(all. 1 - art. 1)
                                                           ALLEGATO 1


Istituto Superiore di Sanita'
Dipartimento del Farmaco              Agenzia Italiana del Farmaco



                PROTOCOLLO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO

             DELLA SINDROME DA IPERATTIVITA E DEFICIT DI

                             ATTENZIONE

                   PER IL REGISTRO NAZIONALE ADHD



                               INDICE


  1. INTRODUZIONE
  2. PREMESSA
  3. EPIDEMIOLOGIA
  4. DIAGNOSI
   4.1 Interviste diagnostiche
   4.2 Valutazione dei sintomi dell'ADHD
   4.3 Questionario per i genitori e per gli insegnaniti
   4.4 Valutazione del livello cognitivo
   4.5 Valutazione delle abilita' di lettura e calcolo
   4.6 Scale di autovalutazione per ansia e depressione
  5 TERAPIE
   5.1 Terapie psico-comportamentali
   5.1.1 La terapia psico comportamentale
   5.1.2 Il paren training
   5.1.3 L'intervento a scuola
   5.1.4 Ogni terapia va adattata al bambino
   5.2 Terapie farmacologiche
   5.2.1 Farmacologia clinica del metilfenidato
   5.2.3 Farmacocinetica del metilfenidato
   5.2.4 Farmacologia clinica dell'atomoxetina
   5.2.5 Altre terapie farmacologiche
   5.3 Terapie combinate

  BIBLIOGRAFIA

  ADHD FLOW CHART

  PROCEDURE OPERATIVE STANDARD


  1. INTRODUZIONE

  La  Consensus  Conference  italiana sulla Sindrome da iperattivita'
con  deficit di attenzione, svoltasi a Cagliari nel marzo 2003, aveva
richiamato  l'attenzione  sulla necessita' di poter disporre di tutti
gli  strumenti  diagnostici  e  terapeutici  esistenti, di comprovato
beneficio,  per  ottimizzare  l'assistenza  dei  soggetti  affetti da
questa  sindrome.  Nei  mesi  successivi,  la  Commissione  Unica del
Farmaco  (CUF),  ha riclassificato il metilfenidato spostandolo dalla
tabella  I alla tabella IV e ne ha approvato l'uso per il trattamento
dell'ADHD  mediante predisposizione di piani terapeutici individuali.
L'autorizzazione  all'immissione  in  commercio  del  metilfenidato e
dell'atomoxetina  in  Italia,  dispensabile  da  parte  del  Servizio
Sanitario  Nazionale (SSN), rende necessario il monitoraggio dell'uso
di   queste  sostanze  nella  popolazione  pediatrica  affetta  dalla
Sindrome  da iperattivita' con deficit di attenzione (ADHD), trattata
con  questi farmaci da soli o in associazione con altri farmaci o con
terapie non farmacologiche, al fine di garantirne la sicurezza d'uso.
Per   soddisfare   questa   necessita'  viene  dato  mandato  ad  una
Commissione  tecnico  scientifica  di istituire un registro nazionale
coordinato  dal  Dipartimento  del Farmaco dell'Istituto Superiore di
Sanita'  in  collaborazione  con  l'Agenzia  Italiana del Farmaco, la
Conferenza  permanente  degli  Assessori alla Sanita' delle Regioni e
delle  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  e con la Direzione
Generale  dei  Medicinali e dei Dispostivi Medici del Ministero della
Salute.

  Sito internet http://www.iss.it/adhd/index.php?lang=1


  2. PREMESSA

  La sindrome da iperattivita/deficit di attenzione (ADHD) e' uno dei
piu'  comuni  disordini  dello  sviluppo  neuropsichico del bambino e
dell'adolescente,   caratterizzato  da  iperattivita',  impulsivita',
incapacita'  a  concentrarsi.  La  sindrome si manifesta generalmente
prima dei 7 anni d'eta'.
  E'  stata descritta clinicamente e definita nei criteri diagnostici
e  terapeutici  soprattutto  ad opera degli psichiatri e dei pediatri
statunitensi  (American  Psychiatric Association DSM-IV 1994; America
Academy of Pediatrics DSM-PC 1996). Su questi temi si e' raggiunto un
sufficiente consenso nella comunita' scientifica internazionale.
  In  Italia,  l'istituzione  del  registro nazionale dell'ADHD e' il
risultato di un processo le cui tappe principali sono:
   - Giugno  2002  pubblicazione  delle  Linee  guida  della Societa'
Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e Adolescenza (SINPIA);
   - Marzo 2003 Conferenza italiana di consenso a Cagliari;
   - Luglio 2003 Decreto CUF di riclassificazione del Metilfenidato e
approvazione per la terapia dell'ADHD;
   - Febbraio   2004   il   Dipartimento  del  Farmaco  dell'Istituto
Superiore  di  Sanita'  e  l'Agenzia Italiana del Farmaco attivano il
Registro nazionale dell'ADHD;
   - 8  Marzo  2007  autorizzazione  all'immissione  in  commercio di
Metilfenidato  (Ritalin)  e  atomoxetina (Strattera) da parte del CdA
dell'Agenzia Italiana del Farmaco
  Il   registro   vincola   la   prescrizione   del  Metilfenidato  e
dell'Atomoxetina   alla   predisposizione  di  un  piano  terapeutico
semestrale  da  parte  del  Centro  clinico  accreditato  (Centro  di
riferimento). Questo passaggio e' finalizzato a garantire accuratezza
diagnostica e ad evitare un uso improprio del farmaco.


  3. EPIDEMIOLOGIA

  Tra  il  1982  e  il  1996  sono  stati  condotti  dieci studi che,
basandosi  sui  criteri  diagnostici del "Diagnostic and statistical/
manca/  of  mental disorders (DSM-IIIJ', hanno valutato la prevalenza
di  ADHD.  A  seconda  degli studi, si hanno valori di prevalenza che
oscillano  tra  il  4%  e il 12%. Una revisione sistematica di questi
studi  (Green  and  coll. 1999), utilizzando il modello degli effetti
random  per i pool di dati altamente eterogenei, stima una prevalenza
del  6,8%  (95% C.I. 5-9%) con i criteri del DSM-III e del 10,3% (95%
C.I. 7.7-13.4%) utilizzando i criteri del DSM-IIIR.
  Esiste  un  solo studio di prevalenza basato sui criteri del DSM-IV
che stima un valore di ADHD del 6.8%.
  La  prevalenza  tra  i  maschi  e'  tre  volte  piu' alta che nelle
femmine: 9.2% (95% C.I. 5.8-13.6%) vs 3% (95% C.I. 1.9-4.5%).

  In  Italia,  uno  studio  condotto  in due regioni del centro su un
campione  di  232  bambini ha evidenziato una prevalenza del 3.6%, in
base  alla  presenza  di  almeno  8 criteri maggiori del DSM-IIIR. Un
ulteriore  6.9%  era  un  caso potenziale (Gallucci e coll. 1993). Lo
studio,  condotto  nelle  scuole  di  Firenze e Perugia, nel 1993, ha
individuato  9 casi su 250 bambini esaminati. Lo studio del 1998, con
i  pediatri della citta' di Torino, ha dato una prevalenza del 2,52%.
In  questo  caso  la popolazione era di 47,781 assistiti e sono stati
individuati  1.203  casi.  Uno  studio  del  2002,  in Friuli Venezia
Giulia,  su  64.800 bambini sono stati diagnosticati 280 casi di ADHD
con una prevalenza dello 0,43%. A Roma sono stati condotti due studi,
nel  1999  e nel 2003. Nel primo la prevalenza e' stata del 1,51% (12
casi  su  794  bambini esaminati), nel secondo la prevalenza e' stata
dello  0,91%  (23 casi su 2.511 bambini). Questi due studi sono stati
condotti dai pediatri di libera scelta. Lo studio di Cesena del 2003,
condotto  dai  Servizi  territoriali  su  una  popolazione  di 11.980
soggetti  d'eta'  compresa tra 7 e 14 anni, ha dato una prevalenza di
ADHD  del  1.1% (131 casi). Uno studio piu' recente, svolto a Firenze
mediante  un  questionario  per  gli  insegnanti  di  1891 bambini al
termine  della  prima elementare, ha riportato la presenza di sintomi
di  ADHD  nel  7.1%  dei bambini (10.4% maschi e 3.8% femmine)'. Tali
sintomi   non   erano   attribuiti   primariamente,  sulla  base  del
questionario  usato, ad altri disturbi psicopatologici o a condizioni
socioambientali  note.  Sebbene  tale  stima  non  corrisponde ad una
diagnosi  clinica di ADHD, in quanto manca la valutazione del clinico
e   la   considerazione  della  pervasivita'  e  della  significativa
compromissione funzionale al di fuori del contesto scolastico (ad es.
nelle relazioni familiari o sociali extrascolastiche), appare in ogni
caso  coerente  con  dati  raccolti  con analoga metodologia in altri
paesi europei (Mugnaini et al. 2006). Un secondo studio recente su un
campione  di  1575  genitori  e  1085  insegnati  di  bambini di eta'
compresa  tra  i 6 e gli 11 anni, rappresentativo per stratificazione
geografica   e  ambientale  della  popolazione  italiana,  oltre  che
confermare   la   validita'   fattoriale  dei  diversi  costrutti  di
inattenzione,     iperattivita/impulsivita'     come    diversi    da
oppositivita/provocatorieta'  (ODD)  e  disturbi di condotta (CD), ha
evidenziato  la  correlazione  tra prevalenza del disturbo e fonti di
informazione considerate: la prevalenza risultava del 3.5 % secondo i
genitori  (2.5  per  ADHD,  0.7  per  ADHD+ODD,  e  0.3  per ADHD+CD)
dell'11.4  secondo  gli  insegnati (8.6 per ADHD, 2.2 per ADHD+ODD, e
0.6  per  ADHD+CD),  mentre  1'1.5  %  dei bambini studiati risultava
talmente  compromesso  da  essere  riconosciuto  come  ADHD  sia  dai
genitori che dagli insegnanti (Zuddas et al. 2006).
  Complessivamente  il  quadro  epidemiologico si caratterizza per la
variabilita'  della  stima dell'incidenza del disturbo, riconducibile
ai  differenti  settino  studiati, degli strumenti utilizzati e degli
approcci metodologici seguiti.


  4. DIAGNOSI

  Il  disturbo  da  deficit  dell'attenzione  e iperattivita' e' "una
situazione/stato  persistente  di  disattenzione  e/o iperattivita' e
impulsivita'  piu' frequente e grave di quanto tipicamente si osservi
in  bambini  di pari livello di sviluppo" (DSM-IV). La disattenzione,
l'iperattivita' e l'impulsivita' sono comunemente noti come i sintomi
chiave  di  questa sindrome. Essi devono essere presenti per almeno 6
mesi  ed  aver  fatto  la  loro  comparsa  prima dell'eta' di 7 anni.
L'International  Statistical  Classification  of Diseases and Related
Health  Problems  (ICD-10) dell'Organizzazione mondiale della sanita'
utilizza il termine "disturbo ipercinetico" per una diagnosi definita
piu'  restrittivamente  (WHO  ICD-10  1994).  Essa  differisce  dalla
classificazione  del  DSM-IV  in  quanto  tutti  e  tre i problemi di
attenzione,    iperattivita'    e    impulsivita'    devono    essere
contemporaneamente  presenti  e  deve  essere soddisfatto il criterio
piu'  rigoroso  della  loro presenza in una molteplicita' di setting,
mentre  la  presenza  di un altro disturbo costituisce un criterio di
esclusione.   In  base  ai  criteri  diagnostici  sistematizzati  nel
Diagnostic  and  statistical  manual  of  mental  disorders (DSM-III;
DSM-IIIR; DSM-IV) e nel Diagnostic and statistical manual for primary
care,  child  and adolescent version (DSM-PC). La diagnosi di ADHD si
basa sulla presenza di:
   - 6 o piu' dei 9 sintomi di disattenzione
  oppure
   - 6 o piu' dei 9 sintomi di iperattivita\impulsivita'.
  La  Consensus  Conference  italiana  ha  definito  i  criteri e gli
strumenti necessari per una corretta diagnosi di ADHD. Questi criteri
sono  esposti in dettaglio nelle linee guida SINPIA "ADHD: Diagnosi &
terapia  farmacologiche".  Di  seguito  si  sintetizzano  gli aspetti
salienti del processo diagnostico.

