CAPITOLO II
                       DISPOSIZIONI IN MATERIA
                      DI COMPORTAMENTI ELUSIVI
    6. Individuazione di operazioni di natura elusiva e modificazioni
in materia di accertamento e contenzioso (articolo 7)
    1. Premessa
    La norma in esame da' attuazione all'articolo 3, comma 161, lett.
g) della legge n. 662 del 1996 che ha delegato il Governo a  rivedere
i  criteri  di  individuazione delle operazioni aventi natura elusiva
indicate nell'articolo 10 della legge  n.  408  del  1990,  anche  in
funzione  di  un  miglior  coordinamento  con le operazioni aziendali
indicate nelle precedenti lettere dello stesso comma  161,  prese  in
esame  dal  provvedimento  legislativo  n.  358  del 1997 in commento
nonche' con le disposizioni del TUIR e del D. Lgs. n. 544 del 1992.
    Sul piano formale tale potere di riforma e' stato esercitato:
    - inserendo l'articolo 37-bis nel corpo del D.P.R.  29  settembre
1973, n. 600, concernente l'accertamento delle imposte sui redditi;
    -  sostituendo il comma 2 dell'articolo 30 del D. Lgs. n. 546 del
1992, concernente il nuovo processo tributario;
    - inserendo un nuovo comma dopo il terzo comma  dell'articolo  37
del citato DPR n. 600 del 1973;
    -  modificando il comma 2 dell'articolo 21 della legge n. 413 del
1991, concernente le richieste di parere al comitato  consultivo  per
l'applicazione delle norme antielusive.
    Ai  sensi  dell'articolo  9,  comma 5, del decreto-legislativo in
esame la disposizione antielusiva di cui  trattasi  si  applica  agli
atti,  fatti  e procedimenti posti in essere dopo l'entrata in vigore
del decreto stesso e dalla medesima data cessa di avere applicazione,
per tali fattispecie, l'articolo 10 della legge 29 dicembre 1990,  n.
408.
    Per  meglio  comprendere la portata innovativa della disposizione
in esame che reca alcune novita' di rilievo rispetto alla  disciplina
contenuta  nel  citato  articolo  10  della legge n. 408 del 1990, si
ritiene opportuno procedere ad  un  breve  esame  della  disposizione
abrogata.
    In   proposito,   va  precisato  che  la  disciplina  antielusiva
contenuta  nel  suddetto  articolo  10  della  legge  n.   408,   era
caratterizzata dalla possibilita', per l'Amministrazione finanziaria,
di disconoscere i vantaggi tributari conseguenti all'effettuazione di
determinate  operazioni  specificamente  individuate  poste in essere
senza valide ragioni economiche  allo  scopo  esclusivo  di  ottenere
fraudolentemente un risparmio d'imposta.
    In proposito una delle osservazioni che e' stata formulata e' che
l'elusione  si realizza solitamente non mediante un'unica operazione,
bensi' tramite una serie di atti tra loro coordinati.
    In sostanza, si e' ritenuto che il  riferimento  ad  una  singola
operazione  (come,  ad  esempio una scissione) spesso non consente di
stabilire se effettivamente l'operazione e' stata posta in  essere  a
fini  elusivi,  mentre  e'  stato ritenuto di particolare rilievo, ai
fini della sussistenza o meno dell'intento elusivo,  la  mancanza  di
valide ragioni economiche nell'effettuazione delle operazioni stesse.
    Per   quanto   riguarda  inoltre  il  termine  "fraudolentemente"
utilizzato dalla norma di cui trattasi vanno ricordate le  incertezze
derivanti dalle diverse interpretazioni che di esso sono state date.
    Al  riguardo  si  ritiene  utile  richiamare  la  relazione  alla
delibera Secit n. 105 del 5  luglio  1994,  con  la  quale  e'  stata
esclusa   la   possibilita'   di  intendere  tale  termine  in  senso
penalistico e, cioe', come impiego di artifizi o raggiri per ottenere
vantaggi   tributari,   privilegiando    invece    un'interpretazione
civilistica   del   termine   stesso  nel  senso  di  considerare  la
connotazione complessiva dell'operazione come abuso  dello  strumento
negoziale.
