differenziali positivi o negativi ed i proventi e gli oneri da sommare algebricamente tra loro sono soltanto quelli percepiti o sostenuti in relazione a ciascun contratto. Al riguardo si ritiene utile sottolineate che la fattispecie impositiva definita dall'art. 81, lettera c-quater), del TUIR fa riferimento al redditi "..realizzati..", con cio' lasciando intendere che non e' sufficiente il semplice pagamento o incasso, ma occorre altresi' che tali pagamenti e riscossioni abbiano carattere di definitivita'. Ebbene, con riferimento ai rapporti di cui trattasi non e' sufficiente, ai fini deii'imposizione fiscale, che in relazione ai differenziali, proventi ed oneri in questione il contribuente abbia sostenuto dei pagamenti o abbia incassato delle somme, essendo necessario che tali pagamenti e incassi abbiano il carattere della definitivita', in quanto il contratto sia stato chiuso, eseguito o ceduto. Questo aspetto e' stato evidenziato nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, laddove si afferma che non devono concorrere a formare l'utile o la perdita derivante dall'utilizzo dei contratti derivati e degli altri contratti a termine tutti quei pagamenti e incassi che adempiano ad una funzione di garanzia, quali, ad esempio, i pagamenti e gli incassi che conseguano all'addebitamento o all'accreditamento dei cosiddetti margini, salvo che naturalmente non abbiano acquisito natura di pagamento definitivo perche' il contratto e' stato chiuso o ceduto. Nel caso in cui un contratto derivato di tipo traslativo che comporti la consegna dell'attivita' sottostante sia eseguito mediante tale consegna e non gia' mediante il pagamento del differenziale, Il provento imponibile va determinato secondo le disposizioni - gia' esaminate concernenti le plusvalenze derivante dalla cessione a titolo oneroso di titoli, strumenti finanziari o di valute estere. Tra i proventi e gli oneri che concorrono a formare il reddito o la perdita complessivamente realizzata mediante l'utilizzo del contratti derivati e degli altri contratti a termine rientranti nell'ambito applicativo dell' art. 81, lettera c-quater), del TUIR devono essere inclusi anche i premi pagati e riscossi su opzioni, sia di tipo traslativo che differenziale, in quanto anche essi costituiscono veri proventi ed oneri. Ai sensi del comma 7 dell'art. 82 del TUIR, i premi in questione non devono concorrere a formare il reddito o la perdita nel periodo d'imposta in cui essi sono stati riscossi o pagati, ma nel periodo d'imposta in cui l'opzione e' stata esercitata ovvero e' scaduto il termine per il suo esercizio, in quanto come precisa al riguardo la relazione illustrativa - e' solo con il venir meno dell'opzione che puo' considerarsi effettivamente compiuta l'operazione economica ad essa sottesa. L'applicabilita' di questa regola e' stata esclusa, peraltro, nel caso in cui l'opzione sia stata chiusa anticipatamente mediante la stipula di una opzione eguale e contraria per la stessa scadenza, come pure nel caso in cui l'opzione sia stata ceduta a terzi. In dette ipotesi, infatti, ai fini dell'imputazione dei premi non e' necessario attendere la scadenza del termine stabilito per l'esercizio del diritto d'opzione, in quanto con il verificarsi di tali eventi i premi assumono i caratteri previsti per la loro impossibilita' come proventi o per la loro deducibilita' come oneri. 2.3.4 Base imponibile delle plusvalenze e del proventi derivanti dalla cessione di crediti, contratti e strumenti finanziari ovvero da contratti aleatori Ai fini della determinazione delle plusvalenze e degli altri proventi realizzati mediante la cessione a titolo oneroso o la chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante la cessione a titolo oneroso ovvero il rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, nonche' quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto di cui all'art. 81, comma 1, lettera c-quinquies), del TUIR, con la disposizione di cui al comma 8 dell'art. 82 del TUIR sono stati dettati criteri in parte analoghi a quelli previsti per la determinazione delle plusvalenze di cui alle lettere da c) a c-ter) del predetto articolo 81. La disposizione in esame stabilisce, infatti, che i redditi in questione sono costituiti dalla differenza positiva tra i corrispettivi percepiti (ovvero le somme rimborsate) ed i corrispettivi pagati (ovvero le somme corrisposte), aumentate di ogni onere inerente alla loro produzione, con esclusione degli interessi passivi. Da cio' deriva che nei casi di specie, diversamente da quanto previsto per la determinazione delle plusvalenze di cui alle predette lettere da c) a c-te) dell'art. 81, non e' ammessa la deducibilita' delle minusvalenze e dei differenziali negativi, in quanto l'ipotesi della deducibilita' avrebbe potuto prestarsi a manovre elusive. 2.3.5 Applicazione dell'equalizzatore Come gia' anticipato in premessa, con riferimento alle forme del risparmio gestito - la cui disciplina e' contenuta negli artt. 7 e 8 del provvedimento in oggetto - il legislatore ha introdotto uno speciale regime di tassazione delle plusvalenze e dei redditi di natura finanziaria, che si fonda sul criterio della maturazione e che, quindi, comporta una anticipazione dell'imposizione rispetto ai regimi di tassazione ordinario e semplificato (sono quelli, rispettivamente, della dichiarazione dei redditi e del risparmio amministrato) i quali si basano invece sull'opposto criterio del realizzo. Come si vedra' meglio in sede di esame dei predetti articoli 7 e 8, l'adozione del criterio della maturazione implica che l'imposta sostitutiva non viene applicata sulle plusvalenze e gli altri redditi diversi realizzati nell'ambito della gestione, ma sul risultato di gestione maturato al termine di ciascun periodo d'imposta. Per evitare che l'introduzione del criterio della maturazione possa costituire un disincentivo all'adozione del regime di tassazione previsto per lo strumento del risparmio gestito, il legislatore delegante ha previsto, con la disposizione di cui all'art. 3, comma 160, lettera h), della legge n. 662 del 1996, l'introduzione di meccanismi correttivi volti a rendere equivalente la tassazione del risultato delle gestioni con quella dei redditi diversi conseguiti in base al realizzo. In attuazione di tale principio, con la disposizione contenuta nell'art. 82, comma 9, del TUIR e' stato introdotto uno specifico meccanismo di compensazione (cosiddetto "equalizzatore") la cui funzione e' quella di rendere equivalenti, sotto il profilo finanziario, il regime di tassazione basato sul criterio del realizzo e quello basato sul criterio della maturazione. In particolare, la disposizione sopra richiamata prevede che le plusvalenze e le minusvalenze, i differenziali positivi e negativi, nonche' i proventi e gli oneri di cui alle lettere c-bis), c-ter), c-quater) e c-quinquies), per i quali sia superiore a dodici mesi il periodo intercorrente tra la data di acquisizione e quella di cessione, chiusura o rimborso delle partecipazioni, titoli, certificati, strumenti finanziari, crediti o rapporti devono essere corretti tenendo conto di un fattore di rettifica finalizzato a rendere equivalente la tassazione in base alla realizzazione con quella in base alla maturazione. Tale meccanismo viene determinato annualmente con decreto del Ministro delle finanze, servendo conto di una serie di parametri ed elementi specificamente, indicati nella norma. I predetti parametri tengono conto del periodo di possesso, del momento del pagamento dell'imposta, dei tassi di rendimento dei titoli di Stato delle quotazioni dei titoli negoziati in mercati regolamentati e di ogni altro elemento che possa influenzare la determinazione dei valore delle attivita' finanziarie produttive dei redditi tassabili in base alla maturazione. 2.3.6 Disciplina delle plusvalenze e dei redditi diversi di natura finanziaria dei soggetti non residenti Relativamente ai soggetti non residenti l'articolo 1 del decreto legislativo in esame apporta alcune modifiche all'art. 20, comma 1, lettera 9, del TUIR. Al riguardo si ricorda che la precedente formulazione di quest'ultima disposizione normativa considerava prodotti in Italia i redditi diversi derivanti da attivita' svolte nel territorio dello Stato o relativi a beni che si trovano nel territorio stesso. La medesima disposizione, inoltre, con riferimento alla cessione di partecipazioni in societa' residenti, considerava in ogni caso esistenti nel territorio dello Stato le partecipazioni in societa' a responsabilita' limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice. Con la suddetta modifica dell'art. 20, comma 1, lettera f), del TUIR il legislatore ha inteso ampliare la presunzione assoluta di territorialita' al fine di ricomprendere tra le partecipazioni che si considerano esistenti nel territorio dello Stato, oltre alle partecipazioni in societa' a responsabilita' limitata, in accomandita semplice e in nome collettivo residenti, anche quelle in societa' per azioni o in accomandita per azioni residenti e, conseguentemente, attrarre alla sfera impositiva le plusvalenze realizzate dai non residenti sulle partecipazioni possedute in societa' residenti di ogni tipo, indipendentemente dal fatto che i titoli rappresentativi delle predette partecipazioni siano depositati in Italia. Con la stessa disposizione il legislatore ha stabilito tuttavia che la presunzione assoluta di territorialita' cosi' introdotta non opera per le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate di cui alla lettera c-bis) dell'art. 81 del TUIR, se queste sono negoziate nei mercati regolamentati. Pertanto, tali plusvalenze non si considerano in ogni caso come prodotte nel territorio dello Stato, anche se le partecipazioni in parola siano detenute in Italia. In merito alla disposizione in esame va innanzitutto precisato che con il termine "partecipazione" il legislatore ha inteso riferirsi alla nozione recata dall'art. 81 del TUIR (espressamente richiamato dall'art. 20 dello stesso testo unico) e, pertanto, in essa debbono ricomprendersi non solo le azioni e ogni altra partecipazione ai patrimonio delle societa' di persone (con la sola esclusione delle associazioni tra artisti e professionisti), delle societa' di capitali e degli enti commerciali, ma anche i diritti ed i titoli attraverso cui possono essere acquistate dette partecipazioni. Un'ulteriore importante innovazione introdotta dal provvedimento in esame e' quella contenuta nel comma 5 dell'articolo 5 con il quale e' stato previsto un apposito regime di esenzione per le plusvalenze e i redditi indicati nelle lettere da c-bis) a c- quinquies) dell'art. 81 del TUIR, e quindi per tutti i redditi diversi derivanti da operazioni finanziarie, con esclusione delle plusvalenze derivanti da cessioni a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Tale regime si applica sia ai soggetti che risiedono in Paesi con i quali sono in vigore Convenzioni contro le doppie imposizioni che consentono lo scambio di informazioni necessarie per accertare il requisito della residenza con esclusione dei soggetti residenti in paesi o territori con regime fiscale privilegiato individuati nel D.M. 24 aprile 1992 - sia agli enti ed organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia. In relazione a tale disposizione si osserva che i requisiti sopra elencati sono del tutto identici a quelli stabiliti dall'art. 6 del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239 per consentire ai non residenti di percepire gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari ivi menzionati senza l'applicazione dell'imposta sostitutiva introdotta dal medesimo provvedimento. La stessa disposizione precisa, tra l'altro, che ai fini della sussistenza del requisito della residenza si deve far riferimento alle norme contenute nelle singole convenzioni. A tale proposito occorre considerare che con il decreto ministeriale 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996 ed integrato dal successivo decreto ministeriale 25 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e' stato approvato l'elenco degli Stati con i quali risulta attuabile lo scambio di informazioni; conseguentemente, il regime di esenzione previsto dall'art. 5, comma 5, del provvedimento in esame si applica nei confronti dei soggetti residenti negli Stati medesimi. Si precisa, tuttavia, che l'esenzione in esame non spetta a quei soggetti che, pur essendo residenti in alcuni Stati indicati nei citati decreti ministeriali del 4 settembre 1996 e del 25 marzo 1998, sono inclusi altresi' nel decreto ministeriale 24 aprile 1992, concernente l'individuazione dei Paesi con regime fiscale privilegiato. Piu' precisamente, come era stato gia' specificato ai fini della procedura di esonero stabilita per i soggetti non residenti dal citato decreto legislativo n. 239 del 1996, sono escluse dall'agevolazione le seguenti categorie di soggetti: - per le Filippine, le societa' finanziarie multinazionali, con riferimento alle attivita' direzionali; - per Malta, le societa' i cui proventi affluiscono da fonti estere quali quelle di cui al "Malta lnternational Business Activity Act" del 30 giugno 1989 e successive modificazioni ed integrazioni; - per Singapore, le societa' i cui proventi affluiscono da fonti estere. Per quanto concerne gli enti e gli organismi internazionali, il regime di esenzione si applica nel caso in cui i relativi Accordi istitutivi siano stati ratificati in Italia, a prescindere dalla condizione che gli enti stessi fruiscano di totale esenzione dalla generalita' delle imposte in Italia in virtu' degli Accordi istitutivi medesimi o di altri Accordi ad essi pertinenti. Conclusivamente, si osserva che per quanto riguarda i redditi diversi in esame, i soggetti non residenti sono tutti indistintamente esenti dall'imposizione in Italia relativamente alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in societa' residenti, se dette partecipazioni sono negoziate in mercati regolamentati, sia italiani che esteri. Per quanto riguarda, invece, le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate non negoziate in mercati regolamentati e gli altri redditi di cui alle lettere da c-ter) a c-quinquies) del comma 1 dell'art. 81 del TUIR, i soggetti non residenti fruiscono del regime di non imponibilita' soltanto se ricorrono le condizioni sopra citate. Va, altresi', sottolineato che il suesposto regime di esenzione trova i proprio fondamento in una norma di carattere interno, quale, appunto, l'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 461 del 1997, che prescinde dalla sussistenza di apposite disposizioni contenute nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni sui reddito. Pertanto, va da se' qualora le Convenzioni fiscali prevedano la tassazione esclusiva delle plusvalenze nello Stato di residenza del beneficiario, dette plusvalenze saranno esentate anche se la norma interna ne disponga l'imponibilita'. Capitolo III IMPOSTA SOSTITUTIVA SUI REDDITI DIVERSI DI NATURA FINANZIARIA. 