PIANO SANITARIO NAZIONALE 2006-2008 1. INTRODUZIONE Il Piano sanitario nazionale 2006-2008 parte da una disamina degli scenari che nei prossimi 3-5 anni caratterizzeranno fortemente il panorama sanitario italiano, sia positivamente che negativamente, in termini di opportunita' e di vincoli. Vengono quindi considerati gli elementi di contesto che si riferiscono alla situazione economica, demografica, epidemiologica del Paese nonche' a quelli relativi allo sviluppo scientifico e tecnologico. Vanno infine tenuti presenti, da un lato gli elementi che caratterizzano l'attuale fase istituzionale (federalismo sanitario), dall'altro i precedenti cicli di programmazione sanitaria nazionale ed anche di programmazione sanitaria regionale per valutarne il rapporto con il nuovo Piano nazionale. Dopo questa parte iniziale si svolgera' poi una riflessione sul Servizio sanitario nazionale che, partendo da una generale volonta' di riconfermare gli attuali valori di carattere generale su cui lo stesso poggia, riaffermi, soprattutto, il principio di uniformita' sul territorio nazionale, articolato all'interno del federalismo sanitario. La parte successiva del Piano sara' una conseguenza dei primi due capitoli nel senso che la consapevolezza degli scenari e la volonta' di mantenere i principi fondamentali su cui il sistema poggia, impongono di tenere conto della sua necessaria evoluzione. Bisognera' chiedersi quali scelte strategiche devono connotare questo piano per dare seguito a quanto sopra detto. Occorrera' fare riferimento alla necessita' di strutturare in maniera forte tutte le iniziative che consentono di connotare in senso europeo la nostra organizzazione sanitaria: portare la sanita' italiana in Europa e l'Europa nella sanita' italiana. Occorrera' poi fare riferimento ai punti focali dell'azione del Servizio sanitario nazionale ed individuarne le priorita': 1) organizzare meglio e potenziare la promozione della salute e la prevenzione; 2) rimodellare le cure primarie; 3) favorire la promozione del governo clinico e della qualita' nel Servizio sanitario nazionale; 4) potenziare i sistemi integrati di reti sia a livello nazionale o sovraregionale (malattie rare, trapianti etc) sia a livello interistituzionale (integrazione sociosanitaria) sia tra i diversi livelli di assistenza (prevenzione, cure primarie etc); 5) promuovere l'innovazione e la ricerca; 6) favorire il ruolo partecipato del cittadino e delle associazioni nella gestione del Servizio sanitario nazionale; 7) attuare una politica per la qualificazione delle risorse umane. L'ultima parte del Piano riguarda la definizione degli obiettivi di salute, le risorse e la valutazione. 2. CONTESTI VINCOLI E OPPORTUNITA' 2.1. Gli scenari internazionali: scenari comunitario e internazionale La dimensione della tutela della salute e sanita' pubblica trascende il livello nazionale per radicarsi nell'Unione Europea (U.E.) e nelle altre Organizzazioni intergovernative (quali l'Organizzazione per lo Sviluppo e la cooperazione economica - OCSE e il Consiglio d'Europa) oppure internazionali (quali l'Organizzazione Mondiale della Sanita' - OMS) e in minor misura, nella co-operazione bilaterale con altri Stati. Infatti, a parte alcune eccezioni, e' proprio in tali ambiti che prevalentemente si definiscono e si aggiornano in modo sistematico gli obiettivi di salute e le relative strategie ottimali, successivamente posti in essere dai Governi nazionali. Cio' dipende da molteplici motivi, fra i quali rivestono particolare importanza: (a) la necessita' di un approccio globale per risolvere numerosi problemi sanitari (ad es. controllo delle malattie trasmissibili), nonche' per assicurare la sicurezza degli alimenti e delle altre merci che ormai vengono commercializzate su uno scenario mondiale; (b) il carattere senza frontiera della ricerca scientifica e biomedica che sottintende la praticabilita' e rende possibile il perseguimento di innovativi obiettivi di salute; (c) i notevoli benefici che derivano dalla collaborazione fra esperienze ed approcci diversi per la ricerca di valide soluzioni di sanita' pubblica nella presente fase di globalizzazione; e (d) la solidarieta' fra i popoli che si esprime particolarmente nell'aiuto reciproco per la tutela della salute attraverso le Organizzazioni citate, oltre che nella co-operazione bilaterale. Il Piano sanitario nazionale si inserisce in questo contesto europeo: l'allargamento dell'Europa amplia il confronto tra gli Stati e, quindi, la necessita' di stabilire un sistema di relazioni tra il Servizio sanitario nazionale e i sistemi di tutela della salute di altri Paesi, ma vede anche la possibilita' di un aumento della mobilita' europea sia dei pazienti che dei professionisti. Il raggiungimento degli obiettivi di Piano e' influenzato o condizionato dallo sviluppo delle politiche di integrazione europea e dalla crescente interrelazione dei processi sociali, economici, culturali a livello globale. In questo contesto occorre tenere conto degli ampi poteri decisionali attribuiti agli Organi della Unione Europea. Senza dubbio tra i principi del diritto comunitario, ve ne sono alcuni che sono propri del vincolo federale, primo fra tutti il principio della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno. Cio' implica che, in numerosi settori essenziali per la salute, l'Italia e' tenuta ad adeguarsi alle normative progressivamente adottate a livello europeo, in genere tramite la cosiddetta procedura di co-decisione. Questo e' il caso di una varieta' di norme fra le quali si possono citare, a titolo di esempio, quelle in materia di sicurezza alimentare, tutela dell'inquinamento dell'aria, delle acque e del suolo, medicinali, trapianti di cellule e tessuti, sangue e tabacco. Non bisogna sottovalutare la valenza politica del rispetto anche delle Raccomandazioni internazionali ed il fatto che eventuali conseguenze negative per la salute, derivanti dal mancato trasferimento nella normativa o nella pratica di uno Stato dei principi e delle procedure previsti in una Raccomandazione approvata a livello internazionale dallo stesso Stato, potrebbero consentire ai cittadini danneggiati di citare l'Amministrazione competente per ottenere un risarcimento del danno. Anche per alcune organizzazioni internazionali non mancano fattispecie specifiche per le quali lo statuto conferisce il potere di adottare normative vincolanti. Ad esempio, l'OMS puo' adottare normative vincolanti in materia di requisiti di igiene e di quarantena e di altre procedure intese a prevenire la diffusione delle malattie fra gli Stati membri. In tal senso opera il Regolamento sanitario Internazionale adottato dall'Assemblea Mondiale della Sanita' il 24 maggio 2005. Fra le priorita' delle Organizzazioni citate, quelle dell'OMS riguardano, tra l'altro, il tabagismo, l'alcolismo, la salute mentale, la nutrizione e la sicurezza alimentare, la formazione e l'adeguamento delle risorse umane per la salute, nonche' lo sviluppo di strategie e pratiche ottimali da adottarsi per il miglioramento dell'ambiente di lavoro. Inoltre, l'OMS e l'Unione Europea hanno sviluppato strategie e piani di azione dedicati specificamente alla relazione tra ambiente e salute con particolare riferimento ai bambini. L'OMS agisce, peraltro, anche con iniziative che coinvolgono, oltre ai Governi nazionali, gli Enti territoriali quali le Regioni e Comuni (vedere ad esempio la Rete Citta' Sane costituita da Enti Locali). L'impegno dell'OCSE nel settore salute e' andato crescendo negli ultimi anni: nel 2004, questa organizzazione ha ricevuto dai Ministri della salute degli Stati membri il mandato di continuare il lavoro sullo sviluppo dei dati sanitari, sul sistema della gestione analitica dei servizi, sullo sviluppo di indicatori per la valutazione del funzionamento dei servizi sanitari, nella prospettiva di fornire ai responsabili politici e amministrativi elementi per il miglioramento dei sistemi sanitari. Una delle attivita' che l'OCSE sta sviluppando con maggiore impegno riguarda la valutazione della qualita' dell'assistenza sanitaria. Il Consiglio d'Europa considera la salute nel particolare ambito dei diritti umani. Le principali linee strategiche riguardano l'equita' di trattamento e di accesso ai servizi, la protezione delle categorie piu' deboli, la partecipazione del cittadino e la bioetica. I temi prioritari sono la qualita' dei servizi sanitari e la sicurezza dei pazienti, e, accanto ad essi, lo sviluppo di sistemi nazionali di notifica degli incidenti, la piattaforma internazionale per lo scambio di informazioni ed esperienze, la formazione del personale, la gestione delle liste di attesa, la partecipazione del cittadino, la promozione della salute, la sicurezza di trasfusioni e trapianti, gli aspetti etici connessi alle nuove tecnologie e possibilita' diagnostiche e le cure palliative. La stessa U.E. si impegna ad attuare ogni forma di collaborazione con il Consiglio d'Europa e con l'OCSE (artt. 303 e 304 del Trattato istitutivo dell'Unione Europea). 2.2. Il contesto istituzionale e normativo Il contesto istituzionale e normativo allo scadere del triennio di vigenza del Piano sanitario nazionale 2003-2005 e' caratterizzato da alcuni elementi fondamentali che costituiscono la cornice entro la quale si va a dispiegare la progettualita' del nuovo Piano sanitario nazionale. Il Piano sanitario nazionale 2006-2008 non puo' che partire da una analisi degli elementi che ne costituiscono il contesto: la modifica del Titolo V della Costituzione a seguito dell'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e la individuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza con il d.P.C.M. 29 novembre 2001 e successive integrazioni. L'articolo 117, comma 2 lettera m), a seguito delle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione per opera della legge n. 3 del 18 ottobre 2001, ha posto in capo allo Stato la potesta' esclusiva nella "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" e la definizione dei principi fondamentali in materia, da adottarsi con legge nazionale. Alle Regioni e' affidata invece la potesta' legislativa concorrente in materia di: "tutela della salute, tutela e sicurezza del lavoro, professioni, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione, alimentazione, ordinamento sportivo, previdenza complementare e integrativa, armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario". Il legislatore costituzionale ha posto con grande chiarezza in capo allo Stato la responsabilita' di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute mediante un forte sistema di garanzie, attraverso i Livelli Essenziali di Assistenza e nello stesso tempo ha affidato alle Regioni la responsabilita' diretta della realizzazione del governo e della spesa per il raggiungimento degli obiettivi di salute del Paese. La competenza generale e residuale, nell'attuazione di tali garanzie, spetta alle Regioni e agli Enti locali. Alla base di questa scelta vi e' il "principio di sussidiarieta'" costituzionale, che vede la necessita' di porre le decisioni il piu' possibile vicino al luogo in cui nasce il bisogno e quindi al cittadino e alla comunita' locale. L'esigenza di garanzia dei Livelli Essenziali, postulata dal legislatore richiede altresi' che sia stabilito un serio raccordo tra livelli essenziali e sistema reale di perequazione finanziaria, dando attuazione agli articoli 119 e 120 della Costituzione. Con queste indicazioni costituzionali al Governo e alle Regioni sono affidati compiti tassativi, riconducibili all'individuazione di meccanismi di garanzia di tutela della salute per il cittadino in tutto il Paese in un'ottica di universalismo ed equita' di accesso. Il Piano sanitario nazionale, in un quadro di federalismo sanitario, assume quindi la necessita' di definire un nuovo "grande sistema sanitario" nel quale non esiste piu' un solo attore istituzionale, ma numerosi soggetti di governo, posti in un sistema sussidiario sia in termini verticali che orizzontali, che esprimono diverse e differenti matrici di responsabilita'. Il Piano sviluppa, altresi', il tema delle modalita' di attuazione delle relazioni tra i soggetti istituzionalmente legittimati nella definizioni di politiche sanitarie in relazione agli obiettivi generali del Piano stesso e a quelli individuati nelle politiche regionali per la salute. Il Piano Sanitario 2006 2008 pone, quindi, l'attenzione piu' che sulle competenze di ciascun livello di responsabilita' del sistema, sulla capacita' di instaurare sinergie, integrazioni e corrette relazioni. L'esperienza di questi ultimi anni, dopo le modifiche apportate al Titolo V della Costituzione ha evidenziato la necessita' di trovare una condivisione, un nuovo approccio alle problematiche, una cooperazione sinergica in cui i due principali attori del sistema uniscano le loro potenzialita', nel reciproco rispetto delle nuove competenze, per garantire che il Servizio sanitario nazionale sia sempre in grado di affrontare le problematiche nuove emergenti e dare risposte adeguate ai cittadini soprattutto in presenza della necessita' di contenere le risorse. Nel mutato quadro costituzionale dei rapporti tra Governo e Regioni si e' affermato, in questi anni, l'utilizzo dello strumento pattizio degli accordi e dell'intesa, sanciti in Conferenza Stato-Regioni, quale modalita' nuova e sussidiaria per affrontare e risolvere le problematiche che vedevano coinvolti i diversi livelli di governo sui problemi in materia di tutela della salute. Il Piano assume pertanto tale strumento come modalita' di attuazione dei principi e obiettivi in esso determinati. In questo quadro istituzionale il Piano sanitario nazionale, strumento di governo e di indirizzo del Servizio sanitario nazionale, sceglie di porre al centro dell'attenzione quale attore principale del sistema il cittadino e la garanzia del suo stato di salute. Mentre il precedente Piano era stato connotato dall'accordo Stato-Regioni dell'8 agosto 2001 in base al quale, a fronte di un finanziamento maggiorato per un triennio, le Regioni si impegnavano ad erogare una serie di servizi inclusi nei cosiddetti Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il nuovo Piano si sviluppa in un contesto delineato dall' Intesa Stato-Regioni 23 marzo 2005, ai sensi dell'articolo 1, comma 173 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. L'Intesa ha come premessa la garanzia del rispetto del principio della uniforme erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in condizioni di appropriatezza, di adeguato livello qualitativo e di efficienza, coerentemente con le risorse programmate del Servizio sanitario nazionale. Il Piano sanitario nazionale stabilisce per tutti i soggetti operanti, gli obiettivi di consolidamento e di rinnovamento del sistema, nel rispetto dei criteri di fondo su cui basare la scelta degli obiettivi, che devono essere capaci di garantire i diritti e i Livelli Essenziali di Assistenza, di cogliere le opportunita' dell'innovazione coerentemente con il quadro organizzativo e concorrere al perseguimento della qualita' del sistema nel suo complesso. Tali obiettivi si intendono conseguibili nel rispetto dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 e nei limiti ed in coerenza con le risorse programmate nei documenti di finanza pubblica per il concorso dello Stato al finanziamento del SSN. Il Piano deve anche tenere conto oggi di una necessaria impostazione intersettoriale delle politiche per la tutela della salute. Non si puo' piu' parlare di Sanita' in un contesto che non contempli anche le politiche sociali, ambientali ed energetiche, quelle del lavoro, della scuola e dell'istruzione, delle politiche agricole e di quelle produttive. Gli scenari propri di una societa' in continua e profonda trasformazione impongono una rivisitazione e una ricollocazione del Servizio sanitario nazionale in termini di ruolo, di compiti e di rapporti con altri sistemi che interagiscono con esso nel determinare le condizioni di salute della popolazione. La politica socio-sanitaria del Paese deve integrarsi ed essere resa coerente al fine della promozione e tutela della salute collettiva ed individuale con le politiche relative allo sviluppo economico, alla tutela dell'ambiente, all'urbanistica ed ai trasporti. A tale proposito occorre ricordare che il Servizio sanitario nazionale e' un sistema eminentemente pubblico articolato in Aziende sanitarie. Il carattere pubblicistico del servizio non e' ovviamente da intendersi in termini di esclusivita' dell'offerta pubblica, in quanto il privato ha un suo spazio rilevante, anche se differenziato tra le diverse realta' regionali, quanto piuttosto nella unicita' pubblica nel governo delle regole e delle relazioni tra i soggetti del sistema. Le caratteristiche di pluralismo istituzionale e sociale che le scelte programmatiche intersettoriali rivestono, promuovono quindi la opportunita' di dare impulso al processo normativo regionale per l'istituzione e la valorizzazione delle sedi di confronto e di corresponsabilizzazione delle Autonomie locali nel governo del sistema. 2.3. I diritti dei cittadini: la centralita' dei LEA Con il d.P.C.M. 29 novembre 2001 sono stati definiti i Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria, individuati in termini di prestazioni e servizi da erogare ai cittadini, introducendo accanto a liste positive di prestazioni, anche liste negative per quelle prestazioni escluse dai Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria e per quelle parzialmente escluse in quanto erogabili solo secondo specifiche indicazioni cliniche. Il compito di aggiornare progressivamente l'insieme dei servizi e delle prestazioni erogabili alla luce dei fattori scientifici, tecnologici ed economici ed in relazione alle risorse definite, e' stato affidato alla Commissione nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita dalla legge 15 giugno 2002, n. 112. Nel corso dei suoi lavori, la Commissione, composta paritariamente da esperti di designazione ministeriale e regionale, ha delineato un percorso metodologico che indaga sulla effettiva pertinenza, rilevanza, efficacia, equita' e compatibilita' economica delle attivita' e delle prestazioni incluse o da includere nei livelli; la stessa Commissione si e' proposta, inoltre, di individuare principi e criteri utili a specificare l'effettivo contenuto dei livelli di assistenza garantiti ai cittadini, soprattutto nei settori in cui il d.P.C.M. riporta definizioni eccessivamente generiche o lacunose. L'esito di questo lavoro consentira', da un lato, di individuare con piu' chiarezza l'esatta portata del diritto attribuito ai cittadini e, dall'altro, di meglio delineare i confini delle aree di competenza dello Stato e delle Regioni. Il decreto ministeriale 12 dicembre 2001 "Sistema di garanzie per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria", emanato ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2000 n. 56 e attualmente in corso di aggiornamento, individua un set di indicatori con cui monitorare l'assistenza erogata nelle varie Regioni, utilizzando le informazioni disponibili nell'ambito degli attuali flussi informativi esistenti ed integrandole con altre aggiuntive al fine di rappresentare importanti aspetti dell'assistenza sanitaria non valutabili con i dati correnti. Il Tavolo di monitoraggio dei LEA istituito secondo quanto previsto al punto 15 dell'Accordo Stato-Regioni dell'8 agosto 2001 ha utilizzato per il proprio lavoro una parte degli indicatori individuati dal citato decreto, tenendo presente la reale fruibilita' degli stessi nella fase di avvio della rilevazione, con l'obiettivo di ampliare il set di indicatori negli anni successivi. Il tavolo di monitoraggio tuttavia non ha potuto effettuare un'analisi sulla rilevazione dei costi in quanto non si e' raggiunta una convergenza di opinioni sull'analisi di appropriatezza necessaria per stabilire l'effettivo costo alle prestazioni erogate nell'ambito dei LEA. Dai dati rilevati si manifesta comunque una differenza nei costi regionali dei singoli livelli di assistenza tale da sottolineare con evidenza la necessita' di promuovere e garantire l'equita' del sistema, intendendo con tale termine l'erogazione di cio' che e' necessario garantendo il superamento delle disuguaglianze sociali e territoriali. Il tema del superamento del divario strutturale e qualitativo dell'offerta sanitaria tra le diverse realta' regionali rappresenta ancora un asse prioritario nella programmazione sanitaria nazionale. Cio' e' confermato dal persistere di fenomeni di mobilita' sanitaria che non riguardano solo le alte specialita'. Il divario e' prevalentemente registrabile tra le Regioni meridionali e quelle del centro nord, anche se pure all'interno di queste ultime persistono aree disagiate sotto il profilo dei servizi sanitari disponibili. La garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza assume cosi' un ruolo centrale di contesto nel Piano Sanitario. In questo senso il Piano deve prevedere le modalita' con cui il sistema si dota di strumenti valutativi che rilevino le disomogeneita' e le disuguaglianze della domanda e dell'offerta, tenendo conto delle differenze della struttura demografica, sociale ed economica della popolazione di ciascuna regione e dell'effetto che tale differenza induce sul versante della domanda. 