  4.1 Interviste diagnostiche

  La      Kiddie-Schedule     for     Affective     Disorders     and
Schizophrenia-Present  and  Lifetime  version  (K - SADS-PL) e' stata
adattata  da  Kaufman  et  al.  (1997)  dalla  versione  originale di
Puig-Antich  et  al  (1980).  Essa  e'  costituita  da  un'intervista
semi-strutturata che registra informazioni sui sintomi psichiatrici e
sul   funzionamento   sociale  degli  adolescenti  al  momento  della
somministrazione   e   raccoglie   informazioni  relative  agli  anni
precedenti.  Sebbene  il nome includa soltanto i Disturbi Affettivi e
la  Schizofrenia,  la  K-SADS-PL  codifica  tutti  i maggiori sintomi
psichiatrici  dell'infanzia  ed  adolescenza  e permette di formulare
diagnosi secondo i criteri del DSM-IV. La K-SADS PL comprende inoltre
un sommario delle informazioni diagnostiche riguardanti tutta la vita
del  paziente e la Children's Global Assessment Scale (C-GAS; Shaffer
et  al.  1983),  per  una  valutazione  sintetica  del  funzionamento
adattivo.
  La Parent Interview for Chi/dren Symptoms, revised for DSM-IV (PICS
IV,  Ickowicz  et.  Al.  2002),  puo' essere considerata lo strumento
diagnostico   nordamericano  piu'  vicino  alla  realta'  europea  ed
italiana   in  particolare.  Lo  strumento  e'  stato  standardizzato
(sebbene  senza  differenziazione  ° etnica") a Toronto, Canada, dove
circa   in   un   quinto   della   popolazione  ha  origine  italiana
(immigrazione  in  gran parte tra il 1945 ed il 1965), e ancora parla
la  lingua  od  un  dialetto  italiano.  La  PICS-IV  e un'intervista
semistrutturata   specificamente   sviluppata  per  la  diagnosi  dei
disturbi     dirompenti     del    comportameto    (ADHD,    Disturbo
oppositivo-provocatorio e Disturbo di condotta) e per lo screening di
altri disturbi psichiatrici. E stata derivata dal Kiddie SADS e dalla
PACS  (Orvashel  1989; Taylor 1986). All'intervistato viene richiesto
non  di  quantificare  ma di descrivere il comportamento del bambino,
che  viene  poi valutato in maniera quantitativa dell'intervistatore.
L'intervistatore incoraggia i genitori a descrivere il bambino con un
dettaglio   sufficiente   a   stabilire   se  uno  specifico  sintomo
(comportamento)   e'   clinicamente  indicativo,  anche  considerando
fattori  che  possano  modulare  la percezione da parte del genitore,
quali ambiente sociale, livello culturale, pregiudizi, etc.

  4.2 Valutazione dei sintomi dell'ADHD

  Scala  di  valutazione  dei  sintomi  dell'ADHD  e  dei sintomi dei
disturbi  dirompenti del comportamento: E' possibile usare sia l'ADHD
Rating Scale (DuPaul; 18 items che corrispondono ai sintomi riportati
dal  DSM-IV) che la SNAP IV (Swanson, Noland, and Pelham) simile alla
precedente ma con in piu' gli 8 items relativi al disturbo oppositivo
provocatorio ed i 15 relativi al disturbo di condotta.
  La   gravita'  dei  sintomi  e'  misurata  con  il  Clinica  Global
Impression - ADHD - Oeverita' (CGIADHD-S; Guy 1976; NIMH 1985)

  4.3 Questionario per i genitori e per gli insegnanti
  Sono generalmente utilizzate le Conner's Rating Scale o la CBCL.

  Delle  Conner's  Parent  &  Teacher  Rating  Scale-revised [CPRS-R;
CTR-R;  Conners 1997] esistono una versione lunga (CPRS-R-L 80 items;
CTRS-R-L  59  items)  ed  una  breve  (CPRS-R-S  27 items; CTRSR-L 28
items).  Esiste inoltre una scala di autovalutazione per adolescenti,
sia  in  forma  lunga  (CASS:L 87 items) che breve (CASS:S 27 items).
Utilizzare  per  genitori ed insegnanti le forme lunghe di cui esiste
una  traduzione  autorizzata e validazione italiana (a cura di Nobile
M,  Bellina  Zuddas  A,  Organizzazioni  speciali, Firenze, 2007). Le
scale  di  Conners  sono  state  utilizzate  in  centinaia  di  studi
riportati  nella  letteratura  anglosassone (Wainwright et al. 1996).
Esse permettono di rilevare importanti informazioni sul comportamento
sociale, accademico ed emotivo dei bambini d'eta' compresa tra 3 e 17
anni.  Composta  di  8 items, la versione rivista (1997) permette non
solo  di  misurare gli aspetti dimensionali, valutando Oppositivita',
Problemi      cognitivi,      Iperattivita',     Ansieta''-timidezza,
Perfezionismo,   Problemi  di  socializzazione,  Problemi  di  natura
psicosomatica,  ma  anche  di  definire  una  diagnosi categoriale di
alcuni  disturbi  dirompenti  del comportamento, ed in particolare il
Disturbo da deficit attentivo con iperattivita'.
  In  alternativa  si  possono  utilizzare  le diverse versioni della
Child  Behaviour  Check list (CBCL 6-18; 113 Items, Achenbach 2001) e
Teacher  Report Form (TRF; Achenbach 2001). Di tali questionari e' in
corso la validazione italiana. Lo svantaggio principale e' costituito
dal  maggior numero di Items. Possono essere inoltre utilizzate scale
piu'  ridotte per genitori ed insegnati quali la Scala per / Disturbi
di  Attenzione/iperattivita'  per  Insegnati  e Genitori (SDAI e SDAG
rispettivamente;  Marzocchi  & Cornoldi, 2000) e la versione Italiana
della Disruptive Behavior Disorder rating scales (DBD - Pelham et al.
1992;  Pillow  et al. 1998) di cui esiste traduzione (SCOD-I, SCOD-G;
Marzocchi  et  al.  2001;  2003)  e  validazione (Zuddas et al. 2006)
italiane.

  4.4 Valutazione del livello cognitivo

  E'  pratica  comune  utilizzare  la  classica Scala di Intelligenza
Wechsler per bambini Riveduta (WISC-R, 0S, Firenze, 1994). Sebbene la
compilazione  di  tutte  le  prove  che compongono la scala permetta,
oltre  che  valutare  il  livello  cognitivo complessivo del bambino,
anche  di  raccogliere  numerose informazioni utili sul funzionamento
cognitivo  del  soggetto,  nella  gran  parte  dei  casi  puo' essere
opportuno  utilizzare  i  soli  items Aritmetica, Vocabolario, Cubi e
Storie  figurate.  Utilizzando  la  taratura  italiana  di Orsini, e'
possibile convertire il punteggio ottenuto per queste prove ottenendo
valori  di  Q.I.  totale,  verbale e di performance, corrispondente a
quelli  ottenibili  con  l'esecuzione  della  batteria completa. Tale
procedura  ridotta  e'  quella  da  utilizzare per la valutazione dei
bambini afferenti al Registro nazionale ADHD.

  4.5 Valutazione delle abilita' di lettura e calcolo.

  Uno  dei  piu'  frequenti  motivi d'invio dei bambini con ADHD alle
strutture  sanitarie  e' costituito dalle difficolta' scolastiche. E'
necessario  eseguire  sui bambini in eta' scolare una rapida prova di
valutazione  delle  abilita'  di lettura e comprensione del testo, ed
alcune  semplici  prove  di  calcolo  aritmetico,utilizzando le Prove
MT(Cornoldi  &  Colpo,  1998)  per  la  valutazione delle abilita' di
lettura  e  comprensione  del testo, integrate, nei casi dubbi, dalle
Prove  4,  5 e 6 della Batteria per la valutazione della dislessia di
Sartori, Tressoldi e Job (1995).
  Per  le  prove  di  calcolo  si usano le prove della batteria AC-MT
(Cornoldi,  Lucangeli  &  Bellina, 2001) per le Abilita' del Calcolo.
Queste  ultime  vanno  ripetute nel corso del test da singola dose di
metilfenidato (vedi oltre). e' consigliabile anche la Batteria per la
Discalculia  Evolutiva  (Biancardi & Nicoletti, 2005). Diverse figure
professionali  possono  somministrare  tali prove: medico, psicologo,
logopedista,  educatore  professionale,  (psico)  pedagogista. Questa
figura professionale va utilizzata anche per la gestione dei rapporti
con le istituzioni scolastiche, cruciali nella vita del bambino.

  4.6 Scale di autovalutazione per ansia e depressione.

  Bambini  ed  adolescenti sono gli informatori migliori per i propri
sintomi  internalizzanti, piu' attendibili di genitori ed insegnanti.
Le  informazioni  dirette  devono essere integrate dalla compilazione
della    Scala    di    Auto-Valutazione   dell'ansia   per   Bambini
(Multidimensional  Anxiety Scale for Children [MASC]; March, 1997; 39
items  oppure il Questionario d'Ansia per l'Eta' Evolutiva (Busnelli,
Dall'Aglio,  Faina,  1974;  40  items)  e  dal  Questionario  per  la
Depressione nei Bambini (Children Depression Inventory, [CDI], Kovacs
1992; 27 items).


  5. TERAPIE

  I soggetti affetti da ADHD possono essere sottoposti a terapie:
   - Psico-comportamentali
   - Farmacologiche (Metilfenidato, Atomoxetina)
   - Combinate (Psico-comportamentali+farmacologiche).

  5.1 Terapie psico-comportamentali

  5.1.1 La terapia psico-comportamentale

  La  terapia  psico-comportamentale  include un ciclo di incontri di
Parent  Training  (svolto  in  gruppo  o  singolarmente  in base alle
caratteristiche  dei  genitori)  e  la  consulenza  sistematica  agli
insegnanti.   Il   Parent   Training   e'   composto   di  10  sedute
semi-strutturate  secondo  il  manuale  di  Vio,  Marzocchi e Offredi
(1999)  che  include  una  serie  di  informazioni  sul  ADHD e altre
attivita'   formative  relative  alla  comprensione  del  problema  e
l'applicazione    di   strategie   comportamentali.   La   consulenza
sistematica  agli  insegnanti  include  4 incontri con gli insegnanti
secondo   le  indicazioni  del  testo  di  Cornoldi  e  collaboratori
(Cornoldi,  De  Meo,  Offredi  e Vio, 2001); consiste in una serie di
attivita'  di  osservazione  e comprensione delle caratteristiche del
bambino   per   diventare  capaci  di  modulare  le  richieste  degli
insegnanti  e  ridurre  i comportamenti disfunzionali del bambino con
ADHD.