3.1 GENERALITA' Come gia' accennato in premessa, insieme all'obiettivo della completezza dell'imposizione sui redditi di natura finanziaria, il legislatore ha perseguito anche quello della neutralita', sia con riferimento alle aliquote che alle basi imponibili, nella tassazione di tali redditi. Questo obiettivo e' stato realizzato mediante l'assoggettamento dei redditi in questione ad un prelievo il piu' possibile' uniforme, il che ha comportato l'abbandono dell'imposizione progressiva e l'adozione di un'imposizione sostitutiva. Il legislatore ha previsto la possibilita' che il contribuente assolva il tributo sui redditi diversi di natura finanziaria sia mediante dichiarazione dei redditi, sia per il tramite di intermediari abilitati, evitando in tal modo la redazione della dichiarazione stessa relativamente ai redditi cosi' tassati. Al riguardo va sottolineato che il ricorso del contribuente agli intermediari non puo' consistere in una prestazione di tipo occasionale, ma richiede l'instaurazione di un rapporto duraturo con l'intermediario, che si ottiene mediante una espressa manifestazione di volonta' del contribuente ("opzione"), che lo vincola per almeno un intero periodo d'imposta e che presuppone, quindi, uno stabile rapporto di mandato o di deposito. Avuto riguardo a quanto precede, nell'ambito della disciplina in rassegna si possono distinguere i seguenti regimi: a) quello della "dichiarazione", che va considerato come il regime ordinario e che trova applicazione nei casi in cui il contribuente consegue i proventi dei suoi investimenti finanziari senza subire l'imposizione a monte per non essersi avvalso dell'intervento degli intrmediari finanziari. Le caratteristiche di questo regime sono: ___ | | la tassazione in base al realizzo dei redditi diversi di |___| natura finanziaria di cui all'art. 81 del TUIR, che vengono assoggettati all'imposta sostitutiva da parte del contribuente in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi; ___ | | la possibilita' di compensare le plusvalenze con le |___| minusvalenze e di riportare a nuovo le minusvalenze eccedenti; ___ | | l'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore previsto |___| dal comma 9 dell'art. 82 del TUIR; ___ | | l'applicazione della disciplina riguardante il monitoraggio |___| fiscale sia interno che esterno, prevista dagli articoli 10 e 11 del provvedimento in oggetto; b) quello, opzionale, del "risparmio amministrato", che presuppone - al pari del regime del "risparmio gestito" di cui alla successiva lettera c) - una espressa richiesta da parte del contribuente. Questo regime comporta l'imposizione degli stessi redditi di cui alla precedente lettera a) ad opera degli intermediari abilitati (banche, societa' di intermediazione mobiliare ed altri soggetti individuati in appositi decreti ministeriali ai sensi dell'art. 6, comma 1, del provvedimento in oggetto, in corso di emanazione) e richiede l'instaurazione di uno specifico rapporto implicante il deposito, per l'amministrazione e la custodia, dei valori mobiliari che generano i proventi imponibili. Le caratteristiche di questo regime sono: ___ | | la tassazione in base al realizzo, per ciascuna |___| operazione, dei redditi diversi, con applicazione, da parte degli intermediari abilitati, delle imposte sostitutive; ___ | | la possibilita' di compensare le plusvalenze con le |___| minusvalenze precedentemente conseguite presso lo stesso intermediario e di riportare a nuovo le eccedenze negative; ___ | | l'esclusione dall'applicazione di questo stesso regime |___| per le plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate, le quali rimangono sempre soggette al regime della dichiarazione dei redditi; ___ | | l'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore cui s'e' |___| fatto cenno nella precedente lett. a); ___ | | l'esclusione dal monitoraggio fiscale, sia interno che |___| esterno, assicurando in tal modo al conribuente l'anonimato; c) quello, opzionale, del "risparmio gestito" presso un soggetto abilitato ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415. A tal fine il contribuente instaura con un intermediario qualificato (una banca, una societa' di intermediazione mobiliare, una societa' fiduciaria iscritta nell'albo di cui al citato decreto legislativo 415 del 1996, residenti in Italia, nonche' a stabili organizzazioni in Italia di banche o di imprese d'investimento non residenti iscritte nel predetto albo) un rapporto di gestione del patrimonio affidato a detti intermediari. Le caratteristiche di questo regime sono: ___ | | l'esclusione del risultato della gestione |___| dall'assoggettamento alle imposte sui redditi; ___ | | la tassazioni, sulla base del principio della |___| maturazione, dei redditi di capitale e dei redditi diversi imputati al patrimonio gestito; ___ | | l'esclusione da tale regime delle plusvalenze derivanti |___| dalla cessione di partecipazioni qualificate, le quali rimangono soggette al regime della dichiarazione dei redditi; ___ | | la determinazione algebrica dei risultato netto |___| assoggettabile all'imposta sostitutiva da parte dell'intermediario, con conseguente compensazione tra componenti positivi (redditi di capitale, plusvalenze e altri redditi diversi) e negativi (minusvalenze e spese); ___ | | l'esclusione dal risultato di gestione dei redditi che |___| concorrono a formare il reddito complessivo, del redditi esenti e di quelli soggetti a ritenuta d'imposta o ad imposta sostitutiva; ___ | | il riporto a nuovo dei risultati negativi di gestione; |___| ___ | | l'esclusione dal monitoraggio fiscale, sia interno che |___| esterno, assicurando, anche in tal caso al contribuente l'anonimato. Per quanto concerne le norme applicabili in materia di accertamento e riscossione delle imposte sostitutive non dichiarate e non versate dai contribuenti, il comma 6 dell'articolo in commento rinvia alle disposizioni previste in materia di imposte sui redditi precisando tuttavia che la maggiore imposta sostitutiva accertata e' riscossa mediante iscrizione nei ruoli suppletivi al sensi del D.P.R.. 29 settembre 1973, n, 602. Benche' la disposizione non faccia alcun riferimento al contenzioso tributario, sembra evidente che eventuali contestazioni siano di competenza delle commissioni tributarie e che, piu' in generale, si renda applicabile la disciplina contenuta nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (cfr. anche circolare n. 98/E del 23 aprile 1996). Va sottolineato, infatti, che il sistema delineato dalla riforma comporta l'applicazione di una imposta sostitutiva la quale, salvo le deroghe espressamente stabilite nelle disposizioni istitutive, mantiene tutta la disciplina prevista per l'imposta che va a sostituire e, quindi, a seconda del soggetto passivo, l'imposta sul reddito delle persone fisiche o quella sulle persone giuridiche, con esclusione soltanto delle eventuali previsioni che risultino incompatibili con l'applicazione dell'imposta sostitutiva stessa. E' appena il caso di rilevare che nelle ipotesi che saranno illustrate successivamente, nelle quali l'imposta sostitutiva e' determinata e applicata da un intermediario, si renderanno applicabili, ove compatibili, anche le disposizioni procedimentali relative alle ritenute d'acconto per quanto non previsto, espressamente dalle specifiche disposizioni. 3.2 APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA SOSTITUTIVA IN BASE AL REGIME DELLA DICHIARAZIONE L'art. 5 del provvedimento in rassegna fissa le regole che i contribuenti devono osservare, in occasione della presentazione della dichiarazione annuale, per determinare e versare l'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi di natura finanziaria di cui alle lettere da c) a c-quinquies) dell'art. 81 del TUIR Le operazioni che hanno generato minusvalenze o perdite vanno indicate nella dichiarazione dei redditi soltanto se il contribuente intende avvalersi della facolta' di compensazione con le plusvalenze e gli altri redditi di cui alle lettere da c) a c-quinquies) dell'art. 81 del TUIR, realizzati nel periodo d'imposta, ovvero del riporto in avanti delle medesime. Per quanto concerne le plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate di cui all'art. 81, comma 1, lettera c), del TUIR, il comma 1 dell'articolo in esame stabilisce innanzitutto che tali plusvalenze, al netto delle relative minusvalenze, devono essere assoggettate all'imposta sostitutiva del 27 per cento. La stessa disposizione ribadisce, inoltre, il principio peraltro gia' affermato dalla vigente normativa in materia con riferimento all'imposta sostitutiva trattenuta dagli intermediari professionali sulla base del cosiddetto "regime forfetario" di cui all'art. 3, comma 5, del decreto-legge n. 27 del 1991 - secondo cui l'imposta sostitutiva pagata con riguardo alle cessioni di partecipazioni non qualificate effettuate prima del superamento delle percentuali di qualificazione, ma rientranti nel calcolo della cessione che ha comportato detto superamento, e' portata in detrazione dall'imposta sostitutiva dovuta ai sensi della norma in esame. Poiche' il comma 1 dell'art. 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997 si riferisce genericamente alla "imposta sostitutiva", si ritiene che sia ammessa in detrazione dall'imposta sostitutiva del 27 per cento sia l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento pagata ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 5, che quella pagata anteriormente al 1o luglio 1998 sulla base del decreto legge n. 27 del 1991. Il comma 2 dell'articolo in esame stabilisce, poi, che sui redditi indicati nelle lettere da c-bis) a c-quinquies) del comma 1 dell'art 81 del TUIR, determinati secondo i criteri fissati nell'art. 82 dello stesso testo unico, ovviamente al netto delle relative minusvalenze, differenze negative o perdite, il contribuente e' tenuto a versare l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con l'aliquota del 12,50 per cento. Conformemente a quanto previsto dalla legge di delega, il comma 3 dell'articolo in esame stabilisce che le plusvalenze e gli altri redditi di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo devono essere indicati distintamente nella dichiarazione dei redditi, il che impedisce di utilizzare le minusvalenze di una massa per compensare le plusvalenze dell'altra massa e viceversa. La stessa disposizione stabilisce, inoltre, che con uno o piu' decreti del Ministro delle finanze possono essere previsti particolari adempimenti ed oneri di documentazione riguardanti la determinazione dei redditi in questione e precisa, infine, che l'obbligo di dichiarazione non sussiste per le plusvalenze e gli altri proventi per i quali il contribuente ha esercitato l'opzione per l'applicazione del regime del cosiddetto risparmio amministrato di cui all'art. 6 del provvedimento in oggetto. Al riguardo si ritiene che i decreti ministeriali in questione non possano essere che quelli con i quali sono approvati i modelli di dichiarazione annuale dei redditi, essendo quella la sede propria per informare i contribuenti circa la esigenza o meno di conservare, per esibire o trasmettere a richiesta dell'Amministrazione finanziaria la documentazione relativa agli elementi positivi e negativi dei redditi dichiarati. Per quanto concerne il versamento dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sui redditi di cui sopra, il comma 4 dell'articolo in commento stabilisce che esso va effettuato nei modi previsti per il versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione dei redditi, dal che si ricava che nella fattispecie non sono ipotizzabili versamenti in acconto. 3.3 APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA SOSTITUTIVA IN BASE AL REGIME DEL RISPARMIO AMMINISTRATO 3.3.1 Presupposti di applicazione L'art. 6 del provvedimento in oggetto attribuisce ai contribuenti individuati nel precedente paragrafo 3.1 la facolta' di optare per l'applicazione di un regime semplificato dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 5 - che disciplina, come noto, l'applicazione dell'imposta sostitutiva da parte dello stesso contribuente sulla base della propria dichiarazione annuale - su ciascuna delle plusvalenze realizzate ai sensi delle lettere c-bis) e c-ter) del comma 1 dell'art. 81 del TUIR, come modificato dall'art. 3 del provvedimento medesimo. Per espressa previsione dell'art. 6, comma 1, del provvedimento in oggetto, tale regime riguarda le singole plusvalenze realizzate - ad esclusione soltanto di quelle derivanti dalla cessione a titolo oneroso ovvero dal prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti - e puo' essere applicato anche - alle plusvalenze, ai differenziali positivi e agli altri proventi realizzati mediante i contratti derivati di cui alla lettera c-quater) dell'art. 81 del TUIR e mediante i rapporti e le cessioni di cui alla lettera c-quinquies) dello stesso articolo, a condizione che nei predetti rapporti o cessioni intervengano come intermediari professionali o come controparti gli stessi intermediari sopra menzionati. Questo regime comporta che l'applicazione e il versamento dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento sui predetti proventi e plusvalenze sono effettuati dagli intermediari abilitati indicati dalla norma in commento (trattasi delle banche e delle societa' di intermediazione mobiliare residenti in Italia, delle stabili organizzazioni in Italia delle banche e delle imprese di investimento non residenti ed altri soggetti individuati, ai sensi del comma 1 dell'art. 6 del piu' volte citato decreto legislativo n. 461 del 1997, con apposito decreto interministeriale in corso di emanazione) e, conseguentemente, solleva i contribuenti dall'obbligo di includere i proventi e le plusvalenze di cui sopra nelle proprie dichiarazioni dei redditi. Con riferimento alla predetta ipotesi di esclusione dall'applicabilita' del regime in rassegna alle plusvalenze relative a depositi in valuta, la relazione illustrativa osserva che tale esclusione si giustifica in base alla particolare complessita' ed onerosita' che inevitabilmente presenterebbe la procedura di applicazione dell'imposta da parte degli intermediari in siffata ipotesi. Conseguentemente, nei casi di specie permane l'obbligo del contribuente di includere nella propria dichiarazione dei redditi le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso e prelievi di valute. Sempre con riferimento alle ipotesi di esclusione dall'ambito applicativo del regime del risparmio amministrato e' appena il caso di ricordare che, in conformita' a quanto stabilito dalla legge di delega, non possono mai rientrare nel regime del risparmio amministrato le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate di cui all'art. 81, comma 1, lettera c), del TUIR. Come gia' anticipato, ai fini dell'applicazione del regime in esame non e' sufficiente rivolgersi in modo occasionale ai predetti intermediari, ma e' necessario invece che, nel caso delle plusvalenze o degli altri proventi derivanti da titoli, quote o certificati, tali titoli, quote o certificati, siano dati in custodia o in amministrazione a questi ultimi e, nel caso dei proventi derivanti dai contratti derivati e dai contratti attraverso cui possono essere conseguiti redditi diversi, che sia intrattenuto un rapporto di deposito o conto corrente. Va peraltro, sottolineato che e' possibile riscontrare fattispecie per le quali la sussistenza di uno stabile rapporto con l'intermediario e' comunque verificabile anche in assenza di formale contratto di custodia o di amministrazione, quando si tratti di titoli, quote o certificati che non possono formare oggetto di autonoma circolazione senza l'intervento dell'intermediario medesimo (ad esempio, titoli non cartolarizzati). 3.3.2 Modalita' di esercizio e revoca dell'opzione Per quanto concerne specificamente le modalita' di esercizio del diritto di opzione, il comma 2 dell'art. 6 in commento dispone innanzitutto che il cotribuenti esercita tale opzione rilasciando all'intermediario una comunicazione scritta in tal senso. La comunicazione - per la quale non sono riviste particolari formalita' - puo' essere effettuata contestualmente al conferimento dell'incarico all'intermediario e all'apertura del deposito o del conto corrente ovvero, per i rapporti gia' in essere, in qualsiasi momento dell'anno, ma in quest'ultimo caso, con effetto dal periodo d'imposta successivo, salvo quanto precisato in via transitoria per i rapporti gia' in essere alla data dell'entrata in vigore del provvedimento in esame. Per i rapporti di cui alla lettera c-quater) e per i rapporti e le cessioni di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1, dell'art. 81 del TUIR, l'opzione puo' essere esercitata all'atto della conclusione, nel periodo d'imposta, del primo contratto da cui trae origine l'intervento dell'intermediario ed ha effetto immediato. Per i soggetti non residenti il regime semplificato di applicazione dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 5 costituisce il regime naturale poiche' e' applicato anche in mancanza di esercizio dell'opzione, salva la facolta' del contribuente di rinunciare a tale regime con effetto dalla prima operazione successiva. Cio' consente i'immediata applicazione per i soggetti non residenti del regime in esame evitando quindi agli stessi l'esercizio dell'opzione, ferma restando la facolta' di revoca. E' stato, inoltre, stabilito che la revoca possa essere esercitata anche dagli intermediari non residenti relativamente ai rapporti di custodia, amministrazione e deposito ad essi intestati e sui quali siano detenute attivita' finanziarie di terzi; in tal caso gli intermediari non residenti sono tenuti ad assolvere gli obblighi di comunicazione di cui all'art. 10 e devono nominare, quale rappresentante a detti fini, uno degli intermediari di cui all'art. 6, comma 1. La previsione in questione e' volta a disciplinare la rinuncia al regime in esame in presenza di intermediari non residenti che risultino intestatari di rapporti di custodia, amministrazione e deposito, cosiddetti "omnibus", sui quali siano detenute attivita' finanziarie di terzi. In tal caso, considerato che gli intermediari residenti non sono in grado di fornire all'Amministrazione finanziaria ne' i nominativi dei beneficiari dei proventi delle attivita' finanziarie dagli stessi detenute ne', talvolta, i controvalori delle operazioni effettuate, e' stato introdotto l'obbligo per gli intermediari non residenti, in caso di rinuncia al regime in esame, di nominare un rappresentante fiscale tenuto agli obblighi di comunicazione previsti dall'art. 10. Si precisa, altresi' che in linea con quanto disposto dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 239 del 1996, i soggetti non residenti, come ad esempio Euroclear e Cedel, che aderiscono direttamente ai sistemi di gestione accentrata di titoli - gestiti dalla Banca d'Italia, per cio' che concerne i titoli di Stato, e dalla Monte Titoli s.p.a., per gli altri titoli - sono da considerarsi equiparati alle banche italiane anche per cio' che riguarda il prelievo per l'imposta sostitutiva eventualmente da operare sui redditi diversi conseguiti dai propri depositanti. Pertanto, ove per i titoli depositati nei citati sistemi di gestione a nome del predetti soggetti non residenti si renda applicabile il regime del risparmio amministrato di cui all'articolo 6 del decreto legislativo in esame, saranno i soggetti non residenti aderenti ai sistemi di gestione accentrata di titoli ad effettuare - attraverso il loro rappresentante fiscale in Italia nominato ai sensi del citato articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 