Art. 3 
 
                 Delega al Governo per la disciplina 
        dei congedi parentali, di paternita' e di maternita' 
 
  1. Il Governo e' delegato  ad  adottare,  entro  ventiquattro  mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del
Ministro per le pari opportunita' e la famiglia e  del  Ministro  del
lavoro e  delle  politiche  sociali,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle  finanze,  con  il  Ministro  per  la  pubblica
amministrazione e con l'Autorita' politica delegata  per  gli  affari
europei, uno o piu' decreti legislativi per l'estensione, il riordino
e l'armonizzazione della disciplina relativa ai congedi parentali, di
paternita' e di maternita'. Resta fermo quanto disposto dall'articolo
33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e dall'articolo 42 del  testo
unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e  sostegno
della maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, fatte salve disposizioni di maggior favore. 
  2. Nell'esercizio della delega di  cui  al  comma  1  del  presente
articolo, oltre ai principi  e  criteri  direttivi  generali  di  cui
all'articolo 1, il  Governo,  con  riferimento  alla  disciplina  dei
congedi parentali,  si  attiene  ai  seguenti  ulteriori  principi  e
criteri direttivi: 
    a)  prevedere  per  i  genitori  lavoratori  la  possibilita'  di
usufruire dei congedi parentali fino al  compimento  di  un'eta'  del
figlio in ogni caso non superiore a quattordici anni; 
    b) introdurre modalita' flessibili  nella  gestione  dei  congedi
parentali, compatibilmente  con  le  forme  stabilite  dai  contratti
collettivi  di  lavoro  applicati   al   settore,   stipulati   dalle
organizzazioni sindacali comparativamente  piu'  rappresentative  sul
piano  nazionale,  tenendo  conto  della  specificita'   dei   nuclei
familiari monogenitoriali; 
    c)  prevedere  per  i  genitori  lavoratori  la  possibilita'  di
usufruire, previo preavviso al  datore  di  lavoro,  di  un  permesso
retribuito, di durata non inferiore a cinque ore nel corso dell'anno,
per ciascun figlio, per i  colloqui  con  gli  insegnanti  e  per  la
partecipazione attiva al percorso di crescita dei figli; 
    d) prevedere che i permessi per le prestazioni specialistiche per
la tutela della maternita',  rientranti  nei  livelli  essenziali  di
assistenza ai sensi dell'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo
30 dicembre 1992,  n.  502,  eseguite  durante  l'orario  di  lavoro,
possano essere riconosciuti, al fine di assistere la donna  in  stato
di gravidanza, al coniuge, al convivente ovvero a un parente entro il
secondo grado; 
    e) stabilire un periodo minimo, non  inferiore  a  due  mesi,  di
congedo parentale non cedibile all'altro genitore per ciascun figlio,
prevedendo altresi' forme di premialita' nel caso in cui tali congedi
siano distribuiti equamente fra entrambi i genitori; 
    f) prevedere misure che favoriscano l'estensione della disciplina
relativa ai congedi parentali  anche  ai  lavoratori  autonomi  e  ai
liberi professionisti. 
  3. Nell'esercizio della delega di  cui  al  comma  1  del  presente
articolo, oltre ai principi  e  criteri  direttivi  generali  di  cui
all'articolo 1, il  Governo,  con  riferimento  alla  disciplina  del
congedo di  paternita'  e  di  maternita',  si  attiene  ai  seguenti
ulteriori principi e criteri direttivi: 
    a) prevedere un periodo di  congedo  obbligatorio  per  il  padre
lavoratore nei  primi  mesi  dalla  nascita  del  figlio,  di  durata
significativamente   superiore   rispetto   a   quella   prevista   a
legislazione vigente, compatibilmente con le risorse  disponibili  di
cui all'articolo 8, comma 1; 
    b) favorire l'aumento dell'indennita' obbligatoria per il congedo
di maternita'; 
    c) prevedere che il diritto al congedo di paternita' sia concesso
a prescindere dallo stato civile o di famiglia del padre lavoratore; 
    d) prevedere che il diritto al  congedo  di  paternita'  non  sia
subordinato a una determinata anzianita' lavorativa e di servizio; 
    e) prevedere un ragionevole periodo di  preavviso  al  datore  di
lavoro per l'esercizio del diritto al congedo  di  paternita',  sulla
base dei contratti collettivi nazionali  di  lavoro  stipulati  dalle
organizzazioni sindacali comparativamente  piu'  rappresentative  sul
piano nazionale; 
    f)  prevedere  che  il  diritto  al  congedo  di  paternita'  sia
garantito a parita'  di  condizioni  anche  per  i  lavoratori  delle
pubbliche  amministrazioni  con  misure  uguali  rispetto  a   quelle
garantite per i lavoratori del settore privato; 
    g) prevedere misure che favoriscano l'estensione della disciplina
relativa al congedo di paternita' anche ai lavoratori autonomi  e  ai
liberi professionisti. 
