(all. 1 - art. 1)
                                                             Allegato
                   Al Presidente della Repubblica
    Il  consiglio  comunale  di  Portici  (Napoli),  rinnovato  nelle
consultazioni  amministrative  del  16 aprile 2000, presenta forme di
condizionamento   da   parte   della  criminalita'  organizzata,  che
compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' degli organi
elettivi,  il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento
dei  servizi,  con grave pregiudizio per lo stato dell'ordine e della
sicurezza pubblica.
    Invero,   a   seguito   di   rilevate   interferenze  nella  vita
amministrativa  dell'ente da parte della criminalita' organizzata, il
cui  territorio  e'  stato  teatro  di ripetuti ed inquietanti eventi
delittuosi  a causa delle lotte fra clan camorristici, il prefetto di
Napoli,  in  data  16 gennaio  2002,  ha  disposto l'accesso ai sensi
dell'art.  1,  comma  4,  del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629,
convertito  nella  legge  12  ottobre  1982,  n.  726,  e  successive
modificazioni  ed  integrazioni,  per  gli  accertamenti  di rito. Il
relativo  incarico  e'  stato  prorogato con successivi provvedimenti
prefettizi  del 13 marzo e del 10 maggio 2002, con scadenza finale al
18 giugno 2002.
    Muovendo gli accertamenti dall'ordinanza di custodia cautelare in
carcere  emessa  dal  GIP  di  Napoli il 20 novembre 1998 a carico di
alcuni  esponenti  mafiosi,  la  relazione  commissariale  conclusiva
dell'accesso,  cui  si  rinvia  integralmente,  evidenzia  in termini
preoccupanti l'emergere di ipotesi di infiltrazioni e condizionamenti
da  parte  della criminalita' organizzata sull'apparato burocratico e
sugli  organi  elettivi  in carica nell'ente, ininterrottamente dal 9
giugno  1996  ad oggi, ad eccezione di un brevissimo periodo, durante
il  quale  l'ente e' stato gestito da un commissario prefettizio, per
effetto delle dimissioni presentate dalla maggioranza dei consiglieri
comunali.
    Le risultanze degli accertamenti svolti dal collegio ispettivo al
fine  di  verificare,  anche alla luce di quanto delineato nel citato
provvedimento cautelare, la regolarita' dell'attivita' amministrativa
dell'ente  durante  la  successiva gestione del riconfermato sindaco,
contraddistinta  anche dalla rielezione nella carica dalla prevalenza
dei  consiglieri, hanno infatti avvalorato il sospetto dell'esistenza
del condizionamento camorristico nell'azione amministrativa.
    In  particolare,  le predette indagini giudiziarie hanno messo in
luce  collegamenti  risalenti  alla  passata  consiliatura tra alcuni
amministratori ed il clan criminale dominante che, attraverso imprese
proprie  o  comunque  ad esso contigue, si era aggiudicato la maggior
parte  dei  lavori  pubblici,  garantendo  l'appoggio  del  candidato
sindaco alle precedenti elezioni.
    L'ingerenza negli affari dell'ente e la strumentalizzazione delle
scelte amministrative risulta favorita da una fitta ed intricata rete
di  parentele,  affinita',  amicizie e frequentazioni che lega alcuni
amministratori  e  dipendenti  comunali a personaggi gravitanti nella
sfera della criminalita' organizzata.
    Dagli accertamenti condotti nei confronti degli amministratori e'
risultato,  altresi', che numerosi di essi sono gravati da pregiudizi
penali,   alcuni   dei   quali   per   reati   contro   la   pubblica
amministrazione.
    Anche  l'apparato burocratico costituisce tramite per l'ingerenza
dei    clan    malavitosi   negli   affari   dell'ente   e   per   la
strumentalizzazione   delle   scelte   amministrative,  tenuto  conto
dell'alta  percentuale  di dipendenti che annoverano gravi precedenti
per contrabbando, ricettazione, gioco d'azzardo, traffico, produzione
e  spaccio  di sostanze stupefacenti, attivita' illegali notoriamente
gestite   dalla   camorra.   Inoltre,   un  dipendente  e'  risultato
strettamente  imparentato con affiliati ai clan dominanti ed un altro
fiancheggiatore  delle organizzazioni criminali, piu' volte segnalato
in compagnia di noti pregiudicati.
    Significativa    e'   l'inerzia   o   la   tardivita'   dell'ente
nell'adozione  dei provvedimenti disciplinari nei confronti di alcuni
dipendenti condannati.
    Emerge, in proposito, che solo con significativo ritardo e' stato
avviato  il  procedimento  disciplinare  a  carico  di un dipendente,
parente  di  un  elemento  di  spicco  della criminalita', rimasto in
servizio,  nonostante  fosse stato condannato con sentenza passata in
giudicato   ed   interdetto  in  perpetuo  dai  pubblici  uffici.  Il
procedimento  disciplinare  si  e'  poi  estinto  per  decorrenza dei
termini  perentori  ed  il  dipendente,  a  distanza  di tempo e dopo
inequivocabili   tortuosita'   procedimentali,  e'  stato  destituito
soltanto per la ineludibilita' della interdizione perpetua.