239 del 1996 - tutti gli adempimenti connessi con l'applicazione ed il versamento dell'imposta sostitutiva. Qualora invece si renda applicabile il re- gime della dichiarazione, gli stessi soggetti non residenti effettueranno - sempre per il tramite del proprio rappresentante fiscale - le comunicazioni previste dall'articolo 10. Nessun adempimento in termini di effettuazione e di versamento dell'imposta sostitutiva, ne' in termini di segnalazione ai sensi dell'articolo 10, dovra', essere svolto dai soggetti residenti gestori dei sistemi accentrati di deposito titoli, i quali oltretutto, non sono a conoscenza delle informazioni necessarie per, l'effettuazione dei citati adempimenti. Per i soggetti residenti, relativamente ai rapporti in essere alla data del 1o luglio 1998, anche se cointestati, l'imposta sostitutiva e' applicata dagli intermediari, anche in assenza di qualsiasi opzione del contribuente, salva la facolta' di quest'ultimo di rinunciare a tale regime mediante apposita comunicazione da effettuare entro il 30 settembre 1998, con effetto dal 1o luglio dello stesso anno. Ai sensi del comma 2 dell'articolo in rassegna l'opzione svolge efficacia per tutto il periodo d'imposta e puo essere revocata entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo. Si ritiene, quindi, che l'opzione esercitata in un periodo d'imposta abbia effetto anche per i periodi d'imposta successivi, salvo che il contribuente non ne effettui la revoca, nel qual caso la revoca ha effetto dal periodo d'imposta successivo a quella in cui e' stata comunicata all'intermediario. Nel caso in cui il contribuente intrattenga contemporaneamente una pluralita' di rapporti con un medesimo intermediario, l'opzione puo' riguardare tutti i contratti o altri rapporti intrattenuti o alcuni soltanto di essi. Inoltre, in ipotesi di contratti cointestati l'opzione, per essere efficace, deve necessariamente essere esercitata da tutti gli intestatari e perde efficacia solo se viene espressamente revocata da tutti gli intestatari (cfr. DM del 22 maggio 1998, pubblicato nella G.U. n. 132 del 9 giugno 1998). Al riguardo si precisa inoltre che ai fini dell'esercizio dell'opzione in discorso e' necessario che tutti i cointestatari abbiano i requisiti per l'applicazione del regime amministrato. Come gia' anticipato, l'opzione puo' essere esercitata sia contestualmente, che successivamente alla stipula del contratto o all'instaurazione del rapporto: nel primo caso, l'opzione ha effetto immediato; nel secondo caso, ha effetto dal primo giorno dell'anno successivo a quello in cui e' stata esercitata l'opzione, salvo che per le fattispecie previste dall'art. 81, comma 1, lettere c-quater) e c-quinquies) per le quali l'opzione puo' essere esercitata anche al momento della conclusione del primo contratto, come specificamente stabilito dai comma 2 dell'articolo in esame. Per quanto concerne le modalita' con cui va esercitata l'opzione, appare evidente che qualora l'opzione sia esercitata contestualmente al conferimento dell'incarico o all'instaurazione del rapporto, il contratto puo' essere integrato con un'apposita indicazione in questo senso: in ogni altro caso risultera' da apposito atto scritto. Analoga procedura vale anche per quanto concerne la revoca dell'opzione e i suoi effetti. Viene infatti stabilito che se la revoca e' manifestata prima della conclusione del contratto o del rapporto, gli effetti dell'opzione si protraggono fino al termine del periodo d'imposta in corso, a meno che prima di tale data il contratto o il rapporto non siano stati risolti. Per quanto concerne gli obblighi di conservazione delle dichiarazioni riguardanti l'esercizio e la revoca dell'opzione si ritiene che gli intermediari debbano osservare le disposizioni dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. 3.3.3 Le modalita' di applicazione dell'imposta sostitutiva Per quanto concerne le modalita' con le quali viene applicata l'imposta sostitutiva da parte degli intermediari incaricati, il comma 3 dell'articolo in esame stabilisce che, in via di massima, l'imposta sostitutiva e' dovuta su ciascuna plusvalenza, differenziale positivo o provento che il contribuente ha realizzato. Con riferimento alla determinazione della base imponibile dei redditi in questione, la disposizione in commento ha previsto che nel caso in cui l'intermediario non sia in possesso dei dati e delle informazioni necessarie per calcolare l'ammontare delle plusvalenze e degli altri redditi di natura finanziaria, egli li deve chiedere al contribuente prima dell'effettuazione dell'operazione e che il contribuente e' tenuto a comunicare all'intermediari o i dati e le informazioni da quest'ultimo richiestegli, trasmettendogli altresi' la pertinente documentazione, anche in copia; in mancanza di tale documentazione il contribuente e' tenuto a consegnare all'intermediario una dichiarazione sostitutiva nella quale attesti i dati e le informazioni richiestegli. Qualora il contribuente non adempia alle richieste dell'intermediario in una delle forme dianzi indicate, quest'ultimo sospende l'esecuzione delle operazioni cui e' tenuto in relazione all'incarico ricevuto, fintanto che il contribuente non gli avra' fornito i dati e le informazioni necessarie per l'applicazione dell'imposta. La stessa disposizione di cui al comma 3 stabilisce che nel caso contribuente abbia fornito all'intermediario un'errata comunicazione dei dati necessaria per il calcolo della plusvalenza o del provento finanziario tassabile e che da cio' sia derivato un omesso o non sufficiente versamento dell'imposta sostitutiva, la differenza tra quanto effettivamente dovuto e quanto versato deve essere recuperata unicamente nei confronti del contribuente, con applicazione delle sanzioni previste dal successivo comma 11. 3.3.4 La base imponibile Per la determinazione della plusvalenza, differenziale positivo o provento percepito dal contribuente l'intermediario deve innanzitutto applicare le regole generali previste per ciascuna delle fattispecie reddituali ricadenti nel regime del risparmio amministrato, secondo le previsioni dell'art. 82 del TUIR, ivi compresa quella relativa alla rilevanza degli oneri inerenti alla produzione dei redditi di cui trattasi. Al riguardo si precisa che non appaiono fiscalmente rilevanti gli oneri non strettamente inerenti alla produzione delle plusvalenze e, in particolare, quelli sostenuti in relazione al rapporto di custodia ed amministrazione dei titoli. La regola secondo cui i redditi di capitale maturati ma non riscossi, diversi da quelli derivanti dalla partecipazione in societa' ed enti soggetti all'IRPEG, si scomputano dal corrispettivo percepito o dalla somma rimborsata, nonche' dal costo o valore di acquisto assume, com'e' evidente, particolare rilievo nel caso di titoli obbligazionari e similari. Con la disposizione contenuta nel comma 4 dell'articolo in commento viene indicato il criterio contabile da seguire per determinare il costo da assumere per calcolare la base imponibile delle plusvalenze, dei differenziali e dei proventi (esclusi quelli realizzati a seguito della cessione a termine delle valute) nel caso in cui i titoli o gli altri valori mobiliari della stessa specie ed aventi eguali caratteristiche (quali, ad esempio, le azioni ordinarie della societa' Alfa, le obbligazioni della societa' Beta rappresentative di un unico prestito, e cosi' via) siano stati acquistati dal contribuente in date successive ed a prezzi diversi. Ebbene, qualora ricorra questa ipotesi, si assume come costo o valore di acquisto quello medio ponderato relativo a ciascuna categoria o omogenea di attivita' finanziaria, il che consente all'intermediario di disporre di un unico valore da prendere a riferimento ai fini della determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze e degli altri redditi diversi. Nulla e' invece innovato per quanto concerne le plusvalenze derivanti dalla cessione a termine delle valute estere, la cui determinazione e' pari alla differenza tra il corrispettivo della cessione e il valore della valuta al cambio a pronti accertato alla data di stipula del contratto, come stabilito dall'art. 82 del TUIR precedentemente esaminato. 3.3.5 Il riporto di minusvalenze, perdite e differenziali negative Analogamente a quanto previsto nell'ambito del regime della dichiarazione, anche per il regime del risparmio amministrato il comma 5 dell'articolo in commento prevede che nel caso in cui siano state realizzate minusvalenze, perdite e differenziali negativi gli intermediari incaricati computano in deduzione, fino a loro concorrenza, l'importo delle predette, minusvalenze, perdite e differenziali negativi dalle plusvalenze, proventi e differenziali positivi realizzati nelle successive operazioni poste in essere nell'ambito del rapporto intrattenuto con l'intermediario stesso, nello stesso periodo d'imposta ed in quelli successivi, ma non altre il quarto. Con il medesimo comma 5 e' stato stabilito che, per l'ipotesi in cui il contribuente abbia revocato l'opzione oppure abbia chiuso il rapporto di custodia, amministrazione o deposito, le minusvalenze, le perdite e i differenziali eccedenti che non hanno trovato compensazione possono essere portati in deduzione, sempre non oltre il quarto periodo d'imposta rispetto a quello del realizzo, dalle plusvalenze, proventi e differenziali positivi realizzati nell'ambito di un altro rapporto di amministrazione, custodia e deposito intestato agli stessi soggetti titolari del rapporto di provenienza e, in alternativa dalle plusvalenze, differenziali positivi e proventi che il contribuente dichiari secondo le modalita' ordinarie previste dall'art. 82, comma 4, del TUIR precedentemente esaminato. A quest'ultimo fine , gli intermediari sono tenuti a rilasciare ai contribuenti un'apposita certificazione dalla quale risultino tutti i dati e le informazioni necessarie a consentire la deduzione delle predette minusvalenze, perdite e differenziali negativi. Le plusvalenze e gli altri redditi diversi, cosi' come le minusvalenze e le perdite, derivanti da attivita' finanziarie che risultino intestate a piu' soggetti debbono essere attribuite pro quota secondo gli ordinari principi civilistici. Resta inteso che per le attivita' finanziarie la cui titolarita' e' ascrivibile ad un solo soggetto, ancorche' esse siano immesse in un dossier cointestato, le plusvalenze o minusvalenze derivanti dalle suddette attivita' non sono compensabili con quelle distintamente riferbili agli altri cointestatari. 3.3.6 Il trasferimento di strumenti finanziari Ai sensi e per gli effetti del comma 6 dell'art. 6 in commento si considera cessione a titolo oneroso anche il trasferimento del titoli, quote o certificati o rapporti ad un altro deposito, rapporto di custodia o amministrazione sempre in regime amministrato, ma intestati a soggetti diversi dagli intestatari del rapporto di provenienza, o ad un rapporto di gestione di cui all'art. 7, salvo che il trasferimento non sia avvenuto per successione o donazione. In tal caso la plusvalenza, il provento, la minusvalenza o la perdita realizzate mediante il trasferimento sono determinate con riferimento al valore normale, alla data del trasferimento, dei titoli, quote certificati o rapporti trasferiti e gli intermediari, tenuti al versamento dell'imposta, possono sospendere l'esecuzione delle operazioni fino a che non ottengano dal contribuente provvista per il versamento dell'imposta dovuta. Gli intermediari rilasciano al contribuente ,apposita certificazione dalla quale risulti il valore dei titoli, quote, certificati o rapporti trasferiti. Ai sensi del comma 8 dell'articolo in esame nel caso di prelievo dei titoli, quote, certificati o rapporti o di loro trasferimento e rapporti di custodia o di amministrazione intestati agli stessi soggetti intestatari dei rapporti di provenienza e comunque di revoca dell'opzione, per il calcolo della plusvalenza, reddito, minusvalenza o perdita, ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 5 si assume il costo o valore determinati ai sensi del comma 3 e 4 dell'articolo in esame e si applica il comma 12 sulla base di apposita certificazione rilasciata dai soggetti di cui al comma 1. 3.3.7 Il possesso di partecipazioni qualificate Il comma 8 dell'articolo in commento disciplina l'ipotesi in cui nell'ambito di un rapporto di amministrazione si realizzi in capo al contribuente il possesso di titoli partecipativi per percentuali superiori a quelle previste dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 81. Tale computo va effettuato tenendo conto sia delle partecipazioni possedute nell'ambito di rapporti di risparmio amministrato, sia di quelle possedute nell'ambito di rapporti di risparmio gestito, sia di quelle per le quali non sia stata esercitata alcuna opzione per regimi di tassazione alternativi a quello della dichiarazione. In caso di superamento delle predette percentuali la disposizione in esame stabilisce che il contribuente non puo' esercitare l'opzione e che, nel caso in cui l'opzione sia stata esercitata, la stessa perde effetto, limitatamente alle partecipazioni per le quali si e' verificato il suddetto superamento. Per l'ipotesi in cui il detto superamento sia avvenuto dopo l'esercizio dell'opzione si applica la disciplina di cui al comma 7 dianzi esaminata ai fini dell'applicazione dell'imposta nei modi ordinari da parte del contribuente con riferimento alle plusvalenze o minusvalenze successivamente realizzate, come previsto dall'art. 5, comma 1, del provvedimento in oggetto per le cessioni a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. In questo caso il contribuente e' tenuto a comunicare agli intermediari incaricati, che non siano in grado di verificare la predetta circostanza in base agli elementi in loro possesso, l'avvenuto superamento delle percentuali entro quindici giorni dalla data in cui cio' e' avvenuto oppure all'atto della prima cessione, se essa e' avvenuta precedentemente. In pratica, con tale procedimento la plusvalenza viene determinata sulla base dei corrispettivi complessivamente conseguiti nell'arco dei 12 mesi successivi al superamento delle percentuali in termini di possesso, da cui va dedotto il costo medio ponderato dei titoli ceduti. Inoltre, nel caso in cui successivamente al momento in cui si e' verificato l'avveramento del condizione del possesso della partecipazione qualificata, siano state cedute (di regola, nel periodo di tempo intercorrente tra tale momento e la comunicazione cui e' tenuto il contribuente) partecipazioni su cui sia stato applicato il regime fiscale previsto per le cessioni di partecipazioni non qualificate di cui alla lettera c-bis) dell'art. 81 del TUIR, i relativi proventi vanno aggiunti a quelli conseguiti a seguito della cessione della partecipazione qualificata e il costo di riferimento dedotto (quello medio ponderato) va confermato, in quanto non e' possibile rideterminare un costo medio ponderato che non tiene conto di eventuali acquisti successivi. Va da se' che dall'imposta sostitutiva cosi determinata deve essere dedotta quella corrisposta per le cessioni di partecipazioni non qualificate. La stessa disposizione stabilisce poi che in caso di indebito esercizio dell'opzione o di omessa comunicazione agli intermediari da parte del contribuente si applica la sanzione amministrativa dal 2 al 5 per cento del valore delle partecipazioni, titoli o diritti posseduti. 3.3.8 Le modalita' di versamento Per quanto concerne il versamento da parte degli intermediari dell'imposta sostitutiva dovuta dai contribuenti, il comma 9 dell'articolo in commento stabilisce che il versamento deve essere effettuato al concessionario della riscossione ovvero alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato entro il quindicesimo giorno del secondo mese successivo a quello in cui l'imposta e' stata applicata. A tal fine gli intermediari trattengono l'importo del tributo da versare da ciascun reddito realizzato ovvero ne ricevono provvista dal contribuente. Ai fini dell'esatta individuazione del termine di versamento, la norma in esame stabilisce che per le operazioni effettuate con l'intervento degli intermediari autorizzati ad operare nei mercati regolamentati l'operazione deve considerarsi effettuata entro il termine previsto per le relative liquidazioni periodiche. E' stato infine previsto che gli intermediari sono tenuti a rilasciare ai contribuenti un'attestazione del versamento entro il mese successivo a quello in cui e' stato effettuato. Con il comma 10 dell'articolo in esame e' stato disposto che gli intermediari devono comunicare all'Amministrazione finanziaria, negli stessi termini previsti per la presentazione della dichiarazione in qualita' di sostituto d'imposta, l'ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri proventi e quello delle imposte sostitutive applicate nell'anno solare precedente. Per quanto concerne le disposizioni in materia di accertamento e di riscossione dell'imposta sostitutiva non dichiarata e non versata dagli intermediari, nonche' per l'eventuale contenzioso, si rinvia a quanto precisato nel precedente paragrafo 3.1. 