2.4. Il quadro epidemiologico: l'evoluzione demografica e l'evoluzione dei bisogni Il quadro epidemiologico e demografico nel quale si inserisce il PSN e' caratterizzato da modifiche assai rilevanti. L'aumento della speranza di vita alla nascita e' ormai consolidata nel nostro paese: attualmente per le donne siamo oltre gli 82,9 anni. Questo comporta un aumento notevole della popolazione anziana che, pero', non si distribuisce omogeneamente in tutte le Regioni con conseguenti differenti necessita' di modulazione dell'offerta dei servizi sanitari. Previsioni demografiche attendibili mostrano un continuo aumento del numero delle persone anziane (ultra-65enni) e molto anziane (ultra-85enni). Di contro in Italia, come in molti paesi a economia avanzata, abbiamo assistito in questi ultimi anni ad una diminuzione marcata della natalita': attualmente il numero medio di figli per donna, nel nostro paese, e' di 1,2, un dato tra i piu' bassi nel mondo. Appare evidente che tali modifiche demografiche incidono nel determinare i bisogni sanitari perche' il quadro epidemiologico conseguente vede il prevalere di alcune tipologie di malattie quali quelle cronico degenerative, cardiovascolari, tumori, altre malattie dell'invecchiamento e legate alle condizioni socio-economiche. Le priorita' del Piano sanitario nazionale discendono dai problemi di salute del Paese, con particolare riferimento al consolidarsi di elementi di cronicita', all'aumentata capacita' del sistema sanitario di garantire il prolungamento della vita anche in fase di post-acuzie, anche per effetto dello straordinario progresso tecnologico e scientifico (introduzione di nuovi farmaci e nuove tecnologie). Cresce il numero dei soggetti che richiedono un alto grado di protezione socio-sanitaria: emergono nuovi bisogni a cavallo fra sociale e sanitario in relazione all'evoluzione socio-economica e all'incremento della immigrazione e della mobilita' generale della popolazione. La speranza di vita alla nascita L'aumento della speranza di vita alla nascita costituisce un trend storico consolidato nel nostro Paese che prosegue tuttora, sia per gli uomini che per le donne. Per il genere maschile essa e' cresciuta da 76,7 anni del 2001 a 76,9 anni del 2003; anche la vita media delle donne, sempre maggiore di quella degli uomini, sta ulteriormente aumentando: da 82,7 anni del 2001 a 82,9 del 2003. La differenza di genere, a favore delle donne, permane e si attesta da tempo intorno ai 6 anni. Le Regioni piu' longeve tra gli uomini sono l'Umbria e le Marche (speranza di vita oltre i 78 anni); tra le donne ancora l'Umbria e le Marche e la Provincia di Trento (speranza di vita oltre gli 84 anni). La speranza di vita alla nascita e' determinante della definizione dell'eta' in cui un soggetto puo' definirsi "anziano" e gli sforzi di assistenza e cura vanno certamente concentrati sui soggetti la cui attesa di vita e' di 10 anni. Sono certamente questi soggetti quelli che andrebbero assistiti per l'instaurarsi di patologie multiple, del rischio dei colpi di calore, etc. La struttura per eta' Nel 2004 quasi un italiano su cinque aveva piu' di 65 anni (19,2%), due terzi avevano tra 15 e 64 anni (66,6%) mentre solo uno su sette aveva meno di 15 anni (14,2%). Le Regioni in cui e' maggiore la proporzione di anziani sono la Liguria (26,2%) e l'Umbria (23,1%); viceversa, le Regioni in cui piu' alta e' la proporzione di giovanissimi, al di sotto di 15 anni, sono la Campania (18%), la Provincia di Bolzano (17,1%) e la Sicilia (16,7%). Il continuo e progressivo invecchiamento della popolazione italiana e' espresso dall'andamento dei vari indici strutturali della popolazione, a partire dal cosiddetto "indice di vecchiaia", dato dal rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e piu' e la popolazione di 0- 14 anni, che si e' incrementato da 130,3 del 2002 a 135,4 del 2004; nel 2004 sono solo due le Regioni in cui l'indice di vecchiaia e' inferiore a 100 (ovvero il numero dei giovanissimi supera quello degli anziani): la Provincia di Bolzano (93,8) e la Campania (81,9). E' interessante inoltre considerare il cosiddetto indice di dipendenza strutturale (rapporto tra la popolazione non attiva-giovanissima e anziana- e la popolazione in eta' attiva, da 15 a 64 anni), che e' intorno al 50%, ed e' in continua crescita (da 49,1% nel 2002 a 50,2% nel 2004). Nell'ambito del progressivo invecchiamento, merita attenzione l'andamento crescente del numero delle persone ultra-anziane (di 99 anni ed oltre) che sono quintuplicate in venti anni (da circa 2000 nel 1981 a oltre 11000 nel 2001); a fronte di questo notevole aumento della popolazione ultra-anziana, la sua mortalita' cresce piu' lentamente. Previsioni demografiche Previsioni demografiche attendibili mostrano un continuo aumento del numero delle persone anziane e molto anziane; in particolare, si stima che le persone ultra-65enni passeranno da circa 10 milioni e mezzo del 2001 a oltre 12 milioni nel 2011; in questo stesso arco di tempo si stima che il numero degli ultra-75enni cresca da 4 milioni e seicentomila circa ad oltre 6 milioni; si stima altresi' che anche il numero delle persone molto anziane (ultra 85-enni) nell'arco dei dieci anni crescera' da 1 milione e duecentocinquantamila circa del 2001 ad 1 milione e settecentomila circa del 2011. La natalita' In Italia, negli ultimi 40 anni si sono verificati, come in molti paesi a economia avanzata, notevoli cambiamenti nell'area della salute riproduttiva. Rispetto al passato la natalita' e' diminuita drasticamente con l'aumento dell'eta' media delle primipare a oltre 28 anni. Il numero medio di figli per donna, nel nostro paese, e' di 1,2. Un dato tra i piu' bassi nel mondo (dove la media e' 2,8 ma arriva a 5,4 nei paesi meno sviluppati) e anche in Europa. In questi recenti anni si sta assistendo ad un lieve ma costante incremento delle nascite, attestato nel 2004 sul 9,7 per mille; questo fenomeno e' prevalentemente dovuto alla nascita nel nostro Paese di bambini stranieri (l'incidenza delle nascite di bimbi stranieri sul totale dei nati nella popolazione residente in Italia e' piu' che raddoppiata negli ultimi 5 anni, dal 3,9% del 1999 a 8,6% del 2004). Il tasso di natalita' non e' uniforme su tutto il territorio nazionale, varia da 7,6 nati per mille abitanti in Liguria a 11,5 nella Provincia di Bolzano. Sul fronte della mortalita', l'Italia si attesta a uno dei livelli piu' bassi in Europa, con 3,7 per mille nati morti contro una media europea di 4,5. Il quadro epidemiologico Le evidenti caratteristiche dell'Italia quali l'invecchiamento della popolazione, la ridotta natalita', la necessita' di controllare eventi infettivi prevenibili con apposite strategie, indicano come prioritarie le aree delle malattie cardiovascolari (principale causa di morte e di consumo di risorse sanitarie), dei tumori (prima causa di anni di vita potenziale persi), delle altre malattie dell'invecchiamento, dell'infanzia. 1. Il carico delle malattie cardiovascolari in Italia e' da anni uno dei piu' pesanti. La frequenza di nuovi eventi coronarici nella fascia di eta' 35-69 anni e' di 5,7 per 1000 per anno negli uomini e di 1,7 per 1000 per anno nelle donne. Per gli eventi cerebrovascolari l'incidenza e' di 2,3 per 1000 per anno negli uomini e di 1.4 per 1000 per anno nelle donne. Gli indicatori disponibili sono: mortalita' (233.500 decessi per anno), dimissioni ospedaliere (nel 2001 ci sono stati 102.210 ricoveri ospedalieri per infarto del miocardio, la spesa per gli interventi cardiochirurgici e' stimabile in circa 650 milioni di Euro e tocca, da sola, l'1% della spesa sanitaria), pensioni di invalidita' (31,2% dei motivi sono malattie cardiovascolari), spesa farmaceutica (i farmaci del sistema cardiovascolare da soli assorbono circa la meta' dell'intera spesa farmaceutica). 2. Una trattazione a parte merita il diabete mellito che in Italia colpisce circa 2 milioni di persone. I risultati dello studio nazionale (ISS, QUADRI) su un campione di popolazione tra i 18 e i 64 anni mostrano che nel 28% la diagnosi di diabete e' stata effettuata prima dei 40 anni. Il 30% dei pazienti ha sofferto di almeno una complicanza; le piu' frequenti sono la retinopatia diabetica (19%) e la cardiopatia ischemica (13%). Solo il 28% del campione ha un indice di massa corporea normale; il 40% e' in sovrappeso mentre gli obesi sono il 32%. Il 27% del campione in studio non svolge alcuna attivita' fisica. 3. Ogni anno in Italia si registrano ancora circa 240 mila nuovi casi di tumore e 140 mila sono i decessi (il 28% della mortalita' complessiva). Ci sono, dunque, quasi un milione e mezzo di persone affette da tumore, fra pazienti guariti, nuovi casi e quelli in trattamento. L'incidenza di queste patologie e' in costante aumento per l'invecchiamento della popolazione e per l'esposizione a fattori di rischio noti e non noti e a sostanze cancerogene, come il fumo di sigaretta, e alcuni inquinanti ambientali. Si stima che nel 2010 vi saranno circa 270 mila nuovi casi di tumore all'anno e 145 mila decessi. Nei dati dei Registri Tumore italiani, il tumore del polmone e' quello con il massimo livello di incidenza, seguono i tumori della mammella, del colon-retto e dello stomaco. La distribuzione del cancro in Italia e' caratterizzata dall'elevata differenza di incidenza e di mortalita' fra grandi aree del Paese, in particolare fra nord, dove e' maggiore il rischio di ammalare, e il sud. Le probabilita' di sopravvivenza a 5 anni, calcolata sui pazienti diagnosticati negli anni 1986-89, sono complessivamente del 39%: uguali alla media europea per gli uomini e leggermente superiori per le donne. La proporzione dei malati che guariscono e' in aumento. Tra i pazienti diagnosticati nel 1987-89, si stima che la proporzione di coloro che possono ritenersi guariti sia del 25% negli uomini e del 38% nelle donne. Tale proporzione era del 21% e del 29%, rispettivamente, nel periodo di diagnosi 1978-80. La differenza tra sessi e' dovuta soprattutto alla minore letalita' dei tumori specifici della popolazione femminile. 4. Il 3% delle donne ed il 2% degli uomini da 65 a 69 anni ha bisogno di assistenza quotidiana: questa percentuale sale al 25% nelle donne sopra gli 80 anni ed al 18% negli uomini. La prevalenza di patologie croniche dell'anziano e' aumentata di circa il 50% negli ultimi 10 anni. Le malattie della senescenza e le malattie a morbilita' elevata per le quali esistono prospettive di prevenzione, trattamento o ritardo della comparsa e della disabilita' ad esse correlate sono: osteoporosi, osteoartrosi, diabete, malattie cardiovascolari, depressione, malattia di Alzheimer; demenze, morbo di Parkinson, tumori (seno, cervice uterina, colon-retto), BPCO, disabilita' fisica, psichica e mentale. E' difficile fornire dati di frequenza attendibili su tali patologie, ma ad esempio sappiamo che la demenza e' una condizione che interessa dal 1 al 5 per cento della popolazione sopra i 65 anni di eta', con una prevalenza che raddoppia poi ogni quattro anni, giungendo quindi a una percentuale circa del 30 per cento all'eta' di 80 anni. In Italia si stimano circa 500 mila ammalati di malattia di Alzheimer. Uno studio recente indica che il 23% delle donne di oltre 40 anni e il 14% degli uomini con piu' di 60 anni e' affetto da osteoporosi e nel rapporto OSMED 2004 risulta evidente un aumento dell'uso di farmaci per l'osteoporosi. Il costo dell'assistenza aumenta nel tempo ed in funzione dell'eta': aumenta il numero di anziani "utenti" ed aumenta il costo sanitario dell'utente, il consumo di soggetto con oltre 75 anni di eta' e' 11 volte maggiore di quello di un soggetto di eta' tra i 25 e i 34 anni (rapporto OSMED). Il 92% degli anziani Veneti assumono farmaci in maniera continuativa o ciclica (Studio Veneto MMG) contro il 79% degli anziani in Sardegna ed il 95% in Puglia (Studio Argento ISS). Esistono grandi differenze geografiche ad esempio, la prevalenza di disabilita' media nei 65enni e' diversa nelle varie aree del Paese. Gli anziani sono un gruppo a rischio per la depressione e il suicidio e ci sono buone evidenze che si possono prevenire e ridurre questi problemi con l'esercizio fisico, il ricorso a gruppi di mutuo-aiuto, alle attivita' di socializzazione, alle visite domiciliari da parte di personale capace di riconoscere i bisogni socio-sanitari e di promuovere interventi relativi. 5. Il miglioramento delle cure perinatali, negli ultimi due decenni, ha indotto una rilevante riduzione della morbilita' e della mortalita' infantile, soprattutto per quanto riguarda il periodo neonatale. Tuttavia, la situazione sociale ed economica nonche' le caratteristiche dell'assistenza sanitaria sono molto disomogenee nelle varie Regioni in cui persistono significative differenze nella disponibilita' e nella effettiva utilizzazione dei servizi di prevenzione e nella qualita' dell'assistenza perinatale. I dati di copertura vaccinale relativi ai bambini con malattie croniche indicano come questi gruppi, che dovrebbero essere particolarmente tutelati, sono generalmente poco protetti. La percentuale di bambini "a rischio" vaccinati per influenza e pneumococco e' inferiore al 3%, mentre quella per varicella e' inferiore all'1%. Per i bambini con patologie di base, la copertura vaccinale sia per influenza che per pneumococco era inferiore al 10%. E' necessario migliorare la copertura vaccinale dei bambini con patologie di base, che sono a maggior rischio di complicanze. Il quadro demografico del nostro Paese si caratterizza per un aumento della speranza di vita, per un aumento della proporzione di anziani e "grandi anziani" e per una lieve ripresa della natalita', da attribuire prevalentemente alla nascita di bimbi stranieri. 2.5. L'evoluzione scientifica e tecnologica Attualmente i sistemi sanitari devono far fronte ad una domanda crescente di forme assistenziali innovative e ad elevato contenuto tecnologico, generando un'esigenza di equilibrio tra l'incremento della tecnologia e i bisogni assistenziali dei pazienti. Cosi', mentre in passato le politiche sanitarie erano, in prima istanza, concentrate sulla valutazione degli standard organizzativi e, solo in seconda istanza, sull'appropriatezza delle procedure diagnostiche e terapeutiche e sui risultati finali degli interventi, oggi diviene sempre piu' importante orientare le stesse politiche verso esigenze assistenziali piu' complesse e focalizzate all'efficacia degli interventi, oltre alla diffusione di prime esperienze attuate attraverso metodi e procedure dell'health technology assessment. Lo sviluppo dei sistemi sanitari dipende, tra l'altro, dalla capacita' di governare l'ingresso delle nuove tecnologie (attrezzature, ICT, biotecnologie sanitarie) nella pratica clinica per assicurare risultati positivi in termini di salute, in un quadro di sostenibilita' finanziaria, equita' ed integrazione degli interventi. L'innovazione tecnologia assume, dunque, una cruciale importanza in termini di generatore di sviluppo per due principali ordini di motivi: - da un lato, e' considerata generatore di efficienza per il sistema sanitario e di miglioramento dell'offerta complessiva di prestazioni per il paziente, sia attraverso specifiche decisioni di politica sanitaria (es. la promozione al ricorso delle cure domiciliari attraverso modelli alternativi di organizzazione del servizio con dispositivi innovativi di tele-assistenza), sia attraverso nuove procedure assistenziali che si servono di tecnologia innovativa per lo sviluppo di percorsi diagnostici e terapeutici di particolare efficacia in termini di outcome; - dall'altro, e' considerata fattore critico di successo per lo sviluppo economico del paese perche' generatore di nuovi impulsi, sia per l'ulteriore sviluppo della ricerca e della conoscenza, sia per il trasferimento dell'innovazione stessa verso il mercato delle imprese tradizionali e/o innovative. In tale contesto il settore sanitario rappresenta un elemento di forte impulso dell'innovazione tecnologica attraverso la presenza combinata dei seguenti elementi: - una rilevante attivita' di ricerca "sul campo" sia di tipo sperimentale che di tipo industriale; - la creazione di un indotto di imprese ad alto contenuto innovativo che si rivolgono all'utilizzo e all'introduzione estensiva di nuove tecnologie sanitarie e di nuovi farmaci. Il conseguimento dell'introduzione di nuovi farmaci e' reso possibile, tra l'altro, dall'applicazione di discipline alla base dell'innovazione quali le biotecnologie sanitarie. Nel campo delle scienze della vita e della biotecnologia e' in corso una rivoluzione che comporta un'apertura nei confronti di nuove applicazioni nel settore sanitario negli ambienti di vita di lavoro e di ricerca con un coinvolgimento globale. Le nuove conoscenze hanno originato nuove discipline scientifiche quali la genomica, la bioinformatica, l'applicazione delle quali ha un impatto profondo sulla societa' e sull'economia. Le potenzialita' delle biotecnologie coinvolgono fortemente settori di attivita' connessi al mantenimento della salute umana e, nel complesso sistema di applicazione delle biotecnologie in continua evoluzione, vanno ricordate particolarmente quelle applicate al genoma umano. Questo settore e' quello che piu' invade la sfera privata dell'uomo ma che ha prodotto nella terapia risultati impensabili prima della nascita delle nuove tecnologie, quali la terapia genica e la riproduzione di tessuti, e ci sono attese per la terapia personalizzata e la riproduzione di organi. 