PIANO SANGUE - PLASMA NAZIONALE PER IL TRIENNIO 1994-1996 1) LA SITUAZIONE ATTUALE. Il sistema trasfusionale italiano si presenta soddisfacente se valutato nel suo complesso, disomogeneo ad una analisi piu' approfondita e disaggregata per singolo territorio regionale, non solo in termini di disponibilita' di sangue, ma soprattutto nel numero e nella dimensione delle strutture che lo compongono, oltre che nella tipologia delle prestazioni erogate da ciascuna struttura. Risalire alle cause di una situazione cosi' diversificata, pur in presenza di una legge specifica nel settore, comporterebbe una analisi puntuale dei diversi contesti normativi, culturali e sociali che l'hanno determinata. Quello che invece occorre rilevare e' come l'attuale organizzazione strutturale e operativa dei servizi di trasfusione, anche laddove ha consentito di raggiungere elevati e qualificati livelli di attivita', si dimostri inidonea, cosi' com'e' oggi, a realizzare un intervento programmatorio che assuma come proprio obiettivo l'autosufficienza nazionale per componenti cellulari e plasmaderivati. La mancata realizzazione, al momento attuale, di un flusso informativo corrente attraverso il Registro nazionale istituito di recente con decreto ministeriale 18 giugno 1991, rende difficile e imprecisa la raccolta di dati che concernono l'attivita' trasfusionale italiana. Le informazioni che provengono dalle fonti piu' autorevoli rappresentate nella Commissione nazionale per il servizio trasfusionale indicano che attualmente il nostro Paese manca di 600.000 unita' per raggiungere con donatori volontari periodici il proprio fabbisogno teorico di sangue intero/anno (e quindi di concentrati di emazie), calcolato sulla base di 40.000 unita'/milione di abitanti/anno (tabella 1). I dati riportati in detta tabella dovranno essere annualmente aggiornati da parte dell'Istituto superiore di sanita', sulla base dei flussi ufficiali periodicamente trasmessi con il Registro sangue di cui al sopra citato decreto ministeriale 18 giugno 1991. Il difetto e' accentuato da una distribuzione assai disomogenea della "risorsa sangue" nelle diverse regioni e dalla mancanza di strumenti organizzativi di coordinamento interregionale e spesso anche infra-regionale. E' pur vero che, se si considerano le donazioni occasionali, il difetto si riduce a circa 200.000 unita'/anno. Ma queste ultime donazioni, oltre a non cogliere l'obiettivo dell'autosufficienza, comportano un rischio piu' alto di trasmissione trasfusionale di malattie infettive. Per di piu', molte volte rappresentano l'esito della drammatica pressione che la mancanza di sangue esercita sulle famiglie dei malati, con tutto cio' che ne consegue. L'autosufficienza conseguita con l'apporto dei donatori occasionali puo' quindi rappresentare soltanto un obiettivo intermedio, sul percorso di un'autosufficienza ottenuta con il contributo dei soli donatori volontari periodici. Per quanto riguarda i plasmaderivati, la situazione e' sicuramente piu' critica, registrando una dipendenza dall'estero per oltre il 70% del fabbisogno nazionale di plasma. In siffatte condizioni, un difetto di approvvigionamento o di produzione all'estero, una qualsiasi variabile di mercato, costituiscono condizioni capaci di rendere insufficienti o addirittura irreperibili prodotti terapeutici "salva-vita", come gia' e' avvenuto in piu' di una occasione. E' quindi evidente la necessita' di raggiungere l'autonomia circa le fonti di approvvigionamento della materia prima per la produzione di plasmaderivati; autonomia che acquista carattere "strategico". Il piano si propone di raggiungere l'obiettivo - al termine del triennio - di una disponibilita' di plasma pari a 800.000 litri/anno. 2) LA STRATEGIA DI INTERVENTO. Riguarda una serie di misure dirette a realizzare: A) L'autosufficienza nazionale per sangue intero e plasmaderivati. B) La riorganizzazione delle strutture trasfusionali e la qualificazione dell'intervento trasfusionale. C) La formazione e l'aggiornamento del personale. D) La promozione della ricerca. 3) IL MODELLO ORGANIZZATIVO. Il modello organizzativo delle attivita' trasfusionali e' quello definito dalla legge 4 maggio 1990, n. 107 ed e' cosi' articolato: A livello U.S.L.: servizi di immunoematologia e trasfusione; centri trasfusionali; unita' di raccolta. A livello regionale: centri di coordinamento e compensazione; centri ed aziende convenzionate per la produzione di emoderivati. A livello centrale: il Ministero della sanita'; l'Istituto superiore di sanita'; la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale. Saranno definiti, con le norme regolamentari che saranno emanate dal Ministro della sanita' ai sensi dell'art. 11 della legge n. 107/1990, standard organizzativi per i servizi e i centri trasfusionali allo scopo di rendere piu' omogenea l'attivita' di medicina trasfusionale nel territorio nazionale. 