rilascio del codice fiscale definizione della posizione contributiva presso l'INPS. La regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari e' stata autofinanziata dai versamenti dei datori di lavoro interessati. Va sottolineata la differenza sostanziale che esiste tra regolarizzazione e sanatoria. Le sanatorie del passato si limitavano a prendere in considerazione la presenza sul territorio nazionale a una certa data e riguardavano i disoccupati, garantendo loro soltanto le iscrizioni alle liste di collocamento. La regolarizzazione non si e' limitata a questo, ma ha richiesto un rapporto di lavoro reale, che e' stato fatto emergere con una domanda che e' stata presentata non dall'extracomunitario ma dal suo datore di lavoro. Il rapporto di lavoro e' stato formalizzato in un contratto di lavoro con un salario regolare: a esso si e' collegata la regolarizzazione contributiva, l'assistenza sanitaria, e un contesto di sicurezza, perche' a ciascuno sono stati effettuati i rilievi fotodattiloscopici. Le piu' ottimistiche previsioni della vigilia facevano immaginare non piu' di 400 mila domande di regolarizzazione: sono state invece ben 705 mila! Pur in presenza di una serie di problemi nella fase iniziale, determinati sia dalla quantita' delle domande sia dalla oggettiva difficolta' di leggere alcune delle istanze (qualcuna era stata compilata con caratteri cirillici e qualche altra prescindendo dalle caselle che consentono la lettura ottica), si sono poi superati questi scogli, e si puo' dire che la regolarizzazione e' alle nostre spalle: su 705 mila domande presentate i procedimenti conclusi sono poco meno di 650 mila; la stragrande maggioranza si riferiscono a contratti gia' definiti, mentre una esigua minoranza di persone che hanno perso il lavoro hanno avuto il permesso di soggiorno temporaneo per trovarne un altro. Le istanze respinte per le ragioni piu' varie sono una percentuale ridottissima rispetto all'insieme: all'incirca 25 mila rigetti. Tutto questo e' stato fatto in un anno, senza file al momento della presentazione della domanda (in virtu' della convezione con Poste Italiane, che ha consentito di distribuire le istanze sull'intero territorio nazionale attraverso i 14 mila uffici postali, qualcosa di piu' rispetto alle 103 Questure), e senza file anche al momento della formalizzazione; tutti sono stati ben lieti di essere convocati in Prefettura, a giorno e a orario fisso, e di avere, sempre in Prefettura, in una sola occasione definito i vari adempimenti: non soltanto la sottoscrizione del contratto di lavoro, ma pure, come si diceva, la regolarizzazione contributiva, sanitaria e fiscale. L'ultima sanatoria era durata due anni e mezzo con 250 mila domande, lasciando una coda di 35 mila pratiche inevase; l'attuale regolarizzazione, con un carico di 705 mila domande e con un lavoro molto piu' impegnativo, si e' conclusa in un anno. Le istanze presentate Le istanze di regolarizzazione presentate in tutta Italia sono state 705.138 di cui 343.616 riguardanti "colf e badanti" e 361.522 gli altri lavoratori subordinati. Roma (107.282), Milano (87.080), Napoli (36.973), Torino (36.044) e Brescia (24.405) sono le cinque province con il maggior numero di domande per un totale di 291.784. Seguono: Firenze (17.133), Caserta (14.945), Bergamo (14.007), Padova (13.347), Bologna (12.979) Verona (12.853), Treviso (11.786), Salerno (11.758), Genova (10.994), Vicenza (10.815), Modena (10.725), Perugia (10.429), Venezia (9.440). Le province in cui sono state presentate meno di mille istanze sono: Oristano (163), Nuoro (260), Enna (266), Isernia (301), Caltanissetta (534), Trapani (634) Brindisi (521), Sondrio (632), Aosta (684), Campobasso (853), Agrigento (891) e Matera (950). Le regioni nelle quali sono state presentate piu' istanze di regolarizzazione sono la Lombardia (159.144), il Lazio (124.344), la Campania (68.487), il Veneto (61.500), il Piemonte (57.528), l'Emilia Romagna (57.171) e la Toscana (50.849); quelle dove sono state presentate meno istanze: il Molise (1.114), la Basilicata (2.467), la Sardegna (3.206) e il Trentino Alto Adige (5.556). Per quanto concerne le nazionalita' degli stranieri per i quali e' stata presentata istanza di regolarizzazione, si evidenzia il primato di richieste di extracomunitari provenienti da Paesi dell'est europeo: Romania (143.500), Ucraina (106.647), Albania (54.918). Seguono il Marocco (53.986), l'Ecuador (36.539), la Cina Popolare (35.310), la Polonia (34.173). Altri Paesi tradizionalmente presenti nei primi posti della graduatoria degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia si attestano su posizioni intermedie: Filippine (11.725), Tunisia (9.604), Sri Lanka (7.552), Jugoslavia (6681). Primi dieci paesi con maggior numero di cittadini cui e' stato rilasciato un permesso di soggiorno in seguito alla regolarizzazione (Ministero dell'interno. Rilevazione al 28 luglio 2004) ===================================================================== | Totale | | di cui per | | permessi | di cui per | lavoro |Colf/badanti | rilasciati |colf/badanti | subordinato | in % ===================================================================== Romania | 134.039| 60.937| 73.102| 45,5 --------------------------------------------------------------------- Ucraina | 100.789| 85.171| 15.618| 84,5 --------------------------------------------------------------------- Marocco | 47.620| 8.808| 38.812| 18,5 --------------------------------------------------------------------- Albania | 47.548| 10.300| 37.248| 21,7 --------------------------------------------------------------------- Ecuador | 34.083| 24.006| 10.077| 70,4 --------------------------------------------------------------------- Cina | 33.301| 5.472| 27.829| 16,4 --------------------------------------------------------------------- Polonia | 30.401| 23.163| 7.238| 76,2 --------------------------------------------------------------------- Moldavia | 29.443| 21.778| 7.665| 74,0 --------------------------------------------------------------------- Peru' | 16.117| 12.843| 3.274| 79,7 --------------------------------------------------------------------- Egitto | 15.074| 454| 14.620| 3,0 --------------------------------------------------------------------- Altre | | | | nazionalita' | 153.184| 62.257| 90.927| 40,6 --------------------------------------------------------------------- Totale | | | | permessi | | | | rilasciati | 641.599| 315.189| 326.410| 49,1 --------------------------------------------------------------------- Stranieri per| | | | i quali sono | | | | state | | | | presentate | | | | domande | 693.928| 333.731| 360.197| 48,1 ----> VEDERE TABELLA A PAG. 59 DELLA G.U. <---- Il numero delle istanze presentate e' risultato leggermente superiore a quello delle persone per le quali e' stata presentata domanda, visto che piu' datori di lavoro potevano presentare una istanza per lo stesso lavoratore (tipicamente una colf che lavorava a meta' tempo con due datori di lavoro diversi). Sono stati rilasciati 641.599 permessi di soggiorno, principalmente a cittadini rumeni, ucraini, marocchini e albanesi. Il Ministero dell'interno ha provveduto a dare pieno adempimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 78 del 10 febbraio 2005. Tale sentenza ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'automatico rigetto dell'istanza di regolarizzazione di lavoratori extracomunitari presentate nel 2002 in base alla sola presenza di una denuncia per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale prevedono l'arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza. Con nota del 4-3-2005 il Ministero dell'interno ha dato indicazione ai prefetti che e' opportuno procedere al riesame, in via di autotutela, dei provvedimenti di rigetto delle istanze di regolarizzazione in conformita' e nei limiti della sentenza costituzionale in oggetto, sia nei procedimenti giurisdizionali pendenti, dandone nel contempo tempestiva comunicazione alla competente Avvocatura dello Stato, ai fini della cessazione della materia del contendere, sia in relazione ad eventuali istanze di riesame e/o diffide. 2.17) Lotta alla tratta di esseri umani e al traffico di clandestini. L'azione innovativa, avviata gia' nel 1998 dal Governo italiano in materia di tratta di esseri umani a fini di sfruttamento, e' stata ulteriormente approfondita dalla recente pubblicazione della legge 11 agosto 2003, n°228 "Misure contro la tratta di persone"; che va ad affiancarsi ed a rafforzare il dettato dell'art. 18 del T.U. sull'Immigrazione, che prevede, come noto, la concessione di uno speciale permesso di soggiorno temporaneo alle vittime che intendono sottrarsi allo sfruttamento, permettendo loro di partecipare a specifici programmi individuali di recupero ed integrazione sociale in Italia. La legge 228/2003 riscrive l'art. 601 del c.p., definendo piu' puntualmente la fattispecie di reato denominata "tratta di persone", aumentandone contestualmente la pena minima edittale da 5 a 8 anni di reclusione. La nuova legge ha equiparato la fattispecie in esame ai delitti di mafia evidenziandone cosi' la gravita' e l'efferatezza e applicando le disposizioni relative alla confisca dei patrimoni, alle operazioni sotto copertura e al coordinamento delle indagini da parte della direzione nazionale anti-mafia. Inoltre la legge istituisce, accanto ad uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati previsti dagli art. 600 e 601 del c.p. ("riduzione o mantenimento in schiavitu' o in servitu'" e "tratta di persone"), anche delle specifiche azioni di prevenzione finanziabili su di un apposito Fondo per le misure anti-tratta. Soffermandosi sulla dimensione transnazionale del fenomeno e sottolineando l'importanza della cooperazione internazionale per una piu' efficace azione di prevenzione, l'art. 14 della legge impegna il Dipartimento per le pari opportunita' e il Ministero degli esteri a promuovere incontri e campagne di informazione, anche nei paesi di provenienza delle vittime del traffico. In vista delle medesima finalita', la norma prevede, inoltre, che il Dipartimento per le pari opportunita', unitamente al Ministero dell'interno, al Ministero della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali, organizzi corsi di formazione degli operatori impegnati nella lotta alla tratta. Tali iniziative saranno inserite fra gli impegni programmatici del Dipartimento per le pari opportunita' per il prossimo triennio. Il Ministero dell'interno e il Ministro per le pari opportunita', ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, stanno portando avanti una serie di misure nel campo della lotta alla tratta. Il Ministero dell'interno ha promosso ed avviato, negli ultimi anni, alcuni progetti innovativi allo scopo di attuare misure di intervento finalizzate, non solo a fornire un concreto sostegno alla repressione del fenomeno criminale, ma anche a realizzare azioni di prevenzione e di aiuto alle vittime della tratta. Tali progetti sono finalizzati a facilitare, da un lato, il ritorno volontario in patria delle vittime di tratta - che, nel percorso di uscita dello stato di sfruttamento in cui versano, collaborano con le forze dell'ordine all'individuazione ed alla cattura dei propri sfruttatori - e dall'altro a concorrere, in collaborazione con le autorita' dei Paesi di origine - puntando in particolar modo a fornire una attenta e mirata informazione preventiva sui rischi legati all'immigrazione clandestina - a creare le necessarie condizioni di tutela delle potenziali vittime. In particolare tali iniziative sono: Progetto nazionale per assicurare il ritorno volontario assistito e la reintegrazione nel paese di origine delle vittime della tratta, finanziato per il secondo anno consecutivo, dal Dipartimento per le pari opportunita' della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sul Fondo nazionale previsto dall'art. 18 del D.Lgvo 286/98 e confermato dalla nuova L. 189/2002. Questa iniziativa, che, sulla base di uno specifico programma individuale, elaborato tenendo conto delle capacita' e delle aspettative del beneficiario, prevede il reinserimento sociale lavorativo e familiare delle vittime di tratta nel paese di origine, assicura alle stesse oltre alla assistenza medica, legale e psicologica, l'avvio a corsi di formazione scolastica e/o professionale ed a percorsi di inserimento o reinserimento lavorativo sostenuti dalla concessione di una indennita' di prima accoglienza e di due borse lavoro. Il progetto ha consentito, fino ad ora, di provvedere al rimpatrio ed all'assistenza di oltre 110 vittime di tratta. Si sottolinea la rilevanza del contributo fornito dalle beneficiarie del programma, alle forze dell'ordine nella lotta contro i trafficanti, mediante le denunce sporte contro i propri sfruttatori. Progetto Prevenzione Tratta Nel dicembre 2003 si e' conclusa anche l'iniziativa finalizzata ad avviare, nei paesi di origine delle vittime di tratta, specifiche attivita' mirate a prevenire il fenomeno. Tali paesi sono in particolare: la Romania, l'Albania, la Moldavia e l'Ucraina. Le attivita' realizzate in ciascuno di essi hanno riguardato, in particolare: a) la realizzazione di una campagna di informazione sui media locali attraverso la messa in onda di filmati, imperniati su testimonianze dirette, finalizzati ad informare le potenziali vittime sui rischi legati alla immigrazione illegale; b) incontri pubblici di sensibilizzazione, in particolare nelle scuole, sui temi dell'immigrazione con particolare riguardo alla tratta; c) l'organizzazione di tavoli di lavoro comuni con rappresentanti italiani e autorita' locali, finalizzati a stimolare forme di cooperazione continuativa per prevenire e combattere la tratta di esseri umani. d) convegno nazionale, svoltosi a Roma il 21 novembre 2003, per la presentazione dei risultati conseguiti dall'iniziativa. Il Progetto e' realizzato sulla base dei finanziamenti previsti dalla L. 212/92 (Collaborazione con i Paesi dell'Europa centrale ed orientale). In considerazione degli ottimi risultati gia' ottenuti e del rilievo assunto a livello internazionale ed europeo dalle iniziative suindicate - quali modelli innovativi nella lotta contro la tratta di esseri umani - il Ministero dell'interno si sta adoperando affinche' le stesse possano assumere carattere di continuita' e continuare anche negli anni 2004/2006. La strategia di contrasto al fenomeno della tratta degli esseri umani, adottata dal Dipartimento per le pari opportunita', persegue una duplice finalita': quella di rafforzare le misure repressive nei confronti dei trafficanti e quella di sostenere le vittime del reato, favorendone l'integrazione sociale e lavorativa nel nostro Paese. Particolare importanza hanno le disposizioni normative volte a garantire alle vittime del traffico assistenza e protezione sociale. Per consentire alle persone offese di affrancarsi effettivamente dalla condizione di sfruttamento cui sono state sottoposte, e' indispensabile offrire loro percorsi alternativi di sostegno, di informazione e di orientamento, cui si dedica in particolare il Dipartimento per le pari opportunita'. A tal fine, la legge 11 agosto 2003, n°228, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il gia' citato Fondo per le misure anti-tratta - nel quale confluiscono le somme stanziate dall'art. 18 del testo unico dell'immigrazione, nonche' i proventi della confisca ordinata a seguito di sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti - destinato al finanziamento dei programmi di assistenza e di integrazione sociale, in favore delle vittime del traffico, nonche' delle altre finalita' di protezione previste dal citato art. 18. Come e' noto, la norma prevede la concessione di uno speciale permesso di soggiorno per consentire agli stranieri vittime del traffico, di sottrarsi alla violenza o allo sfruttamento cui risultano sottoposti, e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale. Ad una Commissione interministeriale, istituita nel 1999 presso il Dipartimento per le pari opportunita', e' stato attribuito il preciso compito di indirizzo, controllo e programmazione delle risorse, ora confluite nel nuovo Fondo, per l'attuazione dei progetti. Con decreto del 23 novembre 1999 il Ministro per le pari opportunita' ha individuato le due tipologie di programmi finanziabili: i programmi di protezione sociale, finalizzati ad assicurare un percorso di assistenza e protezione alle vittime della tratta; le azioni di sistema, dirette a supportare i programmi di protezione con iniziative di sensibilizzazione, indagini e ricerche sull'andamento del fenomeno, attivita' formative per gli operatori, attivita' di assistenza tecnica e monitoraggio dei progetti. Importante azione di sistema concerne il progetto di rimpatrio volontario assistito per le donne vittime del traffico, coordinato dal Ministero dell'interno con l'assistenza dell'OIM di cui si e' gia' detto. Un'altra iniziativa che si e' rivelata utile per avvicinare le vittime di questo terribile mercato alle istituzioni, e' stata l'attivazione di un Numero Verde - che restera' operativo per il prossimo triennio - composto da una postazione nazionale e da 14 postazioni locali. Tali postazioni, dislocate in diverse macro aree a carattere regionale e interregionale, realizzano con i progetti di protezione sociale una rete di intervento coordinata a livello locale, unica nel suo genere. L'insieme dei progetti di protezione sociale attualmente in campo realizza una rete di intervento efficace e offre alle persone vittime del traffico reali opportunita' di affrancamento e di integrazione nel tessuto sociale italiano. Si tratta di servizi diversificati ma integrati: le unita' di strada; gli sportelli di informazione e consulenza a livello sanitario, legale, sociale, psicologico; le misure di accoglienza diversificate. Si sottolinea che il rilascio del permesso di soggiorno e il conseguente inserimento nel programma, non e' subordinato alla collaborazione con gli inquirenti o alla presentazione di una denuncia da parte dello straniero che desidera affrancarsi, ritenendosi sufficiente il tentativo di quest'ultimo di sottrarsi ai condizionamenti della organizzazione criminale. La scelta fatta in tal senso dal legislatore non solo assicura alle vittime una tutela reale e completa ma, al contempo, favorisce il contrasto alla criminalita' organizzata, in quanto si ritiene che le persone che vengono inserite nel percorso di recupero sociale possano fornire un quadro informativo utile all'azione investigativa. Considerati i risultati raggiunti, si intende proseguire la strada intrapresa promuovendo ulteriori iniziative e cioe': intensificare l'attivita' di monitoraggio dei programmi e delle azioni di sistema avviati; creare, in modo sistematico, occasioni di confronto con la Magistratura e le forze di polizia che operano sia in Italia che all'estero; prospettare possibilita' di integrazione tra le fonti di finanziamento nazionali ed europee; intensificare la collaborazione con i Paesi di origine e non soltanto per promuovere campagne di informazione sui rischi connessi con l'immigrazione non controllata, ma anche per promuovere interventi di sviluppo locale in grado di incidere sulle cause di questo fenomeno criminoso. Favorire in sede di programmazione degli "avvisi" il coinvolgimento del terzo settore, del volontariato e degli enti religiosi ----> VEDERE TABELLA A PAG. 62 DELLA G.U. <---- | Avviso 1| Avviso 2 --------------------------------------------------------------------- | Marzo 2000-febbraio| Periodo | 2001|Marzo 2001-marzo 2002 --------------------------------------------------------------------- Numero di progetti | | approvati | 49| 47 --------------------------------------------------------------------- Numero di soggetti | | accompagnati ai vari | | servizi sociali (dopo | | il primo contatto) | 5577| 8801 --------------------------------------------------------------------- di cui presso | | strutture sanitarie | | 6671 --------------------------------------------------------------------- Di cui consulenza | | legale | | 1235 --------------------------------------------------------------------- Consulenza | | psicologica | | 865 --------------------------------------------------------------------- Altro | | 40 --------------------------------------------------------------------- Num soggetti inseriti | | nei progr. di protez | | sociale | 1755| 1836 --------------------------------------------------------------------- Numero di permessi di | | soggiorno ottenuti | 833| 1062 --------------------------------------------------------------------- Numero di soggetti che | | hanno partecipato a | | corsi di orientamento | | formativo/lavorativo | | --------------------------------------------------------------------- Corsi di formazione | 87| --------------------------------------------------------------------- Corsi di | | alfabetizzazione lingua| | italiana | 330| --------------------------------------------------------------------- Assegnazione borse di | | studio | 347| --------------------------------------------------------------------- Tutorship guidate in | | azienda | 135| --------------------------------------------------------------------- Corsi di formazione | | professionale | | 537 --------------------------------------------------------------------- corsi di formazione | | scolastica | | 552 --------------------------------------------------------------------- Borse lavoro | | 395 --------------------------------------------------------------------- Avviati al lavoro | | 944 --------------------------------------------------------------------- di cui agricoltura | | 20 --------------------------------------------------------------------- industria | | 214 --------------------------------------------------------------------- commercio (rist/ | | artig) | | 204 --------------------------------------------------------------------- turismo | | 108 --------------------------------------------------------------------- servizi alle imprese | | 78 --------------------------------------------------------------------- istruzione, sanita' | | 23 --------------------------------------------------------------------- servizi alle persone | | (collaborazioni | | domestiche) | | 297 Fonte: Ministro per le pari opportunita', iniziative ex Art. 18 D.lgs 286/98 2.18) Gli stranieri, la giustizia ed il sistema penitenziario Negli ultimi anni il numero dei detenuti extracomunitari presenti negli istituti penitenziari del Paese e' andato progressivamente aumentando, anche se il dato relativo all'anno 2003 ha registrato una lieve diminuzione rispetto all'anno precedente. Nello specifico negli anni 2000/2003 i detenuti complessivamente presenti sono stati: Detenuti complessivamente presenti negli Istituti Penitenziari ===================================================================== | Detenuti | Detenuti | Totale | Detenuti | stranieri | italiani | detenuti |stranieri in % ===================================================================== 31.12.2000| 15.582| 37.583| 53.165| 29,3 --------------------------------------------------------------------- 31.12.2001| 16.294| 38.981| 55.275| 29,5 --------------------------------------------------------------------- 31.12.2002| 16.788| 38.882| 55.670| 30,2 --------------------------------------------------------------------- 30.06.2003| 16.636| 39.767| 56.403| 29,5 Fonte: "Rapporto Mensile sulla popolazione penitenziaria" pubblicato dall'Ufficio per lo sviluppo e la gestione del Sistema Informativo Automatizzato - Sezione Statistica. Attualmente pertanto la percentuale degli stranieri presenti nelle strutture penitenziarie italiane si aggira intorno ad un terzo della popolazione detenuta. Aree geografiche di provenienza. Riguardo alle aree geografiche di provenienza si rappresenta che il quadro degli stranieri detenuti nelle carceri italiane e' rappresentato: -da una prevalenza di detenuti provenienti dai paesi del Nord Africa, in particolare di maghrebini (Marocco, Tunisia e Algeria sono tre tra le quattro nazionalita' in assoluto piu' frequenti), e da paesi europei non appartenenti alla UE, in particolare da Albania, ex Jugoslavia e Romania; -da una discreta presenza di detenuti sudamericani, soprattutto colombiani, cileni e venezuelani; -da una minore presenza di detenuti provenienti dagli altri paesi dell'Africa e dall'Asia. La situazione e' comunque in continua evoluzione. In particolare (dal 30.6.2002 al 30.6.2003) si e' registrato: - un lievissimo decremento dei detenuti albanesi (da 2.820 a 2.811); - un marcato incremento dei cittadini romeni (da 753 a 989) e un lieve calo di detenuti provenienti dall'attuale Jugoslavia (da 918 a 884) e dalla Croazia (da 199 a 171); - un lieve decremento di detenuti marocchini (da 3.810 a 3.692), algerini (da 1.512 a 1.334) e tunisini (da 2.066 a 1.954); - un notevole decremento dei detenuti colombiani (da 501 a 348). ----> VEDERE TABELLA A PAG. 64 DELLA G.U. <---- Lavoro dei detenuti stranieri. In via preliminare va chiarito che i detenuti ammessi al lavoro possono suddividersi in due gruppi: 1. Detenuti lavoranti alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria (Servizi interni e lavorazioni); 2. Detenuti lavoranti non alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria (artigiani, lavoranti in proprio, ammessi al lavoro all'esterno, lavoranti a domicilio, soci di cooperative). Il totale dei detenuti lavoranti rispetto ai detenuti presenti, si aggira intorno al 25% della popolazione detenuta. Dato quest'ultimo che negli ultimi anni ha mantenuto una sostanziale stabilita'. In particolare, si segnala che circa l'84 % dei detenuti lavoranti presta la propria attivita' lavorativa alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria. Nello specifico, la maggior parte di questi detenuti e' impiegata nei c.d. servizi domestici, ossia in attivita' che devono essere prestate per la vita quotidiana della comunita': addetti alle pulizie, addetti alle cucine, incaricati della distribuzione del vitto ecc. e nell'attivita' di manutenzione ordinaria del fabbricato (secondaria in ordine di importanza): elettricista, idraulico ecc., a cui sono assegnati circa il 7% dei detenuti. Accanto a queste tipologie, sussistono attivita' di lavoro organizzato su base industriale che riguarda l'8% circa della popolazione detenuta. La percentuale degli stranieri rispetto al totale dei detenuti che prestano attivita' lavorativa alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, si aggira intorno al 32 %, valore superiore alla quota di stranieri lavoranti rispetto al totale dei detenuti impegnati in attivita' lavorative che si aggira intorno al 28%. Il restante 16%, circa, dei detenuti lavoranti presta attivita' non alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria. Fanno parte di questa categoria tra gli altri i soggetti in semiliberta' e i soggetti ammessi al lavoro all'esterno ex art. 21 O.P. Per quanto riguarda gli stranieri lavoranti non alle dipendenze dell'Amministrazione (8% circa del totale di questa categoria), si registra una netta differenza rispetto alla analoga percentuale relativa ai lavoranti alle dipendenze: pari circa al 32%. 1 detenuti stranieri sono pertanto prevalentemente impegnati in quest'ultimo tipo di attivita'. Corsi professionali. La quota dei detenuti stranieri sul totale degli iscritti ai corsi che partecipa ai corsi professionali si aggira intorno al 26 %. Essi rappresentano circa il 6 % degli stranieri sul totale della popolazione detenuta. Si fa rinvio all'allegato prospetto per una ricognizione dettagliata degli stranieri che hanno partecipato a tali corsi professionali negli ultimi anni. Aspetti del trattamento dei detenuti stranieri. L'evoluzione della composizione della popolazione detenuta (sia in termini quantitativi, che in relazione alla provenienza geografica), ha comportato da parte dell'Amministrazione Penitenziaria, un rilevante sforzo di aggiornamento degli strumenti adeguati per far fronte alle svariate esigenze di tali detenuti (si pensi alla necessita' di convenzionare degli interpreti). Gli extracomunitari, infatti, spesso ignorano la lingua italiana, sono soggetti che in genere mantengono abitudini, usi, religione e regole etniche diverse dagli italiani, costituiscono, infine, una categoria di detenuti che manca di riferimenti lavorativi o parentali esterni al carcere e che quindi difficilmente riesce ad usufruire dei benefici offerti dall'ordinamento penitenziario (affidamento in prova al servizio sociale, semiliberta' ecc.). Tanto premesso, la parte del documento che segue intende offrire una panoramica dei percorsi operativi avviati dalla Amministrazione Penitenziaria negli ultimi anni, che hanno avuto come destinatari i detenuti stranieri. Le difficolta' linguistico culturali. Il primo ostacolo da superare quando si parla di rapporti con popolazioni straniere e' quello della comunicazione. Di questo problema si occupa l'art. 35 del regolamento di esecuzione del 2000(2), dedicato alle condizioni di esecuzione penale nei confronti dei detenuti e degli internati di cittadinanza straniera. La lettera di tale articolo recita testualmente: "Nell'esecuzione delle misure privative della liberta' nei confronti di cittadini stranieri, si deve tenere conto delle loro difficolta' linguistiche e delle differenze culturali. Devono essere favorite le possibilita' di contatto con le autorita' consolari del loro Paese. Deve essere favorito l'intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato". Al riguardo, tra le iniziative assunte da parte del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per ridurre le difficolta' di tipo linguistico culturale, si segnalano in particolare: 1. La realizzazione a cura del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di alcuni opuscoli, tradotti nelle lingue di maggiore diffusione tra gli stranieri detenuti nel nostro Paese (che sono stati distribuiti a tutti gli Istituti penitenziari) contenenti nello specifico: le norme dell'Ordinamento Penitenziario e del Regolamento di esecuzione; i diritti dei detenuti; per il settore sanitario, alcune informazioni sulla prevenzione delle malattie trasmissibili per via parentale e sessuale (HIV, HBV, HCV)(3). Altri depliant tradotti in diverse lingue, realizzati in alcuni Istituti Penitenziari in collaborazione con le Associazioni di volontariato e con gli Enti Locali. 2. L'implementazione delle biblioteche di alcuni istituti penitenziari dei testi maggiormente richiesti dagli immigrati: dizionari, grammatiche, testi di genere religioso, storico, narrativo, periodici. Il mediatore culturale. All'abbattimento delle barriere linguistiche potrebbe contribuire l'utilizzo della figura del mediatore culturale (gia' previsto dal T.U. sugli immigrati e dall'art. 35 R.E.O.P.), il quale potrebbe diventare una sponda reale per attivare i necessari processi di rieducazione alla legalita' e alla vita sociale. Al riguardo e' opportuno osservare che, per non turbare gli equilibri esistenti, l'utilizzo del "mediatore culturale" all'interno degli Istituti Penitenziari va tuttavia preceduto da un'attenta riflessione da parte dell'Amministrazione Penitenziaria per definirne le funzioni, le competenze, l'ambito di operativita', la formazione e le caratteristiche. Per tale ragione, negli ultimi anni sono stati promossi alcuni progetti di ricerca e di formazione che hanno contribuito a fornire un profilo piuttosto definito del mediatore culturale; sono state inoltre stipulate alcune convenzioni con agenzie accreditate di mediazione linguistico - culturale, per interventi negli istituti che vedono una massiccia presenza di detenuti extracomunitari. I progetti che sono stati gia' avviati. Al riguardo, si segnalano in particolare: 1) La convenzione tra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e il CIES - Centro di Informazione e Educazione allo Sviluppo - per l'utilizzo e l'intervento di gruppi di mediatori culturali negli Istituti Penitenziari, che ha gia' avuto attuazione negli Istituti Romani di Rebibbia e di Regina Coeli. 2) Nell'ambito dell'iniziativa Comunitaria Equal, il "Progetto mediazione linguistico culturale per l'inserimento socio lavorativo dei migranti" di cui e' promotore il C.I.E.S (Centro di Informazione e Educazione allo Sviluppo), che prevede, dopo una fase di formazione di stage, la sperimentazione del servizio di mediazione linguistico culturale, per un periodo di dodici mesi, di 30 mediatori all'interno degli Istituti Penitenziari della C.C. Milano Bollate, della C.C. Prato, degli Istituti romani di Rebibbia Nuovo complesso e Regina Coeli, della C.C. di Torino Le Vallette, dei CSSA di Milano e di Roma. Gli elementi del trattamento. Il trattamento rieducativo del condannato finalizzato al reinserimento sociale presuppone: un periodo di osservazione della personalita' del soggetto, la partecipazione alle attivita' proposte dall'amministrazione e la regolare condotta. Gli elementi del trattamento possono essere interni o esterni al carcere, interni sono principalmente: l'istruzione, il lavoro e la religione; esterni sono le misure premiali e le misure alternative. L'istruzione Particolare cura e' data dall'Amministrazione Penitenziaria alla istruzione. Per tutti i detenuti italiani e stranieri nella maggior parte degli Istituti sono organizzati corsi di scuola dell'obbligo e di addestramento professionale. In molti Istituti vi sono scuole di secondo grado ed e' favorito il compimento degli studi universitari. Per i detenuti stranieri, inoltre, in molti Istituti Penitenziari sono organizzati dei corsi di lingua italiana e dei corsi di alfabetizzazione. Il diritto di professare la propria religione. L'ordinamento Penitenziario consente a tutti i detenuti la liberta' di professare, di praticare e di istruirsi nella propria fede religiosa. Alle liberta' sopra individuate e ai correlativi diritti dei detenuti, si rapporta un dovere dell'Amministrazione di predisporre gli strumenti per renderne operativo l'esercizio. In ogni Istituto e' presente un cappellano ed e' ammesso, su richiesta dei detenuti, l'ingresso di Ministri di culto diverso da quello cattolico, inclusi in un elenco formato sulla base di intese tra il Ministro dell'interno e le rappresentanze delle varie religioni. Per le religioni per le quali lo Stato Italiano non ha stipulato apposite convenzioni, come nel caso della religione islamica, sono infine riconosciuti ai detenuti il diritto alla pratica e professione della propria fede religiosa (in particolare, ai musulmani e' garantito il diritto al vitto e il diritto di consumare i pasti dopo il tramonto nel periodo del Ramadan) e sono allestite ove possibile apposite sale per la preghiera islamica. Il lavoro. All'interno degli Istituti penitenziari il lavoro e' distribuito in maniera equa tra detenuti italiani e stranieri. Al detenuti immigrati, anche senza permesso di soggiorno, e' inoltre autorizzata l'assegnazione del Codice fiscale(4) per l'avviamento al lavoro all'esterno e l'accesso alle c.d. misure alternative. Posto che, in astratto, l'ammissione al lavoro all'esterno e' possibile, va tuttavia osservato come, in concreto, sono solo pochi i detenuti che riescono ad usufruirne, per la mancanza di relazioni sociali sul territorio e per le barriere linguistiche e culturali. Al riguardo, una soluzione che l'amministrazione Penitenziaria tenta di praticare e' quella di incrementare i rapporti con i soggetti che operano sul territorio (enti locali, associazioni di volontariato ecc.), al fine di creare una rete valida per ipotizzare percorsi lavorativi adeguati. I permessi premio e le misure alternative. Difficile per tutti i detenuti stranieri e' l'accesso ai benefici previsti dalla legge: permessi premio, affidamento in prova al servizio sociale, ecc. I principali ostacoli all'accesso alle misure premiali sono legati in particolare alle seguenti ragioni: 1) al fenomeno del c.d. "alias", che si verifica quando il detenuto ha dichiarato - al momento dell'ingresso in carcere o quando e' stato arrestato - un nome diverso da quello proprio e, quindi, sussistono difficolta' ad identificarlo ed a chiedere informazioni su di lui; per questo motivo la Magistratura di Sorveglianza spesso rigetta le richieste di misure premiali. 2 alla mancanza di riferimenti esterni: amici, famiglia alloggio. Al riguardo, una soluzione adeguata al problema dell'alloggio potrebbe essere costituita dalle case di accoglienza che attualmente non sono molte e nella maggior parte dei casi hanno pochi posti disponibili. Le azioni programmatiche Tanto premesso, si propone di intraprendere per il prossimo triennio le seguenti iniziative: 1) Per il superamento delle barriere linguistiche: I. l'utilizzo della figura del mediatore culturale nelle strutture carcerarie, soprattutto nel settore nuovi giunti e nell'area pedagogica trattamentale, per coadiuvare gli operatori penitenziari, sveltire le procedure burocratiche e facilitare da parte dei detenuti la comprensione delle leggi e delle regole di contesto; 2. l'attivazione di corsi di lingua italiana per i detenuti stranieri; 2) Per quanto riguarda le politiche del lavoro: 1. l'attivazione di corsi di formazione professionale finalizzati all'inserimento lavorativo degli stranieri (ed. formazione rientro), sia nel paese d'origine che in Italia; 2. l'incremento dei rapporti con i soggetti del territorio per ipotizzare per i detenuti stranieri percorsi lavorativi adeguati e attivita' trattamentali esterne al carcere. Piu' in generale, le politiche del lavoro per i detenuti immigrati devono, infatti, essere pensate e realizzate congiuntamente alle strategie dirette a favorire il loro reinserimento sociale. --------------------------- (2)D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230. Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della liberta'. (3)Circolare, 5513/5963 del 20/1/2000, Allegato 2 "Linee guida per la gestione delle epatiti virali in carcere (4) Circolare del Ministero della Giustizia, Interni n. 691858 del 2332993 2.19) Problematiche della giustizia minorile riguardo agli stranieri Il dato piu' generale sulla consistenza del fenomeno della criminalita' minorile in Italia, e' quello dei minorenni denunciati alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni. Il dato messo a disposizione dall'ISTAT, relativo all'anno 2001 ed e' pari a 39.785 denunce, delle quali il 22% a carico di stranieri, percentuale inferiore rispetto al picco osservato negli anni `95/98. All'interno della componente straniera e' in netto aumento l'incidenza dei minori in eta' imputabile, ossia della componente perseguibile penalmente. L'aumento delle denunce nei confronti dei minorenni stranieri imputabili, e' uno dei fattori che ha influito sull'incremento della presenza straniera nei Servizi Minorili della Giustizia, verificatosi negli ultimi dieci anni. Istituti penali per i minorenni: Nel triennio, la presenza media giornaliera e' passata complessivamente dai 474 detenuti del 2000, ai 487 del 2001, ai 470 del 2002. Rispetto a quest'ultimo valore, nel primo semestre 2003 il numero di detenuti in I.P.M. e' risultato in leggero aumento, e precisamente pari a 476 minori, (valore coincidente con quello registrato nel primo semestre 2002). La percentuale di minori stranieri rispetto al totale dei detenuti negli I.P.M., e' risultata pari al 47% negli anni 2000 e 2001, al 49% nel 2002. Nel primo semestre dell'anno 2003, invece, tale percentuale e' scesa nuovamente al 47% (il corrispondente valore nel primo semestre 2002 era pari al 49%). Centri di prima accoglienza: l'utenza nel triennio 2000-2002 e' diminuita: il numero degli ingressi registrato in tali strutture e', infatti, passato dai 3.994 del 2000, ai 3.685 del 2001, ai 3.513 del 2002. L'incidenza della componente straniera sul totale degli ingressi e' rimasta sostanzialmente invariata, risultando pari al 56% nel 2000, al 54% nel 2001 e nuovamente al 56% nel 2002. Con riferimento al primo semestre 2003, il numero complessivo dell'utenza transitata nei C.P.A., e' stato pari a 1.730 unita'; la componente straniera ha costituito il 55%. Nel confronto con il primo semestre del 2002, il numero degli ingressi non ha registrato variazioni di rilievo; risulta invece in leggero aumento la percentuale di stranieri che nel precedente periodo era stata pari al 54%. Uffici di servizio sociale per i minorenni: l'analisi dei dati relativi all'utenza evidenzia l'aumento del numero complessivo dei minori seguiti da tali Servizi (12.494 nel 2000, 13.953 nel 2001, 14.044 nel 2002) e, in particolare, l'aumento della componente straniera, la cui incidenza sull'utenza complessiva e' passata dal 9% del 2000, al 12% del 2001, al 14% del 2002. Nel primo semestre 2003, l'utenza degli U.S.S.M. e' risultata in aumento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (rispettivamente 7.730 e 7.662); e' aumentata anche la percentuale di minori stranieri passando dal 13% al 14%. Comunita': il numero complessivo dei collocamenti di minori sottoposti a provvedimento penale e' stato pari a 1.178 nell'anno 2000, a 1.339 nel 2001, a 1.326 nel 2002. E' in aumento il numero dei minori stranieri collocati in comunita'; la loro incidenza sul totale e' stata, infatti, pari al 28% nel primo anno in esame ed e' progressivamente aumentata al 31% nel 2001, al 36% nel 2002, al 40% nel primo semestre 2003. Il numero di collocamenti registrati in questo ultimo periodo e' rimasto praticamente invariato rispetto a quello del primo semestre 2002; e', invece, in aumento la componente straniera, che e' passata dal 36% al 40%. L'analisi della tipologia di reato mette in evidenza la netta prevalenza dei reati contro il patrimonio nell'utenza straniera e, in particolar modo, per quella proveniente dell'est europeo, che costituisce piu' della meta' dell'utenza straniera complessiva. Sono, invece, meno frequenti che negli italiani i reati contro la persona. Aree geografiche di provenienza A tal proposito e' utile fornire un quadro complessivo delle aree territoriali di provenienza dei minori straneri. Il gruppo proveniente dall'est europeo (soprattutto ex Jugoslavia, Romania e Albania), costituisce quello piu' rappresentato con il 59% di presenza media giornaliera registrata nel primo semestre 2003. Seguono i minorenni africani con il 36% (per lo piu' provenienti dal Marocco e dalla Tunisia), e gli asiatici con il 4% (Cina e Medio Oriente). L'analisi dei dati relativi al primo semestre 2003, evidenzia un netto aumento