2.6. Il contesto socio economico nazionale La ricostruzione del contesto socio economico, in cui va a collocarsi la programmazione sanitaria 2006-2008, non puo' che partire dalla presa d'atto dell'indubbia fase di grave difficolta' che l'Italia si trova oggi ad affrontare. In un contesto di rallentamento che riguarda certamente l'Europa nel suo complesso, l'Italia cresce da diversi anni assai meno degli altri paesi europei. Il Piano sanitario nazionale, dunque, si iscrive in una situazione economica nella quale la prevista ripresa dell'economia del nostro Paese non si e' ancora materializzata, anzi la tendenza a breve e' ancora quella di una crescita molto limitata, al di sotto delle previsioni e in, alcuni momenti, vicina a valori pari allo zero. Tuttavia le previsioni a medio termine non possono non tenere conto della possibile ripresa dei paesi industrializzati che dovrebbe consolidarsi nel 2007, assestandosi su un trend simile a quello registrato negli anni novanta e il completamento delle politiche di riforma dei mercati dei beni e del lavoro favoriranno un maggior grado di flessibilita' con crescita della produttivita' e della competitivita'. Nel Documento di programmazione economica e finanziaria che introduce la manovra di finanza pubblica 2006-2009 il Governo stima che l'attuale fase di ristagno non durera' a lungo e quindi per il 2006 e il 2007, in linea con la Commissione europea e in modo prudenziale, prevede una crescita intorno all'1,5%. In questa situazione, un primo approccio per verificare quali problemi al settore sanitario derivano da questa situazione di contesto puo' consistere nel raffrontare l'andamento del PIL rispetto alle disponibilita' finanziarie messe a disposizione del Servizio sanitario nazionale e alla spesa sanitaria effettivamente registrata negli ultimi 5 anni. Raffronto tra Prodotto Interno Lordo, disponibilita' finanziarie per il S.S.N. e spesa del S.S.N. (variazioni percentuali annue) ===================================================================== ITALIA | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005(§) ===================================================================== PIL reale | 1,8 | 0,4 | 0,3 | 1,2 | 0,0 PIL a prezzi correnti | 4,5 | 3,4 | 3,2 | 3,9 | 4,6 Spesa effettiva del SSN | 8,3 | 4,7 | 2,9 | 7,5 | 5,8 Costo effettivo del SSN | | 4,8 | 2,7 | 7,0 | 4,0 Finanziamento | | | | | (fabbisogno) previsto | | | | | per il SSN (*) | 8,2 | 6,1 | 3,9 | 4,9 | 7,0 (*) Nel triennio 2001 - 2003 non sono stati considerati gli ulteriori 1.450 milioni previsti dalla norma di ripiano. (§) I valori 2005 sono stimati tranne il finanziamento (fabbisogno), che e' quello stabilito dalla legge 311/2004 (finanziaria 2005) Come si vede la dinamica di crescita della spesa sanitaria e del finanziamento garantito e' fortemente piu' accelerata rispetto a quella del PIL. Di fronte a questi dati un'analisi superficiale potrebbe spingere ad orientare la valutazione dell'impatto che il contesto socio economico potra' esercitare sull'organizzazione sanitaria solo verso la tematica del contenimento dei costi dell'assistenza sanitaria per conseguire una compatibilita' con la situazione economica del Paese. In realta' tale semplificazione sarebbe erronea in quanto non tiene conto degli elementi che vengono di seguito descritti. In prima approssimazione si puo' fare riferimento ad alcuni principali aspetti: 1. sanita' come "azienda" impegnata nella gestione di un numero rilevante di risorse umane e di rapporti con un "indotto" formato da imprese fornitrici, atto a garantire il funzionamento corrente delle strutture sanitarie; 2. sanita' come impulso alla realizzazione di infrastrutture sul territorio con una mobilitazione di risorse finanziarie considerevoli e di soggetti imprenditoriali coinvolti nel processo attuativo degli investimenti strutturali; 3. sanita' come creatore di nuovi soggetti economici, erogatori di servizi socio sanitari volti alla copertura della crescente domanda proveniente dalle dinamiche demografiche legate all'aumento dell'eta' media e dal conseguente incremento della non autosufficienza e della dipendenza a livello di territorio e di domicilio; 4. sanita' come settore di impulso all'innovazione tecnologica attraverso l'utilizzo di nuove pratiche assistenziali e tecnologiche, di attrezzature e strutture di comunicazione innovative e di telecomunicazione, nonche' attraverso lo sviluppo del settore delle biotecnologie sanitarie; 5. il settore salute come settore attivo nella valutazione degli effetti sulla popolazione e sul territorio derivanti dall'adozione delle altre politiche di sviluppo (i.e. industriale, ambientale, agricolo, ecc) e dalle valutazioni di eventuali azioni correttive da porre in essere allo scopo di garantire uno sviluppo economico equilibrato. Piu' nel dettaglio, puo' essere richiamato l'elemento che si riferisce al ruolo complesso che l'organizzazione sanitaria gioca rispetto alle influenze che il rapporto tra invecchiamento e salute avra' sulla societa' e sull'economia. A breve termine infatti, cioe' fin dai prossimi anni, si osservera' un invecchiamento progressivo della forza di lavoro, che sara' di dimensioni mai viste prima, anche se moderate dal tentativo, peraltro sempre piu' contrastato dalle politiche previdenziali, di espulsione dal mercato dei lavoratori in esubero piu' anziani. Questo fenomeno puo' avere delle conseguenze inedite sulla salute e sul sistema economico generale che occorrerebbe prendere in considerazione in modo tempestivo. La prima conseguenza riguarda i riflessi negativi per la salute fisica e mentale dettati dalle necessita' che un lavoratore che invecchia ha di adattarsi ad un posto di lavoro e ad una mansione che sono stati progettati per una forza di lavoro piu' giovane: l'ergonomia e l'organizzazione del lavoro dovranno tenere in considerazione questa nuova esigenza se non vogliono compromettere le abilita' lavorative di una forza lavoro piu' anziana, fatto che potrebbe far perdere produttivita', generare assenteismo e aumentare i costi per l'assistenza sanitaria. Il secondo aspetto, correlato al precedente, e' che il luogo di lavoro e' il contesto dove la persona puo' imparare con piu' facilita' a curare le proprie abilita' funzionali, fisiche cognitive e sociali, abilita' che costituiscono il migliore viatico per un invecchiamento in salute: oggi questi obiettivi di promozione della salute attraverso l'educazione agli stili di vita salutari e attraverso la pratica dell'esercizio fisico regolare non sono perseguiti nei luoghi di lavoro e si perde un'altra occasione preziosa per mantenere questa "work ability". Sempre sul versante sociale ed economico, ma piu' a medio termine, ci si puo' attendere che il progressivo invecchiamento della popolazione cambi radicalmente la domanda di beni e servizi. In particolare, questo fenomeno influenzera' le professioni sanitarie e l'assistenza: il bisogno di maggiore prossimita' e continuita' nell'assistenza richiesto dall'invecchiamento della popolazione imporra' una necessita' di piu' infermieri e di piu' medici di medicina generale. Inoltre, gli investimenti per migliorare la salute degli anziani (la cosiddetta "compression of morbidity") attraverso la prevenzione e la promozione della salute sono assolutamente prioritari per gli effetti benefici sulla salute e sulla qualita' della vita. In conclusione, ci si puo' attendere un aumento progressivo dei costi di assistenza sanitaria nei prossimi decenni, legato all'invecchiamento, solo moderatamente influenzabile dai flussi immigratori di popolazione giovane e dal successo degli eventuali sforzi di promozione della salute e di prevenzione sanitaria. Un secondo elemento si riferisce al fatto che la salute rappresenta il risultato marginale (unintended effect) praticamente di tutte le politiche e gli interventi che hanno a che fare con lo sviluppo; tuttavia di questo effetto quasi sempre si ha consapevolezza solo dopo l'adozione delle politiche stesse e, quindi, esso non viene preso in considerazione ne' in sede di scelta di decisione preliminare sul singolo intervento, ne' nella valutazione dei costi e delle responsabilita' che essi comportano. Solo in campo ambientale la valutazione dell'impatto sulla salute dei diversi interventi e' stata disciplinata con le procedure di Health Risk Assessment nei documenti di Valutazione d'Impatto Ambientale, anche se con un ruolo abbastanza ancillare. Nel resto dei campi interessati dalle politiche e dagli interventi per lo sviluppo (occupazione, welfare, urbanistica e infrastrutture, educazione, tecnologia...) questi effetti indesiderati sono quasi sempre ignorati e non servono ad indirizzare le scelte. L'esigenza che va emergendo, invece e' che nessun intervento o politica che superi una certa soglia di rilievo dovrebbe poter essere introdotta senza un adeguato Health Impact Assessment, per il quale a tutt'oggi soccorrono alcuni modelli che non sono ancora adeguatamente conosciuti, diffusi, sperimentati ed applicati. Un terzo elemento e' relativo al ruolo che la sanita' esercita come moderatore degli effetti connessi alle dinamiche socio - economiche e demografiche. Molti degli effetti sulla salute generati dalle politiche e dagli interventi correlati allo sviluppo possono essere prevenuti, contrastati o moderati con appropriati interventi da parte del sistema sanitario. Adeguati interventi di sostegno ed assistenza territoriale, possono evitare gli effetti indesiderati della disoccupazione e della precarieta' che possono essere indotti da interventi di riconversione della struttura produttiva o della forza di lavoro. Tuttavia in questo ambito e' ancora poco consolidata la conoscenza sull'efficacia di questi interventi e sarebbe molto importante far crescere un patrimonio di "evidence based intervention", soprattutto con le componenti del sistema sanitario deputati alla prevenzione dell'assistenza. Il quarto elemento si riferisce alla capacita' che la sanita' puo' avere di generatore di effetti diretti sui "fondamentali" dell'economia. In Italia il settore della salute occupa il settimo posto per numero di addetti (1,2 milioni) e il terzo per valore della produzione. Definire i confini del sistema sanitario, in termini produttivi, e' un'operazione in certo modo arbitraria, ma necessaria. 11 sistema sanitario produce e impiega sia beni sia servizi appartenenti a branche produttive diverse -industria chimico-farmaceutica, apparecchi e materiale sanitario, servizi sanitari alle persone e alla collettivita' la cui caratteristica e' di produrre beni e prestazioni a contenuto sanitario. Il settore sanitario contribuisce alla produzione nazionale per il 7,6%, agli investimenti fissi lordi per 1'1,4% e alle esportazioni per 1'1%. La sua rilevanza e' superiore a quella dell'intera agricoltura (2,9% del Pil), del settore tessile e dell'abbigliamento (3,4%), dell'industria chimica (2,0%) e automobilistica (1,3%). L'aumento o la diminuzione della spesa sanitaria puo' avere quindi un effetto espansivo o riduttivo sulla produzione nazionale, sulle importazioni, sull'occupazione, sugli investimenti, sui redditi, sui profitti e sulle imposte. Tagli alla spesa sanitaria comportano con effetto moltiplicativo una perdita di posti di lavoro e un calo delle imposte indirette. Naturalmente, anche le condizioni generali dell'economia nazionale esercitano un'influenza diretta sul sistema sanitario. Le risorse spendibili per la sanita' sono vincolate, in qualche modo, dalle dimensioni dell'economia e dalle fasi del ciclo economico. In particolare, si dovranno considerare politiche attive con riferimento all'influenza esercitata dal settore sanitario sul mercato del lavoro, finalizzate agli interventi a favore dell'occupazione, ad un piu' ampio e strutturato processo di formazione delle risorse professionali in merito ai nuovi sviluppo del settore sanitario (territorialita', continuita' assistenziale, introduzione di nuova tecnologia sanitaria, ecc) e ad una piu' rilevante circolazione a livello nazionale ed internazionale delle risorse professionali. Il quinto elemento tiene conto della sanita' come "induttore" di sviluppo economico attraverso i legami con altri settori industriali. La sanita' e' oggi annoverabile tra i principali settori per lo sviluppo dell'economia. Questo non solo per il legame diretto con le principali determinanti dell'economia quali il mercato del lavoro, la politica degli investimenti, la politica della spesa, etc. ma anche perche' oggi il settore sanitario crea impresa. E' stato dimostrato, infatti, che ogni euro speso nell'acquisto di beni intermedi necessari a produrre prestazioni sanitarie (ad es. materiale diagnostico, energia elettrica), propaga un impulso ai settori che forniscono questi beni, che a loro volta generano una richiesta di forniture in altri comparti e cosi' via. Infine, un sesto elemento da menzionarsi nel contesto socio-economico e' quello relativo al ruolo che i soggetti della societa' civile sono chiamati a giocare nell'ambito della tutela della salute e del sistema integrato dei servizi sociali, in particolare ci si riferisce al Terzo settore, che possiamo definire quale spazio sociale tra Stato e mercato, caratterizzato da soggetti privati, dotati di diverso grado di formalizzazione e istituzionalizzazione, tutti tendenti a finalita' di pubblico interesse. Si tratta di un settore misto collegato a tutti e tre i sottosistemi della societa' (Stato, mercato e sfera informale), che porta le istanze di partecipazione alla vita sociale del cittadino. In senso ampio e' costituito dai cittadini, dai nuclei familiari, dalle forme di aiuto-aiuto e di reciprocita'; dai soggetti della solidarieta' organizzata; dalle organizzazioni sindacali; dalle associazioni sociali e di tutela degli utenti, dagli organismi non lucrativi di utilita' sociale; dagli organismi della cooperazione; dalle associazioni e gli enti di promozione sociale; dalle fondazioni e gli enti di patronato; dalle organizzazioni di volontariato; dagli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi e intese. Va evidenziato il ruolo innovatore che e' stato riconosciuto al c.d. Terzo settore nell'impianto normativo del Servizio sanitario nazionale. Gli obiettivi di politica sanitaria e sociale, infatti, possono essere meglio perseguiti con il coinvolgimento di tutti i soggetti della comunita' locale: istituzionali, sociali, di volontariato, dell'associazionismo, delle imprese sociali, del mondo produttivo. Per questo la concertazione e' vista non solo come strategia di valorizzazione dei diversi soggetti attivi nelle politiche sanitarie e sociali, ma anche e soprattutto come condizione strutturale e strategica per facilitare l'incontro delle responsabilita' e delle risorse disponibili nel territorio, da investire nei traguardi definiti dalla programmazione. In questo quadro non si puo' dimenticare che il ruolo che la sanita' gioca nello sviluppo del Paese va al di la' di una lettura meramente economicista. Cio' che la sanita' puo' produrre, se organizzata in un sistema efficiente ed efficace in cui il cittadino e le istituzioni locali rivestono un ruolo centrale, e' coesione sociale, processi di identificazione e solidarieta', adesione e condivisione di valori; ed e' indubbio che tale processo sia di fondamentale importanza nel superamento dei periodi di crisi economico-sociali, in cui invece le spinte economiche inducono spesso fenomeni di disgregazione, conflittualita' territoriale e sociale, indifferenza ai valori nazionali e dello Stato. 2.7. Quali risorse per il Servizio sanitario nazionale La evoluzione dell'importo delle disponibilita' finanziarie per il servizio sanitario e' in continua progressione con un notevole sforzo sia delle Regioni che dello Stato che a partire dal 2002 hanno concordato per un triennio, l'ammontare delle risorse che complessivamente sono destinate alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza. La legge finanziaria 2005 ha fissato, per il triennio 2005-07, l'importo del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Per il 2006, primo anno di vigenza del nuovo PSN, l'importo e' definito in 89.960 milioni di euro. Le risorse disponibili consentiranno, mediamente, una quota capitaria pari a circa . 1500, mentre l'importo complessivo sara' destinato in riferimento ai livelli di assistenza, per il 5% alla prevenzione, il 44% all'assistenza ospedaliera ed il rimanente 51% all'assistenza distrettuale sul territorio. Nonostante l'incremento di risorse messe a disposizione dall'Accordo dell'8 agosto 2001 e dalla legge finanziaria 2005 negli anni dal 2001 al 2005 si sono verificati e continuano a verificarsi disavanzi, al cui determinarsi contribuiscono due tipologie di elementi. La prima riferibile al fatto che, per quanto il finanziamento del SSN abbia raggiunto il 6,3% del PIL (nel 2000 si era al 5,6%), si stanno verificando fenomeni epocali quali l'evoluzione scientifica e tecnologica della medicina, l'invecchiamento della popolazione (con aumento delle patologie croniche), l'aumentata percezione del bene salute e quindi la crescente richiesta di servizi, unitamente al fatto che negli anni passati gli investimenti in prevenzione (vaccinazioni, lotta al fumo di tabacco, all'obesita' e al diabete, all'uso di alcool e di droghe, agli incidenti domestici) sono stati scarsi, nonostante sia noto che essi sono quelli con il massimo ritorno in termini economici e di salute. La seconda relativa alle modalita' gestionali attuate in alcune realta' del Paese. Nonostante gli sforzi fatti dalle Regioni in termini organizzativi e di recupero dell'efficienza si ritiene che le economie conseguibili su questi aspetti sono ancora cospicue. Se e' vero infatti che tutte le Regioni si sono impegnate negli anni piu' recenti con interventi di miglioramento, e' anche vero che il risultato e' stato diverso da Regione a Regione, per cui ancora molto si puo' fare. In questa situazione e' fondamentale, se si vuole evitare il tendenziale riformarsi di un cospicuo disavanzo, accompagnare le eventuali misure di riadeguamento delle disponibilita' finanziarie, con manovre strutturali in modo che le nuove risorse messe a disposizione dallo Stato restino vincolate ai fondamentali obiettivi di miglioramento del Servizio sanitario nazionale e di recupero della sua efficienza, gia' a suo tempo condivisi con le Regioni con la cosiddetta Dichiarazione congiunta di Cernobbio che ha previsto il rilancio della prevenzione primaria e secondaria, la ridefinizione delle cure primarie, la qualificazione dei percorsi diagnostico terapeutici secondo l'approccio della clinical governance. In questo quadro e' da ritenersi determinante che le risorse disponibili per il triennio 2005 - 2007, tenendo conto della spesa effettivamente sostenuta nel 2004 e correggendo il tendenziale di spesa 2005, possano soddisfare le esigenze del Servizio sanitario in modo da: - finalizzare il maggior finanziamento alla realizzazione di servizi inclusi nei LEA, definendo contemporaneamente gli standard qualitativi e quantitativi dei LEA stessi; - evitare che la manovra tesa a recuperare il disavanzo derivante dallo scarto tra il finanziamento concesso e la spesa tendenziale prevista dalle Regioni (che potrebbe anche superare 93.000 milioni) sia aspecifica, cioe' non tenga conto che i fattori di splafonamento sono diversamente distribuiti tra le Regioni e che quindi le misure correttive vanno adattate alle singole Regioni interessate; - realizzare, nei confronti delle Regioni che manifestano rilevanti difficolta' nel mantenere l'equilibrio di bilancio e nell'assicurare l'erogazione delle prestazioni comprese nei LEA, una adeguata opera di affiancamento per aiutarle a recuperare efficienza e capacita' realizzativa. 