4) GLI INTERVENTI DA COMPIERE. Per il triennio 1994-1996 vengono individuati i seguenti interventi da compiere per assicurare una risposta organica e quantitativamente significativa ai problemi che caratterizzano il settore trasfusionale: A) In relazione all'obiettivo dell'autosufficienza nazionale per sangue intero e plasmaderivati, gli interventi da compiere o completare sono: a) attuare quanto previsto all'art. 11, comma 4, della legge n. 107/1990, promuovendo iniziative dirette a sensibilizzare l'opinione pubblica, ed in particolare i potenziali donatori, sui valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione di sangue, favorendo l'associazionismo dei donatori; b) incrementare l'indice di donazione nei donatori periodici associati, migliorando il servizio di "chiamata" attraverso la sua computerizzazione e intervenendo sulle condizioni ambientali ed operative delle strutture di raccolta; c) incrementare la disponibilita' di sangue nell'entita' e con la progressione indicata in tabella 2, i cui parametri di riferimento (% di donatori sul totale della popolazione residente, indice di donazione) devono essere intesi come obiettivi di ogni singola struttura; d) promuovere iniziative tese a generalizzare in tempi brevi la pratica di prelievi da 450ml (Piu' o Meno) 10% di sangue intero, come previsto dal decreto ministeriale 27 dicembre 1990; e) promuovere, con il concorso delle associazioni dei donatori, iniziative atte a diffondere una corretta informazione circa il significato e i contenuti della plasmaferesi produttiva, cosi' da renderne compartecipe anche il donatore; f) rendere operante con l'emanazione delle normative tecniche di cui all'art. 8, comma 4, della legge n. 107/1990 il coordinamento nazionale dell'attivita' dei centri regionali di coordinamento e compensazione affidato all'Istituto superiore di sanita', per favorire il raggiungimento dell'autosufficienza gia' oggi facilmente attuabile per il sangue con l'invio delle eccedenze di emazie di alcune regioni. Tali funzioni di coordinamento potranno essere svolte con il supporto ed in collegamento con l'Agenzia per i servizi sanitari regionali di cui all'art. 5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266); g) assicurare un corretto impiego della "risorsa sangue", assumendo a pratica costante la trasfusione mirata con emocomponenti e plasmaderivati; h) predisporre, sulla base delle direttive tecniche e promozionali emanate dalla Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, programmi attuativi di terapia alternativa all'uso di sangue omologo, quali l'autotrasfusione con predeposito, l'emodiluizione normovolemica e il recupero perioperatorio; i) promuovere la costituzione, in tutti i presidi ospedalieri con significativo consumo trasfusionale, di Comitati ospedalieri per il "buon uso del sangue" nell'ambito della VRQ art. 135 ANUL, con il compito di: definire sistemi di valutazione del consumo di sangue nei singoli reparti al fine di prospettare la piu' corretta indicazione alla terapia trasfusionale, secondo il principio del rischio-beneficio; indurre, ogni qual volta possibile, la riduzione delle trasfusioni di plasma; verificare la qualita' delle cure prestate al paziente attraverso una valutazione obiettiva dell'efficacia della terapia trasfusionale; concorrere alla attuazione locale dei programmi di cui alla precedente lettera h); l) predisporre programmi regionali per l'approvvigionamento del plasma da scomposizione; tali programmi devono essere diretti a raggiungere i seguenti risultati: generalizzare l'impiego di contenitori con additivi-conservanti; ottenere, in ciascun territorio, la scomposizione di almeno l'80% delle unita' di sangue intero nel primo anno di attuazione del programma, per giungere, nel triennio, a superare il 90%; ottenere che almeno l'80% del plasma da scomposizione giunga a congelamento entro 3-6 ore dalla raccolta, in modo da acquisire la piu' alta resa in fattori della coagulazione; contenere i consumi trasfusionali di plasma al di sotto del 5% del totale dei consumi trasfusionali delle singole sedi di ricovero. La tabella 3 indica orientativamente le dotazioni occorrenti per l'attivita' di scomposizione; m) attivare programmi di plasmaferesi produttiva ad integrazione di quelli enunciati alla lettera precedente. Considerato che, con limitati investimenti, almeno il 50% del fabbisogno