(all. 1 - art. 1) (parte 1)
                 PIANO SANITARIO NAZIONALE 2006-2008


                           1. INTRODUZIONE

   Il Piano sanitario nazionale 2006-2008 parte da una disamina degli
scenari  che  nei  prossimi  3-5 anni caratterizzeranno fortemente il
panorama  sanitario italiano, sia positivamente che negativamente, in
termini  di opportunita' e di vincoli. Vengono quindi considerati gli
elementi  di  contesto  che si riferiscono alla situazione economica,
demografica,  epidemiologica del Paese nonche' a quelli relativi allo
sviluppo  scientifico e tecnologico. Vanno infine tenuti presenti, da
un  lato gli elementi che caratterizzano l'attuale fase istituzionale
(federalismo   sanitario),   dall'altro   i   precedenti   cicli   di
programmazione   sanitaria   nazionale  ed  anche  di  programmazione
sanitaria  regionale  per  valutarne  il  rapporto con il nuovo Piano
nazionale.

   Dopo  questa  parte  iniziale si svolgera' poi una riflessione sul
Servizio  sanitario  nazionale che, partendo da una generale volonta'
di  riconfermare  gli  attuali valori di carattere generale su cui lo
stesso  poggia,  riaffermi,  soprattutto, il principio di uniformita'
sul  territorio  nazionale,  articolato  all'interno  del federalismo
sanitario.

   La  parte successiva del Piano sara' una conseguenza dei primi due
capitoli  nel senso che la consapevolezza degli scenari e la volonta'
di  mantenere  i  principi  fondamentali  su  cui  il sistema poggia,
impongono di tenere conto della sua necessaria evoluzione. Bisognera'
chiedersi  quali scelte strategiche devono connotare questo piano per
dare seguito a quanto sopra detto.

   Occorrera'  fare  riferimento  alla  necessita'  di strutturare in
maniera  forte  tutte  le  iniziative  che consentono di connotare in
senso  europeo la nostra organizzazione sanitaria: portare la sanita'
italiana in Europa e l'Europa nella sanita' italiana.

   Occorrera'  poi  fare  riferimento ai punti focali dell'azione del
Servizio   sanitario  nazionale  ed  individuarne  le  priorita':  1)
organizzare  meglio  e  potenziare  la  promozione  della salute e la
prevenzione;   2)  rimodellare  le  cure  primarie;  3)  favorire  la
promozione   del  governo  clinico  e  della  qualita'  nel  Servizio
sanitario  nazionale; 4) potenziare i sistemi integrati di reti sia a
livello nazionale o sovraregionale (malattie rare, trapianti etc) sia
a  livello interistituzionale (integrazione sociosanitaria) sia tra i
diversi  livelli  di  assistenza (prevenzione, cure primarie etc); 5)
promuovere   l'innovazione   e  la  ricerca;  6)  favorire  il  ruolo
partecipato  del  cittadino  e  delle associazioni nella gestione del
Servizio   sanitario  nazionale;  7)  attuare  una  politica  per  la
qualificazione delle risorse umane.

   L'ultima  parte  del Piano riguarda la definizione degli obiettivi
di salute, le risorse e la valutazione.



                 2. CONTESTI VINCOLI E OPPORTUNITA'


   2.1.   Gli   scenari   internazionali:   scenari   comunitario   e
internazionale

   La  dimensione  della  tutela  della  salute  e  sanita'  pubblica
trascende  il  livello  nazionale  per  radicarsi nell'Unione Europea
(U.E.)   e   nelle   altre   Organizzazioni  intergovernative  (quali
l'Organizzazione per lo Sviluppo e la cooperazione economica - OCSE e
il  Consiglio d'Europa) oppure internazionali (quali l'Organizzazione
Mondiale  della Sanita' - OMS) e in minor misura, nella co-operazione
bilaterale  con  altri  Stati.  Infatti, a parte alcune eccezioni, e'
proprio  in  tali  ambiti  che  prevalentemente  si  definiscono e si
aggiornano  in modo sistematico gli obiettivi di salute e le relative
strategie  ottimali,  successivamente  posti  in  essere  dai Governi
nazionali.  Cio'  dipende da molteplici motivi, fra i quali rivestono
particolare importanza: (a) la necessita' di un approccio globale per
risolvere numerosi problemi sanitari (ad es. controllo delle malattie
trasmissibili),  nonche' per assicurare la sicurezza degli alimenti e
delle  altre merci che ormai vengono commercializzate su uno scenario
mondiale;  (b) il carattere senza frontiera della ricerca scientifica
e  biomedica  che  sottintende la praticabilita' e rende possibile il
perseguimento  di  innovativi  obiettivi  di  salute;  (c) i notevoli
benefici che derivano dalla collaborazione fra esperienze ed approcci
diversi  per la ricerca di valide soluzioni di sanita' pubblica nella
presente  fase di globalizzazione; e (d) la solidarieta' fra i popoli
che  si  esprime  particolarmente  nell'aiuto reciproco per la tutela
della  salute  attraverso  le  Organizzazioni citate, oltre che nella
co-operazione bilaterale.

   Il  Piano  sanitario  nazionale  si  inserisce  in questo contesto
europeo: l'allargamento dell'Europa amplia il confronto tra gli Stati
e,  quindi, la necessita' di stabilire un sistema di relazioni tra il
Servizio  sanitario  nazionale  e i sistemi di tutela della salute di
altri  Paesi,  ma  vede  anche  la  possibilita'  di un aumento della
mobilita' europea sia dei pazienti che dei professionisti.

   Il  raggiungimento  degli  obiettivi  di  Piano  e'  influenzato o
condizionato dallo sviluppo delle politiche di integrazione europea e
dalla  crescente  interrelazione  dei  processi  sociali,  economici,
culturali a livello globale.

   In   questo  contesto  occorre  tenere  conto  degli  ampi  poteri
decisionali attribuiti agli Organi della Unione Europea. Senza dubbio
tra  i  principi  del diritto comunitario, ve ne sono alcuni che sono
propri  del  vincolo  federale,  primo  fra  tutti il principio della
prevalenza  del diritto comunitario sul diritto interno. Cio' implica
che, in numerosi settori essenziali per la salute, l'Italia e' tenuta
ad  adeguarsi  alle  normative  progressivamente  adottate  a livello
europeo,  in  genere tramite la cosiddetta procedura di co-decisione.
Questo  e'  il  caso di una varieta' di norme fra le quali si possono
citare,   a  titolo  di  esempio,  quelle  in  materia  di  sicurezza
alimentare,  tutela  dell'inquinamento  dell'aria,  delle acque e del
suolo, medicinali, trapianti di cellule e tessuti, sangue e tabacco.

   Non  bisogna  sottovalutare la valenza politica del rispetto anche
delle  Raccomandazioni  internazionali  ed  il  fatto  che  eventuali
conseguenze   negative   per   la   salute,   derivanti  dal  mancato
trasferimento  nella  normativa  o  nella  pratica  di  uno Stato dei
principi  e delle procedure previsti in una Raccomandazione approvata
a livello internazionale dallo stesso Stato, potrebbero consentire ai
cittadini  danneggiati  di  citare  l'Amministrazione  competente per
ottenere un risarcimento del danno.

   Anche   per   alcune  organizzazioni  internazionali  non  mancano
fattispecie  specifiche  per le quali lo statuto conferisce il potere
di  adottare  normative  vincolanti.  Ad esempio, l'OMS puo' adottare
normative   vincolanti  in  materia  di  requisiti  di  igiene  e  di
quarantena  e  di  altre  procedure  intese a prevenire la diffusione
delle   malattie  fra  gli  Stati  membri.  In  tal  senso  opera  il
Regolamento sanitario Internazionale adottato dall'Assemblea Mondiale
della Sanita' il 24 maggio 2005.

   Fra  le  priorita'  delle  Organizzazioni  citate, quelle dell'OMS
riguardano,   tra  l'altro,  il  tabagismo,  l'alcolismo,  la  salute
mentale,  la  nutrizione  e  la sicurezza alimentare, la formazione e
l'adeguamento  delle risorse umane per la salute, nonche' lo sviluppo
di  strategie  e  pratiche ottimali da adottarsi per il miglioramento
dell'ambiente  di  lavoro.  Inoltre,  l'OMS  e l'Unione Europea hanno
sviluppato  strategie  e piani di azione dedicati specificamente alla
relazione  tra  ambiente  e  salute  con  particolare  riferimento ai
bambini.   L'OMS   agisce,   peraltro,   anche   con  iniziative  che
coinvolgono,  oltre ai Governi nazionali, gli Enti territoriali quali
le Regioni e Comuni (vedere ad esempio la Rete Citta' Sane costituita
da Enti Locali).

   L'impegno  dell'OCSE  nel settore salute e' andato crescendo negli
ultimi anni: nel 2004, questa organizzazione ha ricevuto dai Ministri
della  salute  degli  Stati membri il mandato di continuare il lavoro
sullo   sviluppo  dei  dati  sanitari,  sul  sistema  della  gestione
analitica   dei   servizi,   sullo  sviluppo  di  indicatori  per  la
valutazione del funzionamento dei servizi sanitari, nella prospettiva
di  fornire ai responsabili politici e amministrativi elementi per il
miglioramento  dei  sistemi  sanitari. Una delle attivita' che l'OCSE
sta  sviluppando  con  maggiore impegno riguarda la valutazione della
qualita' dell'assistenza sanitaria.

   Il  Consiglio  d'Europa considera la salute nel particolare ambito
dei   diritti  umani.  Le  principali  linee  strategiche  riguardano
l'equita' di trattamento e di accesso ai servizi, la protezione delle
categorie piu' deboli, la partecipazione del cittadino e la bioetica.
I  temi  prioritari  sono  la  qualita'  dei  servizi  sanitari  e la
sicurezza  dei  pazienti,  e, accanto ad essi, lo sviluppo di sistemi
nazionali  di notifica degli incidenti, la piattaforma internazionale
per  lo  scambio  di  informazioni  ed  esperienze, la formazione del
personale,  la  gestione delle liste di attesa, la partecipazione del
cittadino,  la promozione della salute, la sicurezza di trasfusioni e
trapianti,  gli  aspetti  etici  connessi  alle  nuove  tecnologie  e
possibilita'  diagnostiche  e  le  cure palliative. La stessa U.E. si
impegna  ad  attuare  ogni  forma  di collaborazione con il Consiglio
d'Europa  e  con  l'OCSE  (artt.  303  e  304 del Trattato istitutivo
dell'Unione Europea).


   2.2. Il contesto istituzionale e normativo

   Il contesto istituzionale e normativo allo scadere del triennio di
vigenza  del Piano sanitario nazionale 2003-2005 e' caratterizzato da
alcuni  elementi  fondamentali  che costituiscono la cornice entro la
quale  si va a dispiegare la progettualita' del nuovo Piano sanitario
nazionale.

   Il Piano sanitario nazionale 2006-2008 non puo' che partire da una
analisi  degli elementi che ne costituiscono il contesto: la modifica
del  Titolo  V  della  Costituzione  a seguito dell'entrata in vigore
della  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e la individuazione
dei Livelli Essenziali di Assistenza con il d.P.C.M. 29 novembre 2001
e successive integrazioni.

   L'articolo  117,  comma  2  lettera  m), a seguito delle modifiche
apportate  al  Titolo V della Costituzione per opera della legge n. 3
del  18  ottobre  2001,  ha  posto  in  capo  allo  Stato la potesta'
esclusiva   nella   "determinazione   dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti  su  tutto  il  territorio  nazionale" e la definizione dei
principi fondamentali in materia, da adottarsi con legge nazionale.

   Alle   Regioni   e'   affidata   invece  la  potesta'  legislativa
concorrente  in  materia di: "tutela della salute, tutela e sicurezza
del lavoro, professioni, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno
all'innovazione,   alimentazione,  ordinamento  sportivo,  previdenza
complementare  e  integrativa,  armonizzazione dei bilanci pubblici e
coordinamento  della  finanza  pubblica e del sistema tributario". Il
legislatore costituzionale ha posto con grande chiarezza in capo allo
Stato la responsabilita' di assicurare a tutti i cittadini il diritto
alla  salute  mediante  un  forte  sistema  di garanzie, attraverso i
Livelli  Essenziali  di  Assistenza  e nello stesso tempo ha affidato
alle  Regioni  la  responsabilita'  diretta  della  realizzazione del
governo e della spesa per il raggiungimento degli obiettivi di salute
del Paese.

   La  competenza  generale  e  residuale,  nell'attuazione  di  tali
garanzie, spetta alle Regioni e agli Enti locali. Alla base di questa
scelta  vi  e'  il  "principio di sussidiarieta'" costituzionale, che
vede  la necessita' di porre le decisioni il piu' possibile vicino al
luogo  in cui nasce il bisogno e quindi al cittadino e alla comunita'
locale.

   L'esigenza  di  garanzia  dei  Livelli  Essenziali,  postulata dal
legislatore richiede altresi' che sia stabilito un serio raccordo tra
livelli essenziali e sistema reale di perequazione finanziaria, dando
attuazione agli articoli 119 e 120 della Costituzione.

   Con  queste  indicazioni  costituzionali al Governo e alle Regioni
sono  affidati compiti tassativi, riconducibili all'individuazione di
meccanismi  di  garanzia  di  tutela della salute per il cittadino in
tutto il Paese in un'ottica di universalismo ed equita' di accesso.

   Il   Piano  sanitario  nazionale,  in  un  quadro  di  federalismo
sanitario,  assume  quindi la necessita' di definire un nuovo "grande
sistema   sanitario"  nel  quale  non  esiste  piu'  un  solo  attore
istituzionale,  ma  numerosi soggetti di governo, posti in un sistema
sussidiario  sia  in termini verticali che orizzontali, che esprimono
diverse  e  differenti matrici di responsabilita'. Il Piano sviluppa,
altresi', il tema delle modalita' di attuazione delle relazioni tra i
soggetti istituzionalmente legittimati nella definizioni di politiche
sanitarie  in  relazione agli obiettivi generali del Piano stesso e a
quelli individuati nelle politiche regionali per la salute.

   Il  Piano  Sanitario 2006 2008 pone, quindi, l'attenzione piu' che
sulle  competenze  di ciascun livello di responsabilita' del sistema,
sulla  capacita'  di  instaurare  sinergie,  integrazioni  e corrette
relazioni.

   L'esperienza di questi ultimi anni, dopo le modifiche apportate al
Titolo  V  della Costituzione ha evidenziato la necessita' di trovare
una   condivisione,   un  nuovo  approccio  alle  problematiche,  una
cooperazione  sinergica  in  cui  i due principali attori del sistema
uniscano  le  loro  potenzialita', nel reciproco rispetto delle nuove
competenze,  per  garantire  che  il Servizio sanitario nazionale sia
sempre in grado di affrontare le problematiche nuove emergenti e dare
risposte   adeguate   ai  cittadini  soprattutto  in  presenza  della
necessita' di contenere le risorse.

   Nel  mutato  quadro  costituzionale  dei  rapporti  tra  Governo e
Regioni  si  e' affermato, in questi anni, l'utilizzo dello strumento
pattizio   degli   accordi   e  dell'intesa,  sanciti  in  Conferenza
Stato-Regioni,  quale  modalita' nuova e sussidiaria per affrontare e
risolvere  le  problematiche che vedevano coinvolti i diversi livelli
di  governo  sui problemi in materia di tutela della salute. Il Piano
assume  pertanto  tale  strumento  come  modalita'  di attuazione dei
principi e obiettivi in esso determinati.

   In  questo  quadro  istituzionale  il  Piano  sanitario nazionale,
strumento di governo e di indirizzo del Servizio sanitario nazionale,
sceglie  di  porre  al centro dell'attenzione quale attore principale
del sistema il cittadino e la garanzia del suo stato di salute.

   Mentre  il  precedente  Piano  era  stato  connotato  dall'accordo
Stato-Regioni  dell'8  agosto  2001  in base al quale, a fronte di un
finanziamento  maggiorato  per un triennio, le Regioni si impegnavano
ad  erogare  una  serie  di  servizi  inclusi  nei cosiddetti Livelli
Essenziali  di  Assistenza  (LEA),  il  nuovo Piano si sviluppa in un
contesto delineato dall' Intesa Stato-Regioni 23 marzo 2005, ai sensi
dell'articolo 1, comma 173 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

   L'Intesa  ha  come premessa la garanzia del rispetto del principio
della  uniforme  erogazione  dei  Livelli Essenziali di Assistenza in
condizioni  di  appropriatezza,  di adeguato livello qualitativo e di
efficienza,  coerentemente  con  le  risorse programmate del Servizio
sanitario nazionale.

   Il  Piano  sanitario  nazionale  stabilisce  per  tutti i soggetti
operanti,  gli  obiettivi  di  consolidamento  e  di rinnovamento del
sistema,  nel  rispetto  dei criteri di fondo su cui basare la scelta
degli  obiettivi, che devono essere capaci di garantire i diritti e i
Livelli   Essenziali  di  Assistenza,  di  cogliere  le  opportunita'
dell'innovazione   coerentemente   con   il  quadro  organizzativo  e
concorrere  al  perseguimento  della  qualita'  del  sistema  nel suo
complesso.  Tali  obiettivi  si  intendono  conseguibili nel rispetto
dell'Intesa  Stato-Regioni  del  23  marzo  2005  e  nei limiti ed in
coerenza con le risorse programmate nei documenti di finanza pubblica
per il concorso dello Stato al finanziamento del SSN.

   Il   Piano   deve  anche  tenere  conto  oggi  di  una  necessaria
impostazione  intersettoriale  delle  politiche  per  la tutela della
salute.  Non  si  puo' piu' parlare di Sanita' in un contesto che non
contempli  anche  le  politiche  sociali,  ambientali ed energetiche,
quelle  del  lavoro,  della scuola e dell'istruzione, delle politiche
agricole e di quelle produttive.

   Gli  scenari  propri  di  una  societa'  in  continua  e  profonda
trasformazione  impongono  una rivisitazione e una ricollocazione del
Servizio  sanitario  nazionale  in  termini di ruolo, di compiti e di
rapporti con altri sistemi che interagiscono con esso nel determinare
le    condizioni   di   salute   della   popolazione.   La   politica
socio-sanitaria  del Paese deve integrarsi ed essere resa coerente al
fine della promozione e tutela della salute collettiva ed individuale
con  le  politiche  relative  allo  sviluppo  economico,  alla tutela
dell'ambiente, all'urbanistica ed ai trasporti.

   A  tale  proposito  occorre  ricordare  che  il Servizio sanitario
nazionale  e' un sistema eminentemente pubblico articolato in Aziende
sanitarie.  Il carattere pubblicistico del servizio non e' ovviamente
da  intendersi  in  termini di esclusivita' dell'offerta pubblica, in
quanto  il privato ha un suo spazio rilevante, anche se differenziato
tra  le  diverse  realta'  regionali, quanto piuttosto nella unicita'
pubblica  nel  governo  delle regole e delle relazioni tra i soggetti
del sistema.

   Le  caratteristiche  di  pluralismo istituzionale e sociale che le
scelte programmatiche intersettoriali rivestono, promuovono quindi la
opportunita'  di  dare  impulso  al  processo normativo regionale per
l'istituzione  e  la  valorizzazione  delle  sedi  di  confronto e di
corresponsabilizzazione   delle  Autonomie  locali  nel  governo  del
sistema.


   2.3. I diritti dei cittadini: la centralita' dei LEA

   Con  il  d.P.C.M.  29  novembre 2001 sono stati definiti i Livelli
Essenziali   di  Assistenza  Sanitaria,  individuati  in  termini  di
prestazioni e servizi da erogare ai cittadini, introducendo accanto a
liste  positive  di  prestazioni,  anche  liste  negative  per quelle
prestazioni  escluse dai Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria e
per  quelle  parzialmente  escluse  in  quanto erogabili solo secondo
specifiche   indicazioni   cliniche.   Il   compito   di   aggiornare
progressivamente  l'insieme dei servizi e delle prestazioni erogabili
alla  luce  dei  fattori  scientifici, tecnologici ed economici ed in
relazione  alle  risorse definite, e' stato affidato alla Commissione
nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali
di  assistenza,  istituita  dalla  legge  15 giugno 2002, n. 112. Nel
corso  dei  suoi  lavori,  la Commissione, composta paritariamente da
esperti  di  designazione  ministeriale  e regionale, ha delineato un
percorso   metodologico   che   indaga  sulla  effettiva  pertinenza,
rilevanza,   efficacia,  equita'  e  compatibilita'  economica  delle
attivita'  e delle prestazioni incluse o da includere nei livelli; la
stessa Commissione si e' proposta, inoltre, di individuare principi e
criteri  utili  a  specificare  l'effettivo  contenuto dei livelli di
assistenza  garantiti ai cittadini, soprattutto nei settori in cui il
d.P.C.M.  riporta  definizioni  eccessivamente  generiche o lacunose.
L'esito  di questo lavoro consentira', da un lato, di individuare con
piu'  chiarezza  l'esatta portata del diritto attribuito ai cittadini
e, dall'altro, di meglio delineare i confini delle aree di competenza
dello Stato e delle Regioni.

   Il  decreto ministeriale 12 dicembre 2001 "Sistema di garanzie per
il  monitoraggio  dell'assistenza  sanitaria",  emanato  ai sensi del
decreto  legislativo 18 febbraio 2000 n. 56 e attualmente in corso di
aggiornamento,  individua  un  set  di  indicatori con cui monitorare
l'assistenza erogata nelle varie Regioni, utilizzando le informazioni
disponibili nell'ambito degli attuali flussi informativi esistenti ed
integrandole con altre aggiuntive al fine di rappresentare importanti
aspetti dell'assistenza sanitaria non valutabili con i dati correnti.
Il  Tavolo  di monitoraggio dei LEA istituito secondo quanto previsto
al   punto  15  dell'Accordo  Stato-Regioni  dell'8  agosto  2001  ha
utilizzato   per   il  proprio  lavoro  una  parte  degli  indicatori
individuati dal citato decreto, tenendo presente la reale fruibilita'
degli  stessi  nella fase di avvio della rilevazione, con l'obiettivo
di  ampliare il set di indicatori negli anni successivi. Il tavolo di
monitoraggio  tuttavia  non  ha  potuto  effettuare  un'analisi sulla
rilevazione  dei  costi in quanto non si e' raggiunta una convergenza
di  opinioni  sull'analisi di appropriatezza necessaria per stabilire
l'effettivo costo alle prestazioni erogate nell'ambito dei LEA.

