(all. 1 - art. 1)
                                                             Allegato

   (Criteri  guida  per  l'applicazione  del Decreto del Ministro dei
lavori  pubblici ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 334, relativo all'Attuazione della direttiva 96/82/CE
relativa  al  controllo  dei pericoli di incidenti rilevanti connessi
con   determinate   sostanze  pericolose  (d'intesa  con  i  Ministri
dell'interno,   dell'ambiente,   dell'industria,   del   commercio  e
dell'artigianato e con la Conferenza Stato - Regioni)

Sommario


1. Premessa
2. Pianificazione territoriale
3. Pianificazione urbanistica
   3.1. Elaborato tecnico "Rischio di Incidenti Rilevanti" RIR
4. Programmi integrati
5. Fasi del processo di adeguamento degli strumenti urbanistici
6. Individuazione e disciplina delle aree da sottoporre a specifica
   regolamentazione
   6.1. Individuazione degli elementi territoriali e ambientali
        vulnerabili
     6.1.1. Elementi territoriali vulnerabili
     6.1.2. Elementi ambientali vulnerabili
   6.2. Determinazione delle aree di danno
     6.2.1. Valori di soglia
     6.2.2. Aree di danno
   6.3. Criteri per la valutazione della compatibilità territoriale
        e ambientale
     6.3.1. Compatibilità territoriale
     6.3.2. Depositi di GPL e depositi di liquidi infiammabili
            e/o tossici
     6.3.3. Compatibilità con gli elementi ambientali
7. Informazioni relative al controllo dell'urbanizzazione
   7.1. Informazioni fornite dal gestore
   7.2. Valutazioni fornite dall'autorità di cui all'articolo 21
        del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.

1. Premessa

   La   finalita'  generale  del  decreto  del  Ministro  dei  lavori
pubblici,   d'intesa  con  i  Ministri  dell'interno,  dell'ambiente,
dell'industria,  commercio  e artigianato e con la Conferenza Stato -
Regioni,  ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto
1999,  n.  334 e' quella di definire i requisiti minimi in materia di
pianificazione   territoriale  e  urbanistica  con  riferimento  alla
destinazione ed utilizzazione dei suoli, correlati alla necessita' di
mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali,
al  fine  di  prevenire  gli  incidenti  rilevanti  e di limitarne le
conseguenze  per  l'uomo  e  per  l'ambiente.  La novita' del decreto
interministeriale  consiste, quindi, nel regolamentare un processo di
integrazione  tra  le  scelte  della  pianificazione  territoriale  e
urbanistica  e  la  normativa  attinente  gli  stabilimenti  soggetti
all'applicazione  della  direttiva 96/82/CE e del decreto legislativo
17   agosto  1999,  n.  334.  Il  Legislatore  indica,  pertanto,  la
necessita'   di   implementare   la   strumentazione   urbanistica  e
territoriale   con  le  condizioni  di  compatibilita'  delle  scelte
economico-produttive di forte impatto territoriale e ambientale.
   Risaltano, in tale processo, alcuni aspetti:
   -  il  ruolo  della Regione, la quale, oltre ad avere attribuzioni
specifiche  nei  settori ambientali e produttivo, ancora maggiormente
dettagliate  nel  D.lgs  n.  112/98, con particolare riguardo al tema
delle  attivita'  a  rischio  di  incidente  rilevante  (art.72),  e'
competente  nella  materia urbanistica ai sensi dell'art. 117 Cost. e
dei successivi decreti del Presidente della repubblica;
   -  il  ruolo  della  Provincia, e delle citta' metropolitane, alle
quali,  nell'ambito  delle  attribuzioni  del  decreto legislativo 18
agosto  2000,  n. 267, spettano le funzioni di pianificazione di area
vasta, per indicare gli indirizzi generali di assetto del territorio.
Si  evidenzia  quindi  l'opportunita'  che il territorio provinciale,
ovvero  l'area  metropolitana,  debba  costituire  - rispetto al tema
trattato  -  l'unita' di base per il coordinamento tra la politica di
gestione  del  rischio  ambientale e la pianificazione di area vasta,
con  la specifica missione di ricomporre le scelte locali rispetto ad
un quadro coerente di livello territoriale piu' ampio.
   -  la  funzione di base delle Amministrazioni comunali, le quali -
sia  tramite  l'applicazione  del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, sia
attraverso  le  competenze  istituzionali  di governo del territorio,
derivanti  dalla  Legge  Urbanistica  e dalle leggi regionali, devono
adottare  gli  opportuni adeguamenti ai propri strumenti urbanistici,
in  un  processo  di  verifica  iterativa  e continua, generato dalla
variazione  del  rapporto  tra  attivita'  produttiva  a rischio e le
modificazioni della struttura insediativa del comune stesso.
   Infine,  e' il caso di mettere in evidenza il difficile rapporto -
temporale e processuale - tra le procedure di matrice urbanistica con
la  maggiore  dinamicita'  di  trasformazione  dei  processi  e degli
impianti  produttivi  e delle potenzialita' di rischio rilevante, che
deve  trovare  soluzione  in  una  attenta  e  continua "lettura" del
territorio, in relazione agli obiettivi di governo dello stesso.
   Le  valutazioni  e  le  metodologie indicate nel presente Allegato
hanno,  pertanto,  lo  scopo  di fornire, nell'ambito della procedura
individuata  dalle  regioni, requisiti minimi di sicurezza in materia
di   pianificazione   territoriale   per   le   zone  interessate  da
stabilimenti  a  rischio  di incidente rilevante, ed elementi tecnici
utili  alle  Autorita'  competenti sul controllo dell'urbanizzazione,
per  i  compiti  previsti dall'articolo 14 del decreto legislativo 17
agosto  1999,  n.  334.  I  contenuti  del presente allegato potranno
essere integrati dalla disciplina regionale attuativa di cui all'art.
2 del decreto (1).

   2. Pianificazione territoriale

   La  pianificazione  territoriale, nei termini previsti dal decreto
legislativo  18  agosto  2000  n.  267, in relazione alla presenza di
stabilimenti  a  rischio  d'incidente rilevante, ha come obiettivo la
verifica  e la ricerca della compatibilita' tra l'urbanizzazione e la
presenza  degli  stabilimenti  stessi.  A  tal  fine,  sulla base dei
criteri    esposti   nel   presente   allegato,   nell'ambito   della
determinazione  degli indirizzi generali di assetto del territorio e'
possibile  individuare  gli interventi e le misure di prevenzione del
rischio  e  di mitigazione degli impatti con riferimento alle diverse
destinazioni  del  territorio  stesso,  in  relazione alla prevalente
vocazione residenziale, industriale, infrastrutturale, ecc.
   Il  Piano territoriale di coordinamento deve tendere a riportare a
coerenza,  in termini di pianificazione sovracomunale, le interazioni
tra  stabilimenti,  destinazioni  del  territorio e localizzazione di
massima  delle  maggiori  infrastrutture  e delle principali linee di
comunicazione.
   In  sede  di pianificazione di area vasta occorre, di conseguenza,
individuare   e   definire   i   rapporti  tra  localizzazione  degli
stabilimenti  e  limiti  amministrativi  di  competenza  comunale, in
particolare  nelle  situazioni in cui gli stabilimenti sono collocati
in  prossimita'  dei  confini  amministrativi  comunali e comportano,
ovviamente,  un  allargamento  dei  fattori  di  rischio  sui  comuni
limitrofi. Si evidenzia, in questi casi, l'opportunita' di promuovere
procedure  di  co-pianificazione e di concertazione, gia' presenti in
alcune normative regionali.
   Gli strumenti di pianificazione territoriale recepiscono infine le
indicazioni derivanti dai piani di emergenza esterna, di cui all'art.
20   del   decreto  legislativo  17  agosto  1999,  n.  334,  nonche'
l'individuazione delle aree ecologicamente attrezzate di cui all'art.
26  del  decreto  legislativo  31  marzo  1998, n. 112, eventualmente
utilizzabili per la localizzazione degli stabilimenti.
   A  seconda dei casi specifici, delle diverse normative regionali e
delle  attribuzioni  di competenze derivate dai processi di delega in
corso,  si  possono  prefigurare varie modalita' di attivazione delle
procedure   di   variazione  della  pianificazione  territoriale,  in
rapporto   anche   alle   modifiche   relative   alla  pianificazione
urbanistica.
   Si puo' ipotizzare un tradizionale processo sequenziale, che parte
dalla  determinazione degli indirizzi generali a livello provinciale,
da parte del piano territoriale di coordinamento, per arrivare ad una
individuazione   e  disciplina  specifica  delle  aree  sottoposte  a
regolamentazione da parte dello strumento urbanistico comunale. Ma si
possono  anche  ipotizzare  processi che, almeno in parte, seguono la
direzione  opposta,  dal  Comune  alla  Provincia.  Si possono infine
ipotizzare  processi  e strumenti di copianificazione e concertazione
che  contestualmente  definiscono  criteri  di  indirizzo generale di
assetto  del  territorio  e  attivano le procedure di riconformazione
della pianificazione territoriale e della pianificazione urbanistica.
   Quest'ultima  ipotesi  e'  auspicabile,  anche  in  relazione alla
necessita'  di  apportare  le  varianti necessarie all'adeguamento al
presente decreto in tempi molto brevi sia per i piani territoriali di
coordinamento  che  per  gli  strumenti  urbanistici,  come  previsto
dall'art.  14  del  decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. E' di
tutta  evidenza quindi l'opportunita' di rendere contestuali, il piu'
possibile,  le  analisi,  le  valutazioni  ed  elaborazioni tecniche,
nonche'  le  decisioni  degli  enti  territoriali  competenti  e  dei
soggetti comunque interessati.