  5.1.2 Il parent training

  Dalla  fine  degli  anni  Sessanta hanno cominciato a comparire una
serie  di  progetti  di  "parent Education" e di "Parent Training" in
particolare   nei   Paesi   di   cultura   anglosassone,  finalizzati
all'incremento  delle abilita' genitoriali nel gestire i problemi che
quotidianamente    possono   insorgere   nell'educazione,   anche   a
prescindere   dall'eventuale   presenza   di   figli  particolarmente
"difficili"  o con diagnosi di ADHD. La necessita' di operare in modo
attento e sistematico anche con i genitori di questi bambini nasce da
almeno   quattro  considerazioni:  1)  la  famiglia  e'  una  risorsa
importante  per  cercare  di  favorire  i  comportamenti positivi del
bambino,  soprattutto  nell'eta'  prescolare;  2)  il  lavoro  con il
bambino,  a volte non e' sufficiente per osservare l'apprendimento di
adeguati  comportamenti  a  casa  e  a scuola; 3) l'istinto materno e
paterno,  ovvero  la  disponibilita'  dei  genitori  ad affrontare le
problematiche  sollevate  dal figlio con ADHD, non sono sufficienti a
modificare  i  comportamenti  iperattivi  e/o la disattenzione; 4) la
frequente  presenza  di  relazioni  disfunzionali  dei  membri  della
famiglia con il bambino ne aggravano il suo profilo psicologico.
  Il  parent  training e' stato suggerito come una via per migliorare
il   comportamento   di  bambini  con  ADHD  aiutando  i  genitori  a
riconoscere   l'importanza   delle   relazioni  con  i  coetanei,  ad
insegnare,  in modo naturale e quando ve n'e' il bisogno, le abilita'
sociali    e    di   crescita,   ad   acquisire   un   ruolo   attivo
nell'organizzazione  della  vita  sociale del bambino, e a facilitare
l'accordo  fra  adulti  nell'ambiente  in  cui  il bambino si trova a
vivere.  I  parent  training  sono  mirati e tendono a distinguere le
problematiche  coniugali  dagli  aspetti  relativi all'educazione dei
figli.  Gli  incontri  si  possono  svolgere  a gruppi di 5-6 coppie,
oppure  singolarmente.  Il  clinico  e'  in  grado  di  valutare se i
genitori  possono  trarre  giovamento dal gruppo, perche' riescono ad
integrarsi  e  a  dialogare  con  gli altri, oppure necessitano di un
confronto   diretto  perche'  la  complessita'  della  situazione  lo
richiede,   oppure  perche'  hanno  difficolta'  nel  comprendere  le
interazioni e le consegne.
  I  piu'  efficaci  programmi  di  parent  training  utilizzano  una
combinazione  di  materiale  scritto  e  di  istruzioni  verbali.  Ai
genitori   si   insegna   a  dare  chiare  istruzioni,  a  rinforzare
positivamente   i   comportamenti   accettabili,  a  ignorare  alcuni
comportamenti  problematici,  e  a  utilizzare  in  modo  efficace le
punizioni.  Accanto  all'insegnamento di tecniche comportamentali, un
passaggio  molto importante riguarda l'interpretazione che i genitori
fanno dei comportamenti negativi del figlio. Come nel training con il
ragazzo,  e'  fondamentale  lavorare  sulle  attribuzioni  perche' da
queste  dipende il loro vissuto e benessere, e di conseguenza il modo
di porsi nei confronti del figlio.
  La  prima  sezione  di  introduzione  prevede  la  comprensione del
problema,  la  preparazione  al  cambiamento  e  la  definizione  del
problema.  Durante gli incontri mirati alla comprensione del problema
vengono fornite delle informazioni corrette sul ADHD, si creano delle
aspettative  realistiche riguardo all'intervento, si raccolgono delle
informazioni  dai genitori rispetto all'attuale situazione e si danno
informazioni  sul  training.  Gli  incontri che servono a preparare i
genitori  al  cambiamento  hanno  l'obiettivo  di rendere espliciti i
pensieri  e  i  comportamenti  dei genitori nei confronti del figlio.
Infine,  durante  i  colloqui  che  servono  a  definire in modo piu'
preciso  il  problema,  ai  genitori  si  insegna  ad  analizzare  le
situazioni,  allo  scopo  di  identificare  i fattori che favoriscono
l'instabilita'  del  bambino:  gli  antecedenti (eventi che predicono
l'insorgenza  di  comportamenti  negativi),  i comportamenti-problema
(analisi  precisa  di  quello che il bambino compie) e le conseguenze
(cosa  succede  dopo  che  il bambino ha manifestato un comportamento
problematico).  Gia'  durante  questi  primi  incontri si analizza lo
stretto  rapporto  tra  le  caratteristiche  del  bambino, quelle dei
genitori e quelle delle situazioni contingenti.
  La  seconda  fase serve ad introdurre alcune tecniche educative per
la gestione del comportamento del bambino. Durante questi incontri si
fornisce  un aiuto ai genitori per strutturare la loro vita familiare
in  modo  da  aiutare  il  bambino  a  prevedere cio' che accadra' in
famiglia,  tramite  la  creazione  di  abitudini,  routine, regole, e
soprattutto  fornendo  delle  informazioni  di  ritorno  (i  genitori
informano  il  bambino su come si sta comportando). Sempre durante la
seconda  sezione  si cerca di insegnare ai genitori ad individuare in
modo  piu'  preciso  i  comportamenti negativi del bambino. In queste
occasioni  il  genitore  dovrebbe cercare di tentare una soluzione al
problema  mostrandosi  come modello positivo; ovvero sottolineando la
fatica  e  gli sforzi che ciascuna persona compie per migliorarsi. Il
bambino  osserva e imita i genitori, se questi sono modelli positivi,
credibili e non troppo lontani da se. Con l'aiuto di un consulente, i
genitori  possono auto-osservarsi su come si propongono ai loro figli
di  fronte alle situazioni complesse e come applicano le strategie di
soluzione   dei   problemi.   Uno   degli   obiettivi  delle  terapie
psicosociali  e'  proprio  quello  di  trasmettere  al paziente buone
abilita'  di  soluzione  dei  problemi;  per  questo  si  utilizza il
modellamento  del  comportamento  dei  genitori per trasferire queste
abilita'  anche ai bambini. Sempre all'interno della seconda sezione,
durante   gli   incontri   successivi   vengono   insegnate  tecniche
specifiche,  come  ad  esempio il costo della risposta, o il time-out
(gia'  accennati  in  precedenza)  per  far  fronte  a  comportamenti
gravemente disturbanti.
  La terza e ultima sezione si concentra sull'uso flessibile di tutto
cio'  che e' stato appreso durante gli incontri precedenti. In questi
ultimi  incontri  i  genitori devono imparare anche a riconoscere gli
eventi  "premonitori"  di  comportamenti problematici del bambino per
riuscire  ad  agire  con  un  certo  anticipo  ed  evitare  i  soliti
inconvenienti.

  5.1.3 L'intervento a scuola

  Il   coinvolgimento   degli   insegnanti  fa  parte  integrante  ed
essenziale  di un percorso terapeutico per il trattamento del bambino
con  ADHD.  La  procedura di consulenza sistematica, prevede incontri
regolari   durante   tutto   l'anno  scolastico,  con  una  frequenza
quindicinale per i primi tre mesi e mensile nel periodo successivo. A
questi  incontri  sarebbe  auspicabile  partecipasse l'intero team di
insegnanti,  per quanto riguarda le scuole elementari e i docenti col
maggior  numero  di  ore  settimanali,  nel  caso  delle scuole medie
inferiori.
  La  consulenza  sistematica  agli  insegnanti  deve  avere  diversi
obiettivi:   1)  informare  sulle  caratteristiche  del  ADHD  e  sul
trattamento  che  viene  proposto;  2)  fornire appositi strumenti di
valutazione  (questionari e tabelle di osservazione) per completare i
dati  diagnostici;  3)  mettere  gli  insegnanti  nella condizione di
potenziare  le  proprie risorse emotive e migliorare la relazione con
l'alunno;   4)  spiegare  come  utilizzare  specifiche  procedure  di
modificazione   del   comportamento   all'interno  della  classe;  5)
informare  su come strutturare l'ambiente classe in base ai bisogni e
alle  caratteristiche  dell'alunno con ADHD; 6) suggerire particolari
strategie  didattiche, per facilitare l'apprendimento dell'alunno con
ADHD;  7)  spiegare  come  lavorare,  all'interno  della  classe, per
migliorare la relazione tra il bambino con ADHD e i compagni.
  Solamente  l'ausilio di una serie di informazioni dettagliate sulle
caratteristiche  del  disturbo consente all'insegnante di assumere un
atteggiamento piu' costruttivo nel rapporto con il bambino. Anche nel
caso  degli  insegnanti,  le  informazioni  sul  ADHD  permettono  di
ridefinire le attribuzioni: l'alunno iperattivo non si comporta cosi'
perche'  vuoi  fare  impazzire  le  maestre,  ma perche' soffre di un
disturbo   specifico.  Spesso,  infatti,  il  docente  puo'  sentirsi
minacciato  nella  propria  immagine e nella propria autostima per le
difficolta'  che incontra nel contenere il comportamento dell'alunno.
Questa  tentazione  puo' portare ad una progressiva diminuzione della
capacita'  di  controllare  le  proprie  reazioni  nei  confronti del
bambino  e  quindi,  ad  aumentare gli atteggiamenti punitivi. Se poi
l'alunno   manifesta   frequenti  comportamenti  aggressivi  verso  i
compagni,  l'insegnante  vivra'  uno stato continuo di ansia riguardo
alla  sicurezza  degli  altri  alunni.  E'  quindi  importante che lo
psicologo   destini   parte  dei  primi  incontri  di  consulenza  al
potenziamento   delle   capacita'   di  autocontrollo  emotivo  degli
insegnanti, prima ancora di collaborare con loro per far acquisire un
maggior  autocontrollo  al  bambino.  La  parte piu' importante della
consulenza   sistematica   alla  scuola  e'  quella  dedicata  a  far
apprendere   all'insegnante  alcune  tecniche  di  modificazione  del
comportamento  da applicare con l'alunno con ADHD. L'apprendimento di
queste  procedure richiede uno stretto contatto con lo psicologo o il
pedagogista  ed una frequente supervisione; infatti, se applicate con
costanza e precisione, le tecniche di modificazione del comportamento
non tarderanno a dare i loro frutti ed il tempo impiegato per la loro
attuazione  sara'  un  buon  investimento  per  l'intera  classe.  E'
necessario  rilevare che la consulenza sistematica agli insegnanti ha
una  certa utilita' se tutti gli operatori sentono di formare un team
per  aiutare  il  bambino  e  non  si  fermano ad uno sterile, quanto
improduttivo, gioco di sapere e potere. Un'altra area d'intervento da
considerare   nell'ambito  della  consulenza  scolastica,  e'  quella
riguardante  il  rapporto  tra  il bambino e i compagni di classe. Le
strategie  attuabili dagli insegnanti a questo riguardo si dovrebbero
integrare  con  un  training  d'addestramento  alle abilita' sociali.
Alcuni  accorgimenti  per  aiutare  l'alunno con ADHD a migliorare il
rapporto  coi compagni consistono nel: 1) rinforzare gli altri alunni
quando  includono  il  bambino  con  ADHD  nelle  loro  attivita'; 2)
programmare  attivita'  in  cui il bambino con ADHD possa dare il suo
contributo;  3) programmare attivita' nelle quali la riuscita dipende
dalla  cooperazione tra gli alunni; 4) quando e' possibile, assegnare
al  bambino  con  ADHD  incarichi  di  responsabilita';  5) rompere i
raggruppamenti fissi tra i bambini.