    Di   seguito  si  forniscono  i  primi  chiarimenti  maggiormente
significativi della revisione normativa sopra citata, fermo  restando
che  ulteriori  e piu' approfondite precisazioni potranno scaturire a
seguito del  consolidarsi  della  dottrina  e  della  giurisprudenza,
nonche' delle pronunce che saranno emesse dal Comitato Consultivo per
l'applicazione  delle  norme  antielusive,  in  merito  alla notevole
varieta' e complessita' dei casi concreti nei quali  la  disposizione
di cui trattasi potra' trovare applicazione.
    2. La nuova disposizione antielusiva
    Per  far fronte ai rilievi critici sopra illustrati relativamente
alla precedente disciplina antielusiva, il legislatore e' intervenuto
apportando le modificate indicate in premessa.
    In particolare, il comma 1 dell'articolo  37-bis  introdotto  nel
D.P.R.   n.   600   del   1973,   stabilisce  che  sono  inopponibili
all'Amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i  negozi,  anche
collegati  tra  loro,  privi di valide ragioni economiche, diretti ad
aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad
ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti.
    Il  comma  2  dello  stesso  articolo  37-bis,   stabilisce   che
l'Amministrazione   finanziaria   disconosce   i  vantaggi  tributari
conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al  comma  1,
applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al
netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile
all'Amministrazione.
    Il  successivo  comma 3 dispone, inoltre, che le disposizioni dei
commi  1  e  2  si  applicano  a  condizione  che,  nell'ambito   del
comportamento  di  cui  al comma 2, siano utilizzate una o piu' delle
seguenti operazioni.
    - trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni  volontarie  e
distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto
diverse da quelle formate con utili;
    -  conferimenti  in societa', nonche' negozi aventi ad oggetto il
trasferimento o il godimento di aziende;
    - cessioni di crediti;
    - cessioni di eccedenze d'imposta;
    - operazioni di cui al D. Lgs. n. 544 del 1992;
    - operazioni, da chiunque  effettuate,  incluse  le  valutazioni,
aventi  ad  oggetto i beni e i rapporti di cui all'articolo 81, comma
1, lettere c), c-bis) e c-ter) del TUIR.
    In merito a quanto sopra, va  anzitutto  rilevato  che  la  nuova
disciplina,  a differenza della precedente, non fa riferimento ad una
singola operazione ma ad atti, fatti o negozi,  anche  collegati  tra
loro,  nell'ambito  dei  quali siano utilizzate una o piu' operazioni
specificamente individuate.
    In tal modo, si e' inteso porre l'accento sul cosiddetto "disegno
elusivo"  architettato  dal  contribuente, intendendo evidenziare con
cio' il fatto che di regola il fenomeno elusivo e' caratterizzato dal
compimento di piu' atti collegati fra loro, precedenti  e  successivi
rispetto ad un'operazione individuata.
    Va  altresi' sottolineato che, anche nella disposizione in esame,
al fine di individuare l'intento elusivo viene richiamato il concetto
dell'assenza di valide ragioni economiche.
    Per quanto  riguarda,  inoltre,  il  termine  "fraudolentemente",
utilizzato  nella precedente normativa antielusiva, che come detto in
premessa aveva dato luogo  a  numerose  incertezze,  si  e'  ritenuto
opportuno  meglio  precisare  le caratteristiche del fenomeno elusivo
che con  tale  termine  si  intendevano  evidenziare  sostituendo  il
termine  stesso  con  il  riferimento  ad  atti  diretti  ad aggirare
obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario.
    Per  quanto  riguarda,  infine,  il   requisito   precedentemente
richiesto  del  perseguimento  dello  scopo  esclusivo di ottenere un
risparmio di imposta,  va  sottolineato  che  la  nuova  disposizione
specifica che ai fini della sua applicazione rilevano soltanto quegli
atti  che  consentono  di ottenere un risparmio di imposta altrimenti
indebito.