3. Pianificazione urbanistica

L'art.  14  del  decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 individua
tre ipotesi:

a) insediamenti di stabilimenti nuovi;
b) modifiche  degli stabilimenti di cui all'articolo 10, comma 1, del
   decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;
c) nuovi  insediamenti  o  infrastrutture  attorno  agli stabilimenti
   esistenti,   quali   ad  esempio,  vie  di  comunicazione,  luoghi
   frequentati  dal pubblico, zone residenziali, qualora l'ubicazione
   o l'insediamento o l'infrastruttura possano aggravare il rischio o
   le conseguenze di un incidente rilevante.

   Le  prime  due  fattispecie (a, b) hanno origine da una proposta o
comunque  da  un intervento posto in essere dal gestore. In tal caso,
l'Amministrazione comunale deve:
   - verificare, attraverso i metodi e i criteri esposti nel presente
allegato  e  con  l'apporto dei soggetti coinvolti, la compatibilita'
territoriale  e  ambientale  del  nuovo stabilimento o della modifica
dello stabilimento esistente rispetto alla strumentazione urbanistica
vigente;
   -  promuovere la variante urbanistica, qualora tale compatibilita'
non  sia verificata, nel rispetto dei criteri minimi di sicurezza per
il controllo dell'urbanizzazione.
   La  terza  fattispecie  (c),  viceversa,  presuppone  un  processo
inverso. In tal caso, infatti, l'Amministrazione comunale deve:
   -  conoscere  preventivamente,  attraverso  i  metodi  e i criteri
esposti nel presente allegato e con l'apporto dei soggetti coinvolti,
la situazione di rischio dello stabilimento esistente;
   - considerare, nelle ipotesi di sviluppo e di localizzazione delle
infrastrutture  e  delle  attivita' rubricate al punto c) del comma 1
dell'art.  14  del  decreto  legislativo  17  agosto 1999, n. 334, la
situazione  di  rischio  presente e la possibilita' o meno di rendere
compatibile la predetta iniziativa.
   Per  quanto  riguarda  le  fattispecie  a) e b), e' applicabile il
procedimento   di   approvazione   della   variante   allo  strumento
urbanistico  di cui all'articolo 2 del D.P.R. 447/98, mentre nel caso
della  fattispecie  c),  previa  valutazione delle previsioni vigenti
dello  strumento  urbanistico,  il procedimento di approvazione della
eventuale  variazione  al medesimo, ricade nella situazione generale,
variamente normata dalle leggi regionali.
   Nel  caso  di  modifiche comportanti aggravio di rischio, ai sensi
del decreto 9 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, S.G.,
n.  196  del  23 agosto 2000, il gestore deve verificare e dichiarare
alle  autorita'  competenti  se  le  aree  di danno in relazione alle
diverse  classi  di probabilita' conseguenti alla realizzazione della
modifica  non  siano  superiori a quelle preesistenti. In tale ultimo
caso,  si  deve  intendere  l'effetto della modifica non rilevante ai
fini  dell'attivazione delle procedure di cui al presente decreto. In
ogni  caso non e' necessario attivare la variante urbanistica qualora
le  ipotesi  incidentali,  attestate  dal  gestore  o  dall'autorita'
competente  ai  sensi  dell'art. 21 del decreto legislativo 17 agosto
1999,  n.  334, prevedano scenari di danno esclusivamente all'interno
del perimetro dello stabilimento stesso.
   Sono  esclusi  dall'applicazione  diretta del presente decreto gli
stabilimenti  esistenti  che  non  ricadono  in una delle fattispecie
previste  dall'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334,  nonche' gli stabilimenti per i quali e' in corso di definizione
l'istruttoria prevista dalla normativa vigente, fino alla conclusione
della  medesima.  E'  comunque  possibile  in sede di revisione della
pianificazione  territoriale  e  urbanistica  assumere i criteri e le
metodologie  del  presente  decreto,  con  una  opportuna  analisi  e
documentazione degli elementi tecnici e delle decisioni assunte.
   La valutazione della compatibilita' territoriale e ambientale, per
quanto   attiene  gli  strumenti  urbanistici,  deve  necessariamente
condurre  alla  predisposizione di opportune prescrizioni normative e
cartografiche   riguardanti   le   aree  da  sottoporre  a  specifica
regolamentazione.
   L'individuazione  e  la  disciplina  di  tali aree si fonda su una
valutazione   di   compatibilita'   tra   stabilimenti   ed  elementi
territoriali   e  ambientali  vulnerabili.  L'individuazione  di  una
specifica  regolamentazione  non determina vincoli all'edificabilita'
dei suoli, ma distanze di sicurezza.
   Pertanto  i  suoli interessati dalla regolamentazione da parte del
piano  urbanistico,  non  perdono la possibilita' di generare diritti
edificatori, in analogia con altre fattispecie dell'ordinamento come,
ad  esempio,  le  distanze di rispetto cimiteriali. In altri termini,
l'edificazione  potra'  essere  trasferita  oltre  la distanza minima
prescritta dal piano, su aree adiacenti, oppure, ove lo consentano le
normative di piano, su altre aree del territorio comunale.
   Gli  strumenti di pianificazione urbanistica recepiscono, inoltre,
le  indicazioni  contenute  nei piani territoriali e quelle derivanti
dai  piani  di  emergenza  esterna  di  cui  all'art.  20 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (e in particolare le previsioni di
localizzazione   dei   presidi   di   sicurezza   all'interno   della
strumentazione  urbanistica,  come, ad esempio, le caserme dei VV.F),
nonche'  l'individuazione delle aree ecologicamente attrezzate di cui
all'art.   26   del  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  112,
eventualmente utilizzabili per la localizzazione degli stabilimenti.
   Il   riferimento   all'obbligo   di  parere  preventivo  da  parte
dell'Autorita'  competente  ai  sensi  dell'articolo  21  del decreto
legislativo  17  agosto  1999,  n.  334,  nel  caso  di  rilascio  di
concessioni   e   autorizzazioni  edilizie  in  assenza  di  variante
urbanistica,  si  deve  intendere esteso anche alle denuncie d'inizio
attivita',   nel   caso   in   cui   le   leggi  regionali  prevedano
l'applicabilita' di tale ultimo istituto.