dei minori provenienti dalla Romania, la cui presenza media giornaliera ha raggiunto un valore pari a 40 unita', contro le 11 unita' dei 2001 e le 17 unita' del 2002. Particolarmente significativo e' il dato relativo alla distribuzione territoriale dei minori stranieri, che sono prevalentemente detenuti negli IPM del centro-nord (nell'anno 2002 il 77% dei detenuti del nord e l'82% del centro). Aspetti di carattere demografico Con riferimento agli aspetti di carattere demografico, considerando l'eta' dei detenuti, si osserva che l'utenza straniera e' piu' giovane di quella italiana (rispettivamente in media 17 e 18 anni nel 2002). Mentre per quanto riguarda la posizione giuridica la maggior parte degli stranieri e' in attesa di giudizio (81 %). Presenza minori stranieri negli Istituti penali. Come si evince dai dati statistici sopraesposti, l'incremento del numero di stranieri riguarda in particolare modo gli Istituti Penali per i Minorenni, pur essendo evidente in tutti i Servizi della Giustizia Minorile. Una spiegazione a tale fenomeno puo' essere individuata nella maggiore applicazione della misura cautelare detentiva per gli stranieri da parte della magistratura. Infatti il numero di stranieri denunciati ai quali e' applicata la misura della custodia cautelare e', in termini relativi, maggiore rispetto a quello degli italiani. A conferma di cio' si osserva che tra i motivi di uscita dai Centri di Prima Accoglienza (CPA), quello per l'applicazione della custodia cautelare rappresenta, nel 2002, il 34% del totale delle uscite con l'applicazione di una misura cautelare, valore che raggiunge il 51% considerando l'utenza straniera, contro il 18% per gli italiani. Tale fenomeno e' riconducibile alla difficolta' di progettare interventi in area penale esterna per gli stranieri. Le difficolta' che questi minori esprimono e la complessita' del lavoro che viene richiesto agli operatori, spazia dai problemi che riguardano lo stato di irregolarita', a quelli di assenza di figure parentali, problemi di identificazione e di quelli dell'irreperibilita'. Tuttavia dal 1998 (anno di avvio delle rilevazioni presso gli USSM e le Comunita) ad oggi, si registra un incremento del ricorso da parte della magistratura a misure non detentive. Linee di intervento Da quanto sopra evidenziato, si evince che nell'ultimo decennio si e' assistito ad un profondo mutamento della tipologia dell'utenza, con non poche ripercussioni sugli aspetti operativi dei Servizi Minorili della Giustizia. Nel tempo, la diversita' delle culture di appartenenza dei ragazzi, provenienti da contesti geografici estremamente differenziati, ha messo in evidenza l'esigenza di ridefinire le strategie di intervento da tempo collaudate con l'utenza italiana. Mediazione culturale Sin dagli inizi degli anni 90, anche nella Giustizia Minorile sono stati introdotti i mediatori culturali proprio al fine di promuovere una migliore integrazione dell'utenza extracomunitaria nei Servizi Minorili della Giustizia. Sulla base delle esperienze condotte negli ultimi decenni e con l'obiettivo di sancire la mediazione culturale come attivita' istituzionalmente prevista nell'ambito dei Servizi Minorili della Giustizia, e' stata predisposta una circolare, protocollo 6/2002 del 23/03/2002, volta a definire ruoli e funzioni del mediatore culturale. Quanto sopra in ottemperanza al disposto del decreto del Presidente della Repubblica 20 giugno 2000, n. 230, concernente il "Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della liberta'" che, all'articolo 35, riconosce una funzione operativa alla mediazione linguistico culturale nell'ambito del trattamento penitenziario, prevedendo che "deve essere favorito l'intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato". Alla luce del progressivo aumento dell'utenza straniera, si rendera' pertanto necessario potenziare questi servizi. Attivita' scolastica e formativa Tenuto conto, inoltre, che un aspetto fondamentale dell'intervento sui minori stranieri e' rappresentato dall'esigenza di fornire strumenti volti a facilitare il processo di inserimento sociale, rilevante importanza assumono le attivita' scolastiche e formative. Nell'ambito degli Istituti Penali per i Minorenni, forte attenzione dovra' essere dedicata, come in passato, alla contestualizzazione dei percorsi scolastici alle esigenze di tale utenza, promuovendo un'alfabetizzazione veloce e l'attivazione di percorsi di educazione non scolastici nel senso classico, ma che tengano presente le differenze della cultura di appartenenza e che siano fortemente orientati a fornire competenze ed abilita' immediatamente fruibili ed esportabili nel contesto extrapenale. Riconoscimento diritti fondamentali In merito al diritto a manifestare la liberta' religiosa, cosi' come sancito dall'art. 19 della Costituzione ed in applicazione di quanto previsto dall'art. 58 del DPR. 30/06/200, n. 230 (in particolare commi 5 e 6), all'interno degli Istituti Penali per Minorenni, e' assicurata l'assistenza religiosa anche per i minorenni di religione non cristiano-cattolica. Per quanto riguarda i precetti legati all'alimentazione, nelle tabelle vittuarie da adottare negli Istituti Penali per Minorenni, elaborate dall'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, sono previste delle specifiche variazioni di menu', per rispondere alle prescrizione alimentari legate all'appartenenza religiosa dell'utenza detenuta. Minori stranieri non accompagnati Inoltre, particolare attenzione dovra' essere posta alla problematica dei minorenni stranieri non accompagnati, per far fronte alla quale e' stata predisposta la Circolare Prot. n. 528 del 28 maggio 2003, volta a diffondere le linee guida, stabilite dal Comitato Minori Stranieri, circa l'obbligo di segnalazione allo stesso Comitato dell'ingresso o della presenza sul territorio italiano di un minorenne straniero. Progetti Il Dipartimento della giustizia minorile ha realizzato tra gli altri i seguenti progetti: Mediazione culturale, ancora in corso, in collaborazione con il CIES (Centro Italiano per l'Educazione e lo Sviluppo) e l'Associazione Andolfi. Tale progetto ha la finalita' di favorire un approccio di tipo interculturale, attraverso la realizzazione di un confronto dialettico tra culture e differenti modelli di riferimento. Minori stranieri, gia' realizzato in collaborazione con associazioni del privato sociale, Istituto Psicoanalitico per la ricerca sociale e Questure. La finalita' del progetto e' stata quella di riconoscere le modalita' tecnico operative per affrontare la presa in carico dei minori stranieri entrati nel circuito penale, con il duplice obiettivo di ridurne il disagio e favorire l'integrazione sociale. Prevenzione In occasione del semestre di Presidenza Italiana dell'Unione europea, e' stato realizzato un monitoraggio a livello europeo delle buone prassi realizzate nell'ambito degli interventi rivolti a favorire l'integrazione sociale dei minori extracomunitari. E' stata sottolineata l'esigenza di conoscere e diffondere le buone prassi come strumento volto a promuovere la circolarita' delle informazioni, attivita' che proseguiranno nello sviluppo delle azioni della Rete EUCPN. Si intende, infine, sostenere l'elaborazione di progetti alternativi alla detenzione per i minorenni stranieri, ricercando ed attivando risorse specifiche per tale tipo di utenza. Denunce alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni. Anni 1991- 2001. ===================================================================== | | Di cui: a | |Minori stranieri | | carico di | |imputabili in % | | minori |% stranieri sul | stranieri Anni|Totale denunce| stranieri | totale | denunciati ===================================================================== 1991| 44.977| 7.928| 180% | 49% --------------------------------------------------------------------- 1992| 44.788| 8.002| 18% | 46% --------------------------------------------------------------------- 1993| 43.375| 9.107| 21% | 48% --------------------------------------------------------------------- 1994| 44.326| 11.015| 25% | 51 --------------------------------------------------------------------- 1995| 46.051| 12.701| 28% | 52% --------------------------------------------------------------------- 1996| 43.975| 11.454| 26% | 50% --------------------------------------------------------------------- 1997| 43.341| 11.192| 26% | 57% --------------------------------------------------------------------- 1998| 42.107| 10.926| 26% | 65% --------------------------------------------------------------------- 1999| 43.897| 11.887| 27% | 64% --------------------------------------------------------------------- 2000| 38.963| 9.124| 23% | 71% --------------------------------------------------------------------- 2001| 39.785| 8.720| 22% | 75% Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat Ingressi e presenza negli Istituti penali per i minorenni negli anni 1991- 2002 e nel primo sem. 2003. ===================================================================== | | | % | Totale | | % | Totale | Di cui: |stranieri|detenuti | |stranieri |ingressi | di | sul |presenti | Di cui: | sul Anni |in I.P.M |stranieri| totale |in I.P.M.|stranieri| totale ===================================================================== 1991 | 1.954| 726| 37% | 356| 87| 24% --------------------------------------------------------------------- 1992 | 2.289| 797| 35% | 514| 113| 22% --------------------------------------------------------------------- 1993 | 2.314| 849| 37% | 560| 118| 21 --------------------------------------------------------------------- 1994 | 2.240| 918| 41% | 616| 140| 23% --------------------------------------------------------------------- 1995 | 2.013| 903| 45% | 551| 145| 26% --------------------------------------------------------------------- 1996 | 1.975| 882| 45% | 526| 153| 29% --------------------------------------------------------------------- 1997 | 1.888| 954| 51% | 499| 168| 34% --------------------------------------------------------------------- 1998 | 1.888| 1.004| 53% | 438| 171| 39% --------------------------------------------------------------------- 1999 | 1.876| 1.005| 54% | 426| 180| 42% --------------------------------------------------------------------- 2000 | 1.886| 1.108| 59% | 474| 223| 47% --------------------------------------------------------------------- 2001 | 1.644| 946| 58% | 487| 231| 47% --------------------------------------------------------------------- 2002 | 1.476| 846| 57% | 470| 232| 49% --------------------------------------------------------------------- 1° | | | | | | semestre | | | | | | 2003 | 812| 440| 54% | 476| 225| 47% Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat Ingressi nei Centri di prima accoglienza negli anni 1991- 2002 e nel primo semestre 2003. ===================================================================== |Totale ingressi | Di cui: di | % stranieri sul Anni | in C.P.A. | stranieri | totale ===================================================================== 1991 | 4.072| 1.902| 47% --------------------------------------------------------------------- 1992 | 4.552| 1.961| 43% --------------------------------------------------------------------- 1993 | 4.122| 1.746| 42% --------------------------------------------------------------------- 1994 | 4.085| 1.924| 47% --------------------------------------------------------------------- 1995 | 4.175| 2.239| 50100 --------------------------------------------------------------------- 1996 | 3.790| 1.838| 48% --------------------------------------------------------------------- 1997 | 4.196| 2.189| 52% --------------------------------------------------------------------- 1998 | 4.222| 2.305| 55% --------------------------------------------------------------------- 1999 | 4.248| 2.275| 54% --------------------------------------------------------------------- 2000 | 3.994| 2.250| 56% --------------------------------------------------------------------- 2001 | 3.685| 1.974| 50100 --------------------------------------------------------------------- 2002 | 3.513| 1.952| 56% --------------------------------------------------------------------- 1° semestre 2003| 1.730| 954| 55% Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat ----> VEDERE TABELLA A PAG. 73 DELLA G.U. <---- Denunce alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni di minori stranieri secondo i Paesi di provenienza. Anni 1999-2001 Paesi di provenienza Anni | 1999| 2000| 2001 Unione europea | 310| 333| 240 di cui: | | | Francia | 109| 90| 72 Germania | 109| 133| 94 Regno Unito | 8| 17| 10 Spagna | 39| 25| 26 Altri paesi europei | 8.96| 6.203| 5.525 di cui: | | | Albania | 1.254| 1.111| 1.238 Ex-Jugoslavia | 6.412| 4.032| 2.899 Romania | 1.152| 875| 1.184 Africa | 2.179| 2.102| 2.399 di cui: | | | Algeria | 416| 406| 469 Marocco | 1.534| 1.475| 1.706 Senegal | 27| 25| 32 Tunisia | 95| 103| 78 Asia | 195| 199| 272 di cui: | | | Cina Popolare | 65| 62| 48 Israele | 18| 48| 85 America | 234| 285| 283 di cui: | | | Canada | 2| 2| 1 Stati Uniti | 22| 18| 17 Brasile | 35| 63| 44 Cile | 31| 21| 24 Colombia | 21| 38| 43 Peru' | 52| 52| 46 Oceania | 2| 2| 1 di cui: | | | Australia | 2| 2| - TOTALE | 11.87| 9.124| 8.720 Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat Presenza media giornaliera negli Istituti penali per i minorenni negli anni 1991-2002 e nel primo semestre 2003, secondo il Paese di provenienza dei minori ===================================================================== Paesi di provenienza | 2001 | 2002 | 1 semestre 2003 ===================================================================== Unione europea | 258| 240| 252 Italia | 256| 238| 251 Altri Paesi U.E. | 2| 2| 1 Altri paesi europei | 123| 119| 131 Albania | 47| 45| 36 Cecoslovacchia | 1| 0| 0 Croazia | 3| 4| 5 Jugoslavia | 56| 50| 47 Macedonia | 3| 1| 1 Moldavia | 1| 1| 1 Polonia | 1| 0| 2 Romania | 11| 17| 40 Ungheria | 0| 1| 0 Africa | 95| 99| 81 Algeria | 16| 16| 11 Congo | 0| 0| 1 Egitto | 1| 0| 0 Marocco | 70| 74| 61 Nigeria | 1| 0| 0 Tunisia | 7| 9| 8 America | 5| 3| Brasile | 1| 1| 0 Cile | 2| 2| 1 Colombia | 1| 1| 0 Ecuador | 1| 2| 2 Peru' | 0| 1| 0 Rep. Dominicana | 0| 0| 1 Asia | 6| 5| 10 Cina popolare | 0| 3| 7 Iraq | 3| 1| 1 Israele | 1| 0| 1 Palestina | 2| 1| 2 Siria | 0| 0| 1 Totale | 487| 470| 476 Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat Cap. 3) Le azioni e gli interventi a livello internazionale Le migrazioni costituiscono un fenomeno globale e strutturale dei nostri tempi e caratterizzano in misura sempre piu' rilevante le relazioni internazionali. Come tutti i maggiori Paesi europei, anche l'Italia e' dunque chiamata a confrontarsi con l'afflusso crescente di stranieri provenienti da varie parti del mondo. A differenza di quanto accaduto in altre parti del mondo, si tratta di un fenomeno relativamente recente, che si e' sviluppato con estrema rapidita' e sul quale si rileva una particolare sensibilita', anche per la nostra storia di Paese di tradizionale emigrazione. Lo stesso Segretario Generale dell'ONU ha da tempo indicato la tematica migratoria come una delle questioni emergenti su cui l'ONU e la comunita' internazionale sono tenute a confrontarsi. La politica migratoria e' pertanto progressivamente divenuta parte integrante e centrale della politica estera italiana. Essa si propone l'obiettivo di "governare" i movimenti migratori diretti verso il nostro Paese attraverso strategie idonee a favorire gli ingressi regolari di stranieri, in particolare per soddisfare le esigenze del mercato nazionale del lavoro, e prevenire e contrastare i flussi di clandestini, per motivi di sicurezza ed ordine pubblico e nello stesso interesse di coloro che sono vittima di tali traffici illeciti. Con questi obiettivi, l'azione del Governo italiano si e' sviluppata e continuera' a farlo nel futuro - su tre direttrici, seguendo un approccio equilibrato, che si basa sul convincimento della necessita' di un'ampia e efficace collaborazione internazionale tra tutti i Paesi interessati ai fenomeni migratori, siano essi di origine, di transito e di destinazione. Sul piano europeo, l'Italia ha sostenuto con convinzione l'estensione delle competenze comunitarie ai temi dell'asilo e dell'immigrazione, lo stabilimento di una cooperazione piu' avanzata tra gli Stati membri in tale settore ed un piu' stretto collegamento tra politica migratoria e politica estera dell'Unione. Il nostro Paese ha fornito un contributo fondamentale al dibattito in corso svolgendo un ruolo propositivo ampiamente riconosciuto. Sul piano bilaterale, si e' privilegiata una strategia globale, con iniziative finalizzate al contrasto dell'immigrazione illegale ed alla regolamentazione dei flussi di ingresso legali, inserite nel contesto piu' ampio delle relazioni politiche esistenti con i Paesi di provenienza dei migranti, nonche' di quelle relative alla cooperazione economico-commerciale e alla cooperazione allo sviluppo per la quale e' auspicabile un aumento delle risorse, in linea con gli obiettivi fissati a livello internazionale. Specifica attenzione e' stata riservata alla dimensione multilaterale del dialogo sui temi migratori, particolarmente dinamica sul piano regionale, sia per quanto riguarda i Balcani che il Mediterraneo. In tale contesto, sono da menzionare i rapporti di fruttuosa collaborazione instaurati con le organizzazioni internazionali competenti in tema di immigrazione ed asilo, quali l'OIM, l'UNHCR e l'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), quest'ultima per quanto concerne le questioni di lavoro. 3.1) L'azione dell'Italia a livello bilaterale con i Paesi di origine e transito. Sul piano diplomatico bilaterale, l'Italia ha intensificato l'azione di sensibilizzazione nei confronti dei Paesi di origine e transito per chiedere una maggiore collaborazione nelle attivita' di prevenzione e contrasto dei flussi illegali. Le questioni migratorie, ed in particolare la collaborazione in tema di contrasto dell'immigrazione clandestina, figurano quindi in una posizione di sempre maggiore rilievo politico nell'agenda dei nostri incontri con gli interlocutori dei Paesi da cui piu' forte proviene la pressione migratoria, siano essi Paesi di origine o di transito. Nella stessa ottica, l'Italia ha avviato collaborazioni rafforzate sul tema del contrasto al traffico di clandestini con i maggiori partners europei, tra i quali Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna. a) Mediterraneo In tale contesto, e' stata riservata una attenzione del tutto particolare al bacino del Mediterraneo, da cui proviene una forte pressione migratoria irregolare, anche in transito dall'Africa Subsahariana e dall'Oriente. L'immigrazione clandestina via mare presenta infatti caratteristiche del tutto particolari, anche per i suoi evidenti aspetti umanitari. I nostri interventi nei confronti di imbarcazioni con a bordo clandestini, una volta che queste sono salpate verso il nostro Paese, debbono necessariamente privilegiare gli aspetti del soccorso, al fine di evitare la perdita di vite umane. Si tratta dunque di un fenomeno che ci induce a considerare il momento del contrasto in una fase successiva, che e' quella della riammissione di coloro che non hanno titolo per rimanere nel nostro Paese. Nel corso degli ultimi anni, si e' riusciti ad attirare l'attenzione dei Paesi dell'area mediterranea, sulle tematiche dell'immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani. E' stata evidenziata l'importanza di una piu' stretta collaborazione su tale tematica sia sul piano delle relazioni bilaterali, sia nel piu' ampio contesto europeo. Si possono al riguardo ricordare i risultati sin qui ottenuti, molti dei quali scaturiscono dalla riunione del 22 marzo 2002, presieduta dall'On. Presidente del Consiglio, alla quale hanno partecipato l'allora Ministro dell'interno ed i nostri Ambasciatori in alcuni dei Paesi maggiormente interessati al traffico di clandestini (Egitto, Sri Lanka, Pakistan, Siria, Libano, Turchia, Cipro). Cipro e Malta, per la loro posizione geografica, si trovano in una posizione chiave per il controllo dei movimenti di migranti irregolari nel Mediterraneo. Con Cipro, il 28 giugno 2002, sono stati sottoscritti un accordo di cooperazione nella lotta contro la criminalita' organizzata ed un accordo di riammissione, che prevede anche il rimpatrio di cittadini di Paesi terzi. L'accordo di cooperazione prevede anche la possibilita', per le unita' navali italiane impegnate in operazioni di contrasto dell'immigrazione illegale, di avvalersi dell'assistenza tecnico-logistica cipriota presso strutture portuali dell'Isola. Un accordo di riammissione e' stato sottoscritto l'8 dicembre 2001 con Malta. Con la Valletta e' stato altresi' firmato, il 20 dicembre 2002, un accordo quadro per la sorveglianza aereo-marittima nel Mediterraneo e per la lotta contro i traffici illeciti in mare. Grazie a questo accordo e' stata intensificata la collaborazione investigativa per smantellare alcuni gruppi criminali responsabili del trasporto via mare di clandestini dalle coste maltesi alla Sicilia. L'ingresso a pieno titolo di tali Paesi nell'Unione europea, avvenuta il 1° maggio 2004, puo' consentire un rafforzamento della collaborazione volta alla