   Dai  dati  rilevati si manifesta comunque una differenza nei costi
regionali  dei singoli livelli di assistenza tale da sottolineare con
evidenza  la  necessita'  di  promuovere  e  garantire  l'equita' del
sistema,  intendendo  con  tale  termine  l'erogazione di cio' che e'
necessario  garantendo  il superamento delle disuguaglianze sociali e
territoriali.

   Il  tema  del  superamento  del  divario strutturale e qualitativo
dell'offerta  sanitaria  tra le diverse realta' regionali rappresenta
ancora  un asse prioritario nella programmazione sanitaria nazionale.
Cio'  e' confermato dal persistere di fenomeni di mobilita' sanitaria
che non riguardano solo le alte specialita'.

   Il   divario   e'  prevalentemente  registrabile  tra  le  Regioni
meridionali  e  quelle  del centro nord, anche se pure all'interno di
queste  ultime persistono aree disagiate sotto il profilo dei servizi
sanitari disponibili.

   La  garanzia  dei Livelli Essenziali di Assistenza assume cosi' un
ruolo  centrale  di  contesto nel Piano Sanitario. In questo senso il
Piano  deve  prevedere  le  modalita'  con  cui il sistema si dota di
strumenti   valutativi   che   rilevino   le   disomogeneita'   e  le
disuguaglianze  della  domanda  e  dell'offerta,  tenendo conto delle
differenze  della  struttura  demografica, sociale ed economica della
popolazione  di  ciascuna  regione e dell'effetto che tale differenza
induce sul versante della domanda.


   2.4.   Il   quadro   epidemiologico:  l'evoluzione  demografica  e
l'evoluzione dei bisogni

   Il  quadro  epidemiologico e demografico nel quale si inserisce il
PSN e' caratterizzato da modifiche assai rilevanti.

   L'aumento della speranza di vita alla nascita e' ormai consolidata
nel nostro paese: attualmente per le donne siamo oltre gli 82,9 anni.
Questo  comporta  un  aumento notevole della popolazione anziana che,
pero',  non  si  distribuisce  omogeneamente  in tutte le Regioni con
conseguenti  differenti  necessita'  di  modulazione dell'offerta dei
servizi sanitari.

   Previsioni  demografiche  attendibili mostrano un continuo aumento
del  numero  delle  persone  anziane  (ultra-65enni)  e molto anziane
(ultra-85enni).

   Di  contro  in  Italia,  come  in molti paesi a economia avanzata,
abbiamo  assistito  in  questi ultimi anni ad una diminuzione marcata
della  natalita': attualmente il numero medio di figli per donna, nel
nostro paese, e' di 1,2, un dato tra i piu' bassi nel mondo.

   Appare  evidente  che  tali  modifiche  demografiche  incidono nel
determinare  i  bisogni  sanitari  perche'  il  quadro epidemiologico
conseguente  vede  il prevalere di alcune tipologie di malattie quali
quelle  cronico degenerative, cardiovascolari, tumori, altre malattie
dell'invecchiamento  e  legate  alle  condizioni socio-economiche. Le
priorita'  del  Piano  sanitario nazionale discendono dai problemi di
salute  del  Paese,  con  particolare  riferimento al consolidarsi di
elementi di cronicita', all'aumentata capacita' del sistema sanitario
di   garantire   il   prolungamento  della  vita  anche  in  fase  di
post-acuzie,   anche   per   effetto  dello  straordinario  progresso
tecnologico  e  scientifico  (introduzione  di  nuovi farmaci e nuove
tecnologie).

   Cresce  il  numero  dei  soggetti  che richiedono un alto grado di
protezione  socio-sanitaria:  emergono  nuovi  bisogni  a cavallo fra
sociale  e  sanitario  in  relazione all'evoluzione socio-economica e
all'incremento  della  immigrazione  e della mobilita' generale della
popolazione.


   La speranza di vita alla nascita

   L'aumento della speranza di vita alla nascita costituisce un trend
storico  consolidato  nel  nostro Paese che prosegue tuttora, sia per
gli uomini che per le donne. Per il genere maschile essa e' cresciuta
da 76,7 anni del 2001 a 76,9 anni del 2003; anche la vita media delle
donne,  sempre  maggiore  di  quella  degli uomini, sta ulteriormente
aumentando:  da  82,7 anni del 2001 a 82,9 del 2003. La differenza di
genere,  a  favore delle donne, permane e si attesta da tempo intorno
ai 6 anni.

   Le  Regioni  piu' longeve tra gli uomini sono l'Umbria e le Marche
(speranza di vita oltre i 78 anni); tra le donne ancora l'Umbria e le
Marche e la Provincia di Trento (speranza di vita oltre gli 84 anni).
La  speranza  di  vita alla nascita e' determinante della definizione
dell'eta' in cui un soggetto puo' definirsi "anziano" e gli sforzi di
assistenza  e  cura  vanno certamente concentrati sui soggetti la cui
attesa  di vita e' di 10 anni. Sono certamente questi soggetti quelli
che andrebbero assistiti per l'instaurarsi di patologie multiple, del
rischio dei colpi di calore, etc.


   La struttura per eta'

   Nel  2004  quasi  un  italiano  su  cinque  aveva  piu' di 65 anni
(19,2%),  due  terzi avevano tra 15 e 64 anni (66,6%) mentre solo uno
su sette aveva meno di 15 anni (14,2%). Le Regioni in cui e' maggiore
la proporzione di anziani sono la Liguria (26,2%) e l'Umbria (23,1%);
viceversa,  le  Regioni  in  cui  piu'  alta  e'  la  proporzione  di
giovanissimi,  al  di  sotto  di  15 anni, sono la Campania (18%), la
Provincia di Bolzano (17,1%) e la Sicilia (16,7%).

   Il   continuo   e  progressivo  invecchiamento  della  popolazione
italiana e' espresso dall'andamento dei vari indici strutturali della
popolazione, a partire dal cosiddetto "indice di vecchiaia", dato dal
rapporto  percentuale  tra  la  popolazione  di  65  anni e piu' e la
popolazione di 0- 14 anni, che si e' incrementato da 130,3 del 2002 a
135,4  del 2004; nel 2004 sono solo due le Regioni in cui l'indice di
vecchiaia  e'  inferiore  a  100  (ovvero  il numero dei giovanissimi
supera  quello  degli  anziani):  la Provincia di Bolzano (93,8) e la
Campania (81,9).

   E'  interessante  inoltre  considerare  il  cosiddetto  indice  di
dipendenza    strutturale    (rapporto   tra   la   popolazione   non
attiva-giovanissima e anziana- e la popolazione in eta' attiva, da 15
a  64  anni),  che  e' intorno al 50%, ed e' in continua crescita (da
49,1%  nel  2002  a  50,2%  nel  2004).  Nell'ambito  del progressivo
invecchiamento,  merita  attenzione  l'andamento crescente del numero
delle   persone   ultra-anziane  (di  99  anni  ed  oltre)  che  sono
quintuplicate in venti anni (da circa 2000 nel 1981 a oltre 11000 nel
2001);   a  fronte  di  questo  notevole  aumento  della  popolazione
ultra-anziana, la sua mortalita' cresce piu' lentamente.


   Previsioni demografiche

   Previsioni  demografiche  attendibili mostrano un continuo aumento
del  numero delle persone anziane e molto anziane; in particolare, si
stima  che  le  persone ultra-65enni passeranno da circa 10 milioni e
mezzo  del 2001 a oltre 12 milioni nel 2011; in questo stesso arco di
tempo si stima che il numero degli ultra-75enni cresca da 4 milioni e
seicentomila circa ad oltre 6 milioni; si stima altresi' che anche il
numero  delle  persone  molto  anziane  (ultra 85-enni) nell'arco dei
dieci  anni  crescera' da 1 milione e duecentocinquantamila circa del
2001 ad 1 milione e settecentomila circa del 2011.


   La natalita'

   In  Italia, negli ultimi 40 anni si sono verificati, come in molti
paesi  a  economia  avanzata,  notevoli  cambiamenti  nell'area della
salute  riproduttiva.  Rispetto  al passato la natalita' e' diminuita
drasticamente  con  l'aumento dell'eta' media delle primipare a oltre
28  anni. Il numero medio di figli per donna, nel nostro paese, e' di
1,2.  Un  dato  tra  i  piu' bassi nel mondo (dove la media e' 2,8 ma
arriva a 5,4 nei paesi meno sviluppati) e anche in Europa.

   In  questi  recenti anni si sta assistendo ad un lieve ma costante
incremento  delle  nascite,  attestato  nel  2004  sul 9,7 per mille;
questo  fenomeno  e'  prevalentemente  dovuto alla nascita nel nostro
Paese  di  bambini  stranieri  (l'incidenza  delle  nascite  di bimbi
stranieri  sul  totale dei nati nella popolazione residente in Italia
e' piu' che raddoppiata negli ultimi 5 anni, dal 3,9% del 1999 a 8,6%
del  2004).  Il  tasso  di  natalita'  non  e'  uniforme  su tutto il
territorio nazionale, varia da 7,6 nati per mille abitanti in Liguria
a  11,5  nella  Provincia  di  Bolzano.  Sul fronte della mortalita',
l'Italia  si  attesta a uno dei livelli piu' bassi in Europa, con 3,7
per mille nati morti contro una media europea di 4,5.


   Il quadro epidemiologico

   Le  evidenti  caratteristiche  dell'Italia  quali l'invecchiamento
della popolazione, la ridotta natalita', la necessita' di controllare
eventi  infettivi  prevenibili  con apposite strategie, indicano come
prioritarie  le aree delle malattie cardiovascolari (principale causa
di  morte e di consumo di risorse sanitarie), dei tumori (prima causa
di   anni   di   vita   potenziale   persi),   delle  altre  malattie
dell'invecchiamento, dell'infanzia.

   1.  Il  carico delle malattie cardiovascolari in Italia e' da anni
uno  dei  piu' pesanti. La frequenza di nuovi eventi coronarici nella
fascia  di eta' 35-69 anni e' di 5,7 per 1000 per anno negli uomini e
di 1,7 per 1000 per anno nelle donne. Per gli eventi cerebrovascolari
l'incidenza  e'  di  2,3  per 1000 per anno negli uomini e di 1.4 per
1000   per   anno  nelle  donne.  Gli  indicatori  disponibili  sono:
mortalita'  (233.500  decessi  per anno), dimissioni ospedaliere (nel
2001  ci  sono  stati  102.210  ricoveri  ospedalieri per infarto del
miocardio,  la spesa per gli interventi cardiochirurgici e' stimabile
in  circa  650  milioni  di  Euro  e tocca, da sola, l'1% della spesa
sanitaria),  pensioni  di invalidita' (31,2% dei motivi sono malattie
cardiovascolari),   spesa   farmaceutica   (i   farmaci  del  sistema
cardiovascolare  da  soli  assorbono circa la meta' dell'intera spesa
farmaceutica).

   2. Una trattazione a parte merita il diabete mellito che in Italia
colpisce  circa  2  milioni  di  persone.  I  risultati  dello studio
nazionale (ISS, QUADRI) su un campione di popolazione tra i 18 e i 64
anni  mostrano che nel 28% la diagnosi di diabete e' stata effettuata
prima  dei  40  anni.  Il  30% dei pazienti ha sofferto di almeno una
complicanza;  le piu' frequenti sono la retinopatia diabetica (19%) e
la cardiopatia ischemica (13%). Solo il 28% del campione ha un indice
di  massa  corporea normale; il 40% e' in sovrappeso mentre gli obesi
sono  il  32%.  Il  27%  del  campione  in  studio  non svolge alcuna
attivita' fisica.

   3.  Ogni  anno in Italia si registrano ancora circa 240 mila nuovi
casi  di  tumore  e  140 mila sono i decessi (il 28% della mortalita'
complessiva).  Ci  sono,  dunque, quasi un milione e mezzo di persone
affette  da  tumore,  fra  pazienti  guariti,  nuovi casi e quelli in
trattamento.  L'incidenza  di queste patologie e' in costante aumento
per  l'invecchiamento della popolazione e per l'esposizione a fattori
di  rischio noti e non noti e a sostanze cancerogene, come il fumo di
sigaretta,  e  alcuni inquinanti ambientali. Si stima che nel 2010 vi
saranno  circa  270  mila  nuovi  casi  di tumore all'anno e 145 mila
decessi. Nei dati dei Registri Tumore italiani, il tumore del polmone
e' quello con il massimo livello di incidenza, seguono i tumori della
mammella, del colon-retto e dello stomaco.

   La   distribuzione   del   cancro   in  Italia  e'  caratterizzata
dall'elevata  differenza di incidenza e di mortalita' fra grandi aree
del  Paese,  in  particolare fra nord, dove e' maggiore il rischio di
ammalare, e il sud.

   Le  probabilita' di sopravvivenza a 5 anni, calcolata sui pazienti
diagnosticati  negli  anni  1986-89,  sono  complessivamente del 39%:
uguali  alla media europea per gli uomini e leggermente superiori per
le donne. La proporzione dei malati che guariscono e' in aumento. Tra
i  pazienti diagnosticati nel 1987-89, si stima che la proporzione di
coloro  che  possono ritenersi guariti sia del 25% negli uomini e del
38%   nelle   donne.   Tale  proporzione  era  del  21%  e  del  29%,
rispettivamente,  nel  periodo di diagnosi 1978-80. La differenza tra
sessi   e'  dovuta  soprattutto  alla  minore  letalita'  dei  tumori
specifici della popolazione femminile.

   4.  Il  3%  delle  donne  ed il 2% degli uomini da 65 a 69 anni ha
bisogno  di  assistenza  quotidiana:  questa  percentuale sale al 25%
nelle donne sopra gli 80 anni ed al 18% negli uomini.

   La  prevalenza  di patologie croniche dell'anziano e' aumentata di
circa  il 50% negli ultimi 10 anni. Le malattie della senescenza e le
malattie  a  morbilita'  elevata per le quali esistono prospettive di
prevenzione, trattamento o ritardo della comparsa e della disabilita'
ad  esse correlate sono: osteoporosi, osteoartrosi, diabete, malattie
cardiovascolari,  depressione,  malattia di Alzheimer; demenze, morbo
di  Parkinson,  tumori  (seno,  cervice  uterina, colon-retto), BPCO,
disabilita'  fisica, psichica e mentale. E' difficile fornire dati di
frequenza  attendibili  su tali patologie, ma ad esempio sappiamo che
la demenza e' una condizione che interessa dal 1 al 5 per cento della
popolazione sopra i 65 anni di eta', con una prevalenza che raddoppia
poi  ogni  quattro anni, giungendo quindi a una percentuale circa del
30 per cento all'eta' di 80 anni. In Italia si stimano circa 500 mila
ammalati  di  malattia di Alzheimer. Uno studio recente indica che il
23% delle donne di oltre 40 anni e il 14% degli uomini con piu' di 60
anni  e'  affetto  da  osteoporosi  e nel rapporto OSMED 2004 risulta
evidente un aumento dell'uso di farmaci per l'osteoporosi.

   Il   costo  dell'assistenza  aumenta  nel  tempo  ed  in  funzione
dell'eta':  aumenta il numero di anziani "utenti" ed aumenta il costo
sanitario  dell'utente,  il  consumo di soggetto con oltre 75 anni di
eta' e' 11 volte maggiore di quello di un soggetto di eta' tra i 25 e
i  34  anni  (rapporto  OSMED).  Il 92% degli anziani Veneti assumono
farmaci  in maniera continuativa o ciclica (Studio Veneto MMG) contro
il  79% degli anziani in Sardegna ed il 95% in Puglia (Studio Argento
ISS).   Esistono   grandi   differenze  geografiche  ad  esempio,  la
prevalenza  di  disabilita'  media  nei 65enni e' diversa nelle varie
aree del Paese.

   Gli  anziani  sono  un  gruppo  a  rischio per la depressione e il
suicidio  e ci sono buone evidenze che si possono prevenire e ridurre
questi  problemi  con  l'esercizio  fisico,  il  ricorso  a gruppi di
mutuo-aiuto,   alle   attivita'   di   socializzazione,  alle  visite
domiciliari  da  parte  di  personale capace di riconoscere i bisogni
socio-sanitari e di promuovere interventi relativi.

   5.  Il  miglioramento  delle  cure  perinatali,  negli  ultimi due
decenni,  ha indotto una rilevante riduzione della morbilita' e della
mortalita'  infantile,  soprattutto  per  quanto  riguarda il periodo
neonatale.  Tuttavia,  la  situazione sociale ed economica nonche' le
caratteristiche  dell'assistenza  sanitaria  sono  molto  disomogenee
nelle  varie Regioni in cui persistono significative differenze nella
disponibilita'   e  nella  effettiva  utilizzazione  dei  servizi  di
prevenzione  e  nella  qualita' dell'assistenza perinatale. I dati di
copertura   vaccinale  relativi  ai  bambini  con  malattie  croniche
indicano  come  questi  gruppi, che dovrebbero essere particolarmente
tutelati,  sono generalmente poco protetti. La percentuale di bambini
"a rischio" vaccinati per influenza e pneumococco e' inferiore al 3%,
mentre  quella  per  varicella e' inferiore all'1%. Per i bambini con
patologie  di  base, la copertura vaccinale sia per influenza che per
pneumococco  era  inferiore  al  10%.  E'  necessario  migliorare  la
copertura  vaccinale  dei  bambini  con patologie di base, che sono a
maggior rischio di complicanze.

   Il  quadro  demografico  del  nostro  Paese si caratterizza per un
aumento  della  speranza di vita, per un aumento della proporzione di
anziani  e  "grandi anziani" e per una lieve ripresa della natalita',
da attribuire prevalentemente alla nascita di bimbi stranieri.


   2.5. L'evoluzione scientifica e tecnologica

   Attualmente  i  sistemi  sanitari devono far fronte ad una domanda
crescente  di  forme  assistenziali innovative e ad elevato contenuto
tecnologico,  generando  un'esigenza  di  equilibrio tra l'incremento
della  tecnologia  e  i  bisogni  assistenziali  dei pazienti. Cosi',
mentre  in  passato  le  politiche sanitarie erano, in prima istanza,
concentrate sulla valutazione degli standard organizzativi e, solo in
seconda  istanza,  sull'appropriatezza delle procedure diagnostiche e
terapeutiche  e  sui  risultati finali degli interventi, oggi diviene
sempre  piu'  importante orientare le stesse politiche verso esigenze
assistenziali   piu'  complesse  e  focalizzate  all'efficacia  degli
interventi,   oltre  alla  diffusione  di  prime  esperienze  attuate
attraverso metodi e procedure dell'health technology assessment.

   Lo  sviluppo  dei  sistemi  sanitari  dipende,  tra l'altro, dalla
capacita'    di   governare   l'ingresso   delle   nuove   tecnologie
(attrezzature,  ICT,  biotecnologie  sanitarie) nella pratica clinica
per  assicurare risultati positivi in termini di salute, in un quadro
di   sostenibilita'   finanziaria,   equita'  ed  integrazione  degli
interventi.  L'innovazione  tecnologia  assume,  dunque, una cruciale
importanza  in  termini  di generatore di sviluppo per due principali
ordini di motivi:

    - da  un  lato,  e'  considerata  generatore di efficienza per il
sistema  sanitario  e  di  miglioramento  dell'offerta complessiva di
prestazioni  per  il paziente, sia attraverso specifiche decisioni di
politica   sanitaria   (es.  la  promozione  al  ricorso  delle  cure
domiciliari  attraverso  modelli  alternativi  di  organizzazione del
servizio   con   dispositivi   innovativi  di  tele-assistenza),  sia
attraverso nuove procedure assistenziali che si servono di tecnologia
innovativa  per  lo sviluppo di percorsi diagnostici e terapeutici di
particolare efficacia in termini di outcome;
    - dall'altro,  e'  considerata fattore critico di successo per lo
sviluppo economico del paese perche' generatore di nuovi impulsi, sia
per l'ulteriore sviluppo della ricerca e della conoscenza, sia per il
trasferimento  dell'innovazione stessa verso il mercato delle imprese
tradizionali e/o innovative.

   In  tale  contesto il settore sanitario rappresenta un elemento di
forte  impulso  dell'innovazione  tecnologica  attraverso la presenza
combinata dei seguenti elementi:

    - una  rilevante  attivita'  di  ricerca  "sul campo" sia di tipo
sperimentale che di tipo industriale;
    - la  creazione  di  un  indotto  di  imprese  ad  alto contenuto
innovativo che si rivolgono all'utilizzo e all'introduzione estensiva
di  nuove  tecnologie  sanitarie e di nuovi farmaci. Il conseguimento
dell'introduzione  di  nuovi  farmaci e' reso possibile, tra l'altro,
dall'applicazione  di  discipline alla base dell'innovazione quali le
biotecnologie sanitarie.

   Nel  campo  delle  scienze  della vita e della biotecnologia e' in
corso una rivoluzione che comporta un'apertura nei confronti di nuove
applicazioni nel settore sanitario negli ambienti di vita di lavoro e
di  ricerca  con un coinvolgimento globale. Le nuove conoscenze hanno
originato   nuove  discipline  scientifiche  quali  la  genomica,  la
bioinformatica,  l'applicazione  delle  quali  ha un impatto profondo
sulla  societa' e sull'economia. Le potenzialita' delle biotecnologie
coinvolgono  fortemente settori di attivita' connessi al mantenimento
della  salute  umana  e,  nel complesso sistema di applicazione delle
biotecnologie in continua evoluzione, vanno ricordate particolarmente
quelle  applicate  al genoma umano. Questo settore e' quello che piu'
invade  la  sfera  privata dell'uomo ma che ha prodotto nella terapia
risultati  impensabili  prima  della  nascita delle nuove tecnologie,
quali  la  terapia  genica  e  la  riproduzione di tessuti, e ci sono
attese per la terapia personalizzata e la riproduzione di organi.