   3.1. Elaborato Tecnico "Rischio di Incidenti Rilevanti" - RIR

   L'Elaborato  Tecnico consente una maggiore leggibilita' e una piu'
chiara   definizione   dei   problemi,   delle   valutazioni,   delle
prescrizioni  cartografiche,  utili  sia  nelle  fasi di formazione e
approvazione  sia  in  quelle di attuazione. La presenza di una serie
di' elaborati "autosufficienti" - sia pure, evidentemente, in stretto
rapporto  con  i  piu'  generali contenuti del piano - potra' inoltre
favorire  il  rapporto  tra  autorita' a vario titolo competenti, nel
corso  dell'iter  di  formazione del piano. L'allegato tecnico potra'
infine essere utilizzato nell'ambito delle procedure di consultazione
della  popolazione  previste dall'articolo 23 del decreto legislativo
17 agosto 1999, n. 334.
   L'   Elaborato   Tecnico,   che  costituisce  parte  integrante  e
sostanziale dello strumento urbanistico, dovra' contenere, di norma:


- le informazioni fornite dal gestore, di cui al punto 7
- l'individuazione e la rappresentazione su base cartografica
  tecnica e catastale aggiornate degli elementi territoriali e
  ambientali vulnerabili;
- la rappresentazione su base cartografica tecnica e catastale
  aggiornate dell'inviluppo geometrico delle aree di danno per
  ciascuna delle categorie di effetti e, per i casi previsti, per
  ciascuna classe di probabilità;
- individuazione e disciplina delle aree sottoposte a specifica
  regolamentazione risultanti dalla sovrapposizione cartografica
  degli inviluppi e degli elementi territoriali e ambientali
  vulnerabili di cui sopra;
- gli eventuali pareri delle autorità competenti ed in particolare
  quello dell'autorità di cui all'art. 21, comma 1, del decreto
  legislativo 17 agosto 1999, n. 334;
- le eventuali ulteriori misure che possono essere adottate sul
  territorio, tra cui gli specifici criteri di pianificazione
  territoriale, la creazione di infrastrutture e opere di
  protezione, la pianificazione della viabilità, i criteri
  progettuali per opere specifiche, nonché, ove necessario, gli
  elementi di correlazione con gli strumenti di pianificazione
  dell'emergenza e di protezione civile.

4. Programmi integrati

   Per   l'eventuale   promozione   di   un  programma  integrato  di
intervento, o di altro strumento equivalente, l'Allegato Tecnico deve
contenere,  oltre  a  quanto  specificato  nel punto 3.1, una analisi
socio  -  economica e finanziaria, nonche' di fattibilita' tecnica ed
amministrativa  degli  interventi  previsti.  L'eventuale proposta di
programma  integrato  d'interventi,  da  parte di soggetti pubblici e
privati,  singolarmente  o  riuniti  in  consorzio  tra  loro, potra'
definire,  di  norma, ogni azione o intervento utile per risolvere le
situazioni  di  particolare  complessita',  per  le  quali si possano
ipotizzare    modifiche    all'assetto    insediativo   residenziale,
industriale o infrastrutturale, anche considerando gli interventi del
gestore  per  la  riduzione  delle  aree  di  danno,  con particolare
riguardo  all'applicazione  del  comma 6 dell'articolo 14 del decreto
legislativo  17  agosto  1999,  n.  334.  A  tali  fini  il programma
integrato  potra'  prevedere, tra l'altro, modalita' di trasferimento
dei diritti edificatori in aree contigue ovvero ubicate in altre aree
del territorio comunale.
   Nella  formazione della proposta di programma integrato e' inoltre
possibile il coinvolgimento di altri soggetti ed istituzioni, nonche'
l'inserimento di immobili esterni alle aree da sottoporre a specifica
regolamentazione  in  ambito  comunale e sovra - comunale, ove ne sia
verificata la convenienza economica e sociale.

   5. Fasi del processo di adeguamento degli strumenti urbanistici.

   In  relazione a quanto si espone dettagliatamente in seguito circa
gli  elementi  di valutazione della interazione degli stabilimenti di
cui   al   decreto   legislativo  17  agosto  1999,  n.  334  con  la
pianificazione  esistente,  si  riporta la sintesi delle fasi logiche
del processo di aggiornamento della strumentazione urbanistica.
   Fase  1: identificazione degli elementi territoriali ed ambientali
vulnerabili (vedi punto 6.1) in una area di osservazione coerente con
lo  strumento  urbanistico da aggiornare. Questa fase e' il risultato
della   integrazione   delle   informazioni   fornite   dal   gestore
nell'allegato  V, sezione III, al decreto legislativo 17 agosto 1999,
n.  334,  con  i dati gia' in possesso dell'Amministrazione comunale,
ovvero  reperiti in sede della analisi preventiva del territorio che,
di  norma,  viene  effettuata per la predisposizione di uno strumento
urbanistico. In particolare, l'analisi preventiva dovra' tenere conto
dello  stato  di  fatto  e  di  diritto  delle costruzioni esistenti,
nonche'   delle   previsioni  di  modificazione  del  territorio.  E'
opportuno  che  le  suddette  informazioni  siano rese disponibili al
gestore.
   Fase  2:  determinazione  delle  aree  di  danno (vedi punto 6.2).
Questa  fase  e'  il  prodotto  della  attivita'  di rappresentazione
cartografica,  su  base tecnica e catastale aggiornate, delle aree di
danno,  come  identificate  in  base  alle  informazioni  fornite dal
gestore  e  le  valutazioni dell'autorita' di cui all'articolo 21 del
decreto  legislativo  17  agosto  1999,  n. 334, e la sovrapposizione
delle   medesime   sulla   stessa   cartografia,   sulla  quale  sono
rappresentati gli elementi territoriali e ambientali vulnerabili.
   Fase 3: valutazione della compatibilita' territoriale e ambientale
(punto  6.3).  Questa  fase  consente  di determinare le destinazioni
d'uso  compatibili  con la presenza dello stabilimento ed in funzione
delle quali viene predisposta la specifica regolamentazione.
   Esaurito  il  processo  su  esposto,  e'  possibile procedere alla
adozione  dello strumento urbanistico in base alla procedure previste
dalla Legge Urbanistica e dalle diverse Leggi Regionali.

   6.   Individuazione  e  disciplina  delle  aree  da  sottoporre  a
specifica regolamentazione

   6.1.  Individuazione  degli  elementi  territoriali  e  ambientali
vulnerabili

   Gli  elementi  tecnici  utili  ai  fini  di'  una  valutazione  di
compatibilita'  territoriale  e ambientale sono espressi in relazione
all'esigenza di assicurare sia i requisiti minimi di sicurezza per la
popolazione  e  le infrastrutture, sia un'adeguata protezione per gli
elementi sensibili al danno ambientale.

   6.1.1. Elementi territoriali vulnerabili

   La  valutazione della vulnerabilita' del territorio attorno ad uno
stabilimento  va  effettuata mediante una categorizzazione delle aree
circostanti   in   base  al  valore  dell'indice  di  edificazione  e
all'individuazione  degli  specifici  elementi  vulnerabili di natura
puntuale  in  esse presenti, secondo quanto indicato nella successiva
tabella I.
   Occorre  inoltre  tenere conto delle infrastrutture di trasporto e
tecnologiche   lineari   e   puntuali.  Qualora  tali  infrastrutture
rientrino   nelle   aree   di   danno  individuate,  dovranno  essere
predisposti  idonei  interventi,  da  stabilire  puntualmente, sia di
protezione che gestionali, atti a ridurre l'entita' delle conseguenze
(ad    esempio:   elevazione   del   muro   di   cinta   prospiciente
l'infrastruttura, efficace coordinamento tra lo stabilimento e l'ente
gestore  dell'infrastruttura  finalizzato alla rapida intercettazione
del  traffico,  ecc.). Un analogo approccio va adottato nei confronti
dei  beni  culturali  individuati  in  base  alla normativa nazionale
(decreto  legislativo  29 ottobre 1999, n. 490) e regionale o in base
alle   disposizioni   di   tutela   e  salvaguardia  contenute  nella
pianificazione territoriale, urbanistica e di settore.