prevenzione ed al contrasto dei traffici illeciti via mare, con specifiche iniziative attualmente allo studio in ambito europeo. Da parte italiana e' stato proposto a titolo sperimentale un progetto pilota con Malta, Libia e Tunisia per il pattugliamento congiunto antimmigrazione nel Mediterraneo centrale, prevedendo altresi' il rimpatrio dei clandestini intercettati. Per quanto riguarda la Turchia, non e' stato finalizzato un accordo di riammissione a livello bilaterale. Considerandosi Paese di transito, la Turchia condiziona la firma di accordi di riammissione con i Paesi europei alla conclusione di analoghe intese con i Paesi vicini dell'area. Attualmente, a seguito del mandato ricevuto dal Consiglio, la Commissione sta negoziando un accordo comunitario sulla riammissione. Con Ankara esiste un accordo bilaterale di cooperazione per la lotta al terrorismo, la criminalita' organizzata ed il riciclaggio di proventi illeciti di tali attivita', firmato il 22 dicembre 1998. Sono stati stabiliti contatti diretti per lo scambio di informazioni strategiche e di natura investigativa per la lotta contro le organizzazioni dedite al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. E' comunque significativo che i flussi illegali verso l'Italia si siano sostanzialmente ridotti negli ultimi due anni, grazie soprattutto all'impegno profuso delle Autorita' di Ankara nel contrastare il fenomeno attraverso un maggior controllo delle proprie coste. L'Italia e' divenuta dal 2002 il secondo partner commerciale della Turchia, nonche' il primo Paese investitore. In tale contesto, la collaborazione in materia migratoria potra' ricevere un rinnovato impulso anche con lo sviluppo di positive interazioni tra la gestione dei flussi e le potenzialita' del rapporto economico-commerciale bilaterale. Una attenzione prioritaria e' stata attribuita ai rapporti con l'Egitto, un Paese particolarmente importante in quanto costituisce la porta di accesso al Mediterraneo per le imbarcazioni provenienti dall'Asia. Le Autorita' de Il Cairo hanno al riguardo risposto positivamente alle nostre richieste di un maggior controllo sui flussi illegali diretti verso l'Europa attraverso il Canale di Suez, che nell'ultimo anno hanno subito una notevole contrazione. L'Italia ha inoltre proposto all'Egitto di impostare il dialogo sulla materia migratoria secondo un approccio globale, al fine di assicurare la coerenza e l'equilibrio tra le sue diverse componenti, sia per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori legali, che le attivita' di prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina. In tale contesto, in occasione delle V Sessione delle Consultazioni Rafforzate italo-egiziane svoltasi al Cairo il 29-30 aprile 2003, e' stato consegnato alle Autorita' egiziane un nuovo testo di accordo di riammissione, che servirebbe a formalizzare la collaborazione gia' in atto su tale aspetto. Inoltre deve essere avviato un negoziato per un accordo bilaterale sul lavoro stagionale. Operativamente, nel quadro dei negoziati in corso in materia di riammissione, sono stati organizzati, nel novembre e dicembre 2002, d'intesa con le autorita' de Il Cairo, due voli charter che hanno consentito il rimpatrio, a Colombo, di oltre 300 cittadini cingalesi che erano stati fermati dalle autorita' egiziane mentre tentavano di raggiungere illegalmente l'Italia. Il 24 dicembre 2003, infine sono stati intercettati e fermati dalle Autorita' egiziane, 64 cittadini cingalesi asseritamene diretti in Italia. Dodici di questi sono stati immediatamente rimpatriati nel loro paese di origine. Con Siria e Libano sono stati instaurati rapporti piu' intensi di collaborazione, che hanno impedito il ripetersi di episodi come quello della motonave "Monica", proveniente dalle coste libanesi e giunta in Sicilia nel marzo 2002 con oltre 900 immigrati clandestini, e che hanno portato allo smantellamento di organizzazioni criminali dedite ai traffici di esseri umani. Con entrambi sono stati avviati negoziati per la conclusione di un accordo di riammissione. I flussi di migranti illegali in provenienza da tali Paesi coinvolgono pressoche' esclusivamente cittadini di Paesi terzi. Con la Siria e' stato recentemente firmato un memorandum tecnico svolto a sviluppare la collaborazione nella lotta conto l'immigrazione clandestina. Nel corso di una missione a Beirut e Damasco, sono stati proposti a quelle autorita', programmi di formazione in materia di polizia di frontiera e scambio di visite. Con l'Algeria e' stato firmato un accordo di riammissione nel febbraio 2000, non ancora ratificato da parte algerina. Anche con il Marocco e' stato firmato nel luglio 1998 un accordo bilaterale di riammissione, peraltro non ancora ratificato da parte marocchina. Le relazioni bilaterali in materia migratoria con il Marocco sono peraltro di portata piu' ampia, e riguardano anche gli aspetti relativi all'immigrazione legale, che si e' rivelata particolarmente dinamica, come conferma il fatto che la comunita' marocchina e' una delle piu' numerose tra quelle straniere legalmente residenti in Italia. Da parte di Rabat e' stato auspicato l'avvio di un negoziato per la conclusione di un accordo bilaterale in materia di reclutamento di manodopera, al fine di coordinare in una prospettiva organica e di lungo periodo tutte le iniziative di formazione e selezione di lavoratori che aspirano ad essere inseriti nel nostro mercato del lavoro. Meritano un discorso a parte Tunisia e Libia, che, anche per la prossimita' geografica con le nostre isole, costituiscono il fronte da cui proviene la maggior parte dei flussi via mare, in buona parte costituiti da stranieri originari dell'Africa Subsahariana. Con la Tunisia esiste un dialogo ormai consolidato in materia migratoria, che si basa su un approccio integrato ed equilibrato che tocca gli aspetti dell'immigrazione legale, del co-sviluppo e del contrasto dei movimenti irregolari di migranti. Su tale ultimo punto, si stanno valutando con le Autorita' di Tunisi specifiche iniziative di assistenza, volte a rafforzare la collaborazione esistente. Altrettanto si sta facendo per quanto riguarda la gestione dei flussi regolari, con un Progetto pilota per la formazione dei lavoratori da inserire nel nostro mercato del lavoro ai sensi dell'art. 23 della legge 189/2002. Con la Tunisia e' in vigore dal 1998 un accordo bilaterale di riammissione. In base al quale sono stati forniti, a titolo gratuito, mezzi e materiale tecnico alle autorita' tunisine di polizia impegnate nel contrasto dell'immigrazione clandestina. Alla fine del 2003 e' stato sottoscritto tra Italia e Tunisia un accordo in materia di sicurezza e sono state concordate specifiche misure di assistenza in prosecuzione del programma di aiuti realizzato nel triennio precedente. E' stato firmato nel maggio 2000 un accordo sul lavoro stagionale, il cui Protocollo di attuazione, concluso nel giugno 2002, e' attualmente in fase di revisione su richiesta tunisina. Con la Libia, a partire dal luglio del 2002 e' stato avviato un intenso dialogo con le Autorita' di Tripoli in tema di prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina, sulla base dell'accordo italo-libico di collaborazione nella lotta alla criminalita' organizzata, al traffico illegale di stupefacenti e sostanze psicotrope e all'immigrazione clandestina, firmato a Roma il 13.12.2000. Gli incontri hanno messo in moto una dinamica positiva che ha portato a concordare, sul piano bilaterale, iniziative concrete intese a contrastare i flussi illegali provenienti da tale Paese attraverso progetti sperimentali di cooperazione nei tre seguenti settori: controllo delle frontiere terrestri, intelligence investigativa sulle organizzazioni criminali dedite al traffico dei clandestini, contrasto in mare. E' da aggiungere che, su iniziativa italiana, il Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne del novembre 2002 ha deciso di inserire la Libia tra i Paesi con cui l'Unione europea potra' avviare una collaborazione nella lotta all'immigrazione clandestina. Sono stati assunti diretti contatti, anche ad alto livello, con le autorita' di sicurezza e di polizia di frontiera libica, per ottenere da queste un maggior impegno nell'azione di contrasto dei flussi di immigrazione illegale in transito attraverso la Libia e diretti, via mare, in Italia. In tale ambito stanno per essere avviate forme di concreta collaborazione che dovrebbero riguardare il contrasto in mare, il rafforzamento dei controlli alle frontiere terrestri libiche e lo scambio di informazioni sulle attivita' e la composizione dei gruppi criminali operanti lungo la costa libica. E' stato inoltre gia' inviato un Ufficiale di collegamento al fine di dare un contributo operativo nella lotta al contrasto dell'immigrazione clandestina. Sono stati organizzati anche 27 voli charter, per il rimpatrio dalla Libia di cittadini clandestini in attesa di intraprendere il viaggio per l'arrivo clandestino in Italia. In tema di immigrazione clandestina via mare, e' stata condotta una specifica azione diplomatica di sensibilizzazione sulla necessita' che ciascuno Stato rivierasco, coinvolto o a rischio di coinvolgimento nel fenomeno, faccia rispettare le norme internazionali sulla sicurezza della navigazione, ed in particolare la Circolare IMO 896 (Interim Measures for Combating Unsafe Practices Associated with the Trafficking or Transport of Migrants by Sea), adottata nel dicembre 1998 e aggiornata nel giugno 2001. La predetta Circolare invita gli Stati a reprimere e contrastare le pratiche pericolose associate con il trasporto dei migranti via mare, impedendo la partenza delle imbarcazioni "a rischio", anche di bandiera estera, dalle proprie coste o dai propri porti, in forza del consolidato "Port State Control Principle". Nello stesso contesto, e' stata richiamata la normativa sulla salvaguardia della vita umana in mare, quale risulta dalla Convention for the Safety of Life at Sea del 1974, che per l'amplissima adesione registrata va ormai considerata fonte di diritto internazionale generale. Sin dal 1997 l'Italia ha peraltro avuto un ruolo di primo piano nella formulazione di norme internazionali volte a contrastare il traffico ed il trasporto di immigranti illegali via mare, che ha condotto all'adozione in ambito ONU del Protocollo contro il Traffico Illecito di migranti via terra, aria e mare, annesso alla Convenzione di Palermo delle Nazioni Unite sulla Criminalita' Organizzata Transnazionale firmato nel dicembre 2000. Il Protocollo attribuisce carattere penalmente rilevante sul piano internazionale al traffico e trasporto illeciti di migranti clandestini, nel senso che obbliga i Paesi aderenti ad introdurre nelle proprie legislazioni tali fattispecie criminose. b) Balcani ed Europa orientale I Balcani occidentali e l'Europa orientale rimangono ancora un bacino migratorio significativo, sia per i flussi in transito che per quelli generati in loco. Tale regione costituisce infatti un'area di passaggio d'importanza cruciale per le migrazioni illegali che si spostano da Oriente verso Occidente. Si tratta di un fenomeno estremamente dinamico, vista la notevole capacita' dei racket dell'immigrazione clandestina di adeguare rotte e tecniche alle attivita' di contrasto. Dai Balcani e dall'Europa orientale proviene inoltre gran parte dei lavoratori stagionali occupati in Italia. Per quanto riguarda l'immigrazione clandestina, negli ultimi tre anni la situazione e' sensibilmente migliorata grazie alla stabilizzazione politica dell'area ed all'intensificazione delle attivita' di prevenzione e contrasto, realizzate in collaborazione con i Paesi della stessa, ed in particolare con la Slovenia. Con quel paese sono stati attivati, lungo la frontiera comune, dispostivi di vigilanza e controllo misti, basati cioe' sull'impiego di pattuglie composte da personale di polizia italiano e sloveno. Un elemento aggiuntivo di notevole rilevanza, per i Paesi in via di adesione e candidati, e' stato il processo di adeguamento all'acquis comunitario in materia di giustizia e affari interni. Con la parafatura dell'accordo di riammissione con la Bosnia-Erzegovina, avvenuta nel luglio scorso, e' stata completata la rete degli accordi di riammissione dell'Italia con i gli Stati rivieraschi dell'Adriatico. Con questo Paese e' stato altresi sottoscritto nel gennaio 2003 un accordo finalizzato al contrasto delle attivita' criminali compreso lo sfruttamento dell'immigrazione clandestina e i traffici di esseri umani. L'Albania costituisce un modello ed un esempio di collaborazione fruttuosa in tema di contrasto dell'immigrazione clandestina che risponde pienamente allo spirito della legge 189/2002 (c.d. Bossi-Fini). Negli ultimi tre anni si e' registrata una drastica riduzione degli arrivi via mare dall'Albania (pressoche' azzerati dal settembre 2002). Tali risultati sono il frutto dell'impegno del Governo di Tirana, sostenuti con decisione dall'Italia con interventi volti a favorire la stabilizzazione sociale e politica del Paese ed affiancare la gestione ordinata dei flussi migratori regolari e le attivita' di contrasto della criminalita' ed il controllo di coste e frontiere. In tale contesto, un ruolo importante e' stato giocato dall'applicazione dell'accordo di riammissione e degli accordi bilaterali in tema di cooperazione nella lotta alla criminalita' organizzata, con l'istituzione di un Ufficio di Collegamento italiano in Albania. Sono stati realizzati programmi di assistenza tecnica e di formazione del personale, nonche' attivati dispositivi congiunti di vigilanza in mare che prevedono l'impiego di unita' navali italiane anche nelle acque territoriali albanesi. D'altra parte l'Italia, insieme agli altri partners comunitari, considera ulteriori progressi nella lotta al crimine organizzato indispensabili ai fini del buon esito del negoziato di Stabilizzazione ed Associazione recentemente avviato con l'UE e del progressivo inserimento dell'Albania in un ambito europeo. Con Tirana e' in vigore un accordo sul lavoro stagionale, firmato nel 1997. Romania e Bulgaria sono Paesi candidati per i quali il Consiglio europeo di Copenaghen del 12-13 dicembre 2002 ha fissato l'obiettivo dell'adesione all'Unione europea nel 2007. Le relazioni bilaterali con entrambi i Paesi, sono di importanza strategica per l'Italia sia dal punto di vista economico-commerciale che politico. Per quanto attiene al tema migratorio, l'Italia non figura tra i principali Paesi di destinazione dell'emigrazione bulgara. Al contrario la comunita' rumena legalmente residente in Italia rappresenta il terzo gruppo nazionale per consistenza numerica presente nel nostro Paese dopo Marocco ed Albania. La collaborazione con le Autorita' romene in materia di lotta all'immigrazione clandestina si basa sull'accordo bilaterale di riammissione entrato in vigore il 1° febbraio 1998. Analoga attenzione viene riservata ai Paesi dell'Europa orientale. Anche in questo caso, la preoccupazione di contrastare le migrazioni irregolari, va di pari passo con l'obiettivo di una gestione ordinata dei flussi legali, in particolare quelli legati a motivi di lavoro. L'Ucraina, che sta negoziando con la Commissione un accordo comunitario di riammissione, a livello bilaterale ha proposto l'avvio di un negoziato bilaterale per la conclusione di un accordo sulla immigrazione temporanea. Con la Moldova e' stato firmato nel luglio 2002 un accordo di riammissione, mentre a breve dovrebbe essere conclusa un'intesa in materia di lavoro. c) Sud est Asiatico ed Africa subsahariana Per quanto concerne i Paesi asiatici di origine dei flussi migratori, lo Sri Lanka, con il quale e' in vigore dal settembre 2001 un accordo bilaterale di riammissione, collabora in modo esemplare anche con specifiche operazioni volte a smantellare le reti criminali degli organizzatori dei traffici. In tal senso e' significativo che i flussi di clandestini di origine cingalese, che giungono in Europa via mare attraverso il canale di Suez, si siano sensibilmente ridotti nel corso dell'ultimo anno. Con il Pakistan si e' giunti alla parafatura di un testo di accordo di riammissione nel marzo 2000. La finalizzazione dell'intesa e' condizionata ad una verifica della sua compatibilita' con il parallelo negoziato avviato in ambito comunitario. Esistono inoltre buoni rapporti di cooperazione con il Bangladesh, che ha beneficiato per la prima volta quest'anno di una limitata quota di ingressi nell'ambito del Decreto Flussi. L'Italia nell'ottobre del 2002 ha sottoscritto con l'Iran un accordo in materia di sicurezza che comprende la collaborazione anche sui reati di transito illegale alle frontiere e di traffico degli esseri umani. Italia e Cina hanno avuto negli ultimi due anni frequenti contatti per concordare azioni comuni contro le attivita' criminali trasversali ai due Paesi, comprese quelle che favoriscono l'immigrazione clandestina. La Commissione europea ha ricevuto nel novembre scorso dal Consiglio il mandato a negoziare un accordo comunitario di riammissione con la Cina. Il Consiglio ha altresi' incluso la Cina tra i Paesi con cui l'Unione europea intende intensificare la cooperazione in materia migratoria. Sempre in ambito europeo, e' infine da ricordare che nell'ottobre scorso e' stato parafato a Pechino un accordo sullo Status di Destinazione Approvata (c.d. Accordo ADS), volto a facilitare le procedure per il rilascio dei visti a favore di gruppi di turisti cinesi, che contiene anche una specifica clausola sulla riammissione. Sulla base di un apposito Memorandum of Understanding firmato nel marzo del 2002, tre esperti cinesi sono stati inviati in missione in Italia, per un periodo sperimentale di due mesi, per collaborare con la polizia italiana nell'attivita' di accertamento della nazionalita' e nell'identificazione dei presunti cittadini cinesi destinatari di misure di espulsione, ai fini del rilascio del documento di viaggio. La ripresa dei flussi migratori illegali diretti verso le nostre coste ha coinvolto in misura crescente cittadini di Paesi dell'Africa Subsahariana (provenienti in particolare dall'Africa occidentale, l'Eritrea e la Somalia). Un accordo di riammissione e' stato firmato con la Nigeria nel settembre 2000, ma non e' in vigore in quanto non ancora ratificato. Analoghe intese sono state proposte a Senegal e Ghana. Il dialogo migratorio tra Unione europea e paesi africani e' quello definito dall'Accordo di Cotonou, in vigore dall'aprile 2003. L'ampia clausola migratoria, di cui all'articolo 13 di tale Accordo, riprende i temi dell'integrazione e dell'eguaglianza di trattamento degli immigrati legali nonche' il riferimento alle strategie di riduzione della poverta' per affrontare le cause prime dell'immigrazione, gia' presenti nelle dichiarazioni congiunte contenute negli allegati IX ed X della terza Convenzione di Lome'. L'articolo in parola prevede altresi', al comma quinto, l'obbligo per le parti di riammettere gli immigrati irregolari, introducendo una novita' rispetto alle precedenti versioni dell'Accordo. 