2.8. Gli strumenti della programmazione La programmazione sanitaria nazionale, nel contesto del Piano sanitario nazionale si misura con almeno tre ordini di questioni: i contenuti, la "governance", il rapporto con la programmazione regionale. Per quanto attiene all'individuazione degli obiettivi e delle priorita' del Piano sanitario nazionale si deve in primo luogo fare riferimento al quadro dei principi a cui il Servizio sanitario nazionale ed i singoli sistemi sanitari regionali fanno riferimento. Anche questo e' uno dei passaggi che consente di dare valore e sostanza al carattere nazionale del Servizio Sanitario, laddove individua finalita' condivise e fatte proprie dai soggetti istituzionali del sistema. In questa ottica non si puo' dimenticare che: - la definizione degli obiettivi di salute non puo' prescindere dalla enunciazione dei valori fondamentali a cui essi debbono rifarsi e cioe': - la salute come diritto umano fondamentale; - l'equita' nella salute e la solidarieta' nell'azione per il suo conseguimento; - la partecipazione e la responsabilita' da parte di individui, gruppi, istituzioni e comunita' per lo protezione e la promozione della salute; - le priorita' del Piano sanitario nazionale discendono dai problemi di salute del Paese, caratterizzati fortemente dal mutare del quadro demografico ed epidemiologico. Per quanto riguarda il rapporto tra la programmazione nazionale e la "governance" del Servizio sanitario nazionale, cioe' il livello di responsabilita' cui la programmazione deve essere ricondotta, nella sede della Conferenza Stato-Regioni sono state sperimentate nuove modalita' di concertazione, che hanno, nel corso degli ultimi anni, consolidato un percorso nel rispetto del principio di "leale collaborazione". Quanto al rapporto tra programmazione nazionale e programmazione regionale si sottolinea come tutte le Regioni dovrebbero nutrire interesse nei confronti del programma di lavoro delineato dal Piano, volto ad affrontare i problemi del SSN e a promuoverne l'evoluzione, sulla base della constatazione che lo sviluppo dei propri servizi sanitari dipende anche da quello del SSN nel suo complesso, cosi' come i problemi dei Servizi sanitari di alcune Regioni ricadono direttamente o indirettamente su quelli di altre. In questo contesto le Regioni contribuiscono alla programmazione nazionale, contribuendo altresi' ad un piu' corretto rapporto tra il SSN e le sue singole parti. Tenendo conto delle considerazioni riportate occorre tenere presente che il PSN non e' l'unico strumento di attuazione della programmazione nazionale e che anzi esso deve costituire strumento di riferimento di carattere generale per iniziative programmatiche da attuarsi nel triennio attraverso una forte sinergia tra Stato e Regioni. A tale proposito si fa presente che nel contesto attuale di programmazione non puo' non tenersi conto di nuovi strumenti di programmazione concertata, che, nel corso degli anni, sono assurti al ruolo di strumenti sussidiari e a volte principali di programmazione, anche alla luce dell'evoluzione del rapporto Stato-Regioni. Tra gli strumenti di programmazione che si possono annoverare oltre al Piano sanitario nazionale, vi sono le leggi-quadro, i Piani Nazionali di settore (che intervengono sulle modalita' erogative dei livelli essenziali di assistenza); le Intese istituzionali e gli Accordi di programma (che costituiscono il quadro di riferimento degli atti di programmazione negoziata che hanno luogo nella Regione o Provincia autonoma); le linee guida, gli Accordi sanciti dalla Conferenza Stato-Regioni e dalla Conferenza Unificata e da ultimo le Intese tra Stato e Regioni, ai sensi della legge 5 giugno 2003, n. 131, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni. 2.9. Il rapporto con i cicli programmatori precedenti e i Piani sanitari regionali Tradizionalmente il Piano sanitario nazionale individua obiettivi di carattere generale, distinguibili, in via di prima approssimazione, come obiettivi di tipo organizzativo e obiettivi di "salute", che le Regioni sono invitate in qualche modo a recepire nei rispettivi strumenti di programmazione. Con il Piano 2003-2005 si e' avuto una iniziale modifica di tale impostazione. Il Piano 2003-2005 si e' posto da un lato come conferma dell'impianto universalistico che, in applicazione dell'articolo 32 della Costituzione, ha portato alla costruzione del Servizio sanitario nazionale, dall'altro come strumento condiviso per agevolare il passaggio al federalismo in campo sanitario, tenendo conto del nuovo contesto istituzionale, ma anche del quadro demografico ed epidemiologico nazionale. Nel passaggio dalla "sanita'" alla "salute", il Piano ha individuato dieci progetti per la strategia del cambiamento, avendo come riferimento prioritario la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza. Il Piano rimandava, in una ottica di collaborazione, ad accordi successivi la individuazione delle aree di priorita' cui vincolare, anche, risorse specifiche. Con l'Accordo Stato-Regioni del 24 luglio 2003 sono state individuate cinque aree prioritarie di applicazione del PSN precedente: - l'attuazione dei Livelli essenziali di assistenza; - le cure primarie; - la non autosufficienza; - i centri di eccellenza; - la comunicazione istituzionale soprattutto applicata alla prevenzione. Sulla base di ulteriori riflessioni congiunte Stato-Regioni tenuto conto degli obiettivi gia' concordati nel PSN 2003-2005, il Ministro della salute e gli Assessori alla Sanita' hanno convenuto nell'incontro di Cernobbio, nell'aprile 2004 su "Sanita' futura", alcune principali linee di azione: 1. Ottimizzare la domanda con le "Primary Care Clinics" (UTAP); 2. Misurare gli outcome e promuovere il governo clinico per la qualita'; 3. Educazione sanitaria, prevenzione primaria e diagnosi precoce; 4. Centri di eccellenza clinica; 5. Ricerca clinica. Nella sua applicazione il PSN 2003-2005 ha, inoltre, fatto emergere la necessita' di procedere ad una "messa in ordine" degli elementi fondamentali del S.S.N., attraverso l'ampio progetto collaborativo Ministero-Regioni denominato Progetto Mattoni. Tale progetto, ancora in corso, sta consentendo di rivisitare 15 aree tematiche di fondamentale importanza sia per la programmazione nazionale e regionale che per la tenuta del Nuovo Sistema Informativo Sanitario. La innovazione di tale impostazione avviata con il Piano 2003-2005 tiene conto del fatto che il Servizio sanitario nazionale non e' la semplice sommatoria dei 21 Servizi sanitari delle Regioni e delle Province autonome, ma e' qualcosa di piu' e di diverso: un sistema esteso su tutto il territorio nazionale di tutela della salute, con un corrispondente livello di governo, con proprie regole e propri obiettivi. Contemporaneamente le Regioni dopo la Riforma Costituzionale hanno adottato i loro piani sanitari che hanno alcuni aspetti di cornice comuni, in particolare esplicitano i principi di fondo ai quali intendono ispirarsi e accompagnano le enunciazioni sugli obiettivi prioritari per il triennio con scelte strategiche per raggiungerli (anche se le indicazioni operative variano molto da Regione a Regione). Le linee di indirizzo dei Piani sanitari delle diverse Regioni disegnano scelte politiche di fondo, naturalmente diversificate, del governo del sistema-salute regionale, ma al tempo stesso mostrano strategie generalmente condivise, quale quella del rafforzamento del rapporto tra ospedale e territorio, riservando finalmente a quest'ultimo un ruolo primario nel circuito dell'assistenza: dalle cure a domicilio all'assistenza ai malati terminali alla lungodegenza, anche se con modalita' attuative diverse. E' evidente che la logica di fondo e' la ricerca di strumenti che "difendano" il soggetto piu' fragile ma le scelte sono diverse. Da un lato si privilegia la costruzione di un sistema pubblico di protezione; dall'altro si privilegia la liberta' di scelta, tramite una contrattazione di mercato, con regole predefinite (di servizi e controlli). I Piani sanitari regionali perseguono anche un'altra finalita' particolarmente rilevante nell'ambito della piena responsabilizzazione delle Regioni sul piano finanziario: quella del controllo della spesa sanitaria, senza limitare i servizi ai cittadini. L'esperienza degli ultimi quattro anni suggerisce una possibile innovazione: il Piano sanitario nazionale si pone come uno strumento di lavoro condiviso volto ad affrontare i problemi di salute del Servizio sanitario nazionale, definendo le priorita', le collaborazioni con e tra i diversi organismi settoriali esistenti. 3. L'EVOLUZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE: LE STRATEGIE PER LO SVILUPPO 3.1. Il Servizio sanitario nazionale: principi ispiratori, universalita' del Servizio, equita', cooperazione Principi ispiratori. Una riflessione sul Servizio sanitario nazionale deve necessariamente partire dalla considerazione che vi e' un generale consenso nel Paese a mantenere le caratteristiche fondamentali dell'attuale Servizio sanitario nazionale, in particolare: universalita', sostanziale gratuita' per l'accesso a prestazioni appropriate uniformemente assicurate nel Paese, rispetto della libera scelta, pluralismo erogativo basato sul ruolo delle strutture pubbliche, delle strutture private accreditate non profit e di quelle private accreditate profit. Il Servizio sanitario nazionale italiano e' un sistema "universalistico", rivolto cioe' a tutta la popolazione di riferimento senza distinzioni di genere, residenza, eta', reddito, lavoro. Il PSN riafferma con energia, in quanto principio fondante, questo valore, a volte dato quasi per scontato, ma che costituisce una delle variabili piu' importanti nei confronti dei sistemi sanitari internazionali, e al tempo stesso lo rende operativo e leggibile. Il PSN promuove, inoltre, l'equita' del sistema, da intendersi non come capacita' di dare tutto a tutti ma di assicurare cio' che e' necessario garantendo il superamento delle disuguaglianze sociali e territoriali. I sistemi sanitari riflettono le disuguaglianze della nostra societa', derivanti dalle diverse condizioni socio-economiche e, per converso, possono risultare strumento per il contrasto delle conseguenze sulla salute di tali diverse condizioni. Per questo e' rilevante perseguire con maggiore incisivita' l'obiettivo dell'equita' e dell'equilibrio nella disponibilita' di risorse, in relazione ai bisogni di salute dei differenti contesti sociali. L'accessibilita' deve essere garantita per l'attivita' di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione soprattutto alle fasce economicamente piu' deboli, in quanto una mancata previsione di erogazione ed una consequenziale espulsione del bisogno verso settori libero-professionali a pagamento, corrisponderebbero alla negazione del diritto alla tutela della salute. E' da valutare attentamente, in relazione al dispiegamento dei modelli di salute regionali, la modalita' attraverso la quale e' garantito il diritto all'accessibilita' alle fasce socialmente, economicamente o culturalmente disagiate. Obiettivi. Il PSN fa propri gli obiettivi di salute gia' individuati dal PSN 2003-2005 ed in particolare: la promozione della salute e la lotta alle malattie trasmissibili, alle grandi patologie, al dolore e alla sofferenza nei percorsi di cura, l'umanizzazione dell'ospedale e le cure palliative, la prevenzione e la presa in carico della non autosufficienza, la tutela della salute nelle prime fasi di vita, infanzia e adolescenza, la tutela della salute mentale e la prevenzione e presa in carico delle dipendenze, la salute delle fasce sociali marginali. L'ipotesi su cui si regge il nuovo Piano e' che i vincoli, ma anche le opportunita', che emergono dall'analisi dei contesti condizioneranno fortemente il modo di essere del S.S.N. In questa situazione proprio la volonta' di salvaguardare le caratteristiche di fondo del Servizio sanitario nazionale fa nascere il bisogno di necessari adeguamenti rispetto ai nuovi scenari in cui e' chiamato ad operare. Senza tali adeguamenti la "forza delle cose" deformerebbe in maniera incontrollata il sistema. A tal fine si richiama quanto gia' evidenziato nel paragrafo 2.3 in materia di superamento del divario strutturale e qualitativo dell'offerta sanitaria tra le diverse realta' regionali, quale asse portante nella programmazione sanitaria regionale. Occorre tener presente l'esigenza di aggiustamenti strutturali dell'offerta. In particolare a fronte delle nuove esigenze emergenti (innalzamento dell'eta' media della popolazione e necessita' di maggiori risorse) si impone una ristrutturazione della rete ospedaliera per acuti con adeguati investimenti e un impegno contemporaneo di valorizzazione del territorio. Per garantire questo adeguamento e' necessario puntare contemporaneamente: - al miglioramento delle condizioni di salute; - alla razionalizzazione degli interventi; - all'implementazione di un processo di miglioramento qualitativo (anche sotto dei risultati di salute); - alla razionalizzazione delle risorse e alla loro rifinalizzazione piu' appropriata, coinvolgendo i cittadini e le reti di cittadinanza in operazioni di governance creativa nelle quali cittadino, associazioni di tutela e reti di cittadinanza divengano sponsor e attori del sistema sanitario nazionale garantendo la partecipazione consapevole; - al superamento del divario nell'offerta tra le diverse realta' regionali. Uno degli elementi importanti per garantire l'equita' e' il governo della mobilita'. Bisogna prendere atto della difficolta' legata alla diversita' di stato dell'arte dell'evoluzione dei diversi servizi regionali: se infatti e' condiviso da tutte la necessita' di garantire livelli e qualita' delle cure ai propri cittadini, evitando discriminazioni nell'accesso, di fatto attualmente non tutte le Regioni sono in grado di rispondere allo stesso modo al bisogno del proprio territorio soprattutto per quanto riguarda le piu' evolute risposte tecnologiche e terapeutiche. D'altra parte e' anche da evidenziare che, stante la disomogeneita' della popolazione residente nelle diverse Regioni, non e' efficace ed efficiente avere un approccio del "tutto ad ogni costo in ogni realta'": questo e' il caso per esempio della alta tecnologia che per garantire un livello di qualita' della risposta richiede un bacino di utenza a volte superiore di molto a un milione di persone o, invece, della alta specializzazione la cui qualita' dell'offerta e' direttamente proporzionale al numero dei casi trattati. Nel periodo di vigenza del Piano si promuoveranno nuove forme di mutualita' reciproca e il governo della mobilita' non dimenticando il nuovo contesto europeo in cui si colloca l'Italia. Nel periodo di vigenza del Piano saranno definite regole e principi di comportamento a livello nazionale che trovino attuazione attraverso accordi tra le Regioni finalizzati ad ottimizzare e qualificare le prestazioni di alta specialita' e promuovere l'autonomia regionale nella produzione di media - bassa complessita'. 3.2. La garanzia e l'aggiornamento dei LEA La prima linea di azione riguarda la prosecuzione del processo di attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) anche attraverso un perfezionamento della relativa disciplina, volto a precisare il rapporto dialettico tra la uniforme garanzia dei servizi e delle prestazioni assicurate a tutti i cittadini e la variabilita' applicativa regionale. In questo quadro alcune criticita' in materia di Livelli Essenziali di Assistenza impongono, nel triennio, di: - definire e specificare, per quanto possibile, le prestazioni erogabili, in particolare nelle aree dell'assistenza territoriale domiciliare, ambulatoriale, residenziale e semiresidenziale; un contributo fondamentale per il perseguimento di questo obiettivo potrebbe venire dalla contestuale definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale; - aggiornare le liste delle prestazioni gia' definite, inserendovi le prestazioni innovative sviluppate nel corso degli ultimi anni, delle quali sia stata dimostrata l'efficacia clinica e/o l'economicita'; - definire le condizioni di erogabilita' delle prestazioni che, piu' frequentemente, sono oggetto di eccessiva variabilita' e inappropriatezza prescrittiva; - affermare il principio che la garanzia dei livelli di assistenza implica la garanzia dell'accessibilita' delle prestazioni, anche nel contesto delle isole minori e delle comunita' montane isolate, come previsto dal d.P.C.M. di definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria del 29 novembre 2001; - rilevare le disomogeneita' e le disuguaglianze della domanda e dell'offerta, tenendo conto delle differenze della struttura demografica, sociale ed economica della popolazione di ciascuna regione e dell'effetto che tale differenza induce sul versante della domanda e rimuovere i fattori che risultano di ostacolo all'esercizio del diritto ai livelli di assistenza a causa di: - carente diffusione dei servizi sul territorio: in alcune aree del territorio nazionale alcune tipologie di servizi ed attivita' assistenziali presentano ancora una diffusione insufficiente rispetto alle necessita' della popolazione, in specie per quanto riguarda il livello dell'assistenza territoriale domiciliare, residenziale e semiresidenziale; - onerosita' della quota di partecipazione alla spesa: la disciplina in materia di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e delle esenzioni, risalente agli anni 1993/1995, appare ormai inadatta a selezionare gli assistiti che hanno bisogno di un'agevolazione di natura economica per accedere alle prestazioni sanitarie; - disomogenea distribuzione delle prestazioni specialistiche di alta complessita' nelle diverse aree territoriali, cosi' come e' emerso da una analisi delle schede di dimissione ospedaliere che ha evidenziato che i cittadini residenti in alcune aree territoriali usufruiscono di alcune prestazioni, sicuramente efficaci ed in grado di incidere risolutivamente sulle specifiche condizioni patologiche, in misura significativamente inferiore dei cittadini residenti altrove; - liste di attesa: l'erogazione delle prestazioni entro tempi appropriati alle necessita' di cura degli assistiti rappresenta una componente strutturale dei livelli essenziali di assistenza. Per questo motivo, l'eccessiva lunghezza delle liste rappresenta, nei fatti, la negazione del diritto dei cittadini ad accedere ai livelli essenziali. La soluzione di questo problema e' particolarmente complessa e richiede interventi volti sia alla razionalizzazione dell'offerta di prestazioni sia alla qualificazione della domanda. Per questi aspetti ci si atterra' a quanto previsto dal Piano nazionale per il contenimento dei tempi di attesa previsto dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266; - superare il divario strutturale e qualitativo dell'offerta sanitaria tra le diverse realta' regionali anche attraverso il completamento del programma ex articolo 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67, che proprio nelle Regioni meridionali fa registrare ritardi notevoli rispetto alla tempistica mediamente registrabile a livello nazionale. La garanzia dell'equita' rende necessario che nel triennio di vigenza del PSN si individuino regole condivise sia sul versante dell'offerta (promovendo l'omogeneizzazione in ambito nazionale dei livelli di garanzia della qualita' dei servizi, dello sviluppo del sistema informativo del SSN e tecnologie annesse, dei programmi di prevenzione e lotta alle malattie infettive vecchie e nuove), sia sul versante della domanda e delle condizioni di accesso (individuando le modalita' per il governo della mobilita' interregionale, lo sviluppo della comunicazione e della partecipazione dei cittadini, l'omogeneizzazione su scala nazionale delle modalita' di accesso ai servizi, anche in riferimento al problema dei tempi di attesa). L'equita' non si puo' realizzare senza la promozione dell'appropriatezza. L'appropriatezza, nei suoi due classici significati di appropriatezza clinica delle prestazioni piu' efficaci a fronte del bisogno accertato e di appropriatezza come regime di erogazione della prestazione piu' efficace ma al tempo stesso a minor consumo di risorse, e' fortemente relazionata alla capacita' del sistema di assicurare "equita'" di erogazione di prestazioni, perche' e' evidente che un sistema sottoposto ad una pressione eccessiva di domanda non valutata e potenzialmente inappropriata non e' in grado di assicurare a tutti cio' che e' piu' necessario; al tempo stesso l'erogazione di prestazioni in regimi economicamente piu' costosi impedisce la finalizzazione delle risorse verso le aree di maggior bisogno. 