  5.1.4 Ogni terapia va adattata al bambino

  Programmare   un  trattamento  significa  soprattutto  adattare  la
terapia  in  base alla situazione sociale in cui si trova inserito il
paziente.  Il  clinico  deve tenere in considerazione diversi fattori
che determinano una certa scelta terapeutica, tra cui la comorbidita'
del  bambino,  la  situazione  familiare  (in  particolare il livello
socio-economico  e il vissuto dei genitori stessi), la collaborazione
con   la   scuola,   la   possibilita'  per  i  genitori  di  recarsi
frequentemente presso il servizio di riferimento.
  Per  quanto  riguarda il problema della comorbidita', e' necessario
suddividere  le problematiche emotive (ansia o depressione) da quelle
cognitive  (disturbi di apprendimento, livello intellettivo ai limiti
della  norma)  o  comportamentali  (compresenza  di  aggressivita'  o
disturbi della condotta). Se il problema riguardasse "solo" i sintomi
(e  anche  in  misura  non  troppo severa) un modesto uso del farmaco
supportato  da  una  consulenza  sistematica  a genitori e insegnanti
probabilmente  riuscirebbe  ad  arginare  la  situazione.  Il bambino
potrebbe avere un buon inserimento nel proprio ambiente di vita e gli
adulti  non  vivrebbero piu' forti situazioni di stress. Questo e' il
caso  meno  problematico  e  anche  il  meno  frequente.  Molto  piu'
frequenti  sono  le  situazioni  in  cui oltre ai sintomi del ADHD si
presentano  associati  altri  disturbi.  Quando i problemi riguardano
soprattutto  la  sfera  emotiva e' opportuno integrare il trattamento
con  un percorso terapeutico per il bambino, lavorando in particolare
sulla   gestione   delle   emozioni  e  sullo  sviluppo  di  risposte
comportamentali   alternative  a  vissuti  negativi  di  ansia  o  di
depressione.   Contemporaneamente   i   genitori   e  gli  insegnanti
dovrebbero  essere formati in modo piu' specifico sulle problematiche
emotive  del ragazzo. Se, oltre ali' ADHD, si osservano comportamenti
oppositivi   o   aggressivi,  la  formazione  dei  genitori  e  degli
insegnanti  diventa  prioritaria  visto  che questi si trovano spesso
nella  condizione di non saper affrontare le infrazioni alle regole e
reagire alle frequenti provocazioni. Nel caso, infine, di compresenza
di  altri  disordini  cognitivi  (disturbi di apprendimento o livelli
intellettivi   ai   limiti   inferiori  della  norma)  e'  necessario
accompagnare  un  training  specifico  su alcune abilita' scolastiche
(lettura,  scrittura,  soluzione di problemi aritmetici, comprensione
del  testo,  studio).  Non si tratta semplicemente di fare lezioni di
ripasso  ma  di proporre modalita' alternative per affrontare compiti
cognitivi  che per il bambino sono di difficile esecuzione. In ambito
psicopedagogico  ci  sono numerose proposte di training riabilitativi
su  specifici  aspetti cognitivi che causano ritardi di apprendimento
scolastico.
  Anche  le  caratteristiche  genitoriali determinano la tipologia di
intervento   multimodale.  Spesso  i  familiari  presentano  problemi
relazionali  non direttamente conseguenti alle difficolta' create dal
figlio  ADHD,  in  questo  caso non e' opportuno confondere il parent
training  con  una  terapia familiare: il primo mira esclusivamente a
fornire  ai genitori gli strumenti per la gestione e l'educazione del
bambino,  la  seconda,  invece,  puo'  prendere  in  esame  tutte  le
problematiche  derivanti  da  un  rapporto coniugale conflittuale. Il
grado  di coinvolgimento dei genitori nel trattamento dei bambini con
ADHD  dipende  anche  dal  livello di comprensione: genitori di basso
livello socio-culturale non riusciranno ad usufruire pienamente di un
parent  training;  percio'  diventa  molto  piu'  utile lavorare piu'
direttamente  con  la  scuola,  ed  eventualmente  con il ragazzo, se
anch'egli non presenta livelli intellettivi ai limiti inferiori della
norma.  Proprio  nei  casi  in  cui la famiglia non ha le risorse per
usufruire  di  un  intervento psico-educativo, l'uso dei farmaci puo'
essere   di   notevole   aiuto,   visto  che  questi  richiedono  una
partecipazione   ridotta   della   famiglia,   dal   punto  di  vista
psicologico.
  Come  gia'  accennato,  anche la scuola ha un ruolo fondamentale in
questo  processo  terapeutico;  molto spesso insegnanti comprensivi e
sensibili sono in grado di favorire un buon esito del trattamento. Il
terapeuta  deve  essere in grado di riconoscere la qualita' di questo
rapporto  e  lavorare  sensibilmente  per fare in modo che si evitino
reciproche colpevolizzazioni tra insegnanti e genitori e si strutturi
almeno  un  clima di collaborazione e reciproco rispetto. Nel caso in
cui   quest'obiettivo   sembra  molto  difficile  da  raggiungere  e'
necessario  considerare  la  possibilita'  di  fare  riunioni  con la
contemporanea  presenza  dei  genitori e degli insegnanti, al fine di
stabilire  e  concordare  obiettivi  comuni,  prima  di procedere con
interventi specifici.

  5.2 Terapie Farmacologiche

  I  farmaci  registrati  in  Italia  per  la  terapia  farmacologica
dell'ADHD  sono  il  Metilfenidato  somministrato  in  base  al  peso
corporeo,  mediamente  0,3-0,6  mg/kg/dose  in  due - tre dosi die, e
IAtomoxetina  somministrata  in base al peso corporeo, mediamente 1.2
mg/kg/dose  in  singola  dose  giornaliera  (raramente  in  due  dosi
dimezzate).
  Il  farmaco  di scelta e' il Metilfenidato somministrato in base al
peso corporeo, mediamente 0,3-0,6 mg/kg/dose in due - tre dosi die.

  5.2.1 Farmacologia clinica del metilfenidato
  Il  metilfenidato,  appartiene alla classe degli psicostimolanti, e
e'  uno  dei farmaci attivi sul Sistema Nervoso Centrale maggiormente
studiati  ed  utilizzati in eta' evolutiva. E' considerato a tuttoggi
la  terapia  farmacologia  di riferimento per bambini, adolescenti ed
adulti  con  ADHD.  Tutti gli psicostimolanti inibiscono la ricattura
(reuptake)  sinaptica  delle  monoamine  bloccando  il  trasportatore
presinaptico;   alcuni   ne   stimolano   anche   il  rilascio  dalle
terminazioni sinaptiche.

  Meccanismi d'azione.
  1.    Blocco   del   reuptake   delle   monoamine.   A   differenza
dell'amfetamina,  il  metilfenidato  inibisce  in maniera specifica i
trasportatori  sinaptici  per la dopamina (DAT) e la noradrenalina e,
come  la  cocaina,  presenta minimi effetti sul rilascio sinaptico di
monamine  e  sui  meccanismi  d'accumulo  e  rilascio dalle vescicole
sinaptiche.  Il  metilfenidato  tende a rimanere legato al DAT piu' a
lungo (ore anziche' di minuti) rispetto alla cocaina: tale meccanismo
e'  stato invocato per spiegare la minore potenzialita' di dipendenza
tra  i  due  farmaci  (vedi oltre). Si e' comunemente ritenuto che il
metilfendato,  come  la  cocaina  e  differentemente dall'amfetamina,
mostrasse   una  maggiore  affinita'  per  il  sistema  dopaminergico
rispetto   al   sistema   noradrenergico.   Studi  recenti,  condotti
nell'animale  da  esperimento  utilizzando  tecniche  di microdialisi
cerebrale,  hanno  dimostrato  che,  in  alcune  aree cerebrali quali
l'ippocampo,  il metilfenidato a basse dosi (inefficaci a modulare la
funzione  dopaminergica nel nucleo accumbens) e' in grado di modulare
i  livelli  extraneuronali  di  noradrenalina. A dosi terapeutiche il
metilfenidato  e  la  destroamfetamina, non mostrano pressoche' alcun
effetto  sul  sistema  serotoninergico. Il metlfenidato, a differenza
dell'  amfetamina,  non  e'  in  grado  di inibire l'attivita'' delle
monoaminossidasi   (MAO),   principali   enzimi   catabolici  per  le
monoamine,   non   aumentando   quindi   i   livelli   sinaptici   di
neurotrasmettitore.
  2.  Modulazione dei livelli sinaptici di dopamina. Fisiologicamente
il rilascio di dopamina nello spazio sinaptico avviene sia in maniera
pulsatile  o  "fasica"  durante  l'impulso  nervoso  che  in  maniera
"tonica",  non-pulsatile  durante l'intervallo tra impulsi nervosi. I
livelli  extracellulari  di  dopamina  sono  regolati  inoltre  dalla
ricattura  della  dopamina mendiante DAT e dai recettori presinaptici
(autorecettori)  che, quando stimolati, bloccano l'ulteriore rilascio
della dopamina da parte del neurone. Il rapido aumento dei livelli di
dopamina  extracellulari  determinato  dal  rilascio fasico correlato
all'impulso nervoso viene controbilanciato attraverso tre meccanismi:
a)  rapida  diffusione  della  dopamina  dalla  spazio  sinaptico  (e
successiva  degradazione da parte di MAO e COMPT extra neuronali), b)
ricattura  della  dopamina  da  pare  del  DAT situato sulla membrana
presinaptica, c) inibizione dell'ulteriore rilascio dovuto all'azione
della dopamina sull'autorecettore.
  Basse  dosi di psicostimolanti sono in grado di aumentare i livelli
tonici  di  dopamina  bloccando  la  ricattura del neurotrasmettitore
mediato  da  DAT.  Durante  il rilascio fasico impulso-dipendente, la
persistenza  di  livelli elevati di dopamina dovuti Il blocco del DAT
fa  si  che  si  attivino gli autorecettori presinaptici impedendo un
ulteriore  rilascio.  La  differenza tra livelli di dopamina basali e
quelli  misurabili  nei  millisecondi successivi allo stimolo nervoso
risulta  di circa 60 volte negli animali di controllo (4 vs 250mM) ma
solo di 20 volte negli animali trattati con basse dosi (0.5 mg/kg) di
amfetamina  (25  vs 500mM). L'effetto comportamentale netto, dovuto a
tale  differenza, e' quindi una diminuzione dell'attivita'' motoria e
piuttosto  che  un aumento. Animali da laboratorio in cui e' disunita
la  sintesi  di DAT di circa 1'80% di animali (knock-down per il DAT)
mostrano  livelli  extracellulari  di  dopamina piu' elevati, normale
attivita'  motoria  in ambiente conosciuto ma iperattivita' motoria e
deficit dell'adattamento (mancata diminuzione dell'attivita'' motoria
per  esplorare l'ambiente) in ambienti nuovi e sconosciuti. In questi
animali  la somministrazione di psicosimolanti (amfetamina) ein grado
di  diminuire  l'iperattivita'  motoria: tale effetto permane anche a
dosi  che  provocano  iperattivita'  e  stereotipe  negli  animali di
controllo.  Cio'  indica  che  psicostimolanti  possono  modulare  un
sistema neurotrasmettitoriale in maniera pressoche' opposta a seconda
dello  stato  funzionale  del  sistema.  Sono  in pratica in grado di
attivare  un  sistema  ipofunzionante  e di deprimerlo quando risulti
iperfunzionante.
  3.  Effetti sulle funzioni esecutive. Negli ultimi 10 anni numerosi
studi  neuropsicologici  e di neuroimaging hanno permesso di definire
le  caratteristiche  anatomiche  e  funzionali dei circuiti neuronali
dell'attenzione  che possono essere suddivisi in tre sottosistemi: di
allerta,  di  orientamento  e  di  controllo esecutivo. Il sistema di
controllo  esecutivo  coordina  le  risposte  multiple  e  specifiche
necessarie  per identificare la presenza di un obbiettivo, e dirigere
le  azioni  necessarie  al  suo  raggiungimento, attivando e inibendo
specifiche   attivita'   mentali,   ordinando   risposte  multiple  e
verificandone  l'appropriatezza per il raggiungimento dell'obbiettivo
stesso.  Il  sistema di controllo esecutivo e' localizzato in diverse
aree della corteccia prefrontale, nella circonvoluzione anteriore del
cingolo  e  comprende i nuclei della base: permette di programmare ed
eseguire  comportamenti indipendenti e finalizzati. Modulandoli sulla
base  del "quando" e "se" , piuttosto che sul "che cosa" o "come". Le
catecolamine   modulano   le   funzioni   di  tutti  questi  sistemi:
nell'animale   da   laboratorio   sia   dopamina   che  noradrenalina
diminuiscono  l'attivita''  spontanea  dei  neuroni  della  corteccia
frontale  e  la risposta a nuovi stimolazioni aspecifiche, aumentando
la  capacita'  di  risposta  a  stimoli  specifici.  Nella  corteccia
prefrontale   gli   effetti  della  stimolazione  sia  noradrenergica
(attivazione  dei  recettori  alpha 1) che dopaminergica (attivazione
dei  recettori  D1,  ed  in  parte dei D2) mostrano un andamento a "U
rovesciata".  Sia una stimolazione molto bassa che una troppo elevata
(come  ad  esempio  quella  noradrenergica durante lo stress intenso)
compromettono   la   modulazione   dell'attenzione  sostenuta,  della
inibizione  delle  risposte  automatiche  e  piu'  in  generale della
memoria  di  lavoro.  La  capacita  degli psicostimolanti di attivare
sistemi  catecolaminergici  ipofunzionanti,  inibendo,  al contrario,
sistemi   iperfunzionanti  spiegherebbe  come  tali  farmaci  possono
modulare  le  capacita'  di  attenzione, autoregolazione e memoria di
lavoro  in  individui  in  cui tali funzioni siano compromesse come i
bambini   adolescenti  ed  adulti  con  ADHD,  indipendentemente  dal
sottotipo clinico e dalle cause che abbiano determinato il disturbo.