3.3.9 L'equalizzatore L'ultimo comma dell'articolo in commento disciplina le modalita' applicative dell'equalizzatore di cui all'art. 82, comma 9, del TUIR alle plusvalenze ed agli altri redditi di natura finanziaria realizzati nell'ambito del regime semplificato. A tal fine, nell'intento di contenere la quantita' di dati che gli intermediari debbono elaborare e' stato previsto un criterio analogo a quello adottato per l'identificazione del valore di costo da contrapporre ai corrispettivi conseguiti - consistente nella media ponderata dei prezzi di acquisto - criterio che consente di far riferimento, per ogni categoria omogenea di titoli e valori mobiliari, ad una determinata data media ponderata di acquisto in base alla quale si individua il coefficiente di equalizzazione da applicare a ciascuna operazione di realizzo. Il calcolo della data media ponderata di acquisto va eseguito considerando l'anno civile (365 giorni). Ad esempio, se 2000 azioni Alfa sono state comprate il 10.12.1998 ed altre 1000 azioni Alfa sono state acquistate il 9.1.1999, si considera che le 3000 azioni sono state tutte acquistate il 20.12.1998. 3.4 APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA SOSTITUTIVA SUL RISULTATO MATURATO DELLE GESTIONI INDIVIDUALI Di PORTAFOGLIO Conformemente a quanto previsto dall'art. 3, comma 160, lettera g), della legge 23 dicembre 1996, n. 160, con l'art. 7 del provvedimento in oggetto viene disciplinato il regime di imposizione applicabile ai redditi di capitale e diversi conseguiti, nell'ambito delle gestioni individuali di portafoglio, da parte dei contribuenti indicati nel precedente paragrafo 3.1, e cioe' da parte delle persone fisiche non esercenti attivita' produttive di redditi d'impresa o comunque relativamente a beni non relativi all'impresa, dei soggetti IRPEG esenti dalla relativa imposta, delle societa' semplici e dei soggetti ad esse equiparati, nonche' degli enti non commerciali. Il nuovo regime reca una profonda innovazione nel sistema di tassazione delle gestioni individuali di patrimoni. Le disposizioni vigenti, infatti, attuano il prelievo impositivo considerando ciascun reddito di capitale e diverso conseguito dal contribuente nell'ambito della gestione patrimoniale; risulta quindi del tutto irrilevante - ai fini impositivi - che il reddito sia conseguito nell'ambito di una gestione di patrimoni ovvero al di fuori di essa dovendosi comunque osservare le regole ordinarie di imposizione dei redditi nonche' - ove previsti - gli adempimenti di rilevazione e segnalazione all'Amministrazione finanziaria di tutti i dati rilevanti ai fini dell'accertamento (modelli RAD, redazione della dichiarazione del sostituto d'imposta, obblighi di rilevazione e segnalazione dei flussi finanziari da o verso l'estero di importo superiore a 20 milioni di lire). Nel dare attuazione alle disposizioni contenute nell'articolo 3, comma 160, lettere g) ed n) della legge n. 662/96, il legislatore delegato ha introdotto significativi elementi di novita' rispetto alle disposizioni previgenti. In primo luogo e' stata attribuita, ai fini tributari, una specifica rilevanza al rapporto contrattuale intrattenuto tra il contribuente ed un intermediario finanziario abilitato alla prestazione del servizio di gestione individuale di patrimoni. In tal modo e' stata superata l'impostazione vigente che perviene alla tassazione di ogni singolo reddito conseguito dal contribuente ed e' stato introdotto un regime tributario che prevede l'applicazione di una imposta sostitutiva del 12,50 per cento sul reddito complessivo netto maturato nell'ambito di contratto di gestione di patrimoni intrattenuto con l'intermediario. In secondo luogo muovendo dalla considerazione che il risultato della gestione maturato viene tassato con una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, sono state riviste le disposizioni che regolano gli obblighi di rilevazione e segnalazione di dati e notizie all'Amministrazione finanziaria, limitando la loro operativita' alle sole fattispecie suscettibili di uno specifico interesse ai fini dell'accertamento in quanto idonee a generare redditi che devono essere indicati dal contribuente nella dichiarazione dei redditi. Pertanto, per le operazioni che comportano il conseguimento di redditi che concorrono a formare il risultato della gestione soggetto ad imposta sostitutiva, dette comunicazioni non sono piu' previste (art. 10, comma 4, dei D.lgs. n. 461 del 1997 e articolo 27, comma 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, come modificato dall'articolo 12, comma 4 del D.Lgs. n. 461 del 1997). L'art. 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997 da attenuazione a questi principi e disciplina l'imposta sostitutiva sul risultato della gestione. Il comma 1 dell'articolo 7 in commento attribuisce ai contribuenti che hanno conferito ad un gestore, abilitato ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, l'incarico di gestire masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o da beni non relativi all'impresa, la facolta' di optare per l'applicazione, da parte del gestore medesimo, dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento sul risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio, comprensivo sia dei redditi di capitale di cui all'art. 41, che dei redditi diversi di cui all'art. 81, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR e, quindi, con esclusione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate. Giova in primo luogo premettere che il riferimento agli incarichi di gestione conferiti ai sensi del decreto legislativo n 415 del 1996 deve essere inteso nella sua accezione civilistica e cioe' nel senso che possono fruire del regime tributario previsto dall'articolo 7 in commento soltanto i proventi (redditi di capitale e redditi diversi) che aderiscono alle operazioni e gli strumenti finanziari che, sulla base della normativa di settore, possono essere oggetto di una gestione individuale di patrimoni; risulta quindi escluso che tale regime possa trovare applicazione anche per i proventi di attivita' finanziarie eventualmente acquisite dal gestore in violazione della normativa che ne disciplina l'attivita'. Inoltre, il riferimento a somme e beni non relativi all'impresa lascia chiaramente intendere che il trattamento fiscale in commento non puo' trovare applicazione quando i redditi derivanti dalla gestione aderiscono a masse patrimoniali appartenenti ad imprese commerciali, perche' in tal caso detti redditi concorrono a formare il reddito d'impresa secondo le disposizioni contenute nel Capo VI del Titolo I del TUIR. La disciplina in rassegna non si applica neppure in relazione ai proventi relativi alle masse patrimoniali appartenenti ai fondi comuni d'investimento - sia aperti che chiusi, sia mobiliari che immobiliari - alle Sicav e ai fondi pensione, in quanto soggetti a diverse e specifiche imposte sostitutive delle imposte sui redditi. L'opzione prevista dall'articolo 7, comma 1, deve essere esercitata mediante comunicazione ai soggetti abilitati alla prestazione del servizio di gestione individuale di patrimoni ai sensi del decreto legislativo n. 415 del 1996. L'articolo 1, comma 2, del decreto del Ministro delle finanze del 22 maggio 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 del 9 giugno 1998, prevede che i soggetti destinatari della comunicazione sono le banche, le societa' di intermediazione mobiliare ed le societa' fiduciarie scritte nell'albo di cui al predetto decreto legislativo, residenti in Italia, nonche' alle stabili organizzazioni in Italia di banche e di imprese di investimento non residenti, iscritte nel predetto albo. Inoltre, per quanto concerne l'esercizio e la revoca dell'opzione, il comma 2 dell'articolo in esame stabilisce che i contribuenti interessati, salvo quanto previsto in via transitoria per i contratti in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, possono optare per l'applicazione dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento sul risultato della gestione a condizione che sia rilasciata ai gestore un'apposita comunicazione sottoscritta dal contribuente all'atto della stipula del contratto, nel qual caso l'opzione ha effetto immediato. Cio' porta ad escludere che il particolare regime in esame che, come si vedra' meglio in seguito, implica in certi casi la posizione di "lordista" del gestito in relazione ai redditi di capitale e diversi che concorrono a formare il risultato imponibile della gestione - possa trovare applicazione, per i contratti stipulati a partire dal 1o luglio 1998, in assenza di una espressa manifestazione di volonta' resa in forma scritta dal contribuente conseguentemente, in assenza dell'opzione per il regime del risparmio gestito (nonche' di quella per il regime del risparmio amministrato), i redditi conseguiti nell'ambito della gestione devono formare oggetto di tassazione in base alle disposizioni ordinarie comprese quelle contenute nell'articolo 5 del provvedimento in oggetto. Nel caso in cui il contribuente abbia stipulato uno o piu' rapporti di gestione senza aver esercitato l'opzione contestualmente alla stipula del contratto, l'opzione successivamente rilasciata al gestore ha effetto dal periodo d'imposta successivo a quello in cui l'opzione stessa e' stata esercitata (art. 7, comma 2). L'opzione ritualmente esercitata ha effetto fino a quando non e' revocata oppure fino a quando il contratto non viene risolto: non e' quindi necessaria una conferma periodica dell'opzione se il contratto ha durata pluriennale. Inoltre, fino a quando il contratto non si scioglie, l'eventuale revoca espressa dal contribuente ha effetto dal periodo d'imposta successivo a quello in cui e' stata manifestata. Per i rapporti in essere alla data di entrata in vigore del nuovo regime, l'articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 461 del 1997, prevede che il nuovo regime impositivo si applica anche in mancanza di opzione. Tuttavia il contribuente puo' revocare l'opzione entro il 30 settembre 1998, con effetto dalla data in cui questa e' ricevuta dall'intermediario. In merito a quanto precede si ritiene - in analogia a quanto osservato con riferimento all'opzione da rendere per l'applicazione del regime del risparmio amministrato che nel caso in cui il contribuente intrattenga contemporaneamente con uno stesso gestore piu' rapporti di gestione, sia l'opzione che la revoca possono riguardare tutti i rapporti intrattenuti o alcuni soltanto di essi. Inoltre, ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto ministeriale del 22 maggio 1998, nel caso di contratti cointestati a piu' soggetti nei cui confronti si applichi il medesimo regime di tassazione, sia l'esercizio che la revoca dell'opzione svolgono effetti a condizione che siano esercitate da tutti i cointestatari. Un caso di revoca del tutto particolare e' quello previsto nel comma 5 dell'articolo in commento, che concerne l'ipotesi in cui nel patrimonio gestito siano compresi titoli, quote, partecipazioni, certificati o rapporti non negoziati in mercati regolamentati, il cui valore medio annuo complessivo risulti superiore al 10 per cento dell'attivo medio gestito. Ebbene, per detta ipotesi la citata disposizione prevede due possibilita': a) che detti titoli, partecipazioni, quote, ecc., siano valutati in base al valore normale oppure b) che il contribuente revochi l'opzione limitatamente ai predetti titoli, partecipazioni, quote, ecc.. Al riguardo, facendo riserva di ritornare sullo specifico argomento allorquando verra' esaminato il contenuto del comma 5 dell'articolo in rassegna, si puo' fin d'ora anticipare che ove il contribuente opti per la seconda soluzione (revoca parziale), gli effetti della revoca in costanza di svolgimento del contratto di gestione decorrono nei termini ordinari previsti dall'articolo 7, comma 2, e cioe' dall'anno successivo a quello in cui la revoca e' comunicata all'intermediario, conformemente a quanto ora stabilisce la disposizione in esame. Prima di concludere il discorso sull'esercizio dell'opzione in parola, e' opportuno anticipare il contenuto della disposizione di cui al comma 14 dell'articolo in rassegna, che contiene una norma antielusiva volta ad evitare che le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate possano fruire di un regime impositivo piu' favorevole rispetto a quello per esse previsto. Ricalcando l'analoga disposizione recata dal comma 8 dell'art. 6 dianzi esaminato, la predetta disposizione di cui al comma 14 prevede che l'opzione non puo' essere esercitata e, se esercitata, perde effetto qualora le percentuali di diritti di voto o di partecipazione rappresentate dalla partecipazioni, titoli o diritti complessivamente posseduti dal contribuente, anche nell'ambito di rapporti soggetti alla disciplina del risparmio amministrato di cui all'art. 6 del provvedimento in oggetto, siano superiori a quelle indicate nell'art. 81, comma. 1, lettera c), del TUIR. La stessa disposizione prevede, inoltre, che qualora il superamento delle percentuali si sia verificato in data successiva a quella in cui e' stata esercitata l'opzione, il contribuente e' tenuto a comunicare al gestore tale circostanza entro quindici giorni dalla data in cui il si e' verificato il superamento o, se precedente, alla data della prima cessione, sempreche' il gestore non sia in grado di verificare tale situazione sulla base dei dati e delle informazioni in suo possesso. Infine, per l'ipotesi in cui il contribuente abbia indebitamente esercitato l'opzione o abbia omesso di comunicare al gestore il superamento delle cennate percentuali, si applica a carico del contribuente la sanzione amministrativa dal 2 al 5 per cento del valore delle partecipazioni, titoli o diritti posseduti alla data della commessa violazione. Per quanto concerne il meccanismo applicativo dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento sul "risultato maturato" nel periodo d'imposta - espressamente sancito dalla norma di delega contenuta nell'art. 3, comma 160, lettera g), della citata legge n. 662 del 1996 - nel disciplinare il regime delle gestioni patrimoniali, sia individuali che collettive, il legislatore ha dovuto tener conto anche di quanto stabilito dalla disposizione contenuta nella seconda parte della successiva lettera n) della stessa norma di delega, laddove e' stato previsto, tra l'altro, il "coordinamento fra le disposizioni in materia di ritenute alla fonte sui redditi di capitale e di imposte sostitutive afferenti i redditi medesimi ed i trattamentii previsti alle lettere g) e i)" . Nell'ambito dell'art. 7 in rassegna, tale coordinamento e' stato realizzato attraverso le disposizioni contenute nei commi 4 e 3, nei quali e' stato rispettivamente previsto che: - la base imponibile da assoggettati all'imposta sostitutiva del 12,50 per cento e' costituita dal risultato della gestione maturato nel periodo d'imposta. Da cio' si desume agevolmente che i redditi di capitale e diversi relativi alle masse patrimoniali gestite non rappresentano la base imponibile dell'imposta, ma concorrono alla formazione della stessa secondo il criterio della maturazione, indipendentemente dalla loro percezione; - le masse patrimoniali gestite assumono, all'atto della percezione dei redditi di capitale e dei redditi diversi, la qualifica di "lordista" (espressione desunta dalla normativa contenuta nel decreto legislativo n. 239 del 1996, con la quale vengono individuati i soggetti che non subiscono ne' ritenute alla fonte, ne' imposte sostitutive sui redditi delle obbligazioni ivi disciplinate). Detti redditi, infatti, dovendo essere assoggettati all'imposta sostitutiva del 12,50 per cento da parte del gestore, in quanto concorrono a formare la base imponibile secondo il cennato criterio della maturazione, devono necessariamente essere conseguiti senza aver subito alcuna preventiva imposizione e, quindi, senza applicazione alcuna di ritenute o di imposte sostitutive. Per effetto di quanto stabilito dal comma 3 dell'articolo in esame, quindi, le masse patrimoniali subiscono il prelievo alla fonte sui redditi di capitale soltanto se detto prelievo e' espressamente previsto e sempreche' i redditi di capitale non rientrino tra quelli specificamente menzionati nello stesso comma 3. Pertanto, continueranno ad affluire alla gestione, al netto delle ritenute di legge, i redditi di capitale per i quali e' prevista un'aliquota di ritenuta del 27 per cento (fatta eccezione per gli interessi sui conti correnti bancari per i quali si verifichi la condizione di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 461 del 1997) oppure la ritenuta del 12,50 per cento operata dall'emittente in forza delle disposizioni del novellato articolo 26, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973 (interessi ed altri proventi delle obbligazioni emesse da societa' per azioni residenti non quotate, ecc.). Per quanto concerne poi i redditi diversi che concorrono a formare il risultato della gestione, la stessa norma stabilisce che gli stessi non sono soggetti ne' alle imposte sui redditi, ne' all'imposta sostitutiva di cui all'art. 5, comma 2. Conseguentemente, i redditi che concorrono a formare il risultato della gestione su cui va applicata l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento non sono soggetti alle imposte sostitutive previste dagli att. 5 e 6 del provvedimento in oggetto. E' appena il caso di sottolineare ancora una volta che il re- gime in questione non si applica