3.3. La sanita' italiana in Europa, l'Europa nella sanita' italiana Per quanto riguarda il contesto europeo, il livello di attenzione deve essere rivolto ai rapporti tra politiche europee e sistema della salute italiano, in relazione a tre aspetti principali: - la dimensione della promozione della salute come affermata dall' Unione Europea attraverso piani e programmi a forte valenza intersettoriale; - gli ambiti di armonizzazione su aspetti sanitari di competenza prevalentemente nazionale che la Commissione Europea promuove nel quadro delle politiche di sussidiarieta'; - il modello di relazioni basato sull'impiego del metodo aperto di coordinamento per la tutela e lo sviluppo della salute, della ricerca, della modernizzazione e diffusione dei processi di informazione e comunicazione interattiva anche in sede di formazione delle politiche comunitarie. Sotto il primo aspetto, anche in carenza di specifici impegni derivanti dal Trattato, l'azione della Commissione Europea si muove nella direzione della promozione di piani e programmi (con particolare riferimento al vigente Programma comunitario nel campo della sanita' pubblica 2003-2008 e allo schema di Programma Europeo di Salute Pubblica 2007-2013 proposto dalla Commissione e attualmente in discussione al Parlamento Europeo) a forte valenza intersettoriale attraverso specifiche azioni di incentivazione mirate alla cooperazione delle politiche e alla realizzazione di piattaforme europee di informazione, di conoscenza, di servizio e di valutazione. Sotto il secondo aspetto, vale rilevare le attivita' in corso a livello comunitario in materia di: - determinanti di salute ivi compreso il controllo della sicurezza del ciclo alimentare; - controllo delle malattie trasmissibili; - mobilita' dei cittadini europei con abilitazione all'accesso a prestazioni qualitativamente omogenee; - mobilita' degli operatori sanitari; - sviluppo dei Centri di riferimento europei; - sicurezza dei pazienti; - sviluppo della Societa' dell'informazione; - processi di integrazione tra ricerca per la salute, impresa e finanza, anche in relazione allo sviluppo della formazione avanzata e alle modifiche delle modalita' di costituzione ed accesso ai Fondi Strutturali per lo sviluppo delle piattaforme tecnologiche interistituzionali e intersettoriali. Sotto il terzo aspetto, il Piano deve tenere in particolare conto delle indicazioni della Commissione Europea per l'integrazione delle politiche socio-sanitarie. Il piano si deve sviluppare tenendo conto delle tre direttrici innovative su cui e' impostata la politica dell'Unione Europea per un profilo europeo dei sistemi di salute: - della "salute per tutti" con le sottospecifiche della copertura territoriale e dei processi di inclusione anche in relazione alla multiculturalita'; - dello sviluppo delle eccellenze sia per il miglioramento dello stato di salute delle popolazioni europee, che per la valorizzazione dello know-how; - valorizzazione delle soluzioni integrate con sviluppo di processi di analisi, modellizzazione e valutazione di impatto al fine di promuovere il trasferimento delle migliori pratiche europee in un quadro di sostenibilita' economica. Alla luce dei punti sopra esposti, il Piano sanitario nazionale persegue gli obiettivi sanitari previsti nel vigente Programma Comunitario nel campo della sanita' pubblica (2003-2008) attuando, in tal modo, il necessario coordinamento dei piani sanitari regionali, e si ancora agli sviluppi normativi comunitari che in una varieta' di settori (quali alimenti, medicinali, trapianti, inquinamento ambientale, tutela delle acque, etc) definiscono periodicamente i nuovi quadri di riferimento che le Regioni sono tenute ad attuare, ove necessario, previo recepimento delle normative in questione nel diritto nazionale. Le priorita' all'esame sono le seguenti: - Rafforzare le sinergie tramite azioni e strumenti al fine di proteggere i cittadini dai rischi e dalle minacce che sfuggono al controllo dell'individuo; accrescere la capacita' dei cittadini di decidere riguardo alla loro salute e ai loro interessi e integrare nelle altre politiche gli obiettivi della politica in materia di salute. I principali strumenti e le azioni per il conseguimento degli obiettivi sono quelli finalizzati: (i) al miglioramento della comunicazione con i cittadini; (ii) ad accrescere la partecipazione delle associazioni dei cittadini, del volontariato e delle altre parti interessate all'elaborazione delle politiche in tema di salute; (iii) alla messa a punto di un approccio per integrare le questioni in tema di salute nelle altre politiche, per migliorare l'individuazione precoce, la valutazione e la comunicazione dei rischi sanitari; e (iv) promuovere la sicurezza dei prodotti e dei servizi destinati ai cittadini. - Assicurare le necessarie azioni e misure di sostegno per proteggere i cittadini e reagire contro le minacce per la salute, incoraggiare strategie intese a favorire stili di vita piu' salutari, contribuire a ridurre l'incidenza delle principali malattie, migliorare l'efficienza e l'efficacia dei sistemi sanitari. I principali strumenti e le azioni da attuare sono quelli finalizzati a: (i) rafforzare la sorveglianza e il controllo delle malattie trasmissibili; (ii) reagire alle minacce per la salute, ivi incluse quelle derivanti dal terrorismo; (iii) promuovere la salute agendo sui determinanti degli stili di vita; (iv) prevenire malattie e lesioni attraverso l'identificazione delle migliori pratiche; (v) realizzare sinergie tra i sistemi sanitari e migliorare l'informazione e le conoscenze in materia di sanita' in vista di una migliore sanita' pubblica. Un altro recente sviluppo a livello europeo riguarda il settore dell'assistenza sanitaria, nel quale sono state avviate numerose attivita', fra le quali vi sono le seguenti: a) facilitare l'offerta e l'acquisizione di cure sanitarie transfrontaliere, tramite la raccolta e lo scambio di informazioni, onde consentire la messa in comune delle capacita' di cure, anche al fine di contrastare la formazione di lunghe liste di attesa; b) scambiare informazioni sulla mobilita' dei professionisti della salute e gestire le conseguenze di tale mobilita'; c) creare un sistema di cooperazione tra i diversi sistemi sanitari attraverso l'istituzione di Centri di riferimento e altre strutture di collaborazione per fronteggiare meglio a livello nazionale ed europeo i problemi connessi, ad es. alle malattie rare e ad altre patologie che richiedono interventi di alta specializzazione; d) costituire una rete nazionale ed europea destinata a rafforzare la capacita' di elaborare e scambiare dati e valutazioni in materia di tecnologie sanitarie. Cio' anche al fine di: (a) sviluppare informazioni comuni di base; (b) condividere criteri di valutazione; e (c) identificare priorita' di lavoro comune; e) sviluppare un sistema nazionale ed europeo di informazione sui sistemi sanitari e sulle cure mediche on line per pazienti, professionisti e responsabili dell'elaborazione delle politiche sanitarie; f) sviluppare strumenti intesi a valutare l'impatto delle politiche nazionali e comunitarie diverse da quelle sanitarie sui sistemi sanitari e sulla salute al fine di sviluppare strumenti condivisi che possano essere saggiati e validati; g) migliorare la sicurezza dei pazienti che si affidano alle cure dei servizi sanitari attraverso la messa a comune di esperienze e l'elaborazione congiunta di linee guida e sistemi di gestione. Per quanto riguarda i processi di formazione degli atti comunitari si tratta di dare pronta attuazione alle norme generali sulla partecipazione dell'Italia, sulla base della caratterizzazione del Servizio sanitario nazionale come previsto dalla riforma del Titolo V della Costituzione, al processo normativo dell'Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, ai sensi della Legge 4 febbraio 2005, n. 11. Per quanto riguarda, infine, le attivita' curate dalle Organizzazioni internazionali e intergovernative, e' necessario prevedere una specifica intesa tra livello centrale e sistemi regionali. Un'apposita procedura sara' posta in essere per assicurare una capillare e sistematica opera di informazione e partecipazione delle Istituzioni territoriali. In conclusione, per quanto riguarda gli aspetti citati, il Ministero e il coordinamento sanitario delle Regioni e delle Province autonome, intendono, anche attraverso l'individuazione di specifiche strutture operative, a: - mettere a punto un efficace sistema nel promuovere la partecipazione delle Regioni e Province autonome nonche' di altre istituzioni ed aziende italiane a progetti incentivanti europei e alle politiche di collaborazione basate sulla sussidiarieta'; - assicurare un'efficace e costante informazione e coordinamento delle Regioni e Province autonome nel merito degli sviluppi a livello europeo in modo da innestare l'intero Servizio sanitario nazionale, nell'alveo del flusso dell'evoluzione comunitaria e del piu' ampio contesto europeo sia nella fase ascendente che discendente del processo decisionale. 3.4. La prevenzione sanitaria e la promozione della salute La consapevolezza dell'efficacia degli interventi di prevenzione nel contrastare l'insorgere delle patologie o nel contenerne gli effetti, ha portato in questi anni ad una crescita della sensibilita' internazionale e nazionale sulla necessita' di attivare organici interventi in tema di prevenzione, sia con azioni per il contenimento dei fattori di rischio, sia mediante interventi per la diagnosi precoce e la prevenzione delle complicanze. Caratteristiche comuni agli interventi di prevenzione sono: - le motivazioni etiche e di contrasto alle disuguaglianze: gli interventi hanno lo scopo di estendere azioni efficaci anche a quella parte della popolazione che ha difficolta' ad accedere ai servizi; - l'ampia trasversalita', infatti numerosi soggetti sanitari e non sanitari possono concorrere alla loro realizzazione: spesso gli interventi sono frutto di azioni coordinate all'interno del Servizio sanitario nazionale, altre volte devono essere realizzati tramite azioni intersettoriali che vedono coinvolte altre istituzioni, e pertanto devono essere condivisi e concertati dai diversi attori interessati, anche al fine di ottimizzare l'uso delle risorse e i risultati. Negli ultimi anni, il mondo istituzionale e quello scientifico hanno evidenziato come l'offerta di servizi per la prevenzione dei rischi e delle patologie, cosi' come l'offerta per una attiva promozione della salute dei cittadini, risultino maggiormente efficaci adottando un percorso metodologico che segue alcuni punti fondamentali: - effettuare una definizione dei bisogni, e tra questi la identificazione delle priorita', partendo da una analisi dei dati epidemiologici per quanto possibile partecipata e condivisa tra il "sistema sanita'", le altre istituzioni, le rappresentanze dei cittadini, i portatori di interessi collettivi ed il mondo della produzione; - progettare e porre in essere azioni di sistema, in cui le "reti sanitarie" operano in sinergia con le altre reti istituzionali, in cui i vari attori hanno ben chiari compiti propri, strumenti ed obiettivi da raggiungere; - operare con un atteggiamento culturale maggiormente rivolto all'appropriatezza degli interventi ed alla valutazione di efficacia degli stessi (metodologia della Evidence Based Prevention); - utilizzare le normative come strumento necessario, ma non esaustivo, per il raggiungimento di obiettivi di salute, piuttosto che considerarle come finalita' principale dell' azione istituzionale; - sviluppare, all'interno della progettazione, strategie per una comunicazione coerente ed efficace in quanto questa, nel campo della prevenzione dei rischi e promozione della salute, risulta strumento necessario e determinante per il raggiungimento degli obiettivi; - definire, fin dalla fase di progettazione, un sistema di verifica dei risultati. Progressi evidenti sono stati effettuati nella direzione sopra indicata in tutte le aree di intervento della prevenzione; anche le normative e gli atti formali di riferimento tendono attualmente a privilegiare azioni di sistema per la realizzazione di processi che aiutino la crescita della "cultura della prevenzione", piuttosto che la mera erogazione di singole prestazioni. Esempi significativi di tale percorso culturale e metodologico che, peraltro, aderisce in senso istituzionale al nuovo rapporto tra Stato e Regioni determinato dalla modifica del Titolo V della Costituzione, sono rappresentati: - dal Piano di Prevenzione attiva, sull'adozione del quale hanno concordato il Ministro della Salute e gli Assessori Regionali nell'incontro di Cernobbio del 2004 su "Sanita' futura" e successivamente approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome. 11 documento e' stato oggetto di accordo tra lo Stato e le Regioni per l'erogazione delle quote vincolate agli obiettivi di PSN 2003-2005, ed infine modificato ed integrato come Piano Nazionale della Prevenzione 2005-2007, allegato 2 all'Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005. Tale piano ha in se' un nuovo modello di metodo di lavoro che riconosce un punto alto di integrazione istituzionale-scientifico tra i livelli di governo centrale ed i governi territoriali, rappresentato nel caso specifico dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM); - dal documento approvato nella Conferenza delle Regioni e Province autonome, che recepisce le indicazioni del gruppo di lavoro misto per la semplificazione delle procedure relativamente alle autorizzazioni, certificazioni ed idoneita' sanitarie, quale esempio di adozione anche a livello istituzionale del metodo della Evidence Based Prevention (EBP). La prevenzione primaria e la promozione della salute. Dagli anni '80 si e' fatta sempre piu' presente una nuova concezione della salute, non piu' obiettivo da raggiungere ma "bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale..." che vede nelle "persone stesse la maggiore risorsa" (Carta di Ottawa 1986). La promozione della salute si realizza nei due ambiti, individuale e collettivo, in primo luogo tramite interventi finalizzati a modificare i comportamenti soggettivi, ad es. promuovendo l'adozione da parte dei cittadini di corretti stili di vita, e a livello delle collettivita' migliorando i contesti e le condizioni di vita rilevanti ai fini della salute. A fianco di cio', avvenimenti di carattere sopranazionale avvenuti nell'ultimo decennio hanno dimostrato come la prevenzione di rischi per la salute e la sicurezza della collettivita' deve essere realizzata attraverso la costruzione, e la costante manutenzione, di una rete di previsione, sorveglianza, controllo e gestione coordinata degli eventi. Tale rete riconosce nodi territoriali, regionali e nazionali del sistema sanitario; contemporaneamente, in piu' casi riconosce la necessita' di integrazione operativa tra reti del sistema sanitario e reti istituzionali diverse (ad esempio quella della protezione civile), sia per lo scambio rapido di informazioni, sia per eventuali interventi coordinati sul campo. Quelle che seguono sono importanti esperienze gia' poste in essere o attualmente in corso: - sul versante del monitoraggio degli stili di vita e' iniziata nel 2005 l'attuazione, da parte di CCM, ISS e Regioni, del progetto "Passi per l'Italia" (ideato nell'ambito della progettazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario), finalizzato a sperimentare un sistema di sorveglianza di popolazione centrato sui fattori di rischio comportamentali e sulla diffusione delle misure di prevenzione all'interno della popolazione. L'obiettivo strategico del sistema e' quello di fornire a Regioni e Aziende basi di dati tempestive e utili per la pianificazione, la realizzazione e la valutazione dell'azione in sanita' pubblica; - sul versante dei sistemi informativi per la conoscenza dei fenomeni, l'analisi delle cause degli stessi e la conseguente progettazione delle attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro basate sulle evidenze epidemiologiche. Dal 2002 INAIL, ISPESL, Regioni e Province autonome hanno sviluppato e reso operativo il progetto denominato "nuovi Flussi informativi" ed "analisi delle cause degli infortuni gravi e mortali"; - sul versante dei sistemi di allerta la BSE prima e la influenza aviaria attualmente hanno portato a sviluppare importantissime sinergie di sistemi in rete tra le strutture specifiche dei Dipartimenti di Prevenzione, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, le strutture tecniche del Ministero della Salute; - sul versante della programmazione delle attivita' per contenere gli effetti calamitosi generalizzati sulla popolazione, recente e' l'approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni del piano di prevenzione in previsione della pandemia influenzale. Tali esperienze sono importanti riferimenti per l'approfondimento di tematiche di coordinamento, che attualmente presentano criticita', e che possono esitare in utili accordi tra Stato e Regioni: 1. analisi dello stato attuale dei nodi del sistema della prevenzione primaria, ponendosi l'obiettivo di una revisione sistematica dei compiti delle varie istituzioni e dei livelli coinvolti; 2. organizzazione generale del sistema a livello nazionale e regionale e modalita' di coordinamento tra i diversi attori (Stato, ISS, ISPESL, Regioni, IZS, ARPA ecc); 3. individuazione di metodologie condivise per la definizione delle priorita' di sistema e delle conseguenti necessita' di risorse; 4. ruolo e funzioni di una rete integrata per la sorveglianza epidemiologica e l'analisi dei dati; 5. valutazione delle necessita' specifiche del sistema informativo, integrato nel piu' vasto ambito del sistema informativo sanitario. Obiettivi di sistema prioritari da raggiungere nella durata temporale del presente Piano sono: - il consolidamento in tutto il territorio nazionale della rete per la prevenzione collettiva territoriale rappresentata dai Dipartimenti di Prevenzione e consolidamento dei nodi tecnici regionali di supporto e coordinamento, nel rispetto dei diversi modelli organizzativi delle Regioni e Province autonome; - la strutturazione ed il consolidamento, all'interno di tale rete, della funzione epidemiologica, in ambito sia umano che animale, come funzione chiave per la conoscenza dei bisogni, il monitoraggio della efficacia degli interventi, il miglioramento della qualita' dei flussi informativi e della capacita' della loro gestione, finalizzate anche ad una piu' efficace e sintonica comunicazione istituzionale; - la creazione e/o consolidamento, all'interno di tale rete, di nodi per il supporto alle azioni sul campo, che sappiano metodologicamente sviluppare programmi finalizzati alla promozione della salute, con particolare riferimento alle tecniche di comunicazione; - il consolidamento del metodo di lavoro in rete, in cui i nodi, posti ai vari livelli istituzionali (territoriali e nazionali), condividano gli obiettivi, gli strumenti, le reciproche e complementari funzioni, divenendo - in una medesima filiera - "coproduttori" dei programmi di azione; - il miglioramento del sistema informativo a supporto della rete per la prevenzione. Obiettivi di salute prioritari. Il