    Va,  inoltre,  sottolineato  che  la  disposizione  in  esame,  a
differenza  di  quella  precedente,  stabilisce  espressamente che le
imposte determinate in base alle disposizioni eluse sono applicate al
netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile
all'Amministrazione finanziaria.
    Si osserva, infine,  che  nonostante  il  comma  1  dell'articolo
37-bis  del  D.P.R.  n.  600  del 1973, enunci criteri antielusivi di
portata generale, il  successivo  comma  3  subordina  l'applicazione
della  disposizione  antielusiva  al  compimento  di una o piu' delle
operazioni ivi indicate, che sono numericamente  superiori  a  quelle
indicate  nella  previgente  normativa  di  cui all'articolo 10 della
legge n. 408 del 1990.
    In conclusione, la norma antielusiva  puo'  trovare  applicazione
soltanto  con  riferimento  al  settore  delle  imposte sui redditi e
sempreche'  sia  stata  effettuata  una  o  piu'   delle   operazioni
predeterminate.
    Dall'esame  della  norma  antielusione  in  commento  e dalla sua
collocazione dell'ambito del  D.P.R.  n.  600  del  1973,  contenente
disposizioni  in  materia  di accertamento delle imposte sui redditi,
emerge  chiaramente  che  essa   puo'   spiegare   i   suoi   effetti
esclusivamente  nell'ambito  tributario, ferma restando, pertanto, la
validita', ai fini  civilistici,  degli  atti  posti  in  essere  dal
contribuente, ancorche' questi siano inopponibili all'Amministrazione
finanziaria.
    Conseguentemente,  risulta  del  tutto estranea al fenomeno della
elusione  quello  della  simulazione,  caratterizzato,  quest'ultimo,
dalla  divergenza  tra  la  situazione  apparente  e quella realmente
voluta dalle parti contraenti.
    In  sostanza,  diversamente  dalla  simulazione,  nella  elusione
l'atto  posto  in  essere  e'  realmente voluto dagli interessati, ma
soltanto allo scopo di  trarne  una  particolare  situazione  fiscale
agevolativa.
    Un  altro aspetto che con riferimento alla norma di cui trattassi
si ritiene di dover chiarire e'  quello  dato  dalla  differenza  tra
l'elusione ed il mero risparmio di imposta.
    In  merito  appare  utile  riportare  un  brano  della  relazione
ministeriale di accompagnamento, con il quale  si  chiarisce  che  il
risparmio  di  imposta  "  si verifica quando, tra vari comportamenti
posti  dal  sistema  fiscale  su  un  piano  di  pari  dignita',   il
contribuente  sceglie  quello  fiscalmente  meno  oneroso.  Non  c'e'
aggiramento fintanto che il contribuente si limita  a  scegliere  tra
due  alternative  che in modo strutturale e fisiologico l'ordinamento
gli  mette  a  disposizione.  Una  diversa  soluzione  finirebbe  per
contrastare  con  un  principio  diffuso  in  tutti  gli  ordinamenti
tributari dei paesi sviluppati, che  consentono  al  contribuente  di
regolare i propri affari nel modo fiscalmente meno oneroso, e dove le
norme antielusiva scattano solo quando l'abuso di questa liberta' da'
luogo   a   manipolazioni,   scappatoie  e  stratagemmi,  che  -  pur
formalmente  legali  -  finiscono  per  stravolgere  i  principi  del
sistema".
    Da  quanto  precede  discende  che il risparmio di imposta che la
norma in commento intende contrastare  e'  quello  che  l'ordinamento
tributario  non  consente,  in  quanto  sostanzialmente  contrario al
principio costituzionale della capacita' contributiva.