  4. I benefici di cui ai commi 2 e  3  del  presente  articolo  sono
riconosciuti  nell'ambito  delle   risorse   disponibili   ai   sensi
dell'articolo   8,   anche   prevedendone   l'attuazione   in   forma
progressiva. 
 
          Note all'art. 3: 
              - Si riporta  il  testo  dell'art.  33  della  legge  5
          febbraio  1992,  n.  104  (Legge-quadro  per  l'assistenza,
          l'integrazione  sociale   e   i   diritti   delle   persone
          handicappate): 
              «Art. 33 (Agevolazioni). - 1. 
              2. I soggetti di cui al comma  1  possono  chiedere  ai
          rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al
          prolungamento fino a  3  anni  del  periodo  di  astensione
          facoltativa, di due ore di permesso giornaliero  retribuito
          fino al compimento del terzo anno di vita del bambino. 
              3. A condizione che la  persona  handicappata  non  sia
          ricoverata  a  tempo  pieno,  il   lavoratore   dipendente,
          pubblico o privato, che assiste  persona  con  handicap  in
          situazione di gravita', coniuge, parente o affine entro  il
          secondo grado,  ovvero  entro  il  terzo  grado  qualora  i
          genitori  o  il  coniuge  della  persona  con  handicap  in
          situazione di gravita' abbiano  compiuto  i  sessantacinque
          anni di eta' oppure siano anche essi affetti  da  patologie
          invalidanti o siano  deceduti  o  mancanti,  ha  diritto  a
          fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto
          da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.
          Il predetto diritto non puo' essere riconosciuto a piu'  di
          un  lavoratore  dipendente  per  l'assistenza  alla  stessa
          persona  con  handicap  in  situazione  di  gravita'.   Per
          l'assistenza allo stesso figlio con handicap in  situazione
          di gravita', il  diritto  e'  riconosciuto  ad  entrambi  i
          genitori,   anche    adottivi,    che    possono    fruirne
          alternativamente. Il  dipendente  ha  diritto  di  prestare
          assistenza nei confronti di piu' persone in  situazione  di
          handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di
          un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo
          grado qualora i genitori o il  coniuge  della  persona  con
          handicap in situazione di gravita' abbiano  compiuto  i  65
          anni di eta' oppure siano anch'essi  affetti  da  patologie
          invalidanti o siano deceduti o mancanti. 
              3-bis. Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui
          al comma 3 per assistere persona in situazione di  handicap
          grave, residente in  comune  situato  a  distanza  stradale
          superiore a 150 chilometri rispetto a quello  di  residenza
          del lavoratore, attesta con  titolo  di  viaggio,  o  altra
          documentazione  idonea,  il  raggiungimento  del  luogo  di
          residenza dell'assistito. 
              4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che  si  cumulano
          con quelli previsti all'art. 7 della citata legge  n.  1204
          del 1971, si applicano le disposizioni  di  cui  all'ultimo
          comma del medesimo art. 7 della legge  n.  1204  del  1971,
          nonche' quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9
          dicembre 1977, n. 903. 