                 TABELLA 1 - Categorie territoriali.


====================================================================
CATEGORIA A

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
   l'indice fondiario di edificazione sia superiore a 4,5 m3/m2.

2. Luoghi di concentrazione di persone con limitata capacità di
   mobilità - ad esempio ospedali, case di cura, ospizi, asili,
   scuole inferiori, ecc. (oltre 25 posti letto o 100 persone
   presenti).

3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all'aperto - ad esempio
   mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (oltre 500
   persone presenti).
--------------------------------------------------------------------
CATEGORIA B

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
   l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 4,5 e
   1,5 m3/m2.

2. Luoghi di concentrazione di persone con limitata capacità di
   mobilità ad esempio ospedali, case di cura, ospizi, asili, scuole
   inferiori, ecc. (fino a 25 posti letto o 100 persone presenti).

3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all'aperto - ad esempio
   mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (fino a
   500 persone presenti).

4. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante al chiuso - ad esempio
   centri commerciali, terziari e direzionali, per servizi,
   strutture ricettive, scuole superiori, università, ecc. (oltre
   500 persone presenti).

5. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante con limitati periodi di
   esposizione al rischio - ad esempio luoghi di pubblico
   spettacolo, destinati ad attività ricreative, sportive, culturali,
   religiose, ecc. (oltre 100 persone presenti se si tratta di luogo
   all'aperto, oltre 1000 al chiuso).

6. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto (movimento
   passeggeri superiore a 1000 persone/giorno).
--------------------------------------------------------------------
CATEGORIA C

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
   l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 1,5 e
   1 m3/m2.

2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante al chiuso - ad esempio
   centri commerciali, terziari e direzionali, per servizi,
   strutture ricettive, scuole superiori, università, ecc. (fino a
   500 persone presenti).

3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante con limitati periodi di
   esposizione al rischio ad esempio luoghi di pubblico spettacolo,
   destinati ad attività ricreative, sportive, culturali, religiose,
   ecc. (fino a 100 persone presenti se si tratta di luogo
   all'aperto, fino a 1000 al chiuso; di qualunque dimensione se la
   frequentazione è al massimo settimanale).

4. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto (movimento
   passeggeri fino a 1000 persone/giorno).
--------------------------------------------------------------------
CATEGORIA D

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
   l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 1 e 0,5 m3/m2.

2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante, con frequentazione al
   massimo mensile - ad esempio fiere, mercatini o altri eventi
   periodici, cimiteri, ecc.
--------------------------------------------------------------------
CATEGORIA E

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
   l'indice fondiario di edificazione sia inferiore a 0,5 m3/m2.

2. Insediamenti industriali, artigianali, agricoli, e zootecnici.
--------------------------------------------------------------------
CATEGORIA F

1. Area entro i confini dello stabilimento.

2. Area limitrofa allo stabilimento, entro la quale non sono
   presenti manufatti o strutture in cui sia prevista l'ordinaria
   presenza di gruppi di persone.
--------------------------------------------------------------------

   La  categorizzazione  del territorio esposta nella tabella 1 tiene
conto  di  alcune valutazione dei possibili scenari incidentali, e in
particolare dei seguenti criteri:

- la  difficolta'  di  evacuare soggetti deboli e bisognosi di aiuto,
  quali bambini, anziani e malati, e il personale che li assiste;
- la  difficolta'  di evacuare i soggetti residenti in edifici a piu'
  di  cinque  piani  e  grandi  aggregazioni  di  persone  in  luoghi
  pubblici;   per   tali   soggetti,   anche  se  abili  di  muoversi
  autonomamente,  la fuga sarebbe condizionata dalla minore facilita'
  di accesso alle uscite di emergenza o agli idonei rifugi;
- la  minore  difficolta' di evacuare i soggetti residenti in edifici
  bassi  o  isolati,  con  vie  di  fuga  accessibili  e una migliore
  autogestione dei dispositivi di sicurezza;
- la  minore  vulnerabilita'  delle  attivita'  caratterizzate da una
  bassa   permanenza  temporale  di  persone,  cioe'  di  una  minore
  esposizione  al  rischio,  rispetto  alle  analoghe  attivita' piu'
  frequentate;
- la  generale  maggiore  vulnerabilita'  delle  attivita' all'aperto
  rispetto a quelle al chiuso.

   Sulla  base  di questi stessi criteri, integrati dalle valutazioni
che  riguardano i singoli casi specifici, sara' necessario ricondurre
alle   categorie   della  tabella  tutti  gli  elementi  territoriali
eventualmente  presenti  e  non  esplicitamente  citati dalla tabella
stessa.
   Le   Regioni,   nell'ambito  della  definizione  della  disciplina
regionale  attuativa  del  presente  decreto,  potranno  integrare  i
contenuti  della  tabella  1,  in  rapporto alle specifiche normative
regionali in materia urbanistica e ambientale.
   Per  le  categorie  E ed F si deve tenere conto di quanto previsto
dagli  articoli  12  e  13 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334, ove applicabili.

   6.1.2. Elementi ambientali vulnerabili

   Con  particolare  riferimento  al pericolo per l'ambiente che puo'
essere  causato  dal  rilascio incidentale di sostanze pericolose, si
considerano  gli elementi ambientali secondo la seguente suddivisione
tematica  delle diverse matrici ambientali vulnerabili potenzialmente
interessate  dal  rilascio  incidentale  di  sostanze  pericolose per
l'ambiente:

- Beni  paesaggistici  e  ambientali  (decreto legislativo 29 ottobre
  1999, n. 490);
- Aree  naturali protette (es. parchi e altre aree definite in base a
  disposizioni normative);
- Risorse   idriche   superficiali   (es.   acquifero   superficiale;
  idrografia primaria e secondaria; corpi d'acqua estesi in relazione
  al tempo di ricambio ed al volume del bacino);
- Risorse idriche profonde (es. pozzi di captazione ad uso potabile o
  irriguo;  acquifero  profondo  non  protetto  o  protetto;  zona di
  ricarica della falda acquifera),
- Uso del suolo (es. aree coltivate di pregio, aree boscate)

   La vulnerabilita' di ognuno degli elementi considerati va valutata
in  relazione  alla fenomenologia incidentale cui ci si riferisce. Su
tale  base,  in  via  generale  e a solo titolo di esempio, si potra'
considerare  trascurabile  l'effetto  prodotto da fenomeni energetici
come  l'esplosione  e  l'incendio  nei  confronti  dell'acqua  e  del
sottosuolo.   In   tutti   gli   altri  casi,  la  valutazione  della
vulnerabilita'  dovra'  tenere  conto  del  danno  specifico che puo'
essere  arrecato  all'elemento ambientale, della rilevanza sociale ed
ambientale  della  risorsa considerata, della possibilita' di mettere
in  atto  interventi  di  ripristino susseguentemente ad un eventuale
rilascio.
   In  sede  di  pianificazione  territoriale  e  urbanistica, verra'
effettuata  una ricognizione della presenza degli elementi ambientali
vulnerabili,  come individuabili in base a specifiche declaratorie di
tutela,  ove  esistenti,  ovvero in base alla tutelabilita' di legge,
oppure, infine, in base alla individuazione e disciplina di specifici
elementi  ambientali da parte di piani territoriali, urbanistici e di
settore.

   6.2. Determinazione delle aree di danno

   6.2.1. Valori di soglia

   Il  danno  a persone o strutture e' correlabile all'effetto fisico
di  un  evento  incidentale mediante modelli di vulnerabilita' piu' o
meno  complessi.  Ai  fini  del  controllo dell'urbanizzazione, e' da
ritenere  sufficientemente  accurata  una  trattazione  semplificata,
basata  sul superamento di un valore di soglia, al di sotto del quale
si ritiene convenzionalmente che il danno non accada, al di sopra del
quale   viceversa   si  ritiene  che  il  danno  possa  accadere.  In
particolare,  per le valutazioni in oggetto, la possibilita' di danni
a  persone  o  a strutture e' definita sulla base del superamento dei
valori di soglia espressi nella seguente Tabella 2 (2).