  5.2.3 Farmacocinetica del Metilfenidato,
  1.  Assorbimento  ed  emivita. L'assorbimento gastrointestinale del
metilfenidato,  e'  rapido e pressoche' completo. La somministrazione
orale  di  metilfenidato  induce un picco plasmatico dopo una-due ore
con  emivita di eliminazione di 3-6 ore: il farmaco inizia a mostrare
la  sua  attivita' clinica dopo circa mezz'ora dalla somministrazione
orale,  raggiunge  il  picco di attivita' dopo un'ora, per una durata
terapeutica  dura  circa  2-5  ore.  Il  metilfenidato  viene  quindi
solitamente  somministrato  2-3  volte al giorno. Esiste peraltro una
notevole  variabilita'  di risposta clinica tra i singoli individui e
l'efficacia  non  appare  correlata  con  i  livelli  plasmatici  del
farmaco.
  2.  Metabolismo.  Il  metilfenidato  presenta  invece  un rilevante
metabolismo   epatico   (effetto   di  primo  passaggio)  dove  viene
idrolizzato  a  livello  epatico  prima di raggiungere il circolo. La
maggior  parte  del farmaco viene de-esterificato ad acido ritalinico
ed  in  misura  minore  metabolizzato  a paraidrossimetilfenidato. Il
significativo   effetto   di   primo   passaggio  spiega  perche'  la
somministrazione   parenterale  (endovenosa  o  inalatoria)  modifica
significativamente  gli  effetti  clinici  del  farmaco che divengono
simili  a  quelli  della  cocaina.  Non  sono state messe in evidenza
interazioni   tra   amfetamina  o  metilfenidato  ed  i  farmaci  che
interferiscono con il sistema degli enzimi microsomiali epatici quali
gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina.
  3. Enantiomeri
  Il  metilfenidato e' una amina secondaria con due atomi di carbonio
asimmetrici.  Puo'  quindi  esistere  in  quattro  forme  isomeriche:
d-treo,  I-treo, d-eritro e I-eritr. Inizialmente il metilfenidato in
commercio  era  costituito  per  l'80%  da  dl-eritro e per il 20% da
dl-treo.  Poiche'  solo gli isomeri treo sono attivi, le preparazioni
attualmente     in    commercio    non    contengono    piu'    forme
eritro - responsabili  invece  degli effetti cardiovascolari. Poiche'
il  metilfenidato  subisce  un intenso metabolismo al primo passaggio
epatico,   i   derivati   idrossilati   potrebbero   presentare   una
significativa  stereospecificita'  nel modulare sia efficacia clinica
che gli effetti indesiderati. Nel ratto l'isomero d-treo risulta piu'
potente rispetto alla forma l-treo nell'indurre iperattivita' motoria
e  inibizione  del reuptake di dopamina e noradrenalina. Recentemente
e'  stata  presentata  alla  Food and Drug Administration degli Stati
Uniti  la richiesta di autorizzazione alla commercializzazione di una
preparazione  di d-treo metilfenidato. Studi preliminari indicano che
tale  preparazione  mostra  una  durata  d'azione  di  8-12 ore e non
presenta effetto - rebound da fine dose.
  4. Effetti collaterali e controindicazioni degli psicostimolanti
  Gli  effetti  collaterali  associati all'uso del metilfenidato sono
comuni  a  tutti  gli  psicostimolanti  e  sono  in  genere modesti e
facilmente  gestibili.  I  piu'  comuni sono diminuzione di appetito,
insonnia  ed epigastralgie: l'insonnia puo' essere prevenuta evitando
le  somministrazioni  serali,  la  mancanza  di appetito e i disturbi
gastrointestinali  somministrando  il farmaco dopo i pasti. Quando il
farmaco  e'  somministrato  correttamente,  perdita di peso o ritardo
dell'accrescimento, cefalea e dolori addominali sono rari, temporanei
e  raramente impongono la modifica o la sospensione della terapia. Il
ritardo  della  crescita  (sia in peso che in altezza), rilevabile in
alcuni  soggetti,  e' generalmente considerato come temporaneo, nella
gran  parte  dei  casi. Recenti studi di decorso suggeriscono, pero',
differenze  significative  nelle  curve  di  crescita di bambini ADHD
trattati con psicostimolanti per almeno 24 mesi rispetto a quelli che
non avevano mai assunto psicostimolanti, suggerendo l'opportunita' di
un  attento controllo degli indici di crescita dei bambini in terapia
protratta   con  metilfenidato.  Gli  psicostimolanti  possono  anche
indurre  o  peggiorare  movimenti involontari, tic ed idee ossessive:
occorre  peraltro  considerare  che  in  numerosi  studi  l'incidenza
d'insonnia  e tic non e' risultata superiore a quella riscontrata con
placebo.
  Il  metilfenidato  puo'  indurre  palpitazioni,  aritmie,  cianosi,
tachicardia.  Sono  stati riportati alcuni casi di arterite cerebrale
(Thomall  2006;  Schteinschnaider  2000;  Trugman  1988) e sette casi
documentati   di   morte   improvvisa   in   bambini  che  assumevano
metilfenidato  (FDA  2005)  pari  a  1  su 10 milioni di prescrizioni
(prevalenza  non  significativamente  diversa  da  quella della morte
improvvisa  spontanea).  Poiche'  nei  casi  di  morte  improvvisa da
amfetamina sono state riportate concomitanti anomalie strutturali del
sistema  cardiovascolare  (es.  origine  anomala  o stenosi congenita
dell'arteria  coronarica,  ipertrofia  valvolare o miocardica) ovvero
storia   familiare   di  aritmie  ventricolari,  un'attenta  raccolta
anamnestica comprendete storia familiare di patologia cardiovascolare
precoce  o  episodi  sincopali  durante  esercizio  fisico  (nel caso
consultare il cardiologo!), dovrebbe sempre precedere la prescrizione
degli  psicostimolanti.  L'ECG deve essere eseguito prima dell'inizio
della  terapia  farmacologica per escludere alterazioni del tracciato
clinicamente silenti.
  Gli  psicostimolanti  possono  indurre  variazioni  rapide del tono
dell'umore  (disforia) con aumento o diminuzione dell'eloquio, ansia,
irritabilita',  talvolta appiattimento affettivo. Questi sintomi sono
piu'   frequenti  negli  adulti  che  assumono  psicostimolanti;  nei
bambini,  dosi  elevate  di farmaco possono indurre, paradossalmente,
sedazione  e  diminuzione  delle  capacita'  d'apprendimento. Occorre
peraltro  considerare che tale bassa incidenza di effetti collaterali
emerge  da  studi  a  breve  termine  anche  se  su un elevato numero
complessivo  di  bambini:  gli  studi  di  tossicita' a lungo termine
(anni) sono ancora limitati.
  5. Tossicologia
  Studi  di  tossicita'  animale  hanno  mostrato  come  alte dosi di
stimolanti  (25 mg/kg di amfetamine s.c. nel ratto vs 0.3 - 0.5 mg/kg
nel    bambino)    possono    indurre   alterazioni   dei   terminali
serotoninergici  e  dopaminergici  in  aree  specifiche  del  Sistema
Nervoso  Centrale.  Altre evidenze mostrano che, almeno negli animali
adulti,  tali  alterazioni sono rapidamente reversibili. Recentemente
e' stato dimostrato che dosi simili a quelle utilizzate in clinica (2
mg/kg)  di  metilfenidato somministrate per lungo tempo per via orale
possono  causare  in  animali  molto  giovani  (prepuberi), ma non in
animali  adulti, una diminuzione persistente (mesi) e selettiva della
densita'  dei  DAT  a  livello  striatale.  Il significato clinico di
questo dato e' ancora controverso.
  Altri  studi mostrano che dosi elevate (oltre 40mg/kg per due anni)
di metilfenidato possono indurre tumori epatici nei roditori (Dunnick
&  Hailey  1995),  ma  tale  evenienza  non  e'  mai  stata  riferita
nell'uomo.  Il  NIH  Consensus Statement sull'ADHD suggerisce cautela
nell'uso  di  dosi  estremamente  alte  di  psicostimolanti indicando
peraltro  che  dosi  circa trenta volte superiori a quelle utilizzate
nei  bambini  (intossicazione grave) potrebbero produrre tali effetti
tossici (NIH 1998).
  6. Potenziale d'abuso
  Nei  bambini,  gli  effetti  terapeutici  degli psicostimolanti non
diminuiscono  con  l'uso  prolungato,  l'abuso  e  la dipendenza sono
praticamente inesistenti. Ciononostante, il numero elevato di bambini
ed  adolescenti  con  ADHD  che  assumono psicostimolanti per periodi
prolungati  ha stimolato numerosi studi per verificarne, nell'animale
da esperimento, il potenziale di abuso.
  Nei roditori, una delle conseguenze della somministrazione ripetuta
di sostanze amfetamino-simili e' costituito dall'incremento di alcuni
comportamenti  indotti  da  stimolanti  (attivita' motoria, attivita'
esploratoria anche in ambiente conosciuto, stereotipie) in risposta a
somministrazioni ripetute. Tale aumento, che tende a persistere anche
dopo    periodi    prolungati    di    astinenza,    viene   definito
sensibilizzazione  comportamentale  ed  e'  stato  suggerito che tale
processo  possa  essere implicato nello sviluppo della dipendenza. Lo
sviluppo    della    sensibilizzazione   comportamentale   e'   stato
estensivamente  dimostrato per somministrazioni di dosi medio-alte di
amfetamina  e  cocaina;  al  contrario pochi studi hanno misurato gli
effetti  di somministrazioni ripetute di metilfenidato ed i risultati
di questi studi appaiono controversi.
  La   comparsa   della  sensibilizzazione  da  metilfenidato  appare
modulata  da  diversi  fattori  quali  le dosi del farmaco, la via di
somministrazione  (orale  o  parenterale:  si  veda  il paragrafo sul
metabolismo),  il  pattern  e  la  durata  delle somministrazioni, il
contesto  ambientale  in  cui  la  somministrazione  avviene:  gabbia
abituale  o  ambiente  sconosciuto  (open-field),  stato di attivita'
dell'animale  (es.  correlata al ciclo luce o buio). Somministrazioni
parenterali  ripetute  di  basse  dosi  di  metilfenidato (0.5 mg/kg)
possono  indurre  nel  ratto  sensibilizzazione  comportamentale  cui
corrisponde  un  aumento  significativo  di  release di noradrenalina
nell'ippocampo (ma nessuna modificazione dei livelli extacellulari di
dopamina nell'accumbens): tali effetti sono stati misurati in animali
adulti,  mentre non esistono studi che utilizzino la somministrazione
orale in animali molto giovani.
  L'estrapolazione   di   questi  dati  all'uomo,  e  al  bambino  in
particolare, e' difficile: esistono pochissimi studi su animali molto
giovani  e  nessuno sui fenomeni di sensibilizzazione comportamentale
in  modelli  animali  di  ADHD. Sebbene sia metilfenidato che cocaina
bloccano il trasportatore per la dopamina ed il metilfenidato risulti
piu'  potente  della  cocaina  in  tale  azione  farmacologia,  studi
effettuati  nell'uomo  mediante  Tomografia ad Emissione di Positroni
(PET),    mostrano    importanti    differenze   farmacocinetiche   e
farmacodinamiche  tra  i  due composti: quando il metilfenidato viene
assunto  con dosi e modalita' (via orale) "terapeutiche" presenta una
cinetica marcatamente differente da cocaina ed amfetamina assunte per
via  parenterale  e  mostra  minore  o  nessuna  capacita' di indurre
euforia con potenziale d'abuso significativamente inferiore (Volkow &
Swanson  2003).  Esistono  alcune  evidenze (rapporti di polizia) che
modeste  quantita'  di  metilfenidato  possono  essere  utilizzate in
maniera illecita (per via parenterale), ma i tassi di uso illegale di
metilfenidato sono molto bassi.
  Una  metanalisi  dei  dati  di letteratura a tutt'oggi disponibili,
indica  che,  indipendentemente  dall'eventuale  sensibilizzazione al
metilfenidato,  l'esposizione precoce al trattamento farmacologico di
bambini  con  ADHD,  piuttosto  che  favorire,  previene  l'abuso  di
sostanze  psicotrope  in  adolescenza  o  in giovane eta' adulta (Odd
Ratio  1.9; Wilens et al. 2003). Possibili meccanismi di tale effetto
protettivo  includono:  riduzione  dei  sintomi dell'ADHD, sopratutto
dell'impulsivita',  miglioramento  del  rendimento scolastico e delle
relazioni  con  coetanei e adulti di riferimento, possibile riduzione
della  evoluzione  verso  il  disturbo  di condotta e successivamente
verso il disturbo antisociale di personalita' (Taylor et al. 2004).