   2.6. Il contesto socio economico nazionale

   La  ricostruzione  del  contesto  socio  economico,  in  cui  va a
collocarsi  la  programmazione  sanitaria  2006-2008,  non  puo'  che
partire  dalla  presa  d'atto dell'indubbia fase di grave difficolta'
che  l'Italia  si  trova  oggi  ad  affrontare.  In  un  contesto  di
rallentamento  che  riguarda  certamente  l'Europa nel suo complesso,
l'Italia cresce da diversi anni assai meno degli altri paesi europei.
Il  Piano  sanitario  nazionale, dunque, si iscrive in una situazione
economica  nella  quale  la prevista ripresa dell'economia del nostro
Paese  non  si  e' ancora materializzata, anzi la tendenza a breve e'
ancora  quella  di  una  crescita  molto  limitata, al di sotto delle
previsioni e in, alcuni momenti, vicina a valori pari allo zero.

   Tuttavia  le  previsioni  a  medio  termine non possono non tenere
conto della possibile ripresa dei paesi industrializzati che dovrebbe
consolidarsi  nel  2007,  assestandosi  su  un  trend simile a quello
registrato  negli  anni novanta e il completamento delle politiche di
riforma  dei  mercati  dei  beni  e del lavoro favoriranno un maggior
grado  di  flessibilita'  con  crescita  della  produttivita' e della
competitivita'.

   Nel  Documento  di  programmazione  economica  e  finanziaria  che
introduce  la  manovra di finanza pubblica 2006-2009 il Governo stima
che  l'attuale  fase  di ristagno non durera' a lungo e quindi per il
2006  e  il  2007,  in  linea  con  la  Commissione europea e in modo
prudenziale,   prevede  una  crescita  intorno  all'1,5%.  In  questa
situazione,  un  primo  approccio  per  verificare  quali problemi al
settore  sanitario  derivano  da  questa  situazione di contesto puo'
consistere   nel   raffrontare  l'andamento  del  PIL  rispetto  alle
disponibilita'   finanziarie   messe   a  disposizione  del  Servizio
sanitario  nazionale e alla spesa sanitaria effettivamente registrata
negli ultimi 5 anni.

        Raffronto tra Prodotto Interno Lordo, disponibilita'
            finanziarie per il S.S.N. e spesa del S.S.N.
                   (variazioni percentuali annue)


=====================================================================
ITALIA                    | 2001  | 2002  | 2003  | 2004  | 2005(§)
=====================================================================
PIL reale                 |  1,8  |  0,4  |  0,3  |  1,2  |   0,0
PIL a prezzi correnti     |  4,5  |  3,4  |  3,2  |  3,9  |   4,6
Spesa effettiva del SSN   |  8,3  |  4,7  |  2,9  |  7,5  |   5,8
Costo effettivo del SSN   |       |  4,8  |  2,7  |  7,0  |   4,0
Finanziamento             |       |       |       |       |
(fabbisogno) previsto     |       |       |       |       |
per il SSN (*)            |  8,2  |  6,1  |  3,9  |  4,9  |   7,0


   (*)  Nel  triennio  2001  -  2003  non  sono stati considerati gli
ulteriori 1.450 milioni previsti dalla norma di ripiano.
   (§)   I   valori   2005   sono  stimati  tranne  il  finanziamento
(fabbisogno),   che   e'   quello   stabilito  dalla  legge  311/2004
(finanziaria 2005)


   Come  si  vede la dinamica di crescita della spesa sanitaria e del
finanziamento  garantito  e'  fortemente  piu'  accelerata rispetto a
quella del PIL.

   Di  fronte a questi dati un'analisi superficiale potrebbe spingere
ad  orientare  la  valutazione  dell'impatto  che  il  contesto socio
economico  potra' esercitare sull'organizzazione sanitaria solo verso
la  tematica del contenimento dei costi dell'assistenza sanitaria per
conseguire  una compatibilita' con la situazione economica del Paese.
In  realta'  tale semplificazione sarebbe erronea in quanto non tiene
conto degli elementi che vengono di seguito descritti.

   In  prima  approssimazione  si  puo'  fare  riferimento  ad alcuni
principali aspetti:

    1.  sanita'  come "azienda" impegnata nella gestione di un numero
rilevante  di risorse umane e di rapporti con un "indotto" formato da
imprese  fornitrici, atto a garantire il funzionamento corrente delle
strutture sanitarie;
    2.  sanita' come impulso alla realizzazione di infrastrutture sul
territorio con una mobilitazione di risorse finanziarie considerevoli
e  di soggetti imprenditoriali coinvolti nel processo attuativo degli
investimenti strutturali;
    3.  sanita'  come creatore di nuovi soggetti economici, erogatori
di  servizi  socio  sanitari  volti  alla  copertura  della crescente
domanda  proveniente  dalle dinamiche demografiche legate all'aumento
dell'eta'    media   e   dal   conseguente   incremento   della   non
autosufficienza  e  della  dipendenza  a  livello  di territorio e di
domicilio;
    4.  sanita'  come  settore di impulso all'innovazione tecnologica
attraverso l'utilizzo di nuove pratiche assistenziali e tecnologiche,
di   attrezzature  e  strutture  di  comunicazione  innovative  e  di
telecomunicazione,  nonche'  attraverso lo sviluppo del settore delle
biotecnologie sanitarie;
    5.  il settore salute come settore attivo nella valutazione degli
effetti  sulla  popolazione  e sul territorio derivanti dall'adozione
delle  altre  politiche  di  sviluppo  (i.e. industriale, ambientale,
agricolo,  ecc) e dalle valutazioni di eventuali azioni correttive da
porre  in  essere  allo  scopo  di  garantire  uno sviluppo economico
equilibrato.

   Piu'  nel  dettaglio,  puo'  essere  richiamato  l'elemento che si
riferisce  al  ruolo  complesso  che l'organizzazione sanitaria gioca
rispetto  alle  influenze che il rapporto tra invecchiamento e salute
avra'  sulla societa' e sull'economia. A breve termine infatti, cioe'
fin  dai  prossimi  anni, si osservera' un invecchiamento progressivo
della forza di lavoro, che sara' di dimensioni mai viste prima, anche
se  moderate  dal  tentativo,  peraltro sempre piu' contrastato dalle
politiche  previdenziali, di espulsione dal mercato dei lavoratori in
esubero  piu'  anziani.  Questo fenomeno puo' avere delle conseguenze
inedite   sulla   salute   e   sul  sistema  economico  generale  che
occorrerebbe prendere in considerazione in modo tempestivo.

   La  prima  conseguenza  riguarda i riflessi negativi per la salute
fisica  e  mentale  dettati  dalle  necessita'  che un lavoratore che
invecchia ha di adattarsi ad un posto di lavoro e ad una mansione che
sono   stati  progettati  per  una  forza  di  lavoro  piu'  giovane:
l'ergonomia   e   l'organizzazione  del  lavoro  dovranno  tenere  in
considerazione questa nuova esigenza se non vogliono compromettere le
abilita'  lavorative  di  una  forza  lavoro  piu' anziana, fatto che
potrebbe  far perdere produttivita', generare assenteismo e aumentare
i  costi per l'assistenza sanitaria. Il secondo aspetto, correlato al
precedente,  e' che il luogo di lavoro e' il contesto dove la persona
puo'  imparare  con  piu'  facilita'  a  curare  le  proprie abilita'
funzionali,  fisiche  cognitive e sociali, abilita' che costituiscono
il  migliore  viatico  per  un  invecchiamento in salute: oggi questi
obiettivi  di  promozione  della  salute attraverso l'educazione agli
stili  di vita salutari e attraverso la pratica dell'esercizio fisico
regolare non sono perseguiti nei luoghi di lavoro e si perde un'altra
occasione preziosa per mantenere questa "work ability".

   Sempre sul versante sociale ed economico, ma piu' a medio termine,
ci   si  puo'  attendere  che  il  progressivo  invecchiamento  della
popolazione  cambi  radicalmente  la  domanda  di  beni e servizi. In
particolare,  questo fenomeno influenzera' le professioni sanitarie e
l'assistenza:  il  bisogno  di  maggiore  prossimita'  e  continuita'
nell'assistenza   richiesto   dall'invecchiamento  della  popolazione
imporra'  una  necessita'  di  piu'  infermieri  e  di piu' medici di
medicina generale.

   Inoltre,  gli  investimenti per migliorare la salute degli anziani
(la  cosiddetta "compression of morbidity") attraverso la prevenzione
e  la  promozione  della salute sono assolutamente prioritari per gli
effetti benefici sulla salute e sulla qualita' della vita.

   In  conclusione,  ci  si puo' attendere un aumento progressivo dei
costi   di   assistenza   sanitaria   nei  prossimi  decenni,  legato
all'invecchiamento,   solo  moderatamente  influenzabile  dai  flussi
immigratori  di  popolazione  giovane  e dal successo degli eventuali
sforzi di promozione della salute e di prevenzione sanitaria.

   Un   secondo   elemento  si  riferisce  al  fatto  che  la  salute
rappresenta  il  risultato marginale (unintended effect) praticamente
di  tutte  le  politiche e gli interventi che hanno a che fare con lo
sviluppo;   tuttavia   di   questo   effetto   quasi   sempre  si  ha
consapevolezza solo dopo l'adozione delle politiche stesse e, quindi,
esso  non  viene  preso  in  considerazione  ne' in sede di scelta di
decisione  preliminare  sul singolo intervento, ne' nella valutazione
dei  costi e delle responsabilita' che essi comportano. Solo in campo
ambientale  la  valutazione  dell'impatto  sulla  salute  dei diversi
interventi  e'  stata  disciplinata  con  le procedure di Health Risk
Assessment  nei  documenti di Valutazione d'Impatto Ambientale, anche
se con un ruolo abbastanza ancillare. Nel resto dei campi interessati
dalle  politiche  e  dagli  interventi  per lo sviluppo (occupazione,
welfare,  urbanistica  e  infrastrutture,  educazione, tecnologia...)
questi  effetti indesiderati sono quasi sempre ignorati e non servono
ad indirizzare le scelte.

   L'esigenza  che  va  emergendo,  invece e' che nessun intervento o
politica che superi una certa soglia di rilievo dovrebbe poter essere
introdotta senza un adeguato Health Impact Assessment, per il quale a
tutt'oggi soccorrono alcuni modelli che non sono ancora adeguatamente
conosciuti, diffusi, sperimentati ed applicati.

   Un  terzo  elemento  e'  relativo al ruolo che la sanita' esercita
come  moderatore  degli  effetti  connessi  alle  dinamiche  socio  -
economiche  e demografiche. Molti degli effetti sulla salute generati
dalle  politiche  e  dagli interventi correlati allo sviluppo possono
essere  prevenuti,  contrastati o moderati con appropriati interventi
da  parte  del  sistema sanitario. Adeguati interventi di sostegno ed
assistenza  territoriale,  possono  evitare  gli effetti indesiderati
della  disoccupazione  e della precarieta' che possono essere indotti
da  interventi  di  riconversione  della struttura produttiva o della
forza di lavoro. Tuttavia in questo ambito e' ancora poco consolidata
la  conoscenza  sull'efficacia  di  questi interventi e sarebbe molto
importante   far   crescere   un   patrimonio   di   "evidence  based
intervention",  soprattutto  con  le componenti del sistema sanitario
deputati alla prevenzione dell'assistenza.

   Il quarto elemento si riferisce alla capacita' che la sanita' puo'
avere   di   generatore   di   effetti   diretti  sui  "fondamentali"
dell'economia.  In  Italia  il settore della salute occupa il settimo
posto per numero di addetti (1,2 milioni) e il terzo per valore della
produzione.  Definire  i  confini  del  sistema sanitario, in termini
produttivi, e' un'operazione in certo modo arbitraria, ma necessaria.
11   sistema  sanitario  produce  e  impiega  sia  beni  sia  servizi
appartenenti     a     branche    produttive    diverse    -industria
chimico-farmaceutica,   apparecchi  e  materiale  sanitario,  servizi
sanitari  alle  persone e alla collettivita' la cui caratteristica e'
di  produrre  beni  e  prestazioni  a contenuto sanitario. Il settore
sanitario  contribuisce  alla  produzione nazionale per il 7,6%, agli
investimenti  fissi lordi per 1'1,4% e alle esportazioni per 1'1%. La
sua rilevanza e' superiore a quella dell'intera agricoltura (2,9% del
Pil), del settore tessile e dell'abbigliamento (3,4%), dell'industria
chimica (2,0%) e automobilistica (1,3%).

   L'aumento o la diminuzione della spesa sanitaria puo' avere quindi
un  effetto  espansivo  o riduttivo sulla produzione nazionale, sulle
importazioni,  sull'occupazione, sugli investimenti, sui redditi, sui
profitti  e  sulle imposte. Tagli alla spesa sanitaria comportano con
effetto moltiplicativo una perdita di posti di lavoro e un calo delle
imposte   indirette.   Naturalmente,  anche  le  condizioni  generali
dell'economia  nazionale  esercitano un'influenza diretta sul sistema
sanitario.  Le  risorse  spendibili per la sanita' sono vincolate, in
qualche  modo,  dalle dimensioni dell'economia e dalle fasi del ciclo
economico.  In  particolare, si dovranno considerare politiche attive
con  riferimento  all'influenza  esercitata dal settore sanitario sul
mercato   del   lavoro,   finalizzate   agli   interventi   a  favore
dell'occupazione,   ad  un  piu'  ampio  e  strutturato  processo  di
formazione  delle  risorse  professionali in merito ai nuovi sviluppo
del  settore  sanitario  (territorialita', continuita' assistenziale,
introduzione  di  nuova  tecnologia  sanitaria,  ecc)  e  ad una piu'
rilevante  circolazione  a  livello nazionale ed internazionale delle
risorse professionali.

   Il  quinto  elemento tiene conto della sanita' come "induttore" di
sviluppo economico attraverso i legami con altri settori industriali.
La  sanita'  e'  oggi  annoverabile  tra  i principali settori per lo
sviluppo  dell'economia. Questo non solo per il legame diretto con le
principali determinanti dell'economia quali il mercato del lavoro, la
politica  degli  investimenti, la politica della spesa, etc. ma anche
perche'  oggi il settore sanitario crea impresa. E' stato dimostrato,
infatti,   che  ogni  euro  speso  nell'acquisto  di  beni  intermedi
necessari   a   produrre  prestazioni  sanitarie  (ad  es.  materiale
diagnostico,  energia  elettrica),  propaga un impulso ai settori che
forniscono  questi  beni,  che a loro volta generano una richiesta di
forniture in altri comparti e cosi' via.

   Infine,   un   sesto   elemento   da   menzionarsi   nel  contesto
socio-economico  e'  quello  relativo  al  ruolo che i soggetti della
societa'  civile  sono  chiamati  a  giocare nell'ambito della tutela
della  salute  e  del  sistema  integrato  dei  servizi  sociali,  in
particolare  ci  si riferisce al Terzo settore, che possiamo definire
quale  spazio sociale tra Stato e mercato, caratterizzato da soggetti
privati,    dotati    di   diverso   grado   di   formalizzazione   e
istituzionalizzazione,   tutti   tendenti  a  finalita'  di  pubblico
interesse.  Si  tratta  di un settore misto collegato a tutti e tre i
sottosistemi  della  societa' (Stato, mercato e sfera informale), che
porta  le  istanze di partecipazione alla vita sociale del cittadino.
In  senso  ampio  e'  costituito dai cittadini, dai nuclei familiari,
dalle  forme  di  aiuto-aiuto  e  di reciprocita'; dai soggetti della
solidarieta'   organizzata;  dalle  organizzazioni  sindacali;  dalle
associazioni  sociali  e  di tutela degli utenti, dagli organismi non
lucrativi  di  utilita'  sociale; dagli organismi della cooperazione;
dalle associazioni e gli enti di promozione sociale; dalle fondazioni
e  gli enti di patronato; dalle organizzazioni di volontariato; dagli
enti  riconosciuti  delle confessioni religiose con le quali lo Stato
ha stipulato patti, accordi e intese.

   Va  evidenziato  il  ruolo innovatore che e' stato riconosciuto al
c.d.  Terzo  settore  nell'impianto  normativo del Servizio sanitario
nazionale.  Gli  obiettivi  di politica sanitaria e sociale, infatti,
possono  essere  meglio  perseguiti  con il coinvolgimento di tutti i
soggetti   della   comunita'   locale:   istituzionali,  sociali,  di
volontariato,  dell'associazionismo, delle imprese sociali, del mondo
produttivo.  Per  questo  la  concertazione  e'  vista  non solo come
strategia   di  valorizzazione  dei  diversi  soggetti  attivi  nelle
politiche sanitarie e sociali, ma anche e soprattutto come condizione
strutturale    e   strategica   per   facilitare   l'incontro   delle
responsabilita'  e  delle  risorse  disponibili  nel  territorio,  da
investire nei traguardi definiti dalla programmazione.

   In  questo  quadro  non  si  puo'  dimenticare che il ruolo che la
sanita'  gioca  nello  sviluppo del Paese va al di la' di una lettura
meramente  economicista.  Cio'  che  la  sanita'  puo'  produrre,  se
organizzata  in un sistema efficiente ed efficace in cui il cittadino
e  le  istituzioni  locali  rivestono  un ruolo centrale, e' coesione
sociale,  processi  di  identificazione  e  solidarieta',  adesione e
condivisione  di  valori;  ed  e'  indubbio  che tale processo sia di
fondamentale   importanza   nel  superamento  dei  periodi  di  crisi
economico-sociali, in cui invece le spinte economiche inducono spesso
fenomeni  di  disgregazione,  conflittualita' territoriale e sociale,
indifferenza ai valori nazionali e dello Stato.


   2.7. Quali risorse per il Servizio sanitario nazionale

   La evoluzione dell'importo delle disponibilita' finanziarie per il
servizio sanitario e' in continua progressione con un notevole sforzo
sia  delle  Regioni  che  dello  Stato  che  a partire dal 2002 hanno
concordato   per   un   triennio,   l'ammontare   delle  risorse  che
complessivamente   sono   destinate   alla   erogazione  dei  livelli
essenziali di assistenza.

   La  legge  finanziaria  2005  ha fissato, per il triennio 2005-07,
l'importo  del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Per il
2006,  primo  anno di vigenza del nuovo PSN, l'importo e' definito in
89.960   milioni  di  euro.  Le  risorse  disponibili  consentiranno,
mediamente,  una  quota  capitaria  pari  a  circa  €.  1500,  mentre
l'importo  complessivo  sara'  destinato in riferimento ai livelli di
assistenza,  per  il  5%  alla  prevenzione,  il  44%  all'assistenza
ospedaliera  ed  il  rimanente  51%  all'assistenza  distrettuale sul
territorio.

   Nonostante   l'incremento   di   risorse   messe   a  disposizione
dall'Accordo  dell'8 agosto 2001 e dalla legge finanziaria 2005 negli
anni  dal  2001 al 2005 si sono verificati e continuano a verificarsi
disavanzi,  al  cui  determinarsi  contribuiscono  due  tipologie  di
elementi.   La   prima   riferibile  al  fatto  che,  per  quanto  il
finanziamento  del  SSN  abbia raggiunto il 6,3% del PIL (nel 2000 si
era   al   5,6%),   si  stanno  verificando  fenomeni  epocali  quali
l'evoluzione    scientifica    e    tecnologica    della    medicina,
l'invecchiamento  della  popolazione  (con  aumento  delle  patologie
croniche),  l'aumentata  percezione  del  bene  salute  e  quindi  la
crescente  richiesta  di  servizi, unitamente al fatto che negli anni
passati  gli investimenti in prevenzione (vaccinazioni, lotta al fumo
di tabacco, all'obesita' e al diabete, all'uso di alcool e di droghe,
agli  incidenti domestici) sono stati scarsi, nonostante sia noto che
essi  sono  quelli  con  il massimo ritorno in termini economici e di
salute.

   La  seconda  relativa  alle modalita' gestionali attuate in alcune
realta'  del  Paese.  Nonostante  gli  sforzi  fatti dalle Regioni in
termini organizzativi e di recupero dell'efficienza si ritiene che le
economie  conseguibili  su questi aspetti sono ancora cospicue. Se e'
vero  infatti  che tutte le Regioni si sono impegnate negli anni piu'
recenti  con  interventi  di  miglioramento,  e'  anche  vero  che il
risultato e' stato diverso da Regione a Regione, per cui ancora molto
si puo' fare.

   In  questa  situazione  e'  fondamentale,  se  si vuole evitare il
tendenziale  riformarsi  di  un  cospicuo  disavanzo, accompagnare le
eventuali  misure  di riadeguamento delle disponibilita' finanziarie,
con  manovre  strutturali  in  modo  che  le  nuove  risorse  messe a
disposizione  dallo Stato restino vincolate ai fondamentali obiettivi
di miglioramento del Servizio sanitario nazionale e di recupero della
sua  efficienza,  gia'  a  suo  tempo condivisi con le Regioni con la
cosiddetta  Dichiarazione  congiunta  di Cernobbio che ha previsto il
rilancio  della  prevenzione  primaria e secondaria, la ridefinizione
delle  cure  primarie,  la  qualificazione  dei  percorsi diagnostico
terapeutici secondo l'approccio della clinical governance.

   In  questo  quadro  e'  da  ritenersi  determinante che le risorse
disponibili  per  il  triennio 2005 - 2007, tenendo conto della spesa
effettivamente  sostenuta  nel  2004  e correggendo il tendenziale di
spesa  2005, possano soddisfare le esigenze del Servizio sanitario in
modo da:

    - finalizzare  il  maggior  finanziamento  alla  realizzazione di
servizi  inclusi  nei  LEA, definendo contemporaneamente gli standard
qualitativi e quantitativi dei LEA stessi;
    - evitare che la manovra tesa a recuperare il disavanzo derivante
dallo  scarto  tra  il  finanziamento concesso e la spesa tendenziale
prevista dalle Regioni (che potrebbe anche superare € 93.000 milioni)
sia  aspecifica, cioe' non tenga conto che i fattori di splafonamento
sono  diversamente  distribuiti tra le Regioni e che quindi le misure
correttive vanno adattate alle singole Regioni interessate;
    - realizzare,   nei   confronti  delle  Regioni  che  manifestano
rilevanti  difficolta'  nel  mantenere  l'equilibrio  di  bilancio  e
nell'assicurare  l'erogazione delle prestazioni comprese nei LEA, una
adeguata  opera di affiancamento per aiutarle a recuperare efficienza
e capacita' realizzativa.


