CAPITOLO II DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COMPORTAMENTI ELUSIVI 6. Individuazione di operazioni di natura elusiva e modificazioni in materia di accertamento e contenzioso (articolo 7) 1. Premessa La norma in esame da' attuazione all'articolo 3, comma 161, lett. g) della legge n. 662 del 1996 che ha delegato il Governo a rivedere i criteri di individuazione delle operazioni aventi natura elusiva indicate nell'articolo 10 della legge n. 408 del 1990, anche in funzione di un miglior coordinamento con le operazioni aziendali indicate nelle precedenti lettere dello stesso comma 161, prese in esame dal provvedimento legislativo n. 358 del 1997 in commento nonche' con le disposizioni del TUIR e del D. Lgs. n. 544 del 1992. Sul piano formale tale potere di riforma e' stato esercitato: - inserendo l'articolo 37-bis nel corpo del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, concernente l'accertamento delle imposte sui redditi; - sostituendo il comma 2 dell'articolo 30 del D. Lgs. n. 546 del 1992, concernente il nuovo processo tributario; - inserendo un nuovo comma dopo il terzo comma dell'articolo 37 del citato DPR n. 600 del 1973; - modificando il comma 2 dell'articolo 21 della legge n. 413 del 1991, concernente le richieste di parere al comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive. Ai sensi dell'articolo 9, comma 5, del decreto-legislativo in esame la disposizione antielusiva di cui trattasi si applica agli atti, fatti e procedimenti posti in essere dopo l'entrata in vigore del decreto stesso e dalla medesima data cessa di avere applicazione, per tali fattispecie, l'articolo 10 della legge 29 dicembre 1990, n. 408. Per meglio comprendere la portata innovativa della disposizione in esame che reca alcune novita' di rilievo rispetto alla disciplina contenuta nel citato articolo 10 della legge n. 408 del 1990, si ritiene opportuno procedere ad un breve esame della disposizione abrogata. In proposito, va precisato che la disciplina antielusiva contenuta nel suddetto articolo 10 della legge n. 408, era caratterizzata dalla possibilita', per l'Amministrazione finanziaria, di disconoscere i vantaggi tributari conseguenti all'effettuazione di determinate operazioni specificamente individuate poste in essere senza valide ragioni economiche allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio d'imposta. In proposito una delle osservazioni che e' stata formulata e' che l'elusione si realizza solitamente non mediante un'unica operazione, bensi' tramite una serie di atti tra loro coordinati. In sostanza, si e' ritenuto che il riferimento ad una singola operazione (come, ad esempio una scissione) spesso non consente di stabilire se effettivamente l'operazione e' stata posta in essere a fini elusivi, mentre e' stato ritenuto di particolare rilievo, ai fini della sussistenza o meno dell'intento elusivo, la mancanza di valide ragioni economiche nell'effettuazione delle operazioni stesse. Per quanto riguarda inoltre il termine "fraudolentemente" utilizzato dalla norma di cui trattasi vanno ricordate le incertezze derivanti dalle diverse interpretazioni che di esso sono state date. Al riguardo si ritiene utile richiamare la relazione alla delibera Secit n. 105 del 5 luglio 1994, con la quale e' stata esclusa la possibilita' di intendere tale termine in senso penalistico e, cioe', come impiego di artifizi o raggiri per ottenere vantaggi tributari, privilegiando invece un'interpretazione civilistica del termine stesso nel senso di considerare la connotazione complessiva dell'operazione come abuso dello strumento negoziale. Di seguito si forniscono i primi chiarimenti maggiormente significativi della revisione normativa sopra citata, fermo restando che ulteriori e piu' approfondite precisazioni potranno scaturire a seguito del consolidarsi della dottrina e della giurisprudenza, nonche' delle pronunce che saranno emesse dal Comitato Consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, in merito alla notevole varieta' e complessita' dei casi concreti nei quali la disposizione di cui trattasi potra' trovare applicazione. 