              5. Il lavoratore  di  cui  al  comma  3  ha  diritto  a
          scegliere ove possibile, la sede di lavoro piu'  vicina  al
          domicilio della persona da  assistere  e  non  puo'  essere
          trasferito senza il suo consenso ad altra sede. 
              6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di
          gravita' puo' usufruire alternativamente  dei  permessi  di
          cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove  possibile,
          la sede di lavoro piu' vicina al proprio  domicilio  e  non
          puo'  essere  trasferita  in  altra  sede,  senza  il   suo
          consenso. 
              7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4  e  5  si
          applicano anche agli affidatari di persone handicappate  in
          situazione di gravita'. 
              7-bis. Ferma restando la verifica dei  presupposti  per
          l'accertamento  della  responsabilita'   disciplinare,   il
          lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di  cui  al
          presente articolo, qualora il datore  di  lavoro  o  l'INPS
          accerti l'insussistenza o il venir  meno  delle  condizioni
          richieste per la legittima fruizione dei medesimi  diritti.
          Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma
          non devono derivare nuovi o maggiori oneri a  carico  della
          finanza pubblica.». 
              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  42  del   decreto
          legislativo 26  marzo  2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
          disposizioni legislative in materia di  tutela  e  sostegno
          della maternita' e della paternita', a norma  dell'art.  15
          della legge 8 marzo 2000, n. 53): 
              «Art. 42 (Riposi e permessi per i  figli  con  handicap
          grave). - 1. Fino al compimento del terzo anno di vita  del
          bambino  con  handicap  in  situazione  di  gravita'  e  in
          alternativa  al  prolungamento  del  periodo   di   congedo
          parentale, si applica l'art. 33, comma  2,  della  legge  5
          febbraio 1992, n. 104, relativo  alle  due  ore  di  riposo
          giornaliero retribuito. 
              2. Il diritto a fruire dei permessi di cui all'art. 33,
          comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e  successive
          modificazioni, e' riconosciuto, in alternativa alle  misure
          di cui al comma 1, ad entrambi i genitori, anche  adottivi,
          del bambino con handicap in  situazione  di  gravita',  che
          possono  fruirne   alternativamente,   anche   in   maniera
          continuativa nell'ambito del mese. 
              3. 
              4. I riposi e i permessi, ai sensi dell'art. 33,  comma
          4 della legge 5  febbraio  1992,  n.  104,  possono  essere
          cumulati con  il  congedo  parentale  ordinario  e  con  il
          congedo per la malattia del figlio. 
              5. Il coniuge convivente di soggetto  con  handicap  in
          situazione di gravita'  accertata  ai  sensi  dell'art.  4,
          comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto  a
          fruire del congedo di cui al  comma  2  dell'art.  4  della
          legge 8 marzo 2000, n.  53,  entro  sessanta  giorni  dalla
          richiesta. In caso di mancanza, decesso o  in  presenza  di
          patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto  a
          fruire del congedo il padre o la madre anche  adottivi;  in
          caso di  decesso,  mancanza  o  in  presenza  di  patologie
          invalidanti del padre e della  madre,  anche  adottivi,  ha
          diritto a fruire del congedo uno dei figli  conviventi;  in
          caso di  mancanza,  decesso  o  in  presenza  di  patologie
          invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a  fruire  del
          congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi. 
              5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non  puo'
          superare la durata complessiva di  due  anni  per  ciascuna
          persona portatrice  di  handicap  e  nell'arco  della  vita
          lavorativa. Il congedo e' accordato  a  condizione  che  la
          persona da assistere non  sia  ricoverata  a  tempo  pieno,
          salvo che, in tal  caso,  sia  richiesta  dai  sanitari  la
          presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo  ed
          i permessi di cui art. 33, comma 3, della legge n. 104  del
          1992  non  possono  essere  riconosciuti  a  piu'   di   un
          lavoratore  per  l'assistenza  alla  stessa  persona.   Per
          l'assistenza allo stesso figlio con handicap in  situazione
          di gravita', i diritti  sono  riconosciuti  ad  entrambi  i
          genitori,   anche    adottivi,    che    possono    fruirne
          alternativamente, ma negli stessi giorni  l'altro  genitore
          non puo' fruire dei benefici di cui all'art. 33, commi 2  e
          3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma  1,  del
          presente decreto. 