   2.8. Gli strumenti della programmazione

   La  programmazione  sanitaria  nazionale,  nel  contesto del Piano
sanitario  nazionale  si misura con almeno tre ordini di questioni: i
contenuti,   la  "governance",  il  rapporto  con  la  programmazione
regionale.

   Per  quanto  attiene  all'individuazione  degli  obiettivi e delle
priorita'  del  Piano sanitario nazionale si deve in primo luogo fare
riferimento  al  quadro  dei  principi  a  cui  il Servizio sanitario
nazionale ed i singoli sistemi sanitari regionali fanno riferimento.

   Anche  questo  e'  uno  dei passaggi che consente di dare valore e
sostanza  al  carattere  nazionale  del  Servizio  Sanitario, laddove
individua   finalita'   condivise   e   fatte  proprie  dai  soggetti
istituzionali del sistema.

   In questa ottica non si puo' dimenticare che:

    - la  definizione  degli obiettivi di salute non puo' prescindere
dalla enunciazione dei valori fondamentali a cui essi debbono rifarsi
e cioe':
    - la salute come diritto umano fondamentale;
    - l'equita' nella salute e la solidarieta' nell'azione per il suo
conseguimento;
    - la  partecipazione  e la responsabilita' da parte di individui,
gruppi,  istituzioni  e  comunita'  per lo protezione e la promozione
della salute;
    - le  priorita'  del  Piano  sanitario  nazionale  discendono dai
problemi  di  salute  del Paese, caratterizzati fortemente dal mutare
del quadro demografico ed epidemiologico.

   Per  quanto riguarda il rapporto tra la programmazione nazionale e
la "governance" del Servizio sanitario nazionale, cioe' il livello di
responsabilita'  cui  la programmazione deve essere ricondotta, nella
sede  della  Conferenza  Stato-Regioni  sono state sperimentate nuove
modalita'  di  concertazione, che hanno, nel corso degli ultimi anni,
consolidato   un  percorso  nel  rispetto  del  principio  di  "leale
collaborazione".

   Quanto  al  rapporto tra programmazione nazionale e programmazione
regionale  si  sottolinea  come  tutte  le Regioni dovrebbero nutrire
interesse  nei confronti del programma di lavoro delineato dal Piano,
volto  ad affrontare i problemi del SSN e a promuoverne l'evoluzione,
sulla  base  della  constatazione  che lo sviluppo dei propri servizi
sanitari  dipende  anche  da  quello del SSN nel suo complesso, cosi'
come  i  problemi  dei  Servizi  sanitari  di alcune Regioni ricadono
direttamente  o indirettamente su quelli di altre. In questo contesto
le Regioni contribuiscono alla programmazione nazionale, contribuendo
altresi'  ad  un  piu'  corretto rapporto tra il SSN e le sue singole
parti.

   Tenendo   conto  delle  considerazioni  riportate  occorre  tenere
presente  che  il  PSN  non  e' l'unico strumento di attuazione della
programmazione nazionale e che anzi esso deve costituire strumento di
riferimento  di  carattere  generale per iniziative programmatiche da
attuarsi  nel  triennio  attraverso  una  forte  sinergia tra Stato e
Regioni.

   A  tale  proposito  si  fa  presente  che  nel contesto attuale di
programmazione  non  puo'  non  tenersi  conto  di nuovi strumenti di
programmazione concertata, che, nel corso degli anni, sono assurti al
ruolo di strumenti sussidiari e a volte principali di programmazione,
anche alla luce dell'evoluzione del rapporto Stato-Regioni.

   Tra  gli  strumenti  di  programmazione  che si possono annoverare
oltre  al Piano sanitario nazionale, vi sono le leggi-quadro, i Piani
Nazionali  di settore (che intervengono sulle modalita' erogative dei
livelli  essenziali  di  assistenza);  le  Intese istituzionali e gli
Accordi  di  programma  (che  costituiscono  il quadro di riferimento
degli  atti di programmazione negoziata che hanno luogo nella Regione
o  Provincia  autonoma);  le  linee  guida, gli Accordi sanciti dalla
Conferenza  Stato-Regioni e dalla Conferenza Unificata e da ultimo le
Intese  tra  Stato  e Regioni, ai sensi della legge 5 giugno 2003, n.
131,   dirette   a   favorire   l'armonizzazione   delle   rispettive
legislazioni   o   il  raggiungimento  di  posizioni  unitarie  o  il
conseguimento di obiettivi comuni.


   2.9.  Il  rapporto  con i cicli programmatori precedenti e i Piani
sanitari regionali

   Tradizionalmente  il Piano sanitario nazionale individua obiettivi
di    carattere    generale,   distinguibili,   in   via   di   prima
approssimazione,  come obiettivi di tipo organizzativo e obiettivi di
"salute", che le Regioni sono invitate in qualche modo a recepire nei
rispettivi  strumenti di programmazione. Con il Piano 2003-2005 si e'
avuto una iniziale modifica di tale impostazione.

   Il   Piano  2003-2005  si  e'  posto  da  un  lato  come  conferma
dell'impianto  universalistico  che, in applicazione dell'articolo 32
della   Costituzione,   ha  portato  alla  costruzione  del  Servizio
sanitario   nazionale,   dall'altro   come  strumento  condiviso  per
agevolare  il  passaggio  al  federalismo in campo sanitario, tenendo
conto   del   nuovo  contesto  istituzionale,  ma  anche  del  quadro
demografico ed epidemiologico nazionale.

   Nel   passaggio   dalla  "sanita'"  alla  "salute",  il  Piano  ha
individuato  dieci  progetti per la strategia del cambiamento, avendo
come riferimento prioritario la definizione dei Livelli Essenziali di
Assistenza.  Il  Piano rimandava, in una ottica di collaborazione, ad
accordi  successivi  la  individuazione  delle  aree di priorita' cui
vincolare, anche, risorse specifiche.

   Con   l'Accordo  Stato-Regioni  del  24  luglio  2003  sono  state
individuate   cinque   aree   prioritarie  di  applicazione  del  PSN
precedente:

    - l'attuazione dei Livelli essenziali di assistenza;
    - le cure primarie;
    - la non autosufficienza;
    - i centri di eccellenza;
    - la   comunicazione  istituzionale  soprattutto  applicata  alla
prevenzione.

   Sulla base di ulteriori riflessioni congiunte Stato-Regioni tenuto
conto  degli obiettivi gia' concordati nel PSN 2003-2005, il Ministro
della   salute   e   gli   Assessori  alla  Sanita'  hanno  convenuto
nell'incontro  di  Cernobbio,  nell'aprile  2004 su "Sanita' futura",
alcune principali linee di azione:

    1. Ottimizzare la domanda con le "Primary Care Clinics" (UTAP);
    2.  Misurare  gli  outcome e promuovere il governo clinico per la
qualita';
    3. Educazione sanitaria, prevenzione primaria e diagnosi precoce;
    4. Centri di eccellenza clinica;
    5. Ricerca clinica.

   Nella  sua  applicazione  il  PSN  2003-2005  ha,  inoltre,  fatto
emergere  la  necessita'  di procedere ad una "messa in ordine" degli
elementi   fondamentali   del  S.S.N.,  attraverso  l'ampio  progetto
collaborativo  Ministero-Regioni  denominato  Progetto  Mattoni. Tale
progetto,  ancora  in  corso,  sta  consentendo di rivisitare 15 aree
tematiche  di  fondamentale  importanza  sia  per  la  programmazione
nazionale e regionale che per la tenuta del Nuovo Sistema Informativo
Sanitario.

   La innovazione di tale impostazione avviata con il Piano 2003-2005
tiene  conto  del fatto che il Servizio sanitario nazionale non e' la
semplice  sommatoria  dei  21  Servizi sanitari delle Regioni e delle
Province  autonome,  ma  e' qualcosa di piu' e di diverso: un sistema
esteso  su  tutto il territorio nazionale di tutela della salute, con
un  corrispondente  livello  di  governo, con proprie regole e propri
obiettivi.

   Contemporaneamente le Regioni dopo la Riforma Costituzionale hanno
adottato  i  loro  piani sanitari che hanno alcuni aspetti di cornice
comuni,  in  particolare  esplicitano  i  principi  di fondo ai quali
intendono  ispirarsi  e  accompagnano le enunciazioni sugli obiettivi
prioritari  per  il  triennio con scelte strategiche per raggiungerli
(anche  se  le  indicazioni  operative  variano  molto  da  Regione a
Regione).

   Le  linee  di  indirizzo  dei Piani sanitari delle diverse Regioni
disegnano  scelte politiche di fondo, naturalmente diversificate, del
governo  del  sistema-salute  regionale,  ma al tempo stesso mostrano
strategie  generalmente condivise, quale quella del rafforzamento del
rapporto   tra   ospedale   e  territorio,  riservando  finalmente  a
quest'ultimo  un  ruolo  primario nel circuito dell'assistenza: dalle
cure   a   domicilio   all'assistenza   ai   malati   terminali  alla
lungodegenza, anche se con modalita' attuative diverse.

   E'  evidente che la logica di fondo e' la ricerca di strumenti che
"difendano" il soggetto piu' fragile ma le scelte sono diverse. Da un
lato   si  privilegia  la  costruzione  di  un  sistema  pubblico  di
protezione;  dall'altro  si privilegia la liberta' di scelta, tramite
una  contrattazione  di mercato, con regole predefinite (di servizi e
controlli).

   I  Piani  sanitari  regionali  perseguono anche un'altra finalita'
particolarmente      rilevante      nell'ambito      della      piena
responsabilizzazione  delle Regioni sul piano finanziario: quella del
controllo   della  spesa  sanitaria,  senza  limitare  i  servizi  ai
cittadini.  L'esperienza  degli  ultimi  quattro  anni suggerisce una
possibile  innovazione: il Piano sanitario nazionale si pone come uno
strumento  di  lavoro  condiviso  volto  ad  affrontare i problemi di
salute  del  Servizio sanitario nazionale, definendo le priorita', le
collaborazioni con e tra i diversi organismi settoriali esistenti.



          3. L'EVOLUZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE:
                    LE STRATEGIE PER LO SVILUPPO


   3.1.   Il   Servizio  sanitario  nazionale:  principi  ispiratori,
universalita' del Servizio, equita', cooperazione

   Principi ispiratori.

   Una    riflessione   sul   Servizio   sanitario   nazionale   deve
necessariamente  partire  dalla  considerazione che vi e' un generale
consenso  nel  Paese  a  mantenere  le  caratteristiche  fondamentali
dell'attuale    Servizio   sanitario   nazionale,   in   particolare:
universalita',  sostanziale  gratuita'  per  l'accesso  a prestazioni
appropriate uniformemente assicurate nel Paese, rispetto della libera
scelta,   pluralismo  erogativo  basato  sul  ruolo  delle  strutture
pubbliche, delle strutture private accreditate non profit e di quelle
private accreditate profit.

   Il   Servizio   sanitario   nazionale   italiano   e'  un  sistema
"universalistico",   rivolto   cioe'   a   tutta  la  popolazione  di
riferimento  senza  distinzioni  di genere, residenza, eta', reddito,
lavoro.  Il  PSN riafferma con energia, in quanto principio fondante,
questo  valore,  a  volte dato quasi per scontato, ma che costituisce
una  delle  variabili  piu'  importanti  nei  confronti  dei  sistemi
sanitari  internazionali,  e  al  tempo  stesso  lo rende operativo e
leggibile.

   Il PSN promuove, inoltre, l'equita' del sistema, da intendersi non
come  capacita'  di  dare  tutto a tutti ma di assicurare cio' che e'
necessario  garantendo  il superamento delle disuguaglianze sociali e
territoriali.

   I  sistemi  sanitari  riflettono  le  disuguaglianze  della nostra
societa',  derivanti dalle diverse condizioni socio-economiche e, per
converso,   possono   risultare  strumento  per  il  contrasto  delle
conseguenze  sulla  salute  di tali diverse condizioni. Per questo e'
rilevante    perseguire    con   maggiore   incisivita'   l'obiettivo
dell'equita'  e  dell'equilibrio  nella disponibilita' di risorse, in
relazione ai bisogni di salute dei differenti contesti sociali.

   L'accessibilita'   deve   essere   garantita  per  l'attivita'  di
prevenzione,  diagnosi,  cura e riabilitazione soprattutto alle fasce
economicamente  piu'  deboli,  in  quanto  una  mancata previsione di
erogazione ed una consequenziale espulsione del bisogno verso settori
libero-professionali  a  pagamento, corrisponderebbero alla negazione
del diritto alla tutela della salute. E' da valutare attentamente, in
relazione  al  dispiegamento  dei  modelli  di  salute  regionali, la
modalita'    attraverso    la   quale   e'   garantito   il   diritto
all'accessibilita'   alle   fasce   socialmente,   economicamente   o
culturalmente disagiate.


   Obiettivi.

   Il  PSN fa propri gli obiettivi di salute gia' individuati dal PSN
2003-2005  ed  in  particolare: la promozione della salute e la lotta
alle  malattie trasmissibili, alle grandi patologie, al dolore e alla
sofferenza  nei  percorsi di cura, l'umanizzazione dell'ospedale e le
cure  palliative,  la  prevenzione  e  la  presa  in carico della non
autosufficienza,  la  tutela  della  salute nelle prime fasi di vita,
infanzia   e  adolescenza,  la  tutela  della  salute  mentale  e  la
prevenzione e presa in carico delle dipendenze, la salute delle fasce
sociali marginali.

   L'ipotesi  su  cui  si  regge  il nuovo Piano e' che i vincoli, ma
anche   le  opportunita',  che  emergono  dall'analisi  dei  contesti
condizioneranno  fortemente  il  modo  di essere del S.S.N. In questa
situazione proprio la volonta' di salvaguardare le caratteristiche di
fondo  del  Servizio  sanitario  nazionale  fa  nascere il bisogno di
necessari adeguamenti rispetto ai nuovi scenari in cui e' chiamato ad
operare. Senza tali adeguamenti la "forza delle cose" deformerebbe in
maniera incontrollata il sistema.

   A  tal  fine si richiama quanto gia' evidenziato nel paragrafo 2.3
in  materia  di  superamento  del  divario  strutturale e qualitativo
dell'offerta  sanitaria  tra le diverse realta' regionali, quale asse
portante nella programmazione sanitaria regionale.

   Occorre  tener  presente  l'esigenza  di aggiustamenti strutturali
dell'offerta.  In particolare a fronte delle nuove esigenze emergenti
(innalzamento  dell'eta'  media  della  popolazione  e  necessita' di
maggiori   risorse)   si   impone  una  ristrutturazione  della  rete
ospedaliera   per  acuti  con  adeguati  investimenti  e  un  impegno
contemporaneo di valorizzazione del territorio.

   Per   garantire   questo   adeguamento   e'   necessario   puntare
contemporaneamente:

    - al miglioramento delle condizioni di salute;
    - alla razionalizzazione degli interventi;
    - all'implementazione di un processo di miglioramento qualitativo
(anche sotto dei risultati di salute);
    - alla    razionalizzazione    delle    risorse   e   alla   loro
rifinalizzazione piu' appropriata, coinvolgendo i cittadini e le reti
di  cittadinanza  in  operazioni  di  governance creativa nelle quali
cittadino,  associazioni  di  tutela e reti di cittadinanza divengano
sponsor  e  attori  del  sistema  sanitario  nazionale  garantendo la
partecipazione consapevole;
    - al  superamento del divario nell'offerta tra le diverse realta'
regionali.

   Uno  degli  elementi  importanti  per  garantire  l'equita'  e' il
governo  della  mobilita'.  Bisogna  prendere  atto della difficolta'
legata alla diversita' di stato dell'arte dell'evoluzione dei diversi
servizi  regionali: se infatti e' condiviso da tutte la necessita' di
garantire livelli e qualita' delle cure ai propri cittadini, evitando
discriminazioni  nell'accesso,  di  fatto  attualmente  non  tutte le
Regioni  sono  in grado di rispondere allo stesso modo al bisogno del
proprio  territorio  soprattutto  per quanto riguarda le piu' evolute
risposte  tecnologiche  e  terapeutiche.  D'altra  parte  e' anche da
evidenziare che, stante la disomogeneita' della popolazione residente
nelle  diverse  Regioni,  non  e'  efficace  ed  efficiente  avere un
approccio  del  "tutto  ad  ogni costo in ogni realta'": questo e' il
caso  per  esempio della alta tecnologia che per garantire un livello
di  qualita'  della  risposta  richiede  un  bacino di utenza a volte
superiore  di  molto  a  un  milione di persone o, invece, della alta
specializzazione   la   cui  qualita'  dell'offerta  e'  direttamente
proporzionale al numero dei casi trattati. Nel periodo di vigenza del
Piano  si  promuoveranno  nuove  forme  di  mutualita' reciproca e il
governo della mobilita' non dimenticando il nuovo contesto europeo in
cui si colloca l'Italia.

   Nel  periodo  di  vigenza  del  Piano  saranno  definite  regole e
principi  di comportamento a livello nazionale che trovino attuazione
attraverso  accordi  tra  le  Regioni  finalizzati  ad  ottimizzare e
qualificare   le   prestazioni   di  alta  specialita'  e  promuovere
l'autonomia regionale nella produzione di media - bassa complessita'.


   3.2. La garanzia e l'aggiornamento dei LEA

   La  prima linea di azione riguarda la prosecuzione del processo di
attuazione   dei   Livelli   Essenziali  di  Assistenza  (LEA)  anche
attraverso  un  perfezionamento  della  relativa  disciplina, volto a
precisare il rapporto dialettico tra la uniforme garanzia dei servizi
e  delle prestazioni assicurate a tutti i cittadini e la variabilita'
applicativa regionale.

   In   questo   quadro  alcune  criticita'  in  materia  di  Livelli
Essenziali di Assistenza impongono, nel triennio, di:

    - definire  e  specificare,  per quanto possibile, le prestazioni
erogabili,  in  particolare  nelle  aree dell'assistenza territoriale
domiciliare,   ambulatoriale,  residenziale  e  semiresidenziale;  un
contributo  fondamentale  per  il  perseguimento  di questo obiettivo
potrebbe  venire dalla contestuale definizione dei livelli essenziali
di assistenza sociale;
    - aggiornare   le   liste   delle   prestazioni   gia'  definite,
inserendovi  le  prestazioni  innovative  sviluppate  nel corso degli
ultimi anni, delle quali sia stata dimostrata l'efficacia clinica e/o
l'economicita';
    - definire  le  condizioni di erogabilita' delle prestazioni che,
piu'   frequentemente,  sono  oggetto  di  eccessiva  variabilita'  e
inappropriatezza prescrittiva;
    - affermare   il   principio  che  la  garanzia  dei  livelli  di
assistenza implica la garanzia dell'accessibilita' delle prestazioni,
anche  nel  contesto  delle  isole  minori  e delle comunita' montane
isolate,  come  previsto  dal  d.P.C.M.  di  definizione  dei Livelli
Essenziali di Assistenza sanitaria del 29 novembre 2001;
    - rilevare  le disomogeneita' e le disuguaglianze della domanda e
dell'offerta,   tenendo   conto   delle  differenze  della  struttura
demografica,  sociale  ed  economica  della  popolazione  di ciascuna
regione  e dell'effetto che tale differenza induce sul versante della
domanda e rimuovere i fattori che risultano di ostacolo all'esercizio
del diritto ai livelli di assistenza a causa di:

     - carente  diffusione dei servizi sul territorio: in alcune aree
del  territorio  nazionale  alcune  tipologie di servizi ed attivita'
assistenziali presentano ancora una diffusione insufficiente rispetto
alle  necessita'  della popolazione, in specie per quanto riguarda il
livello  dell'assistenza  territoriale  domiciliare,  residenziale  e
semiresidenziale;
     - onerosita'  della  quota  di  partecipazione  alla  spesa:  la
disciplina  in  materia  di partecipazione al costo delle prestazioni
sanitarie  e  delle  esenzioni, risalente agli anni 1993/1995, appare
ormai  inadatta  a  selezionare  gli  assistiti  che hanno bisogno di
un'agevolazione  di  natura  economica  per accedere alle prestazioni
sanitarie;
     - disomogenea  distribuzione delle prestazioni specialistiche di
alta  complessita'  nelle  diverse  aree  territoriali, cosi' come e'
emerso  da  una analisi delle schede di dimissione ospedaliere che ha
evidenziato  che  i  cittadini  residenti in alcune aree territoriali
usufruiscono  di alcune prestazioni, sicuramente efficaci ed in grado
di  incidere risolutivamente sulle specifiche condizioni patologiche,
in   misura  significativamente  inferiore  dei  cittadini  residenti
altrove;
     - liste  di  attesa:  l'erogazione delle prestazioni entro tempi
appropriati  alle  necessita' di cura degli assistiti rappresenta una
componente  strutturale  dei  livelli  essenziali  di assistenza. Per
questo  motivo,  l'eccessiva  lunghezza  delle liste rappresenta, nei
fatti,  la negazione del diritto dei cittadini ad accedere ai livelli
essenziali.  La  soluzione  di  questo  problema  e'  particolarmente
complessa  e  richiede  interventi  volti  sia alla razionalizzazione
dell'offerta  di  prestazioni  sia alla qualificazione della domanda.
Per  questi  aspetti  ci  si  atterra'  a  quanto  previsto dal Piano
nazionale  per  il  contenimento  dei  tempi di attesa previsto dalla
legge 23 dicembre 2005, n. 266;

    - superare  il  divario  strutturale  e  qualitativo dell'offerta
sanitaria  tra  le  diverse  realta'  regionali  anche  attraverso il
completamento  del programma ex articolo 20 della legge 11 marzo 1988
n.  67,  che  proprio nelle Regioni meridionali fa registrare ritardi
notevoli  rispetto  alla tempistica mediamente registrabile a livello
nazionale.