2. La nuova disposizione antielusiva Per far fronte ai rilievi critici sopra illustrati relativamente alla precedente disciplina antielusiva, il legislatore e' intervenuto apportando le modificate indicate in premessa. In particolare, il comma 1 dell'articolo 37-bis introdotto nel D.P.R. n. 600 del 1973, stabilisce che sono inopponibili all'Amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. Il comma 2 dello stesso articolo 37-bis, stabilisce che l'Amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al comma 1, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'Amministrazione. Il successivo comma 3 dispone, inoltre, che le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano a condizione che, nell'ambito del comportamento di cui al comma 2, siano utilizzate una o piu' delle seguenti operazioni. - trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili; - conferimenti in societa', nonche' negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende; - cessioni di crediti; - cessioni di eccedenze d'imposta; - operazioni di cui al D. Lgs. n. 544 del 1992; - operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni, aventi ad oggetto i beni e i rapporti di cui all'articolo 81, comma 1, lettere c), c-bis) e c-ter) del TUIR. In merito a quanto sopra, va anzitutto rilevato che la nuova disciplina, a differenza della precedente, non fa riferimento ad una singola operazione ma ad atti, fatti o negozi, anche collegati tra loro, nell'ambito dei quali siano utilizzate una o piu' operazioni specificamente individuate. In tal modo, si e' inteso porre l'accento sul cosiddetto "disegno elusivo" architettato dal contribuente, intendendo evidenziare con cio' il fatto che di regola il fenomeno elusivo e' caratterizzato dal compimento di piu' atti collegati fra loro, precedenti e successivi rispetto ad un'operazione individuata. Va altresi' sottolineato che, anche nella disposizione in esame, al fine di individuare l'intento elusivo viene richiamato il concetto dell'assenza di valide ragioni economiche. Per quanto riguarda, inoltre, il termine "fraudolentemente", utilizzato nella precedente normativa antielusiva, che come detto in premessa aveva dato luogo a numerose incertezze, si e' ritenuto opportuno meglio precisare le caratteristiche del fenomeno elusivo che con tale termine si intendevano evidenziare sostituendo il termine stesso con il riferimento ad atti diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario. Per quanto riguarda, infine, il requisito precedentemente richiesto del perseguimento dello scopo esclusivo di ottenere un risparmio di imposta, va sottolineato che la nuova disposizione specifica che ai fini della sua applicazione rilevano soltanto quegli atti che consentono di ottenere un risparmio di imposta altrimenti indebito. Va, inoltre, sottolineato che la disposizione in esame, a differenza di quella precedente, stabilisce espressamente che le imposte determinate in base alle disposizioni eluse sono applicate al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'Amministrazione finanziaria. Si osserva, infine, che nonostante il comma 1 dell'articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, enunci criteri antielusivi di portata generale, il successivo comma 3 subordina l'applicazione della disposizione antielusiva al compimento di una o piu' delle operazioni ivi indicate, che sono numericamente superiori a quelle indicate nella previgente normativa di cui all'articolo 10 della legge n. 408 del 1990. In conclusione, la norma antielusiva puo' trovare applicazione soltanto con riferimento al settore delle imposte sui redditi e sempreche' sia stata effettuata una o piu' delle operazioni predeterminate. Dall'esame della norma antielusione in commento e dalla sua collocazione dell'ambito del D.P.R. n. 600 del 1973, contenente disposizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, emerge chiaramente che essa puo' spiegare i suoi effetti esclusivamente nell'ambito tributario, ferma restando, pertanto, la validita', ai fini civilistici, degli atti posti in essere dal contribuente, ancorche' questi siano inopponibili all'Amministrazione finanziaria. Conseguentemente, risulta del tutto estranea al fenomeno della elusione quello della simulazione, caratterizzato, quest'ultimo, dalla divergenza tra la situazione apparente e quella realmente voluta dalle parti contraenti. In sostanza, diversamente dalla simulazione, nella elusione l'atto posto in essere e' realmente voluto dagli interessati, ma soltanto allo scopo di trarne una particolare situazione fiscale agevolativa. Un altro aspetto che con riferimento alla norma di cui trattassi si ritiene di dover chiarire e' quello dato dalla differenza tra l'elusione ed il mero risparmio di imposta. In merito appare utile riportare un brano della relazione ministeriale di accompagnamento, con il quale si chiarisce che il risparmio di imposta " si verifica quando, tra vari comportamenti posti dal sistema fiscale su un piano di pari dignita', il contribuente sceglie quello fiscalmente meno oneroso. Non c'e' aggiramento fintanto che il contribuente si limita a scegliere tra due alternative che in modo strutturale e fisiologico