    Per quanto  riguarda  il  requisito  dell'assenza  delle  "valide
ragioni economiche" previsto dalla norma, occorre precisare che, come
anche   in   questo   caso   chiarisce   la  sopra  citata  relazione
ministeriale, esso non si riferisce alla  "validita'  giuridica"  dei
negozi    posti    in    essere,   ma   alla   loro   apprezzabilita'
economico-gestionale.
    Verificandosi l'ipotesi elusiva, l'Amministrazione finanziaria ha
il potere-dovere di  disconoscere  i  vantaggi  tributari  conseguiti
mediante  gli  atti,  i  negozi  e  i  fatti (quindi anche mediante i
comportamenti) adottati dal contribuente e di  applicare  le  imposte
sulla  base delle norme eluse, detraendo, come gia' precisato, quelle
afferenti ai predetti atti, negozi o fatti inopponibili.
    A tal fine, la  norma  in  esame  detta  precise  disposizioni  a
garanzia  del contribuente che devono essere seguite dagli uffici per
pervenire alla iscrizione a ruolo delle maggiori imposte applicate.
    Inoltre,   relativamente   alle   operazioni   da   prendere   in
considerazione  ai  fini  di  che  trattasi,  va  precisato  che esse
rilevano oggettivamente e, pertanto, indipendentemente dal fatto  che
siano  state  poste in essere nell'esercizio di imprese commerciali o
meno.
    In tal senso si ritiene  debba  essere  intesa  l'espressione  da
"chiunque  effettuate"  contenuta  nel  comma  3,  lettera  f), della
disposizione antielusiva in  esame,  concernente  la  cessione  delle
partecipazioni sociali.
    Infine,   in  considerazione  della  delicatezza  e  complessita'
applicativa della  norma  di  cui  trattasi,  il  legislatore  si  e'
preoccupato  di  apportare  alcune  modifiche  nell'articolo  30, del
decreto-legislativo 30 dicembre  1992,  n.  546,  come  accennato  in
premessa,  procedendo  alla  sostituzione  del  relativo comma 2, per
stabilire, tra l'altro, che una udienza per ogni mese e per  ciascuna
sezione  e'  comunque  riservata  alla  trattazione  di  controversie
inerenti l'applicazione della norma medesima.
    Relativamente alla possibilita' della disapplicazione delle norme
antielusive  di  cui al comma 8 dell'articolo 37-bis, si fa rinvio al
decreto  ministeriale  in  corso  di  emanazione  e   alle   relative
istruzioni ministeriali.
    3. Il regime transitorio
    Ai sensi dell'articolo 9, comma 5, del decreto-legislativo n. 358
del 1997, le disposizioni antielusive di cui all'articolo 7, comma 1,
si  applicano  agli  atti,  fatti e procedimenti posti in essere dopo
l'entrata in vigore del decreto medesimo e dalla stessa data cessa di
avere applicazione, per tali fattispecie, l'articolo 10  della  legge
n. 408 del 1990.
    A   tal  riguardo  si  precisa  che,  nel  caso  di  procedimenti
consistenti in  una  serie  di  atti  preordinati  al  medesimo  fine
elusivo, la nuova disposizione si applica anche quando alcuni atti di
detto  procedimento  siano  stati  posti  in  essere  precedentemente
all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 358 e sempreche'  il
procedimento  stesso si concluda successivamente alla data di entrata
in vigore del decreto stesso.  A  tale  conclusione  si  perviene  in
considerazione   del   fatto   che  gli  atti  che  costituiscono  il
procedimento  elusivo,  rispondendo  ad  un  unico  disegno  assumono
rilevanza, ai fini di che trattasi, non nel momento in cui sono stati
posti  in  essere  bensi' nel momento di conclusione del procedimento
stesso.
    Inoltre, il comma 6 del citato articolo 9 stabilisce che il comma
16 dell'articolo 123-bis del TUIR e' soppresso.