   La  garanzia  dell'equita'  rende  necessario  che nel triennio di
vigenza  del  PSN  si  individuino  regole condivise sia sul versante
dell'offerta  (promovendo  l'omogeneizzazione in ambito nazionale dei
livelli  di  garanzia  della qualita' dei servizi, dello sviluppo del
sistema  informativo  del  SSN e tecnologie annesse, dei programmi di
prevenzione e lotta alle malattie infettive vecchie e nuove), sia sul
versante della domanda e delle condizioni di accesso (individuando le
modalita'  per il governo della mobilita' interregionale, lo sviluppo
della   comunicazione   e   della   partecipazione   dei   cittadini,
l'omogeneizzazione  su  scala nazionale delle modalita' di accesso ai
servizi, anche in riferimento al problema dei tempi di attesa).

   L'equita'   non   si   puo'   realizzare   senza   la   promozione
dell'appropriatezza.   L'appropriatezza,   nei   suoi   due  classici
significati di appropriatezza clinica delle prestazioni piu' efficaci
a  fronte  del  bisogno  accertato e di appropriatezza come regime di
erogazione della prestazione piu' efficace ma al tempo stesso a minor
consumo  di  risorse,  e'  fortemente  relazionata alla capacita' del
sistema di assicurare "equita'" di erogazione di prestazioni, perche'
e'  evidente  che un sistema sottoposto ad una pressione eccessiva di
domanda  non  valutata e potenzialmente inappropriata non e' in grado
di  assicurare  a  tutti cio' che e' piu' necessario; al tempo stesso
l'erogazione  di  prestazioni  in  regimi economicamente piu' costosi
impedisce  la  finalizzazione  delle risorse verso le aree di maggior
bisogno.


   3.3.  La  sanita'  italiana  in  Europa,  l'Europa  nella  sanita'
italiana

   Per  quanto riguarda il contesto europeo, il livello di attenzione
deve essere rivolto ai rapporti tra politiche europee e sistema della
salute italiano, in relazione a tre aspetti principali:

    - la  dimensione  della  promozione  della  salute come affermata
dall'  Unione  Europea  attraverso  piani e programmi a forte valenza
intersettoriale;
    - gli  ambiti di armonizzazione su aspetti sanitari di competenza
prevalentemente  nazionale  che  la  Commissione Europea promuove nel
quadro delle politiche di sussidiarieta';
    - il  modello  di relazioni basato sull'impiego del metodo aperto
di  coordinamento  per  la  tutela  e lo sviluppo della salute, della
ricerca,   della   modernizzazione   e  diffusione  dei  processi  di
informazione  e comunicazione interattiva anche in sede di formazione
delle politiche comunitarie.

   Sotto  il  primo  aspetto,  anche  in carenza di specifici impegni
derivanti  dal  Trattato, l'azione della Commissione Europea si muove
nella   direzione   della   promozione  di  piani  e  programmi  (con
particolare  riferimento  al  vigente Programma comunitario nel campo
della  sanita'  pubblica 2003-2008 e allo schema di Programma Europeo
di Salute Pubblica 2007-2013 proposto dalla Commissione e attualmente
in discussione al Parlamento Europeo) a forte valenza intersettoriale
attraverso   specifiche   azioni   di   incentivazione   mirate  alla
cooperazione  delle  politiche  e  alla  realizzazione di piattaforme
europee di informazione, di conoscenza, di servizio e di valutazione.

   Sotto  il  secondo  aspetto, vale rilevare le attivita' in corso a
livello comunitario in materia di:

    - determinanti   di   salute  ivi  compreso  il  controllo  della
sicurezza del ciclo alimentare;
    - controllo delle malattie trasmissibili;
    - mobilita'  dei cittadini europei con abilitazione all'accesso a
prestazioni qualitativamente omogenee;
    - mobilita' degli operatori sanitari;
    - sviluppo dei Centri di riferimento europei;
    - sicurezza dei pazienti;
    - sviluppo della Societa' dell'informazione;
    - processi  di  integrazione tra ricerca per la salute, impresa e
finanza, anche in relazione allo sviluppo della formazione avanzata e
alle  modifiche  delle  modalita' di costituzione ed accesso ai Fondi
Strutturali   per   lo   sviluppo   delle   piattaforme  tecnologiche
interistituzionali e intersettoriali.

   Sotto  il terzo aspetto, il Piano deve tenere in particolare conto
delle  indicazioni della Commissione Europea per l'integrazione delle
politiche  socio-sanitarie. Il piano si deve sviluppare tenendo conto
delle  tre  direttrici  innovative  su  cui  e' impostata la politica
dell'Unione Europea per un profilo europeo dei sistemi di salute:

    - della "salute per tutti" con le sottospecifiche della copertura
territoriale  e  dei  processi  di inclusione anche in relazione alla
multiculturalita';
    - dello  sviluppo delle eccellenze sia per il miglioramento dello
stato  di salute delle popolazioni europee, che per la valorizzazione
dello know-how;
    - valorizzazione   delle  soluzioni  integrate  con  sviluppo  di
processi di analisi, modellizzazione e valutazione di impatto al fine
di  promuovere il trasferimento delle migliori pratiche europee in un
quadro di sostenibilita' economica.

   Alla  luce  dei  punti sopra esposti, il Piano sanitario nazionale
persegue  gli  obiettivi  sanitari  previsti  nel  vigente  Programma
Comunitario nel campo della sanita' pubblica (2003-2008) attuando, in
tal modo, il necessario coordinamento dei piani sanitari regionali, e
si  ancora  agli sviluppi normativi comunitari che in una varieta' di
settori   (quali   alimenti,   medicinali,   trapianti,  inquinamento
ambientale,  tutela  delle  acque,  etc) definiscono periodicamente i
nuovi  quadri  di  riferimento che le Regioni sono tenute ad attuare,
ove  necessario,  previo recepimento delle normative in questione nel
diritto nazionale.

   Le priorita' all'esame sono le seguenti:

    - Rafforzare  le  sinergie  tramite azioni e strumenti al fine di
proteggere  i  cittadini  dai  rischi e dalle minacce che sfuggono al
controllo  dell'individuo;  accrescere  la capacita' dei cittadini di
decidere  riguardo  alla  loro salute e ai loro interessi e integrare
nelle  altre  politiche  gli  obiettivi  della politica in materia di
salute.

   I  principali  strumenti  e  le  azioni per il conseguimento degli
obiettivi   sono  quelli  finalizzati:  (i)  al  miglioramento  della
comunicazione  con  i cittadini; (ii) ad accrescere la partecipazione
delle  associazioni  dei  cittadini,  del  volontariato e delle altre
parti interessate all'elaborazione delle politiche in tema di salute;
(iii)  alla  messa a punto di un approccio per integrare le questioni
in   tema   di   salute   nelle   altre   politiche,  per  migliorare
l'individuazione  precoce,  la  valutazione  e  la  comunicazione dei
rischi  sanitari;  e  (iv) promuovere la sicurezza dei prodotti e dei
servizi destinati ai cittadini.

    - Assicurare  le  necessarie  azioni  e  misure  di  sostegno per
proteggere  i  cittadini  e  reagire contro le minacce per la salute,
incoraggiare strategie intese a favorire stili di vita piu' salutari,
contribuire   a   ridurre   l'incidenza  delle  principali  malattie,
migliorare l'efficienza e l'efficacia dei sistemi sanitari.

   I  principali  strumenti  e  le  azioni  da  attuare  sono  quelli
finalizzati  a:  (i)  rafforzare la sorveglianza e il controllo delle
malattie  trasmissibili; (ii) reagire alle minacce per la salute, ivi
incluse  quelle  derivanti dal terrorismo; (iii) promuovere la salute
agendo  sui determinanti degli stili di vita; (iv) prevenire malattie
e  lesioni  attraverso l'identificazione delle migliori pratiche; (v)
realizzare   sinergie   tra   i   sistemi   sanitari   e   migliorare
l'informazione  e le conoscenze in materia di sanita' in vista di una
migliore sanita' pubblica.

   Un  altro  recente  sviluppo a livello europeo riguarda il settore
dell'assistenza  sanitaria,  nel  quale  sono  state avviate numerose
attivita', fra le quali vi sono le seguenti:

    a)  facilitare  l'offerta  e  l'acquisizione  di  cure  sanitarie
transfrontaliere,  tramite  la raccolta e lo scambio di informazioni,
onde  consentire la messa in comune delle capacita' di cure, anche al
fine di contrastare la formazione di lunghe liste di attesa;
    b)  scambiare  informazioni  sulla  mobilita'  dei professionisti
della salute e gestire le conseguenze di tale mobilita';
    c)  creare  un  sistema  di  cooperazione  tra  i diversi sistemi
sanitari  attraverso  l'istituzione  di Centri di riferimento e altre
strutture   di  collaborazione  per  fronteggiare  meglio  a  livello
nazionale ed europeo i problemi connessi, ad es. alle malattie rare e
ad    altre    patologie    che   richiedono   interventi   di   alta
specializzazione;
    d)   costituire   una  rete  nazionale  ed  europea  destinata  a
rafforzare  la  capacita' di elaborare e scambiare dati e valutazioni
in  materia  di  tecnologie  sanitarie.  Cio'  anche  al fine di: (a)
sviluppare  informazioni  comuni  di base; (b) condividere criteri di
valutazione; e (c) identificare priorita' di lavoro comune;
    e) sviluppare un sistema nazionale ed europeo di informazione sui
sistemi   sanitari  e  sulle  cure  mediche  on  line  per  pazienti,
professionisti   e  responsabili  dell'elaborazione  delle  politiche
sanitarie;
    f)   sviluppare  strumenti  intesi  a  valutare  l'impatto  delle
politiche  nazionali  e  comunitarie  diverse da quelle sanitarie sui
sistemi  sanitari  e  sulla  salute  al  fine di sviluppare strumenti
condivisi che possano essere saggiati e validati;
    g) migliorare la sicurezza dei pazienti che si affidano alle cure
dei  servizi  sanitari  attraverso  la messa a comune di esperienze e
l'elaborazione congiunta di linee guida e sistemi di gestione.

   Per quanto riguarda i processi di formazione degli atti comunitari
si  tratta  di  dare  pronta  attuazione  alle  norme  generali sulla
partecipazione  dell'Italia,  sulla  base della caratterizzazione del
Servizio sanitario nazionale come previsto dalla riforma del Titolo V
della Costituzione, al processo normativo dell'Unione Europea e sulle
procedure  di  esecuzione  degli  obblighi comunitari, ai sensi della
Legge  4  febbraio  2005,  n.  11.  Per  quanto  riguarda, infine, le
attivita'    curate    dalle    Organizzazioni    internazionali    e
intergovernative,  e'  necessario  prevedere una specifica intesa tra
livello  centrale  e  sistemi  regionali. Un'apposita procedura sara'
posta  in  essere per assicurare una capillare e sistematica opera di
informazione e partecipazione delle Istituzioni territoriali.

   In  conclusione,  per  quanto  riguarda  gli  aspetti  citati,  il
Ministero e il coordinamento sanitario delle Regioni e delle Province
autonome,  intendono, anche attraverso l'individuazione di specifiche
strutture  operative,  a:  -  mettere a punto un efficace sistema nel
promuovere  la  partecipazione  delle  Regioni  e  Province  autonome
nonche'   di   altre  istituzioni  ed  aziende  italiane  a  progetti
incentivanti  europei e alle politiche di collaborazione basate sulla
sussidiarieta';

    - assicurare  un'efficace e costante informazione e coordinamento
delle Regioni e Province autonome nel merito degli sviluppi a livello
europeo  in  modo da innestare l'intero Servizio sanitario nazionale,
nell'alveo  del  flusso  dell'evoluzione comunitaria e del piu' ampio
contesto  europeo  sia  nella  fase  ascendente  che  discendente del
processo decisionale.


   3.4. La prevenzione sanitaria e la promozione della salute

   La  consapevolezza  dell'efficacia degli interventi di prevenzione
nel  contrastare  l'insorgere  delle  patologie  o nel contenerne gli
effetti, ha portato in questi anni ad una crescita della sensibilita'
internazionale  e  nazionale  sulla  necessita'  di attivare organici
interventi in tema di prevenzione, sia con azioni per il contenimento
dei  fattori  di  rischio,  sia  mediante  interventi per la diagnosi
precoce  e  la  prevenzione delle complicanze. Caratteristiche comuni
agli interventi di prevenzione sono:

    - le  motivazioni  etiche e di contrasto alle disuguaglianze: gli
interventi hanno lo scopo di estendere azioni efficaci anche a quella
parte della popolazione che ha difficolta' ad accedere ai servizi;
    - l'ampia  trasversalita',  infatti  numerosi soggetti sanitari e
non  sanitari  possono concorrere alla loro realizzazione: spesso gli
interventi  sono frutto di azioni coordinate all'interno del Servizio
sanitario  nazionale,  altre  volte  devono essere realizzati tramite
azioni  intersettoriali  che  vedono  coinvolte  altre istituzioni, e
pertanto  devono  essere  condivisi  e  concertati dai diversi attori
interessati,  anche  al  fine  di ottimizzare l'uso delle risorse e i
risultati.

   Negli  ultimi  anni,  il  mondo istituzionale e quello scientifico
hanno  evidenziato  come  l'offerta di servizi per la prevenzione dei
rischi  e  delle  patologie,  cosi'  come  l'offerta  per  una attiva
promozione   della   salute  dei  cittadini,  risultino  maggiormente
efficaci  adottando  un  percorso metodologico che segue alcuni punti
fondamentali:

    - effettuare  una  definizione  dei  bisogni,  e  tra  questi  la
identificazione  delle  priorita',  partendo  da una analisi dei dati
epidemiologici  per  quanto  possibile partecipata e condivisa tra il
"sistema  sanita'",  le  altre  istituzioni,  le  rappresentanze  dei
cittadini,  i  portatori  di  interessi  collettivi ed il mondo della
produzione;
    - progettare e porre in essere azioni di sistema, in cui le "reti
sanitarie"  operano  in  sinergia con le altre reti istituzionali, in
cui  i  vari  attori  hanno  ben  chiari compiti propri, strumenti ed
obiettivi da raggiungere;
    - operare  con  un  atteggiamento  culturale maggiormente rivolto
all'appropriatezza  degli interventi ed alla valutazione di efficacia
degli stessi (metodologia della Evidence Based Prevention);
    - utilizzare  le  normative  come  strumento  necessario,  ma non
esaustivo,  per  il  raggiungimento di obiettivi di salute, piuttosto
che    considerarle    come   finalita'   principale   dell'   azione
istituzionale;
    - sviluppare,  all'interno della progettazione, strategie per una
comunicazione  coerente ed efficace in quanto questa, nel campo della
prevenzione  dei  rischi e promozione della salute, risulta strumento
necessario e determinante per il raggiungimento degli obiettivi;
    - definire,  fin  dalla  fase  di  progettazione,  un  sistema di
verifica dei risultati.

   Progressi  evidenti  sono  stati  effettuati nella direzione sopra
indicata  in  tutte le aree di intervento della prevenzione; anche le
normative  e  gli  atti  formali di riferimento tendono attualmente a
privilegiare  azioni  di sistema per la realizzazione di processi che
aiutino  la crescita della "cultura della prevenzione", piuttosto che
la  mera  erogazione  di singole prestazioni. Esempi significativi di
tale  percorso  culturale  e  metodologico che, peraltro, aderisce in
senso istituzionale al nuovo rapporto tra Stato e Regioni determinato
dalla modifica del Titolo V della Costituzione, sono rappresentati:

    - dal  Piano di Prevenzione attiva, sull'adozione del quale hanno
concordato  il  Ministro  della  Salute  e  gli  Assessori  Regionali
nell'incontro   di   Cernobbio   del   2004  su  "Sanita'  futura"  e
successivamente  approvato  dalla  Conferenza  dei  Presidenti  delle
Regioni e Province autonome. 11 documento e' stato oggetto di accordo
tra lo Stato e le Regioni per l'erogazione delle quote vincolate agli
obiettivi  di  PSN  2003-2005, ed infine modificato ed integrato come
Piano  Nazionale  della  Prevenzione 2005-2007, allegato 2 all'Intesa
Stato  Regioni  del  23  marzo  2005.  Tale  piano ha in se' un nuovo
modello   di  metodo  di  lavoro  che  riconosce  un  punto  alto  di
integrazione  istituzionale-scientifico  tra  i  livelli  di  governo
centrale  ed i governi territoriali, rappresentato nel caso specifico
dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie
(CCM);
    - dal  documento  approvato  nella  Conferenza  delle  Regioni  e
Province  autonome, che recepisce le indicazioni del gruppo di lavoro
misto  per  la  semplificazione  delle  procedure  relativamente alle
autorizzazioni,  certificazioni ed idoneita' sanitarie, quale esempio
di  adozione  anche a livello istituzionale del metodo della Evidence
Based Prevention (EBP).


   La prevenzione primaria e la promozione della salute.

   Dagli  anni  '80  si  e'  fatta  sempre  piu'  presente  una nuova
concezione  della  salute, non piu' obiettivo da raggiungere ma "bene
essenziale  per  lo  sviluppo  sociale, economico e personale..." che
vede  nelle  "persone  stesse  la  maggiore risorsa" (Carta di Ottawa
1986).  La  promozione  della  salute  si  realizza  nei  due ambiti,
individuale   e   collettivo,   in  primo  luogo  tramite  interventi
finalizzati   a   modificare   i  comportamenti  soggettivi,  ad  es.
promuovendo  l'adozione  da  parte dei cittadini di corretti stili di
vita,  e  a  livello  delle collettivita' migliorando i contesti e le
condizioni di vita rilevanti ai fini della salute.

   A fianco di cio', avvenimenti di carattere sopranazionale avvenuti
nell'ultimo  decennio  hanno dimostrato come la prevenzione di rischi
per  la  salute  e  la  sicurezza  della  collettivita'  deve  essere
realizzata  attraverso la costruzione, e la costante manutenzione, di
una rete di previsione, sorveglianza, controllo e gestione coordinata
degli eventi.

   Tale  rete  riconosce nodi territoriali, regionali e nazionali del
sistema  sanitario;  contemporaneamente,  in  piu'  casi riconosce la
necessita' di integrazione operativa tra reti del sistema sanitario e
reti  istituzionali  diverse  (ad  esempio  quella  della  protezione
civile), sia per lo scambio rapido di informazioni, sia per eventuali
interventi coordinati sul campo.

   Quelle che seguono sono importanti esperienze gia' poste in essere
o attualmente in corso:

    - sul  versante  del monitoraggio degli stili di vita e' iniziata
nel  2005  l'attuazione, da parte di CCM, ISS e Regioni, del progetto
"Passi  per  l'Italia"  (ideato  nell'ambito  della progettazione del
Nuovo  Sistema  Informativo Sanitario), finalizzato a sperimentare un
sistema  di  sorveglianza  di  popolazione  centrato  sui  fattori di
rischio   comportamentali   e   sulla   diffusione  delle  misure  di
prevenzione all'interno della popolazione. L'obiettivo strategico del
sistema  e'  quello  di  fornire  a  Regioni  e  Aziende basi di dati
tempestive  e  utili  per  la  pianificazione,  la realizzazione e la
valutazione dell'azione in sanita' pubblica;
    - sul  versante  dei  sistemi  informativi  per la conoscenza dei
fenomeni,  l'analisi  delle  cause  degli  stessi  e  la  conseguente
progettazione  delle  attivita'  di  prevenzione nei luoghi di lavoro
basate  sulle  evidenze  epidemiologiche.  Dal  2002  INAIL,  ISPESL,
Regioni  e  Province  autonome  hanno  sviluppato e reso operativo il
progetto  denominato  "nuovi  Flussi  informativi"  ed "analisi delle
cause degli infortuni gravi e mortali";
    - sul versante dei sistemi di allerta la BSE prima e la influenza
aviaria   attualmente  hanno  portato  a  sviluppare  importantissime
sinergie   di  sistemi  in  rete  tra  le  strutture  specifiche  dei
Dipartimenti    di    Prevenzione,   gli   Istituti   Zooprofilattici
Sperimentali, le strutture tecniche del Ministero della Salute;
    - sul versante della programmazione delle attivita' per contenere
gli  effetti  calamitosi  generalizzati sulla popolazione, recente e'
l'approvazione  da  parte della Conferenza Stato-Regioni del piano di
prevenzione in previsione della pandemia influenzale.

   Tali  esperienze sono importanti riferimenti per l'approfondimento
di tematiche di coordinamento, che attualmente presentano criticita',
e che possono esitare in utili accordi tra Stato e Regioni:

    1.  analisi  dello  stato  attuale  dei  nodi  del  sistema della
prevenzione   primaria,   ponendosi   l'obiettivo  di  una  revisione
sistematica  dei  compiti  delle  varie  istituzioni  e  dei  livelli
coinvolti;
    2.  organizzazione  generale  del  sistema  a livello nazionale e
regionale  e  modalita' di coordinamento tra i diversi attori (Stato,
ISS, ISPESL, Regioni, IZS, ARPA ecc);
    3.  individuazione  di  metodologie  condivise per la definizione
delle priorita' di sistema e delle conseguenti necessita' di risorse;
    4.  ruolo  e  funzioni  di una rete integrata per la sorveglianza
epidemiologica e l'analisi dei dati;
    5.   valutazione   delle   necessita'   specifiche   del  sistema
informativo,  integrato nel piu' vasto ambito del sistema informativo
sanitario.

   Obiettivi  di  sistema  prioritari  da  raggiungere  nella  durata
temporale del presente Piano sono:

    - il  consolidamento  in tutto il territorio nazionale della rete
per   la   prevenzione   collettiva  territoriale  rappresentata  dai
Dipartimenti   di  Prevenzione  e  consolidamento  dei  nodi  tecnici
regionali  di  supporto  e  coordinamento,  nel  rispetto dei diversi
modelli organizzativi delle Regioni e Province autonome;
    - la  strutturazione  ed  il  consolidamento, all'interno di tale
rete, della funzione epidemiologica, in ambito sia umano che animale,
come  funzione  chiave per la conoscenza dei bisogni, il monitoraggio
della efficacia degli interventi, il miglioramento della qualita' dei
flussi informativi e della capacita' della loro gestione, finalizzate
anche ad una piu' efficace e sintonica comunicazione istituzionale;
    - la  creazione  e/o consolidamento, all'interno di tale rete, di
nodi   per   il   supporto   alle  azioni  sul  campo,  che  sappiano
metodologicamente  sviluppare  programmi  finalizzati alla promozione
della   salute,   con   particolare   riferimento  alle  tecniche  di
comunicazione;
    - il  consolidamento del metodo di lavoro in rete, in cui i nodi,
posti  ai  vari  livelli  istituzionali  (territoriali  e nazionali),
condividano   gli   obiettivi,   gli   strumenti,   le  reciproche  e
complementari  funzioni,  divenendo  -  in  una  medesima  filiera  -
"coproduttori" dei programmi di azione;
    - il  miglioramento del sistema informativo a supporto della rete
per la prevenzione.


