,  comunque  organizzati  e, quindi, sia gli imprenditori
individuali che  le  societa'  comprese  quelle  di  persone  di  cui
all'art.  5  del TUIR che svolgano attivita' commerciali - e gli enti
di cui all'art. 87, lettere a), b) e d), ed all'art.  113,  comma  1,
del medesimo testo unico.
        Tenuto  conto  di  quanto  si  e'  avuto  modo  di  precisare
precedentemente in merito alla  distinzione  tra  proventi  derivanti
dalla  partecipazione  ai fondi comuni, da determinarsi sulla base di
quanto stabilisce il comma, 4- bis dell'art. 82 del TUIR ed eventuali
plusvalenze  conseguite  dai  contribuenti  in  relazione   a   dette
partecipazioni, che sono soggette ad un diverso regime impositivo, va
ora  chiarito - con specifico riferimento al credito d'imposta di cui
alla disposizione in rassegna -  che  detto  credito  va  commisurato
esclusivamente  all'incremento  di  valore  della  quota rilevato dai
prospetti giornalieri riferibili ai giorni in cui  sono  avvenute  le
operazioni  di  acquisto e di cessione. Conseguentemente, nel caso in
cui l'imprenditore abbia conseguito un reddito superiore  al  reddito
di capitale, come sopra determinato, non compete il credito d'imposta
sulla parte del reddito che eccede il suddetto provento.
3.5.3      Organismi  d'investimento  collettivo  in valori mobiliari
        operanti nella forma di societa'  d'investimento  a  capitale
        variabile (SICAV)
        Con  la  disposizione  di  cui  al  comma  2  dell'art. 8 del
provvedimento in oggetto e' stato sostituito l'art.  14  del  decreto
legislativo  25  gennaio  1992,  n.  84,  che  reca  le  disposizioni
tributarie degli organismi citati in rubrica, che di seguito verranno
indicati con la sigla "SICAV".
        Il  comma 1 dell'art. 14 sopra citato riproduce integralmente
il contenuto dell'art. 9, comma 1, della citata legge n. 77 del 1983,
esaminato nel precedente paragrafo, al quale si fa rinvio.
        Il comma 2 del predetto art. 14 stabilisce che:
a) per quanto concerne gli  obblighi  di  dichiarazione  relativi  al
   risultato gestione conseguito, il primo periodo del comma in esame
   stabilisce  che la SICAV deve indicare nell'apposita dichiarazione
   i dati necessari per la determininazione dell'imposta  sostitutiva
   dovuta.  Tale  dichiarazione  dov'essere  presentata entro un mese
   dalla data di approvazione del bilancio;
b) nella prima parte del secondo periodo del comma 2 dell'art. 14  in
   commento viene inoltre stabilito che alle SICAV si applicano anche
   le disposizioni di cui, ai commi da 2 a 4 dell'art. 9 della citata
   legge n. 77 del 1983. Per effetto di questo richiamo, si fa rinvio
   ai  chiarimenti gia' forniti nel precedente paragrafo in relazione
   a tali disposizioni;
c) nella seconda parte del secondo periodo del comma 2  dell'art.  14
   in   commento   si   stabilisce  che  alle  SICAV  di  applica  la
   disposizione di cui all'art 7  della  tabella  allegata  al  testo
   unico   delle  disposizioni  concernenti  l'imposta  di  registro,
   approvato con D.P.R.  26 aprile 1986, n. 131, concernente i  fondi
   comuni  d'investimento  di  natura  contrattuale,  che esclude gli
   obblighi di registrazione per gli atti relativi alla  costituzione
   delle  SICAV,  alla  sottoscrizione  ed  al rimborso delle azioni,
   nonche'  alle  operazioni  di  emissioni  e  di   estinzione   dei
   certificati.
