(all. 1 - art. 1)
                                                             Allegato
                   Al Presidente della Repubblica
    Il  comune di Pozzuoli (Napoli), i cui organi elettivi sono stati
rinnovati  nelle  consultazioni  amministrative  del  13 maggio 2001,
presenta  forme  di ingerenze da parte della criminalita' organizzata
che  compromettono  l'imparzialita'  della gestione e pregiudicano il
buon  andamento dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei
servizi.
    Invero,  sulla  base  degli  elementi  informativi raccolti dalle
forze  dell'ordine  nel corso dell'attivita' di monitoraggio posta in
essere  nel  territorio,  che  evidenziavano  un concreto pericolo di
condizionamento   di   quell'ente   da   parte   della   criminalita'
organizzata,  il  prefetto di Napoli ha disposto, il 5 febbraio 2004,
l'accesso  presso  il  suddetto  ente,  ai  sensi dell'art. 1, quarto
comma,  del  decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito dalla
legge   12 ottobre  1982,  n.  726,  e  successive  modificazioni  ed
integrazioni.
    I  riscontri  effettuati dai competenti organi investigativi e le
risultanze  della  attivita'  di  accesso  confluite  nella relazione
redatta   dalla   commissione  all'uopo  incaricata,  cui  si  rinvia
integralmente,  hanno evidenziato la sussistenza di obiettivi fattori
di  inquinamento  dell'azione amministrativa dell'ente locale a causa
dell'influenza della criminalita' organizzata fortemente radicata sul
territorio.
    L'ingerenza negli affari dell'ente e la strumentalizzazione delle
scelte amministrative risultano favorite da una generale acquiescenza
degli  organi di governo e dell'apparato burocratico, del cui operato
sono  comunque  responsabili  gli  organi  politici, nei confronti di
istanze  provenienti  dagli  ambienti  della criminalita' organizzata
locale.
    In  tale  contesto assume significativita' che tre amministratori
abbiano  carichi  pendenti per abuso d'ufficio, concussione e truffa;
che  un  quarto si sia dimesso dopo essere stato colpito da ordinanza
di custodia cautelare in carcere, nel 2003, per concussione e che tra
i  dipendenti  figurino anche pregiudicati per gravissimi reati e con
denunce per associazione a delinquere di stampo mafioso. Appartenenti
al  corpo  della  polizia  municipale,  fra cui anche figure apicali,
risultano   altresi'   coinvolti   in  numerose  vicende  giudiziarie
sintomatiche  di  devianze  dai  principi  di legalita' e trasparenza
dell'azione   amministrativa.  L'autorita'  giudiziaria  ha  altresi'
disposto  il  rinvio a giudizio di tre vigili per non aver denunciato
all'autorita' giudiziaria un episodio di estorsione che si verificava
a  pochi  metri di distanza dalla loro postazione nel mercato ittico,
con l'aggravante di aver agevolato l'attivita' di una associazione di
stampo  mafioso  atteso  che il reato cui avevano assistito era stato
compiuto  da  emissari  del  clan  camorristico  egemone. Inoltre, un
operatore  presso  il  mercato  ittico,  denunciato  piu'  volte  per
assenteismo,  con  pregiudizi penali di rilevante gravita' e contiguo
agli  ambienti  malavitosi,  risulta  essere stato favorito da alcune
scelte  amministrative nonostante fosse responsabile della conduzione
di diverse attivita' abusive.
    La  commissione  ha  riscontrato  in  alcune  vicende  sintomi di
condizionamento degli organi elettivi da parte di sodalizi criminali.
    E'  stato infatti rilevato che per diversi anni l'amministrazione
comunale ha consentito che nel mercato ittico all'ingrosso, di cui il
comune  e'  proprietario,  le attivita' commerciali si svolgessero in
carenza   dei   requisiti   e   delle  condizioni  igienico-sanitarie
prescritti   dalla  legge  a  causa  del  mancato  adeguamento  della
struttura   alle  prescrizioni  normative  sanitarie  in  materia  di
produzione  e  commercializzazione  dei  prodotti  della  pesca, e in
totale mancanza di controlli sia da parte degli organi amministrativi
che  di  quelli sanitari dichiaratisi, nel frattempo, incompetenti ad
intervenire   in  mancanza  dei  necessari  adeguamenti  strutturali.