   Obiettivi di salute prioritari.

   Il   Piano   Nazionale  della  Prevenzione  2005-2007,  che  viene
confermato al 2008, di cui all'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005
definisce  una  parte delle priorita' degli interventi di prevenzione
da  sviluppare  nel  prossimo  triennio. A quel documento, cosi' come
alle  linee guida emanate dal CCM successivamente per lo sviluppo dei
programmi  regionali, si rimanda relativamente alle tematiche in esso
contenute, ovvero:

    - la   prevenzione   cardiovascolare   suddivisa  nelle  seguenti
iniziative:
     - diffusione della carta del rischio cardiovascolare a gruppi di
soggetti,
     - prevenzione  della  obesita' nelle donne in eta' fertile e nel
bambino,
     - prevenzione  attiva  delle  complicanze del diabete di tipo II
nell'adulto e nel bambino, aumentando la compliance del paziente;
     - prevenzione  delle  recidive nei soggetti che hanno gia' avuto
accidenti, cardiovascolari, cosicche' non si ripetano;

    - gli screening;
     - dei tumori al seno;
     - del cancro della cervice uterina;
     - del cancro del colon-retto;

    - la prevenzione degli incidenti;
     - stradali;
     - domestici;
     - sul lavoro;

    - le vaccinazioni;
     - implementazione  coperture  vaccinali,  attestabili attraverso
l'anagrafe vaccinale;
     - implementazione   dell'offerta   vaccinale   per   i  soggetti
appartenenti alle categorie a maggior rischio;
     - miglioramento  della  qualita'  dei  servizi e delle attivita'
vaccinali.


   Altri obiettivi.

   Si   elencano  di  seguito  gli  altri  obiettivi  di  prioritario
interesse  ai  fini  della  prevenzione dei rischi e promozione della
salute, che verranno sviluppati successivamente:

    - lo  sviluppo,  in  sinergia  con  la  rete delle Agenzie per la
Protezione  Ambientale,  di  programmi  per  la tutela dell'ambiente,
inteso  quale fattore di qualita' della salute, partendo dall'analisi
dei  dati  epidemiologici integrati con quelli ambientali (cosiddetta
epidemiologia ambientale);
    - l'attuazione  di  programmi  per  il  controllo e la promozione
della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro, in sintonia con le
linee    europee,    consolidando    i    livelli   di   integrazione
interistituzionale gia' presenti;
    - la promozione della sicurezza alimentare con l'adeguamento agli
standard europei di controllo basati sull'analisi del rischio secondo
principi di efficacia ed imparzialita';
    - la   promozione  della  sanita'  pubblica  veterinaria  con  la
razionalizzazione  delle  attivita' di monitoraggio, il miglioramento
del  sistema di raccolta delle informazioni e l'implementazione delle
anagrafi delle specie di maggior interesse zootecnico;
    - l'individuazione  di  modelli  operativi  piu'  efficaci per la
promozione  degli  stili di vita sani. In particolare va potenziata e
resa  stabile  una  periodica  sorveglianza  dei  fattori  di rischio
comportamentali  da condursi sul modello della Behavioral Risk Factor
Surveillance degli Stati Uniti, in modo da consentire un monitoraggio
longitudinale  delle modifiche nei comportamenti della popolazione ed
una  verifica  di  efficacia  delle  azioni  poste in essere. Tra gli
interventi sugli stili di vita si ritengono prioritari:

     - lo  sviluppo  di  programmi  multisettoriali  di  contrasto al
tabagismo in linea con le indicazioni dell'OMS e dell'Unione Europea,
che prevedano la prevenzione del fumo tra i giovani, il sostegno alle
politiche   di   tutela   dal   fumo   passivo  e  il  supporto  alla
disassuefazione;
     - la promozione attiva di abitudini non sedentarie;
     - la  promozione  attiva  di corrette abitudini alimentari anche
attraverso  il  sostegno alla produzione e alla vendita di alimenti o
di  gruppi  di  alimenti il cui consumo abituale e' associato a bassa
frequenza  delle patologie correlate a scorrette abitudini alimentari
e  le  attivita'  di counseling nutrizionale in tutte le occasioni di
incontro tra operatori sanitari ed utenti/pazienti.

   Tra  le sinergie possibili per lo sviluppo di tutti i programmi di
prevenzione  e  promozione  della  sicurezza  e  salute e' certamente
prioritaria  quella  con  il  mondo  della  scuola per la sua valenza
formativa verso le classi di popolazione piu' giovane.


   La comunicazione istituzionale.

   Indispensabile  per  l'ottenimento di risultati positivi in queste
aree  di  attivita' e' la capacita' di saper gestire la comunicazione
istituzionale:  nonostante  si siano sviluppate esperienze positive e
di eccellenza, nel prossimo futuro dovra' maggiormente diffondersi in
tutte   le   strutture   del   sistema  sanitario  la  consapevolezza
dell'importanza   strategica   di   tali  azioni  e  dovra'  crescere
parallelamente  la  capacita' professionale nell'attuare le strategie
comunicative.  Pur  essendo  evidente  che  tutte  le tematiche sopra
trattate  necessitano  di interventi di comunicazione strutturati, si
ritiene  che  possano  risultare  di  particolare valore le strategie
comunicative  per  alcuni  argomenti  in cui l'azione informativa, ai
fini  di  modifiche  comportamentali, e' prevalente rispetto ad altri
strumenti di azione (l'elenco e' indicativo e non esaustivo):

    - interventi   di   promozione   della  salute  alla  guida,  con
particolare   riguardo   al   conseguente  fenomeno  degli  incidenti
stradali;
    - sviluppo della comunicazione del rischio e dell'emergenza e, in
particolare,  sulla  sensibilizzazione (a livello regionale e locale)
della  popolazione alle problematiche relative alle calamita' di tipo
chimico, fisico e biologico;
    - sviluppo   della  comunicazione  medico-paziente,  al  fine  di
migliorare  la qualita' del rapporto stesso e aumentare il livello di
customer satisfaction;
    - interventi  di  promozione  della  salute  praticanti attivita'
sportiva e fisica in senso piu' generale, con particolare riferimento
al problema del doping e dell'utilizzo di integratori;
    - interventi  mirati  a  favorire  la  corretta convivenza tra le
persone   e  gli  animali  domestici,  nel  rispetto  delle  esigenze
sanitarie,  ambientali  e  del  benessere  degli  animali stessi, con
specifiche   iniziative  sulle  problematiche  relative  al  rapporto
uomo-animale  da compagnia ed i conseguenti risvolti sociali (come il
fenomeno degli abbandoni, del randagismo e della pet-therapy).


   3.5. La riorganizzazione delle cure primarie.

   Un  importante ambito di rinnovamento del S.S.N. si riferisce alla
riorganizzazione  delle  cure  primarie  delle quali va accelerato il
processo  di  riassetto  organizzativo  e  funzionale che comporti un
maggiore coinvolgimento dei MMG e dei PLS nel governo della domanda e
dei   percorsi  sanitari,  sperimentando  nuove  modalita'  erogative
favorenti  l'integrazione con le altre professionalita' sanitarie del
territorio.

   Per raggiungere questo obiettivo occorre determinare le condizioni
per  completare  il  percorso  che  conduca  al  graduale superamento
dell'assistenza  primaria basata sullo studio individuale del medico,
in   favore   di   forme   sempre  piu'  aggregate  ed  integrate  di
organizzazione,  rivolte anche ai medici di continuita' assistenziale
ed agli specialisti ambulatoriali, che consentano, in sedi uniche, la
risposta  ai  bisogni di salute dei cittadini per 24 ore, 7 giorni la
settimana.  Questa  articolazione delle cure primarie consentira' una
piu'  appropriata  erogazione  dei  servizi,  l'efficace  continuita'
assistenziale  e  la  presa in carico dei pazienti, una piu' incisiva
attivita'  di promozione e di educazione alla salute per i cittadini,
la  fornitura  di  attivita' specialistiche, la riduzione delle liste
d'attesa,   l'attivazione  dei  percorsi  assistenziali  e  una  piu'
efficace  integrazione  socio sanitaria. Questo modello organizzativo
avra'  inoltre  importanti  ricadute  sull'accesso  improprio al P.S.
grazie anche alla valorizzazione di tutte le componenti sanitarie del
sistema territoriale.

   Nelle  aree  non urbane, nelle zone montane, nelle isole minori, o
comunque  caratterizzate  da  popolazione sparsa, nelle quali non sia
ipotizzabile  l'uso  di  sedi  uniche  e' necessario promuovere l'uso
dell'informatica medica, del telesoccorso e della telemedicina, per i
quali   vanno   definiti  standard  qualitativi,  quantitativi  e  di
accreditamento.  Va inoltre raccordato il sistema delle cure primarie
con  quello  delle cure ospedaliere completando l'offerta dei servizi
di  Cure  intermedie  (intermediate health care) con lo sviluppo, la'
dove  ne ricorrano le condizioni secondo l'organizzazione dei servizi
regionali,   dell'Ospedale   di  Comunita',  a  cura  dei  medici  di
assistenza primaria, quale struttura dedicata, all'attuazione di cure
domiciliari  in  ambiente  protetto  ovvero  al  consolidamento delle
condizioni  fisiche  o  alla prosecuzione del processo di recupero in
ambiente non ospedaliero di dimessi da unita' per acuti o post-acuti.

   Nell'area pediatrica va consolidata la centralita' del pediatra di
libera  scelta,  anche  per garantire la continuita' assistenziale la
dove finora e' stata carente. Anche in questo campo vanno attivate le
diverse  forme  di  integrazione  ed  aggregazione, nelle varie forme
associative  tra pediatri di libera scelta, in particolare nelle aree
urbane,  come  ad  es.  la pediatria di gruppo, e, dove questo non e'
possibile,  all'interno  di studi medici in cui possano operare con i
medici  di  medicina  generale, nell'ambito di una collaborazione che
possa  prevedere  lo  sviluppo della continuita' di assistenza e cura
dall'eta' pediatrica a quella adulta.


   3.6. L'integrazione delle reti assistenziali: sistemi integrati di
reti sovraregionali e nazionali.

   I  risultati  ottenuti negli ultimi anni dalle attivita' regionali
che,  per  le loro specificita', hanno richiesto un approccio a rete,
in  termini  di  sviluppo  e qualita' del sistema, devono spingere le
Regioni,  anche  sulla  base  di specifiche intese, a sviluppare tale
metodologia,  favorendo  lo  sviluppo  di  reti  nazionali di servizi
clinici,  assistenziali,  di formazione, di ricerca. La realizzazione
delle  reti  avra'  come  risultato  anche un migliore utilizzo delle
risorse e una maggiore garanzia di qualita' delle cure.

   Se  si considera l'attuale sviluppo tecnologico ospedaliero con il
conseguente  incremento  vertiginoso  dei costi, in particolare della
diagnostica  per  immagine,  e l'altissima specializzazione richiesta
all'ospedale,   emerge   la   necessita'   di  concentrare  l'offerta
ospedaliera  in  strutture  dislocate strategicamente sul territorio.
Questi   ospedali   devono   rappresentare   lo  snodo  regionale  ed
interregionale  di  un  sistema  integrato  di  rete  che consenta il
collegamento   con  presidi  ospedalieri  di  livello  locale  e  con
strutture  territoriali per la realizzazione di modelli organizzativi
finalizzati  alla presa in carico del paziente, alla realizzazione di
percorsi  sanitari appropriati, alla garanzia della continuita' delle
cure e dello sviluppo dell'accessibilita' da parte dei cittadini.

   Occorre quindi lavorare in due direzioni, da un lato per garantire
funzionalita' ed efficienza delle reti assistenziali aventi anche una
valenza nazionale, dall'altro esplicitando quali reti, pur di valenza
intraregionale, richiedono comunque un richiamo nel PSN.

   Il   concetto   di  rete  va,  infatti,  sviluppato  in  tutte  le
potenzialita':  non solo rete intraregionale per garantire efficienza
nella  risposta, (emergenza urgenza), o interregionale per permettere
un  utilizzo  ottimale del servizio offerto (trapianti) ma anche rete
per  alcuni servizi (malattie rare), per i quali conviene individuare
alcuni  centri  altamente  qualificati o anche rete come scelta delle
Regioni  di  condividere  alcune strutture per l'erogazione di alcuni
servizi,  tramite  accordo tra piccole Regioni e grandi o tra Regioni
viciniore.  La  rete  in  questo caso puo' servire da stimolo per una
efficacia  collaborazione  interregionale  e  per  colmare il divario
Nord- Sud.

   Il  disegno  in  rete  dei servizi dovrebbe proporre un modello di
organizzazione  regionale,  per  specifiche  tipologie  territoriali.
Peraltro l'attuazione di sistemi di rete regionale, pur se adeguati a
specifiche   realta',   deve   tener   conto   di   norme  e  di  una
modellizzazione   organizzativa   e  gestionale  che  renda  la  rete
intraregionale  compatibile con quella aziendale e quindi permetta di
ottenere  l'efficacia  e  l'efficienza stessa. In particolare si deve
promuovere  la  realizzazione  di  nuovi  sistemi  di rete per quelle
specialita'  non  integrate  in  modelli di gestione, e potenziare le
reti  gia'  esistenti,  allargandone  la competenza territoriale. Tra
queste    un    ruolo    particolare    e'   rivestito   dalla   rete
dell'emergenza-urgenza con le sue interconnessioni con la rete per il
trauma,  le  grandi ustioni, la neuroriabilitazione, dalla rete per i
trapianti, dalla rete per le malattie rare.

   Il   Piano   individua   le   reti   di   interesse   nazionale  e
sovraregionale.


   La rete dell'emergenza-urgenza.

   Il  sistema  dell'Emergenza  sanitaria  e'  formato da una fase di
allarme  assicurata  dalla  Centrale Operativa alla quale affluiscono
tutte  le  richieste  di intervento sanitario in emergenza tramite il
numero  unico  "118"  e  da due fasi di risposta, quella Territoriale
costituita  da idonei mezzi di soccorso distribuiti sul territorio, e
quella Ospedaliera costituita dalla rete degli ospedali sede di P. S.
e di DEA di I e II livello.

   Per  quanto  attiene  alle  maxiemergenze  o alle emergenze la cui
gestione  coinvolge  varie  istituzioni l'esperienza di questi ultimi
anni  ha dimostrato la necessita' di intervento congiunto di Regioni,
amministrazioni  centrali  statali  quali i Ministeri e la Protezione
civile, organizzazioni nazionali governative e non; a questo scopo di
volta  in  volta  sono  stati individuati modelli di cooperazione che
permettessero  di  affrontare  il  problema  emergente,  senza  pero'
evitare  rischi  di  sovrapposizioni  o  attriti  istituzionali.  Nel
triennio  di vigenza del PSN si affrontera' questo tema delineando la
cornice  di  riferimento  e  indicando gli strumenti in cui i diversi
soggetti,  per  le  rispettive  competenze, riescano ad agire in modo
coordinato ed efficiente.


   La rete delle malattie rare.

   Lo  sforzo  gia' compiuto nel triennio 2003-2005 per la tutela dei
soggetti  affetti da malattie rare dovra' essere intensificato. Se e'
vero, infatti, che le Regioni hanno formalmente individuato i presidi
deputati  alla  diagnosi  delle  malattie ed alla presa in carico dei
pazienti, e' anche vero che la costituzione della Rete e' ancora agli
inizi  e  la  collaborazione  tra  i  presidi  deve essere fortemente
implementata. E' necessario che si attuino azioni atte a garantire ai
pazienti  con  malattie  rare  un'assistenza  omogenea  su  tutto  il
territorio   nazionale.   Per  molte  delle  malattie  rare  comprese
nell'elenco allegato al decreto ministeriale 18 maggio 2001 n. 279 e'
ragionevole  ritenere  che  in ogni Regione possa essere garantito un
approccio  adeguato,  funzionale  ad  evitare  gravosi spostamenti di
pazienti.  E' pur vero che per malattie estremamente rare, cosi' come
per quelle che richiedono trattamenti particolarmente impegnativi, si
dovra'   giungere   all'identificazione  di  presidi  di  riferimento
sovraregionali  o  nazionali,  che opportunamente supportati, possano
garantire  assistenza  superspecialistica per il periodo necessario e
che  si  raccordino con i centri vicini al domicilio dei pazienti per
quanto riguarda il monitoraggio piu' a lungo termine.

   Il  potenziamento  della  Rete  per le malattie rare dovra' infine
tendere non solo a garantire l'assistenza ai pazienti al meglio delle
attuali   potenzialita',   ma   anche   a   sviluppare   azioni   che
contribuiscono  a  migliorare le possibilita' di cura oggi inadeguate
per la maggior parte di queste patologie.

   Le principali azioni da sviluppare nel triennio sono le seguenti:

    - sviluppare i rapporti tra i presidi della Rete per diffondere e
consolidare  protocolli  diagnostici  e  terapeutici  per le malattie
rare;
    - promuovere l'integrazione delle competenze per garantire sia un
approccio  multidisciplinare  a  condizione  complesse  che  maggiori
possibilita' di successo nella ricerca;
    - diffondere  nella popolazione le informazioni sui presidi della
Rete,  anche  attraverso  le  associazioni  dei  malati  e  dei  loro
familiari,  per  garantire  una  diagnosi  ed  una  presa  in  carico
tempestiva ed evitare gli accessi ripetuti presso strutture sanitarie
prive della necessaria esperienza specifica;
    - aggiornare  l'elenco  delle  malattie  rare allegato al decreto
ministeriale  n. 279/2001, sulla base delle piu' recenti acquisizioni
scientifiche nel settore;
    - consolidare  l'attivita'  del Registro nazionale delle malattie
rare istituito presso l'Istituto Superiore di sanita', sviluppando ed
omogeneizzando l'attivita' dei Registri regionali;
    - sviluppare   programmi   di   ricerca   sulla  diagnosi  ed  il
trattamento  delle  malattie  rare  e  favorire la disponibilita' dei
farmaci orfani;
    - promuovere la formazione e l'aggiornamento degli operatori.


   La rete trasfusionale.

   Occorre  dare attuazione alla direttiva 2002/98/CE, del Parlamento
Europeo  e  del  Consiglio  (che  stabilisce  norme  di qualita' e di
sicurezza   per   la  raccolta,  il  controllo,  la  lavorazione,  la
conservazione  e  la  distribuzione  del  sangue  umano  e  dei  suoi
componenti  e che modifica la direttiva 2001/83/CE) e delle direttive
di  Commissione  alla  predetta  correlate. A tale fine e' necessario
provvedere  alla  organizzazione ed attuazione dei sistemi ispettivo,
di qualita', di emovigilanza e di notifica eventi avversi.

   Per   quanto   riguarda   l'Italia   il  nuovo  modello  sanitario
federalista  lancia  una grande sfida alle amministrazioni centrali e
regionali,   alle  associazioni  e  federazioni  dei  donatori  e  ai
professionisti    delle   societa'   scientifiche,   affinche',   nel
perseguimento dell'autosufficienza nazionale di sangue, emocomponenti
ed emoderivati, sia realizzato il rispetto dell'uniformita' nazionale
dei livelli essenziali trasfusionali, sia nelle competenze produttive
sia nelle funzioni cliniche ed assistenziali, rispettando il criterio
su cui si basa il servizio trasfusionale italiano, che mantiene in un
unico processo completo la donazione e la trasfusione.

   L'impegno  all'introduzione del sistema di gestione della qualita'
(accreditamento    istituzionale   e   di   eccellenza)   rappresenta
l'obiettivo  generale, che dovra' essere raggiunto contemporaneamente
ai   paesi  europei,  dando  efficacia  agli  obiettivi  di  sistema,
misurabili  essenzialmente attraverso un costante benchmark sanitario
e  gestionale,  interno  ad  ogni  regione ed aperto al confronto fra
realta' regionali ed europee.

   Pertanto, in questa ottica, gli obiettivi di sistema restano:

    a)    il    raggiungimento    e   mantenimento   della   costante
autosufficienza  regionale di sangue, emocomponenti ed emoderivati, e
dunque  il  costante soddisfacimento della domanda trasfusionale, con
ricorso   al  supporto  interregionale  per  le  sole  condizioni  di
oggettiva e insuperabile carenza;
    b)  la  realizzazione  di  sempre  maggiori  livelli di sicurezza
trasfusionale   sotto  il  profilo  immunologico  e  infettivologico,
all'interno  di modelli organizzativi regionali con elevata capacita'
in termini di esperienza professionale e innovazione tecnologica;
    c)  l'applicazione  diffusa dell'appropriatezza clinica in ambito
trasfusionale   con   l'adozione   di   riscontrabili,   specifici  e
condivisibili  indicatori di output e di outcome; il potenziamento di
pratiche alternative alla trasfusione allogenica;
    d)  lo  sviluppo di tecnologie terapeutiche basate sui precursori
ematopoietici,   che   si   affianchino   e  permettano  l'evoluzione
dell'attuale metodologia trasfusionale.

   Gli   strumenti   per   realizzare  gli  obiettivi  indicati  sono
pienamente  rappresentati  nella  nuova  normativa  (legge 21 ottobre
2005,  n.  219)  e si riassumono sia in atti di indirizzo e azioni di
verifica   da   parte  delle  Regioni  che  devono  adottare  modelli
organizzativi  trasfusionali  sempre  piu'  adeguati  alla  loro rete
ospedaliera  e  sanitaria,  sia  nel  ruolo  di indirizzo affidato al
Ministero  della  salute, che potra' avvalersi dell'istituendo Centro
Nazionale   Sangue,   con  la  collaborazione  delle  Associazioni  e
Federazioni  dei  Donatori  volontari  per  l'attuazione  di campagne
nazionali.


   La rete dei trapianti.