    Com'e' noto, il comma 16 dell'art. 123-bis  del  TUIR  stabilisce
che le disposizioni dell'articolo 10 della legge n. 408 del 1990 sono
da  interpretare  nel senso che si applicano anche alle operazioni di
scissione,  disconoscendone  in  ogni  caso  i   vantaggi   tributari
nell'ipotesi  di  scissioni non aventi ad oggetto aziende o complessi
aziendali, anche sotto forma di partecipazione, ovvero in  quelle  di
assegnazione  ai partecipanti di ciascuno dei soggetti beneficiari di
azioni  o  quote  in  misura  non   proporzionale   alle   rispettive
partecipazioni nella societa' scissa.
    Questa  disposizione,  introdotta nell'ordinamento tributario con
il D. Lgs. n. 543 del 1992, in concomitanza con  la  regolamentazione
del  regime fiscale della scissione, intendeva innanzitutto stabilire
che la norma antielusiva contenuta nell'articolo 10  della  legge  n.
408  del 1990 si applicava anche alle operazioni di scissione, la cui
disciplina civilistica e fiscale  e'  stata  dettata  successivamente
all'entrata  in  vigore  della  stessa  legge  n.  408  del  1990,  e
precisava,   inoltre,   che   i   vantaggi   tributari    conseguenti
all'effettuazione  di  scissioni  non  proporzionali  e di quelle non
aventi ad oggetto aziende dovevano essere disconosciuti in ogni caso.
    Premesso che il comma 3 dell'articolo 37-bis in  commento  indica
tra  le  operazioni  rilevanti ai fini elusivi anche le scissioni, si
rileva  che,  per  effetto  dell'avvenuta  espressa  abrogazione  del
richiamato  comma  16  dell'articolo 123-bis, quest'ultimo non spiega
piu' alcuna efficacia.
    7. Il riporto delle perdite (art. 8)
    7.1 Premessa
    Come si evince dalla relazione al provvedimento, l'articolo 8 del
decreto  legislativo n. 358 del 1997 contiene disposizioni dirette ad
agevolare, mediante aggiustamenti perequativi, le  imprese  di  nuova
costituzione  nonche'  di  escludere l'applicazione del riporto delle
perdite qualora detti riporti siano effettuati unicamente allo  scopo
di  porre  in  essere il trasferimento di perdite fiscali mascherando
trasferimenti di comparti produttivi.
    La norma in commento modifica l'articolo 8 del TUIR,  riguardante
la  determinazione  del  reddito  ai  fini delle imposte sui redditi,
nonche' l'articolo 102 del  medesimo  TUIR,  concernente  il  riporto
delle  perdite  e  pertanto essa trova applicazione nei confronti dei
soggetti cui ordinariamente si applica la  disciplina  contenuta  nei
citati articoli del TUIR.
    In  particolare,  l'articolo  8 in commento si compone di un solo
comma, la cui lettera a) integra il comma 3 dell'articolo 8 del TUIR,
con l'inserimento di un nuovo periodo con  il  quale  viene  prevista
l'applicazione  delle  disposizioni del comma 1-bis dell'articolo 102
del TUIR.
    Con la successiva lettera b) del predetto comma,  inoltre,  viene
integrato  l'articolo  102 del TUIR, con l'aggiunta dei commi 1 bis e
1- ter.
    7.2 Perdite illimitatamente riportabili
    La disposizione introdotta dal comma 1-bis aggiunto  all'articolo
102  del  TUIR,  stabilisce  che  le perdite realizzate nei primi tre
periodi di imposta possono, con le  modalita'  previste  al  comma  1
dello  stesso  articolo  102,  essere  computate  in  diminuzione del
reddito complessivo dei  periodi  d'imposta  successivi  senza  alcun
limite di tempo.
    La  norma  di cui trattasi, come precisato dall'articolo 9, comma
7, del decreto-legislativo  in  commento,  si  applica  alle  perdite
formatesi  a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data della
sua entrata in vigore (8 novembre 1997).
    Conseguentemente, in  sede  di  prima  applicazione  della  norma
stessa,  i  soggetti  che  ne  possono usufruire sono quelli che alla
suddetta data di entrata in vigore  del  decreto-legislativo  di  cui
trattasi  si  trovano  nel  primo periodo d'imposta ovvero in uno dei
primi tre periodi della loro costituzione.