  5.2.4 Farmacologia clinica dell'atomoxetina
  Meccanismo   d'azione:   Blocco   selettivo   del   reuptake  della
noradrenalina
  L'Atomoxetina,  e'  un inibitore selettivo della ricaptazione della
noradrenalina  a  livello  presinaptico,  con  minima  attivita'  sui
trasportatori di altre monoamine quali dopamina o serotonina.
  Poiche'   in   corteccia   cerebrale,  ma  non  nello  striato  ne'
nell'accumbens   la   dopamina   viene   ricatturata  anche,  se  non
principalmente,  dal  trasportatore  per la noradrenalina (Carboni et
al.   1990   Moron  et  al.  J  neuroscience  2002),  il  blocco  del
trasportatore  della  noradrenalina  induce,  in  corteccia ma non in
altre aree cerebrali, un aumento dei livelli extracellulari di sia di
noradrenalina  che  di dopamina (Bymaster et al. 2002, Swanson et al.
2006).  Cio'  comporta una modulazione delle funzioni cognitive della
corteccia  prefronatale  ma  nessuna  interferenza  apparente  con  i
sistemi  dopaminergici  mesolimbici  (n.  accumbens)  con conseguente
assenza  di  potenziale  d'abuso,  ne'  con quelli mesostriatali, con
assenza  di  interferenza sui meccanismi di regolazione del movimento
involontario.
  Farmacocinetica
  1. Assorbimento
  L'atomoxetina  e' assorbita rapidamente dopo somministrazione orale
ed  il  cibo  influisce  poco su tale assorbimento. La concentrazione
plasmatica  massima  di  farmaco  e'  raggiunta  dopo  1-2  ore,  con
un'emivita  plasmatica  di eliminazione di circa 5 ore. Malgrado tale
breve   emivita  plasmatica,  il  farmaco  esercita  effetti  clinici
prolungati  nell'arco delle 24 ore, per cui e' possibile ricorrere ad
un'unica somministrazione giornaliera. Dopo somministrazione ripetuta
di  una  singola  dose  giornaliera e' stata misurata una persistente
diminuzione   dei   livelli   plasmatici  del  principale  metabolita
cerebrale   della   noradrenalina   (Didirossi  fenilglicole,  DHPG):
indicando  che  la  ricattura  della  noradrenaliina  e quindi il suo
metabolismo  intraneuronale  rimangono  inibiti  piu'  a  lungo della
persistenza  del  farmaco  nel plasma (Biek et al. 2005), permettendo
un'unica somministrazione giornaliera.
  2. Metabolismo
  L'Atomoxetina  si  lega per il 98% alle proteine plasmatiche, ed e'
metabolizzata   nel  fegato  dal  citocromo  P450  2D6.  In  caso  di
somministrazione  contemporanea  di  atomoxetina  con  inibitori  del
CYP2D6,  come  fluoxetina, paroxetina o chinidina, il catabolismo del
farmaco e' piu' lento. Una frazione della popolazione, costituita dal
7%  dei  Caucasici e dal 2% degli Afro-Americani, sono caratterizzati
da  isoforme  meno efficienti del citocromo P450 2D6 (metabolizzatori
lenti).  Nei  metabolizzatori  lenti,  l'emivita  di atomoxetina puo'
arrivare  a  circa  20  ore,  producendo  picchi di concentrazione di
farmaco  fino a 5 volte maggiori. Sebbene di norma, a parita' di dose
assunta, nei metabolizzatori lenti non siano stati osservati maggiori
effetti  indesiderati rispetto ai metabolizzatori rapidi, particolare
attenzione  deve  essere  prestata all'associazione con altri farmaci
inibitori   del   CYP2D6.  Il  principale  metabolita  ossidativo  di
atomoxetina  e'  rappresentato  da  4-idrossi-atomoxetina,  che viene
glucuronidata.  Questo  metabolita  inibisce  con  la  stessa potenza
dell'atomoxetina il trasportatore della noradrenalina, ma e' presente
in  concentrazioni molto basse nel plasma (l% della concentrazione di
atomoxetina nei metabolizzatori rapidi e 0,1% della concentrazione di
atomoxetina  nei  metabolizzatori lenti). L'Atomoxetina viene escreta
principalmente        come       4-idrossi-atomoxetina-O-glucuronide,
fondamentalmente  con  le  urine (oltre 1'80% della dose) e, in minor
proporzione,  nelle feci (meno del 17% della dose). Meno del 3% della
dose  di atomoxetina viene escreta in forma immodificata (Suer et al.
2005)
  1. Risposta clinica
  L'efficacia di atomoxetina sui sintomi dell'ADHD e' stata esaminata
in  numerosi  studi clinici che hanno coinvolto piu' di 6000 pazienti
(circa 5000 erano bambini e adolescenti). Complessivamente, tutti gli
studi clinici hanno fornito l'evidenza dell'efficacia di atomoxetina,
somministrata  1  o  2 volte al giorno, nel trattamento dell'ADHD. Il
trattamento   con   atomoxetina   e'   risultato   associato   ad  un
significativo miglioramento non solo dei sintomi cardine del disturbo
ma  anche  del funzionamento familiare, scolastico e sociale. Ai fini
della  registrazione  in Nord America, l'efficacia di atomoxetina sui
sintomi   cardine   dell'ADHD   e'   stata   dimostrata  in  6  trial
registrativi, randomizzati, a gruppi paralleli, in doppio-cieco verso
placebo,  in  cui  sono  stati  arruolati  piu'  di  1000 bambini e/o
adolescenti  (28,  31,  33,  34).  Tutti e sei gli studi di efficacia
presentavano  un  disegno simile, con durata di trattamento, compresa
tra  6 e 9 settimane, con dosi (tra 0.5 e 2 mg/kg/die) e modalita' di
somministrazione (una o due volte al giorno) del farmaco variabili.
  2.  Azione  a  lungo  termine  e opportunita' di interruzione della
terapia dopo un anno
  Uno  studio  in doppio cieco su 604 bambini ed adolescenti, di eta'
compresa  tra  6  e  15  anni, condotto dall'Azienda e presentato nel
dossier  di registrazione, (Michelson et al. 2004) ha evidenziato che
l'atomoxetina   e'   statisticamente   superiore   al   placebo   nel
miglioramento  del  quadro clinico e nel prevenire le recidive a 12 e
18  mesi  (Buitelaar et al. 2007). In base a questi dati e' possibile
che  molti  pazienti  cui  sia stata somministrata atomoxetina per un
anno  con buoni risultati possano consolidare nel tempo tali benifici
e  godere  di  un  periodo  prolungato  di  sospensione della terapia
farmacologica.
  3. Risposta in presenza di comorbidita'
  In  presenza  di comorbidita', l'atomoxetina oltre che migliorare i
sintomi  di  ADHD,  migliora i sintomi d'ansia, sebbene con un effect
size  minore  ( 0.50) di quello misurabile sui sintomi di ADHD, senza
peggiorare  sintomi  depressivi  (Kratochvil  et  al.  2005) od i tic
vocali  o  motori  (Allen  et  al.  2005) eventualmente associati; il
miglioramento degli eventuali sintomi di oppositivita/provocatorieta'
osservabile  in corso di terapia con Atomoxetina appare correlato con
la   magnitudine   degli  effetti  clinici  sull'ADHD  (Hazell  2006;
Biederman 2007).
  Titolazione della dose e modalita' di somministrazione
  La  somministrazione  di  atomoxetina viene iniziata al dosaggio di
0,5  mg/kg/die.  Tale  dose  dovrebbe  essere mantenuta per 7 giorni,
prima di essere aumentata progressivamente in funzione della risposta
clinica  e  della tollerabilita'. La dose di mantenimento consigliata
e'  di circa 1,2 mg/kg/die (in base al peso del paziente e ai dosaggi
di  atomoxetina  disponibili). Efficacia e sicurezza dell'atomoxetina
sono   state   valutate  in  modo  sistematico  fino  a  dosi  totali
giornaliere di 1,8 mg/kg/die (Michelson et al. 2001).
  Per  quanto  esista  una  variabilita'  individuale  nel  tempo  di
risposta   al  trattamento,  generalmente  l'effetto  terapeutico  di
atomoxetina  si  manifesta  appieno  a  partire dalla 4a settimana di
trattamento.  Durante  il  primo  mese,  infatti,  si  assiste ad una
riduzione   dei  sintomi  che  diviene  ancora  piu'  evidente  nelle
settimane  successive.  E'  ipotizzabile  che  questa gradualita' nel
manifestarsi  dell'effetto  del  farmaco,  che  tende  a  rafforzarsi
progressivamente,  sia  dovuta  al  sommarsi  di  un'azione immediata
legata  a  variazioni neurotrasmettitoriali a livello sinaptico, e di
un'azione  piu'  lenta,  che si sviluppa nel tempo, sulla regolazione
recettoriale.  E' quindi importante che il medico spieghi al paziente
e ai suoi familiari che, a differenza del metilfenidato, l'effetto di
atomoxetina  si  manifesta in maniera graduale e progressiva e che e'
necessario  aspettare  uno-due mesi per una valutazione attendibile e
definitiva della risposta.
  Tollerabilita' e sicurezza
  La  sicurezza  a  breve  e  a  lungo termine e la tollerabilita' di
atomoxetina,  sono stati valutati, nell'ambito degli studi clinici su
3294  bambini  e  adolescenti  con  ADHD,  con  piu' di 1700 soggetti
trattati  per  almeno  6  mesi, 1200 trattati per almeno 1 anno e 425
trattati  per  piu' di 2 anni. La maggior parte dei pazienti e' stata
trattata  con  una  dose  totale  quotidiana che variava da 1.2 a 2.0
mg/kg/die.   Un  numero  basso,  ma  significativamente  maggiore  di
pazienti  trattati con atomoxetina (4.1%), rispetto a quelli trattati
con  placebo (1.2%), ha abbandonato il trattamento per la comparsa di
eventi  avversi.  Il  tasso  d'interruzione  dovuto  alla comparsa di
eventi  avversi  era  sovrapponibile  nei  pazienti che assumevano il
farmaco  due  volte al giorno (3.8%) e in quelli che lo assumevano in
monosomministrazione (4.4%), nei pazienti con meno di 12 anni (6.0%),
e  in  quelli  con  piu'  di 12 anni (6.1%). Una medesima tipologia e
gravita'  di  eventi  avversi  e'  stata osservata in tutti gli studi
pediatrici.   Gli   eventi  avversi  piu'  comuni  nei  pazienti  che
assumevano  atomoxetina  rispetto a quelli che assumevano il placebo,
comprendevano:
   - Disturbi  gastrointestinali. Nausea e vomito possono verificarsi
all'inizio  del  trattamento.  Si  tratta,  in  genere, di effetti di
entita'  lieve o moderata, di breve durata e che raramente sono stati
causa  di  interruzione  del  trattamento  durante  gli studi clinici
(Michelson et al. 2002).
   - Riduzione  dell'appetito  e  calo  ponderale. Una percentuale di
pazienti  variabile, oscillante tra il 7 ed il 24% secondo gli studi,
riferisce  una riduzione dell'appetito all'inizio del trattamento con
atomoxetina,  rispetto  al  6-7%  dei  pazienti  trattati con placebo
(Kelsey et al. 2004; Michelson et al. 2001, 2002; Weiss et al. 2005).
L'effetto  anoressizzante raggiunge il suo picco quando la dose viene
incrementata,   per   poi   diminuire  con  il  tempo.  La  riduzione
dell'appetito  si  associa  ad  un  lieve  calo ponderale che tende a
limitarsi  nel  tempo.  Gli  effetti  sull'appetito  e  sul peso sono
dose-dipendenti.
   - Sonnolenza  ed  astenia.  Questi effetti indesiderati sono stati
riportati  da Michelson et al. (2002) nel 10,6% dei pazienti trattati
e  da  Kelsey  et  al.  (2004) nel 14,5% e nel 9,9%, rispettivamente.
Weiss  et  al.(2005)  hanno  riferito sonnolenza nel 17% dei pazienti
trattati.
   - Effetti cardiovascolari. Il trattamento con atomoxetina e' stato
associato  ad un aumento statisticamente significativo ma transitorio
e  non  clinicamente  rilevante  della  pressione  arteriosa  e della
frequenza   cardiaca.   In   particolare,   negli   studi  pediatrici
controllati  con  placebo,  i pazienti trattati con atomoxetina hanno