alle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate, le quali non sono menzionate ne' nel comma 1 ne' nel comma 3 dell'articolo in commento, e quindi per dette plusvalenze resta fermo l'obbligo della dichiarazione da parte del contribuente secondo quanto previsto dall'articolo 5 del provvedimento in esame. Cio' premesso, il comma 3 dell'articolo in esame, ha innanzitutto sancito il criterio di carattere meramente strumentale - dianzi commentato - secondo cui, nel caso di opzione del contribuente di volersi avvalere del regime del risparmio gestito, i redditi di capitale e diversi che concorrono a formare il risultato della gestione su cui va applicata l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento, determinati sulla base dei criteri stabiliti dagli artt. 42 e 82 del TUIR, non devono essere assoggettati a imposta al momento della loro percezione. Con riferimento ai rediti di capitale, tuttavia, si e' resa necessaria una disciplina piu' articolata, perche' la deroga al re- gime del prelievo alla fonte - e quindi la possibilita' di rendere lordista il patrimonio gestito - si rende praticabile soltanto con riferimento ai redditi per i quali l'ordinamento prevede, nei confronti dei contribuenti non imprenditori, un prelievo definitivo (cioe', una ritenuta d'imposta o una imposta sostitutiva) nella misura del 12,50 per cento. La sudetta deroga, invece, non puo' operare per i redditi di capitale per i quali l'ordinamento prevede che debbano concorrere a formare il reddito complessivo del contribuente nonche', come gia' accennato, nei casi in cui il prelievo definitivo trova applicazione con un'aliquota superiore (quella del 27 per cento). Per tali redditi il legislatore (art. 7, comma 4) ha inteso mantenere il sistema impositivo ad essi pertinente, anche se vengono conseguiti dal patrimonio gestito, nel qual caso dovranno essere dedotti dal risultato della gestione da assoggettare all'imposta sostitutiva. Inoltre, al fine di evitare una doppia imposizione, qualora nella gestione dovessero aflluire proventi gia' soggetti ad uno specifico regime di esenzione oppure ad imposizione sostitutiva, e' stato previsto (art. 7, comma 4) che dovranno essere altresi' dedotti dal risultato della gestione anche i redditi esenti o comunque non soggetti ad imposta, quali ad esempio le plusvalenze (e le minusvalenze), di cui all'articolo 20, comma 1, lettera f), del TUIR, i proventi derivanti da quote o azioni di organismi di investimento collettivo mobiliare soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 8, commi da 1 a 4, del decreto legislativo n. 461 del 1997, i proventi da fondi comuni di investimento immobiliare di cui alla legge n. 86 del 1994. Va da se' che le perdite derivanti da quote o azioni di cui sopra non assumono rilevanza ai fini della determinazione del risultato di gestione, in quanto le stesse sono dedotte in capo all'organismo di investimento collettivo. Alla stregua di quanto precede e con specifico riferimento ai redditi di capitale la disposizione in commento ha quindi stabilito che non si applicano: a) l'imposta sostitutiva sugli interessi premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati, di cui al decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239; b) la ritenuta del 27 per cento, prevista dall'art. 26, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sugli interessi ad altri proventi dei conti correnti bancari, a condizione che la giacenza media annua non sia superiore al 5 per cento dell'attivo medio gestito. Ricorrendo questa ipotesi, nel caso la banca depositaria presso la quale sono intrattenuti i conti correnti bancari sia un soggetto diverso dal gestore, quest'ultimo deve comunicare alla banca, mediante apposita attestazione, la sussistenza delle condizioni che comportano la non applicazione della ritenuta. Pertanto, in mancanza dell'attestazione e nel caso in cui la giacenza media annua sia superiore alla predetta percentuale, la banca deve applicare la ritenuta del 27 per cento sull'intero ammontare degli interessi relativi al patrimonio gestito ed in tal caso gli interessi assoggettati alla ritenuta del 27 per cento dovranno essere dedotti dalla base imponibile dell'imposta sostitutiva; c) la ritenuta d'imposta del 12,50 pel cento, prevista dall'art. 26, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - nel testo modificato dall'art. 12, comma 1, del provvedimento in oggetto - sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari aventi scadenza non inferiore a diciotto mesi, emessi all'estero da soggetti non residenti. La stessa disposizione ha ad oggetto anche gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli di cui all'art. 31 del D.P.R. 29 settetnbre 1973, n. 601, nonche' di quelli con regime fiscale equiparato, emessi all'estero a decorrere dal 10 settembre 1992, indipendentemente dalla loro scadenza; d) la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dall'art. 26, comma 3-bis), del citato D.P.R. n. 600 del 1973 - nel testo introdotto dall'art. 12, comma 1, del provvedimento in oggetto - sui proventi derivanti dalle operazioni di riporto e di pronti contro termine su titoli e valute e da operazione di prestito titoli di cui, rispettivamente, all'art. 41, comma 1, lett. g-bis) e g-ter), del TUIR; e) la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dai commi 1 e 4 dell'art 27 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - nel testo modificato dall'art. 12, comma 4, del provvedimento in oggetto - sui dividenti percepiti da persone fisiche residenti in relazione ad azioni o quote partecipative, italiane o estere, rientranti nel ambito delle partecipazioni, non qualificate ai sensi dell'art'. 81, comma 1 lettera c-bis), con esclusione delle ritenute applicabili sugli utili derivanti da partecipazioni in societa' estere non negoziate in mercati regolamentati sui quali il prelievo alla fonte e' comunque applicato a titolo d'acconto. Per quanto riguarda la nozione di mercati regolamentati si rinvia a quanto specificato al paragrafo 2.2.1. Inoltre tenuto conto di quanto disposto dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legislativo in commento tale disposizione e' destinata ad operare per gli utili la cui distribuzione sia stata deliberata dalla societa' emittente a partire dal 1o luglio 1998; f) la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dal comma 1 dell'art. 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77 - come modificato dall'art. 8, comma 5, del provvedimento in oggetto - sui proventi derivanti dalla partecipazione a organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, situati negli Stati membri dell'Unione Europea, conformi alle direttive comunitarie e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell'art. 10-bis della stessa legge n. 77 del 1983. Il comma 4 fissa i criteri in base ai quali deve essere determinato il risultato netto della gestione sul quale va applicata l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento. Detto risultato e' costituito dalla differenza tra il valore del patrimonio gestito al termine di ciascun anno solare (ovvero, se precedente, del valore risultante alla data di chiusura, del contratto di gestione), al lordo dell'imposta sostitutiva eventualmente accantonata, incrementato dei prelevamenti fatti dal contribuente nel corso dell'anno, ed il valore del patrimonio gestito all'inizio dell'anno (ovvero, se posteriore, di quello conferito, alla data della stipula del contratto di gestione). Agli effetti della determinazione e del risultato netto di gestione, al valore del patrimonio gestito all'inizio dell'anno vanno aggiunti gli ulteriori conferimenti fatti dal contribuente nel corso dell'anno, i redditi maturati nel periodo e soggetti a ritenuta, i redditi che concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente, i redditi esenti o comunque non soggetti ad imposta maturati nel periodo, i proventi derivanti partecipazione ad organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari soggetti all' imposta sostitutiva, nonche' i proventi della partecipazione ai fondi comuni di investimento immobiliare di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 86. Naturalmente concorrono a formare il risultato della gestione le eventuali plusvalenze o minusvalenze derivanti dalle quote di partecipazione in organismi di investimento collettivo (determinate tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 81, comma 1, lettera c-ter) del TUIR, nonche' di quelle contenute nel novellato articolo 42, comma 4 - bis, del TUIR), cosi come le plusvalenze e minusvalenze derivanti dai valori mobiliari che generano redditi di capitale esenti, soggetti a ritenuta (ancorche' conseguiti nell'ambito della gestione) ovvero che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente. In entrambi i casi le plusvalenze e minusvalenze concorrono a formare il risultato della gestione. Tale risultato, tuttavia, non costituisce ancora la base imponibile su cui deve essere applicata l'imposta sostitutiva, in quanto da esso il gestore deve dedurre le commissioni e gli oneri relativi al patrimonio gestito: trattasi della tassa sui contratti di borsa, delle commissioni di gestione, di quelle di negoziazione e dell'eventuale imposta di successione e donazione corrisposta in relazione ai titoli e ai diritti immessi nella gestione patrimoniale, con esclusione in ogni caso degli interessi passivi sostenuti per finanziare le operazioni della gestione. Per quanto concerne i criteri di valutazione del patrimonio gestito all'inizio e alla fine dell'anno, il comma 5 dell'articolo in esame prevede che il gestore debba fare ricorso a quelli stabiliti nei regolamenti adottati dalla Consob in attuazione del gia' citato decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415. Relativamente ai titoli, alle quote, alle partecipazioni, ai certificati ed agli altri rapporti non negoziati nei mercati regolamentati, con il decreto ministeriale previsto, nell'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo in rassegna e' stato disposto che detti titoli e rapporti sono valutati al presumibile valore di realizzo sul mercato, individuato su un'ampia base di elementi d'informazione, oggettivamente considerati dall'intermediario autorizzato, concernenti sia la situazione dell'emittente che quella del mercato. In particolare, per i contratti ed i rapporti derivati di cui all'art. 81, comma 1, lett, c-quater), del TUIR e per i rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto, indicati nella lettera c-quinquies) dell'art. 81 del medesimo testo unico, non negoziati nei mercati regolamentati, lo stesso decreto ministeriale dispone che la valutazione va effettuata con riferimento alle condizioni di mercato. I criteri sopra indicati valgono, naturalmente, soltanto se il patrimonio gestito non sia composto per oltre il 10 per cento da titoli e rapporti non negoziati nei mercati regolamentati perche', in caso contrario, il gestore dovra' valutare detti titoli e rapporti sulla base del loro valore normale, il che significa che i predetti titoli, certificati rapporti e strumenti finanziari sono valutati al maggiore tra il valore risultante dall'applicazione dei criteri del presumibile valore di realizzo e quello risultante dall'applicazione dei criteri di cui all'art. 9, comma 4, lett. b) e c), del TUIR (cfr. decreto del Ministro delle finanze del 9 giugno 1998 in G.U. n. 138 del 16 giugno 1998). Come si e' avuto modo di anticipare sullo specifico argomento, resta comunque salva la facolta', per il contribuente, di revocare l'opzione limitatamente ai predetti titoli e rapporti. Ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva si deve tuttavia tener conto di quanto dispone il comma 10 del articolo in esame, laddove si prende in esame l'ipotesi che il risultato della gestione sia negativo. Ricorrendo detta ipotesi, la disposizione in commento prevede che questo risultato negativo e' computato in diminuzione del risultato -evidentemente positivo - della gestione dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quarto, per l'intero importo che trova capienza in essi. Attesa la formulazione della disposizione in commento, si ritiene che la predetta compensazione tra il risultato negativo di un anno e quello positivo degli anni successivi debba essere realizzata nell'ambito di ciascun patrimonio gestito da un medesimo intermediario e che, pertanto, qualora un contribuente intrattenga due o piu' rapporti di gestione con un medesimo intermediario, il risultato negativo di un contratto non puo' essere compensato con i risultati positivi degli altri contratti, ma deve essere compensato con i risultati positivi che da quello stesso contratto potranno derivare nei successivi periodi d'imposta Inoltre, la previsione secondo il risultato negativo va computato in diminuzione dei risultati positivi conseguiti nei successivi anni per l'intero ammontare di detto risultato negativo che trovi capienza in quelli positivi, porta ad escludere che tale compensazione possa essere effettuata in misura diversa da quella prevista dalla norma. Cio' non pregiudica la posizione di quei contribuenti che si trovino nella situazione di dover compensare un risultato negativo ma non possano avvalersi della procedura prevista dal predetto comma 10 per esserne venute meno le condizioni (a causa dello scioglimento del contratto o della revoca dell'opzione). Ricorrendo tale ipotesi, il diritto del contribuente a compensare il suddetto risultato negativo con quelli positivi conseguiti nei successivi periodi d'imposta e' stato assicurato dal legislatore attraverso la disposizione di cui al comma 13 dell'articolo in esame, laddove e' previsto che il gestore deve rilasciare al contribuente un certificato nel quale sia indicato, oltre al valore dei titoli restituiti al contribuente calcolato con riferimento al giorno in cui l'opzione ha perso efficacia, anche l'ammontare dei risultati negativi della gestione ed il periodo d'imposta in cui essi sono emersi e per i quali il contribuente ha il diritto di effettuare la predetta compensazione. Il comma 13 in questione prevede, infatti, che i predetti risultati negativi possono essere computati in diminuzione, nel rispetto dei limiti temporali sopra indicati: ___ | | dalle plusvalenze imponibili relativamente alla quale |___| il contribuente e' tenuto a farne oggetto, di dichiarazione ai sensi dell'art. 5, comma 3, del provvedimento in oggetto; ___ | | dalle plusvalenze realizzate nell'ambito del regime del |___| risparmio amministrato di cui all'art. 6 del provvedimento in esame; ___ | | dal risultato positivo di un contratto di gestione che il |___| contribuente abbia stipulato con lo stesso o con un altro gestore. E' appena il caso di ricordare che nei casi di revoca dell'opzione e di scioglimento del contratto il passaggio del beni dal gestore al contribuente si configura come trasferimento a titolo oneroso dei titoli, quote, certificati, valute e rapporti, come tale suscettibile di generare plusvalenze tassabili. Di cio' si deve tener conto ai fini della successiva applicazione dell'equilizzatore, in quanto la data rilevante a tal fine e' quella del 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui e' stata revocata l'opzione ovvero quella in cui e' stato chiuso il contratto in tale ipotesi. I commi 7 e 8 dell'articolo in esame disciplinano il regime fiscale dei conferimenti e dei prelievi fatti dal contribuente nell'ambito del rapporto di gestione. Con la prima delle citate disposizioni viene stabilito che nel caso in cui il contribuente abbia stipulato un contratto di gestione ed abbia contestualmente esercitato l'opzione per l'applicazione dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento sul risultato maturato della gestione, il conferimento dei titoli, delle quote, dei certificati e degli altri rapporti deve essere considerato alla stregua di una cessione a titolo oneroso. Poiche' i titoli ed i rapporti vengono presi in carico dal gestore sulla base del valore che essi hanno alla data del conferimento, e' stato disposto che sulle plusvalenze emergenti alla data del conferimento si applicano le disposizioni di cui ai commi 5, 6, 9 e 12 dell'art. 6 del provvedimento in oggetto. Pertanto, le plusvalenze o minusvalenze emergenti alla data della consegna dei titoli o rapporti dal parte del contribuente si considerano realizzate e ad esse, qualora superino le minusvalenze rilevate alla stessa data sugli stessi titoli e rapporti, si applica la disciplina fiscale del risparmio amministrato prevista dell'art. 6 dianzi esaminato, anche per quel che riguarda l'applicazione dell'equalizzatore. Cio' comporta che sulle cennate plusvalenze, come sopra calcolate, il gestore e' tenuto ad applicare l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento ed a versarla entro il giorno 1 5 del secondo mese successivo. La stessa disposizione del comma 7 in esame prevede altresi' il caso in cui i titoli ed i rapporti di che trattasi non siano stati materialmente consegnati al gestore dal contribuente, ma provengano da un altro rapporto di gestione relativamente al quale il contribuente ha esercitato l'opzione per l'applicazione dell'imposta sostitutiva. Ebbene, per questa ipotesi la norma in esame stabilisce che il patrimonio trasferito da una gestione all'altra deve essere valorizzato