        Il  comma  3 dell'art. 14 in commento dispone, infine, che al
proventi distribuiti dalle SICAV non si applicano le disposizioni  di
cui  all'art.  27  de  piu'  volte  citato  D.P.R.  n.  600 del 1973,
concernenti l'applicazione delle ritenute alla fonte sui dividendi, e
neppure le disposizioni di cui agli articoli 1,2,3,7,9, 10-bis  e  12
della  legge  29  dicembre  1962,  n. 1745, concernente la disciplina
della nominativita' obbligatoria dei titoli azionari.
3.5.4   Fondi-comuni d'investimento mobiliare chiusi
        Il comma 3  dell'art.  8  del  provvedimento  in  oggetto  ha
integralmente  sostituito anche l'art. 11 della legge 14 agosto 1993,
n. 344, riguardante  le  disposizioni  tributarie  dei  fondi  comuni
d'investimento mobiliare chiusi.
        La nuova disciplina dei fondi in questione ricalca pressoche'
fedelmente  quella  prevista  per  i  fondi  mobiliari  aperti, cosi'
attuando la direttiva contenuta nell'art. 3, comma 160,  lettera  i),
della  citata  legge  n.  662  del  1996.  Si  rinvia,  pertanto,  ai
chiarimenti in proposito  gia'  forniti  in  materia  nei  precedente
paragrafo 3.4.2.
        Rispetto  alla  normativa  fiscale riguardante i fondi comuni
aperti,  la  differenza  di  maggior  rilievo   riscontrabile   nella
corrispondente  disciplina  dei  fondi  chiusi consiste nella diversa
periodicita' - stabilita dall'art. 5,  comma  1,  lettera  c),  della
legge  n.  344  del  1993 - con la quale e' prevista la redazione del
prospetto riguardante il  calcolo  del  patrimonio  netto  dei  fondi
chiusi, che e' semestrale per questi ultimi mentre e' giornaliera per
i fondi aperti.
        Con  riferimento  a  tale adempimento, si fa presente che nel
prospetto  semestrale  la  societa'  di  gestione  del  fondo  dovra'
indicare,  tra l'altro, l'ammontare dell'imposta sostitutiva maturata
nel primo semestre di  gestione  del  fondo  o,  in  alternativa,  il
credito d'imposta qualora emerga un risultato negativo.
        Si segnala, inoltre, che i prospetti in questione vanno presi
in  considerazione  ai  fini  della  determinazione  del valore delle
azioni e, quindi, per determinare l'ammontare dei proventi  ai  quali
va   attribuito  il  credito  d'imposta  del  15  per  cento  (se  la
partecipazione e' stata assunta  nell'esercizio  dell'impresa)  e  le
eventuali plusvalenze.
        Per  quanto concerne il trattamento tributario applicabile ai
partecipanti ai fondi chiusi va  inoltre  segnalata  la  disposizione
recata  dal  comma 6 dell'articolo 8 dei provvedimento in oggetto con
la quale si e' inteso eliminare  la  penalizzazione  che  attualmente
grava  sugli  esercenti  attivita'  commerciali,  che  consiste nella
prevista assimilazione dei proventi derivanti  dai  fondi  chiusi  ai
proventi  esenti,  assimilazione che incide negativamente ai fini del
computo degli interessi passivi e delle spese generali deducibili  in
sede  di determinazione del reddito d'impresa.  Al riguardo, il comma
3 dell'art. 63 del TUIR, integralmente sostituito dalla  disposizione
teste'  citata,  stabilisce  infatti che se nell'esercizio sono stati
conseguiti interessi o altri proventi esenti da imposta derivanti  da
obbligazioni  pubbliche o private sottoscritte, acquistate o ricevute
in usufrutto o pegno a decorrere dal 28 novembre  1984  o  da  cedole
acquistate  separatamente  dai  titoli a decorrere dalla stessa data,
gli  interessi  passivi  non  sono  ammessi  in  deduzione   fino   a
concorrenza  dell'ammontare  complessivo  degli  interessi o proventi
esenti. La stessa disposizione precisa, inoltre,  che  gli  interessi
passivi che eccedono tale ammontare sono deducibili a norma dei primi
due  commi  del  medesimo  art. 63, ma senza tener conto, ai fini del
rapporto ivi previsto,  dell'ammontare  degli  interessi  e  proventi
esenti corrispondente a quello degli interessi passivi non ammesso in
deduzione.