    Nel   contesto   dei   rapporti   collusivi   intercorrenti   tra
l'amministrazione  comunale  ed  i  clan malavitosi locali, rileva la
vicenda   relativa  all'acquisizione,  da  parte  del  comune,  nella
precedente  consiliatura,  di  un'area  di  cui  era proprietaria una
societa'  i  cui  soci  risultano  essere  parenti di un affiliato ad
un'associazione   camorristica   locale,   che  avrebbe  intrattenuto
rapporti  indiretti,  tramite altri soggetti coinvolti in indagini di
Polizia, con il sindaco. Rilevano, al riguardo, la circostanza che il
sindaco era stato tenuto al corrente dalla prefettura dei rapporti di
stretta parentela intercorrenti tra gli amministratori della ditta ed
il predetto camorrista, nonche' l'impegno finanziario particolarmente
oneroso, derivatone a carico dell'amministrazione locale.
    Altra questione sintomatica, ai fini del supposto condizionamento
della   criminalita'   organizzata   nella   gestione  amministrativa
dell'ente,  e'  quella  relativa all'appalto del servizio di nettezza
urbana.  Detto  servizio  era  stato  affidato  ad  una  associazione
temporanea  di  imprese  nel  corso  della  precedente  consiliatura;
successivamente  il  comune  aveva rescisso il contratto a seguito di
segnalazione  dalla prefettura di possibili condizionamenti criminosi
a  carico  di  una  delle  societa'  partecipanti, riconducibili alla
presenza,  nell'organigramma aziendale, di un elemento, rivestente la
carica  di direttore, con precedenti per associazione a delinquere di
stampo mafioso, ritenuto affiliato ad un capo clan.
    Indetta   una   nuova   gara,  l'amministrazione  ha  aggiudicato
nuovamente l'appalto alla stessa societa' gia' oggetto di informativa
antimafia.  L'accertamento  ispettivo,  conseguentemente  disposto ai
sensi  dell'art.  14  del  decreto-legge  13  maggio  1991,  n.  152,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, ha
posto  in evidenza l'anomalia dell'aggiudicazione ad un'impresa, mera
trasformazione di quella il cui contratto era stato rescisso.
    Anche  in  altri  appalti  di servizi e di forniture pubbliche la
commissione  di  accesso  ha  rilevato la commistione tra l'ente e la
criminalita'  organizzata  sia in relazione all'affidamento a ditte i
cui  titolari  e  dipendenti  risultano  avere  a  loro  carico gravi
pregiudizi  penali  o  di  Polizia  o  gravitare  intorno alle cosche
locali,   sia  con  riferimento  alla  irregolarita'  delle  relative
procedure di affidamento.
    Altra  anomalia  emerge  dagli  atti relativi all'affidamento del
servizio  sperimentale  di  trasporto  urbano,  sociale e scolastico,
gestione  aree  di  sosta e servizio rimozione con carro attrezzi. Il
servizio e' stato affidato, mediante gara di pubblico incanto, ad una
ditta  che  per l'espletamento dello stesso ha provveduto ad assumere
quarantaquattro  dipendenti,  alcuni  dei quali gravati da pregiudizi
penali   o   con  rapporti  di  parentela  o  di  frequentazione  con
affiliati/esponenti  del  clan dominante. Alcuni di questi sono stati
tra  l'altro  incaricati,  con  appositi  provvedimenti sindacali, di
svolgere  le  delicate funzioni di ausiliario del traffico, senza che
venisse  accertato il possesso del requisito della buona condotta. E'
stato,  inoltre,  fatto  presente che, nonostante nel contratto fosse
stato  espressamente  escluso il tacito rinnovo della concessione del
servizio, l'amministrazione lo ha prorogato per ben due volte.
    In  ordine  all'appalto  del  servizio di pulizia delle strutture
scolastiche   e   comunali   e   delle   aree   pubbliche,  e'  stato
preliminarmente  rilevato  come  esso sia risultato ininterrottamente
affidato  dal  1999  alla  stessa ditta. L'attuale amministrazione ha
provveduto   a  deliberare  l'indizione  di  una  gara  pubblica  per
pervenire ad un nuovo affidamento; nel frattempo, pero', ha prorogato
l'affidamento  per  sei  mesi alla stessa associazione di imprese, di
cui  e'  capogruppo una societa' a carico della quale, dagli elementi
acquisiti,  e' emerso che l'amministratore unico e' nipote di persona
di  grande  rilievo criminale, condannata, con sentenza irrevocabile,
per  associazione  a  delinquere  di  stampo mafioso, con rapporti di
frequentazione,  insieme  al fratello, di persone fortemente contigue
alla criminalita' organizzata.