dal gestore uscente sulla base del valore attribuibile nel giorno in cui viene eseguito il trasferimento e che a questo stesso valore il patrimonio viene assunto dal gestore che lo prende in carico. Sempre per quel che concerne la disciplina dei conferimenti, la stessa norma di cui al comma 7 in esame contempla il caso in cui i titoli ed i rapporti conferiti in gestione provengano da un rapporto per il quale il contribuente aveva esercitato l'opzione per fruire - del regime di cui all'art. 6 del provvedimento in oggetto, che concerne il regime del risparmio amministrato gia' esaminato in precedenza. Per detta ipotesi e' stato previsto che l'intermediario cui competeva l'applicazione dell'imposta sostitutiva secondo il re- gime del risparmio amministrato e' tenuto ad applicare sulle plusvalenze relative ai titoli ed ai rapporti trasferiti l'imposta sostitutiva di cui all'art. 6, comma 6 del provvedimento in oggetto e a rilasciare al contribuente l'apposita certificazione ivi prevista dalla quale risulti il valore dei titoli, quote, certificato o rapporti trasferiti. Qualora emergano minusvalenze in sede di valutazione dei titoli o rapporti conferiti in un nuovo contratto di gestione, queste minusvalenze non possono essere computate in diminuzione del risultato della gestione ove aderiscano a titoli o rapporti che il contribuente ha materialmente consegnato al gestore ovvero se derivino da un precedente rapporto di amministrazione, cio' in quanto il comma 5 dell'art. 6 del provvedimento in oggetto stabilisce che le minusvaleze realizzate nell'ambito del risparmio amministrato possono essere dedotte dal contribuente soltanto se il contribuente si avvale, dopo il trasferimento, di uno dei due sistemi impositivi previsti dagli art. 5 e 6 del provvedimento in oggetto, vale a dire quello della dichiarazione e quello del risparmio amministrato. E' invece possibile, come gia' detto, computare il risultato negativo della gestione, risultante dopo la conclusione del relativo contratto, in diminuzione del risultato positivo maturato in capo ad un altro contratto di gestione (nuovo o gia' esistente) intestato al medesimo contribuente, sempreche' quest'ultimo abbia esercitato l'opzione per l'applicazione del regime del risparmio gestito. Questa possibilita' e' infatti espressamente prevista dal comma 13 dell'articolo in esame, laddove viene stabilito che il gestore del contratto concluso e' tenuto a rilasciare al contribuente un'apposita certificazione dalla quale risultino gli importi computabili in diminuzione delle plusvalenze ai sensi dell'art. 82, comma 4, del TUIR, nel testo sostituito dall'art. 4, comma 1, lett. b), del provvedimento in oggetto. Ovviamente, nella certificazione va indicato altresi' l'anno solare cui i predetti risultati negativi si riferiscono, ai fini della verifica del limite temporale stabilito dalla citata disposizione dell'art. 82 del TUIR. I commi 8 e 9 disciplinano le ipotesi in cui il contribuente effettui nel corso di validita' del contratto prelevamenti dei titoli o rapporti conferiti ovvero ne disponga il trasferimento presso un altro deposito o rapporto di custodia o di amministrazione di cui all'art. 6 precedentemente esaminato. Ricorrendo queste ipotesi, con la disposizione recata dall'art. 8 del provvedimento in oggetto e' stato stabilito che le circostanze sopra evidenziate determinano il sorgere del presupposto impositivo delle plusvalenze maturate sugli strumenti finanziari in questione fino alla data del loro prelievo o trasferimento, da quantificarsi secondo i criteri di valutazione di cui al comma 5 dello stesso art. 7 in. commento. Per effetto di tale disciplina, il risultato della gestione relativo al periodo in cui tali eventi si sono verificati deve essere determinato tenendo conto anche del valore che i predetti titoli o rapporti avevano alla data del loro prelievo o trasferimento. Cio' implica che, ai fini della determinazione del risultato della gestione, il predetto valore e' computato in aumento del patrimonio gestito, quale risulta alla fine del periodo d'imposta o, se precedente, alla data di chiusura del contratto. Per espressa previsione della norma in esame, la predetta disposizione non si applica quando il prelievo o il trasferimento sia stato causato da donazione o successione ereditaria. Per siffatte eventualita', il trasferimento ad un diverso rapporto intestato agli eredi, ai legatari o donatari non si configura come fattispecie al cui verificarsi il legislatore ha collegato il sorgere del presupposto impositivo ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva in questione. Pertanto, in caso di prelievo i titoli, i certificati e i rapporti sono valorizzati in capo al patrimonio gestito tenendo conto dell'ultimo costo di acquisto sostenuto dal gestore, ovvero, se posteriore, dell'ultimo valore fiscalmente rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva. Inoltre, ai fini della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze in capo agli eredi, i prelievi ed i trasferimenti conseguenti ad una successione o donazione devono essere valorizzati assumendo i criteri fissati dall'articolo 82, comma 5, del TUIR, come modificato dall'articolo 4 del decreto legislativo in commento. Qualora il prelievo dei titoli o rapporti derivi dallo scioglimento del contratto, si viene a determinare la situazione in cui la revoca ha effetto immediato: in tal caso il gestore, nell'applicare l'imposta sostitutiva, deve assumere come patrimonio finale il valore del patrimonio alla data di chiusura del contratto. Il comma 9 dell'articolo in commento stabilisce, poi, che in tutti i casi previsti dal comma 8 sopra esaminato, il predetto valore costituira' il costo fiscalmente riconosciuto dei predetti titoli e rapporti nell'ambito di ciascuno dei regimi (che posso essere, a seconda delle scelte del contribuente, quello della dichiarazione, quello del risparmio amministrato o quello del risparmio gestito) che si rendera' successivamente applicabile. Al fine di assicurare una corretta applicazione del suddetto principio della continuita' dei valori, la norma in esame stabilisce che il gestore e' tenuto a rilasciare al contribuente una certificazione dalla quale risulti il valore dei titoli, quote, certificati, valute e rapporti - prelevati o trasferiti - che sono stati assunti per la determinazione del risultato della gestione. In tale contesto sembra opportuno anticipare quanto prevede il comma 15 dell'articolo in esame, laddove si stabilisce che, nel caso in cui il contribuente che ha prelevato i titoli o rapporti ricada in uno dei regimi di cui all'art. 5 (della dichiarazione) o 6 (del risparmio amministrato) del provvedimento in esame, ai fini dell'applicazione dell'equalizzatore, come data di acquisto dei titoli o rapporti si assume quella in cui ha effetto il prelievo o la revoca dell'opzione. Il comma 11 si occupa del versamento dell'imposta sostitutivi del 12,50 per cento sul risultato della gestione. Tale adempimento deve essere svolto dal soggetto gestore il quale, in mancanza della liquidita' necessaria per effettuare il detto versamento, e' legittimato ad effettuare, anche in deroga alle norme contrattuali, i disinvestimenti all'uopo necessari, a meno che il contribuente non provveda a rimettergli le somme necessarie entro il giorno 15 del mese in cui l'imposta deve essere versata. La stessa disposizione prevede che nel caso di prelievo o di trasferimento dei titoli o rapporti di cui al comma 8 precedentemente esaminato il gestore e' legittimato a sospendere l'esecuzione delle prestazioni fino a quando il contribuente non gli ha fornito le somme necessarie per il versamento o dell'imposta dovuta. Circa le modalita' del versamento dell'imposta, si fa presente che lo stesso puo' essere alternativamente effettuato al concessionario della riscossione oppure alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato; per quanto concerne, invece, i termini entro cui il versamento deve essere effettuato si fa presente che l'imposta va versata entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello in cui e' maturato il relativo debito oppure entro il quindici del secondo mese successivo a quello in cui e' stato revocato il mandato di gestione. Il comma 12 stabilisce che, entro lo stesso termine previsto dalle disposizioni in materia di imposte sui redditi per la presentazione della dichiarazione dei redditi propri, il gestore e' tenuto a presentare anche la dichiarazione relativa all'imposta sostitutiva prelevata sul complesso delle gestioni. Cio' significa che la dichiarazione deve essere presentata entro un mese dalla data di approvazione del bilancio di esercizio, come previsto dal comma 2 dell'art. 9. del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Il comma 13 dell'articolo in commento disciplina - come gia' anticipato - le modalita' di utilizzo del risultato negativo della gestione emergente al momento dell'uscita dallo speciale regime opzionale del risparmio gestito. Tale situazione, che si verifica in caso di scioglimento del contratto o di revoca dell'opzione, impedisce materialmente di riportare in avanti il risultato negativo nell'ambito della medesima gestione che lo ha prodotto: per questo motivo e' stata offerta al contribuente la possibilita' di dedurre il predetto risultato negativo delle plusvalenze che formano oggetto di dichiarazione secondo le modalita' previste dall'art. 82, comma 4, del TUIR oppure nell'ambito di un altro rapporto di gestione intestato allo stesso contribuente, per il quale sia stata ovviamente esercitata la prescritta opzione. Per consentire l'esercizio di questo diritto, la disposizione in esame ha stabilito che il gestore rilasci al contribuente un'apposita certificazione dalla quale risulti l'importo del risultato negativo e l'anno in cui esso si e' prodotto. Il risultato negativo puo' essere inoltre computato in diminuzione dal risultato di un altro contratto di gestione che il contribuente ha gia' stipulato o stipula ex novo con lo stesso od un altro gestore, nonche' dalla plusvalenze realizzate nell'ambito di un rapporto soggetto al regime del risparmio amministrato di cui all'art. 6, sempreche' tali rapporti siano intestati allo stesso contribuente e sempre nei limiti temporali stabiliti dalla legge. Per quanto non specificamente disciplinato dall'art. 7 in esame circa l'accertamento, la riscossione e le sanzioni applicabili in relazione agli obblighi di dichiarazione e di versamento dell'imposta sostitutiva dal parte dei gestori, il comma 16 del medesimo articolo rinvia alle disposizioni di carattere generale applicabili in materia di imposte sui redditi. Al riguardo si rinvia alle precisazioni gia' fornite al paragrafo 3.1. 3.5 APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA SOSTITUTIVA SUL RISULTATO DI GESTIONE DEGLI ORGANISMI Di INVESTIMENTO COLLETTIVO DEL RISPARMIO 3.5.1 Generalita' Come e' noto il vigente regime tributario degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e' dettato dall'articolo 9 della legge 23 marzo 19 3, n. 77 (fondi comuni di investimento mobiliare aperti italiani), dall'articolo 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84 (SICAV italiane), dall'articolo 1 1 della legge 14 agosto 1993, n. 344 (fondi comuni di investimento mobiliare chiusi italiani) nonche' dall'articolo 11-bis del decreto legge 30 settembre 1983, n. 512 convertito con modificazioni con legge 25 novembre 1983, n. 649 (fondi comuni lussemburghesi c.d. storici). Tali disposizioni prevedono il seguente regime impositivo: a) l'assenza di soggetivita' degli organismi in questione ai fini delle imposte dirette; b) l'applicazione di una imposta patrimoniale sostitutiva commisurata al patrimonio medio netto del fondo o della SICAV rilevato nel periodo d'imposta. Le aliquote variano a seconda della composizione degli attivi del fondo o della SICAV ovvero a seconda della natura dell'organismo di investimento collettivo; c) l'applicazione delle ritenute e delle imposte sostitutive sui redditi di capitale conseguiti dai fondi nonche' le ritenute sui redditi diversi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera c-ter) del testo unico nel testo vigente fino al 30 giugno 1998. Come gia' anticipato in premessa, nel tracciare le linee guida del regime opzionale di tassazione sul risultato maturato, il legislatore ha tra l'altro stabilito, con la disposizione di cui all'art. 3, comma 160, lettera i), della piu' volte citata legge n. 662 del 1996, che la revisione del regime fiscale degli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari deve avvenire con criteri analoghi a quelli fissati nella lettera g) della medesima norma, che riguarda - come noto - la disciplina fiscale delle gestioni individuali e che ha gia' formato oggetto di esame nel precedente paragrafo, laddove e' stato illustrato il contenuto dell'art. 7 del provvedimento in oggetto. Per effetto di tale indicazione, il regime fiscale dei predetti organismi d'investimento viene sostanzialmente a coincidere con quello ideale gestioni individuali sopra citate, le quali sono caratterizzate dall'applicazione di una imposta sostitutiva del 12,50 per cento sul risultato maturato della gestione, dal cui ambito applicativo vanno esclusi i redditi esenti e quelli soggetti a ritenuta d'imposta o ad imposta sostitutiva, e dalla possibilita' di compensare il risultato negativo di un periodo d'imposta con quelli positivi degli anni successivi. Detto regime implica, come e' evidente, un profondo mutamento dell'attuale regime fiscale, che - come accennato - prevede la definitivita' del prelievo alla fonte sui redditi di capitale percepiti dal fondo comune e sull'imposizione delle plusvalenze conseguite mediante applicazione di una imposizione di tipo patrimoniale ad opera della societa' di gestione del fondo. La nuova disciplina fiscale degli organismi di investimenti collettivo in valori mobiliari e' contenuta nell'art. 8 del provvedimento in esame, nel quale e' stato trascritto il nuovo testo delle disposizioni tributarie ad essi relativi e che vengono qui di seguito elencate: a) dell'art. 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77, che riguarda i fondi comuni d'investimento mobiliare di tipo aperto di diritto nazionale (comma 1); b) dell'art 14 del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 84, che riguarda gli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari, operanti nella forma delle societa' d'investimento a capitale variabile, usualmente indicate con la sigla "SICAV" (comma 2); c) dell'art. 11 della legge 14 agosto 1993, n. 344, che riguarda i fondi comuni d'investimento mobiliare di tipo chiuso di diritto nazionale (comma 3); d) dell'art. 11-bis del decreto-legge settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, che riguarda i fondi comuni esteri d'investimento mobiliare di tipo aperto, autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato ai sensi del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 luglio 1956, n. 786 (comma 4); Con il comma 5, dell'articolo 8 sono altresi' modificati i commi da 1 a 6 dell'art, 10-ter della legge n. 77 del 1983 sopra citata, che riguarda gli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato. Nessuna modifica e' stata invece apportata alla disciplina fiscale riguardante i fondi comuni di investimento immobiliare di tipo chiuso di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 86, ed i fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, in quanto la delega ha fatto riferimento soltanto agli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari. Cio' premesso, viene qui di seguito illustrata la nuova disciplina fiscale dei predetti organismi, come risulta dalle citate disposizioni dell'art. 8 in rassegna. 3.5.2 Fondi comuni d'investimento di tipo aperto di diritto nazionale Il primo periodo del comma 1 dell'art. 9 della citata legge n. 77 del 1983 come sostituito dal comma 1 dell'articolo in esame - stabilisce, innanzitutto, che i fondi comuni di che trattasi non sono soggetti alle imposte sui redditi, con cio' confermando l'attuale re- gime fiscale dei fondi comuni di investimento mobiliare di tipo aperto di diritto nazionale. Il secondo periodo del medesimo articolo ribadisce il criterio - gia' sancito dall'attuale testo dell'articolo in questione - secondo cui le ritenute operate sui redditi di capitale percepiti dal fondo s'intendono applicate a titolo d'imposta. In merito a tale disposizione e necessario un chiarimento, in quanto il suo significato e' diverso da quello attribuibile alla corrispondente norma del testo attuale. Come si vedra' meglio in seguito, poiche' il nuovo sistema di tassazione dei fondi in questione prevede che la societa' di gestione e' tenuta ad applicare sul risultato della gestione maturato nell'anno l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento, e' stato necessario coordinare tale regime con le disposizioni riguardanti la tassazione dei proventi conseguiti dai fondi, tra le quali assumono particolare rilievo le altre norme contenute nel comma 1 del medesimo articolo 9 in rassegna che, da un lato, limitano il prelievo soltanto a taluni redditi di capitale e, dall'altro, attribuiscono ai fondi la qualifica di soggetto cosiddetto "lordista" - espressione questa desunta dalla normativa recata dal decreto legislativo n. 239 del 1996, che per taluni soggetti sancisce il diritto a percepire i redditi di capitale "al lordo" dell'imposta sostitutiva ovvero delle ritenute alla fonte applicabili - con la conseguenza che i fondi comuni interessati non devono subire in ogni caso la tassazione a monte sui redditi di capitale da essi percepiti, ma solo se le singole disposizioni prevedono l'applicazione del prelievo alla fonte nel loro confronti. Analogo problema non si pone ovviamente per quel che concerne i redditi diversi, in quanto i fondi in parola non sono soggetti alle imposte sui redditi, come previsto dalla citata disposizione contenuta nel primo periodo del comma 1 dell'articolo 9. Pertanto, le plusvalenze e le minusvalenze di cui al comma 1 dell'art. 81 del TUIR sono percepiti dal fondi comuni al lordo di ogni onere impositivo ed in tale misura concorrono a formare il risultato della gestione maturato nel periodo d'imposta su cui si applica il prelievo del 12,50 per cento. Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo in esame stabilisce, con riferimento ai redditi di capitale percepiti dai fondi comuni in rubrica citati, che non si applicano: a) la ritenuta del 27 per cento prevista dall'art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973 sugli interessi e gli altri proventi dei conti correnti bancari, a condizione che la giacenza media annua non sia superiore al 5 per cento dell'attivo medio gestito. Sebbene tale previsione rappresenti una rilevante deroga ai principi generali della riforma, si osserva che la stessa trova ragione nel fatto che nella fattispecie il conto corrente bancario rappresenta un mezzo necessario per eseguire le operazioni di gestione e, quindi, a detti conti non si puo' attribuire la funzione di un normale strumento d'investimento finanziario delle liquidita' se la giacenza delle somme sia contenuta nei ristretti margini quantitativi previsti dalla disposizione in esame. Va da se' che, nel caso in cui la cennata condizione non sia rispettata, la ritenuta del 27 per cento deve essere applicata anche sugli interessi riferibili alla percentuale del 5 per cento ed in tal caso gli interessi assoggettati alla ritenuta del 27 per cento dovranno essere dedotti dalla base imponibile dell'imposta sostitutiva; b) la ritenuta del 12,50 per cento prevista dal comma 3 dell'art. 26 del citato D.P.R. n. 600 del 1973 - nel testo sostituito dall'art. 12, comma 1, del provvedimento in oggetto - sugli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli emessi all'estero con scadenza non inferiore a diciotto mesi, nonche' dei titoli di cui all'art. 31 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, compresi quelli con regime fiscale equiparato, emessi all'estero a decorrere dal 10 settembre 1992, indipendentemente dalla loro scadenza; c) la ritenuta del 12,50 per cento prevista dal comma 3-bis dell'art. 20 del citato D.P.R. n. 600 del 1973 - nel testo sostituito dall'art. 12, comma 1, del provvedimento in oggetto - sui proventi delle operazioni di prestito titoli e di pronti contro termine di cui all'art. 41, comma 1, del TUIR precedentemente esaminato; d) la ritenuta del 12,50 per cento sui proventi derivanti dalla partecipazione agli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliare di tipo aperto di diritto estero, armonizzati alle direttive comunitarie ed autorizzati al collocamento in Italia, di cui all'art. 10-ter, comma 1, della stessa legge n. 77 del 1983. Cio' premesso, tenuto conto di quanto stabilito dalla disposizione teste' esaminata e dalle altre disposizioni riguardanti, l'applicazione da parte degli intermediari, delle ritenute alla fonte o dell'imposta sostitutiva sui i redditi di capitale, i casi in cui i fondi comuni non subiscono alcun prelievo alla fonte - sia sotto forma di ritenuta che di imposta sostutiva - possono essere cosi' individuati, in aggiunta a quelli sopra elencati: e) l'imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni pubbliche e private di cui al decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239 nel testo sostituito dall'art. 12, comma 3, lettera b), del provvedimento in oggetto. La nuova disposizione infatti, nell'elencare i soggetti cui si applica l'imposta sostitutiva in questione non menziona piu' i fondi comuni d'investimento e conseguentemente nel loro confronti gli intermediari non devono applicare l'imposta sostitutiva in parola; f) la ritenuta del 12,50 per cento sugli utili in qualunque forma corrisposti ai soci dalle Societa' e degli enti, sia che esteri, prevista all'art. 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo sostituito dal comma 4 dell'art. 12 del provvedimento in oggetto. Il comma 1 dell'art. 27 teste' citato prevede, infatti, che la ritenuta si applica nei confronti delle persone fisiche, dei fondi pensione e dei fondi immobiliari e, conseguentemente, in mancanza di una espressa previsione normativa in senso diverso, gli utili corrisposti ai fondi comuni in parola non sono soggetti ad alcun prelievo alla fonte e concorrono a formare il risultato di gestione di cui al comma dell'art. 9 in commento. Tenuto conto di quanto disposto dall'articolo 14 comma 1, del decreto legislativo in commento tale disposizione e' destinata ad operare per gli utili la cui distribuzione e' stata deliberata dalla societa' emittente a partire dai 1o luglio 1998. Diversamente da quanto dianzi esposto, in mancanza di norme che espressamente sanciscano una deroga al sistema generale in tema di prelievo alla fonte sui redditi di capitale, i soggetti che corrispondono detti redditi ai fondi comuni di cui all'art. 9 della citata legge n. 77 del 1983 devono applicare, ricorrendone le condizioni di carattere soggettivo, il prelievo alla fonte previsto dalle singole disposizioni fiscali. Come si e' avuto modo di notare, ove si eccettui la deroga di cui alla precedente lettera a), i casi relativamente ai quali il legislatore ha ritenuto di poter attribuire al fondi comuni la qualita' di "lordista" sono esclusivamente quelli per i quali e' prevista l'applicazione da parte degli intermediari (rectius: da parte dei soggetti che comunque intervengono nel pagamento, se rientrano tra quelli indicati nel comma 1 dell'art. 23 del D.P.R. n. 600 del 1973), di una ritenuta alla fonte ovvero di una imposta sostitutiva del 12,50 per cento. Identica possibilita' non e' stata invece prevista sia nel caso in cui si tratta di redditi di capitale che, pur scontando un'imposizione del 12,50 per cento, sono posti in pagamento da parte dei soggetti che hanno emesso i titoli, sia nel caso in cui i redditi di capitale sono soggetti ad un prelievo del 27 per cento. Ricorrendo queste ipotesi, e' stato tenuto fermo il regime del prelievo alla fonte anche se i redditi sono percepiti dal fondo comune, regime che ovviamente comporta l'esclusione dei redditi cosi' tassati dal concorso alla formazione del risultato di gestione, in quanto diversamente si sarebbe determinata una duplicazione d'imposta. In questi termini va intesa la disposizione contenuta nel secondo periodo del comma 1 dell'art. 9, secondo cui le ritenute op- erate sui redditi di capitale si intendono applicate a titolo d'imposta. Per quanto concerne il regime tributario applicabile dal 1o luglio 1998 ai fondi comuni d'investimento citati in rubrica, la novita' piu' importante e' costituita, come gia' anticipato, dall'abolizione dell'imposizione di tipo patrimoniale che ai sensi dell'attuale formulazione dell'art. 9 della legge n. 77 del 1983 si rende applicabile sul patrimonio netto del fondo. Tale forma impositiva, comunque, deve essere applicata - ai sensi delle disposizioni di carattere transitorio contenute nell'art. 15, comma 6 del provvedimento in oggetto, che verranno appresso esaminate - con riferimento al patrimonio netto del fondo risultante alla data del 30 giugno 1998 e deve essere versata entro il 30 settembre 1998 sulla base di un'apposita dichiarazione (che dovra' essere presentata unicamente alla dichiarazione del risultato della gestione maturato nel secondo semestre del 1998). Dal 1o luglio 1998, in luogo della predetta imposta patrimoniale si deve applicare, ai sensi di quanto stabilisce il nuovo comma 2 dell'art. 9 in commento, una imposta sostitutiva del 12,50 per cento sul risultato della gestione del fondo maturato in ciascun anno. Ai fini del calcolo della base imponibile su cui applicare detta imposta, la disposizione da ultimo citata stabilisce che essa e' pari alla differenza tra il valore del patrimonio netto del fondo alla fine dell'anno, al lordo nell'imposta sostitutiva, aumentato dei rimborsi e dei proventi eventualmente distribuiti nel corso dell'anno e diminuito delle sottoscrizioni effettuate nell'anno ed il valore del patrimonio netto all'inizio dell'anno, aumentato dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi d'investimento collettivo del risparmio soggetti ad imposizione sostitutiva (trattasi dei proventi e degli incrementi di valore delle parti dei fondi aperti italiani, delle Sicav italiane, degli organismi d'investimento di cui all'art. 11-bis del citato decreto-legge n. 512 del 1983 cosiddetti "lussemburghesi storici" - e dei fondi chiusi Italiani), nonche' dei proventi esenti (espressamente previsti ai fini del mantenimento del regime agevolativo) e dei proventi soggetti a ritenuta a titolo definitivo (la cui esclusione e' finalizzata ad evitare,una doppia imposizione). Al riguardo va precisato, tuttavia, che l'esclusione dal concorso alla formazione del risultato di gestione previsto per i predetti proventi esenti da imposta ovvero soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo definitivo deve essere limitata ai soli redditi di capitale di cui all'articolo 41 del TUIR e non si estende alle eventuali plusvalenze maturate per effetto della negoziazione, del rimborso o della valutazione dello strumento finanziario: ove si rilevi quindi una plusvalenza, cosi' come se si dovesse rilevare una minusvalenza, questa concorre a formare il risultato della gestione del fondo. Va da se' che, alla stregua di quanto detto a proposito del regime tributario delle gestioni individuali di portafoglio, ai fini del calcolo della base imponibile non rilevano le perdite derivanti da azioni o quote di partecipazione ad organismi di investimento collettivo soggetti ad imposta sostitutiva sul risultato della gestione. Considerato che ai sensi dell'art. 5, comma 1, lettera d), della legge n. 77 del 1983 la societa' di gestione deve redigere giornalmente un prospetto nel quale vanno indicati il valore unitario delle quote di partecipazione ed il valore complessivo netto del fondo, ne deriva che il calcolo dell'imposta sostitutiva sugli incrementi (ovvero sui decrementi) del patrimonio netto deve essere effettuato con la stessa periodicita' con la quale la societa' di gestione procede al calcolo del valore delle singole quote, rilevando contestualmente l'incremento imponibile del patrimonio che deriva dalle diverse componenti reddituali (redditi, plusvalenze e minusvalenze maturati), l'imposta dovuta sull'incremento e, di conseguenza, il patrimonio netto da assumere per la valorizzazione delle quote in circolazione. Tale criterio, peraltro, e' quello che consente di determinare in modo corretto il vale unitario o delle quote ai fini delle operazioni di sottoscrizione ed rimborso, che, espressione di un valore al netto delle imposte, che sono pagate interamente dal fondo attraverso la societa' di gestione. Poiche' il pagamento dell'imposta viene effettuato una volta l'anno, ne deriva che in occasione del calcolo eseguito giornalmente per verificare l'incremento del patrimonio del fondo prodotto dalle diverse componenti reddituali la societa' di gestione calcola altresi' l'imposta sostitutiva da accantonare in vista del versamento e, a fine anno, l'ammontare complessivo dell'imposta accantonata costituisce il debito d'imposta da versare entro il 28 febbraio di ciascun anno. Ai fini dell'individuazione del patrimonio netto all'inizio dell'anno si assume quello risultante dal prospetto giornaliero relativo all'ultimo giorno dell'anno precedente. Il comma 2 dell'articolo 9 in commento riafferma il criterio, gia' presente nell'attuale legislazione in materia, secondo cui qualora il fondo sia stato avviato oppure venga a cessare in corso d'anno, in luogo del patrimonio all'inizio ed alla fine dell'anno si assumono, rispettivamente, il valore del patrimonio alla data di avvio del fondo e quello del patrimonio alla data di cessazione del fondo. Come gia' anticipato, una volta calcolata la base imponibile ed applicata l'imposta sostitutiva, l'ultimo periodo del comma 2 della disposizione in rassegna prevede che la societa' di gestione e' tenuta a versare l'imposta sostitutiva al concessionario della riscossione oppure alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato, entro il 28 febbraio di ciascun anno. Innovando il regime attualmente in vigore, ma coerentemente con la disciplina dettata dal legislatore delegante per quanto concerne le gestioni individuali di patrimonio, con la disposizione di cui al comma 2-bis dell'articolo in commento il legislatore ha disciplinato altresi l'ipotesi in cui il risultato della gestione del fondo evidenzi un decremento anziche' un incremento. Ricorrendo questa ipotesi, la disposizione in esame stabilisce che il risultato negativo - che deve risultare dall'apposita dichiarazione che la societa' di gestione e' tenuta a presentare - puo' essere computato in diminuzione dal risultato della gestione dei periodi d'imposta successivi, per l'intero importo che in essi trovi capienza e senza alcun limite temporale, oppure puo' essere utilizzato, in tutto o in parte, dalla societa' di gestione in diminuzione dal risultato di gestione di altri fondi gestiti dalla stessa societa', a partire dal medesimo periodo d'imposta in cui e' maturato il risultato negativo, riconoscendo il relativo importo a favore del fondo che ha maturato il risultato negativo. Tale disciplina comporta quindi sostanzialmente il sorgere di un credito d'imposta, che e' pari al 12,50 per cento del risultato negativo maturato. Applicando nella fattispecie lo stesso criterio sopra indicato circa l'accantonamento giornaliero dell'imposta sostitutiva dovuta nell'ipotesi di incremento del patrimonio, nel caso del decremento la societa' di gestione accredita al fondo giornalmente un importo pari al 12,50 per cento del risultato negativo, accredito che si viene a riflettere immediatamente in una maggiore valutazione' della quota, in quanto la minusvalenza viene ad essere compensata dall'imposta accreditata. Le eccedenze non compensate, che la societa' di gestione deve evidenziare nella dichiarazione, possono essere computate in diminuzione dalle imposte dovute dallo stesso fondo sul risultato positivo conseguito negli anni successivi senza alcun limite temporale oppure, se la societa' gestisce altri fondi comuni, essere compensato con l'imposta sostitutiva dovuta in relazione al risultato positivo ottenuto da detti fondi, nel qual caso l'imposta cosi' recuperata va accreditata al fondo che aveva evidenziato il risultato negativo. Tali compensazioni dovranno risultare nell'apposita dichiarazione che la societa' di gestione e' tenuta a presentare. A quest'ultimo proposito il comma 4 dell'art. 9 in commento stabilisce, che la societa' di gestione deve presentare ogni anno, contestualmente alla dichiarazione dei redditi propri, la dichiarazione del risultato di gestione conseguito nell'anno precedente da ciascuno dei fondi gestito dalla stessa societa'. In tale dichiarazione la societa' di gestione deve indicare i dati necessari per la determinazione dell'imposta sostitutiva dovuta. Qualora detta imposta sia stata compensata e' necessario evidenziare anche i crediti d'imposta maturati e le compensazioni effettuate tra fondi che evidenziano un debito d'imposta sostitutiva e fondi che invece evidenziano un credito per la stessa imposta. Diversamente da quanto previsto dall'attuale normativa, la dichiarazione non deve essere presentata entro un termine prestabilito, ma contestualmente alla dichiarazione dei redditi propri, il che comporta un termine mobile, in quanto coincide con il termine massimo di un mese dall'approvazione del bilancio della societa' di gestione. La stessa disposizione contenuta nel comma 4 dell'articolo in esame prevede poi che per quanto concerne la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, le sanzioni anche penati, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste in materia di imposte sui redditi. Il comma 3 dell'articolo in commento disciplina il trattamento tributario applicabile nei confronti dei soggetti residenti nel territorio dello Stato che hanno sottoscritto azioni o quote di fondi comuni, mentre la disciplina riguardante i soggetti non residenti e' contenuta nell'art. 9 del provvedimento in oggetto, che verra' successivamente esaminato. Cio' premesso, per quanto concerne i soggetti residenti, la disposizione in esame detta differenti regole a seconda che le partecipazioni ai fondi in questione siano state, assunte o meno nell'esercizio di imprese commerciali. Per l'ipotesi in cui le partecipazioni ai fondi non siano state assunte nell'esercizio di imprese commerciali, la disposizione in esame conferma l'attuale regime, nel senso che i relativi proventi