l'ordinamento gli mette a disposizione. Una diversa soluzione finirebbe per contrastare con un principio diffuso in tutti gli ordinamenti tributari dei paesi sviluppati, che consentono al contribuente di regolare i propri affari nel modo fiscalmente meno oneroso, e dove le norme antielusiva scattano solo quando l'abuso di questa liberta' da' luogo a manipolazioni, scappatoie e stratagemmi, che - pur formalmente legali - finiscono per stravolgere i principi del sistema". Da quanto precede discende che il risparmio di imposta che la norma in commento intende contrastare e' quello che l'ordinamento tributario non consente, in quanto sostanzialmente contrario al principio costituzionale della capacita' contributiva. Per quanto riguarda il requisito dell'assenza delle "valide ragioni economiche" previsto dalla norma, occorre precisare che, come anche in questo caso chiarisce la sopra citata relazione ministeriale, esso non si riferisce alla "validita' giuridica" dei negozi posti in essere, ma alla loro apprezzabilita' economico-gestionale. Verificandosi l'ipotesi elusiva, l'Amministrazione finanziaria ha il potere-dovere di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i negozi e i fatti (quindi anche mediante i comportamenti) adottati dal contribuente e di applicare le imposte sulla base delle norme eluse, detraendo, come gia' precisato, quelle afferenti ai predetti atti, negozi o fatti inopponibili. A tal fine, la norma in esame detta precise disposizioni a garanzia del contribuente che devono essere seguite dagli uffici per pervenire alla iscrizione a ruolo delle maggiori imposte applicate. Inoltre, relativamente alle operazioni da prendere in considerazione ai fini di che trattasi, va precisato che esse rilevano oggettivamente e, pertanto, indipendentemente dal fatto che siano state poste in essere nell'esercizio di imprese commerciali o meno. In tal senso si ritiene debba essere intesa l'espressione da "chiunque effettuate" contenuta nel comma 3, lettera f), della disposizione antielusiva in esame, concernente la cessione delle partecipazioni sociali. Infine, in considerazione della delicatezza e complessita' applicativa della norma di cui trattasi, il legislatore si e' preoccupato di apportare alcune modifiche nell'articolo 30, del decreto-legislativo 30 dicembre 1992, n. 546, come accennato in premessa, procedendo alla sostituzione del relativo comma 2, per stabilire, tra l'altro, che una udienza per ogni mese e per ciascuna sezione e' comunque riservata alla trattazione di controversie inerenti l'applicazione della norma medesima. Relativamente alla possibilita' della disapplicazione delle norme antielusive di cui al comma 8 dell'articolo 37-bis, si fa rinvio al decreto ministeriale in corso di emanazione e alle relative istruzioni ministeriali. 3. Il regime transitorio Ai sensi dell'articolo 9, comma 5, del decreto-legislativo n. 358 del 1997, le disposizioni antielusive di cui all'articolo 7, comma 1, si applicano agli atti, fatti e procedimenti posti in essere dopo l'entrata in vigore del decreto medesimo e dalla stessa data cessa di avere applicazione, per tali fattispecie, l'articolo 10 della legge n. 408 del 1990. A tal riguardo si precisa che, nel caso di procedimenti consistenti in una serie di atti preordinati al medesimo fine elusivo, la nuova disposizione si applica anche quando alcuni atti di detto procedimento siano stati posti in essere precedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 358 e sempreche' il procedimento stesso si concluda successivamente alla data di entrata in vigore del decreto stesso. A tale conclusione si perviene in considerazione del fatto che gli atti che costituiscono il procedimento elusivo, rispondendo ad un unico disegno assumono rilevanza, ai fini di che trattasi, non nel momento in cui sono stati posti in essere bensi' nel momento di conclusione del procedimento stesso. Inoltre, il comma 6 del citato articolo 9 stabilisce che il comma 16 dell'articolo 123-bis del TUIR e' soppresso. Com'e' noto, il comma 16 dell'art. 123-bis del TUIR stabilisce che le disposizioni dell'articolo 10 della legge n. 408 del 1990 sono da interpretare nel senso che si applicano anche alle operazioni di scissione, disconoscendone in ogni caso i vantaggi tributari nell'ipotesi di scissioni non aventi ad oggetto aziende o complessi aziendali, anche sotto forma di partecipazione, ovvero in quelle di assegnazione ai partecipanti di ciascuno dei soggetti beneficiari di azioni o quote in misura non proporzionale alle rispettive partecipazioni nella societa' scissa. Questa disposizione, introdotta nell'ordinamento tributario con il D. Lgs. n. 