        Dal  testo  del comma 3 dell'art. 63 del TUIR e' stato quindi
eliminato il riferimento ai proventi derivanti dalla partecipazione a
fondi comuni d'investimento mobiliare di tipo chiuso.
        La nuova disciplina si applica, ai sensi dell'art. 16,  comma
3, del provvedimento in oggetto, a partire dal 1o luglio 1998.
3.5.5        Fondi  comuni  esteri  d'investimento  mobiliare  aperti
        autorizzati al collocamento nel  territorio  dello  Stato  al
        sensi  del D.L. 6 giugno 1956, n. 476, convertito dalla legge
        25 luglio 1956, n.  786
        L'art. 8, comma 4, del provvedimento in oggetto ha sostituito
l'art. 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito
dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, recante la  disciplina  fiscale
dei  fondi  comuni  esteri  di investimento mobiliare di tipo aperto,
autorizzati al collocamento in Italia ai sensi  del  decreto-legge  6
giugno  1956,  n.  476, convertito, con modificazioni, dalla legge 25
luglio 1956, n. 786 (trattasi  dei  cosiddetti  fondi  lussemburghesi
storici)
        Come  noto, a seguito delle modifiche introdotte nel 1983 con
l'art. 11 -bis del citato decreto-legge n. 512, il regime fiscale  di
questi  fondi e' stato strutturato in modo del tutto analogo a quello
previsto per i corrispondenti fondi comuni di diritto nazionale.
    Con  la norma in commento per i fondi lussemburghesi in questione
e' stato introdotto, a partire dal 1o luglio 1998, un regime  fiscale
del tutto identico a quello previsto per i fondi italiani, per cui si
rinvia  ai  chiarimenti  gia'  forniti  nella  soggetta  materia  nel
precedente paragrafo 3.4.2.
3.5.6   Organismi¥ d'investimento collettivo in valori  mobiliari  di
        diritto estero
        Il   comma   5  dell'art.  8  del  provvedimento  in  oggetto
sostituisce i primi sei  commi  dell'art.  10-ter  della  piu'  volte
citata  legge  n.  77  del  1983, che disciplinano sia il trattamento
fiscale dei proventi  derivanti  dalla  partecipazione  ad  organismi
d'investimento  collettivo  in  valori  mobiliari  di  tipo aperto di
diritto estero,  situati  negli  Stati  membri  dell'Unione  europea,
conformi  alle  direttive  comunitarie,  le  cui quote sono collocate
all'estero oppure nel  territorio  dello  Stato  ai  sensi  dell'art.
10-bis  della  stessa legge n. 77 del 1983 sia il trattamento fiscale
dei  proventi  derivanti  dalla  partecipazione   ad   organismi   di
investimento  collettivo  situati  Stati  non appartenenti all'Unione
Europea.
        Viene  sostanzialmente  confermato  il  criterio  attualmente
vigente  secondo  il  quale  i  proventi  derivanti da azioni o quote
commercializzate in italia sono soggetti ad un prelievo  alla  fonte,
mentre  per  i  proventi derivanti da azioni o quote commercializzate
all'estero o comunque per quelli conseguiti  senza  l'intervento  del
sostituto  d'imposta,  il  contribuente  e'  tenuto  ad  indicarne  i
proventi nella dichiarazione dei redditi  e  a  liquidare  e  versare
l'imposta con le modalita' e nei termini previsti per il versamento a
saldo delle imposte sui redditi dovute in base alla dichiarazione.