non concorrono a formare il reddito imponibile dei partecipanti. Questo regime e' del tutto coerente con il sistema di tassazione dei redditi di natura finanziaria realizzati attraverso forme d'investimento che garantiscono il pagamento "a monte" del debito d'imposta dovuto dai contribuenti sui proventi da essi conseguiti per il tramite di soggetti abilitati ad amministrare o gestire il risparmio. Questo regime, ovviamente, trova applicazione solo nel caso in cui il rapporto del contribuente si svolga esclusivamente attraverso le forme canoniche e cioe' con le operazioni di sottoscrizione e rimborso delle quote effettuate per il tramite della societa' di gestione o con i soggetti incaricati del collocamento e del rimborso delle quote medesime. Qualora, invece, il contribuente acquisti o ceda le quote di partecipazione al fondo al di fuori delle strutture di servizio del fondo, pagando o ricevendo, rispettivamente, una somma diversa dal valore che le azioni o quote acquistate ovvero cedute avevano nei giorni in cui le relative operazioni sono avvenute, l'eventuale differenza positiva - che fiscalmente non costituisce il provento derivante dalla partecipazione ai fondi ma una plusvalenza il cui importo va determinato in base ai criteri fissati dal comma 4-bis dell'art. 42 del TUIR - deve formare oggetto di tassazione autonoma, in quanto nella fattispecie si e' in presenza di un reddito non rientrante nell'ambito applicativo della disposizione in esame, ma in quello dell'art. 81, comma 1, lettera c-ter), del TUIR, come si desume peraltro dalla disposizione contenuta nell'ultimo periodo dell'art. 9, comma 3, della piu' volte citata legge n. 77 del 1983. Ai fini di una puntuale individuazione dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari e, conseguentemente, anche ai fini della determinazione delle eventuali plusvalenze o minusvalenze, il comma 4-bis dell'art. 42 del TUIR stabilisce che le somme o il valore normale dei beni distribuiti, anche in sede: di riscatto o liquidazione, dagli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari, soggetti ad imposta sostitutiva sul risultato della gestione, nonche' le somme o il valore normale dei beni percepiti in sede di cessione delle partecipazioni ai predetti ,organismi costituiscono proventi per un importo corrispondente alla differenza positiva tra l'incremento di valore delle azioni o quote rilevato alla data della distribuzione, del riscatto, della liquidazione o della cessione e l'incremento di valore delle azioni o quote rilevato alla data di sottoscrizione o di acquisto. La stessa disposizione precisa inoltre che l'incremento di valore in questione deve essere rilevato dall'ultimo prospetto predisposto dalla societa' di gestione del fondo. Una volta accertato che il contribuente ha realizzato, oltre ai proventi di cui al comma 3 dell'art. 9 della legge n. 77 del 1983, anche plusvalenze rientranti nella disposizione di cui alla lett c- ter) del comma 1 dell'art. 81 del TUIR, su dette plusvalenze e' dovuta l'imposta sostitutiva del 12,50. Tale imposta puo' essere corrisposta direttamente dal contribuente sulla base della dichiarazione dei redditi, come previsto dall'art. 5 del provvedimento in oggetto in precedenza esaminato, ovvero attraverso un intermediario nel caso in cui il contribuente abbia esercitato l'opzione prevista dall'art. 6 (concernente il regime del risparmio amministrato) e dall'art. 7 (concernente il regime del risparmio gestito) del decreto legislativo n. 461 del 1997, gia' esaminati in precedenza. Per l'ipotesi in cui le partecipazioni ai fondi siano state assunte nell'esercizio di imprese commerciali, il comma 3 dell'art. 9 stabilisce che i relativi proventi concorrono a formare il reddito soltanto nell'esercizio in cui sono percepiti, ancorche' l'imprenditore li abbia iscritti in bilancio indipendentemente dalla percezione; la stessa disposizione stabilisce inoltre che su tali proventi l'imprenditore ha diritto ad un credito d'imposta il cui importo e' pari al 15 per cento dei proventi stessi, credito la cui funzione e' quella di neutralizzare gli effetti della tassazione a monte che il contribuente ha subito a causa dell'applicazione, da parte della societa' di gestione, dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento e, quindi, per evitare una doppia imposizione dei proventi che altrimenti si verificherebbe. Destinatari di, questo regime sono indistintamente tutti gli, imprenditori, comunque organizzati e, quindi, sia gli imprenditori individuali che le societa' comprese quelle di persone di cui all'art. 5 del TUIR che svolgano attivita' commerciali - e gli enti di cui all'art. 87, lettere a), b) e d), ed all'art. 113, comma 1, del medesimo testo unico. Tenuto conto di quanto si e' avuto modo di precisare precedentemente in merito alla distinzione tra proventi derivanti dalla partecipazione ai fondi comuni, da determinarsi sulla base di quanto stabilisce il comma, 4- bis dell'art. 82 del TUIR ed eventuali plusvalenze conseguite dai contribuenti in relazione a dette partecipazioni, che sono soggette ad un diverso regime impositivo, va ora chiarito - con specifico riferimento al credito d'imposta di cui alla disposizione in rassegna - che detto credito va commisurato esclusivamente all'incremento di valore della quota rilevato dai prospetti giornalieri riferibili ai giorni in cui sono avvenute le operazioni di acquisto e di cessione. Conseguentemente, nel caso in cui l'imprenditore abbia conseguito un reddito superiore al reddito di capitale, come sopra determinato, non compete il credito d'imposta sulla parte del reddito che eccede il suddetto provento. 3.5.3 Organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari operanti nella forma di societa' d'investimento a capitale variabile (SICAV) Con la disposizione di cui al comma 2 dell'art. 8 del provvedimento in oggetto e' stato sostituito l'art. 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, che reca le disposizioni tributarie degli organismi citati in rubrica, che di seguito verranno indicati con la sigla "SICAV". Il comma 1 dell'art. 14 sopra citato riproduce integralmente il contenuto dell'art. 9, comma 1, della citata legge n. 77 del 1983, esaminato nel precedente paragrafo, al quale si fa rinvio. Il comma 2 del predetto art. 14 stabilisce che: a) per quanto concerne gli obblighi di dichiarazione relativi al risultato gestione conseguito, il primo periodo del comma in esame stabilisce che la SICAV deve indicare nell'apposita dichiarazione i dati necessari per la determininazione dell'imposta sostitutiva dovuta. Tale dichiarazione dov'essere presentata entro un mese dalla data di approvazione del bilancio; b) nella prima parte del secondo periodo del comma 2 dell'art. 14 in commento viene inoltre stabilito che alle SICAV si applicano anche le disposizioni di cui, ai commi da 2 a 4 dell'art. 9 della citata legge n. 77 del 1983. Per effetto di questo richiamo, si fa rinvio ai chiarimenti gia' forniti nel precedente paragrafo in relazione a tali disposizioni; c) nella seconda parte del secondo periodo del comma 2 dell'art. 14 in commento si stabilisce che alle SICAV di applica la disposizione di cui all'art 7 della tabella allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, concernente i fondi comuni d'investimento di natura contrattuale, che esclude gli obblighi di registrazione per gli atti relativi alla costituzione delle SICAV, alla sottoscrizione ed al rimborso delle azioni, nonche' alle operazioni di emissioni e di estinzione dei certificati. Il comma 3 dell'art. 14 in commento dispone, infine, che al proventi distribuiti dalle SICAV non si applicano le disposizioni di cui all'art. 27 de piu' volte citato D.P.R. n. 600 del 1973, concernenti l'applicazione delle ritenute alla fonte sui dividendi, e neppure le disposizioni di cui agli articoli 1,2,3,7,9, 10-bis e 12 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, concernente la disciplina della nominativita' obbligatoria dei titoli azionari. 3.5.4 Fondi-comuni d'investimento mobiliare chiusi Il comma 3 dell'art. 8 del provvedimento in oggetto ha integralmente sostituito anche l'art. 11 della legge 14 agosto 1993, n. 344, riguardante le disposizioni tributarie dei fondi comuni d'investimento mobiliare chiusi. La nuova disciplina dei fondi in questione ricalca pressoche' fedelmente quella prevista per i fondi mobiliari aperti, cosi' attuando la direttiva contenuta nell'art. 3, comma 160, lettera i), della citata legge n. 662 del 1996. Si rinvia, pertanto, ai chiarimenti in proposito gia' forniti in materia nei precedente paragrafo 3.4.2. Rispetto alla normativa fiscale riguardante i fondi comuni aperti, la differenza di maggior rilievo riscontrabile nella corrispondente disciplina dei fondi chiusi consiste nella diversa periodicita' - stabilita dall'art. 5, comma 1, lettera c), della legge n. 344 del 1993 - con la quale e' prevista la redazione del prospetto riguardante il calcolo del patrimonio netto dei fondi chiusi, che e' semestrale per questi ultimi mentre e' giornaliera per i fondi aperti. Con riferimento a tale adempimento, si fa presente che nel prospetto semestrale la societa' di gestione del fondo dovra' indicare, tra l'altro, l'ammontare dell'imposta sostitutiva maturata nel primo semestre di gestione del fondo o, in alternativa, il credito d'imposta qualora emerga un risultato negativo. Si segnala, inoltre, che i prospetti in questione vanno presi in considerazione ai fini della determinazione del valore delle azioni e, quindi, per determinare l'ammontare dei proventi ai quali va attribuito il credito d'imposta del 15 per cento (se la partecipazione e' stata assunta nell'esercizio dell'impresa) e le eventuali plusvalenze. Per quanto concerne il trattamento tributario applicabile ai partecipanti ai fondi chiusi va inoltre segnalata la disposizione recata dal comma 6 dell'articolo 8 dei provvedimento in oggetto con la quale si e' inteso eliminare la penalizzazione che attualmente grava sugli esercenti attivita' commerciali, che consiste nella prevista assimilazione dei proventi derivanti dai fondi chiusi ai proventi esenti, assimilazione che incide negativamente ai fini del computo degli interessi passivi e delle spese generali deducibili in sede di determinazione del reddito d'impresa. Al riguardo, il comma 3 dell'art. 63 del TUIR, integralmente sostituito dalla disposizione teste' citata, stabilisce infatti che se nell'esercizio sono stati conseguiti interessi o altri proventi esenti da imposta derivanti da obbligazioni pubbliche o private sottoscritte, acquistate o ricevute in usufrutto o pegno a decorrere dal 28 novembre 1984 o da cedole acquistate separatamente dai titoli a decorrere dalla stessa data, gli interessi passivi non sono ammessi in deduzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo degli interessi o proventi esenti. La stessa disposizione precisa, inoltre, che gli interessi passivi che eccedono tale ammontare sono deducibili a norma dei primi due commi del medesimo art. 63, ma senza tener conto, ai fini del rapporto ivi previsto, dell'ammontare degli interessi e proventi esenti corrispondente a quello degli interessi passivi non ammesso in deduzione. Dal testo del comma 3 dell'art. 63 del TUIR e' stato quindi eliminato il riferimento ai proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni d'investimento mobiliare di tipo chiuso. La nuova disciplina si applica, ai sensi dell'art. 16, comma 3, del provvedimento in oggetto, a partire dal 1o luglio 1998. 3.5.5 Fondi comuni esteri d'investimento mobiliare aperti autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato al sensi del D.L. 6 giugno 1956, n. 476, convertito dalla legge 25 luglio 1956, n. 786 L'art. 8, comma 4, del provvedimento in oggetto ha sostituito l'art. 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, recante la disciplina fiscale dei fondi comuni esteri di investimento mobiliare di tipo aperto, autorizzati al collocamento in Italia ai sensi del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 luglio 1956, n. 786 (trattasi dei cosiddetti fondi lussemburghesi storici) Come noto, a seguito delle modifiche introdotte nel 1983 con l'art. 11 -bis del citato decreto-legge n. 512, il regime fiscale di questi fondi e' stato strutturato in modo del tutto analogo a quello previsto per i corrispondenti fondi comuni di diritto nazionale. Con la norma in commento per i fondi lussemburghesi in questione e' stato introdotto, a partire dal 1o luglio 1998, un regime fiscale del tutto identico a quello previsto per i fondi italiani, per cui si rinvia ai chiarimenti gia' forniti nella soggetta materia nel precedente paragrafo 3.4.2. 3.5.6 Organismi¥ d'investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero Il comma 5 dell'art. 8 del provvedimento in oggetto sostituisce i primi sei commi dell'art. 10-ter della piu' volte citata legge n. 77 del 1983, che disciplinano sia il trattamento fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari di tipo aperto di diritto estero, situati negli Stati membri dell'Unione europea, conformi alle direttive comunitarie, le cui quote sono collocate all'estero oppure nel territorio dello Stato ai sensi dell'art. 10-bis della stessa legge n. 77 del 1983 sia il trattamento fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo situati Stati non appartenenti all'Unione Europea. Viene sostanzialmente confermato il criterio attualmente vigente secondo il quale i proventi derivanti da azioni o quote commercializzate in italia sono soggetti ad un prelievo alla fonte, mentre per i proventi derivanti da azioni o quote commercializzate all'estero o comunque per quelli conseguiti senza l'intervento del sostituto d'imposta, il contribuente e' tenuto ad indicarne i proventi nella dichiarazione dei redditi e a liquidare e versare l'imposta con le modalita' e nei termini previsti per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute in base alla dichiarazione. Piu' specificamente, il comma 1 dell'art. 10-ter in esame (O.I.C.V.M. comunitari) conferma il contenuto della corrispondente disposizione attualmente vigente, in quanto prevede che i soggetti residenti ai quali e' stato affidato l'incarico di pagare i proventi derivanti dalla partecipazione agli organismi in questione, ovvero di riacquistare o negoziare le azioni o quote emesse dagli organismi in questione, sono tenuti ad operare una ritenuta del 12,50 per cento sui relativi proventi. La ritenuta - precisa il comma 1 in commento - deve essere applicata sui redditi di capitale di cui all'articolo 41, comma 1, lettera g) percepiti dal contribuente. Il riferimento operato dal comma 1 ai proventi di cui all'articolo 41, comma 1, lettera g) del testo unico comporta altresi' - come e' stato precisato nella relazione di accompagnamento all'articolo 1 del decreto legislativo- che il reddito di partecipazione all'organismo deve essere determinato secondo i criteri stabiliti dall'articolo 42 del TUIR; inoltre, ove il contribuente dovesse realizzare in aggiunta ai redditi di capitale anche plusvalenze e minusvalenze comprese quelle derivanti dalla cessione di valute imponibili ai sensi dell'articolo 81, comma 1, lettera c-ter) del TUIR - solo i primi saranno soggetti alle disposizioni previste dall'articolo 10-ter in commento, mentre le plusvalenze e minusvalenze sono disciplinate secondo le disposizioni previste per i redditi diversi (articolo 81 e 82 del testo unico, art. 5, 6 e 7 del D.lgs. n. 461 del 1997). Il secondo periodo del comma 1 della disposizione in commento precisa altresi' che la predetta ritenuta deve essere operata tanto sui redditi che vengono distribuiti nel periodo in cui il contribuente mantiene il possesso della partecipazione quanto sui proventi compresi nella differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle azioni o quote ed il valore medio ponderato di sottoscrizione o di acquisto delle azioni o quote. L'ultimo periodo della norma in rassegna stabilisce che in ogni caso come valore di sottoscrizione o di acquisto si assume il valore della quota rilevato dei prospetti periodici relativi alla data d'acquisto delle quote medesime. Il comma 2 dell' art. 10-ter dispone che sui proventi di cui al comma 1 - che rientrano nella previsione di cui all'art. 41, comma 1, lettera g), del TUIR - si applica, ai fini della tassazione dei proventi stessi, l'equalizzatore previsto dal comma 9 dell'art. 82 del predetto testo unico. Per quanto concerne la funzione della ritenuta operata dai soggetti residenti incaricati della commercializzazione in Italia delle predette quote partecipative, il comma 3 dell'articolo in esame dispone - in analogia a quanto previsto dall'attuale, corrispondente disposizione - che la ritenuta e' applicata a titolo di acconto nel confronti dei seguenti soggetti: - degli imprenditori individuali, sempreche' le partecipazioni siano relative all'impresa ai sensi dell'art. 77 del TUIR; - delle societa' in nome collettivo, in accomandita semplice e di quelle ad esse equiparate di cui all'art. 5 del predetto testo unico; - delle societa' e degli enti di cui alle lettere a) e b) dell'art. 87 del medesimo testo unico, nonche' delle stabili organizzazioni in Italia delle societa' ed enti di cui alla lettera d) dello stesso articolo. La predetta ritenuta e' invece applicata a titolo d'imposta