3.2) Accordi di Riammissione Attualmente l'Italia ha firmato 27 intese bilaterali in tema di riammissione, di cui 21 in vigore. Contatti in materia sono stati avviati con altri 17 Paesi. Dei predetti 27 accordi: 13 sono stati stipulati con Paesi dell'Unione europea o di nuova adesione (Austria, Cipro, Estonia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Ungheria) e 2 con Paesi candidati (Bulgaria e Romania). Quelli conclusi con Paesi extra UE sono 12 (Albania, Algeria, Croazia, Macedonia, Georgia, Marocco, Moldavia, Nigeria, Sri Lanka, Svizzera, Tunisia e Serbia-Montenegro), di cui 6 in vigore (Albania, Croazia, Macedonia, Sri Lanka, Svizzera e Tunisia). Accordi di riammissione firmati dall'Italia ===================================================================== PAESE | FIRMA ACCORDO | ENTRATA IN VIGORE ===================================================================== Albania |Tirana 18/11/97 | 01/08/1998 --------------------------------------------------------------------- | | in attesa di ratifica | | Algeria; notifica Algeria |Roma 24/02/2000 | Italia 7/12/2000 --------------------------------------------------------------------- Austria |Vienna 7/10/97 | 01/04/1998 --------------------------------------------------------------------- Bulgaria |Roma 22/07/98 | 25/12/1998 --------------------------------------------------------------------- Cipro |Nicosia 28/06/02 | 22/05/2003 --------------------------------------------------------------------- Croazia |Roma 27/06/97 | 01/06/1998 --------------------------------------------------------------------- Estonia |Tallin 22/05/97 | 01/02/1999 --------------------------------------------------------------------- Francia |Chambery 03/10/97 | 15/07/2000 --------------------------------------------------------------------- Fyrom |Skopie 26/02/97 | 23/10/1997 --------------------------------------------------------------------- | | in attesa di ratifica | | Georgia; notifica Georgia |Roma 15/05/97 | Italia 14/08/97 --------------------------------------------------------------------- Grecia |Roma 30/04/99 | 18/04/2001 --------------------------------------------------------------------- Lettonia |Riga 21/05/97 | 07/11/1997 --------------------------------------------------------------------- Lituania |Vilnius 20/05/97 | 01/12/1998 --------------------------------------------------------------------- Malta |La Valletta 08/12/01 | 29/11/2002 --------------------------------------------------------------------- | | in attesa di ratifica | | Marocco; notifica Marocco |Rabat 27/07/98 | Italia 21/12/98 --------------------------------------------------------------------- | | procedura di ratifica Moldavia |Roma 03/07/02 | in corso --------------------------------------------------------------------- | | procedura di ratifica Nigeria |Roma 12/09/00 | in corso --------------------------------------------------------------------- |Accordo | |Schengen/Polonia | Polonia |22/11/1994 | --------------------------------------------------------------------- Romania |Bucarest 04/03/97 | 01/02/1998 --------------------------------------------------------------------- | | Procedura di ratifica | | in corso (sostituisce | | quello firmato nel | |1997, entrato in vigore | |il 01/08/98,rimasto di Rep. Serbia Montenegro|Belgrado, 28/01/03 | fatto disapplicato) --------------------------------------------------------------------- Slovacchia |Bratislava 30/07/98 | 01/01/1999 --------------------------------------------------------------------- Slovenia |Roma 03/09/96 | 01/09/1997 --------------------------------------------------------------------- Spagna |Roma 04/11/99 | 01/02/2001 --------------------------------------------------------------------- Sri Lanka |scambio note 24/09/01 | 24/09/2001 --------------------------------------------------------------------- Svizzera |Roma 10/09/98 | 01/05/2000 --------------------------------------------------------------------- Tunisia |scambio note 06/08/98 | 06/08/1998 --------------------------------------------------------------------- Ungheria |Budapest 20/05/97 | 10/04/1999 Fonte: Ministero degli affari esteri Gli accordi conclusi negli ultimi due anni sono quelli con Malta, Moldavia, Cipro, Sri Lanka, Serbia-Montenegro (quest'ultimo nel gennaio 2003 ha sostituito quello rimasto disapplicato del 1998). Un ulteriore accordo, con la Bosnia Erzegovina, e' stato parafato nel luglio scorso. In ambito europeo, nel novembre 2002, il Consiglio ha conferito alla Commissione mandato a negoziare accordi di riammissione comunitari con Cina, Albania, Turchia ed Algeria: essi si vanno ad aggiungere a quelli gia' conferiti per Russia, Marocco, Pakistan, Sri Lanka, Hong Kong e Macao. In tutti questi casi, sussiste una competenza esclusiva della Commissione a portare avanti i negoziati, ragione per cui sono state sospese, da parte nostra, le conversazioni avviate a livello bilaterale. L'Italia ha proseguito i contatti bilaterali in tema di riammissione con una serie di paesi, tra cui l'Egitto, le Filippine, la Siria, il Bangladesh. Alcuni negoziati appaiono in fase avanzata, mentre per altri si riscontrano alcune difficolta', dovute principalmente alla richiesta degli interlocutori di condizionare strettamente la firma delle intese a facilitazioni in materia di ingressi di lavoro (anche attraverso l'impegno vincolante da parte dell'Italia a concedere quote riservate), nonche' alla riluttanza mostrata nei confronti della previsione di una clausola di riammissione per i cittadini di Paesi Terzi, che invece per l'Italia e' estremamente importante. Gli accordi di riammissione stabiliscono precise modalita' e procedure per l'identificazione ed il rimpatrio dei clandestini. In questo modo viene data attuazione al principio generale di diritto internazionale secondo il quale gli Stati hanno l'obbligo di riaccogliere i propri cittadini entrati o che risiedono illegalmente nel territorio di un altro Stato. La valutazione su tali accordi e' positiva in quanto consente di esigere dalla controparte specifici comportamenti volti a facilitare l'uscita dal territorio nazionale da parte di chi non ha titolo per rimanervi. L'Italia ha acquisito una rilevante esperienza in materia ed e' il Paese europeo che ha concluso il maggior numero di accordi di questo tipo. 3.3) I temi migratori nell'ambito delle iniziative regionali Parallelamente all'azione sul piano bilaterale, l'Italia svolge un'intensa attivita' nel quadro dei fori regionali di dialogo esistenti con i Paesi del Mediterraneo e dei Balcani. Si tratta di una dimensione estremamente importante, che tiene conto della complessita' delle questioni migratorie e della necessita' di soluzioni condivise in un ottica di cooperazione multilaterale. Relativamente al Sud Est Europeo, l'Italia ha promosso negli ultimi anni una azione di rafforzamento della collaborazione fra i Governi dell'area adriatica e del suo retroterra per il controllo dei movimenti di persone che dalla regione balcanica si spostano verso il nostro Paese. Nel quadro dell'Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI) e' attiva una Tavola Rotonda sulla criminalita' organizzata che ha dedicato gran parte dei suoi lavori - fin dalla sua costituzione nel 2000 - all'immigrazione illegale. Nel corso della Presidenza italiana dell'Iniziativa (1° giugno 2002 - 31 maggio 2003) si e' inoltre tenuta a Lecce (13 novembre 2002) una riunione dei Ministri dell'interno della IAI dedicata proprio a tale fenomeno, in occasione della quale e' stato approvato un Piano d'Azione inteso a rafforzare il controllo congiunto del bacino adriatico-ionico. Come la IAI, l'Iniziativa Centro Europea (InCE) ha un Gruppo di Lavoro sulla Lotta alla Criminalita' Organizzata di cui, fra l'altro, l'Italia detiene la co-presidenza insieme alla Slovacchia. Anche in tale sede si continua a svolgere un opera di stimolo al potenziamento dei controlli di frontiera operati dagli altri membri dell'Iniziativa ed in particolare da quelli della sponda orientale dell'Adriatico da cui partono i flussi di immigrazione illegale verso il nostro Paese. E' poi da ricordare che nell'ambito del Patto di Stabilita' per il Sud Est europeo opera oramai da tempo il MARRI (Migration, Asylum, Refugees Regional Initiative), il quale presta una specifica assistenza, sul piano istituzionale e normativo, ai Paesi dei Balcani Occidentali, al fine di permettere loro una piu' efficace gestione dei movimenti migratori, in arrivo e in partenza. Nello stesso contesto regionale, e' da ricordare la Conferenza sul Crimine Organizzato, svoltasi a Londra il 25 novembre 2002, in occasione della quale e' stato sottolineato che il rafforzamento delle capacita' di gestione e controllo delle frontiere nell'area balcanica costituisce uno degli aspetti essenziali di una strategia di contrasto alla criminalita' organizzata. Tali tematiche sono state prese in considerazione in occasione del Vertice di Salonicco tra i Paesi dell'U.S. e quelli dell'area dei Balcani occidentali (21 giugno 2003) ed hanno costituito l'oggetto della Conferenza a livello dei Ministri dell'interno e di Giustizia, che ha avuto luogo a Bruxelles a fine novembre durante la Presidenza italiana dell'U.E. Nell'area del Mediterraneo le tematiche migratorie sono trattate nell'ambito del Partenariato euro-mediterraneo, secondo un approccio globale che si articola su tre direttrici: contrasto all'immigrazione clandestina, co-sviluppo e gestione dei flussi migratori regolari. La Conferenza dei Ministri degli esteri, Napoli 2-3 dicembre 2003, ha costituito un'occasione di confronto per una serie di tematiche, tra cui quella migratoria. Si e' lavorato per favorire la trasformazione della "facility", che opera attualmente all'interno della BEI, in autonoma istituzione finanziaria, destinata a sostenere le attivita' imprenditoriali locali e a stimolare i flussi di investimenti europei verso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. L'obiettivo e' evidentemente quello di ridurre i differenziali di reddito fra i due continenti e quindi anche una delle cause principali dell'immigrazione clandestina. Condividono la medesima impostazione anche altri fori di dialogo, quali il "Dialogo 5+5" (Malta, Italia, Francia, Spagna, Portogallo con Marocco, Tunisia Algeria, Mauritania e Libia), nell'ambito del quale si e' svolta a Rabat la Seconda Conferenza ministeriale sulle migrazioni nel Mediterraneo Occidentale (che fa seguito a quella analoga tenutasi a Tunisi il 16-17 ottobre 2002) ed il Forum Mediterraneo, costituitosi nel luglio 1994 ad Alessandria d'Egitto. Per quanto riguarda l'Asia, i temi migratori sono trattati in ambito ASEM (Asian Europe Meeting) ed hanno fatto oggetto di una specifica Conferenza ministeriale (Lanzarote, aprile 2002). 3.4) Il rientro degli stranieri di origine italiana Il Ministro per gli italiani nel mondo si interessa anche alle tematiche collegate al rientro degli stranieri di origine italiana. Le recenti crisi dell'America Latina, come pure in altri continenti, sono state affrontate anche rendendo il Ministero per gli italiani nel mondo un punto di riferimento per gli emigranti italiani ed i loro discendenti che desiderano tornare in Italia in momenti di grave difficolta'. In questo momento i paesi dai quali proviene l'interesse piu' sostenuto sono l'Argentina, l'Uruguay ed il Paraguay, ma il Ministro si interessa a tutte le aree colpite da gravi crisi economiche o politiche. Un caso particolarmente importante e' quello della Somalia, da dove provengono numerose richieste di rientro di stranieri di origine italiana. In questo paese vi e' gia' da molti anni una difficilissima situazione di disfacimento dello stato e di mancanza di sicurezza. Le lunghe attese per ottenere visti d'ingresso in Italia sono dovute alla mancanza di documentazione valida per l'espatrio per l'assenza di una autorita' locale internazionalmente riconosciuta che la possa rilasciare. 3.5) La Tratta di esseri umani L'Italia e' stata particolarmente attiva sul piano internazionale anche per quanto riguarda la lotta alla tratta di esseri umani. L'Italia ha sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite di Palermo sul crimine transnazionale e i due annessi Protocolli contro il traffico illecito di migranti per via terrestre, aerea e marittima (cui abbiamo dato un rilevante contributo in sede di elaborazione) e sul traffico di esseri umani, in particolare di donne e minori. L'Italia ha recepito le indicazioni del Protocollo di Palermo con la legge 11 agosto 2003, n. 228 "Misure contro la tratta di persone", come gia' indicato nel paragrafo 2.16 del presente documento. Inoltre, sono stati ratificati il Protocollo facoltativo alla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, che impegna gli Stati a mettere in atto misure incisive per la lotta alla prostituzione infantile ed alla pedofilia e la Convenzione OIL del giugno 1999 sul divieto e l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, concernente specificamente tratta, lavoro forzato e impiego di minori per attivita' legate alla pornografia ed alla prostituzione. E' da ricordare altresi' che il 30 aprile 2003 il Comitato del Consiglio dei Ministri del Consiglio d'Europa ha deciso di istituire un Comitato per la redazione di una Convenzione europea sulla lotta alla tratta degli esseri umani, con lo scopo di rafforzare a livello europeo l'azione delle Nazioni Unite in tale settore. In ambito europeo, l'Italia si e' impegnata affinche' la lotta al traffico di esseri umani rientrasse tra le priorita' dell'Unione. Con il Trattato di Amsterdam e' stato definito il quadro giuridico dell'azione dell'U.S. in tale settore, che ha potuto quindi compiere un notevole salto di qualita', tanto in termini operativi che normativi. Anche sul piano delle relazioni interregionali si e' assistito ad una progressiva integrazione delle materie del pilastro Giustizia ed Affari Interni nel dialogo dell'U.E. con i Paesi del Mediterraneo e dei Balcani. Nell'ambito delle relazioni con l'Africa, l'Italia ha inoltre svolto il ruolo di capofila, insieme alla Svezia, nella elaborazione di un Piano di azione per combattere il traffico di essere umani, in special modo donne e bambini. E' da aggiungere poi che e' stata presentata dalla Commissione una direttiva europea per la concessione di un permesso di soggiorno di breve durata per le vittime del traffico di immigrati clandestini e della tratta di esseri umani che collaborino con la giustizia, che riprende sostanzialmente i meccanismi dell'art. 18 del D.L.vo 286/98. Infine, va ricordata la Conferenza Europea di Bruxelles "Prevenzione e lotta al traffico di esseri umani. - Una sfida globale per il XXII secolo", svoltasi a Bruxelles il 18-20 settembre 2002 organizzata dall'OIM, dalla Commissione e dal Parlamento Europeo ed a cui hanno preso parte circa mille rappresentanti dei Governi e dei Parlamenti degli Stati membri U.E., dei Paesi candidati, di regioni, di organismi internazionali, di organizzazioni inter-governative e organizzazioni non governative, oltreche' delle istituzioni comunitarie. Si e' trattato di una occasione di riflessione ed approfondimento che, partendo dall'esperienza maturata sinora nella lotta ai traffici illeciti di esseri umani, ha permesso di definire politiche coerenti, esaustive e coordinate per una azione a livello nazionale, europeo ed internazionale intesa a debellare il fenomeno e le sue cause profonde. Insieme alla Dichiarazione di Bruxelles, e' stato adottato un documento che mira a sviluppare la cooperazione europea ed internazionale attraverso raccomandazioni, standard comuni e "best practices" in tema di prevenzione, protezione ed assistenza alle vittime, cooperazione giudiziaria e di polizia. 3.6) Il tema dell'asilo e della protezione sul piano internazionale Con particolare attenzione l'Italia ha seguito gli sviluppi del dibattito internazionale in tema di asilo e protezione svoltosi in ambito UNHCR (Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite). In occasione della 24° Sessione del Comitato Permanente, che ha avuto luogo nel giugno 2002 e' stato adottato per consenso il testo della "Agenda for Protection", approvato dal Comitato Esecutivo nell'ottobre scorso. L'Agenda e' il documento conclusivo delle Global Consultations avviate tre anni fa dall'UNHCR in tema di protezione internazionale, e raccoglie proposte e raccomandazioni emerse nel corso dell'esercizio. L'Alto Commissario ha proposto un progetto di riforma dell'organizzazione, denominato UNHCR 2004, su cui si sono aperte le consultazioni con gli Stati membri il 30 gennaio 2003. L'obiettivo e' quello di dare una stabilita' istituzionale all'intero sistema, modificando, ove necessario, la struttura, le competenze ed i meccanismi di finanziamento dell'organizzazione. Parallelamente, e muovendo dal convincimento della necessita' di un adeguamento delle risposte fornite dalla comunita' internazionale in materia di asilo alle nuove sfide poste dalla globalizzazione, in un contesto storico radicalmente mutato rispetto a quello in cui e' stata elaborata la Convenzione di Ginevra del 1951, l'Alto Commissario ha inoltre avviato una riflessione che lo ha portato a porre l'accento sugli obiettivi del miglioramento degli standards della protezione effettiva per i beneficiari della stessa, nonche' sulla ricerca di soluzioni durature nei confronti dei rifugiati e delle situazioni che generano i rifugiati, in un'ottica di condivisione di responsabilita' ed oneri da parte della comunita' internazionale. In tale prospettiva, e' stata avviata l'iniziativa della c.d. Convention Plus, che si propone di affiancare alla Convenzione di Ginevra del 1951, una serie di accordi multilaterali settoriali su tematiche specifiche attinenti all'asilo. 3.7) La politica migratoria dell'Unione europea nel triennio 2001-2003 ed i suoi possibili sviluppi a) Nel corso del triennio 2001-2003 sono proseguite, a livello comunitario, le attivita' volte all'attuazione delle indicazioni politiche del Consiglio europeo di Tampere (ottobre 1999) in materia di asilo ed immigrazione, secondo le quattro linee direttrici in quella sede identificate: partenariato con i Paesi terzi di origine e transito; regime comune di asilo, equo trattamento dei cittadini di Paesi terzi; gestione dei flussi migratori, compreso il contrasto alle reti di immigrazione clandestina. Per quanto attiene al partenariato, nel corso del 2001 e' stato istituito un apposito programma di assistenza finanziaria e tecnica a Paesi terzi nel settore dell'asilo e dell'immigrazione, finanziato sulla linea di bilancio B7-667. Tale programma ha operato fino ad ora in via sperimentale, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2001, 12.5 per il 2002, 20 per il 2003, ed ha permesso di finanziare diversi progetti, soprattutto a beneficio dell'Afghanistan, dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo e di quelli balcanici. Il Consiglio sta attualmente lavorando per l'approvazione di un regolamento che istituzionalizza, dopo il triennio sperimentale, tale programma, per cui si prevede una dotazione finanziaria di 250 Meuro per il periodo 2004 -2008. In linea con l'esigenza di integrazione dei temi migratori nelle relazioni esterne dell'Unione europea, nel corso del 2001 sono stati inseriti capitoli relativi al settore "Giustizia e Affari Interni" nei principali accordi in negoziato con Paesi terzi, soprattutto dell'area balcanica e mediterranea, nonche' nei principali programmi di assistenza finanziaria e tecnica (CARDS, per i Balcani e MEDA, per il Mediterraneo). In materia di asilo, nel luglio 2001 e' stata approvata una direttiva sulla protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sono state presentate, dalla Commissione, due proposte di direttive su norme procedurali minime per la concessione e la revoca dello status di rifugiato e sulle condizioni minime di accoglienza per i richiedenti asilo (adottata nel gennaio 2003), nonche' una proposta di regolamento sulla determinazione dello stato responsabile a trattare le domande di asilo (detto "Dublino 1F), adottata nel febbraio 2003. In tema di immigrazione, sono stati adottati, nel corso del 2001, vari atti normativi nel campo della lotta all'immigrazione clandestina: direttiva e decisione quadro sul favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, direttiva sulle sanzioni ai vettori che trasportano immigrati privi dei necessari documenti, direttiva sul reciproco riconoscimento dei provvedimenti di espulsione. Quanto all'immigrazione legale, nel 2001 la Commissione ha presentato proposte di direttive sullo status dei cittadini di stati terzi residenti di lungo periodo (sul cui testo il Consiglio ha raggiunto un accordo politico il 6 giugno 2003), nonche' sulle condizioni di ammissione di cittadini extracomunitari per finalita' di lavoro. Come preannunciato nelle conclusioni di Tampere, una prima verifica dello stato di attuazione delle misure in quella sede delineate e' avvenuta in occasione del Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001. Nelle conclusioni, oltre a riaffermare la validita' degli obiettivi e delle direttive stabiliti a Tampere, viene proclamata la necessita' di dare nuovo impulso all'azione comunitaria nei settori dell'asilo e dell'immigrazione, secondo un approccio di equilibrio tra la protezione dei rifugiati, l'aspirazione legittima ad una vita migliore da parte degli immigrati e richiedenti asilo e la capacita' di accoglienza dell'Unione e dei suoi membri. In materia di controllo alle frontiere, il Consiglio europeo ha chiesto a Consiglio e Commissione di "definire i meccanismi di cooperazione tra i servizi incaricati dei controlli alle frontiere esterne e di studiare le condizioni per la creazione di un meccanismo o servizi di controllo comune alle frontiere esterne". Tale indicazione si e' tradotta in uno studio di fattibilita', promosso dall'Italia e presentato agli Stati membri in occasione della riunione ministeriale tenutasi a Roma nel maggio 2002, per una Polizia europea di frontiera. b) Nel corso del 2002, l'azione dell'Unione si e' focalizzata maggiormente sulle politiche di contrasto all'immigrazione clandestina e gestione integrata delle frontiere. La strategia europea nella lotta all'immigrazione clandestina e alla tratta degli esseri umani e' stata definita nel Piano globale approvato dal Consiglio nel febbraio 2002; nel mese di luglio il Consiglio ha poi formalmente adottato una Decisione quadro sulla lotta contro la tratta degli esseri umani. Tra le misure previste dal Piano, particolare importanza assume l'intensificazione della politica di riammissione, che ha condotto - come sopra ricordato - all'approvazione da parte del Consiglio, di cinque nuovi mandati alla Commissione per negoziare accordi di riammissione con l'Ucraina (giugno 2002), l'Albania, l'Algeria, la Cina e la Turchia (novembre 2002). Si rammenta in argomento che sono stati firmati gli accordi con Hong Kong e Macao e siglato quello con lo Sri Lanka. Sono attualmente in corso i negoziati con Marocco ed Albania, mentre piu' difficili sembrano i contatti con Russia e Pakistan, sulla base dei mandati negoziali approvati anteriormente. Con riferimento alla gestione coordinata ed integrata delle frontiere, grande rilievo ha assunto, in ambito europeo, il citato studio di fattibilita' promosso dall'Italia per l'istituzione di una polizia europea di frontiera. Il Consiglio GAI del giugno 2002 ha poi adottato un Piano per la