    Cosi', ad esempio,  nel  caso  di  un  soggetto  il  cui  periodo
d'imposta  sia  coincidente con l'anno solare e che si sia costituito
nel corso del 1995, rientrano nel beneficio previsto dal comma  1-bis
dell'articolo   102  del  TUIR  le  perdite  conseguite  nel  periodo
d'imposta 1997, mentre si applica la disciplina del riporto in cinque
periodi d'imposta di cui al comma 1 del citato articolo 102 del TUIR,
relativamente alle perdite realizzate nei periodi  d'imposta  1995  e
1996.
    Tenuto    conto    di   quanto   sopra   precisato,   in   merito
all'applicazione dell'articolo 8 in esame nei confronti dei  soggetti
destinatari  della  disciplina di cui agli articoli 8 e 102 del TUIR,
va rilevato che possono fruire della disposizione medesima anche  gli
enti   non  commerciali,  relativamente  alle  attivita'  commerciali
esercitate, nonche'  le  societa'  e  gli  enti,  commerciali  e  non
commerciali non residenti, per le attivita' svolte in Italia mediante
stabili organizzazioni.
    Con  l'introduzione  del  comma 1-bis nell'articolo 102 del TUIR,
che comporta nei casi ivi  previsti  il  riconoscimento  del  riporto
senza  limiti  temporali  delle  perdite,  e' possibile ipotizzare la
contemporanea presenza in capo al medesimo soggetto di dette  perdite
e di quelle assoggettate alla disciplina ordinaria prevista dal comma
1  dello  stesso  articolo  102  (riporto  entro  i cinque periodi di
imposta).
    Verificandosi  tale  ipotesi  e'  indispensabile  che   l'impresa
interessata  indichi  nella  dichiarazione  dei redditi distintamente
l'utilizzo dei due tipi di perdite.
    7.3 Norma antielusiva in materia di riporto delle perdite
    Il comma 1-ter, aggiunto all'articolo 102 del  TUIR,  esclude  il
riporto  delle  perdite  di  cui  al  comma  1  nel  caso  in  cui la
maggioranza  delle  partecipazioni  aventi  diritto  di  voto   nelle
assemblee  ordinarie  del  soggetto  che  riporta  le  perdite  venga
trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a  titolo  temporaneo
e,   inoltre,   venga  modificata  l'attivita'  principale  in  fatto
esercitata nei  periodi  d'imposta  in  cui  le  perdite  sono  state
realizzate.
    Al riguardo si osserva che la norma in esame, sulla scia di altre
disposizioni  antielusive  presenti  nell'ordinamento  tributario e a
completamento  della  norma  antielusiva  piu'  generale  posta   nel
precedente articolo 7 del decreto in commento, nasce dall'esigenza di
evitare  operazioni  aventi  per  scopo  l'acquisto  di  societa' con
perdite fiscalmente rilevanti effettuato al solo  scopo  di  ottenere
degli indebiti vantaggi fiscali.
    Le  condizioni  poste dalla norma (trasferimento del soggetto che
riporta la perdita  e  trasformazione  dell'attivita'  principale  di
fatto   svolta   al   momento   del   realizzo  delle  perdite)  sono
complementari tra di loro.
    Pertanto, con riferimento alla verifica  della  prima  delle  due
suddette  condizioni,  si osserva che il riporto delle perdite di cui
al comma 1 dell'articolo 102 del TUIR e' escluso nel caso in  cui  il
trasferimento  delle  partecipazioni  della  societa'  che riporta le
perdite da' luogo nei confronti dell'acquirente all'acquisizione  del
controllo  della  societa' stessa. Tale risultato si realizza sia nel
caso di trasferimento di un pacchetto di per se'  di  controllo,  sia
nel  caso  in  cui  l'acquisizione del controllo avvenga a seguito di
integrazione della partecipazione gia' posseduta.