        Piu'  specificamente,  il  comma  1 dell'art. 10-ter in esame
(O.I.C.V.M. comunitari) conferma il  contenuto  della  corrispondente
disposizione  attualmente  vigente,  in quanto prevede che i soggetti
residenti ai quali e' stato affidato l'incarico di pagare i  proventi
derivanti dalla partecipazione agli organismi in questione, ovvero di
riacquistare  o negoziare le azioni o quote emesse dagli organismi in
questione, sono tenuti ad operare una ritenuta del  12,50  per  cento
sui relativi proventi. La ritenuta - precisa il comma 1 in commento -
deve essere applicata sui redditi di capitale di cui all'articolo 41,
comma 1, lettera g) percepiti dal contribuente.
        Il  riferimento  operato  dal  comma  1  ai  proventi  di cui
all'articolo 41,  comma  1,  lettera  g)  del  testo  unico  comporta
altresi' - come e' stato precisato nella relazione di accompagnamento
all'articolo   1   del   decreto   legislativo-  che  il  reddito  di
partecipazione  all'organismo  deve  essere  determinato  secondo   i
criteri   stabiliti  dall'articolo  42  del  TUIR;  inoltre,  ove  il
contribuente dovesse realizzare in aggiunta ai  redditi  di  capitale
anche  plusvalenze  e  minusvalenze  comprese  quelle derivanti dalla
cessione di valute imponibili ai sensi  dell'articolo  81,  comma  1,
lettera  c-ter)  del  TUIR  -  solo  i  primi  saranno  soggetti alle
disposizioni previste dall'articolo 10-ter  in  commento,  mentre  le
plusvalenze  e minusvalenze sono disciplinate secondo le disposizioni
previste per i redditi diversi (articolo 81 e  82  del  testo  unico,
art. 5, 6 e 7 del D.lgs. n. 461 del 1997).
        Il secondo periodo del comma 1 della disposizione in commento
precisa  altresi'  che la predetta ritenuta deve essere operata tanto
sui  redditi  che  vengono  distribuiti  nel  periodo   in   cui   il
contribuente  mantiene  il  possesso  della partecipazione quanto sui
proventi compresi nella differenza tra il valore  di  riscatto  o  di
cessione  delle  azioni  o  quote  ed  il  valore  medio ponderato di
sottoscrizione o di acquisto delle azioni o quote.  L'ultimo  periodo
della  norma  in  rassegna stabilisce che in ogni caso come valore di
sottoscrizione o di acquisto si assume il valore della quota rilevato
dei prospetti periodici relativi alla  data  d'acquisto  delle  quote
medesime.
        Il  comma 2 dell' art. 10-ter dispone che sui proventi di cui
al comma 1 - che rientrano nella previsione di cui all'art. 41, comma
1, lettera g), del TUIR - si applica, ai fini  della  tassazione  dei
proventi  stessi,  l'equalizzatore previsto dal comma 9 dell'art.  82
del predetto testo unico.
        Per quanto concerne la funzione della  ritenuta  operata  dai
soggetti  residenti  incaricati  della  commercializzazione in Italia
delle predette quote partecipative, il comma 3 dell'articolo in esame
dispone - in analogia a quanto previsto dall'attuale,  corrispondente
disposizione  -  che la ritenuta e' applicata a titolo di acconto nel
confronti dei seguenti soggetti:
- degli imprenditori individuali, sempreche' le partecipazioni  siano
  relative all'impresa ai sensi dell'art. 77 del TUIR;
-  delle  societa'  in  nome collettivo, in accomandita semplice e di
  quelle ad esse equiparate di cui  all'art.  5  del  predetto  testo
  unico;
-  delle  societa' e degli enti di cui alle lettere a) e b) dell'art.
  87 del medesimo testo unico, nonche' delle  stabili  organizzazioni
  in  Italia  delle  societa'  ed  enti  di cui alla lettera d) dello
  stesso articolo.
        La predetta ritenuta e' invece applicata a  titolo  d'imposta