Inoltre,  in  violazione  del  regolamento  comunale, i posteggi sono
stati  assegnati  in  modo arbitrario anche a commissionari privi dei
requisiti antimafia e di moralita' ed il comune non ha mai preteso il
pagamento  dei  prescritti canoni comunali. Le forze dell'ordine e la
magistratura  hanno  accertato che la camorra ha approfittato di tale
stato  di  degrado  amministrativo  e gestionale, acquisendo un ruolo
chiave  nella  gestione  del  mercato ittico per avervi instaurato un
sistema generalizzato di estorsioni e tangenti e un contesto di grave
prevaricazione,  e  che  esponenti  di  spicco del clan egemone sono,
inoltre,  titolari  di  interessi  economici  diretti e indiretti nel
mercato, attraverso ditte ad essi comunque riconducibili. Cio', anche
nella indifferenza degli organi comunali preposti alla vigilanza, che
per  tale  motivo  sono  stati  rinviati  a giudizio per omissione di
denuncia  di reato con l'aggravante di aver agevolato un'associazione
camorristica.   Le  articolate  e  complesse  indagini  investigative
avviate   nel   mercato   ittico   dopo  che  gravissimi  episodi  di
intimidazione  si  erano  verificati,  poco  prima  dell'inizio della
attuale  consiliatura,  ai danni di alcuni amministratori locali e di
un  operatore,  si  sono  infatti  concluse con l'arresto di numerosi
esponenti    dell'organizzazione    criminale,    gia'   colpiti   da
provvedimenti  cautelari  per  estorsione  aggravata,  che sono stati
infine condannati.
    L'accesso  ha  consentito  di appurare che lo stato di inerzia da
parte  del  comune  e'  continuato  anche  con  i rinnovati organi di
governo  e  si e' concluso solo dopo l'intervento della magistratura.
Sebbene  gli ispettori sanitari, affiancati nelle indagini alle forze
dell'ordine,  avessero  infatti  accertato gravi violazioni, di legge
nella  conduzione  del mercato, il sindaco ha tenuto un atteggiamento
dilatorio  che ha consentito per diverso tempo ancora la prosecuzione
illegale  di attivita' nel mercato. Nell'immediato, infatti, a fronte
rilievi  mossi,  l'amministratore  eludeva l'obbligo di contestazione
delle   violazioni   riscontrate   dai  sanitari  e  non  adottava  i
provvedimenti  sanzionatori  di competenza, asserendo che nel mercato
confluivano    esclusivamente    prodotti   ittici   provenienti   da
stabilimenti    autorizzati    e    non    vi   si   procedeva   alla
commercializzazione del pescato e alla sua manipolazione.
    Significativamente,  solo  dopo  l'intervento  della magistratura
l'amministrazione  si  e' determinata a realizzare i necessari lavori
di  adeguamento  del  mercato.  E  soltanto ad accesso ispettivo gia'
avviato,  ha  proceduto  all'approvazione  di  un  nuovo regolamento,
all'indizione  di  un  concorso  per  l'assegnazione di una parte dei
posteggi e avviato le procedure di riscossione dei canoni non pagati,
complessivamente  ammontanti a diverse centinaia di migliaia di euro.
E'  ragionevole  ipotizzare  che  l'esclusione  di  diversi operatori
gravati  da  controindicazioni antimafia o privi dei requisiti morali
sia  stata  motivata dal tentativo di fronteggiare i rischi derivanti
dall'accesso.
    L'organo ispettivo ha altresi' sottolineato come il comportamento
dell'amministrazione,  ed  in  particolare  del  sindaco, sia apparso
funzionale   agli   interessi   del   clan  egemone  anche  in  altre
circostanze.  Ha  riferito  in  proposito  che, durante la precedente
consiliatura, nella quale ricopriva la carica di consigliere comunale
di  maggioranza,  il  predetto,  in  qualita' di amministratore unico
della  societa'  che  gestisce un importante centro commerciale della
zona,  ha  stipulato  un  contratto con una ditta riconducibile ad un
soggetto  che  le forze dell'ordine ritengono appartenere al cartello
camorristico   locale   e  che  ha  stretti  legami  di  parentela  e
frequentazioni   con   elementi   apicali   del   clan  egemone,  per
l'affidamento  della  gestione dei servizi di pulizia e di conduzione
del  parcheggio  ad  esso  antistante a condizioni straordinariamente
vantaggiose per il contraente.