    Inoltre, detto controllo puo' realizzarsi non  soltanto  mediante
il  trasferimento  della  proprieta'  della  partecipazione  ma anche
mediante  altri  tipi  di  negozi  giuridici  come,  ad  esempio,  il
trasferimento  dell'usufrutto  della  partecipazione  stessa,  tenuto
conto  dell'ampia  formulazione  della  norma  che,  con  riferimento
all'acquisizione  della  maggioranza  delle  partecipazioni,  usa  la
locuzione "comunque acquisita".
    Come precisato  dalla  stessa  norma  in  commento,  quest'ultima
spiega  efficacia  anche  nel  caso  in  cui  il  trasferimento della
partecipazione avvenga solo temporaneamente.
    Con riferimento al verificarsi della seconda condizione (modifica
dell'attivita' principale), si precisa che il  legislatore  individua
un  periodo  temporale  entro  il  quale assume rilevanza la modifica
dell'attivita' principale svolta.
    In particolare, prendendo quale punto di riferimento  l'attivita'
principale  in  fatto  svolta  al  momento  della realizzazione delle
perdite  assumono  rilevanza,  rispetto  ad   essa,   le   variazioni
intervenute nei seguenti periodi di imposta:
    -  periodo  di  imposta  in  corso al momento del trasferimento o
della acquisizione anche a titolo temporaneo;
    - i due periodi di imposta anteriori a quello del trasferimento;
    - i due periodi di imposta successivi a quello del trasferimento.
    Per attivita' principale deve intendersi  l'attivita'  che  sulla
base  di  riscontri fattuali risulti quantitativamente superiore, con
riferimento ai ricavi, ad altre comunque svolte dalla societa' ceduta
o trasferita.
    La presunzione posta nei primi due periodi del comma  1-ter,  per
effetto  della  quale non e' applicabile l'istituto del riporto delle
perdite, non trova applicazione nel caso  in  cui  venga  provata  la
presenza,  in  via  alternativa,  di  una delle due seguenti cause di
esclusione:
    a) le partecipazioni siano acquistate  da  societa'  appartenenti
allo stesso gruppo;
    b)   le   partecipazioni  riguardino  societa'  che  nel  biennio
precedente a  quello  di  trasferimento  hanno  avuto  un  numero  di
dipendenti  mai  inferiore alle dieci unita' e per le quali dal conto
economico relativo all'esercizio precedente a quello di trasferimento
risultino un ammontare di ricavi, di cui all'articolo  2425,  lettera
A),  numero  1,  del  codice  civile  e  un ammontare delle spese per
prestazioni di lavoro  subordinato  e  relativi  contributi,  di  cui
all'articolo 2425, lettera B), numero 9), lettere a) e b), del codice
civile,  superiore  al  40 per cento di quello risultante dalla media
degli ultimi due esercizi anteriori.
    Con riferimento a quanto disposto dalla lettera b), la  locuzione
utilizzata  "  numero di dipendenti mai inferiori alle dieci unita'",
comporta  che,  per  tutti  i  giorni  compresi  nell'arco  temporale
considerato  dalla  disposizione stessa, il numero dei dipendenti non
puo' essere in nessun caso inferiore alle dieci unita'.
    7.4 Decorrenza
    La  norma  in  esame  va  coordinata  con  quanto  disposto   dal
successivo  articolo  9, comma 7, secondo il quale le disposizioni di
cui all'articolo 8 hanno la seguente decorrenza:
    -  con  riferimento  al  comma  1-bis,  come  gia'  riferito   in
precedenza,  alle perdite formatesi a decorrere dal periodo d'imposta
in corso alla data di entrata in vigore del decreto n. 358 del 1997;
    - con riferimento al comma 1-ter, a partire dal periodo d'imposta
in corso alla data di entrata in vigore del suddetto  decreto,  anche
in  relazione alle perdite dichiarate in periodi d'imposta precedenti
a quest'ultima data.
    Il Direttore generale del dipartimento delle entrate: ROMANO