Tabella 2 - Valori di soglia

===================================================================
Scenario     Elevata  Inizio   Lesioni       Lesioni     Danni alle
incidentale  letalità letalità irreversibili reversibili strutture/
                                                         Effetti
                                                         domino
===================================================================
Incendio   12,5 kW/mq  7 kW/mq    5 kW/mq    3 kW/mq     12,5 kW/mq
(radiazione
termica
stazionaria)
-------------------------------------------------------------------
BLEVE/     Raggio    350 kJ/mq  200 kJ/mq  125 kJ/mq     200-800 m
Fireball   fireball                                        (*)
(radiazione
termica
variabile)
-------------------------------------------------------------------
Flash-fire   LFL     1/2 LFL
(radiazione
termica
istantanea)
-------------------------------------------------------------------
VCE        0,3 bar   0,14        0,07 bar  0,03 bar      0,3 bar
(sovra-   (0,6 spazi
pressione  aperti)
di picco)
-------------------------------------------------------------------
Rilascio    LC50                  IDHL
tossico    (30min,hmn)
(dose
assorbita)
-------------------------------------------------------------------
 (*) secondo la tipologia del serbatoio

   Per  la  corretta  applicazione  dei  criteri di valutazione della
compatibilita'  territoriale, il gestore esprime le aree di danno con
riferimento  ai  valori  di  soglia  di  Tabella  2. In generale, gli
effetti   fisici  derivati  dagli  scenari  incidentali  ipotizzabili
possono  determinare  danni  a persone o strutture, in funzione della
specifica tipologia, della loro intensita' e della durata (3).
   Il  danno  ambientale,  con  riferimento agli elementi vulnerabili
indicati  al  punto  6.1.2  e'  invece  correlato alla dispersione di
sostanze  pericolose  i  cui effetti sull'ambiente sono difficilmente
determinabili  a  priori mediante l'uso di modelli di vulnerabilita'.
L'attuale  stato  dell'arte in merito alla valutazione dei rischi per
l'ambiente  derivanti  da  incidenti  rilevanti  non permette infatti
l'adozione di un approccio analitico efficace che conduca a risultati
esenti  da  cospicue  incertezze.  Si  procede  pertanto  secondo  le
indicazioni qualitative di cui al punto 6.3.3.

   6.2.2, Aree di danno

   La  determinazione  delle  aree  di danno deve essere eseguita dal
gestore   nella   considerazione  delle  specificita'  della  propria
situazione,  corrispondentemente  alle tipologie di danno e secondo i
livelli di soglia indicate in Tabella 2.
   Per  gli  stabilimenti soggetti alla presentazione del Rapporto di
sicurezza, la determinazione delle aree di danno deve essere condotta
dal  gestore nei termini analitici richiesti per la stesura di questo
ed    eventualmente    rivalutata   a   seguito   delle   conclusioni
dell'istruttoria per la valutazione del Rapporto di sicurezza.
   Per   gli  altri  stabilimenti,  il  gestore  deve  effettuare  le
necessarie   valutazioni   e   analisi   di   sicurezza   nell'ambito
dell'attuazione  del  proprio  sistema di gestione di sicurezza, come
previsto  dall'allegato III al decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334   e   dall'articolo   7   del  decreto  ministeriale  09/08/2000,
concernente  disposizioni  sui  sistemi  di gestione della sicurezza,
fornendo  le  informazioni  e gli elementi tecnici conformemente alle
definizioni ed alle soglie di cui alla tabella 2.
   Il  gestore  deve  indicare,  per ognuna delle ipotesi incidentali
significative  individuate,  la  classe  di probabilita' degli eventi
secondo la suddivisione indicata nelle tabelle 3a e 3b.

   6.3.  Criteri per la valutazione della compatibilita' territoriale
e ambientale

   La  valutazione  della  compatibilita'  da  parte  delle autorita'
competenti,  in  sede  di  pianificazione territoriale e urbanistica,
deve  essere  formulata  sulla  base delle informazioni acquisite dal
gestore  e, ove previsto, sulla base delle valutazioni dell'autorita'
competente  di  cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto
1999,  n.  334,  opportunamente  rielaborate  ed  integrate con altre
informazioni pertinenti.
   Gli elementi tecnici, cosi' determinati, non vanno interpretati in
termini rigidi e compiuti, bensi' utilizzati nell'ambito del processo
di valutazione, che deve necessariamente essere articolato, prendendo
in  considerazione  anche  i  possibili  impatti  diretti o indiretti
connessi   all'esercizio   dello   stabilimento  industriale  o  allo
specifico uso del territorio.
   Il  processo di valutazione tiene conto dell'eventuale impegno del
gestore   ad   adottare   misure  tecniche  complementari,  ai  sensi
dell'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334.
   Gli   strumenti   di  pianificazione  territoriale  e  urbanistica
potranno  prevedere  opportuni accorgimenti ambientali o edilizi che,
in  base  allo specifico scenario incidentale ipotizzato, riducano la
vulnerabilita'  delle  costruzioni  ammesse  nelle  diverse  aree  di
pianificazione interessate dalle aree di danno.
   In   base   alle   definizioni   date,   la  compatibilita'  dello
stabilimento  con  il territorio circostante va valutata in relazione
alla  sovrapposizione  delle tipologie di insediamento, categorizzate
in termini di vulnerabilita' in tabella 1, con l'inviluppo delle aree
di  danno, come evidenziato dalle successive tabelle 3a e 3b. Le aree
di   danno  corrispondenti  alle  categorie  di  effetti  considerate
individuano  quindi  le  distanze  misurate  dal  centro  di pericolo
interno  allo  stabilimento, entro le quali sono ammessi gli elementi
territoriali   vulnerabili  appartenenti  alle  categorie  risultanti
dall'incrocio   delle   righe   e   delle   colonne   rispettivamente
considerate.

6.3.1. Compatibilita' territoriale

Tabella 3a- Categorie territoriali compatibili con gli stabilimenti
===================================================================
Classe di                   Categoria di effetti
probabilità
degli eventi    Elevata     Inizio      Lesioni         Lesioni
                letalità    letalità    irreversibili   reversibili
-------------------------------------------------------------------
< 10-6          DEF         CDEF        BCDEF           ABCDEF
-------------------------------------------------------------------
10-4 - 10-6     EF          DEF         CDEF            BCDEF
-------------------------------------------------------------------
10-3 - 10-4     F           EF          DEF             CDEF
-------------------------------------------------------------------
> 10-3          F           F           EF              DEF
-------------------------------------------------------------------

Tabella 3b- Categorie territoriali compatibili con gli stabilimenti

(per il rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie in assenza
di variante urbanistica)

===================================================================
Classe di                   Categoria di effetti
probabilità
degli eventi    Elevata     Inizio      Lesioni         Lesioni
                letalità    letalità    irreversibili   reversibili
===================================================================
< 10-6          EF          DEF         CDEF            BCDEF
-------------------------------------------------------------------
10-4 - 10-6     F           EF          DEF             CDEF
-------------------------------------------------------------------
10-3 - 10-4     F           F           EF              DEF
-------------------------------------------------------------------
> 10-3          F           F           F               EF
-------------------------------------------------------------------

   Le  lettere  indicate  nelle  caselle  delle tabelle 3a e 3b fanno
riferimento  alle  categorie  territoriali  descritte  al punto 6.1.,
mentre  le categorie di effetti sono quelle valutate in base a quanto
descritto al punto 6.2.
   Per   la   predisposizione   degli   strumenti  di  pianificazione
urbanistica,   le   categorie   territoriali   compatibili   con  gli
stabilimenti sono definite dalla tabella 3a.
   Per  il  rilascio  delle  concessioni e autorizzazioni edilizie in
assenza della variante urbanistica si utilizza la tabella 3b.
   Ad  integrazione  dei  criteri  sopra  evidenziati,  le  autorita'
preposte  alla pianificazione territoriale e urbanistica, nell'ambito
delle  rispettive  attribuzioni, tengono conto della presenza o della
previsione  di elementi aventi particolare rilevanza sotto il profilo
sociale, economico, culturale e storico tra cui, a titolo di esempio,
reti   tecnologiche,  infrastrutture  di  trasporto,  beni  culturali
storico  -  architettonici.  Anche  in  questo caso, sulla base delle
informazioni   fornite   dal   gestore,  e'  possibile  stabilire  se
l'elemento   considerato   sia  interessato  dall'evento  incidentale
ipotizzato.  La  tabella  2 alla quinta colonna, definisce infatti le
tipologie  di scenario ed i valori di soglia relativi, per i quali ci
si  deve attendere un danno grave alle strutture. Nelle aree di danno
individuate  dal  gestore sulla base di tali valori di soglia, ove in
tali  aree  siano  presenti i suddetti elementi, si introducono negli
strumenti  di  pianificazione territoriale e urbanistica prescrizioni
per   la   realizzazione   dell'opera   ovvero   per   la  protezione
dell'elemento.