543 del 1992, in concomitanza con la regolamentazione del regime fiscale della scissione, intendeva innanzitutto stabilire che la norma antielusiva contenuta nell'articolo 10 della legge n. 408 del 1990 si applicava anche alle operazioni di scissione, la cui disciplina civilistica e fiscale e' stata dettata successivamente all'entrata in vigore della stessa legge n. 408 del 1990, e precisava, inoltre, che i vantaggi tributari conseguenti all'effettuazione di scissioni non proporzionali e di quelle non aventi ad oggetto aziende dovevano essere disconosciuti in ogni caso. Premesso che il comma 3 dell'articolo 37-bis in commento indica tra le operazioni rilevanti ai fini elusivi anche le scissioni, si rileva che, per effetto dell'avvenuta espressa abrogazione del richiamato comma 16 dell'articolo 123-bis, quest'ultimo non spiega piu' alcuna efficacia. 7. Il riporto delle perdite (art. 8) 7.1 Premessa Come si evince dalla relazione al provvedimento, l'articolo 8 del decreto legislativo n. 358 del 1997 contiene disposizioni dirette ad agevolare, mediante aggiustamenti perequativi, le imprese di nuova costituzione nonche' di escludere l'applicazione del riporto delle perdite qualora detti riporti siano effettuati unicamente allo scopo di porre in essere il trasferimento di perdite fiscali mascherando trasferimenti di comparti produttivi. La norma in commento modifica l'articolo 8 del TUIR, riguardante la determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, nonche' l'articolo 102 del medesimo TUIR, concernente il riporto delle perdite e pertanto essa trova applicazione nei confronti dei soggetti cui ordinariamente si applica la disciplina contenuta nei citati articoli del TUIR. In particolare, l'articolo 8 in commento si compone di un solo comma, la cui lettera a) integra il comma 3 dell'articolo 8 del TUIR, con l'inserimento di un nuovo periodo con il quale viene prevista l'applicazione delle disposizioni del comma 1-bis dell'articolo 102 del TUIR. Con la successiva lettera b) del predetto comma, inoltre, viene integrato l'articolo 102 del TUIR, con l'aggiunta dei commi 1 bis e 1- ter. 7.2 Perdite illimitatamente riportabili La disposizione introdotta dal comma 1-bis aggiunto all'articolo 102 del TUIR, stabilisce che le perdite realizzate nei primi tre periodi di imposta possono, con le modalita' previste al comma 1 dello stesso articolo 102, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi senza alcun limite di tempo. La norma di cui trattasi, come precisato dall'articolo 9, comma 7, del decreto-legislativo in commento, si applica alle perdite formatesi a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data della sua entrata in vigore (8 novembre 1997). Conseguentemente, in sede di prima applicazione della norma stessa, i soggetti che ne possono usufruire sono quelli che alla suddetta data di entrata in vigore del decreto-legislativo di cui trattasi si trovano nel primo periodo d'imposta ovvero in uno dei primi tre periodi della loro costituzione. Cosi', ad esempio, nel caso di un soggetto il cui periodo d'imposta sia coincidente con l'anno solare e che si sia costituito nel corso del 1995, rientrano nel beneficio previsto dal comma 1-bis dell'articolo 102 del TUIR le perdite conseguite nel periodo d'imposta 1997, mentre si applica la disciplina del riporto in cinque periodi d'imposta di cui al comma 1 del citato articolo 102 del TUIR, relativamente alle perdite realizzate nei periodi d'imposta 1995 e 1996. Tenuto conto di quanto sopra precisato, in merito all'applicazione dell'articolo 8 in esame nei confronti dei soggetti destinatari della disciplina di cui agli articoli 8 e 102 del TUIR, va rilevato che possono fruire della disposizione medesima anche gli enti non commerciali, relativamente alle attivita' commerciali esercitate, nonche' le societa' e gli enti, commerciali e non commerciali non residenti, per le attivita' svolte in Italia mediante stabili organizzazioni. Con l'introduzione del comma 1-bis nell'articolo 102 del TUIR, che comporta nei casi ivi previsti il riconoscimento del riporto senza limiti temporali delle perdite, e' possibile ipotizzare la contemporanea presenza in capo al medesimo soggetto di dette perdite e di quelle assoggettate alla disciplina ordinaria prevista dal comma 1 dello stesso articolo 102 (riporto entro i cinque periodi di imposta). Verificandosi tale ipotesi e' indispensabile che l'impresa interessata indichi nella dichiarazione dei redditi distintamente l'utilizzo dei due tipi di perdite. 