   A  questo  riguardo  e'  opportuno  evidenziare che l'Italia della
donazione  e  del  trapianto  di  organi,  tessuti  e  cellule  e' in
crescita.  Fino  a  10  anni fa, l'Italia era il Paese europeo con il
piu'  basso  numero  di  donazioni  per  milione di abitanti. Oggi la
situazione  e'  cambiata  e  constatiamo  che  l'Italia  con oltre 21
donatori  per milione di popolazione e' il secondo tra i grandi paesi
europei, dopo la Spagna. Accanto a questo dato fondamentale il nostro
paese  e'  ai  vertici  europei per il sistema organizzativo (la rete
trapiantologica),  per  lo  sviluppo  del sistema informativo, per la
rete della sicurezza e per la qualita' delle prestazioni.

   Nel   settore  degli  organi,  nonostante  i  risultati  ottenuti,
l'Italia  non  appare in grado di garantire il totale soddisfacimento
delle  richieste  assistenziali, che si rivelano in costante aumento,
cosi'  che  i  pazienti  in  attesa sono pari a 3 volte il numero dei
trapianti effettuati in un anno.

   Le  cause  principali  di tale carenza possono essere indicate nei
seguenti punti:

    - molti  potenziali  donatori non vengono ancora sistematicamente
identificati;
    - il  numero  dei  posti  letto  nelle  rianimazioni  e' in molte
Regioni insufficiente rispetto alle necessita';
    - il trasporto dei pazienti neurolesi verso le rianimazioni, dove
potrebbero   essere   adeguatamente   trattati,   e'  inferiore  alle
necessita' per inefficienze organizzative;
    - il tempo di attesa medio per un rene e' di 3 anni, per un cuore
2 anni, per un fegato quasi 2 anni.

   Accanto  a  cio',  va sottolineato che i livelli di attivita' sono
disomogenei  tra le diverse Regioni, sia in termini di donazioni, sia
in  termini  di  trapianti.  L'aumento  di attivita' registrato negli
ultimi  anni,  infatti, non ha ridotto le differenze esistenti tra il
numero dei donatori e dei trapianti registrati al nord e quelli delle
Regioni meridionali, dove le carenze sopra indicate si manifestano in
modo accentuato.

   Per  quanto  attiene  alla  rete  dei trapianti gli obiettivi sono
individuati in tre ambiti tematici:

    1. Trapianti di organo:

     - ridurre  il  divario fra le Regioni in termini di attivita' di
reperimento donatori;

     - favorire la migliore utilizzazione degli organi disponibili;
     - verificare  la  possibilita'  che, nei casi opportuni, vengano
utilizzati organi anche da donatore vivente;
     - rendere  sempre  piu'  trasparenti  e  uniformi  i  criteri di
ammissione del paziente al trapianto;
     - proseguire   la  valutazione  di  qualita'  dell'attivita'  di
trapianto di organi compresa la sorveglianza sugli esiti;
     - verificare il recepimento e l'applicazione delle linee guida a
livello regionale;
     - adeguare  il  Sistema  Informativo  Trapianti  alla  direttiva
europea in termini di tracciabilita' e gestione degli eventi avversi;
     - sviluppare  le iniziative italiane nel settore dei trapianti a
livello europeo;
     - sviluppare  il  sistema  di  accordi  bilaterali  con  i paesi
esteri;
     - favorire lo sviluppo di attivita' di ricerca e sperimentazione
connesse alle attivita' di trapianto;
     - promuovere   adeguate  campagne  di  informazione  rivolte  ai
cittadini,  con  il  concorso  delle  Associazioni dei pazienti e dei
volontari;    - promuovere  la  formazione  e  l'aggiornamento  degli
operatori;
     - iniziare   un'opera   di   prevenzione   al  fine  di  ridurre
l'incidenza  di  patologie che conducono all'insufficienza d'organo e
quindi alla domanda di trapianto.

    2. Trapianti di tessuto.

     - predisporre  un  Piano  nazionale per prelievo, conservazione,
distribuzione e certificazione dei tessuti;
     - promuovere   l'applicazione   della  Direttiva  europea  e  il
conferimento  ai  centri regionali di riferimento delle funzioni loro
attribuite;
     - estendere  ed  implementare  il sistema informativo per quanto
riguarda  l'attivita'  di  procurement,  di  banking,  di trapianto e
follow-up dei tessuti;
     - promuovere  lo  sviluppo  della  donazione e del trapianto dei
tessuti nelle Regioni meridionali.

   3. Trapianti di cellule.

     - prevedere  che  il  flusso  informativo  dei  dati relativi ai
trapianti di cellule staminali emopoietiche sia integrato nell'ambito
del Sistema Informativo Trapianti;
     - attivare  le  procedure di sportello unico per la richiesta di
terapie con cellule staminali emopoietiche;
     - estendere  il modello di valutazione degli esiti dei trapianti
di organi a quello del trapianto di cellule emopoietiche;
     - realizzare  il  coordinamento  nazionale delle attivita' delle
strutture   per   la  preparazione  di  prodotti  cellulari  a  scopo
terapeutico nell'uomo, "cell factories";
     - partecipare alla stesure delle normative europee riguardanti i
settori del trapianto e della terapia cellulare.

    Per quanto concerne le linee operative e' necessario:

     - predisporre,  per  i  familiari  dei  soggetti  sottoposti  ad
accertamento, un supporto psicologico e di aiuto;
     - realizzare   la  selezione  dei  riceventi  il  trapianto  con
algoritmi  condivisi  e  procedure  informatizzate, documentando ogni
passaggio del processo decisionale;
     - valutare  e  rendere  pubblici  i risultati delle attivita' di
prelievo e trapianto di organi;
     - supportare    l'attivazione    di    procedure    informatiche
standardizzate soprattutto per la gestione delle liste di attesa;
     - sorvegliare  il  rispetto delle Linee Guida per i trapianti da
donatore  vivente attivando in particolare l'organismo di parte terza
ivi  previsto  per  informare  correttamente  le  parti  in causa sui
vantaggi e svantaggi delle procedure;
     - monitorare  l'attivita' delle singole Regioni circa i prelievi
di tessuti umani e la loro utilizzazione, l'attivazione di banche dei
tessuti  regionali o interregionali, il loro accreditamento e la loro
funzionalita';
     - avviare  il  programma  nazionale  di  trapianto di rene per i
pazienti di difficile trapiantabilita';
     - istituire  l'archivio  biologico  nazionale  per  la sicurezza
della rete trapiantologia;
     - inserire  anche  i trapianti di cellule staminali emopoietiche
tra i trapianti d'organo e da tessuti.


   3.7. L'integrazione tra i diversi livelli di assistenza.

   In  questi  anni  e'  sempre  piu'  maturata la consapevolezza che
occorre   promuovere   un  nuovo  modo  di  fare  assistenza  fondato
sull'integrazione,  sulla  comunicazione  e  sulla partecipazione dei
professionisti,  pur  appartenenti  ad  unita'  operative diverse o a
diversi  livelli  gestionali  del SSN, al raggiungimento di obiettivi
comuni.  Una modalita' operativa in questa direzione e' rappresentata
dall'elaborazione  ed  attuazione  dei percorsi clinico-assistenziali
condivisi  tra  territorio  ed  ospedale che sappiano calare le linee
guida  scientifiche,  validate  e  condivise,  nel peculiare contesto
organizzativo  locale  o regionale in cui i professionisti si trovano
ad  operare.  L'attivazione  di  reti  integrate,  anche  per  l'eta'
pediatrica,  il  cui  coordinamento  puo'  essere  attribuito,  ferma
restando  l'autonomia  regionale,  al  distretto,  vede quindi il SSN
formulare   percorsi  assistenziali  complessi  a  diverso  grado  di
protezione   ed  intensita'  di  cura  partendo  da  una  valutazione
multiprofessionale e multidisciplinare del bisogno.

   La  rete  e'  finalizzata  all'integrazione  tra  la  prevenzione,
l'assistenza  di  base  (MMG  e  PLS),  i  servizi  distrettuali,  la
specialistica  territoriale, l'assistenza ospedaliera, per assicurare
appropriatezza, coordinamento e continuita' dell'assistenza sanitaria
e  dei  servizi  sociali, e facilitare l'accesso e l'erogazione delle
prestazioni   socio-sanitarie,   contenere  i  costi,  permettere  il
monitoraggio  degli  assistiti  e  delle  prestazioni procedendo alla
valutazione  dei  risultati clinici e organizzativi, e migliorando la
compliance  del paziente, educandolo e responsabilizzandolo, al tempo
stesso,  alla  gestione della malattia. Uno strumento validissimo per
l'integrazione  della  rete  viene  dallo sviluppo della telemedicina
che,   portata  al  domicilio,  facilita  la  deospedalizzazione  dei
pazienti cronici e costituisce parte della rete socio-sanitaria.

   Per  raggiungere  questi  obiettivi  vanno superate le difficolta'
oggettive  all'integrazione ed implementati i segmenti della rete non
ancora  perfettamente  funzionanti.  In  particolare va raccordato il
sistema  delle  cure  ospedaliere con quello delle cure primarie e va
progettato un sistema integrato di coordinamento tra queste ultime ed
il   livello   specialistico   territoriale  ed  ospedaliero  per  la
continuita'  delle  cure  sia dei pazienti cronici che di quelli post
acuti.  L'ospedale  deve adottare procedure di raccordo con il Medico
di  medicina  generale  ed  i  servizi territoriali per l'attivazione
delle  risposte  sanitarie  corrispondenti  ai  bisogni  del paziente
dimesso,   nel   rispetto   della  continuita'  delle  cure  e  della
tempestivita'  delle  stesse.  Va  enfatizzato il ruolo del medico di
medicina  generale, componente fondamentale delle reti di assistenza,
con  il  quale  devono  essere  concordati  con  puntualita' compiti,
responsabilita',  poteri  e  strumenti  per  esercitare  la  funzione
centrale del sistema.

   La  componente  di residenzialita' della rete deve essere limitata
quanto   piu'   possibile   ai   casi  con  rilevante  compromissione
dell'autosufficienza,  e,  preso  atto  dell'ampia  variabilita'  dei
bisogni,  le  residenze  dovrebbero  prevedere  nuclei  con finalita'
specifiche: luoghi di sollievo per la persona disabile e la famiglia,
nuclei  per  preminenti  esigenze  riabilitative  o per problematiche
cliniche  temporanee,  ecc.  Infine  occorre  implementare  i sistemi
informativi  esistenti  per  avere  una conoscenza certa dei bisogni,
dell'offerta, della qualita' dei servizi e degli esiti.

   La   rete,  di  cui  sono  parte  essenziale  e  qualificante  gli
specialisti  ambulatoriali  interni,  sara'  in grado di garantire la
continuita'  dell'assistenza,  la individuazione e la intercettazione
della  domanda  di  salute  con  la presa in carico dell'utente ed il
governo  dei  percorsi  sanitari  e sociali, in una rigorosa linea di
appropriatezza degli interventi e di sostenibilita' economica.

   I  campi  nei  quali  l'integrazione e' particolarmente necessaria
sono  quelli delle patologie neoplastiche e delle patologie croniche,
sia  congenite che acquisite, quali ad es. le patologie respiratorie,
osteoarticolari,  neurologiche, gastrointestinali che si accompagnano
spesso a disabilita', a progressiva diminuzione della funzionalita' a
carico  degli  apparati  e conseguente perdita del grado di autonomia
delle persone affette.


   3.8. L'integrazione socio-sanitaria.

   L'integrazione   tra   prevenzione,   cure   primarie  e  percorsi
diagnostico-terapeutici  non e' di per se' sufficiente a garantire la
copertura  di  bisogni  socio-sanitari  complessi,  che  vedono agire
accanto a determinanti sanitari anche, e in qualche caso soprattutto,
determinanti  sociali. Si tratta di un'area assistenziale nella quale
la  mancata  azione  sul piano dei servizi sociali tende a vanificare
anche il piu' complesso intervento sanitario.

   Con  il  d.P.C.M.  29  novembre  2001,  che  ha definito i Livelli
Essenziali  di  Assistenza sanitaria, all'Allegato 1 C, sono elencate
le    prestazioni   che   fanno   capo   all'area   di   integrazione
socio-sanitaria ed e' precisato che l'erogazione delle prestazioni va
modulata  in  riferimento ai criteri dell'appropriatezza, del diverso
grado di fragilita' sociale e dell'accessibilita'.

   In  tale  contesto  assume  rilevanza strategica la programmazione
integrata,  con  il  superamento della programmazione settoriale, per
intercettare  i  nuovi  e  diversi bisogni che derivano dai mutamenti
sociali,   economici   e   culturali   e   predisporre   le  risposte
assistenziali.  L'approccio  integrato  risponde,  infatti,  in  modo
adeguato   alla  complessita'  dei  problemi  di  salute,  a  partire
dall'analisi dei bisogni fino alle scelte di priorita' di intervento.

   Il  momento  di programmazione rappresenta, in un'area come quella
dell'integrazione socio-sanitaria facente capo a due diversi comparti
istituzionali  (S.S.R.  e  Comuni),  il  momento  fondamentale per la
definizione  delle scelte strategiche e delle priorita', in relazione
alle   basi   conoscitive  rappresentate  dai  bisogni  presenti  sul
territorio,  dal  sistema  di  offerta e dalle risorse disponibili in
capo a ciascun comparto.

   Quale  momento fondamentale facente capo ad un duplice sistema, il
problema  principale  e'  costituito  dalla  necessita' di realizzare
concretamente   una  programmazione  partecipata,  sulla  base  della
condivisione di obiettivi e priorita' d'intervento sociale e al tempo
stesso   sanitario,  in  relazione  ai  quali  destinare  le  risorse
disponibili in capo a ciascun comparto.

   Tuttavia non sempre e non dovunque la predisposizione di strumenti
di   programmazione   si  traduce  concretamente  in  un  sistema  di
interventi  integrati  e  coordinati a livello di territorio, tale da
orientare  unitariamente  il volume delle risorse esistenti sull'area
socio-sanitaria   (risorse  del  sociale,  risorse  sanitarie,  fondi
regionali  finalizzati, risorse degli enti locali, rette degli utenti
e  altre  risorse)  verso le aree di bisogno e gli obiettivi ritenuti
congiuntamente prioritari.

   Per  un'ottimale organizzazione, gestione ed impiego delle risorse
sull'area   dell'integrazione   socio-sanitaria,   occorre   pertanto
individuare e condividere, a livello nazionale e regionale, le regole
per  la cooperazione interistituzionale a livello locale, nella quale
i  diversi  attori  del  sistema  si  confrontino,  sulla  base delle
rispettive  competenze,  per  addivenire  a  programmi e progetti sui
quali investire energie e risorse.

   L'evoluzione  della  domanda  di  salute  pone  la  necessita'  di
intervenire in modo diverso in tema di salute, al fine di garantire e
organizzare    servizi    centrati   sul   bisogno   della   persona,
caratterizzati  da  elevati livelli di appropriatezza, tempestivita',
efficacia, nonche' da una gestione efficiente delle risorse.

   La risposta al bisogno di unitarieta' del processo di cura, inteso
nell'accezione  ampia del termine che coinvolge ambedue le componenti
interessate, si realizza attraverso lo sviluppo di percorsi integrati
e  di  continuita'  delle cure, che garantiscono un'adeguata risposta
assistenziale  per i pazienti ed un intervento a rete. La famiglia e'
uno  dei  nodi  della  rete,  al pari degli altri ambiti considerati,
poiche'  essa  riveste  il  doppio  ruolo di espressione di richiesta
assistenziale e di risorsa con cui instaurare un'alleanza terapeutica
forte,  soprattutto  per  la  cura  delle  patologie  croniche.  Tale
approccio  assistenziale richiede un'impostazione secondo metodologie
e   strumenti   di   gestione   capaci   di  assicurare  un  percorso
assistenziale  continuo  capace  di  cogliere  le  specificita' delle
situazioni,  la  complessita'  delle  relazioni  e  dei bisogni delle
persone.

   Il  sistema di offerta sull'area dell'integrazione socio-sanitaria
e' spesso capillare, ma diversificato sul territorio.

   La diversificazione dipende dalle scelte organizzative e operative
delle  strutture  aziendali, nonche' dalla carenza, su quest'area, di
profili  assistenziali  e  di linee guida finalizzate ad orientare il
lavoro  interprofessionale  verso  percorsi appropriati finalizzati a
garantire la continuita' terapeutica fra ospedale e territorio.

   Pertanto,  dal punto di vista operativo, l'aspetto un problema non
e'  costituito  dalla  tipologia  e  dalla qualita' delle prestazioni
erogate,   bensi'  dalla  persistente  frammentarieta'  del  percorso
assistenziale  del  cittadino  nell'ambito  del  sistema  sanitario e
sociale.

   Nel  sistema  dell'integrazione  socio  sanitaria  costituisce  un
problema   il   fatto   che   mentre  sono  stati  determinati,  come
fondamentale  elemento  di  unitarieta',  i  livelli essenziali delle
prestazioni che devono essere garantiti a tutti i cittadini (d.P.C.M.
29.11.2001), sul versante sociale non esiste ancora l'atto formale di
definizione   dei  Livelli  Essenziali  dell'assistenza  sociale,  in
attuazione  della  legge quadro dei servizi sociali (legge 8 novembre
2000,  n.  328).  Tuttavia l'esperienza maturata in alcune Regioni di
accordi-quadro  col  sistema delle autonomie locali ha consentito, in
tali   realta',  un  rilevante  sviluppo  di  servizi  socio-sanitari
integrati.  Si  richiama,  a tal fine, la previsione degli Accordi di
programma  "ASL-Comuni"  previsti  dal  decreto legislativo 18 agosto
2000   n.   267,   quale  strumento  primario  per  la  realizzazione
dell'integrazione  socio-sanitaria  atta  a  garantire effettivamente
l'Assistenza  domiciliare integrata. Obiettivo del triennio e' quello
di  promuovere  la  generalizzazione  di  tali esperienze, in modo da
rendere  realmente  integrabili  a favore del cittadino sia i livelli
essenziali  delle  prestazioni sociali e che quelli delle prestazioni
sanitarie  (LEA),  almeno  in  riferimento  alle  aree  prestazionali
individuate   dall'Allegato   1C   del  d.P.C.M.  29  novembre  2001,
finalizzando,  a  tale  scopo, una parte delle risorse destinate agli
obiettivi specifici del Piano sanitario nazionale.

   In  questo  contesto  il  PSN  promuove  lo sviluppo di interventi
integrati  finalizzati a garantire la continuita' e l'unitarieta' del
percorso  assistenziale, anche intersettoriale, nelle aree ad elevata
integrazione  socio-sanitaria nell'ambito delle attivita' individuate
dalla normativa vigente (salute mentale, dipendenze, malati terminali
etc.), con la diffusione di strumenti istituzionali di programmazione
negoziata  fra  i  Comuni  associati e tra questi e le A.S.L., per la
gestione  degli  interventi  ad  elevata integrazione, lo sviluppo di
ambiti  organizzativi e gestionali unici per l'integrazione, operanti
in raccordo con gli ambiti di programmazione.


   3.9. Il dolore e la sofferenza nei percorsi di cura.

   Il  nostro  Paese  e'  impegnato  da  oltre dieci anni in numerose
iniziative  volte  al  contrasto  del dolore all'interno dei percorsi
assistenziali  sanitari. La realizzazione del Programma Nazionale per
le  cure  palliative  e per la implementazione della relativa rete e'
stata   la   prima  iniziativa  finalizzata  a  migliorare  l'offerta
assistenziale   per   i   malati  affetti  da  malattie  inguaribili,
primariamente ma non esclusivamente riferita ai neoplastici, anche al
fine   di   promuovere   il  contenimento  della  sofferenza  globale
caratteristica delle fasi finali della vita.

   Successivamente,  per  superare  le  limitazioni  della precedente
legislazione  sui  farmaci analgesici oppiacei, al fine di agevolarne
la prescrizione e l'utilizzo, sono stati emanati alcuni provvedimenti
normativi (legge 8 gennaio 2001, n. 12 e relativi decreti attuativi),
che  regolamentano e facilitano l'uso degli analgesici oppiacei anche
nel  settore  dell'assistenza domiciliare. Le nuove norme sono valide
oltre  che per il trattamento del dolore secondario a neoplasia anche
per  la  cura  delle  gravi  forme  di  dolore  secondario  ad  altre
patologie.  Con  tali  azioni  si  e'  voluto  offrire agli operatori
sanitari  la  possibilita'  di  utilizzare questi farmaci con maggior
facilita',  consentendo  la  realizzazione  di interventi sempre piu'
efficaci   nell'eliminare  o  ridurre  il  dolore.  Nonostante  cio',
l'Italia  e'  tra  gli  ultimi  Paesi  europei per quanto riguarda il
consumo  di  farmaci  analgesici  oppiacei.  In tal senso va valutato
quanto  riportato  nella  Raccomandazione n. 34/2003 del Comitato dei
Ministri  del Consiglio dei Ministri Europei, in cui si afferma che i
governi europei dovrebbero rivedere le normative in vigore in materia
di  accesso  agli  oppioidi  per il trattamento del dolore in modo da
renderne piu' agevole la prescrizione e la somministrazione.

   Per  migliorare  l'organizzazione  di  processi  assistenziali  in
funzione  del  controllo  del  dolore  il 24 maggio 2001 lo Stato, le
Regioni e le Province autonome hanno stipulato l'accordo "Linee guida
per la realizzazione dell'Ospedale senza dolore".

   L'Accordo  e'  ampio  e articolato. Occorre, pertanto, operare per
una  sua  piena  attuazione, in particolar modo per l'elaborazione di
specifici  protocolli  nei  differenti  tipi  di  dolore e per la sua
puntuale   rilevazione,   recependo   le  Linee  guida  nazionali  ed
internazionali  gia'  disponibili.  In  questa  direzione puo' essere
seguito   l'esempio  di  alcuni  Paesi  europei  che  hanno  aggiunto
l"intensita'  del  dolore" ai 4 classici parametri rilevati durante i
ricoveri ospedalieri.

   Infine,  in  sintonia  con  l'Accordo,  va garantita la diffusione
della lotta alla sofferenza e al dolore anche fuori dall'Ospedale, in
primis avvalendosi del contributo dei MMG e dei PLS.