gestione delle frontiere esterne dell'Unione europea, basato ampiamente sullo studio di fattibilita' italiano. Nello stesso mese di giugno, il Consiglio europeo di Siviglia ha fatto propri i contenuti di tale piano ed ha conferito nuovo impulso alle politiche comunitarie nel settore dell'immigrazione e dell'asilo, secondo quattro linee direttrici che hanno dettato l'orientamento dell'azione dell'Unione nei mesi successivi: lotta all'immigrazione clandestina, gestione comune delle frontiere esterne, rapporti con i paesi terzi di origine e transito dei flussi migratori, accelerazione della produzione normativa in materia di asilo ed immigrazione. Sulla base di tali indicazioni, nel corso dell'ultimo anno sono stati realizzati diversi progetti pilota per operazioni congiunte di pattugliamento alle frontiere e per la creazione di centri tematici (per l'analisi del rischio, per le tecnologie di individuazione dei clandestini, per l'addestramento comune del personale, per le frontiere terrestri, marittime ed aeree). Tali centri costituiranno il sistema "a rete" previsto dallo studio di fattibilita' sulla Polizia europea delle frontiere e dal Piano d'azione sulla gestione delle frontiere esterne. In materia di lotta all'immigrazione clandestina, oltre alla citata produzione normativa sul traffico di esseri umani ed all'accelerazione della politica di riammissione attraverso l'adozione di nuovi mandati per accordi di riammissione comunitari, e' da ricordare il Programma d'azione sui rimpatri, adottato dal Consiglio nel novembre 2003, che mira alla definizione di una strategia comune dell'Unione, in relazione tanto al ritorno volontario quanto a quello forzato. Su tale base, ed al fine di dotare il programma di adeguate risorse finanziarie per l'attuazione, l'Italia si e' fatta promotrice, insieme a Regno Unito, Spagna, Portogallo e Grecia, di una proposta per l'istituzione di un vero e proprio Fondo Europeo per i rimpatri. La Commissione sembra orientata, anche in risposta alle indicazioni del Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, a destinare un'apposita quota del bilancio comunitario al finanziamento delle azioni in materia di rimpatrio. Quanto alle relazioni con i Paesi terzi di origine e transito dei flussi migratori, il Consiglio europeo di Siviglia ha sottolineato l'importanza di procedere secondo un approccio integrato, globale ed equilibrato che si basi sull'effettiva collaborazione con gli stessi. A Siviglia e' stato altresi' deciso che in ogni futuro Accordo di cooperazione, associazione o altro accordo equivalente che l'Unione europea o la Comunita' concludera' con un Paese terzo, sia inserita una clausola sulla gestione comune dei flussi migratori, nonche' sulla riammissione obbligatoria in caso di immigrazione clandestina. Clausole del genere sono attualmente contenute in gran parte degli Accordi di Associazione conclusi o in negoziato (con la Giordania, il Libano, la Siria, la Comunita' Andina, l'America Centrale ed il Mercosur). In risposta all'esigenza di maggior integrazione delle tematiche migratorie nel dialogo con i Paesi terzi, il Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne del novembre 2002 ha adottato specifiche conclusioni sull'intensificazione del dialogo migratorio con i paesi terzi di origine e transito dei flussi, individuando nove paesi prioritari (Albania, Cina, Serbia e Montenegro, Marocco, Russia, Ucraina, Turchia, Tunisia e Libia). La Commissione ha poi presentato, nel dicembre 2002, una Comunicazione nella quale sono presi in esame i diversi aspetti del nesso tra il fenomeno migratorio e le politiche di sviluppo. Sulla base di tale comunicazione il Consiglio ha adottato, nel maggio 2003, specifiche conclusioni sul tema migrazione e sviluppo. Sul piano dell'armonizzazione normativa, nel corso del 2002, sono stati adottati il Regolamento che definisce talune modalita' di applicazione di Eurodac (il sistema di confronto delle impronte digitali elaborato per un'efficace applicazione della Convenzione di Dublino) ed il Regolamento che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi. Il Consiglio ha altresi' adottato, nel giugno 2002, la Decisione che istituisce - per il periodo 2002-2006 - il programma "ARGO" finalizzato alla cooperazione nei settori delle frontiere esterne, dei visti, dell'asilo e dell'immigrazione. c) Nel corso del 2003 sono proseguite le attivita' volte all'attuazione delle misure decise a Siviglia, soprattutto con riferimento alle operazioni congiunte di pattugliamento alle frontiere, nonche' all'attivazione dei centri tematici previsti dal Piano per la gestione integrata delle frontiere esterne. E' proseguita altresi' l'attivita' normativa, con l'adozione formale della direttiva sull'accoglienza dei richiedenti asilo e del regolamento "Dublino II", sulla determinazione dello Stato responsabile per l'esame delle domande di asilo. Un accordo politico e' stato raggiunto, al Consiglio GAI di giugno 2003, sulla direttiva relativa allo status dei cittadini di paesi terzi residenti di lungo periodo, mentre recente e' l'adozione della direttiva sul ricongiungimento familiare. Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003 ha costituito l'occasione per una verifica dello stato di attuazione delle misure decise a Siviglia, dando un impulso di rilievo soprattutto ai temi del controllo delle frontiere, dei rimpatri, dei visti nonche' delle relative risorse finanziarie. A partire dal luglio 2003, la Presidenza italiana ha condotto i lavori per la costruzione di una vera e propria politica europea in materia di asilo ed immigrazione, sulla base delle indicazioni di Salonicco, in un quadro di equilibrio tra le misure di lotta all'immigrazione clandestina e controllo delle frontiere e quelle di accoglienza ed integrazione degli immigrati legali. Al fine di garantire maggiore efficacia all'azione europea di controllo delle frontiere esterne, attraverso un migliore coordinamento dei progetti e delle operazioni congiunte, il Consiglio europeo di giugno ha deciso l'istituzione di un Organo Comune di Esperti delle Frontiere (Border Practitioners Common Unit), che ha gia' cominciato ad operare in seno al Consiglio. Sulla base dell'esperienza della Common Unit, sara' altresi' valutata l'opportunita' di creare una "struttura operativa comunitaria" che dovrebbe prendere la forma di una vera e propria Agenzia. In materia di asilo, l'Italia e' impegnata a concludere il processo di armonizzazione normativa con l'adozione delle rimanenti misure previste dal Trattato di Amsterdam, attraverso il raggiungimento di un accordo politico sulla proposta di direttiva che disciplina le procedure minime per la concessione e la revoca dello status di rifugiato, nonche' sulla proposta di direttiva relativa alle definizioni di rifugiato e di protezione sussidiaria. E' inoltre in discussione, anche con l'UNHCR, la questione del rafforzamento della tutela dei rifugiati nelle regioni di origine, al fine di ridurre l'utilizzazione da parte dei veri richiedenti asilo degli stessi canali di arrivo degli immigrati clandestini e di rendere maggiormente efficace l'attuale sistema di asilo. A conclusione del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, i positivi risultati raggiunti rendono conto del notevole impegno profuso in materia di gestione dei flussi migratori e controllo delle frontiere esterne. In particolare, il Consiglio europeo del dicembre 2003 ha preso atto dell'intesa raggiunta, in sede di Consiglio GAI, sui principali elementi costitutivi dell'Agenzia per la gestione delle frontiere esterne, che dovrebbe essere operativa entro il 2005 a seguito dell'adozione del regolamento istitutivo, attualmente in discussione nei competenti gruppi di lavoro del Consiglio. Il Consiglio europeo ha anche preso atto dell'adozione, su proposta della Presidenza, di un programma di misure appositamente dedicato all'immigrazione via mare, che sottolinea una speciale attenzione dell'Unione europea per tale fenomeno. Accordi sono stati raggiunti, inoltre, su iniziative normative per facilitare la collaborazione tra Stati membri in materia di rimpatrio: tra questi, la Decisione sull'organizzazione di voli congiunti per l'allontanamento dei cittadini di paesi terzi illegalmente presenti nel territorio di due o piu' Stati membri. Notevole rilievo riveste altresi' l'accordo su due regolamenti per l'inserimento di dati biometrici in visti e permessi di soggiorno. Quanto all'immagine legale, su proposta della Presidenza italiana la Commissione si e' impegnata ad effettuare in tempi rapidi uno studio sui rapporti tra immigrazione legale e clandestina, che comportera' anche il tema di quote di ingresso a valenza europea. Un'intesa e' stata poi raggiunta sulla direttiva relativa alla concessione di permessi di soggiorno a breve termine per le vittime della tratta. Due importanti risultati sono stati infatti raggiunti, sotto la Presidenza italiana, nel settore delle relazioni con i Paesi terzi in materia migratoria: l'intesa interistituzionale con il Parlamento Europeo sul regolamento che istituisce un programma di assistenza finanziaria e tecnica ai paesi in materia di asilo ed immigrazione (programma AENEAS), nonche' l'adozione, al CAGRE dell'8 dicembre 2003, di specifiche conclusioni sull'avvio di un meccanismo di monitoraggio e valutazione di tali paesi nella lotta all'immigrazione clandestina. 3.8) Cooperazione allo sviluppo e flussi migratori Le strategie della Cooperazione italiana volte a sostenere i diritti umani, il consolidamento della democrazia, la riduzione della poverta' e lo sviluppo economico nei Paesi di origine dei flussi migratori hanno una notevole incidenza sugli stessi, agendo su alcuni dei principali fattori che li determinano. In particolare, stimolare lo sviluppo sociale e le capacita' produttive dei Paesi beneficiari contribuisce a ridurre la pressione migratoria, in particolare quella di tipo illegale,permettendo allo stesso tempo di creare le condizioni per una gestione ordinata dei movimenti dei migranti. Grande rilievo assumono in tale contesto le numerose iniziative di cooperazione bilaterale a favore del Maghreb e dei Balcani, che sono anche le aree prioritarie per l'Italia sotto il profilo migratorio. La conversione del debito di cui beneficiano Algeria, Marocco ed Egitto rappresenta inoltre uno strumento innovativo, che consente l'utilizzazione dell'ammontare corrispondente in valuta locale per realizzare progetti di sviluppo: costruzione di scuole, strade rurali, centri sanitari, schemi irrigui e di approvvigionamento idrico. La cooperazione italiana ha rivolto una particolare attenzione al sostegno della crescita di una diffusa imprenditorialita' nei PVS, soprattutto nei settori agricolo e manifatturiero, nel convincimento che lo sviluppo di tali settori possa contribuire a ridurre in modo strutturale e duraturo la poverta'. Lo strumento di intervento adottato e' stato quello del finanziamento di linee di credito settoriali alle Micro, Piccole e Medie Imprese (MPMI), privilegiate come target group, sia per la loro ampia distribuzione sul territorio, sia per le loro debolezze strutturali, che le rendono piu' sensibili alle cosiddette "insufficienze del mercato" (difficolta' di accesso al credito, esclusione dai mercati internazionali, scarse informazioni, fattori di scala, etc). Specifiche linee di credito agevolate sono state destinate alle MPMI ed alle societa' miste per il finanziamento di investimenti produttivi in Tunisia, Algeria, Marocco ed Egitto. Tali iniziative possono anche trarre vantaggio dell'esperienza italiana in tema di MPMI e di distretti industriali. Significativa a tal proposito e' la collaborazione instaurata con l'UNIDO (United Nation Indutrial Development Organization). E' importante in tale contesto sottolineare il ruolo che possono avere i migranti come possibili "agenti di sviluppo" in grado di avviare nei paesi di origine la costituzione di MPMI e l'aggregazione delle stesse. Associati alle linee di credito sono spesso interventi di natura non finanziaria, quali assistenza tecnica e trasferimento di tecnologia, molto utili in quasi tutte le iniziative, soprattutto nelle fasi di avvio, sino a quando la controparte del progetto non ha raggiunto l'autosufficienza nella gestione degli strumenti finanziari messi a disposizione. L'organismo di cui si e' spesso avvalsa la Cooperazione italiana per l'assistenza tecnica e' l'UNIDO, e piu' specificamente, l'Industrial Promotion Office di Milano, che ha una competenza specifica nell'assistenza alle imprese nella fase di preinvestimento. Altro settore di intervento per favorire lo sviluppo economico e' la formazione professionale mirata a superare quella carenza di risorse umane, considerata come uno dei piu' importanti fattori limitanti lo sviluppo delle imprese nei PVS. Per quanto riguarda la lotta alla tratta degli esseri umani legata allo sfruttamento sessuale, che coinvolge soprattutto donne e minori, la cooperazione italiana e' intervenuta in Nigeria con un programma realizzato dall'UNICRI (United Nations Interregional Crime and Justice Research). Una attivita' direttamente collegata alla tematica migratoria e' l'assistenza tecnica per la creazione di sistemi di gestione integrata delle informazioni sull'emigrazione e per il rafforzamento delle capacita' istituzionali e tecniche delle Amministrazioni dei Paesi d'origine dei flussi migratori. Si intende in tal modo favorire politiche volte a promuovere la legalita' nei flussi migratori, agevolare l'integrazione degli emigrati nel Paese di accoglienza, salvaguardare i vincoli socio-culturali degli emigrati con il Paese di origine, canalizzare verso il Paese di origine le risorse umane e finanziarie rilasciate dal processo di emigrazione. Una componente di particolare rilievo del progetto si incentra sul capacity building delle istituzioni pubbliche coinvolte, al fine di garantire la sostenibilita' del progetto anche dopo la fine delle attivita' di assistenza tecnica. La valorizzazione delle rimesse ai fini dello sviluppo dei Paesi di provenienza puo' assumere una grande importanza sotto il profilo migratorio ed aprire, al tempo stesso, nuovi orizzonti sia per l'utilizzazione dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo, sia per la promozione dei finanziamenti diretti esteri. In questo contesto, la cooperazione italiana sta studiando strategie di intervento, che coinvolgono anche le associazioni di migranti, il sistema bancario, con particolare attenzione per le casse di credito cooperativo (per le possibilita' che queste offrono in materia di assistenza tecnica e di prodotti di raccolta e di impiego del risparmio) ed i sistemi di microfinanza legati al settore delle ONG, nonche' le piccole e medie imprese locali per l'utilizzo delle rimesse ai fini di investimento. Regioni ed enti locali, in quanto istituzioni rappresentative di specifiche comunita' territoriali, rappresentano interlocutori privilegiati per la definizione ed il sostegno di interventi innovativi e sperimentali di cooperazione decentrata, quali quelli sulla valorizzazione delle rimesse. Altrettanto interessanti appaiono le iniziative relative a minori non accompagnati che sono in esame con alcune Regioni italiane (Puglia, Emilia Romagna e Marche) e rivolti ad alcuni Paesi dei Balcani (Bosnia-Erzegovina, Croazia ed Albania). Sul piano multilaterale, particolarmente intensa e' la collaborazione con l'OIM (International Organization for Migration), organizzazione internazionale che fornisce servizi di assistenza in materia di gestione dei flussi migratori e di rimpatrio volontario di migranti e rifugiati, con particolare attenzione alle attivita' di accoglienza, integrazione e/o reinserimento nelle aree di origine. 3.9) La politica dei Visti Nel 2001 la rete diplomatico-consolare italiana ha rilasciato 947.085 visti d'ingresso mentre l'anno successivo ne sono stati emessi 853.446. I dati registrati nei primi 9 mesi del 2003 indicano finora un assestamento su quelli del 2002. In tale ambito, gli ingressi per turismo e per affari rappresentano circa il 60% del totale. E' stata inoltre rilevata una crescita dei visti per motivi di studio, in particolare universitario, e per ricongiungimento familiare. A seguito dell'entrata in vigore del D.Lvo 286/98 e del successivo Regolamento di Attuazione adottato con il D.P.R. n. 394/99, e' stata predisposta, di concerto con gli altri Dicasteri competenti in materia, la Circolare ministeriale n. 14 del 24 ottobre 2001. Concepita allo scopo di dotare la rete diplomatica e consolare di uno strumento di lavoro aggiornato ed organico in materia di rilascio di visti d'ingresso, la Circolare n. 14/2001 offre una panoramica completa della normativa Schengen e nazionale in vigore. Essa infatti comprende, dopo un'articolata parte introduttiva, 21 schede dettagliate con la casistica dei tipi di visto previsti dalla legge e 13 allegati di particolare utilita' operativa. Il costante monitoraggio dell'attivita' svolta dalla rete diplomatico-consolare in materia di rilascio dei visti d'ingresso e l'esperienza acquisita nell'applicazione della relativa normativa hanno contribuito al continuo sforzo di ottimizzazione dei servizi. Al riguardo, particolare cura ed attenzione sono state prestate nell'assistenza alle Sedi per facilitare e snellire, nel rispetto delle disposizioni di legge, il rilascio dei visti per affari, turismo e lavoro, tanto subordinato (specie stagionale) che autonomo. Di crescente importanza si e' dimostrato l'impegno per il rilascio dei visti per ricongiungimento familiare. Si e' inoltre operato per rimuovere talune difficolta' registrate per i visti di ingresso per lavoro subordinato ed autonomo di personale altamente qualificato; fornire un quadro di riferimento organico per i visti per motivi di studio e formazione professionale; rafforzare la presenza dell'Italia nel circuito degli scambi culturali e scientifici; prevedere per il delicato settore degli scambi giovanili una disciplina piu' flessibile e, al tempo stesso, attenta alle indispensabili garanzie a tutela degli interessi dei minori. ----> VEDERE TABELLA A PAG. 91 DELLA G.U. <---- 3.10) Tendenze delle politiche migratorie degli altri Paesi europei Negli ultimi anni le politiche migratorie seguite dai singoli Paesi membri dell'Unione europea si sono concentrate sul contrasto dell'immigrazione clandestina e sul controllo delle frontiere, tendenza che si e' trasposta anche sulle politiche comuni dell'Unione europea. Inoltre, gran parte dei Paesi membri ha adottato, su base nazionale, un approccio convergente sui seguenti aspetti: politiche di integrazione, che pongono una maggiore enfasi sull'apprendimento della lingua, cultura e legislazione del Paese di accoglienza da parte degli stranieri; politiche dell'immigrazione per lavoro, che aprono alcune nuove opportunita' di ingresso e fanno un maggior uso della programmazione, anche attraverso quote; politiche dell'asilo, mirate a ridurre le domande "pretestuose." a) Le politiche sul contrasto dell'immigrazione clandestina e di controllo delle frontiere sono state rafforzate in particolare in Gran Bretagna e Francia, che hanno chiuso il centro di accoglienza a Sangatte, da cui partivano i tentativi di ingresso clandestino verso la Gran Bretagna tramite il tunnel sotto la Manica. In Gran Bretagna il Governo Blair ha inoltre varato una nuova legge in materia di immigrazione ed asilo, entrata in vigore all'inizio del 2003, che si propone di combattere l'immigrazione clandestina attraverso criteri piu' rigorosi di esame delle richieste di asilo, l'introduzione del reato di traffico e sfruttamento dell'immigrazione illegale e di sanzioni piu' severe a carico dei datori di lavoro per le assunzioni degli immigrati "in nero". Sono inoltre previsti maggiori controlli sui matrimoni di comodo. In Francia, la nuova legge sull'immigrazione approvata nel 2003, prevede l'estensione da 12 a 32 giorni del periodo di permanenza massima degli stranieri clandestini nei centri di trattenimento in attesa di espulsione. Viene inoltre introdotta la rilevazione delle impronte digitali nei visti turistici per i cittadini non comunitari e per tutti gli stranieri che richiedono un permesso di soggiorno. Potranno inoltre essere create "zone di attesa" provvisorie nel luogo in cui dovessero avvenire degli sbarchi. Allo stesso tempo sono state previste attenuazioni per la c.d."doppia pena" (pena detentiva, seguita da espulsione) per coloro che hanno un forte legame con la Francia (familiari di cittadini francesi, residenti di lunga durata, persone nate o cresciute in Francia). In Spagna, e' stata approvata nel 2003 una riforma della normativa vigente (Ley de Extranjeria del 22.12.2000), che rafforza il sistema di vigilanza elettronica contro gli sbarchi di clandestini (il SIVE o Sistema Integrato di Vigilanza Esterna) situato sulle coste meridionali del Paese, introduce una regolamentazione piu' rigida in tema di ricongiungimento familiare, potenzia i centri di trattenimento per gli irregolari e mira ad intensificare le attivita' di rimpatrio. Viene inoltre stabilito l'obbligo per le compagnie aeree di cooperare con le Autorita' spagnole nella lotta all'immigrazione illegale, segnalando il mancato uso del biglietto di