   6.3.2.  Depositi  di  GPL  e  depositi di liquidi infiammabili e/o
tossici

   Nel caso di depositi di GPL e depositi di liquidi infiammabili e/o
tossici  soggetti  all'articolo  8  del decreto legislativo 17 agosto
1999,   n.  334  ci  si  avvale  dei  criteri  di  valutazione  della
compatibilita'  territoriale  definiti  nell'ambito  della  normativa
vigente e delle eventuali successive modifiche(4).

   6.3.3. Compatibilita' con gli elementi ambientali

   Nei  casi  di  nuovi stabilimenti o di modifiche agli stabilimenti
che possano aggravare il rischio di incidenti rilevanti, le autorita'
preposte  alla  pianificazione  territoriale  e urbanistica, ciascuna
nell'ambito  delle  proprie attribuzioni, dovranno tenere conto della
specifica  situazione del contesto ambientale. Al fine di valutare la
compatibilita',  dovranno  essere  presi  in  esame, secondo principi
precauzionali,  anche  i  fattori  che possono influire negativamente
sugli  scenari incidentali, ad esempio la presenza di zone sismiche o
di  aree  a  rischio idrogeologico individuate in base alla normativa
nazionale  e  regionale  o  da  parte  di strumenti di pianificazione
territoriale,  urbanistica  e  di  settore. In sede di pianificazione
territoriale ed urbanistica, le autorita' preposte, nell'ambito delle
rispettive   attribuzioni,  tengono  conto  degli  elementi  e  delle
situazioni  che  possono aggravare le conseguenze sulle persone e sul
territorio del rilascio dell'inquinante per l'ambiente.
   Nei   casi   di   particolare   complessita',   le  analisi  della
vulnerabilita'  e  le  valutazioni di compatibilita' sotto il profilo
ambientale  potranno richiedere l'apporto di autorita' a vario titolo
competenti  in  tale materia. Si tenga presente inoltre che, ai sensi
dell'art.  18  del  decreto  legislativo  17  agosto 1999, n. 334, le
regioni   disciplinano   il   raccordo   tra  istruttoria  tecnica  e
procedimenti di valutazione di impatto ambientale.
   Per definire una categoria di danno ambientale, si tiene conto dei
possibili  rilasci incidentali di sostanze pericolose. La definizione
della  categoria  di  danno  avviene,  per  gli  elementi  ambientali
vulnerabili  di  cui  al  punto  6.1.2,  a  seguito  di  valutazione,
effettuata   dal   gestore,   sulla  base  delle  quantita'  e  delle
caratteristiche  delle  sostanze,  nonche'  delle  specifiche  misure
tecniche adottate per ridurre o mitigare gli impatti ambientali dello
scenario incidentale.

Le categorie di danno ambientale sono cosi' definite:

- Danno  significativo: danno per il quale gli interventi di bonifica
  e  di  ripristino  ambientale  (5)  dei  siti  inquinati, a seguito
  dell'evento  incidentale,  possono  essere  portati  a  conclusione
  presumibilmente  nell'arco di due anni dall'inizio degli interventi
  stessi;
- Danno  grave:  danno  per  il quale gli interventi di bonifica e di
  ripristino  ambientale  dei  siti  inquinati, a seguito dell'evento
  incidentale,  possono  essere portati a conclusione presumibilmente
  in  un  periodo  superiore  a due anni dall'inizio degli interventi
  stessi;

   Al  fine  di  valutare  la  compatibilita'  ambientale,  nei  casi
previsti  dal  presente  decreto,  e'  da  ritenere  non  compatibile
l'ipotesi di danno grave.
   Nei  casi  di  incompatibilita'  ambientale  (danno grave) con gli
elementi  vulnerabili  indicati al punto 6.1.2., come sopra definita,
di   stabilimenti  esistenti,  il  Comune  puo'  procedere  ai  sensi
dell'articolo  14, comma 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334,  invitando  il gestore a trasmettere all'autorita' competente di
cui  all'articolo  21,  comma  1  dello stesso decreto legislativo le
misure complementari atte a ridurre il rischio di danno ambientale.
   Nel   caso   di   potenziali  impatti  sugli  elementi  ambientali
vulnerabili  (danno  significativo)  devono  essere  introdotte nello
strumento  urbanistico  prescrizioni  edilizie  e urbanistiche ovvero
misure di prevenzione e di mitigazione con particolari accorgimenti e
interventi  di  tipo territoriale, infrastrutturale e gestionale, per
la  protezione  dell'ambiente circostante, definite in funzione delle
fattibilita'  e  delle  caratteristiche  dei  siti e degli impianti e
finalizzate alla riduzione della categoria di danno.

   7. Informazioni relative al controllo dell'urbanizzazione

   7.1. Informazioni fornite dal gestore

   Il  gestore  degli  stabilimenti  soggetti  agli  obblighi  di cui
all'articolo  8  del  decreto  legislativo  17  agosto  1999,  n. 334
trasmette,  su  richiesta  del Comune o delle Autorita' competenti le
seguenti informazioni:

- Inviluppo  delle aree di danno per ciascuna delle quattro categorie
  di effetti e secondo i valori di soglia di cui al paragrafo 6.2.1.,
  ognuna  misurata dall'effettiva localizzazione della relativa fonte
  di pericolo, su base cartografica tecnica e catastale aggiornate;
- per  i depositi di GPL e per i depositi di liquidi infiammabili e/o
  tossici,  la  categoria  di deposito ricavata dall'applicazione del
  metodo  indicizzato  di  cui  ai rispettivi decreti ministeriali 15
  maggio 1996 e 20 ottobre 1998;
- per  tutti  gli  stabilimenti,  la  classe  di probabilita' di ogni
  singolo evento, espressa secondo le classi indicate al punto 6.3.1;
- per  il  pericolo di danno ambientale, le categorie di danno attese
  in  relazione  agli  eventi incidentali che possono interessare gli
  elementi ambientali vulnerabili.

   Per  gli  stabilimenti  esistenti soggetti ai soli obblighi di cui
all'art.  6  e  7  del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, il
gestore  trasmette  alle  stesse  autorita' le suddette informazioni,
ricavate dalle valutazioni effettuate come indicato dall'allegato III
del   predetto   decreto   legislativo  e  dall'art.  7  del  decreto
ministeriale 9 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, S.G.
n.  195  del  22  agosto  2000,  nell'ambito  del  proprio sistema di
gestione della sicurezza, nel solo caso in cui siano individuate aree
di danno esterne all'area dello stabilimento.
   Le  stesse informazioni sono trasmesse alle medesime autorita' dal
gestore  di  nuovi  stabilimenti  all'atto  della  presentazione  del
rapporto  preliminare  di  sicurezza  all'autorita' competente per il
rilascio  del  nulla  osta  di fattibilita' di cui all'articolo 9 del
decreto  legislativo  17  agosto 1999, n. 334 o, per gli stabilimenti
soggetti  agli obblighi dei soli articoli 6 e 7 dello stesso decreto,
all'atto della richiesta di concessioni e autorizzazioni edilizie.