evidenziato  un  incremento medio della frequenza cardiaca di circa 6
battiti/minuto  ed  un  incremento  medio della pressione sistolica e
diastolica  di  circa  2  mm Hg rispetto al placebo. Effetti analoghi
sulla   pressione  arteriosa  e  la  frequenza  cardiaca  sono  stati
osservati  nello studio di comparazione con metilfenidato, nel gruppo
di soggetti trattati con tale
  farmaco.  Non  sono  state osservate aritmie durante il trattamento
con atomoxetina (Wernicke et al. 2002).
  Nei   metabolizzatori   lenti   si  verificano  in  genere  aumenti
lievemente   maggiori  della  frequenza  cardiaca  e  cali  ponderali
lievemente  piu'  marcati,  ma non hanno una significativita' clinica
rispetto  ai metabolizzatori rapidi (Wernicke et al. 2002). L'effetto
anoressizzante  e  la sonnolenza legata al trattamento possono essere
limitati  diminuendo  la  dose,  somministrando  il  farmaco  in dosi
suddivise  o dopo un pasto completo, oppure somministrando il farmaco
la sera.
  L'osservazione  di  pazienti  inclusi  in  studi  clinici di durata
superiore  a  due  anni  indica che gli effetti collaterali riportati
piu'  frequentemente  negli  studi  a  lungo  termine sono analoghi a
quelli  osservati  negli  studi  in acuto e la loro incidenza tende a
ridursi marcatamente dopo i primi tre mesi di trattamento.
  Potenziale d'abuso
  L'atomoxetina  non  modifica  la funzione dopaminergica livello del
nucleo accumbens, suggerendo l'assenza di potenziale d'abuso. Cio' e'
stato  confermato  mediante  studi  sia  su  primati non umani che su
consumatori  non dipendenti di stimolanti. Primati non umani, cui era
stato  insegnato a scegliere tra acquisizione di cibo mediante leva e
somministrazione   endovenosa  di  farmaco  (cocaina,  metilfenidato,
amfetamina,  atomoxetine,  desomopramina  o  soluzione  fisiologica),
preferivano  il  cibo  ad  atomoxetina  o  desimipramina, ma non agli
psicostimolanti  (Gasior  et  al.  2005).  Soggetti  umani abituati a
riconoscere   gli   effetti   degli   psicostimolanti   senza  essere
dipendenti,  erano  in  grado  dopo  somministrazione orale in doppio
cieco  di  riconoscere  gli  effetti  attivanti  di  metilfenidato ed
amfetamina,   senza   riportarli   dopo  assunzione  di  triazolam  o
atomoxetina (Lile et al. 2006).
  Per  un  confronto  dettagliato  tra  le diverse opzioni di terapia
farmacologica  possono  essere  utili sia le linee guida del National
Institute  for  Clinical) Excellence (NICE 2006; www.nice.org.uk) del
Servizio  Sanitario  Pubblico Inglese (NHS) che le piu' recenti linee
guida  europee (Banachewski et al. 2006). Utili per l'inquadramento e
la  gestione  del  bambino  con  ADHD  le  linee guida dello Scottish
Intercollegiate          Guidelines          Network          (SIGN):
www.sign.ac.uk/guidelines/fulltext/52/index.html.
  Effetti     indesiderati    rari,    ma    potenzialmente    gravi,
dell'atomoxetina
  Dopo  l'immissione  in  commercio  di  atomoxetine  nel Regno Unito
(2004),  l'ente  regolatorio  britannico  (Medicines  and Health Care
Products   Regulatory  Agency - MHRA)  ha  raccolto  le  segnalazioni
spontanee  di  eventi  avversi  manifestatisi  in persone che avevano
assunto   atomoxetina   e  le  ha  confrontate  con  le  informazioni
disponibili  anche  da  altre  fonti  (FDA degli Stati Uniti e l'Ente
Regolatorio Canadese-).
  Sulla  base  delle  segnalazioni  spontanee  all'MHRA, oltre i piu'
comuni  eventi  avversi  segnalati per metilfenidato (nausea, vomito,
cefalea,  irritabilita'  e aggressivita) per l'atomoxetina sono stati
evidenziati  anche  : aritmie cardiache, insufficienza epatica acuta,
convulsioni   e   ideazione  suicidaria.  Poiche'  al  momento  della
immissione  in  commercio degli stimolanti i rischi dei farmaci erano
stati  monitorati  con  minor  rigore rispetto alle pratiche attuali,
tali eventi avversi hanno indicato l'opportunita' di riconsiderare la
tollerabilita'  anche  degli  stimolanti,  soprattutto  rispetto agli
eventi avversi rari ma potenzialmente gravi sopra indicati.
  1.Convulsioni.
  Sebbene  nessun  dato  degli studi pre-clinici, ne' alcuna evidenza
ricavabile dagli studi clinici (dai quali erano pero' stati esclusi i
soggetti  con  epilessia)  suggerisse  la possibilita' di tale evento
avverso,  le  convulsioni  di  natura  epilettica sono state l'evento
avverso  serio  riportato con maggiore frequenza (200 segnalazioni su
un  totale  di  2.2. milioni di soggetti trattati). Sebbene molti dei
casi   riportati   avevano  precedentemente  riferito  convulsioni  o
assumevano   farmaci   potenzialmente   epilettogeni,   in   4   casi
l'assunzione  di  atomoxetine era correlabile all'evento. E' peraltro
possibile  che  poiche'  la  diminuzione della soglia epilettogena e'
riportata   tra   le   caratteristiche   degli  stimolanti  individui
predisposti siano stati trattati con atomoxetina.
  Sia  per  l'atomoxetina  che  per il metilfenidato appare quindi di
particolare importanza un'accurata anamnesi, prima della prescrizione
ed  una  particolare  attenzione  nel  monitoraggio  soprattutto  sei
soggetti  con  possibile  predisposizione all'epilessia. Tali farmaci
non dovrebbero essere prescritti in presenza di epilessia instabile.
  2. Effetti cardiovascolari
  L'atomoxetina  puo' indurre lieve aumento della pressione arteriosa
e  della frequenza cardiaca che andrebbero monitorate nel corso della
terapia.  L'MHRA  ha  ricevuto  segnalazioni  di un prolungamento del
tratto QT dell'ECG, non tali da permettere di stabilire un legame con
l'assunzione  del  farmaco:  appare  peraltro  opportuna  particolare
attenzione  in  caso di somministrazione contemporanea di farmaci che
possano  inibire  il  citocromo P 450 2D6 (es. fluoxetina). Tuttavia,
come   per   tutti   gli  psicostimolanti  e'  necessaria  un'attenta
valutazione   anche  anamnestica  della  storia  cardiovascolare  del
paziente  prima  di  intraprendere  la  terapia  e un controllo della
funzionalita' cardiovascolare durante la cura.
  Un'attenta  raccolta  anamnestica  comprendente storia familiare di
patologia   cardiovascolare   precoce  o  episodi  sincopali  durante
esercizio fisico (nel caso consultare il cardiologo!), deve precedere
la  prescrizione  di entrambe le classi di farmaci. L'ECG deve essere
eseguito  prima dell'inizio della terapia farmacologica per escludere
alterazioni del tracciato clinicamente silenti.
  3. Tossicita' epatica.
  Nel  2004  sono  stati riportati 2 casi di grave tossicita' epatica
acuta,  risoltasi dopo la sospensione ma ricomparsa, in un caso, dopo
ri-somministrazione.   La  revisione  di  tutti  gli  eventi  avversi
riportati  nei trenta mesi successivi (nessun nuovo caso), indica che
tali   eventi,   potenzialmente   gravi,   sono   rari  e  di  natura
idiosincrasica  (verosimilmente auto-immune), senza nessuna apparente
correlazione con la durata della assunzione o la dose del farmaco. E'
da   tempo  nota  la  possibile  moderata  tossicita'  epatica  degli
psicostimolanti.
  4. Ideazione suicidaria
  Negli  ultimi anni, l'FDA ha messo a punto specifiche metodiche per
valutare i comportamenti suicidari indotti da farmaci nel corso degli
studi  clinici,  basate  sulla ricerca automatica di parole riportate
nelle  schede  cliniche  degli  studi  (es.  nella  sezione "commenti
dell'investigatore")   riferibili  ad  comparsa  di  irritabilita'  o
ideazioni  / comportamenti suicidari. In conformita' a tale approccio
sono  stati  analizzati  12  studi  con  atomoxetina  controllati con
placebo  effettuati  su  bambini  ed adolescenti. Tra i 1357 pazienti
pediatrici trattati con atomoxetina sono stati identificati 6 casi di
eventi  correlati  a  comportamento  suicidario  (di  cui  un caso di
tentativo di suicidio e cinque casi di ideazione suicidaria); nessuno
di  tali  eventi  e'  stato rilevato nei soggetti che avevano assunto
placebo. Questi numeri corrispondono ad una frequenza dello 0,44% nei
pazienti  trattati  con  atomoxetina  (0.37%  riguardo  all'ideazione
suicidaria  e  0.07  per quanto riguarda il tentativo di suicidio). I
bambini  in  cui  si  sono  verificati  questi eventi avevano un'eta'
compresa  tra  7  e  12  anni. Sebbene nessun caso di suicidio si sia
verificato  nei  pazienti trattati con atomoxetina nel corso di studi
clinici,  sulla  base di tali risultati e' stata effettuata, in tutto
il  mondo,  una variazione del foglietto illustrativo e del riassunto
delle caratteristiche del prodotto.
  Sono  stai  riportati  al  MHRA  piu'  di  400  casi di ideazione o
comportamento  suicidario  in  bambini  ed adolescenti che assumevano
atomoxetina:  nella  maggioranza dei casi i soggetti assumevano anche
altri  farmaci  o  venivano  riferite  altre  patologie  concomitanti
(soprattutto  disturbi  dell'umore). Tali segnalazioni non sono state
mai  raccolte  in  maniera  sistematica  per gli psicostimolanti, che
verosimilmente     potrebbero    peggiorare    disturbi    dell'umore
potenzialmente   associati,  inducendo  comportamenti  suicidari.  E'
quindi  raccomandabile,  una valutazione attenta dello stato psichico
del  bambino  o dell'adolescente sia prima della prescrizione (sia di
atomoxetina che di psicostimolanti) che durante il follow-up.
  In  conformita'  a  quanto  sopra riportato, appare evidente che la
decisione  di  intraprendere  la  terapia  farmacologica deve basarsi
sulla   attenta   valutazione   dei  rischi  sia  della  prescrizione
farmacologica   (eventi   avversi)   che   della   non  prescrizione:
aggravamento progressivo della psicopatologia in atto con diminuzione
significativa  delle capacita' di inserimento scolastico, lavorativo,
familiare  e di "funzionamento globale", aggravamento delle eventuali
comorbidita', evoluzione sfavorevole verso altra psicopatologia quale
disturbo  antisociale di personalita' o disturbi da abuso di sostanza
etc.
  Qualora  si  decida  per  la  prescrizione farmacologica, le ultime
Linee Guida Europee (Banachewski et al. 2006) raccomandano:
  Prima della prescrizione sia diAtomoxetina che di metilfenidato:
   - Effettuare accurato esame fisico
   - Verificare la possibilita' di un'anamnesi personale positiva per
epilessia
   - Valutazione basale di tutta la possibile psicopatologia (incluso
suicidalita)
   - Considerare il rischio cardiovascolare:
      Cardiopatie  strutturali  (talvolta  difficilmente riferibili o
evidenziabili)
      Anamnesi familiare positiva per cardiopatia ad esordio precoce
      Indagare sempre su possibili sincopi durate esercizio fisico.
  Durante il monitoraggio: indagare sulla comparsa di
   - Convulsioni
   - Irregolarita' cardiache ( palpitazioni, sincope etc.)
   - Segni di danno epatico (es. Sintomi simil-influenzali)
   - Irritabilita' e ideazione o comportamenti suicidari.