ritorno da parte di cittadini extracomunitari, pena sanzioni pecuniarie estremamente elevate. In Germania e' stata approvata nel 2004 una nuova "legge sull'immigrazione e l'integrazione degli stranieri", a modifica della vigente "legge sugli Stranieri" del 1990. Per le persone che non hanno titolo a risiedere nel Paese e che devono pertanto essere rimpatriate, e' previsto l'obbligo di residenza in particolari strutture sino al momento dell'espulsione. La dichiarazione di false generalita', ed in generale i comportamenti volti ad ostacolare la propria identificazione, comporteranno la decadenza da ogni diritto di soggiorno. Ulteriori misure sono state aggiunte per poter espellere gli stranieri sospettati di attivita' terroristiche. In Portogallo, la nuova legge sull'immigrazione, in vigore dal febbraio 2003, si muove in un'ottica di armonizzazione con le direttive e gli orientamenti comunitari e prevede inoltre un regime di sanzioni piu' severo in relazione al traffico di esseri umani e all'immigrazione illegale. Infine, non viene piu' previsto il rilascio di "autorizzazioni di permanenza" (Autorizaçao de Permanencia), un permesso di soggiorno atipico che il Portogallo ha concesso, nel biennio 2001-2003, per "regolarizzare" gli immigrati irregolari. b) Le nuove politiche dell'integrazione richiedono agli stranieri che desiderano risiedere nei Paesi europei uno sforzo di adattamento e di inserimento nelle societa' di accoglienza, in particolare in termini di apprendimento della lingua, delle sue leggi ed istituzioni. La nuova legge francese prevede l'introduzione di un "contratto di integrazione" per i nuovi entrati, basato su corsi di apprendimento del francese e sullo studio dei "valori della societa' francese". Il certificato conseguito alla fine di questi corsi da' accesso ad un permesso di residenza decennale, mentre per coloro che non ottengono il certificato il permesso potra' essere solo annuale. In Germania, la nuova legge sull'immigrazione abbassa da 16 a 12 anni l'eta' massima per i ricongiungimenti dei figli minori che non possano provare di avere sufficiente conoscenza della lingua tedesca, ritenendo che oltre tale eta' non vi siano sufficienti garanzie per l'integrazione del minore nella societa' tedesca. Non sono stabiliti limiti di eta' per il ricongiungimento dei figli minori, ove lo straniero sia titolare di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, ovvero goda dello status di rifugiato, o se l'ingresso del minore avviene contestualmente a quello del suo nucleo familiare. Particolare accento viene posto sull'integrazione dei nuovi immigrati non comunitari, per i quali - nel caso in cui il livello di conoscenza del tedesco viene ritenuto insufficiente - e' previsto l'obbligo di frequenza di corsi di lingua e cultura tedesca. La Gran Bretagna intende introdurre, nella procedura per l'acquisizione della cittadinanza da parte di stranieri, un test di storia e istituzioni britanniche, che permetta di verificare la conoscenza di alcuni principi chiave del sistema politico e legale del Paese. In Austria, dal 2003, gli stranieri non comunitari arrivati dopo il 1998 devono dimostrare una conoscenza base del tedesco, oppure seguire dei corsi di lingua. Il Governo contribuisce a finanziare una parte del costo dei corsi, ma se lo straniero non riesce a superare il test di lingua, dopo quattro anni puo' essere revocato il permesso di soggiorno. Sono esentati da questo obbligo gli studenti ed i professionisti con le proprie famiglie. c) Allo stesso tempo sono state aperte nuove possibilita' di ingresso per lavoro, in particolare per alcune categorie particolarmente richieste dal mercato del lavoro locale ed anche attraverso una politica di programmazione basata su quote. La Gran Bretagna, che gia' permetteva l'ingresso per lavoro stagionale durante l'estate agli studenti del Commonwealth, ha significativamente ampliato le possibilita' di ingresso basate sulle esigenze del mercato del lavoro. E' stata stabilita una lista di professioni per le quali risulta difficile il reclutamento di personale in loco (elettronica, tecnologia dell'informazione e comunicazione e settore sanitario): in tali casi l'ingresso viene garantito con immediatezza. Dal 2001 un sistema a punti senza quote favorisce l'ingresso di lavoratori dipendenti o autonomi altamente qualificati. Nel 2002, 120.000 persone sono state ammesse nel paese per lavoro con permessi di breve durata e 116.000 hanno ricevuto l'autorizzazione di installarsi in maniera permanente. A maggio del 2003 il governo britannico ha inoltre introdotto una quota annuale di 20.000 ingressi per lavoro non qualificato, per coprire dei posti per i quali i datori di lavoro possono dimostrare di non essere riusciti a reperire personale in loco. Questi lavoratori devono avere tra i 18 ed i 30 anni e la quota viene resa disponibile progressivamente in tre tappe durante l'anno, per evitare un troppo rapido esaurimento della stessa. Dal 2000, la Germania ha introdotto quote programmate di ingresso per lavoratori stranieri nel settore dell'alta tecnologia, cui viene consentita una permanenza temporanea nel Paese. Il progetto di riforma normativa sull'immigrazione mantiene tale corsia preferenziale per l'ingresso di lavoratori extracomunitari altamente qualificati, oltre a infermiere e lavoratori agricoli stagionali. Viene anche facilitata la permanenza di giovani stranieri al termine del loro periodo di studio in Germania. Come l'Austria, la Spagna mantiene un sistema di programmazione per quote. La legge sull'immigrazione spagnola richiede inoltre che il cittadino extracomunitario sia in possesso di un valido contratto di lavoro per ottenere il rilascio del visto d'ingresso nel territorio nazionale. La residenza permanente puo' essere concessa allo straniero che abbia risieduto in Spagna regolarmente ed in forma continuativa per almeno cinque anni. Il progetto di riforma in materia migratoria introduce un visto d'ingresso di tre mesi per i cittadini extracomunitari, che consentira' - per detto periodo - la permanenza in Spagna ai fini della ricerca di un posto di lavoro, limitatamente al caso dei discendenti di cittadini spagnoli o di lavoratori impiegati in settori per i quali vi e' una forte richiesta da parte del mercato del lavoro. In Portogallo, la legge sull'immigrazione del 2003 ha introdotto un sistema di quote annuali di ingresso e facilitazioni per gli stranieri che intendano svolgere attivita' di ricerca scientifica. d) Per quanto riguarda le politiche in materia di asilo, le legislazioni dei Paesi europei riflettono la comune preoccupazione di ridurre le domande "pretestuose", per scoraggiare il ricorso allo strumento dell'asilo politico a scopi migratori. L'immigrazione in Gran Bretagna si presenta in gran parte sotto forma di richieste di asilo politico. Nel 2002, su un totale di circa 180.000 immigrati nel Regno Unito, oltre 110.000 risultavano appartenere alla categoria dei richiedenti asilo. E' stata pertanto varata una politica di contenimento, i cui punti salienti sono i seguenti: creazione di campi di accoglienza per i richiedenti asilo, per evitare la loro dispersione nel Paese durante le pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato; introduzione del concetto di "safe country", concernente i dieci Paesi europei di recente ingresso nell'UE (Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Ungheria, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia), piu' un'ulteriore lista aggiuntiva di 17 Paesi. La domanda di asilo proveniente da cittadini di tali Stati sara' ritenuta "ipso facto" manifestamente infondata; rigetto delle domande presentate dopo una prolungata permanenza all'interno del Regno Unito, e quindi non alla prima occasione utile alla frontiera; valutazione piu' attenta nella concessione del cosiddetto permesso di residenza per motivi umanitari (exceptional leave to remain), rilasciato in genere a chi, pur non avendo diritto al riconoscimento dello status di rifugiato, viene ritenuto meritevole di protezione internazionale. Si e' registrata una consistente riduzione del numero delle domande di asilo presentate in Gran Bretagna nel corso dell'anno. Per il primo semestre del 2003 il totale e' di poco superiore alle 25.000 unita'. In Germania, dal giugno 1993, e' in vigore una legge piu' restrittiva, che stabilisce procedure semplificate per la trattazione delle domande d'asilo, gia' al posto di frontiera. In particolare, e' stato introdotto ilc.d. gruppo dei "Paesi sicuri", ritenuti idonei a garantire un livello sufficiente di tutela. Anche il nuovo progetto di legge si muove nella medesima prospettiva. In Francia, e' in corso di approvazione un progetto di legge in materia di asilo, la cui principale innovazione consiste nell'istituzione di un'unica istanza responsabile in materia di esame delle domande di asilo (OFPRA - Office Français de Protection des Refugies et Apatrides). Viene inoltre introdotto il concetto di Paesi terzi "sicuri", ma non l'automatico rigetto senza istruttoria delle domande dei richiedenti asilo da essi provenienti. Le Prefetture potranno comunque rifiutare l'autorizzazione di soggiorno a richiedenti asilo che provengano da tali Paesi, ma dovranno trasmettere la relativa domanda al predetto OFPRA, ove la trattazione di questo tipo di richieste seguira' una procedura accelerata. Cap. 4) Le politiche di integrazione L'integrazione della popolazione immigrata consiste in un processo bidirezionale basato sul rispetto di diritti e doveri reciproci e su di un processo interculturale. Da una parte, il cittadino straniero deve adeguarsi alle regole e riconoscere i valori della societa' italiana, dall'altra deve avere accesso a beni e servizi che gli garantiscano una dignitosa qualita' della vita. In quest'ottica, le politiche di integrazione dovranno favorire la piena partecipazione economica, sociale e culturale dei cittadini stranieri, attraverso un costante confronto interistituzionale e politiche aperte di concertazione sociale, in considerazione dei principi, delle linee guida e dell'approccio multisettoriale espresso nella Comunicazione della Commissione europea su immigrazione, integrazione e occupazione (COM. 3.6.2003, n. 336). L'elaborazione di politiche di integrazione deve tener conto dell'evoluzione della progettualita' migratoria verso la ricerca di una maggiore stabilita', che si esprime, tra le altre cose, attraverso una crescente stabilita' occupazionale, una migliore padronanza della lingua italiana, un aumento dei ricongiungimenti familiari e una maggiore partecipazione scolastica. A fronte di persone stabilmente integrate nel paese, si e' potuta rilevare la presenza di numerosi stranieri irregolarmente presenti, le cui condizioni di precarieta' rendevano difficile una piena integrazione. Si trattava di una realta' parallela socialmente insostenibile, carica di rischi per l'ordine interno e la pacifica convivenza, che si andava ripercuotendo anche sulle politiche e le opportunita' di integrazione sociale dei lavoratori regolarmente residenti. Lo sforzo fatto dal governo italiano con il procedimento di regolarizzazione (sulla base della legge 30 luglio 2002, n. 189 "Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo" e del decreto legge 9 settembre 2002 n. 195 e legge di conversione 9 ottobre 2002, n. 222 recante "Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari"), che ha interessato circa 700.000 lavoratori stranieri sul territorio nazionale, ha avuto l'obiettivo di far emergere dal lavoro irregolare lavoratori stranieri "invisibili", impegnati in attivita' svolte in violazione della disciplina vigente e privi di tutele contrattuali e copertura assicurativa. Attraverso questo procedimento, che ha rafforzato il collegamento tra occupazione e permesso di soggiorno, si e' garantita a tutti gli immigrati regolarizzati la tutela dei diritti gia' disponibili per i loro connazionali regolari. Tutto cio' comportera' nei prossimi anni un impulso significativo delle misure di integrazione connesse con le nuove regolarizzazioni. I dati piu' recenti sulle tendenze all'integrazione sociale delle comunita' immigrate regolarmente residenti in Italia forniscono elementi utili per la definizione degli orientamenti verso i quali rivolgere le politiche di integrazione dei lavoratori stranieri recentemente regolarizzati. La partecipazione di migliaia di immigrati a corsi di lingua italiana e la certificazione delle competenze linguistiche acquisite fornisce un primo elemento di riflessione sullo strategico ruolo veicolare della lingua nel processo di interazione tra stranieri adulti e societa' di accoglienza. Il mondo della scuola rappresenta un altro spazio cruciale per l'interazione positiva tra stranieri e popolazione autoctona ed ha visto aumentare la presenza di alunni stranieri dai 50.322 studenti nell'anno scolastico 1995/1996 ai 232.766 del 2002/2003. In ambito scolastico negli scorsi anni erano stati segnalati problemi di accesso per i minori stranieri, con un alto tasso di insuccesso e di dispersione scolastica soprattutto nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria, mentre i piu' recenti dati mostrano una tendenza al superamento di queste criticita' che andra' rafforzato nei prossimi anni per ridurre ulteriormente lo scarto rispetto alla popolazione studentesca italiana e garantire un deciso incremento della mobilita' scolastica oltre la scuola dell'obbligo. L'aumento delle aspirazioni all'acquisto di una abitazione mostra un altro elemento della stabilita' e dell'integrazione raggiunta da molti immigrati. La difficolta' a trovare una casa rispondente alle esigenze abitative di molte famiglie immigrate fa emergere la necessita' di trovare soluzioni rivolte a tutte le fasce svantaggiate della popolazione, anche favorendo la collaborazione tra istituzioni pubbliche centrali, locali, interlocutori privati e del Terzo Settore. Il ricorso a figure di mediazione linguistico - culturale e' stato ampiamente utilizzato in questi ultimi anni, producendo effetti positivi nella promozione dei diritti fondamentali e nella facilitazione dei rapporti tra cittadini stranieri e servizi pubblici. Un importante risultato si e' raggiunto in ambito socio-sanitario e nell'informazione giuridica e occupazionale. Questa strategia andrebbe rafforzata nel quadro di un riconoscimento formale delle competenze della figura professionale del mediatore culturale c della promozione del ricorso alla mediazione a vantaggio di una piu' efficace interazione tra stranieri e amministrazione pubblica. La tutela dei diritti degli immigrati offerta dalle normative vigenti comporta pero' anche una puntuale conoscenza da parte del lavoratore immigrato dei suoi obblighi relativi ad una permanenza regolare in Italia. Il rispetto di tali doveri e' indispensabile per evitare i rischi di una ricaduta nell'illegalita' ed e' per questo motivo che si dovrebbe promuovere un costante monitoraggio, a livello locale e regionale, della realta' migratoria e dei suoi sviluppi e campagne informative finalizzate a prevenire ogni rischio di permanenza illegale sul territorio. 4.1) Consigli territoriali per l'immigrazione Per una piu' puntuale politica di integrazione viene prevista dall'art. 3 del T.U. l'istituzione dei Consigli Territoriali per l'Immigrazione, organismi con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale. L'art. 57 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 ha affidato ai Prefetti la responsabilita' di assicurare la formazione e il funzionamento dei Consigli Territoriali e il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 dicembre 1999, istituendo i Consigli in ogni provincia, ha attribuito agli stessi la presidenza dei suddetti organismi. I Consigli sono composti da rappresentanti dei competenti uffici periferici delle amministrazioni dello Stato, dal Presidente della Provincia, da un rappresentante della Regione, dal sindaco del comune capoluogo o da un suo delegato nonche' dal sindaco dei comuni della Provincia di volta in volta interessati o da un suo delegato, dal Presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un suo delegato, da almeno due rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, da almeno due rappresentanti delle associazioni piu' rappresentative degli stranieri extracomunitari operanti nel territorio, da almeno due rappresentanti degli enti e delle associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza degli immigrati. Possono essere inoltre invitati a partecipare alle riunioni i rappresentanti delle Aziende Sanitarie Locali, nonche' degli enti e delle associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati. I Consigli Territoriali per l'immigrazione rappresentano, innanzitutto, osservatori privilegiati del fenomeno immigratorio e punti focali di riferimento per tutti i soggetti che agiscono ai fini dell'integrazione degli stranieri regolari nel nostro Paese. Tali organismi costituiscono, in effetti, una preziosa risorsa per la pianificazione delle politiche per l'integrazione degli stranieri - consentendo, da un lato, attraverso la loro funzione di raccordo, di elaborare strategie e modulare interventi in relazione alle specifiche esigenze del territorio, e, dall'altro, di fungere da canale di trasmissione di preziosi flussi di informazione, dalla periferia al centro. I Consigli Territoriali -progressivamente costituitisi in ogni Provincia in questi ultimi anni - hanno mostrato di saper affrontare le concrete difficolta' di inserimento degli immigrati nel tessuto sociale, avviando numerose iniziative, con la collaborazione di vari enti e associazioni locali. Sono state attivate forme di monitoraggio attraverso osservatori statistici gia' presenti sul territorio o con l'istituzione di appositi osservatori all'interno degli stessi Consigli. La creazione di reti telematiche - avviata in qualche realta' regionale - appare sicuramente la forma migliore per un'efficace raccolta e analisi dei dati. Pur se i campi di indagine sono strutturati in base alle caratteristiche dei diversi territori, denominatori comuni di analisi per tutti i Consigli - utili alla lettura dei bisogni e del livello di inserimento sociale della popolazione immigrata - sono il monitoraggio sull'inserimento lavorativo, la domanda e l'offerta del mercato del lavoro locale, le soluzioni abitative, l'accesso ai servizi socio-sanitari, l'inserimento scolastico e i servizi rivolti ai minori in genere, gli aspetti religiosi. Un'attenta e approfondita attivita' di monitoraggio del fenomeno migratorio nei suoi piu' rilevanti aspetti, garantendo una reale conoscenza dei problemi dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo, consente e favorisce, quindi, la promozione e pianificazione integrata degli interventi e la fissazione di obiettivi a breve e medio termine perseguiti nell'ambito di commissioni o gruppi di lavoro, istituiti nei Consigli per fornire, nei vari settori di competenza, contributi in termini di idee e di proposte concrete. La validita' e l'efficacia dei Consigli si dimostra, inoltre, nella possibilita' e capacita' di esercitare una funzione di indirizzo delle risorse messe a disposizione da altri soggetti, costituendo punto di riferimento di iniziative e progettualita' locali. Gli interventi maggiormente incisivi finora promossi dai Consigli sono stati sostenuti da protocolli d'intesa o da accordi di programma, strumenti consensuali sottoscritti dai vari partecipanti ai Consigli stessi, con i quali sono stati condivisi gli obiettivi e il conferimento delle risorse umane e strumentali. L'efficacia operativa dei Consigli Territoriali per l'immigrazione, dipende, essenzialmente, dalla qualita' ed intensita' dei rapporti tra le sue componenti nonche' dalla capacita' di rispecchiare le esigenze delle realta' locali ad essi collegate. E' importante, ai fini di una condivisione delle strategie da adottare, la partecipazione di rappresentanze sociali - che esprimono l'effettiva realta' del territorio provinciale - oltre a quelle degli enti istituzionali. Essenziale, ai fini di un efficace funzionamento dei Consigli territoriali, e' comunque il ruolo svolto dalle Regioni, Province e Comuni, soggetti principali per la programmazione delle politiche di integrazione a livello locale. L'attivazione - a livello regionale - di appositi tavoli di confronto periodici con i Consigli Territoriali si e' dimostrata un coefficiente di facilitazione nodale per la costruzione di sistemi integrati delle competenze e per la convergenza delle risorse disponibili verso il raggiungimento di obiettivi condivisi. Nelle realta' regionali che hanno dato vita a questa concertazione periodica con i Consigli Territoriali e dove questi ultimi si sono posti, coordinandosi tra loro, come interlocutori privilegiati delle Regioni stesse, sono stati predisposti dei piani progettuali di intervento integrati, omogenei e rispondenti alle reali necessita' espresse dal territorio. Il Consiglio territoriale per l'immigrazione, nelle sue prime esperienze, si sta dimostrando, in effetti, uno strumento assai utile per la gestione delle politiche dell'immigrazione sul territorio. E' auspicabile, dunque, che tale struttura possa vedere la propria identita' rafforzata, nel prossimo futuro, costituendo sempre piu' il fulcro di un'incisiva attivita' di monitoraggio, la sede privilegiata di discussione, approfondimento e informazione delle problematiche riguardanti l'immigrazione, di coordinamento e indirizzo degli interventi e della gestione delle risorse rispondenti ai livelli di necessita' espressi dal territorio. L'importanza del ruolo dei Consigli Territoriali e' confermata anche dalla positiva ricaduta del coinvolgimento di tali organismi in occasione della procedura di regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari, ancora in atto. Le Prefetture si sono avvalse dei Consigli, per meglio accompagnare le procedure burocratiche attivando strategie di comunicazione ampie ed efficaci. Attraverso i Consigli, e' stato possibile interessare tutti i soggetti del mondo dell'associazionismo per veicolare informazioni corrette ed omogenee. In tale circostanza i Consigli si sono tradotti in punti focali di informazione e di consulenza, in sedi privilegiate di confronto e discussione sulle problematiche della regolarizzazione, contribuendo, quindi, allo snellimento ed alla semplificazione delle operazioni connesse alla stessa procedura. Dagli stessi Consigli sono stati inoltre segnalati quesiti e problemi all'Amministrazione Centrale, che hanno contribuito anche a correggere e migliorare la procedura. Tali organismi, quindi, potranno rappresentare un efficace strumento di dialogo ed orientamento anche riguardo ai procedimenti di attuazione della nuova legge sull'immigrazione. Attraverso i Consigli Territoriali per l'Immigrazione si ritiene che possa essere effettuata una capillare opera di informazione sul territorio, attraverso i rappresentanti degli stranieri presenti nei Consigli stessi, riguardo alle novita' della legge 189/2002 e, in generale, ai diritti ed ai doveri degli stranieri presenti sul territorio. Si ritiene, infine, che rivesta fondamentale importanza la realizzazione di reti interistituzionali e interfunzionali di risorse e competenze, a livello locale, che individuino stabilmente nei Consigli territoriali per l'immigrazione le sedi idonee ai fini: - della collaborazione istituzionale ai vari livelli; - della concertazione sociale tra i vari soggetti presenti sul territorio rispetto all'analisi dei bisogni e delle esigenze; - della programmazione e realizzazione delle iniziative di integrazione sociale; - delle necessarie azioni di monitoraggio. 