Piano Nazionale della Prevenzione 2005-2007, che viene confermato al 2008, di cui all'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 definisce una parte delle priorita' degli interventi di prevenzione da sviluppare nel prossimo triennio. A quel documento, cosi' come alle linee guida emanate dal CCM successivamente per lo sviluppo dei programmi regionali, si rimanda relativamente alle tematiche in esso contenute, ovvero: - la prevenzione cardiovascolare suddivisa nelle seguenti iniziative: - diffusione della carta del rischio cardiovascolare a gruppi di soggetti, - prevenzione della obesita' nelle donne in eta' fertile e nel bambino, - prevenzione attiva delle complicanze del diabete di tipo II nell'adulto e nel bambino, aumentando la compliance del paziente; - prevenzione delle recidive nei soggetti che hanno gia' avuto accidenti, cardiovascolari, cosicche' non si ripetano; - gli screening; - dei tumori al seno; - del cancro della cervice uterina; - del cancro del colon-retto; - la prevenzione degli incidenti; - stradali; - domestici; - sul lavoro; - le vaccinazioni; - implementazione coperture vaccinali, attestabili attraverso l'anagrafe vaccinale; - implementazione dell'offerta vaccinale per i soggetti appartenenti alle categorie a maggior rischio; - miglioramento della qualita' dei servizi e delle attivita' vaccinali. Altri obiettivi. Si elencano di seguito gli altri obiettivi di prioritario interesse ai fini della prevenzione dei rischi e promozione della salute, che verranno sviluppati successivamente: - lo sviluppo, in sinergia con la rete delle Agenzie per la Protezione Ambientale, di programmi per la tutela dell'ambiente, inteso quale fattore di qualita' della salute, partendo dall'analisi dei dati epidemiologici integrati con quelli ambientali (cosiddetta epidemiologia ambientale); - l'attuazione di programmi per il controllo e la promozione della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro, in sintonia con le linee europee, consolidando i livelli di integrazione interistituzionale gia' presenti; - la promozione della sicurezza alimentare con l'adeguamento agli standard europei di controllo basati sull'analisi del rischio secondo principi di efficacia ed imparzialita'; - la promozione della sanita' pubblica veterinaria con la razionalizzazione delle attivita' di monitoraggio, il miglioramento del sistema di raccolta delle informazioni e l'implementazione delle anagrafi delle specie di maggior interesse zootecnico; - l'individuazione di modelli operativi piu' efficaci per la promozione degli stili di vita sani. In particolare va potenziata e resa stabile una periodica sorveglianza dei fattori di rischio comportamentali da condursi sul modello della Behavioral Risk Factor Surveillance degli Stati Uniti, in modo da consentire un monitoraggio longitudinale delle modifiche nei comportamenti della popolazione ed una verifica di efficacia delle azioni poste in essere. Tra gli interventi sugli stili di vita si ritengono prioritari: - lo sviluppo di programmi multisettoriali di contrasto al tabagismo in linea con le indicazioni dell'OMS e dell'Unione Europea, che prevedano la prevenzione del fumo tra i giovani, il sostegno alle politiche di tutela dal fumo passivo e il supporto alla disassuefazione; - la promozione attiva di abitudini non sedentarie; - la promozione attiva di corrette abitudini alimentari anche attraverso il sostegno alla produzione e alla vendita di alimenti o di gruppi di alimenti il cui consumo abituale e' associato a bassa frequenza delle patologie correlate a scorrette abitudini alimentari e le attivita' di counseling nutrizionale in tutte le occasioni di incontro tra operatori sanitari ed utenti/pazienti. Tra le sinergie possibili per lo sviluppo di tutti i programmi di prevenzione e promozione della sicurezza e salute e' certamente prioritaria quella con il mondo della scuola per la sua valenza formativa verso le classi di popolazione piu' giovane. La comunicazione istituzionale. Indispensabile per l'ottenimento di risultati positivi in queste aree di attivita' e' la capacita' di saper gestire la comunicazione istituzionale: nonostante si siano sviluppate esperienze positive e di eccellenza, nel prossimo futuro dovra' maggiormente diffondersi in tutte le strutture del sistema sanitario la consapevolezza dell'importanza strategica di tali azioni e dovra' crescere parallelamente la capacita' professionale nell'attuare le strategie comunicative. Pur essendo evidente che tutte le tematiche sopra trattate necessitano di interventi di comunicazione strutturati, si ritiene che possano risultare di particolare valore le strategie comunicative per alcuni argomenti in cui l'azione informativa, ai fini di modifiche comportamentali, e' prevalente rispetto ad altri strumenti di azione (l'elenco e' indicativo e non esaustivo): - interventi di promozione della salute alla guida, con particolare riguardo al conseguente fenomeno degli incidenti stradali; - sviluppo della comunicazione del rischio e dell'emergenza e, in particolare, sulla sensibilizzazione (a livello regionale e locale) della popolazione alle problematiche relative alle calamita' di tipo chimico, fisico e biologico; - sviluppo della comunicazione medico-paziente, al fine di migliorare la qualita' del rapporto stesso e aumentare il livello di customer satisfaction; - interventi di promozione della salute praticanti attivita' sportiva e fisica in senso piu' generale, con particolare riferimento al problema del doping e dell'utilizzo di integratori; - interventi mirati a favorire la corretta convivenza tra le persone e gli animali domestici, nel rispetto delle esigenze sanitarie, ambientali e del benessere degli animali stessi, con specifiche iniziative sulle problematiche relative al rapporto uomo-animale da compagnia ed i conseguenti risvolti sociali (come il fenomeno degli abbandoni, del randagismo e della pet-therapy). 3.5. La riorganizzazione delle cure primarie. Un importante ambito di rinnovamento del S.S.N. si riferisce alla riorganizzazione delle cure primarie delle quali va accelerato il processo di riassetto organizzativo e funzionale che comporti un maggiore coinvolgimento dei MMG e dei PLS nel governo della domanda e dei percorsi sanitari, sperimentando nuove modalita' erogative favorenti l'integrazione con le altre professionalita' sanitarie del territorio. Per raggiungere questo obiettivo occorre determinare le condizioni per completare il percorso che conduca al graduale superamento dell'assistenza primaria basata sullo studio individuale del medico, in favore di forme sempre piu' aggregate ed integrate di organizzazione, rivolte anche ai medici di continuita' assistenziale ed agli specialisti ambulatoriali, che consentano, in sedi uniche, la risposta ai bisogni di salute dei cittadini per 24 ore, 7 giorni la settimana. Questa articolazione delle cure primarie consentira' una piu' appropriata erogazione dei servizi, l'efficace continuita' assistenziale e la presa in carico dei pazienti, una piu' incisiva attivita' di promozione e di educazione alla salute per i cittadini, la fornitura di attivita' specialistiche, la riduzione delle liste d'attesa, l'attivazione dei percorsi assistenziali e una piu' efficace integrazione socio sanitaria. Questo modello organizzativo avra' inoltre importanti ricadute sull'accesso improprio al P.S. grazie anche alla valorizzazione di tutte le componenti sanitarie del sistema territoriale. Nelle aree non urbane, nelle zone montane, nelle isole minori, o comunque caratterizzate da popolazione sparsa, nelle quali non sia ipotizzabile l'uso di sedi uniche e' necessario promuovere l'uso dell'informatica medica, del telesoccorso e della telemedicina, per i quali vanno definiti standard qualitativi, quantitativi e di accreditamento. Va inoltre raccordato il sistema delle cure primarie con quello delle cure ospedaliere completando l'offerta dei servizi di Cure intermedie (intermediate health care) con lo sviluppo, la' dove ne ricorrano le condizioni secondo l'organizzazione dei servizi regionali, dell'Ospedale di Comunita', a cura dei medici di assistenza primaria, quale struttura dedicata, all'attuazione di cure domiciliari in ambiente protetto ovvero al consolidamento delle condizioni fisiche o alla prosecuzione del processo di recupero in ambiente non ospedaliero di dimessi da unita' per acuti o post-acuti. Nell'area pediatrica va consolidata la centralita' del pediatra di libera scelta, anche per garantire la continuita' assistenziale la dove finora e' stata carente. Anche in questo campo vanno attivate le diverse forme di integrazione ed aggregazione, nelle varie forme associative tra pediatri di libera scelta, in particolare nelle aree urbane, come ad es. la pediatria di gruppo, e, dove questo non e' possibile, all'interno di studi medici in cui possano operare con i medici di medicina generale, nell'ambito di una collaborazione che possa prevedere lo sviluppo della continuita' di assistenza e cura dall'eta' pediatrica a quella adulta. 3.6. L'integrazione delle reti assistenziali: sistemi integrati di reti sovraregionali e nazionali. I risultati ottenuti negli ultimi anni dalle attivita' regionali che, per le loro specificita', hanno richiesto un approccio a rete, in termini di sviluppo e qualita' del sistema, devono spingere le Regioni, anche sulla base di specifiche intese, a sviluppare tale metodologia, favorendo lo sviluppo di reti nazionali di servizi clinici, assistenziali, di formazione, di ricerca. La realizzazione delle reti avra' come risultato anche un migliore utilizzo delle risorse e una maggiore garanzia di qualita' delle cure. Se si considera l'attuale sviluppo tecnologico ospedaliero con il conseguente incremento vertiginoso dei costi, in particolare della diagnostica per immagine, e l'altissima specializzazione richiesta all'ospedale, emerge la necessita' di concentrare l'offerta ospedaliera in strutture dislocate strategicamente sul territorio. Questi ospedali devono rappresentare lo snodo regionale ed interregionale di un sistema integrato di rete che consenta il collegamento con presidi ospedalieri di livello locale e con strutture territoriali per la realizzazione di modelli organizzativi finalizzati alla presa in carico del paziente, alla realizzazione di percorsi sanitari appropriati, alla garanzia della continuita' delle cure e dello sviluppo dell'accessibilita' da parte dei cittadini. Occorre quindi lavorare in due direzioni, da un lato per garantire funzionalita' ed efficienza delle reti assistenziali aventi anche una valenza nazionale, dall'altro esplicitando quali reti, pur di valenza intraregionale, richiedono comunque un richiamo nel PSN. Il concetto di rete va, infatti, sviluppato in tutte le potenzialita': non solo rete intraregionale per garantire efficienza nella risposta, (emergenza urgenza), o interregionale per permettere un utilizzo ottimale del servizio offerto (trapianti) ma anche rete per alcuni servizi (malattie rare), per i quali conviene individuare alcuni centri altamente qualificati o anche rete come scelta delle Regioni di condividere alcune strutture per l'erogazione di alcuni servizi, tramite accordo tra piccole Regioni e grandi o tra Regioni viciniore. La rete in questo caso puo' servire da stimolo per una efficacia collaborazione interregionale e per colmare il divario Nord- Sud. Il disegno in rete dei servizi dovrebbe proporre un modello di organizzazione regionale, per specifiche tipologie territoriali. Peraltro l'attuazione di sistemi di rete regionale, pur se adeguati a specifiche realta', deve tener conto di norme e di una modellizzazione organizzativa e gestionale che renda la rete intraregionale compatibile con quella aziendale e quindi permetta di ottenere l'efficacia e l'efficienza stessa. In particolare si deve promuovere la realizzazione di nuovi sistemi di rete per quelle specialita' non integrate in modelli di gestione, e potenziare le reti gia' esistenti, allargandone la competenza territoriale. Tra queste un ruolo particolare e' rivestito dalla rete dell'emergenza-urgenza con le sue interconnessioni con la rete per il trauma, le grandi ustioni, la neuroriabilitazione, dalla rete per i trapianti, dalla rete per le malattie rare. Il Piano individua le reti di interesse nazionale e sovraregionale. La rete dell'emergenza-urgenza. Il sistema dell'Emergenza sanitaria e' formato da una fase di allarme assicurata dalla Centrale Operativa alla quale affluiscono tutte le richieste di intervento sanitario in emergenza tramite il numero unico "118" e da due fasi di risposta, quella Territoriale costituita da idonei mezzi di soccorso distribuiti sul territorio, e quella Ospedaliera costituita dalla rete degli ospedali sede di P. S. e di DEA di I e II livello. Per quanto attiene alle maxiemergenze o alle emergenze la cui gestione coinvolge varie istituzioni l'esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato la necessita' di intervento congiunto di Regioni, amministrazioni centrali statali quali i Ministeri e la Protezione civile, organizzazioni nazionali governative e non; a questo scopo di volta in volta sono stati individuati modelli di cooperazione che permettessero di affrontare il problema emergente, senza pero' evitare rischi di sovrapposizioni o attriti istituzionali. Nel triennio di vigenza del PSN si affrontera' questo tema delineando la cornice di riferimento e indicando gli strumenti in cui i diversi soggetti, per le rispettive competenze, riescano ad agire in modo coordinato ed efficiente. La rete delle malattie rare. Lo sforzo gia' compiuto nel triennio 2003-2005 per la tutela dei soggetti affetti da malattie rare dovra' essere intensificato. Se e' vero, infatti, che le Regioni hanno formalmente individuato i presidi deputati alla diagnosi delle malattie ed alla presa in carico dei pazienti, e' anche vero che la costituzione della Rete e' ancora agli inizi e la collaborazione tra i presidi deve essere fortemente implementata. E' necessario che si attuino azioni atte a garantire ai pazienti con malattie rare un'assistenza omogenea su tutto il territorio nazionale. Per molte delle malattie rare comprese nell'elenco allegato al decreto ministeriale 18 maggio 2001 n. 279 e' ragionevole ritenere che in ogni Regione possa essere garantito un approccio adeguato, funzionale ad evitare gravosi spostamenti di pazienti. E' pur vero che per malattie estremamente rare, cosi' come per quelle che richiedono trattamenti particolarmente impegnativi, si dovra' giungere all'identificazione di presidi di riferimento sovraregionali o nazionali, che opportunamente supportati, possano garantire assistenza superspecialistica per il periodo necessario e che si raccordino con i centri vicini al domicilio dei pazienti per quanto riguarda il monitoraggio piu' a lungo termine. Il potenziamento della Rete per le malattie rare dovra' infine tendere non solo a garantire l'assistenza ai pazienti al meglio delle attuali potenzialita', ma anche a sviluppare azioni che contribuiscono a migliorare le possibilita' di cura oggi inadeguate per la maggior parte di queste patologie. Le principali azioni da sviluppare nel triennio sono le seguenti: - sviluppare i rapporti tra i presidi della Rete per diffondere e consolidare protocolli diagnostici e terapeutici per le malattie rare; - promuovere l'integrazione delle competenze per garantire sia un approccio multidisciplinare a condizione complesse che maggiori possibilita' di successo nella ricerca; - diffondere nella popolazione le informazioni sui presidi della Rete, anche attraverso le associazioni dei malati e dei loro familiari, per garantire una diagnosi ed una presa in carico tempestiva ed evitare gli accessi ripetuti presso strutture sanitarie prive della necessaria esperienza specifica; - aggiornare l'elenco delle malattie rare allegato al decreto ministeriale n. 279/2001, sulla base delle piu' recenti acquisizioni scientifiche nel settore; - consolidare l'attivita' del Registro nazionale delle malattie rare istituito presso l'Istituto Superiore di sanita', sviluppando ed omogeneizzando l'attivita' dei Registri regionali; - sviluppare programmi di ricerca sulla diagnosi ed il trattamento delle malattie rare e favorire la disponibilita' dei farmaci orfani; - promuovere la formazione e l'aggiornamento degli operatori. La rete trasfusionale. Occorre dare attuazione alla direttiva 2002/98/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio (che stabilisce norme di qualita' e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE) e delle direttive di Commissione alla predetta correlate. A tale fine e' necessario provvedere alla organizzazione ed attuazione dei sistemi ispettivo, di qualita', di emovigilanza e di notifica eventi avversi. Per quanto riguarda l'Italia il nuovo modello sanitario federalista lancia una grande sfida alle amministrazioni centrali e regionali, alle associazioni e federazioni dei donatori e ai professionisti delle societa' scientifiche, affinche', nel perseguimento dell'autosufficienza nazionale di sangue, emocomponenti ed emoderivati, sia realizzato il rispetto dell'uniformita' nazionale dei livelli essenziali trasfusionali, sia nelle competenze produttive sia nelle funzioni cliniche ed assistenziali, rispettando il criterio su cui si basa il servizio trasfusionale italiano, che mantiene in un unico processo completo la donazione e la trasfusione. L'impegno all'introduzione del sistema di gestione della qualita' (accreditamento istituzionale e di eccellenza) rappresenta l'obiettivo generale, che dovra' essere raggiunto contemporaneamente ai paesi europei, dando efficacia agli obiettivi di sistema, misurabili essenzialmente attraverso un costante benchmark sanitario e gestionale, interno ad ogni regione ed aperto al confronto fra realta' regionali ed europee. Pertanto, in questa ottica, gli obiettivi di sistema restano: a) il raggiungimento e mantenimento della costante autosufficienza regionale di sangue, emocomponenti ed emoderivati, e dunque il costante soddisfacimento della domanda trasfusionale, con ricorso al supporto interregionale per le sole condizioni di oggettiva e insuperabile carenza; b) la realizzazione di sempre maggiori livelli di sicurezza trasfusionale sotto il profilo immunologico e infettivologico, all'interno di modelli organizzativi regionali con elevata capacita' in termini di esperienza professionale e innovazione tecnologica; c) l'applicazione diffusa dell'appropriatezza clinica in ambito trasfusionale con l'adozione di riscontrabili, specifici e condivisibili indicatori di output e di outcome; il potenziamento di pratiche alternative alla trasfusione allogenica; d) lo sviluppo di tecnologie terapeutiche basate sui precursori ematopoietici, che si affianchino e permettano l'evoluzione dell'attuale metodologia trasfusionale. Gli strumenti per realizzare gli obiettivi indicati sono pienamente rappresentati nella nuova normativa (legge 21 ottobre 2005, n. 219) e si riassumono sia in atti di indirizzo e azioni di verifica da parte delle Regioni che devono adottare modelli organizzativi trasfusionali sempre piu' adeguati alla loro rete ospedaliera e sanitaria, sia nel ruolo di indirizzo affidato al Ministero della salute, che potra' avvalersi dell'istituendo Centro Nazionale Sangue, con la collaborazione delle Associazioni e Federazioni dei Donatori volontari per l'attuazione di campagne nazionali. La rete dei trapianti. A questo riguardo e' opportuno evidenziare che l'Italia della donazione e del trapianto di organi, tessuti e cellule e' in crescita. Fino a 10 anni fa, l'Italia era il Paese europeo con il piu' basso numero di donazioni per milione di abitanti. Oggi la situazione