    Anche   il   servizio   di   refezione  scolastica  e'  risultato
ininterrottamente  affidato  alla  stessa  ditta.  La  commissione di
accesso,  dopo  aver  preso  atto  che  nelle  verifiche  eseguite da
personale  dei servizi ispettivi di finanza del Ministero del tesoro,
erano  state  rilevate  incongruenze  e  ritardi  nelle  procedure di
affidamento    del   servizio,   ha   ulteriormente   accertato   che
l'amministrazione   comunale   ha   consentito  nel  tempo  modifiche
significative  delle  condizioni economiche del contratto a vantaggio
della  predetta ditta, con il consistente incremento, ad esempio, del
prezzo  unitario  dei  pasti.  E' stata messa in evidenza la connessa
circostanza  del  ferimento,  a colpi di arma da fuoco, del dirigente
comunale  che  ha  gestito la procedura di gara per l'affidamento del
servizio,  conclusasi  con  l'aggiudicazione alla medesima ditta. Con
riguardo  alla  procedura  di  indizione  di  nuova gara per gli anni
2001-2004,  e' stata messa in evidenza l'esclusione di quasi tutte le
ditte  partecipanti e l'ulteriore riconferma della ditta in questione
nell'affidamento.  Cio',  nonostante  che  il titolare della societa'
risultasse   tra   l'altro  incorso  in  numerosissime  condanne  per
violazione  delle  norme sulla disciplina igienica della produzione e
vendita  delle  sostanze alimentari e che due dipendenti risultassero
avere rapporti di affinita' con esponenti mafiosi.
    Giova,  altresi',  evidenziare che nessuna concreta iniziativa e'
stata  assunta  dalla  civica  amministrazione  per acquisire, con la
dovuta  urgenza,  al  patrimonio  comunale un immobile confiscato, ai
sensi  della  normativa  antimafia, da lungo tempo ad un esponente di
spicco   di   un  clan  locale  ed  ancora  occupato  dai  figli  del
destinatario del provvedimento giudiziario oblatorio.
    Con   riferimento   al   fenomeno   dell'abusivismo  edilizio  la
commissione ha verificato una sterile attivita' di contrasto da parte
dell'ente,  inidonea  quindi  al  concreto raggiungimento dei fini di
tutela del territorio. Infatti, non e' stata quasi mai riscontrata la
conclusione   del   rigoroso   iter   procedurale,  bensi'  un'azione
inefficace  ed  un comportamento omissivo, che, lungi dal prevenire o
contrastare   l'abusivismo,   ha   contribuito   a   rafforzare   nei
trasgressori la certezza dell'inutilita' dei provvedimenti formali di
ripristino. Hanno beneficiato di tali ritardi, in particolare, i capi
criminali  che  si  sono  resi  responsabili  di  abusi edilizi negli
immobili di loro disponibilita'.
    La penetrazione dell'attivita' criminosa nell'ente ha favorito il
consolidamento  di  un  sistema  di  connivenze  e collusioni che, di
fatto,  priva la comunita' delle fondamentali garanzie democratiche e
pone in pericolo lo stato generale della sicurezza civile.
    Il  clima  di  grave condizionamento e di evidente degrado in cui
versa   il  consiglio  comunale  di  Portici,  la  cui  capacita'  di
determinazione   risulta   assoggettata   alle  scelte  delle  locali
organizzazioni  criminali,  la  palese  inosservanza del principio di
legalita'  nella  gestione  dell'ente  e  l'uso  distorto  della cosa
pubblica,  utilizzata  per  il  perseguimento  di  fini  contrari  al
pubblico interesse, hanno minato ogni principio di salvaguardia della
sicurezza  pubblica  ed  hanno  compromesso  le legittime aspettative
della  popolazione  ad  essere  garantita nella fruizione dei diritti
fondamentali, ingenerando sfiducia nella legge e nelle istituzioni da
parte dei cittadini.
    La  descritta  condizione  di assoggettamento esige un intervento
risolutore  da  parte  dello  Stato,  mirato a rimuovere i legami tra
esponenti  dell'ente  locale  e la criminalita' organizzata, a tutela
dell'ordine e della sicurezza pubblica.
    Per   le   suesposte   considerazioni,   si   ritiene  necessario
provvedere,  con  urgenza, ad eliminare ogni ulteriore deterioramento
ed  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente,
mediante   provvedimenti   incisivi   dello   Stato   nei   confronti
dell'amministrazione comunale di Portici.
    A  tal  fine,  il  prefetto di Napoli, con relazione del 5 luglio
2002, che qui si intende integralmente richiamata, ha dato avvio alla
procedura di scioglimento del consiglio comunale di Portici, ai sensi
dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
    La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in
relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale,
rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia
determinata in diciotto mesi.
    Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni
indicate  nell'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267,  che  legittimano  lo  scioglimento  del  consiglio  comunale di
Portici  (Napoli),  si  formula rituale proposta per l'adozione della
misura di rigore.
      Roma, 5 settembre 2002
                                     Il Ministro dell'interno: Pisanu