4.2) Alunni e studenti stranieri in scuole e universita' italiane Si sta delineando una scuola delle cittadinanze, europea nella sua ispirazione, radicata in un'identita' nazionale, capace di valorizzare le tante identita' locali, ma al contempo di far dialogare la molteplicita' delle culture entro una cornice di valori universali. L'aumento progressivo, negli ultimi anni, del numero di alunni che non hanno cittadinanza italiana pone l'accento sul carattere di stabilita' assunto dal fenomeno immigratorio ed evidenzia la necessita' di una pianificazione delle risorse e degli interventi. La scuola rappresenta il principale canale di integrazione dei minori immigrati. Costituisce non solo un luogo privilegiato per la trasmissione e la costruzione di modelli culturali, ma anche un ambito importante di incontro e di confronto, di interazione e di scambio, un laboratorio di inclusione sociale e di convivenza civile. Dal 1983 ad oggi, gli alunni stranieri non hanno mai smesso di aumentare, con un ritmo che e' cresciuto notevolmente a partire dall'anno scolastico 1996/97. Nel 2000/01 gli alunni stranieri erano 147 mila 406 (+28mila rispetto l'anno precedente), per diventare 282.683 nel 2003/4. Tra il 2000 ed il 2004 il numero di alunni stranieri e' raddoppiato. Tra i Paesi di provenienza guidano la classifica: Albania, Marocco, ex Jugoslavia e Romania, ma e' ben rappresentato anche il resto del mondo. Tra i banchi siedono alunni provenienti da 191 dei 195 Stati del pianeta. Le province italiane con le piu' alte percentuali di stranieri sono Mantova (9,32%), Prato (9,85%) e Reggio Emilia (8,70%). L'immigrazione in Italia si fa sempre piu' stabile, aumentano i ricongiungimenti familiari, sono stati quasi 400.000 al 31 dicembre 2001 pari al 28,9% del totale dei permessi di soggiorno e il tasso di natalita' tra gli stranieri e' il doppio del dato della popolazione italiana. Ogni 20 nati in Italia uno e' un bambino straniero (4,8% del totale). Ma l'incidenza sale al 7,3% nel Nord (1 ogni 14 nati). Il Ministero dell'istruzione stima che nel 2010 il numero di alunni stranieri dovrebbe essere compreso tra 488 e 566 mila, per arrivare nel 2017 a circa 710 mila. ----> VEDERE TABELLA A PAG. 99 DELLA G.U. <---- Studenti stranieri iscritti all'universita' Nell'anno accademico 2002-2003, gli stranieri iscritti nelle universita' italiane, a corsi di studio di I livello e post laurea, sono stati 34.000 con un incidenza percentuale, rispetto all'intera popolazione studentesca dell'1,84%. Nello stesso anno hanno lasciato il sistema universitario italiano, acquisendo un titolo di studio, quasi 3000 giovani provenienti dall'estero, pari all'1,3% degli studenti. Si registra un incremento della presenza degli studenti provenienti dall'area balcanica: albanesi, croati, rumeni ai primi posti. Linee generali di indirizzo 1. Integrazione e successo scolastico L'indagine sugli alunni stranieri con cittadinanza non italiana acquisisce anche i dati relativi ai risultati degli esami e degli scrutini effettuati dalla scuola al termine dell'anno scolastico. Questi dati, richiesti sia per gli alunni nel loro complesso, che per quelli con cittadinanza non italiana permettono di misurare il progressivo miglioramento degli esiti scolastici degli alunni. Se da un lato registriamo un progressivo miglioramento conseguito dagli alunni con cittadinanza non italiana, permane tuttavia una differenza negativa negli esiti formativi, soprattutto nella scuola secondaria di primo grado, e una dispersione scolastica, come tra i nativi, diffusa soprattutto in alcune province del Sud Italia. Dall'indagine si ricava, inoltre, che gli studenti stranieri che proseguono nelle scuole superiori scelgono in percentuale assai piu' rilevante istituti tecnici e professionali con la speranza di un piu' immediato inserimento nel mondo del lavoro permesso da questo tipo di studi. Nel Nord-Est per esempio abbiamo una presenza di studenti stranieri nel primo anno di scuole professionali del 11,67% (la piu' elevata d'Italia). La media nazionale sempre nel primo anno delle scuole professionali e' del 6,03. Nello stesso Nord-Est troviamo una presenza di alunni stranieri nel 1° anno degli istituti dell'istruzione classica scientifica e magistrale dell'2,18%. Punti di attenzione 1. Sara' necessario rivolgere particolare cura alla prosecuzione dell'attivita' formativa in adolescenza, supportando le scelte con buone azioni di orientamento. 2. Non diversamente dai ragazzi italiani, l'avvio verso percorsi formativi piu' orientati al mondo del lavoro, comprese le esperienze di alternanza, potra' costituire uno strumento importante per combattere l'abbandono scolastico se realmente commisurato ai percorsi di crescita della persona e in presenza di efficaci investimenti nella formazione professionale. 3. Per contrastare il disagio e l'abbandono scolastico e' stato elaborato un progetto nazionale, denominato "ENJOY", che mette a frutto esperienze italiane ed europee. L'ipotesi del progetto e' rivolta a costituire, in una complementarieta' d'interventi delle principali agenzie educative (scuola, famiglia, privato sociale) la costruzione di centri di aggregazione giovanile il cui target e' costituito da giovani di eta' compresa tra i 13 e i 18 anni. 4. Va posta particolare attenzione affinche' sia rispettato l'obbligo scolastico e formativo anche dei figli di immigrati non in possesso di regolare permesso di soggiorno e l'inserimento in classi scolastiche corrispondenti all'eta' anagrafica, ad eccezione di casi particolari valutati dal collegio dei docenti delle singole scuole. 2. La formazione degli insegnanti La formazione degli insegnanti riveste particolare importanza. Le sfide attuali richiedono necessariamente una continua crescita professionale di tutto il personale della scuola. Essa dovra' comprendere non solo metodi e conoscenze disciplinari, ma anche strumenti che permettano di rapportarsi agli alunni stranieri e alle loro famiglie, di comprendere codici di comunicazione verbale e non verbale appartenenti a culture diverse. Inoltre, una formazione specifica e' necessaria per l'insegnamento dell'italiano come lingua seconda. Gli stessi sistemi di valutazione dell'alunno straniero dovrebbero essere ripensati come metodi di valutazione comprensivi anche della lingua e della cultura per evitare che una valutazione inadeguata, o perche' eccessivamente rigida o perche' eccessivamente blanda, produca come primo effetto l'abbandono scolastico da parte degli alunni stranieri. Le azioni di supporto agli alunni stranieri e alle scuole che presentano una rilevante presenza di stranieri dovranno essere rafforzate e prolungate. I piani di studio personalizzati, la flessibilita' dell'organizzazione didattica, un clima affettivo e relazionale che consenta di star bene a scuola - riconosciute oggi come condizioni essenziali per ogni buona attivita' formativa- diventano irrinunciabili in classi multietniche, assieme alle azioni orientate alla cooperazione e alla costruzione delle regole della convivenza. Sara' necessario definire azioni di supporto agli insegnanti che partano da bisogni reali del territorio, mettendo in rete le scuole e definendo un ventaglio di tipologie di testi, strumenti, materiali didattici anche multimediali, per le biblioteche scolastiche, utili per l'integrazione degli alunni stranieri. 3. Il mediatore linguistico e culturale Anche nell'ambito della scuola la figura del mediatore linguistico e culturale si e' rivelata in grado di facilitare l'inserimento e di svolgere funzioni di supporto e di assistenza, sia in termini di conoscenza delle culture di cui sono portatori gli alunni immigrati, sia come sostegno agli stessi nella fase di adattamento alla scuola. Il mediatore, inoltre, puo' svolgere un ruolo non trascurabile proprio in quel dialogo con le famiglie che si considera fondamentale per l'integrazione. E' necessario instaurare forme di comunicazione chiara e costante tra la scuola e i genitori degli alunni stranieri, anche allo scopo di migliorare la conoscenza e la padronanza delle regole e dei meccanismi di funzionamento del sistema scolastico. Il dialogo con i genitori svolto con continuita' e non in maniera occasionale, assume una rilevanza fondamentale per un buon inserimento nel contesto scolastico e sociale. 4. L'insegnamento-apprendimento dell'italiano A tutti i livelli, sia per i bambini che per gli adulti costituisce un altro obiettivo importante. Per quanto riguarda i bambini e i ragazzi in eta' scolare, gli interventi finalizzati all'insegnamento della lingua di studio andranno strutturati tenendo conto della cultura di origine e realizzati all'interno delle classi di appartenenza e in laboratori interculturali e interlingue istituiti presso le scuole. Le esperienze in questa direzione, gia' realizzate in Italia, hanno prodotto risultati positivi. Un obiettivo sara' quello di costituire una Banca Dati di buone pratiche didattiche avviando altresi' un monitoraggio e una valutazione degli esiti formativi. Il riconoscimento dell'importanza della lingua come strumento di integrazione e' anche alla base del progetto pilota per la costituzione di un sistema nazionale per l'insegnamento dell'italiano di base agli immigrati adulti, condotto dal MIUR in collaborazione con le Universita' italiane su tutto il territorio nazionale. 5. "Life long learning" Quando si parla di offerta formativa ed orientativa ci si riferisce anche agli adulti nello scenario dell'apprendimento durante tutto l'arco della vita. L'educazione degli adulti perde la sola connotazione "compensativa" e diviene diritto di ogni persona. Le attivita' dei Centri Territoriali Permanenti insieme ai classici corsi di italiano per adulti immigrati possono svolgere attivita' di educazione interculturale. Anche la geografia della partecipazione dei cittadini stranieri adulti(5) ai corsi di alfabetizzazione primaria e ai corsi per l'integrazione linguistica e sociale conferma le caratteristiche che si sono delineate nell'indagine sugli alunni che non hanno cittadinanza italiana: i tre quarti dei corsi per stranieri sono stati attivati nelle regioni settentrionali. Le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sono ai primi posti per numero di corsi per adulti rivolti ai cittadini stranieri. Il numero dei frequentanti le attivita' formative dei Centri Territoriali Permanenti e' stato di 76.819 adulti stranieri (a.s. 2001/2002) e di ben 116.319 nell'anno scolastico 2002-2003, appartenenti a 162 diverse nazionalita', con un incremento pari al 51% rispetto all'anno precedente. In tale ultimo anno, 26.541 adulti stranieri hanno frequentato corsi finalizzati al conseguimento del titolo di studio, 59.996 hanno frequentato corsi per l'alfabetizzazione linguistica e 29.742 corsi modulari. ------------------------------ (5)Per ulteriori approfondimenti si veda il volume "L'offerta formativa dei centri territoriali permanenti", Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, gennaio 2003. 6. Misure per agevolare l'ingresso dei ricercatori Nel quadro della politica di internazionalizzazione della ricerca che il Governo sta perseguendo, sono stati conclusi negli ultimi anni numerosi accordi bilaterali per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnologica da realizzarsi attraverso: 1. scambio di studiosi, di ricercatori, di specialisti e di esperti; 2. organizzazione di seminari, conferenze scientifiche e tecnologiche; 3. ricerche comuni su progetti interessanti le parti; 4. scambi di documentazione scientifica e tecnica; 5. partecipazione congiunta a programmi quadro dell'Unione europea per le ricerche scientifiche, lo sviluppo tecnologico e le innovazioni in altri programmi europei per la collaborazione scientifica e tecnica; 6. promozione della stipula di specifici accordi e intese tra Universita', enti di ricerca e associazioni scientifiche, nonche' partecipazione a programmi multilaterali. In coerenza con tali accordi, il testo unico sull'immigrazione ha espressamente escluso i ricercatori e i docenti universitari dal sistema delle "quote" che regola di anno in anno gli ingressi di cittadini non comunitari in Italia. E' quindi consentito senza limitazioni l'ingresso dall'estero di ricercatori. Tuttavia, sul piano attuativo, si sono evidenziate alcune critiche. Vanno pertanto attivate tutte le iniziative volte a facilitare l'ingresso dei ricercatori stranieri in Italia. ----> VEDERE TABELLA A PAG. 102 DELLA G.U. <---- Indicazioni conclusive Sono da promuovere e valorizzare le esperienze gia' in atto nelle scuole mettendo a sistema buone pratiche realizzate anche con il concorso delle associazioni degli immigrati, del volontariato, degli Enti Locali. Uno strumento di conoscenza della realta' nazionale sugli alunni stranieri a scuola sara' fornito da una ricerca nazionale promossa dal MIUR con il coordinamento scientifico di studiosi dell'Universita'. Sono da promuovere e realizzare confronti con le strategie educative degli altri Paesi europei, alcuni dei quali hanno una lunga esperienza di integrazione, e incrementare lo scambio di pratiche, esperienze, metodi di lavoro tra scuole e insegnanti di altri paesi. Si deve andare verso una scuola delle culture e dei diritti umani, radicata nel proprio territorio e in Europa, collocata in una cornice di valori universali. 4.3) Iniziative per l'apprendimento della lingua italiana La conoscenza della lingua rappresenta un indicatore del successo del percorso migratorio e della capacita' degli immigrati di inserirsi professionalmente e socialmente nella societa' italiana. I problemi posti dall'apprendimento della lingua sono stati troppo spesso delegati alle modalita' di acquisizione spontanea. L'insegnamento sistematico della lingua italiana rappresenta un passaggio essenziale per la facilitazione del processo di integrazione nella comunita' di accoglienza. Molte esperienze di insegnamento dell'italiano come seconda lingua hanno mostrato la loro efficacia in questi anni. Sulla base di quanto stabilito dal decreto legislativo n. 28611998 "testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero" e successive modificazioni (legge 189102), all'art. 38 "Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale", l'insegnamento della lingua italiana e promosso dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali, anche in collaborazione con le associazioni del terzo settore e del volontariato, tenuto conto delle esigenze dei lavoratori e valorizzando le strutture esistenti sul territorio. Le esperienze di certificazione ufficiale della competenza linguistica si sono dimostrate estremamente positive, perche' garantiscono al cittadino straniero una chiave di accesso privilegiato nel tessuto economico-produttivo e socio-culturale italiano. Il riconoscimento delle competenze linguistiche, attraverso indicatori e parametri standardizzati di valutazione, tutela sia il datore di lavoro che il lavoratore straniero e favorisce la conoscenza dei valori e della cultura italiana da parte dell'immigrato. Ai sensi del d.lgs. n. 286/98 e sulla base del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112, "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle Regioni e agli Enti Locali, in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59", il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha avviato accordi di programma pluriennali con buona parte delle Regioni per l'attivazione e realizzazione di progetti rivolti tra l'altro anche all'alfabetizzazione e all'apprendimento della lingua e della cultura italiana. Un rafforzamento di tali esperienze dovrebbe essere diffuso sul territorio nazionale e analogamente sviluppato mediante la predisposizione di specifici percorsi formativi anche nei paesi di emigrazione, nel quadro di accordi bilaterali. Un contributo a livello normativo e' offerto dall'articolo 19 "Titoli di prelazione" della legge n. 189 del 30 luglio 2002, che ha modificato l'art. 23 del testo unico e prevede programmi per attivita' di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine degli immigrati, finalizzati alla formazione mirata e al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia, nonche' al loro inserimento nei settori produttivi del Paese. L'aver partecipato a questo tipo di programmi fornisce all'aspirante emigrante una corsia preferenziale ai fini dell'ingresso per lavoro e prospetta agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi stranieri. Sarebbe infine auspicabile promuovere percorsi di apprendimento linguistico nell'ambito lavorativo, mediante una collaborazione piu' stabile tra istituzioni locali, associazioni datoriali, datori del lavoro ed organizzazioni del privato sociale. 4.4) La salute degli stranieri L'immigrazione, in Italia, si configura come un fenomeno relativamente recente, se confrontato ad altri Paesi europei; pertanto ci troviamo attualmente di fronte ad individui appartenenti alla prima o - per alcune comunita' di stranieri - alla seconda generazione di immigrati, con una bassa percentuale di soggetti anziani e di bambini. Se nel recente passato il fenomeno migratorio (nel caso della prima generazione di immigrati) interessava principalmente individui autoselezionati, di eta' giovanile e in buona salute (condizione descritta dalla letteratura scientifica come "effetto migrante sano"), cio' non e' valido, a priori, per le generazioni successive o per specifiche tipologie di immigrati, quali i profughi ed i richiedenti asilo (caratterizzati da una costrizione alla migrazione) o, ad esempio, per gli stranieri presenti per effetto di un ricongiungimento familiare. Nella situazione attuale numerosi fattori epidemiologici e condizioni socioeconomiche rendono lo stato di salute degli immigrati stranieri meritevole di una particolare tutela, come documentato nel capitolo specificamente dedicato alla salute degli stranieri immigrati contenuto nella Relazione sullo stato sanitario del Paese - 1999. Infatti, oltre alle condizioni che minacciano la salute di tutti i soggetti deboli e che colpiscono in modo particolare una non trascurabile fascia di questa popolazione (disoccupazione o precarieta' occupazionale e scarsa tutela sul lavoro; inadeguatezza alloggiativa, sovraffollamento e carenze igieniche; alimentazione insufficiente e/o sbilanciaLa; diversita' climatiche), si devono tenere presenti fattori peculiari che svolgono un ruolo particolare nei confronti della salute degli immigrati legati al quadro epidemiologico del paese di origine e ad aspetti culturali (difficolta' di comunicazione e di inserimento sociale), psicologici (lontananza dagli affetti, mancanza di supporto familiare, rischio di fallimento del progetto migratorio) e di discriminazione nell'accesso ai servizi. Atteggiamenti e comportamenti degli stranieri immigrati nei confronti dei servizi sanitari, derivanti dalle tradizioni culturali