e' cambiata e constatiamo che l'Italia con oltre 21 donatori per milione di popolazione e' il secondo tra i grandi paesi europei, dopo la Spagna. Accanto a questo dato fondamentale il nostro paese e' ai vertici europei per il sistema organizzativo (la rete trapiantologica), per lo sviluppo del sistema informativo, per la rete della sicurezza e per la qualita' delle prestazioni. Nel settore degli organi, nonostante i risultati ottenuti, l'Italia non appare in grado di garantire il totale soddisfacimento delle richieste assistenziali, che si rivelano in costante aumento, cosi' che i pazienti in attesa sono pari a 3 volte il numero dei trapianti effettuati in un anno. Le cause principali di tale carenza possono essere indicate nei seguenti punti: - molti potenziali donatori non vengono ancora sistematicamente identificati; - il numero dei posti letto nelle rianimazioni e' in molte Regioni insufficiente rispetto alle necessita'; - il trasporto dei pazienti neurolesi verso le rianimazioni, dove potrebbero essere adeguatamente trattati, e' inferiore alle necessita' per inefficienze organizzative; - il tempo di attesa medio per un rene e' di 3 anni, per un cuore 2 anni, per un fegato quasi 2 anni. Accanto a cio', va sottolineato che i livelli di attivita' sono disomogenei tra le diverse Regioni, sia in termini di donazioni, sia in termini di trapianti. L'aumento di attivita' registrato negli ultimi anni, infatti, non ha ridotto le differenze esistenti tra il numero dei donatori e dei trapianti registrati al nord e quelli delle Regioni meridionali, dove le carenze sopra indicate si manifestano in modo accentuato. Per quanto attiene alla rete dei trapianti gli obiettivi sono individuati in tre ambiti tematici: 1. Trapianti di organo: - ridurre il divario fra le Regioni in termini di attivita' di reperimento donatori; - favorire la migliore utilizzazione degli organi disponibili; - verificare la possibilita' che, nei casi opportuni, vengano utilizzati organi anche da donatore vivente; - rendere sempre piu' trasparenti e uniformi i criteri di ammissione del paziente al trapianto; - proseguire la valutazione di qualita' dell'attivita' di trapianto di organi compresa la sorveglianza sugli esiti; - verificare il recepimento e l'applicazione delle linee guida a livello regionale; - adeguare il Sistema Informativo Trapianti alla direttiva europea in termini di tracciabilita' e gestione degli eventi avversi; - sviluppare le iniziative italiane nel settore dei trapianti a livello europeo; - sviluppare il sistema di accordi bilaterali con i paesi esteri; - favorire lo sviluppo di attivita' di ricerca e sperimentazione connesse alle attivita' di trapianto; - promuovere adeguate campagne di informazione rivolte ai cittadini, con il concorso delle Associazioni dei pazienti e dei volontari; - promuovere la formazione e l'aggiornamento degli operatori; - iniziare un'opera di prevenzione al fine di ridurre l'incidenza di patologie che conducono all'insufficienza d'organo e quindi alla domanda di trapianto. 2. Trapianti di tessuto. - predisporre un Piano nazionale per prelievo, conservazione, distribuzione e certificazione dei tessuti; - promuovere l'applicazione della Direttiva europea e il conferimento ai centri regionali di riferimento delle funzioni loro attribuite; - estendere ed implementare il sistema informativo per quanto riguarda l'attivita' di procurement, di banking, di trapianto e follow-up dei tessuti; - promuovere lo sviluppo della donazione e del trapianto dei tessuti nelle Regioni meridionali. 3. Trapianti di cellule. - prevedere che il flusso informativo dei dati relativi ai trapianti di cellule staminali emopoietiche sia integrato nell'ambito del Sistema Informativo Trapianti; - attivare le procedure di sportello unico per la richiesta di terapie con cellule staminali emopoietiche; - estendere il modello di valutazione degli esiti dei trapianti di organi a quello del trapianto di cellule emopoietiche; - realizzare il coordinamento nazionale delle attivita' delle strutture per la preparazione di prodotti cellulari a scopo terapeutico nell'uomo, "cell factories"; - partecipare alla stesure delle normative europee riguardanti i settori del trapianto e della terapia cellulare. Per quanto concerne le linee operative e' necessario: - predisporre, per i familiari dei soggetti sottoposti ad accertamento, un supporto psicologico e di aiuto; - realizzare la selezione dei riceventi il trapianto con algoritmi condivisi e procedure informatizzate, documentando ogni passaggio del processo decisionale; - valutare e rendere pubblici i risultati delle attivita' di prelievo e trapianto di organi; - supportare l'attivazione di procedure informatiche standardizzate soprattutto per la gestione delle liste di attesa; - sorvegliare il rispetto delle Linee Guida per i trapianti da donatore vivente attivando in particolare l'organismo di parte terza ivi previsto per informare correttamente le parti in causa sui vantaggi e svantaggi delle procedure; - monitorare l'attivita' delle singole Regioni circa i prelievi di tessuti umani e la loro utilizzazione, l'attivazione di banche dei tessuti regionali o interregionali, il loro accreditamento e la loro funzionalita'; - avviare il programma nazionale di trapianto di rene per i pazienti di difficile trapiantabilita'; - istituire l'archivio biologico nazionale per la sicurezza della rete trapiantologia; - inserire anche i trapianti di cellule staminali emopoietiche tra i trapianti d'organo e da tessuti. 3.7. L'integrazione tra i diversi livelli di assistenza. In questi anni e' sempre piu' maturata la consapevolezza che occorre promuovere un nuovo modo di fare assistenza fondato sull'integrazione, sulla comunicazione e sulla partecipazione dei professionisti, pur appartenenti ad unita' operative diverse o a diversi livelli gestionali del SSN, al raggiungimento di obiettivi comuni. Una modalita' operativa in questa direzione e' rappresentata dall'elaborazione ed attuazione dei percorsi clinico-assistenziali condivisi tra territorio ed ospedale che sappiano calare le linee guida scientifiche, validate e condivise, nel peculiare contesto organizzativo locale o regionale in cui i professionisti si trovano ad operare. L'attivazione di reti integrate, anche per l'eta' pediatrica, il cui coordinamento puo' essere attribuito, ferma restando l'autonomia regionale, al distretto, vede quindi il SSN formulare percorsi assistenziali complessi a diverso grado di protezione ed intensita' di cura partendo da una valutazione multiprofessionale e multidisciplinare del bisogno. La rete e' finalizzata all'integrazione tra la prevenzione, l'assistenza di base (MMG e PLS), i servizi distrettuali, la specialistica territoriale, l'assistenza ospedaliera, per assicurare appropriatezza, coordinamento e continuita' dell'assistenza sanitaria e dei servizi sociali, e facilitare l'accesso e l'erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, contenere i costi, permettere il monitoraggio degli assistiti e delle prestazioni procedendo alla valutazione dei risultati clinici e organizzativi, e migliorando la compliance del paziente, educandolo e responsabilizzandolo, al tempo stesso, alla gestione della malattia. Uno strumento validissimo per l'integrazione della rete viene dallo sviluppo della telemedicina che, portata al domicilio, facilita la deospedalizzazione dei pazienti cronici e costituisce parte della rete socio-sanitaria. Per raggiungere questi obiettivi vanno superate le difficolta' oggettive all'integrazione ed implementati i segmenti della rete non ancora perfettamente funzionanti. In particolare va raccordato il sistema delle cure ospedaliere con quello delle cure primarie e va progettato un sistema integrato di coordinamento tra queste ultime ed il livello specialistico territoriale ed ospedaliero per la continuita' delle cure sia dei pazienti cronici che di quelli post acuti. L'ospedale deve adottare procedure di raccordo con il Medico di medicina generale ed i servizi territoriali per l'attivazione delle risposte sanitarie corrispondenti ai bisogni del paziente dimesso, nel rispetto della continuita' delle cure e della tempestivita' delle stesse. Va enfatizzato il ruolo del medico di medicina generale, componente fondamentale delle reti di assistenza, con il quale devono essere concordati con puntualita' compiti, responsabilita', poteri e strumenti per esercitare la funzione centrale del sistema. La componente di residenzialita' della rete deve essere limitata quanto piu' possibile ai casi con rilevante compromissione dell'autosufficienza, e, preso atto dell'ampia variabilita' dei bisogni, le residenze dovrebbero prevedere nuclei con finalita' specifiche: luoghi di sollievo per la persona disabile e la famiglia, nuclei per preminenti esigenze riabilitative o per problematiche cliniche temporanee, ecc. Infine occorre implementare i sistemi informativi esistenti per avere una conoscenza certa dei bisogni, dell'offerta, della qualita' dei servizi e degli esiti. La rete, di cui sono parte essenziale e qualificante gli specialisti ambulatoriali interni, sara' in grado di garantire la continuita' dell'assistenza, la individuazione e la intercettazione della domanda di salute con la presa in carico dell'utente ed il governo dei percorsi sanitari e sociali, in una rigorosa linea di appropriatezza degli interventi e di sostenibilita' economica. I campi nei quali l'integrazione e' particolarmente necessaria sono quelli delle patologie neoplastiche e delle patologie croniche, sia congenite che acquisite, quali ad es. le patologie respiratorie, osteoarticolari, neurologiche, gastrointestinali che si accompagnano spesso a disabilita', a progressiva diminuzione della funzionalita' a carico degli apparati e conseguente perdita del grado di autonomia delle persone affette. 3.8. L'integrazione socio-sanitaria. L'integrazione tra prevenzione, cure primarie e percorsi diagnostico-terapeutici non e' di per se' sufficiente a garantire la copertura di bisogni socio-sanitari complessi, che vedono agire accanto a determinanti sanitari anche, e in qualche caso soprattutto, determinanti sociali. Si tratta di un'area assistenziale nella quale la mancata azione sul piano dei servizi sociali tende a vanificare anche il piu' complesso intervento sanitario. Con il d.P.C.M. 29 novembre 2001, che ha definito i Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria, all'Allegato 1 C, sono elencate le prestazioni che fanno capo all'area di integrazione socio-sanitaria ed e' precisato che l'erogazione delle prestazioni va modulata in riferimento ai criteri dell'appropriatezza, del diverso grado di fragilita' sociale e dell'accessibilita'. In tale contesto assume rilevanza strategica la programmazione integrata, con il superamento della programmazione settoriale, per intercettare i nuovi e diversi bisogni che derivano dai mutamenti sociali, economici e culturali e predisporre le risposte assistenziali. L'approccio integrato risponde, infatti, in modo adeguato alla complessita' dei problemi di salute, a partire dall'analisi dei bisogni fino alle scelte di priorita' di intervento. Il momento di programmazione rappresenta, in un'area come quella dell'integrazione socio-sanitaria facente capo a due diversi comparti istituzionali (S.S.R. e Comuni), il momento fondamentale per la definizione delle scelte strategiche e delle priorita', in relazione alle basi conoscitive rappresentate dai bisogni presenti sul territorio, dal sistema di offerta e dalle risorse disponibili in capo a ciascun comparto. Quale momento fondamentale facente capo ad un duplice sistema, il problema principale e' costituito dalla necessita' di realizzare concretamente una programmazione partecipata, sulla base della condivisione di obiettivi e priorita' d'intervento sociale e al tempo stesso sanitario, in relazione ai quali destinare le risorse disponibili in capo a ciascun comparto. Tuttavia non sempre e non dovunque la predisposizione di strumenti di programmazione si traduce concretamente in un sistema di interventi integrati e coordinati a livello di territorio, tale da orientare unitariamente il volume delle risorse esistenti sull'area socio-sanitaria (risorse del sociale, risorse sanitarie, fondi regionali finalizzati, risorse degli enti locali, rette degli utenti e altre risorse) verso le aree di bisogno e gli obiettivi ritenuti congiuntamente prioritari. Per un'ottimale organizzazione, gestione ed impiego delle risorse sull'area dell'integrazione socio-sanitaria, occorre pertanto individuare e condividere, a livello nazionale e regionale, le regole per la cooperazione interistituzionale a livello locale, nella quale i diversi attori del sistema si confrontino, sulla base delle rispettive competenze, per addivenire a programmi e progetti sui quali investire energie e risorse. L'evoluzione della domanda di salute pone la necessita' di intervenire in modo diverso in tema di salute, al fine di garantire e organizzare servizi centrati sul bisogno della persona, caratterizzati da elevati livelli di appropriatezza, tempestivita', efficacia, nonche' da una gestione efficiente delle risorse. La risposta al bisogno di unitarieta' del processo di cura, inteso nell'accezione ampia del termine che coinvolge ambedue le componenti interessate, si realizza attraverso lo sviluppo di percorsi integrati e di continuita' delle cure, che garantiscono un'adeguata risposta assistenziale per i pazienti ed un intervento a rete. La famiglia e' uno dei nodi della rete, al pari degli altri ambiti considerati, poiche' essa riveste il doppio ruolo di espressione di richiesta assistenziale e di risorsa con cui instaurare un'alleanza terapeutica forte, soprattutto per la cura delle patologie croniche. Tale approccio assistenziale richiede un'impostazione secondo metodologie e strumenti di gestione capaci di assicurare un percorso assistenziale continuo capace di cogliere le specificita' delle situazioni, la complessita' delle relazioni e dei bisogni delle persone. Il sistema di offerta sull'area dell'integrazione socio-sanitaria e' spesso capillare, ma diversificato sul territorio. La diversificazione dipende dalle scelte organizzative e operative delle strutture aziendali, nonche' dalla carenza, su quest'area, di profili assistenziali e di linee guida finalizzate ad orientare il lavoro interprofessionale verso percorsi appropriati finalizzati a garantire la continuita' terapeutica fra ospedale e territorio. Pertanto, dal punto di vista operativo, l'aspetto un problema non e' costituito dalla tipologia e dalla qualita' delle prestazioni erogate, bensi' dalla persistente frammentarieta' del percorso assistenziale del cittadino nell'ambito del sistema sanitario e sociale. Nel sistema dell'integrazione socio sanitaria costituisce un problema il fatto che mentre sono stati determinati, come fondamentale elemento di unitarieta', i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti a tutti i cittadini (d.P.C.M. 29.11.2001), sul versante sociale non esiste ancora l'atto formale di definizione dei Livelli Essenziali dell'assistenza sociale, in attuazione della legge quadro dei servizi sociali (legge 8 novembre 2000, n. 328). Tuttavia l'esperienza maturata in alcune Regioni di accordi-quadro col sistema delle autonomie locali ha consentito, in tali realta', un rilevante sviluppo di servizi socio-sanitari integrati. Si richiama, a tal fine, la previsione degli Accordi di programma "ASL-Comuni" previsti dal decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, quale strumento primario per la realizzazione dell'integrazione socio-sanitaria atta a garantire effettivamente l'Assistenza domiciliare integrata. Obiettivo del triennio e' quello di promuovere la generalizzazione di tali esperienze, in modo da rendere realmente integrabili a favore del cittadino sia i livelli essenziali delle prestazioni sociali e che quelli delle prestazioni sanitarie (LEA), almeno in riferimento alle aree prestazionali individuate dall'Allegato 1C del d.P.C.M. 29 novembre 2001, finalizzando, a tale scopo, una parte delle risorse destinate agli obiettivi specifici del Piano sanitario nazionale. In questo contesto il PSN promuove lo sviluppo di interventi integrati finalizzati a garantire la continuita' e l'unitarieta' del percorso assistenziale, anche intersettoriale, nelle aree ad elevata integrazione socio-sanitaria nell'ambito delle attivita' individuate dalla normativa vigente (salute mentale, dipendenze, malati terminali etc.), con la diffusione di strumenti istituzionali di programmazione negoziata fra i Comuni associati e tra questi e le A.S.L., per la gestione degli interventi ad elevata integrazione, lo sviluppo di ambiti organizzativi e gestionali unici per l'integrazione, operanti in raccordo con gli ambiti di programmazione. 3.9. Il dolore e la sofferenza nei percorsi di cura. Il nostro Paese e' impegnato da oltre dieci anni in numerose iniziative volte al contrasto del dolore all'interno dei percorsi assistenziali sanitari. La realizzazione del Programma Nazionale per le cure palliative e per la implementazione della relativa rete e' stata la prima iniziativa finalizzata a migliorare l'offerta assistenziale per i malati affetti da malattie inguaribili, primariamente ma non esclusivamente riferita ai neoplastici, anche al fine di promuovere il contenimento della sofferenza globale caratteristica delle fasi finali della vita. Successivamente, per superare le limitazioni della precedente legislazione sui farmaci analgesici oppiacei, al fine di agevolarne la prescrizione e l'utilizzo, sono stati emanati alcuni provvedimenti normativi (legge 8 gennaio 2001, n. 12 e relativi decreti attuativi), che regolamentano e facilitano l'uso degli analgesici oppiacei anche nel settore dell'assistenza domiciliare. Le nuove norme sono valide oltre che per il trattamento del dolore secondario a neoplasia anche per la cura delle gravi forme di dolore secondario ad altre patologie. Con tali azioni si e' voluto offrire agli operatori sanitari la possibilita' di utilizzare questi farmaci con maggior facilita', consentendo la realizzazione di interventi sempre piu' efficaci nell'eliminare o ridurre il dolore. Nonostante cio', l'Italia e' tra gli ultimi Paesi europei per quanto riguarda il consumo di farmaci analgesici oppiacei. In tal senso va valutato quanto riportato nella Raccomandazione n. 34/2003 del Comitato dei Ministri del Consiglio dei Ministri Europei, in cui si afferma che i governi europei dovrebbero rivedere le normative in vigore in materia di accesso agli oppioidi per il trattamento del dolore in modo da renderne piu' agevole la prescrizione e la somministrazione. Per migliorare l'organizzazione di processi assistenziali in funzione del controllo del dolore il 24 maggio 2001 lo Stato, le Regioni e le Province autonome hanno stipulato l'accordo "Linee guida per la realizzazione dell'Ospedale senza dolore". L'Accordo e' ampio e articolato. Occorre, pertanto, operare per una sua piena attuazione, in particolar modo per l'elaborazione di specifici protocolli nei differenti tipi di dolore e per la sua puntuale rilevazione, recependo le Linee guida nazionali ed internazionali gia' disponibili. In questa direzione puo' essere seguito l'esempio di alcuni Paesi europei che hanno aggiunto l"intensita' del dolore" ai 4 classici parametri rilevati durante i ricoveri ospedalieri. Infine, in sintonia con l'Accordo, va garantita la diffusione della lotta alla sofferenza e al dolore anche fuori dall'Ospedale, in primis avvalendosi del contributo dei MMG e dei PLS. La formazione degli operatori ospedalieri e territoriali va realizzata nell'ambito del programma di ECM. La lotta al dolore deve essere potenziata anche nei settori nei quali, anche a causa di limiti culturali non ancora superati, esso e' spesso misconosciuto e sotto trattato, come durante il travaglio e il parto per via naturale, in ambito post-operatorio e in Pronto Soccorso. A tale riguardo va ricordato che alcune Regioni hanno previsto specifiche modalita' volte alla incentivazione della realizzazione del "parto indolore". Va, inoltre, sensibilizzata la cittadinanza in tema di cura del dolore e del diritto al suo superamento. In tal senso, accanto alle iniziative di carattere sanitario, sono state gia' realizzati importanti eventi come la "Giornata Nazionale del Sollievo", indetta secondo la direttiva della Presidenza del Consiglio, con cadenza annuale con l'obiettivo di sensibilizzare e promuovere la cultura del sollievo dalla sofferenza fisica e morale, soprattutto per i malati inguaribili. In uno studio presentato in occasione dell'ultima Giornata Nazionale, i dati rilevati confermano come il dolore nei pazienti ricoverati e' spesso sottostimato e trattato in misura insufficiente. Occorre pertanto moltiplicare l'impegno del Servizio sanitario nazionale nella lotta al dolore per il carattere etico ed umanitario che la connota e perche' essa e' indice di qualita' dei Sistemi Sanitari. Un passo in questa direzione e' il completamento della definizione di Linee Guida Nazionali sul trattamento del dolore nel bambino e nell'adulto, mediante il Sistema Nazionale Linee Guida e l'integrazione con le iniziative europee ed internazionali, partecipando alle attivita' di network gia' operativi nella lotta contro il dolore. Accanto alla lotta al dolore, vanno attivati, nei percorsi sanitari, gli interventi volti a promuovere l'umanizzazione delle cure, nella consapevolezza che il fulcro del Servizio Sanitario e' rappresentato dalla persona malata, nella garanzia del rispetto della sua dignita', identita' e autonomia. In primo luogo va migliorato il rapporto tra malato, medico e operatori sanitari, in termini di qualita' della comunicazione, di livelli di comprensione e di trasmissione di empatia. Deve essere stimolata in tutto il personale sanitario, socio-sanitario, socio assistenziale e amministrativo la disponibilita' all'accoglienza, all'ascolto e alla comunicazione. E' importante che al paziente venga assicurato il necessario supporto psicologico, quando le sue condizioni cliniche lo richiedano, per la gravita' della patologia o dell'evento occorso o per gli effetti che la stessa puo' comportare in diversi ambiti culturali o in particolari condizioni sociali. 