   7.2.   Valutazioni  fornite  dall'autorita'  all'articolo  21  del
decreto del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334

   Contestualmente   all'atto  che  conclude  l'istruttoria  tecnica,
l'autorita'  di  cui  all'art.  21  del decreto legislativo 17 agosto
1999,   n.   334   trasmette   alle   autorita'   competenti  per  la
pianificazione  territoriale  e  urbanistica  e per il rilascio delle
concessioni e autorizzazioni edilizie:

- per gli stabilimenti sottoposti agli obblighi di cui all'art. 8 del
  decreto  suddetto,  le  informazioni  che  il  gestore  e' tenuto a
  riportare  nel  rapporto di sicurezza o nel rapporto preliminare ai
  sensi  dell'art. 8, comma 3 del decreto legislativo 17 agosto 1999,
  n. 334; il gestore assicura che tali informazioni siano raccolte ed
  evidenziate nel rapporto in modo organico e sistematico all'interno
  di  un apposito allegato concernente elementi per la pianificazione
  del territorio;
- le  eventuali  variazioni intervenute in relazione alla stima delle
  aree  di  danno,  alla  classe  di  appartenenza dei depositi, alla
  categoria  di  frequenza  degli  eventi  ipotizzati,  rispetto alle
  informazioni trasmesse inizialmente dal gestore;
- gli elementi che debbono essere presi in considerazione per un piu'
  completo  e  corretto  giudizio  di  compatibilita'  territoriale e
  ambientale,  valutati,  tra  l'altro,  sulla  base  di: presenza di
  specifiche  misure di carattere gestionale; adozione di particolari
  ed  efficaci  tecnologie  o  sistemi  innovativi; disponibilita' di
  strutture  di  pronto  intervento e soccorso nell'area; adozione di
  particolari   misure   di   allertamento   e   protezione  per  gli
  insediamenti  civili;  adozione  da  parte del gestore delle misure
  tecniche  complementari  ai  sensi  dell'articolo  14, comma 6, del
  decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
 