7.3 Norma antielusiva in materia di riporto delle perdite Il comma 1-ter, aggiunto all'articolo 102 del TUIR, esclude il riporto delle perdite di cui al comma 1 nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l'attivita' principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta in cui le perdite sono state realizzate. Al riguardo si osserva che la norma in esame, sulla scia di altre disposizioni antielusive presenti nell'ordinamento tributario e a completamento della norma antielusiva piu' generale posta nel precedente articolo 7 del decreto in commento, nasce dall'esigenza di evitare operazioni aventi per scopo l'acquisto di societa' con perdite fiscalmente rilevanti effettuato al solo scopo di ottenere degli indebiti vantaggi fiscali. Le condizioni poste dalla norma (trasferimento del soggetto che riporta la perdita e trasformazione dell'attivita' principale di fatto svolta al momento del realizzo delle perdite) sono complementari tra di loro. Pertanto, con riferimento alla verifica della prima delle due suddette condizioni, si osserva che il riporto delle perdite di cui al comma 1 dell'articolo 102 del TUIR e' escluso nel caso in cui il trasferimento delle partecipazioni della societa' che riporta le perdite da' luogo nei confronti dell'acquirente all'acquisizione del controllo della societa' stessa. Tale risultato si realizza sia nel caso di trasferimento di un pacchetto di per se' di controllo, sia nel caso in cui l'acquisizione del controllo avvenga a seguito di integrazione della partecipazione gia' posseduta. Inoltre, detto controllo puo' realizzarsi non soltanto mediante il trasferimento della proprieta' della partecipazione ma anche mediante altri tipi di negozi giuridici come, ad esempio, il trasferimento dell'usufrutto della partecipazione stessa, tenuto conto dell'ampia formulazione della norma che, con riferimento all'acquisizione della maggioranza delle partecipazioni, usa la locuzione "comunque acquisita". Come precisato dalla stessa norma in commento, quest'ultima spiega efficacia anche nel caso in cui il trasferimento della partecipazione avvenga solo temporaneamente. Con riferimento al verificarsi della seconda condizione (modifica dell'attivita' principale), si precisa che il legislatore individua un periodo temporale entro il quale assume rilevanza la modifica dell'attivita' principale svolta. In particolare, prendendo quale punto di riferimento l'attivita' principale in fatto svolta al momento della realizzazione delle perdite assumono rilevanza, rispetto ad essa, le variazioni intervenute nei seguenti periodi di imposta: - periodo di imposta in corso al momento del trasferimento o della acquisizione anche a titolo temporaneo; - i due periodi di imposta anteriori a quello del trasferimento; - i due periodi di imposta successivi a quello del trasferimento. Per attivita' principale deve intendersi l'attivita' che sulla base di riscontri fattuali risulti quantitativamente superiore, con riferimento ai ricavi, ad altre comunque svolte dalla societa' ceduta o trasferita. La presunzione posta nei primi due periodi del comma 1-ter, per effetto della quale non e' applicabile l'istituto del riporto delle perdite, non trova applicazione nel caso in cui venga provata la presenza, in via alternativa, di una delle due seguenti cause di esclusione: a) le partecipazioni siano acquistate da societa' appartenenti allo stesso gruppo; b) le partecipazioni riguardino societa' che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unita' e per le quali dal conto economico relativo all'esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi, di cui all'articolo 2425, lettera A), numero 1, del codice civile e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo 2425, lettera B), numero 9), lettere a) e b), del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Con riferimento a quanto disposto dalla lettera b), la locuzione utilizzata " numero di dipendenti mai inferiori alle dieci unita'", comporta che, per tutti i giorni compresi nell'arco temporale considerato dalla disposizione stessa, il numero dei dipendenti non puo' essere in nessun caso inferiore alle dieci unita'. 7.4 Decorrenza La norma in esame va coordinata con quanto disposto dal successivo articolo 9, comma 7, secondo il quale le disposizioni di cui all'articolo 8 hanno la seguente decorrenza: - con riferimento al comma 1-bis, come gia' riferito in precedenza, alle perdite formatesi a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto n. 358 del 1997; - con riferimento al comma 1-ter, a partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del suddetto decreto, anche in relazione alle perdite dichiarate in periodi d'imposta precedenti a quest'ultima data. Il Direttore generale del dipartimento delle entrate: ROMANO