3.10. La rete assistenziale per le cure palliative. Allo stato attuale occorre recuperare il ritardo accumulato nell'attuazione del Programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative, istituito con il decreto ministeriale 28 settembre 1999. Attualmente sono attive solo 61 strutture tra pubbliche e private accreditate; 31 delle quali realizzate con gli stanziamenti statali, a fronte delle 201 strutture approvate per il completamento del Programma nazionale. Le strutture esistenti presentano un elevato standard qualitativo sia in termini della qualita' strutturale sia per quel che attiene l'assistenza erogata, dimostrando la validita' dei presupposti programmatori e stimolando il completamento della rete. I programmi regionali, di attuazione del programma nazionale, integrano lo sviluppo dei centri residenziali di cure palliative-hospice nella rete assistenziale per le cure palliative definita con il citato decreto e promuovono in particolare l'intervento assistenziale al domicilio del paziente, al fine di consentire la continuita' assistenziale. La necessita' di offrire livelli assistenziali a complessita' differenziata, adeguati ai bisogni del malato e della famiglia, mutevoli anche in modo rapido e non sempre programmabili, rende necessario realizzare un sistema che offra la maggior possibilita' di sinergie tra differenti modelli e livelli di intervento e tra i numerosi soggetti professionali coinvolti. La rete deve essere composta da un sistema di offerta nel quale la persona malata e la sua famiglia, ove presente, possano essere guidati e coadiuvati nel percorso assistenziale tra il proprio domicilio, sede di intervento privilegiata ed in genere preferita dal malato e dal nucleo familiare e le strutture di degenza, specificamente dedicate al ricovero/soggiorno dei malati non assistibili presso la propria abitazione. La rete deve offrire un approccio completo alle esigenze della persona malata, garantendo, ove necessario e richiesto, un adeguato intervento religioso e psicologico. Particolare attenzione va posta alle esigenze di cure palliative nell'eta' neonatale, pediatrica e adolescenziale, tenuto conto della considerevole diversita' dei problemi da affrontare rispetto a quelli presentati nell'eta' adulta e anziana, della grande varieta' e frammentazione delle patologie in causa, spesso rare e richiedenti interventi di alta specializzazione e dell'intervallo temporale interessato a tali cure spesso assai lungo e non prevedibile. Per quanto sopra esposto si ritiene indispensabile l'organizzazione di reti di cure palliative dedicate a questa fascia di popolazione, che permettano di garantire la qualita' e la specialita' degli interventi richiesti unitamente alla globalita' e multidimensionalita' della presa in carico del bambino e della sua famiglia. Tali reti dovranno essere rispettose delle scelte delle famiglie dei soggetti coinvolti e supportate da specifiche dotazioni di risorse. La relativa rarita' dei problemi da affrontare richiede lo sviluppo di reti con ampi bacini di utenza, che potranno di volta in volta essere garantiti dall'azione programmatoria delle singole Regioni o di volontarie aggregazioni di esse. Inoltre, anche nella fase che segue la morte della persona malata, in base a numerose esperienze internazionali e nazionali, risulta sempre piu' evidente la necessita' di offrire interventi di supporto al lutto dei familiari, qualora se ne ravvisi la necessita'. La rete di cure palliative deve essere flessibile ed articolabile sulla base delle scelte regionali, d'altro canto la diversa organizzazione regionale deve comunque garantire in tutto il Paese una risposta adeguata alle necessita' dei malati e delle loro famiglie. Dovra' essere stimolata e favorita l'integrazione nella rete delle numerose Organizzazioni Non Profit, in particolare di volontariato, attive da anni nel settore delle cure palliative, dell'assistenza domiciliare e negli hospice, nel rispetto di standard di autorizzazione/accreditamento precedentemente definiti a livello nazionale e regionale. In attesa della realizzazione di un iter professionale specifico per le cure palliative, definito a livello universitario per ciascuna figura professionale, e' comunque necessario che la formazione degli operatori venga realizzata in base a programmi propedeutici e continui il piu' possibilmente omogenei a livello nazionale e regionale. 4. STRATEGIE DEL SISTEMA 4.1. Promuovere innovazione, ricerca e sviluppo. Nel triennio 2006-2008 occorre perseguire il rilancio della ricerca per la salute. Come indicato nelle premesse e negli obiettivi del presente Piano, la filiera che lega nel sistema per la salute la ricerca, il trasferimento, i processi di innovazione e lo sviluppo delle conoscenze operative, e' un fattore in grado non solo di garantire l'adeguamento costante e tempestivo del nostro sistema sanitario alle innovazioni in campo scientifico e tecnologico, ma anche in grado favorire lo sviluppo complessivo del sistema Paese quale leva maggiore sia nell'ambito dello specifico settore sia nell'ambito dei settori correlati e dell'indotto. Il rilancio della ricerca sanitaria e' un obiettivo primario del Paese che deve essere conseguito con una stretta integrazione tra diverse tipologie di ricerca, ed in particolare tra ricerca biomedica e ricerca sui servizi sanitari. Esso si realizza, per dare risposta all'esigenza di innovazione tecnologica, organizzativa e gestionale attraverso programmi di ricerca, sviluppo, trasferimento, adozione, attuazione e manutenzione, corrispondenti alla strutturazione di filiere sul modello di quelle realizzate nell'ambito dei sistemi per la salute dalle esperienze europee piu' avanzate oggi ricomprese nel modello di Programma Quadro dell'Unione Europea sotto il nome di piattaforme tecnologiche'. Questo comporta una complessiva rivisitazione del meccanismo attraverso il quale si determinano le priorita' e si identifica il fabbisogno per il sostegno alla filiera. Si indicano in particolare i seguenti elementi principali: 1. il finanziamento della ricerca deve essere indirizzato in base ad una schedulazione pluriennale che deve essere congruente con le linee strategiche e i processi attivi a livello europeo ed internazionale, favorendo lo sviluppo di sinergie e integrazioni tra gli attori del Servizio Sanitario, i Centri di ricerca, le Imprese e gli stakeholders territoriali. Il ruolo di coordinamento deve essere condotto, nel rispetto delle competenze istituzionali, presso il Ministero della Salute, dalla Commissione nazionale della ricerca. Cio' anche per il ruolo che Ministero della salute svolge quale attore di raccordo tra gli enti statali, regionali e territoriali; 2. la selezione dei progetti finanziabili deve essere raccordata alla pianificazione nazionale in materia di infrastrutture tecnologiche e informative, evitando le duplicazioni di investimento, le sovrapposizioni o il finanziamento di progetti manifestamente estranei ai processi di standardizzazione e omogeneo dispiegamento operativo; 3. deve essere prevista l'integrazione delle attivita' degli IRCCS, delle Aziende sanitarie, con particolare riferimento alle aziende Ospedaliero-Universitarie, con l'obiettivo di realizzare masse critiche adeguate, in termini di risorse di conoscenza, tecnico-operative, di skills professionali e finanziarie, ad accedere a processi di finanziamento europei ed internazionali sia sul piano della ricerca di base che su quello della ricerca finalizzata, precompetitiva e del trasferimento di impresa; 4. va sviluppata nelle Regioni e all'interno delle aziende sanitarie, la capacita' di gestire la funzione di ricerca e sviluppo come attivita' istituzionale propria del SSN, inscindibile dai tradizionali compiti di assistenza, che comporti la capacita' di valutare e tempestivamente adottare le innovazioni tecnologiche di provata efficacia, stimarne l'impatto economico e, soprattutto, analizzarne il possibile impatto sull'organizzazione e le possibili ricadute sulla programmazione locale e regionale dei servizi; 5. deve essere incentivata la relazione fra il sistema per la salute e il sistema industriale e commerciale, con particolare riferimento alle industrie chimico-farmaceutiche, biomedicali e delle tecnologie dell'informazione e comunicazione, favorendo lo sviluppo di sinergie controllate nel settore della ricerca e della formazione che, pur assicurando priorita' e vincoli del sistema pubblico per la salute, consentano il dispiegamento di programmi di ricerca cofinanziati su tematiche di reciproco interesse ed impegno; 6. e' necessario studiare e proporre innovativi strumenti di potenziamento e gestione del sistema della ricerca in relazione al complesso delle attivita', allo sviluppo di singoli progetti, alla realizzazione di attivita' di filiera, favorendo lo sviluppo di sistemi di supporto alla progettazione, alla negoziazione e all'accounting dei progetti a livello nazionale ed internazionale anche attraverso l'individuazione di specifiche partnership professionali e la valorizzazione dei circuiti informativi e di conoscenza. Tutto cio' prevede il coinvolgimento di tutti gli attori del SSN utilizzando gli appositi luoghi istituzionali di coordinamento, al fine di evitare la frammentazione delle proposte e dei risultati. E' ormai matura la consapevolezza che la sfida sulla salute si possa vincere soltanto attraverso una ricerca caratterizzata da una visione unitaria, comuni obiettivi e dunque costante interscambio, facendo convergere con pari dignita' discipline diverse, da quelle mediche e infermieristiche, a quelle economiche, ingegneristiche, epidemiologiche, statistiche e informatiche. Gli strumenti di tale politica andranno poi concretizzati in via prioritaria nel procedere alla costruzione di alcuni modelli sperimentali patologici che abbiano una correlazione con le piu' importanti malattie comuni e rare, associando le conoscenze cliniche a quelle gestionali-organizzative. La promozione della ricerca sanitaria. Il rilancio della ricerca e' obiettivo primario del presente Piano: si tratta di coordinare e valorizzare iniziative e professionalita' gia' presenti nel SSN in una visione unitaria che consenta di impostare una vera e propria politica di Ricerca e Sviluppo con il coinvolgimento del Ministero della Salute, del Ministero della Ricerca, del Ministero dell'Innovazione, del Ministero dell'Economia e Finanze, dei Centri di ricerca nazionali e regionali Il Programma di Ricerca Sanitaria (PRS) (ex art. 12 bis, comma 3, d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni), tenendo conto degli obiettivi individuati nel Piano sanitario nazionale, dovra' definire su base triennale le corrispondenti strategie di ricerca e l'allocazione delle risorse a cio' dedicate, prevedendo anche le necessarie modalita' di coordinamento con il programma Nazionale per la Ricerca 2005/2007 e assicurando le indispensabili sinergie fra ricerca pubblica e ricerca privata nonche' tra ricerca nazionale e ricerca europea ed extraeuropea. Nel triennio di competenza 2003-2005, sono stati raggiunti notevoli risultati nella promozione delle collaborazioni e delle reti di scambio tra ricercatori, Istituti di Ricerca, Istituti di Cura, Associazioni scientifiche, Associazioni di malati e Associazioni attive nel campo del volontariato, con un'indubbia positiva ricaduta sul SSN. Per quanto attiene alla Ricerca Europea, si evidenzia che e' stata implementata la partecipazione degli istituti pubblici e privati ai progetti di ricerca del VI Programma Quadro dell'Unione Europea ma che la partecipazione diretta del sistema Paese al piano dei finanziamenti europei in materia di ricerca e' ancora estremamente ridotto e, sotto il profilo della visibilita', marginale, anche a causa di interventi non coordinati di tutti gli enti con conseguente azione presso l'Unione Europea frammentaria e contraddittoria. L'impegno del presente Piano e' quindi quello di sviluppare ogni possibile azione di sostegno per la selezione dei progetti candidabili al finanziamento europeo anche attraverso la predisposizione di apposite strutture di supporto alla progettazione, alla negoziazione e all'accounting dei progetti identificati a livello delle adeguate sedi istituzionali anche al fine di renderle immediatamente disponibili e condivise a tutti gli attori del SSN. Per favorire la cooperazione delle imprese pubbliche e private nella ricerca, e' stata attivata la politica dei cofinanziamenti, al fine di aumentare la massa critica finanziaria disponibile, in un momento di particolare carenza di fondi. Un maggiore impiego di cofinanziamenti nel campo della ricerca sanitaria appare auspicabile e deve rappresentare un impegno che puo' essere raggiunto attraverso nuove forme di collaborazione con il settore privato. Per facilitare lo sviluppo della ricerca sono state inoltre elaborati ed approvati progetti per studiare le modalita' di attuazione di condizioni favorevoli alla mobilita' dei ricercatori, alla collaborazione fra istituzioni pubbliche e private nonche' l'attivazione di strumenti capaci di attirare ricercatori provenienti dall'estero. In tal senso sono stati raggiunti accordi di programma con gli U.S.A. e con la Cina, nell'ambito di tematiche di interesse comune. Un ruolo molto importante nell'ambito della ricerca e' svolto dall'Istituto Superiore di Sanita' che coniuga la ricerca clinica con l'attivita' di valutazione e controllo sanitario tesa alla prevenzione e alla protezione della salute pubblica, per la quale si coordina con lo Stato, l'Unione europea, le Regioni, le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere. L'Agenzia dei servizi sanitari regionali con le Regioni e Province autonome porta avanti programmi di ricerca su problematiche organizzativo-gestionali ed il successivo trasferimento di conoscenza e "best-practice" tra i diversi soggetti coinvolti. A livello centrale il Ministero della Salute svolge istituzionalmente una funzione di sintesi tra i diversi interlocutori per la validazione della ricerca sanitaria e una funzione di coordinamento a livello nazionale, europeo ed extraeuropeo. Attualmente, all'interno dello stesso Ministero, coesistono varie linee di ricerca, per le quali sarebbe opportuno promuovere un miglior coordinamento, in modo da finalizzare le risorse verso obiettivi concordati. Questa sinergia programmatica, che deriva dal concorso di tutte le istituzioni di ricerca afferenti al Ministero della Salute con l'intera comunita' scientifica, dal punto di vista operativo si deve tradurre in ulteriori azioni di sviluppo nell'ambito del PSN 2006/2008. Per quanto riguarda la Ricerca Veterinaria, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS) operano come strumenti tecnico-scientifici dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome e svolgono attivita' di ricerca scientifica sperimentale veterinaria e di accertamento dello stato sanitario degli animali e di salubrita' dei prodotti di origine animale, su input dello Stato e delle Regioni, fornendo consulenza e supporto tecnico-scientifico per le attivita' di pianificazione. Sono inoltre un punto di riferimento per le Istituzioni Comunitarie e per Organismi Internazionali quali l'O.I.E. (Ufficio Internazionale dell'Epizoozie), l'OMS. In questo campo gli obiettivi prioritari del PSN 2003-2005 riguardavano le ricerche sulle zoonosi, sulle TSE e su altre malattie a carattere diffusivo per la popolazione animale. L'attuale programmazione conferma tali priorita' con un orientamento verso la comprensione e soluzione di problematiche sanitarie attuali ed urgenti, le emergenze infettive, infatti, continuano a costituire un rischio rilevante per la sanita' animale e per la salute pubblica ed un notevole costo per il Servizio sanitario nazionale, e cio' in particolar modo per le malattie altamente diffusibili, in aree soprattutto ad elevata densita' animale. Gli obiettivi generali della ricerca per la sanita' pubblica veterinaria sono i seguenti: - lo sviluppo di strumenti epidemiologici per l'identificazione di aree a particolare rischio di insorgenza di emergenze sanitarie; - l'elaborazione di modelli di sorveglianza basati sull'impiego di sistemi informativi georeferenziati (GIS) e sull'analisi di dati spaziali per lo studio dei fattori col coinvolgimento delle diverse figure professionali interessate; - lo sviluppo di strumenti diagnostici innovativi, comparabili e sostenibili per l'individuazione di patogeni lungo la filiera produttiva e per un'applicazione in piani di sorveglianza su base nazionale; - la validazione e l'introduzione di sistemi e metodologie di trattamento atte ad elevare il grado di sicurezza dei prodotti alimentari d'origine animale; - lo sviluppo di metodologie innovative per la ricerca di residui, contaminanti ambientali, additivi e organismi geneticamente modificati negli alimenti di origine animale e negli alimenti ad uso zootecnico. L'ammodernamento strutturale e tecnologico e l'Health technology assessment. Le politiche pubbliche di investimento del Servizio sanitario nazionale, finanziate con il programma straordinario di interventi in