Art. 7. Ulteriore svalutazione fiscale di crediti in sofferenza 1. All'articolo 106 del (( testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di seguito denominato «TUIR», )) sono apportate le seguenti modifiche: a) dopo il comma 3, e' inserito il seguente comma: «3-bis: Per i nuovi crediti di cui al comma 3 erogati a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009, limitatamente all'ammontare che eccede la media dei crediti erogati nei due periodi d'imposta precedenti, diversi da quelli assistiti da garanzia o da misure agevolative in qualsiasi forma concesse dallo Stato, da enti pubblici e da altri enti controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, le percentuali di cui allo stesso comma sono elevate allo 0,50 per cento. L'ammontare delle svalutazioni eccedenti il detto limite e' deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi.»; b) nel comma 5 dopo le parole « di cui al comma 3 » sono aggiunte le parole «e di cui al comma 3-bis». 2. Per il periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, la disposizione di cui al comma 3-bis dell'art. 106 del TUIR, (( introdotto dalla lettera a) del comma 1 del presente articolo, )) si applica ai crediti erogati a partire dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e la media ivi prevista e' commisurata alla residua durata del suddetto periodo d'imposta. 3. Per evitare indebiti effetti di sostituzione e novazione, l'Agenzia delle entrate dispone controlli mirati alla verifica della corretta applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo. In caso di violazioni, le sanzioni di cui all'art. 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, si applicano in ogni caso nella misura massima.
Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante «Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi, come modificato dalla presente legge: «Art. 106 (Svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti). - 1. Le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell'art. 85, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. Nel computo del limite si tiene conto anche di accantonamenti per rischi su crediti. La deduzione non e' piu' ammessa quando l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio. 2. Le perdite sui crediti di cui al comma 1, determinate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sono deducibili a norma dell'art. 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti eccede il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso. 3. Per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attivita' ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,30 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,30 per cento e' deducibile in quote costanti nei diciotto esercizi successivi. Ai fini del presente comma le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni e' inferiore al limite dello 0,30 per cento, sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, accantonamenti per rischi su crediti. Gli accantonamenti non sono piu' deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio. 3-bis. Per i nuovi crediti di cui al comma 3 erogati a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009, limitatamente all'ammontare che eccede la media dei crediti erogati nei due periodi d'imposta precedenti, diversi da quelli assistiti da garanzia o da misure agevolative in qualsiasi forma concesse dallo Stato, da enti pubblici e da altri enti controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, le percentuali di cui allo stesso comma sono elevate allo 0,50 per cento. L'ammontare delle svalutazioni eccedenti il detto limite e' deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. 4. Per gli enti creditizi e finanziari nell'ammontare dei crediti si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria nonche' la rivalutazione delle operazioni «fuori bilancio» iscritte nell'attivo in applicazione dei criteri di cui all'art. 112. 5. Le perdite sui crediti di cui al comma 3 e di cui al comma 3-bis, determinate con riferimento al valore di bilancio dei crediti, sono deducibili, ai sensi dell'art. 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare dell'accantonamento per rischi su crediti dedotto nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare del predetto accantonamento eccede il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.». - Si riporta il testo vigente dell'art. 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, recante «Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'art. 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662»: «Art. 1 (Violazioni relative alla dichiarazione delle imposte dirette). - 1. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di lire cinquecentomila. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da lire cinquecentomila a lire due milioni. Essa puo' essere aumentata fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili. 2. Se nella dichiarazione e' indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d'imposta ovvero indebite deduzioni dall'imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte. 2-bis. La misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 e' elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonche' nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilita' degli studi di settore non sussistenti. La presente disposizione non si applica se il maggior reddito d'impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non e' superiore al 10 per cento del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato. 3. Se le violazioni previste nei commi 1 e 2 riguardano redditi prodotti all'estero, le sanzioni sono aumentate di un terzo con riferimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi. 4. Per maggiore imposta si intende la differenza tra l'ammontare del tributo liquidato in base all'accertamento e quello liquidabile in base alle dichiarazioni, ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 , recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.».