          Note

          (1)La  formulazione  del  presente allegato tiene conto dei
          due  diversi  approcci tecnico-scientifici invalsi nell'uso
          internazionale:
          - basato su parametri deterministici, nel quale, sulla base
          di  distanze  di danno tipiche e generiche, vengono fissate
          delle  distanze  di  separazione  tra  stabilimenti  e zone
          urbanizzate;
          -  basato  sulla valutazione del rischio, nel quale vengono
          effettuate  delle  valutazioni  di  compatibilita'  tra  lo
          stabilimento  e  gli  elementi  territoriali effettivamente
          presenti,  sulla  base  del  rischio associato agli scenari
          incidentali specifici dello stabilimento in esame.
          Il   grado   di   semplificazione   insito   nell'approccio
          deterministico e la significativa rigidita' di applicazione
          indicano  l'opportunita'  della  scelta di un approccio del
          secondo tipo.
          Nell'ambito  di  tale  scelta,  tuttavia,  non  si  ritiene
          opportuno  praticare la via estrema dell'utilizzo esplicito
          e  diretto a valutazioni probabilistiche quantitative (tipo
          QRA),  esprimibili  in  termini  di  rischio  individuale e
          rischio sociale, date le incertezze insite e le difficolta'
          applicative, che ne renderebbero oneroso e aleatorio l'uso.
          Si  preferisce,  sempre  nell'ambito di un approccio basato
          sulla   valutazione   del   rischio,   ricondursi   ad  una
          metodologia   che,   pur   semplificata  e  parametrizzata,
          conduce,  con un impegno non eccessivamente oneroso, ad una
          rappresentazione  sufficientemente precisa e ripetibile del
          livello  di  rischio  rappresentato dalla specifica realta'
          stabilimento/territorio.
          Tale   approccio,  del  resto,  trova  un  ampio  riscontro
          nell'applicazione dei decreti applicativi del DPR 175/88 e,
          in particolare:
          - decreto ministeriale 15 maggio 1996 "Criteri di analisi e
          valutazione  dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi
          di gas di petrolio liquefatto (GPL)";
          -  decreto ministeriale 20 ottobre 1998 "Criteri di analisi
          e   valutazione  dei  rapporti  di  sicurezza  relativi  ai
          depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o tossici".
          Solo  nelle aree ad elevata concentrazione di stabilimenti,
          di  cui all'articolo 13 decreto legislativo 17 agosto 1999,
          n.   334,   stante   la  estensiva  significativita'  delle
          interazioni  tra  stabilimenti diversi e tra questi e certi
          elementi  territoriali,  si  rendera'  necessario,  per  la
          compiutezza  delle valutazioni, fare riferimento anche agli
          esiti  dello  studio  integrato  dell'area, necessariamente
          basato  sulla ricomposizione dei rischi ingenerati dai vari
          soggetti  e,  quindi,  su  di un approccio piu' estesamente
          probabilistico.
          Ai  fini  dell'applicazione dei criteri e delle metodologie
          indicate  nel  presente allegato si riporta, di seguito, un
          glossario  dei  termini utilizzati, ferme restando comunque
          le   definizioni  contenute  e  rubricate  dal  13  decreto
          legislativo 17 agosto 1999, n. 334:
          ELEMENTI  TERRITORIALI  E  AMBIENTALI VULNERABILI: Elementi
          del  territorio  che  -  per  la  presenza di popolazione e
          infrastrutture  oppure in termini di tutela dell'ambiente -
          sono   individuati   come   specificamente  vulnerabili  in
          condizioni di rischio di incidente rilevante.
          AREE  DI  DANNO:  Aree  generate  dalle possibili tipologie
          incidentali  tipiche  dello  stabilimento. Le aree di danno
          sono  individuate  sulla  base  di valori di soglia oltre i
          quali si manifestano letalita', lesioni o danni.
          AREE  DA  SOTTOPORRE  A  SPECIFICA  REGOLAMENTAZIONE:  Aree
          individuate e normate dai piani territoriali e urbanistici,
          con  il fine di governare l'urbanizzazione e in particolare
          di  garantire  il  rispetto di distanze minime di sicurezza
          tra  stabilimenti  ed  elementi  territoriali  e ambientali
          vulnerabili.    Le   aree   da   sottoporre   a   specifica
          regolamentazione  coincidono,  di  norma,  con  le  aree di
          danno.
          COMPATIBILITA' TERRITORIALE E AMBIENTALE: Situazione in cui
          si  ritiene  che,  sulla  base  dei  criteri  e  dei metodi
          tecnicamente  disponibili,  la distanza tra stabilimenti ed
          elementi  territoriali  e ambientali vulnerabili garantisca
          condizioni di sicurezza.
          (2)  Tali  valori sono congruenti con quelli definiti nelle
          linee  guida  di  pianificazione  di  emergenza esterna del
          Dipartimento  della Protezione Civile e con quelli definiti
          nel decreto ministeriale 15 maggio 1996 "Criteri di analisi
          e   valutazione  dei  rapporti  di  sicurezza  relativi  ai
          depositi  di  gas  di  petrolio liquefatto (GPL)" e decreto
          ministeriale   20   ottobre  1998  "Criteri  di  analisi  e
          valutazione  dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi
          di liquidi facilmente infiammabili e/o tossici".
          La  necessita'  di  utilizzo  dei valori di soglia definiti
          deriva  non  solo dall'esigenza di assicurare la necessaria
          uniformita'  di  trattamento per i diversi stabilimenti, ma
          anche   per   rendere  congruenti  i  termini  di  sorgente
          utilizzati nel controllo dell'urbanizzazione con quelli per
          la pianificazione di emergenza esterna e per l'informazione
          alla popolazione.
          (3)  Le  tipologie di effetti fisici da considerare sono le
          seguenti:
          Radiazione termica stazionaria (POOL FIRE, JET FIRE)
          I  valori  di  soglia  sono  in  questo  caso espressi come
          potenza  termica incidente per unita' di superficie esposta
          (kW/mq). I valori numerici si riferiscono alla possibilita'
          di   danno   a   persone   prive  di  specifica  protezione
          individuale,   inizialmente  situate  all'aperto,  in  zona
          visibile  alle  fiamme,  e tengono conto della possibilita'
          dell'individuo,   in   circostanze   non   sfavorevoli,  di
          allontanarsi spontaneamente dal campo di irraggiamento.
          Il  valore  di  soglia  indicato per i possibili danni alle
          strutture  rappresenta  un  limite  minimo,  applicabile ad
          obiettivi   particolarmente   vulnerabili,  quali  serbatoi
          atmosferici,  pannellature in laminato plastico, ecc. e per
          esposizioni di lunga durata. Per obiettivi meno vulnerabili
          potra'   essere   necessario   riferirsi   a   valori  piu'
          appropriati  alla situazione specifica, tenendo conto anche
          della effettiva possibile durata dell'esposizione.
          Radiazione  termica variabile (BLEVE/Fireball) Il fenomeno,
          tipico  dei recipienti e serbatoi di materiale infiammabile
          pressurizzato,  e' caratterizzato da una radiazione termica
          variabile  nel  tempo  e  della durata dell'ordine di 10-40
          secondi, dipendentemente dalla quantita' coinvolta. Poiche'
          in  questo  caso  la  durata,  a  parita'  di intensita' di
          irraggiamento,  ha  un'influenza notevole sul danno atteso,
          e' necessario esprimere l'effetto fisico in termini di dose
          termica assorbita (kJ/m2)3.
          Ai  fini  del possibile effetto domino, vengono considerate
          le  distanze  massime  per  la  proiezione  di frammenti di
          dimensioni  significative,  riscontrate nel caso tipico del
          GPL.
          Radiazione termica istantanea (FLASH-FIRE)
          Considerata   la   breve   durata  dell'esposizione  ad  un
          irraggiamento significativo (1-3 secondi, corrispondente al
          passaggio  su  di  un  obiettivo  predeterminato del fronte
          fiamma  che  transita all'interno della nube), si considera
          che  effetti letali possano presentarsi solo entro i limiti
          di infiammabilita' della nube (LFL).
          Eventi  occasionali  di  letalita'  possono  presentarsi in
          concomitanza  con  eventuali  sacche  isolate  e  locali di
          fiamma,   eventualmente  presenti  anche  oltre  il  limite
          inferiore   di   infiammabilita',   a  causa  di  possibili
          disuniformita'  della  nube;  a  tal  fine si puo' ritenere
          cautelativamente  che  la zona di inizio letalita' si possa
          estendere fino al limite rappresentato da 1/2 LFL.
          Onda di pressione (VCE)
          Il  valore  di  soglia  preso a riferimento per i possibili
          effetti  letali  estesi  si riferisce, in particolare, alla
          letalita' indiretta causata da cadute, proiezioni del corpo
          su  ostacoli,  impatti di frammenti e, specialmente, crollo
          di  edifici  (0,3  bar); mentre, in spazi aperti e privi di
          edifici o altri manufatti vulnerabili, potrebbe essere piu'
          appropriata la considerazione della sola letalita' diretta,
          dovuta all'onda d'urto in quanto tale (0,6 bar).
          I limiti per lesioni irreversibili e reversibili sono stati
          correlati  essenzialmente  alle  distanze  a  cui  sono  da
          attendersi  rotture  di  vetri  e  proiezione  di un numero
          significativo   di   frammenti,   anche  leggeri,  generati
          dall'onda  d'urto.  Per quanto riguarda gli effetti domino,
          il  valore  di soglia (0,3 bar) e' stato fissato per tenere
          conto  della  distanza  media di proiezione di frammenti od
          oggetti  che  possano provocare danneggiamento di serbatoi,
          apparecchiature, tubazioni, ecc.
          Proiezione di frammenti (VCE)
          La  proiezione  del  singolo  frammento,  eventualmente  di
          grosse  dimensioni,  viene considerata essenzialmente per i
          possibili  effetti  domino  causati  dal  danneggiamento di
          strutture  di  sostegno  o dallo sfondamento di serbatoi ed
          apparecchiature.
          Data    l'estrema    ristrettezza   dell'area   interessata
          dall'impatto   e   quindi  la  bassa  probabilita'  che  in
          quell'area  si trovi in quel preciso momento un determinato
          individuo,   si  ritiene  che  la  proiezione  del  singolo
          frammento  di grosse dimensioni rappresenti un contribuente
          minore  al rischio globale rappresentato dallo stabilimento
          per il singolo individuo (in assenza di effetti domino).
          Rilascio tossico
          Ai  fini  della  valutazione  dell'estensione delle aree di
          danno  relative  alla  dispersione di gas o vapori tossici,
          sono stati presi a riferimento i seguenti parametri tipici:
          -  IDLH  ("Immediately Dangerous to Life and Health": fonte
          NIOSH/OSHA):  concentrazione  di sostanza tossica fino alla
          quale  l'individuo  sano,  in  seguito ad esposizione di 30
          minuti, non subisce per inalazione danni irreversibili alla
          salute  e  sintomi  tali  da  impedire  l'esecuzione  delle
          appropriate azioni protettive.
          -  LC5O  (30min,hmn):  concentrazione  di sostanza tossica,
          letale  per  inalazione  nel 50% dei soggetti umani esposti
          per 30 minuti.
          Nel  caso  in cui siano disponibili solo valori di LC5O per
          specie non umana e/o per tempi di esposizione diversi da 30
          minuti,  deve  essere effettuata una trasposizione ai detti
          termini di riferimento mediante il metodo TNO.
          Si  rileva  che  il tempo di esposizione di 30 minuti viene
          fissato  cautelativamente  sulla  base della massima durata
          presumibile   di   rilascio,   evaporazione  da  pozza  e/o
          passaggio   della   nube.   In   condizioni  impiantistiche
          favorevoli  (ad  esempio,  sistema di rilevamento di fluidi
          pericolosi con operazioni presidiate in continuo, allarme e
          pulsanti  di  emergenza  per  chiusura  valvole,  ecc.) e a
          seguito  dell'adozione  di  appropriati sistemi di gestione
          della  sicurezza, come definiti nella normativa vigente, il
          gestore  dello stabilimento puo' responsabilmente assumere,
          nelle    proprie    valutazioni,   tempi   di   esposizione
          significativamente  diversi; ne consegue la possibilita' di
          adottare  valori  di  soglia corrispondentemente diversi da
          quelli di Tabella 2.
          (4)   Decreto   Ministero  dell'Ambiente  15  maggio  1996,
          "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza
          relativi  ai depositi di gas e petrolio liquefatto G.P.L.),
          pubblicato  nel  S.O. n. 113 alla Gazzetta Ufficiale n. 159
          del 9 luglio 1996.
          Decreto  Ministero  dell'Ambiente 20 ottobre 1998, "Criteri
          di analisi e valutazione dei rapporti sicurezza relativi ai
          depositi  di  liquidi facilmente infiammabili e/o tossici),
          pubblicato  nel  S.O. n. 188 alla Gazzetta Ufficiale n. 262
          del 9 novembre 1998.
          (5)  Per  valutare  gli interventi di bonifica e ripristino
          ambientale   dei  siti  inquinati,  a  seguito  dell'evento
          incidentale,  si  deve  fare  riferimento,  attualmente, al
          decreto  ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, "Regolamento
          recante  criteri,  procedure  e  modalita'  per la messa in
          sicurezza,  la bonifica e il ripristino ambientale dei siti
          inquinati, ai sensi dell'art. 17 del d.Lgs 5 febbraio 1997,
          n.  22, e successive modificazioni e integrazioni", nonche'
          del   decreto   legislativo   11   maggio   1999,   n.  152
          "Disposizioni  sulla tutela delle acque dall'inquinamento e
          recepimento   della  direttiva  91/271/CEE  concernente  il
          trattamento  delle  acque  reflue  urbane e della direttiva
          91/676/CEE    relativa    alla   protezione   delle   acque
          dall'inquinamento  provocato  dai  nitrati  provenienti  da
          fonte agricola".