   La  formazione  degli  operatori  ospedalieri  e  territoriali  va
realizzata nell'ambito del programma di ECM.

   La  lotta  al  dolore deve essere potenziata anche nei settori nei
quali, anche a causa di limiti culturali non ancora superati, esso e'
spesso misconosciuto e sotto trattato, come durante il travaglio e il
parto  per  via  naturale,  in  ambito  post-operatorio  e  in Pronto
Soccorso.

   A  tale  riguardo  va  ricordato che alcune Regioni hanno previsto
specifiche  modalita'  volte  alla incentivazione della realizzazione
del "parto indolore".

   Va,  inoltre,  sensibilizzata  la cittadinanza in tema di cura del
dolore  e  del diritto al suo superamento. In tal senso, accanto alle
iniziative   di  carattere  sanitario,  sono  state  gia'  realizzati
importanti  eventi come la "Giornata Nazionale del Sollievo", indetta
secondo  la  direttiva  della  Presidenza  del Consiglio, con cadenza
annuale con l'obiettivo di sensibilizzare e promuovere la cultura del
sollievo  dalla  sofferenza fisica e morale, soprattutto per i malati
inguaribili.  In  uno  studio  presentato  in  occasione  dell'ultima
Giornata  Nazionale,  i  dati  rilevati confermano come il dolore nei
pazienti  ricoverati  e'  spesso  sottostimato  e  trattato in misura
insufficiente.  Occorre  pertanto moltiplicare l'impegno del Servizio
sanitario  nazionale  nella lotta al dolore per il carattere etico ed
umanitario  che  la  connota e perche' essa e' indice di qualita' dei
Sistemi Sanitari.

   Un passo in questa direzione e' il completamento della definizione
di  Linee  Guida  Nazionali  sul trattamento del dolore nel bambino e
nell'adulto,   mediante   il   Sistema   Nazionale   Linee   Guida  e
l'integrazione   con   le   iniziative   europee  ed  internazionali,
partecipando  alle  attivita'  di  network gia' operativi nella lotta
contro il dolore.

   Accanto  alla  lotta  al  dolore,  vanno  attivati,  nei  percorsi
sanitari,  gli  interventi  volti  a promuovere l'umanizzazione delle
cure,  nella  consapevolezza  che il fulcro del Servizio Sanitario e'
rappresentato dalla persona malata, nella garanzia del rispetto della
sua  dignita', identita' e autonomia. In primo luogo va migliorato il
rapporto  tra  malato,  medico  e  operatori  sanitari, in termini di
qualita'  della  comunicazione,  di  livelli  di  comprensione  e  di
trasmissione  di empatia. Deve essere stimolata in tutto il personale
sanitario,  socio-sanitario,  socio assistenziale e amministrativo la
disponibilita'  all'accoglienza, all'ascolto e alla comunicazione. E'
importante  che  al  paziente venga assicurato il necessario supporto
psicologico,  quando le sue condizioni cliniche lo richiedano, per la
gravita'  della patologia o dell'evento occorso o per gli effetti che
la   stessa   puo'  comportare  in  diversi  ambiti  culturali  o  in
particolari condizioni sociali.


   3.10. La rete assistenziale per le cure palliative.

   Allo  stato  attuale  occorre  recuperare  il  ritardo  accumulato
nell'attuazione  del  Programma  nazionale  per  la  realizzazione di
strutture   per   le   cure  palliative,  istituito  con  il  decreto
ministeriale  28  settembre  1999.  Attualmente  sono  attive solo 61
strutture  tra  pubbliche  e  private  accreditate;  31  delle  quali
realizzate con gli stanziamenti statali, a fronte delle 201 strutture
approvate  per il completamento del Programma nazionale. Le strutture
esistenti  presentano  un elevato standard qualitativo sia in termini
della  qualita'  strutturale  sia  per  quel che attiene l'assistenza
erogata,  dimostrando  la  validita'  dei presupposti programmatori e
stimolando il completamento della rete.

   I  programmi  regionali,  di  attuazione  del programma nazionale,
integrano    lo    sviluppo   dei   centri   residenziali   di   cure
palliative-hospice  nella  rete  assistenziale per le cure palliative
definita   con   il   citato  decreto  e  promuovono  in  particolare
l'intervento  assistenziale  al  domicilio  del  paziente, al fine di
consentire la continuita' assistenziale.

   La  necessita'  di  offrire  livelli  assistenziali a complessita'
differenziata,  adeguati  ai  bisogni  del  malato  e della famiglia,
mutevoli  anche  in  modo  rapido  e  non sempre programmabili, rende
necessario realizzare un sistema che offra la maggior possibilita' di
sinergie  tra  differenti  modelli  e  livelli  di intervento e tra i
numerosi  soggetti  professionali  coinvolti.  La  rete  deve  essere
composta  da  un  sistema di offerta nel quale la persona malata e la
sua  famiglia,  ove presente, possano essere guidati e coadiuvati nel
percorso  assistenziale  tra il proprio domicilio, sede di intervento
privilegiata ed in genere preferita dal malato e dal nucleo familiare
e    le    strutture   di   degenza,   specificamente   dedicate   al
ricovero/soggiorno  dei  malati  non  assistibili  presso  la propria
abitazione.  La rete deve offrire un approccio completo alle esigenze
della  persona  malata,  garantendo,  ove  necessario e richiesto, un
adeguato intervento religioso e psicologico.

   Particolare  attenzione  va posta alle esigenze di cure palliative
nell'eta'  neonatale, pediatrica e adolescenziale, tenuto conto della
considerevole diversita' dei problemi da affrontare rispetto a quelli
presentati  nell'eta'  adulta  e  anziana,  della  grande  varieta' e
frammentazione  delle  patologie  in causa, spesso rare e richiedenti
interventi  di  alta  specializzazione  e  dell'intervallo  temporale
interessato  a  tali  cure  spesso assai lungo e non prevedibile. Per
quanto  sopra  esposto  si ritiene indispensabile l'organizzazione di
reti  di cure palliative dedicate a questa fascia di popolazione, che
permettano di garantire la qualita' e la specialita' degli interventi
richiesti  unitamente  alla  globalita'  e multidimensionalita' della
presa  in carico del bambino e della sua famiglia. Tali reti dovranno
essere  rispettose delle scelte delle famiglie dei soggetti coinvolti
e  supportate da specifiche dotazioni di risorse. La relativa rarita'
dei  problemi  da  affrontare  richiede  lo sviluppo di reti con ampi
bacini  di  utenza,  che  potranno di volta in volta essere garantiti
dall'azione  programmatoria  delle  singole  Regioni  o di volontarie
aggregazioni di esse.

   Inoltre, anche nella fase che segue la morte della persona malata,
in  base  a  numerose  esperienze internazionali e nazionali, risulta
sempre  piu' evidente la necessita' di offrire interventi di supporto
al lutto dei familiari, qualora se ne ravvisi la necessita'.

   La  rete di cure palliative deve essere flessibile ed articolabile
sulla   base   delle  scelte  regionali,  d'altro  canto  la  diversa
organizzazione  regionale  deve  comunque garantire in tutto il Paese
una  risposta  adeguata  alle  necessita'  dei  malati  e  delle loro
famiglie.  Dovra'  essere  stimolata  e favorita l'integrazione nella
rete  delle  numerose  Organizzazioni  Non  Profit, in particolare di
volontariato,  attive  da  anni  nel  settore  delle cure palliative,
dell'assistenza domiciliare e negli hospice, nel rispetto di standard
di  autorizzazione/accreditamento  precedentemente definiti a livello
nazionale e regionale.

   In  attesa  della realizzazione di un iter professionale specifico
per le cure palliative, definito a livello universitario per ciascuna
figura  professionale, e' comunque necessario che la formazione degli
operatori  venga  realizzata  in  base  a  programmi  propedeutici  e
continui  il  piu'  possibilmente  omogenei  a  livello  nazionale  e
regionale.



                      4. STRATEGIE DEL SISTEMA


   4.1. Promuovere innovazione, ricerca e sviluppo.

   Nel  triennio  2006-2008  occorre  perseguire  il  rilancio  della
ricerca per la salute. Come indicato nelle premesse e negli obiettivi
del  presente Piano, la filiera che lega nel sistema per la salute la
ricerca,  il  trasferimento,  i processi di innovazione e lo sviluppo
delle  conoscenze  operative,  e'  un  fattore  in  grado non solo di
garantire  l'adeguamento  costante  e  tempestivo  del nostro sistema
sanitario  alle  innovazioni  in  campo scientifico e tecnologico, ma
anche  in  grado  favorire  lo sviluppo complessivo del sistema Paese
quale  leva  maggiore  sia  nell'ambito  dello  specifico settore sia
nell'ambito  dei  settori correlati e dell'indotto. Il rilancio della
ricerca  sanitaria e' un obiettivo primario del Paese che deve essere
conseguito  con  una  stretta  integrazione  tra diverse tipologie di
ricerca,  ed  in  particolare  tra  ricerca  biomedica  e ricerca sui
servizi sanitari. Esso si realizza, per dare risposta all'esigenza di
innovazione   tecnologica,   organizzativa  e  gestionale  attraverso
programmi di ricerca, sviluppo, trasferimento, adozione, attuazione e
manutenzione,  corrispondenti  alla  strutturazione  di  filiere  sul
modello  di  quelle  realizzate nell'ambito dei sistemi per la salute
dalle esperienze europee piu' avanzate oggi ricomprese nel modello di
Programma  Quadro  dell'Unione  Europea  sotto il nome di piattaforme
tecnologiche'.  Questo  comporta  una  complessiva  rivisitazione del
meccanismo  attraverso  il  quale  si  determinano  le priorita' e si
identifica il fabbisogno per il sostegno alla filiera. Si indicano in
particolare i seguenti elementi principali:

    1. il finanziamento della ricerca deve essere indirizzato in base
ad  una  schedulazione  pluriennale che deve essere congruente con le
linee   strategiche   e  i  processi  attivi  a  livello  europeo  ed
internazionale,  favorendo lo sviluppo di sinergie e integrazioni tra
gli  attori del Servizio Sanitario, i Centri di ricerca, le Imprese e
gli  stakeholders territoriali. Il ruolo di coordinamento deve essere
condotto,  nel  rispetto  delle  competenze  istituzionali, presso il
Ministero  della  Salute,  dalla Commissione nazionale della ricerca.
Cio'  anche  per  il  ruolo  che  Ministero della salute svolge quale
attore di raccordo tra gli enti statali, regionali e territoriali;
    2.  la selezione dei progetti finanziabili deve essere raccordata
alla   pianificazione   nazionale   in   materia   di  infrastrutture
tecnologiche e informative, evitando le duplicazioni di investimento,
le  sovrapposizioni  o  il  finanziamento  di progetti manifestamente
estranei  ai  processi  di standardizzazione e omogeneo dispiegamento
operativo;
    3.  deve  essere  prevista  l'integrazione  delle attivita' degli
IRCCS,  delle  Aziende  sanitarie,  con  particolare riferimento alle
aziende  Ospedaliero-Universitarie,  con  l'obiettivo  di  realizzare
masse  critiche  adeguate,  in  termini  di  risorse  di  conoscenza,
tecnico-operative, di skills professionali e finanziarie, ad accedere
a  processi  di finanziamento europei ed internazionali sia sul piano
della  ricerca  di  base  che  su  quello  della ricerca finalizzata,
precompetitiva e del trasferimento di impresa;
    4.  va  sviluppata  nelle  Regioni  e  all'interno  delle aziende
sanitarie,  la capacita' di gestire la funzione di ricerca e sviluppo
come  attivita'  istituzionale  propria  del  SSN,  inscindibile  dai
tradizionali  compiti  di  assistenza,  che  comporti la capacita' di
valutare  e  tempestivamente  adottare le innovazioni tecnologiche di
provata  efficacia,  stimarne  l'impatto  economico  e,  soprattutto,
analizzarne  il  possibile impatto sull'organizzazione e le possibili
ricadute sulla programmazione locale e regionale dei servizi;
    5.  deve  essere  incentivata  la relazione fra il sistema per la
salute  e  il  sistema  industriale  e  commerciale,  con particolare
riferimento alle industrie chimico-farmaceutiche, biomedicali e delle
tecnologie  dell'informazione  e comunicazione, favorendo lo sviluppo
di  sinergie controllate nel settore della ricerca e della formazione
che,  pur assicurando priorita' e vincoli del sistema pubblico per la
salute,   consentano   il   dispiegamento  di  programmi  di  ricerca
cofinanziati su tematiche di reciproco interesse ed impegno;
    6.  e'  necessario  studiare  e  proporre innovativi strumenti di
potenziamento  e  gestione  del sistema della ricerca in relazione al
complesso  delle  attivita',  allo sviluppo di singoli progetti, alla
realizzazione  di  attivita'  di  filiera,  favorendo  lo sviluppo di
sistemi   di   supporto   alla  progettazione,  alla  negoziazione  e
all'accounting  dei  progetti  a  livello nazionale ed internazionale
anche   attraverso   l'individuazione   di   specifiche   partnership
professionali  e  la  valorizzazione  dei  circuiti  informativi e di
conoscenza.  Tutto cio' prevede il coinvolgimento di tutti gli attori
del   SSN   utilizzando   gli   appositi   luoghi   istituzionali  di
coordinamento,  al fine di evitare la frammentazione delle proposte e
dei risultati.

   E'  ormai  matura  la  consapevolezza che la sfida sulla salute si
possa  vincere  soltanto attraverso una ricerca caratterizzata da una
visione  unitaria,  comuni  obiettivi e dunque costante interscambio,
facendo  convergere  con  pari dignita' discipline diverse, da quelle
mediche  e  infermieristiche,  a  quelle economiche, ingegneristiche,
epidemiologiche, statistiche e informatiche.

   Gli  strumenti  di tale politica andranno poi concretizzati in via
prioritaria   nel   procedere  alla  costruzione  di  alcuni  modelli
sperimentali  patologici  che  abbiano  una  correlazione con le piu'
importanti  malattie comuni e rare, associando le conoscenze cliniche
a quelle gestionali-organizzative.


   La promozione della ricerca sanitaria.

   Il  rilancio  della  ricerca  e'  obiettivo  primario del presente
Piano:   si   tratta   di   coordinare  e  valorizzare  iniziative  e
professionalita'  gia'  presenti  nel SSN in una visione unitaria che
consenta  di  impostare  una  vera  e  propria  politica di Ricerca e
Sviluppo  con  il  coinvolgimento  del  Ministero  della  Salute, del
Ministero   della   Ricerca,   del  Ministero  dell'Innovazione,  del
Ministero  dell'Economia e Finanze, dei Centri di ricerca nazionali e
regionali  Il  Programma  di Ricerca Sanitaria (PRS) (ex art. 12 bis,
comma   3,   d.   lgs.   30   dicembre  1992,  n.  502  e  successive
modificazioni),  tenendo  conto degli obiettivi individuati nel Piano
sanitario   nazionale,   dovra'   definire   su   base  triennale  le
corrispondenti  strategie  di ricerca e l'allocazione delle risorse a
cio'   dedicate,   prevedendo   anche   le  necessarie  modalita'  di
coordinamento  con  il programma Nazionale per la Ricerca 2005/2007 e
assicurando le indispensabili sinergie fra ricerca pubblica e ricerca
privata   nonche'   tra   ricerca  nazionale  e  ricerca  europea  ed
extraeuropea.

   Nel   triennio  di  competenza  2003-2005,  sono  stati  raggiunti
notevoli risultati nella promozione delle collaborazioni e delle reti
di  scambio  tra  ricercatori, Istituti di Ricerca, Istituti di Cura,
Associazioni  scientifiche,  Associazioni  di  malati  e Associazioni
attive  nel campo del volontariato, con un'indubbia positiva ricaduta
sul SSN.

   Per quanto attiene alla Ricerca Europea, si evidenzia che e' stata
implementata  la  partecipazione degli istituti pubblici e privati ai
progetti  di  ricerca  del VI Programma Quadro dell'Unione Europea ma
che  la  partecipazione  diretta  del  sistema  Paese  al  piano  dei
finanziamenti  europei  in  materia di ricerca e' ancora estremamente
ridotto  e,  sotto  il  profilo della visibilita', marginale, anche a
causa  di interventi non coordinati di tutti gli enti con conseguente
azione presso l'Unione Europea frammentaria e contraddittoria.

   L'impegno  del  presente Piano e' quindi quello di sviluppare ogni
possibile   azione   di   sostegno  per  la  selezione  dei  progetti
candidabili    al   finanziamento   europeo   anche   attraverso   la
predisposizione di apposite strutture di supporto alla progettazione,
alla  negoziazione  e  all'accounting  dei  progetti  identificati  a
livello  delle  adeguate sedi istituzionali anche al fine di renderle
immediatamente disponibili e condivise a tutti gli attori del SSN.

   Per  favorire  la  cooperazione  delle imprese pubbliche e private
nella  ricerca, e' stata attivata la politica dei cofinanziamenti, al
fine  di  aumentare  la  massa critica finanziaria disponibile, in un
momento di particolare carenza di fondi.

   Un  maggiore  impiego  di  cofinanziamenti nel campo della ricerca
sanitaria appare auspicabile e deve rappresentare un impegno che puo'
essere  raggiunto  attraverso  nuove  forme  di collaborazione con il
settore privato.

   Per  facilitare  lo  sviluppo  della  ricerca  sono  state inoltre
elaborati   ed  approvati  progetti  per  studiare  le  modalita'  di
attuazione  di  condizioni favorevoli alla mobilita' dei ricercatori,
alla  collaborazione  fra  istituzioni  pubbliche  e  private nonche'
l'attivazione di strumenti capaci di attirare ricercatori provenienti
dall'estero.  In  tal senso sono stati raggiunti accordi di programma
con  gli  U.S.A. e con la Cina, nell'ambito di tematiche di interesse
comune. Un ruolo molto importante nell'ambito della ricerca e' svolto
dall'Istituto Superiore di Sanita' che coniuga la ricerca clinica con
l'attivita'   di   valutazione   e   controllo  sanitario  tesa  alla
prevenzione  e alla protezione della salute pubblica, per la quale si
coordina  con  lo  Stato,  l'Unione  europea,  le Regioni, le aziende
sanitarie locali e le aziende ospedaliere.

   L'Agenzia dei servizi sanitari regionali con le Regioni e Province
autonome   porta   avanti   programmi  di  ricerca  su  problematiche
organizzativo-gestionali ed il successivo trasferimento di conoscenza
e "best-practice" tra i diversi soggetti coinvolti.

   A    livello   centrale   il   Ministero   della   Salute   svolge
istituzionalmente una funzione di sintesi tra i diversi interlocutori
per  la  validazione  della  ricerca  sanitaria  e  una  funzione  di
coordinamento a livello nazionale, europeo ed extraeuropeo.

   Attualmente,  all'interno dello stesso Ministero, coesistono varie
linee  di  ricerca,  per  le  quali  sarebbe  opportuno promuovere un
miglior  coordinamento,  in  modo  da  finalizzare  le  risorse verso
obiettivi  concordati.  Questa sinergia programmatica, che deriva dal
concorso  di  tutte  le istituzioni di ricerca afferenti al Ministero
della  Salute  con l'intera comunita' scientifica, dal punto di vista
operativo   si   deve   tradurre  in  ulteriori  azioni  di  sviluppo
nell'ambito del PSN 2006/2008.

   Per   quanto   riguarda   la  Ricerca  Veterinaria,  gli  Istituti
Zooprofilattici    Sperimentali    (IZS)   operano   come   strumenti
tecnico-scientifici  dello  Stato,  delle  Regioni  e  delle Province
autonome  e  svolgono  attivita'  di ricerca scientifica sperimentale
veterinaria  e  di accertamento dello stato sanitario degli animali e
di salubrita' dei prodotti di origine animale, su input dello Stato e
delle Regioni, fornendo consulenza e supporto tecnico-scientifico per
le  attivita' di pianificazione. Sono inoltre un punto di riferimento
per  le  Istituzioni Comunitarie e per Organismi Internazionali quali
l'O.I.E. (Ufficio Internazionale dell'Epizoozie), l'OMS.

   In  questo  campo  gli  obiettivi  prioritari  del  PSN  2003-2005
riguardavano le ricerche sulle zoonosi, sulle TSE e su altre malattie
a   carattere   diffusivo   per  la  popolazione  animale.  L'attuale
programmazione  conferma  tali priorita' con un orientamento verso la
comprensione  e  soluzione  di  problematiche  sanitarie  attuali  ed
urgenti,  le emergenze infettive, infatti, continuano a costituire un
rischio  rilevante per la sanita' animale e per la salute pubblica ed
un  notevole  costo  per  il  Servizio sanitario nazionale, e cio' in
particolar  modo  per  le  malattie  altamente  diffusibili,  in aree
soprattutto ad elevata densita' animale.

   Gli  obiettivi  generali  della  ricerca  per  la sanita' pubblica
veterinaria sono i seguenti:

    - lo  sviluppo  di strumenti epidemiologici per l'identificazione
di aree a particolare rischio di insorgenza di emergenze sanitarie;
    - l'elaborazione  di  modelli di sorveglianza basati sull'impiego
di  sistemi  informativi georeferenziati (GIS) e sull'analisi di dati
spaziali  per  lo studio dei fattori col coinvolgimento delle diverse
figure professionali interessate;
    - lo  sviluppo di strumenti diagnostici innovativi, comparabili e
sostenibili   per  l'individuazione  di  patogeni  lungo  la  filiera
produttiva  e  per  un'applicazione  in piani di sorveglianza su base
nazionale;
    - la  validazione  e  l'introduzione  di sistemi e metodologie di
trattamento  atte  ad  elevare  il  grado  di  sicurezza dei prodotti
alimentari d'origine animale;
    - lo  sviluppo  di  metodologie  innovative  per  la  ricerca  di
residui,  contaminanti ambientali, additivi e organismi geneticamente
modificati  negli alimenti di origine animale e negli alimenti ad uso
zootecnico.


   L'ammodernamento  strutturale  e tecnologico e l'Health technology
assessment.

   Le  politiche  pubbliche  di  investimento  del Servizio sanitario
nazionale, finanziate con il programma straordinario di interventi in