    Dal  canto  suo,  l'amministrazione  comunale  allora  in carica,
ritenendo,  in  violazione  di  quanto disposto dal testo unico delle
leggi   di   pubblica  sicurezza,  che  l'attivita'  di  custodia  di
autoveicoli non dovesse essere previamente autorizzata, ha consentito
che   il   predetto  servizio  venisse  svolto  senza  la  prescritta
autorizzazione   da   una  ditta  notoriamente  priva  dei  requisiti
soggettivi  di  legge.  E'  stato peraltro accertato che dalla visura
societaria  figura  il  provvedimento  con  il  quale  la  Camera  di
commercio  ha  respinto  la  richiesta  di  iscrizione all'Albo delle
imprese  di  pulizia,  avanzata  dalla stessa ditta, per mancanza dei
requisiti  di onorabilita' prescritti dalla legge. L'organo ispettivo
ha  sottolineato  come  tale  illegittimita'  non  sia  stata rimossa
dall'attuale  amministrazione  e  dallo  stesso sindaco il quale, pur
avendo   trasferito   alla  moglie  la  legale  rappresentanza  della
societa',  in  occasione  della  sua  elezione  alla  carica apicale,
continua  ad  avere  interessi diretti nella conduzione del sodalizio
impegnato nella gestione del centro.
    Modalita'  di gestione che lasciano presumere il perseguimento di
finalita' diverse dal pubblico interesse sono altresi' rinvenibili in
alcune  determinazioni assunte dall'amministrazione a vantaggio di un
dipendente  comunale,  gravato  da  gravissimi  pregiudizi  penali  e
ritenuto  dalle forze dell'ordine contiguo ad ambienti collegati alla
criminalita'  organizzata.  E'  stato  infatti  appurato che, sebbene
questi  avesse  da  tempo  collocato  una  abusiva rimessa di veicoli
presso  una  area  data  dal  comune  in  locazione  alla  moglie per
l'allestimento  di  un parco giochi, l'amministrazione si e' limitata
ad  ordinare  la  cessazione  dell'attivita'  abusiva astenendosi dal
procedere  alla  risoluzione  del  rapporto  di locazione come invece
espressamente  prevedeva  una  clausola  del  contratto,  a  sanzione
dell'accertato   abuso   del   titolo  concessorio  e  della  mancata
attuazione   della  finalita'  di  pubblico  interesse  sottesa  alla
concessione dell'area.
    La   moglie   del   predetto   ha   inoltre  beneficiato  di  una
autorizzazione   all'occupazione  di  una  zona  demaniale  marittima
nonostante  che  sulla  medesima  area  il coniuge vi avesse da tempo
abusivamente   collocato   uno  stabilimento  balneare  e  la  stessa
amministrazione  lo  avesse  diffidato a demolire le opere abusive, a
seguito di denuncia della Guardia costiera.
    In  ordine  al  fenomeno  dell'abusivismo  edilizio,  l'attivita'
ispettiva  ha  verificato una diffusa capillare lottizzazione abusiva
dei  suoli  demaniali  marittimi,  ove  vengono  collocati  manufatti
abusivi  anche  di  rilevante  dimensione,  nella assoluta assenza di
controllo  da  parte  degli  organi  comunali  preposti.  L'attivita'
repressiva  risulta  infatti  sistematicamente  posta  in  essere  su
segnalazione delle forze dell'ordine e a stagione balneare conclusa.
    Anche  nel settore degli appalti di lavori pubblici e di servizi,
l'accesso  ha  permesso  di  riscontrare  procedure di affidamento di
importanti appalti caratterizzate da significative anomalie che hanno
avvantaggiato    ditte    collegate,   anche   indirettamente,   alla
criminalita' organizzata.
    Frequentemente   sono   stati   rilevati  elementi  indiziari  di
turbative  d'asta,  sintomatici  della riconducibilita' delle offerte
avanzate  da  diverse  imprese  partecipanti alle gare a unici centri
decisionali, con conseguente alterazione delle regole di mercato e di
libera  concorrenza,  nonche' metodi di aggiudicazione caratterizzati
da  varie  irregolarita',  di cui hanno beneficiato ditte contigue ad
esponenti mafiosi.
    L'organo  ispettivo considera una conferma, sul piano indiziario,
della   condizione   di   permeabilita'  dell'ente  ai  tentativi  di
infiltrazione  mafiosa,  la  circostanza  che,  nonostante l'avvenuta
sottoscrizione   del   protocollo   di  legalita'  sulla  prevenzione
antimafia  nei  pubblici  appalti,  l'amministrazione  non  ha inteso
applicarne  i contenuti all'appalto per l'affidamento del servizio di
nettezza  urbana  e la scelta e' ricaduta su una societa' cooperativa
che  ha  a sua volta affidato l'esecuzione del servizio ad un proprio
associato  risultato  gravato da condizioni di interdizione antimafia
per contiguita' a potenti consorterie camorristiche.