              5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha
          diritto a percepire un'indennita' corrispondente all'ultima
          retribuzione,   con   riferimento   alle   voci   fisse   e
          continuative del trattamento,  e  il  periodo  medesimo  e'
          coperto da  contribuzione  figurativa;  l'indennita'  e  la
          contribuzione  figurativa  spettano  fino  a   un   importo
          complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il  congedo
          di durata annuale. Detto importo e' rivalutato annualmente,
          a decorrere dall'anno 2011,  sulla  base  della  variazione
          dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie  di
          operai e impiegati. L'indennita' e' corrisposta dal  datore
          di  lavoro   secondo   le   modalita'   previste   per   la
          corresponsione dei trattamenti economici di  maternita'.  I
          datori di  lavoro  privati,  nella  denuncia  contributiva,
          detraggono  l'importo  dell'indennita'  dall'ammontare  dei
          contributi  previdenziali  dovuti  all'ente   previdenziale
          competente. Per i dipendenti dei predetti datori di  lavoro
          privati, compresi  quelli  per  i  quali  non  e'  prevista
          l'assicurazione   per   le   prestazioni   di   maternita',
          l'indennita' di cui al presente comma e' corrisposta con le
          modalita' di cui all'art. 1 del decreto-legge  30  dicembre
          1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29
          febbraio 1980, n. 33. 
              5-quater. I soggetti che usufruiscono  dei  congedi  di
          cui al comma 5 per un periodo continuativo non superiore  a
          sei  mesi  hanno  diritto  ad  usufruire  di  permessi  non
          retribuiti in misura pari al numero dei giorni  di  congedo
          ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo
          lavorativo,   senza   riconoscimento    del    diritto    a
          contribuzione figurativa. 
              5-quinquies. Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai
          fini  della  maturazione  delle  ferie,  della  tredicesima
          mensilita' e del trattamento di fine rapporto.  Per  quanto
          non espressamente previsto dai  commi  5,  5-bis,  5-ter  e
          5-quater si applicano le disposizioni dell'art. 4, comma 2,
          della legge 8 marzo 2000, n. 53. 
              6. I riposi, i permessi e i congedi di cui al  presente
          articolo spettano anche qualora  l'altro  genitore  non  ne
          abbia diritto.». 
              - Si riporta il testo dell'art. 1, comma 7, del decreto
          legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino  della
          disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1  della
          legge 23 ottobre 1992, n. 421): 
              «Art. 1 (Tutela del diritto alla salute, programmazione
          sanitaria e definizione dei livelli essenziali  e  uniformi
          di assistenza). - 1.-6. (Omissis). 
              7. Sono  posti  a  carico  del  Servizio  sanitario  le
          tipologie  di  assistenza,  i  servizi  e  le   prestazioni
          sanitarie  che  presentano,   per   specifiche   condizioni
          cliniche  o  di  rischio,  evidenze  scientifiche   di   un
          significativo beneficio in termini  di  salute,  a  livello
          individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate.
          Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del
          Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza,  i
          servizi e le prestazioni sanitarie che: 
                a) non rispondono a necessita' assistenziali tutelate
          in base  ai  principi  ispiratori  del  Servizio  sanitario
          nazionale di cui al comma 2; 
                b)  non  soddisfano  il  principio  dell'efficacia  e
          dell'appropriatezza,  ovvero  la  cui  efficacia   non   e'
          dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili
          o sono utilizzati per soggetti le cui  condizioni  cliniche
          non corrispondono alle indicazioni raccomandate; 
                c) in presenza di altre forme di assistenza  volte  a
          soddisfare  le  medesime  esigenze,   non   soddisfano   il
          principio  dell'economicita'  nell'impiego  delle  risorse,
          ovvero non garantiscono un  uso  efficiente  delle  risorse
          quanto  a  modalita'  di   organizzazione   ed   erogazione
          dell'assistenza.».