  5.2.5 Altre terapie farmacologiche
  Gli  antidepressivi  triciclici,  gli  SSRIs,  gli antipsicotici, i
neurolettici,  le  benzodiazepine  e  altri farmaci ad azione sul SNC
vengono  talora  utilizzati  nella  terapia farmacologica di soggetti
affetti  da  ADHD. In genere si tratta di casi di comorbidita' in cui
e'  necessario  associare  agli psicostimolanti, farmaci elettivi per
l'ADHD,   altre   sostanze  specifiche  per  le  patologie  associate
all'ADHD.

  5.3 Terapie combinate

  Lo  studio  MTS  condotto  dal  NIH  ha  dimostrato  che i migliori
risultati  nella  terapia  dell'ADHD  si  ottengono  con  la  terapia
combinata  (psico-comportamentale  e  farmacologica). Qualora la sola
terapia   psico-comportamentale   non   fosse   sufficiente   per  il
trattamento  della  sindrome,  andrebbe attuata la terapia combinata,
farmacologica e non farmacologica.


  Bibliografia
  Si   riportano  i  principali  lavori  scientifici  consultati  dal
Comitato  Scientifico  del  Registro  Italiano ADHD nella stesura del
presente protocollo
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   ---->   VEDERE IMMAGINI DA PAG. 38 A PAG. 39 DELLA G.U.  <----


REGISTRO  ITALIANO  DELLA  SINDROME  DA  IPERATTIVITA'  E  DEFICIT DI
                          ATTENZIONE (ADHD)
                 PROCEDURE OPERATIVE STANDARD (SOP)

  1 Obiettivi del registro
  - Monitorare   l'uso   dei   farmaci  per  IADHD:  Metilfenidato  e
Atomoxetina;
  - Verificare  la  sicurezza,  il  beneficio  e  la  compliance alla
terapia con Metilfenidato o Atomoxetina, da soli e in associazione ad
altri  interventi  terapeutici (farmacologici e non farmacologici), a
medio e lungo termine, nel soggetto affetto da ADHD.

  2 Struttura del Registro
  Coorte aperta;
  Registro   nazionale:  partecipano  tutte  le  Regioni  (Centri  di
riferimento,  Servizi  di  Neuropsichiatria  infantile,  Pediatri  di
libera scelta) .

  3 Periodo di attivita' del registro
  La  prima  valutazione  degli  outcomes  sara'  fatta  dopo 12 mesi
dall'attivazione del registro e, la successiva, dopo 24 mesi.

  4 Popolazione di riferimento
  Bambini e ragazzi di eta' compresa tra 6 e <18 anni con diagnosi di
ADHD  e indicazione d'uso al Metilfenidato o all'Atomoxetina da parte
dei Centri di riferimento (Vedi Protocollo diagnostico).

  5 Procedure
  Il  servizio  territoriale di neuropsichiatria infantile formula la
diagnosi  (vedi  flow  chart)  e  predispone  le  opportune strategie
terapeutiche  non farmacologiche. Qualora venga ritenuta opportuna la
prescrizione  del  metilfenidato  o  di  Atomoxetina (o per eventuale
approfondimento  diagnostico) i pazienti vengono inviati ai Centri di
Riferimento.
  La   valutazione   della  somministrabilita'  del  farmaco,  previa
eventuale  conferma  della  diagnosi(*)  deve  essere  effettuata dal
medico  specialista  in  neuropsichiatria  infantile  del  Centro  di
Riferimento,  per  il  Metilfenidato,  in  ambiente clinico (DH) dove
verra'  testata  la tollerabilita' della prima dose standard (0,3-0,5
mg/kg/unica   dose)   con   monitoraggio   dei   parametri  vitali  e
osservazione  clinica  e\o testologica del bambino. E' richiesta, per
la prima somministrazione del farmaco, anche la presenza di almeno un
infermiere.  L'Atomoxetina sara' somministrata partendo dalla dose di
0,5  mg/kg/die  con incrementi settimanali fino alla dose standard di
1,2 mg/kg/die.
  --------------------------------------------
          (*)Strumenti  raccomandati  per  la  diagnosi o la conferma
          diagnostica
          Per  tutti  i  pazienti  la valutazione diagnostica clinica
          deve essere integrata da:
           - Intervista diagnostica semistrutturata K-SADS-PL, PICSIV
          o altro
           - Scala di valutazione dei sintomi dell'ADHD e dei sintomi
          di  disturbo  dirompente  del  comportamento rating scale o
          SNAP-IV, CGI-ADHD-S o altro
           - Questionario  per  i genitori e per gli insegnanti CPS o
          CBCL o altro
           - Valutazione livello cognitivo WISC-R o altro
           - Valutazione  delle  abilita'  di lettura e calcolo Prove
          MT, batteria dislessia, matematiche
           - Scale  di  autovalutazione per ansia e depressione MASCe
          CDI
           - Altro criterio clinico documentato.
          I   centri  di  riferimento  si  dovranno  far  carico  del
          protocollo   diagnostico   dei  pazienti  che  non  abbiano
          effettuato  tale  iter.  Il protocollo diagnostico richiede
          almeno    due    operatori    (neuropsichiatra   infantile,
          psicologo).     Questo     team    viene    integrato    da
          psicopedagogista/educatore professionale dove presente.

  6 Consenso
  L'accettazione  della  terapia  farmacologica ed il trattamento dei
dati personali inseriti nel registro nazionale del Metilfenidato deve
a sua volta essere autorizzato con consenso informato.
  7 Trattamenti Terapia Farmacologica
  Il  Metilfenidato  va  somministrato  in  base  al  peso  corporeo,
mediamente 0,3-0,6 mg/kg/dose in due - tre dosi die(**) in base ad un
programma terapeutico di durata semestrale, eventualmente rinnovabile
dopo  rivalutazione  del caso. Ad esempio, per un bambino di 25 Kg di
peso,  la  singola  dose  e'  compresa  tra  7,5  mg  (pari  a 3/4 di
compressa) e 15 mg (pari a una compressa e 1/2).
  L'atomoxetina  deve  essere  somministrata inizialmente ad una dose
totale giornaliera di circa 0,5mg/kg(`). La dose iniziale deve essere
mantenuta per almeno 7 giorni, prima di aumentare progressivamente la
dose,  in  funzione della risposta clinica e della tollerabilita'. Si
puo'  sulla  base  del giudizio clinico di efficacia e tollerabilita'
passare  ad  un  dosaggio  intermedio  di circa 0.8 mg/kg/die, oppure
direttamente  alla  dose di mantenimento consigliata, che e' di circa
1,2mg/kg/die.  Dosi  superiori  a  1,2mg/kg/die  non hanno dimostrato
benefici  ulteriori  sulla  base degli studi controllati, ma possono,
sulla  base  del  giudizio  clinico essere valutate in casi specifici
(es.  1.5  mg/kg/die).  Non  e'  stata  sistematicamente  valutata la
sicurezza  di  dosi singole superiori a 1,8mg/kg/die e di dosi totali
giornaliere superiori a 1,8mg/kg. La somministrazione dovrebbe essere
in una singola dose, al mattino o alla sera. Solo in caso di problemi
di   tollerabilita'   la   dose   puo'   essere   frazionata  in  due
somministrazioni.  Le formulazioni disponibili sono di 10, 18, 25, 40
e 60 mg.
  Terapia farmacologica o Combinata
  La  prima prescrizione del metilfenidato o dell'atomoxetina vengono
effettuate  dal  medico specialista di neuropsichiatria infantile del
Centro  Regionale  di riferimento (Piano terapeutico), che per almeno
il  primo  mese ne valutera' efficacia e tollerabilita', su richiesta
del  NPI del servizio territoriale che pone la diagnosi e gestisce la
presa  in  carico  globale.  E'  necessario un controllo clinico alla
prima  e  alla  quarta  settimana  per  confermare  la  prescrizione.
Successivamente  le  prescrizioni  potranno essere effettuate dal NPI
delle  strutture  territoriali o dal Pediatra di Famiglia (che andra'
sempre tenuto informato).
  Solo  per  il  Metilfenidato  la prima dose (dose test) deve essere
somministrata  in  ambiente  protetto (Ambulatorio o DH del Centro di
riferimento).
  Il bambino sara' ricontrollato presso il Centro di Riferimento a 6,
12,   18   e   24   mesi   e  dovra'  essere  verificata  annualmente
l'opportunita'  di  interruzione  temporanea  ( es. mese di agosto) o
definitiva della terapia.
  Alle  visite  mensili  di follow-up, effettuate presso NPI e\o PLS,
vengono valutati:
   - i segni vitali;
   - l'accrescimento,
   - eventuali effetti indesiderati.
  Si  raccomanda  la somministrazione, a cura del NPI o del pediatra,
dell ADHD Rating Scaleo SNAP IV,
  Alle  visite  semestrali  presso  il  centro  di  riferimento vanno
valutati :
   - Segni vitali;
   - Accrescimento;
   - Effetti indesiderati;
   - Scala  di  valutazione  del  sintomi  dell'ADHD e dei sintomi di
disturbo dirompente del comportamento (ADHD Rating Scale o SNAP IV);
   - Questionario  per  genitori  e per insegnanti (Conner's Parent &
Teacher RS);
   - Osservazione   del   bambino   in  situazione  non  strutturata,
colloquio, esame psichico e neurologico del bambino/ adolescente;
   - Scale di autovalutazione per ansia e depressione (MASC e CDI);
   - C-GAS e CGI
  Si  discutera'  del  caso  con  i  genitori,  in particolare per le
prospettive    terapeutiche    e   la   verifica   degli   interventi
psicoeducativi.
  8 Trattamenti non farmacologici
  Presso  le  strutture  territoriali di neuropsichiatria infantile e
dell'adolescenza dovranno essere continuati i pregressi interventi di
presa  in  carico  multimodale.  I  Centri  di  riferimento  potranno
effettuare direttamente la presa in carico per i soggetti del proprio
territorio     o     per     gruppi    selezionati    di    pazienti.
--------------------------------------------
            (**) Vedi scheda tecnica della specialita' commerciale.

         ---->  VEDERE IMMAGINE A PAG. 44 DELLA G.U.  <----

  12 Monitoring e Quality assurance
  L'ISS e responsabile della qualita' e veridicita' dei dati presenti
nel data base centrale e presso i centri di riferimento regionali.
  I  centri di riferimento regionali sono responsabili della qualita'
e veridicita' dei dati trasmessi.
  Il  clinical  monitoring del registro sara' articolato in controlli
periodici, via web. Il livello massimo di errore ammesso e' del 5%.

  13 Data entry
  I  dati  relativi  ad  ogni  bambino  iscritto nel registro saranno
immessi  su  CRF  di  arruolamento e di follow up presenti su un'area
protetta  del  portale  www.iss.it cui i centri, i servizi di NPI e i
pediatri potranno accedere mediante userid e password.
  Nei casi in cui non sia disponibile un collegamento internet il CRF
puo'  essere  inoltrato  via fax o via posta prioritaria ai centri di
riferimento regionali.

  14 Audit
  Il  data  warehouse  del  registro  e'  allocato  presso l'Istituto
Superiore di Sanita' che e' anche responsabile della sua protezione e
gestione.  Su  indicazione del Comitato Scientifico del registro o su
richiesta  degli  attori dello stesso possono essere svolte visite di
audit.
  I  siti  presso  cui  effettuare  le  visite  saranno  estratti con
procedura  random.  Qualora si riscontrassero criticita' in specifici
centri verranno svolte delle visite ad hoc.
  Lo  staff  sara' composto da rappresentanti di ciascuna istituzione
coinvolta  nel  registro:  Comitato Scientifico, Agenzia Italiana del
Farmaco, Ministero della Salute.
  Durante  le visite di audit sara' esaminata tutta la documentazione
e  le  procedure relative al registro con un confronto incrociato tra
dati immessi sul sito web e corrispettivo cartaceo.