    Anche   negli   affidamenti  di  lavori  per  somma  urgenza,  la
commissione ha rilevato che sono state prescelte, senza motivazione e
indicazione  dei  criteri  di selezione, societa' riconducibili ad un
imprenditore  vicino  ad esponenti di diversi clan camorristici e con
gravi  precedenti penali tra cui l'associazione mafiosa, l'estorsione
e il tentato omicidio.
    E'  stata  ritenuta  indicativa di grave carenza nella cura degli
interessi pubblici e di permeabilita' ad interessi della criminalita'
organizzata, anche la circostanza che l'attuale consiglio comunale si
e'  espresso  favorevolmente,  nonostante  il  parere  contrario  del
vicesegretario   dell'ente,   in   ordine   al  rinnovo  contrattuale
dell'affidamento  all'esterno  della gestione del patrimonio comunale
in violazione delle norme, anche comunitarie, che impongono procedure
di  valutazione  concorsuale  dei  contraenti  e  in  elusione  della
normativa  antimafia.  E  stato  infatti  appurato  che  nell'assetto
societario e amministrativo delle ditte impegnate nei relativi lavori
di   manutenzione,   individuate  direttamente  dall'affidataria  del
servizio,  figurano  soggetti  con  precedenti  di  polizia per reati
associativi  e  contro  la pubblica amministrazione, turbata liberta'
degli  incanti  e  truffa.  In  particolare, il socio di una ditta e'
stato  destinatario in passato di una ordinanza di custodia cautelare
per  associazione  a  delinquere di stampo mafioso insieme ai massimi
esponenti di un potente clan del napoletano.
    L'organo  ispettivo evidenzia infine che il riscontrato quadro di
diffuse   disfunzioni  e  illegittimita'  risulta  assecondato  dalla
carenza  della dovuta attivita' di controllo da parte degli organi di
governo nei confronti dell'apparato burocratico.
    Il  complesso degli elementi emersi dagli accertamenti giudiziari
e  dalle procedure di accesso mostra che la capacita' di penetrazione
dell'organizzazione  criminosa  ha  favorito  il  consolidarsi  di un
sistema  di  connivenze  e  di  interferenze  esterne al quadro degli
interessi pubblici locali che, di fatto, priva quella comunita' delle
fondamentali  garanzie democratiche e rende precarie le condizioni di
funzionalita' dell'ente.
    Il  delineato  clima  di  grave  condizionamento e degrado in cui
versa  il  comune  di  Pozzuoli,  la  cui capacita' di determinazione
risulta   assoggettata   alle   scelte  della  locale  organizzazione
criminale,  l'inosservanza  del principio di legalita' nella gestione
dell'ente e l'uso distorto delle pubbliche funzioni hanno compromesso
le  legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella
fruizione  dei diritti fondamentali, minando la fiducia nella legge e
nelle istituzioni dei cittadini.
    Pertanto,  il  prefetto  di Napoli, con relazione del 22 novembre
2005,   che   si   intende   integralmente  richiamata,  ha  proposto
l'applicazione  della  misura  di  rigore  prevista dall'art. 143 del
decreto  legislativo  18  agosto 2000, n. 267, su conforme avviso dei
responsabili  delle  forze  dell'ordine  intervenuti  nella  riunione
tecnica di coordinamento interforze del 10 novembre 2005.
    La  descritta  condizione esige un intervento risolutore da parte
dello  Stato,  mirato  a  rimuovere  i  legami tra l'ente locale e la
criminalita'  organizzata che arrecano grave e perdurante pregiudizio
per lo stato generale dell'ordine e della sicurezza pubblica.
    Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere,
con  urgenza,  ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e
di  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente,
mediante  provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della
comunita' locale.
    La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in
relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale,
rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia
determinata in diciotto mesi.
    Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni
indicate  nel citato art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n.  267,  che  legittimano  lo scioglimento del consiglio comunale di
Pozzuoli  (Napoli),  si formula rituale proposta per l'adozione della
misura di rigore.
      Roma, 20 dicembre 2005
                                     Il Ministro dell'interno: Pisanu