di plasma puo' essere soddisfatto attraverso la scomposizione del sangue intero, i programmi di plasmaferesi produttiva, che comportano alti costi di gestione, devono porsi unicamente l'obiettivo di colmare la differenza. Conseguentemente, i criteri da seguire con gradualita' sono: attivare i programmi nelle sedi che presentano "indici di affidabilita'", intendendo come tali l'esistenza, negli ultimi due anni, dei seguenti requisiti: numero dei donatori attivi periodici non inferiore a 4.000; indice di donazione non inferiore a 1,6, ammettendo indici inferiori unicamente quando la sede goda di eccedenza di emazie; percentuale di scomposizione delle unita' di sangue intero in ingresso non inferiore all'80%; conoscenza della procedura per aver eseguito un totale di almeno 300 plasmaferesi produttive a titolo sperimentale; impiegare separatori cellulari organizzati in moduli di 3-4 macchine collocati all'interno delle sedi di raccolta gia' esistenti, sviluppando il programma con la progressione proposta in tabella 4, intendendo come indicativo il tipo di modello organizzativo e come vincolante la produttivita' finale (kg di plasma prodotto/anno) in rapporto alle risorse impegnate; orientare la selezione e il controllo dei donatori in modo da privilegiare prelievi da 600 ml di plasma per seduta; perseguire la piena produttivita' di ciascun separatore cellulare, quantificabile in 1.000 procedure/anno/macchina, per un totale di 500-600 litri di plasma/anno/macchina; finalizzare alle specifiche fasi di realizzazione del programma le risorse economiche e le necessarie dotazioni organiche da destinare alle sedi prescelte, subordinando l'erogazione di ulteriori risorse alla verifica dei risultati raggiunti di anno in anno; aggiornare i programmi in corso d'opera, in ragione della produzione conseguita con la sola scomposizione delle unita' di sangue intero, che, in una prospettiva di lungo termine, deve tendere a soddisfare il 70-80% del fabbisogno nazionale di plasma; n) individuare i centri autorizzati alla produzione di plasmaderivati; o) in sede di Istituto superiore di sanita', con l'analisi del Registro del sangue di cui al decreto ministeriale 18 giugno 1991 e con il contributo della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, predisporre strumenti di verifica della attivita' delle strutture trasfusionali, delle loro dotazioni e della progressione con la quale si attua il presente piano, visto nella sua globalita', anche affinche' raggiunta l'autosufficienza nazionale per componenti cellulari, possano essere formulati gli indirizzi utili a deprimere o a convertire la raccolta del sangue intero nelle regioni di eccedenza man mano che crescono le disponibilita' delle regioni attualmente in carenza; p) definire e rendere immediatamente operativi strumenti di compensazione economica efficaci e rapidi, tali da incoraggiare l'impegno di risorse da parte delle regioni, che possono offrire il proprio contributo al rapido conseguimento dell'autosufficienza perseguita dal presente piano. B) La legge n. 107/1990 prevede come parametro per l'organizzazione territoriale dei servizi di immunoematologia e trasfusione e dei centri trasfusionali quello della popolazione residente. Se tale parametro, visto nel contesto dell'attuale sistema trasfusionale, rende evidente l'esigenza di pervenire ad una razionalizzazione della rete dei servizi e dei centri, le funzioni attribuite dalla legge a tali strutture, richiamandole ad un impegno autenticamente clinico, richiedono che gli interventi di riorganizzazione si caratterizzino anche in termini di qualificazione delle prestazioni erogate. Pertanto, la programmazione regionale, nel definire l'ubicazione e il tipo delle strutture trasfusionali del proprio territorio, dovra' perseguire una maggiore omogeneita' del sistema riducendone, se del caso, la frammentazione e realizzando completamente nel triennio di validita' del piano quanto previsto dal disposto normativo degli articoli 5, 6, 7 e 8 della legge n. 107/1990. E' possibile sperimentare, in attuazione dei citati articoli, l'istituzione di servizi di immunoematologia e trasfusione multizonale, collegati con i centri trasfusionali con una organizzazione funzionale di tipo dipartimentale. Nei presidi ospedalieri, che a norma dell'art. 6, comma 3, della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono forniti soltanto di frigoemoteca, l'attivita' trasfusionale consiste: nel raccogliere la domanda trasfusionale, controllarne la corretta formulazione e trasmetterla alla struttura trasfusionale cui e' affidato il rifornimento dell'emoteca; nella conservazione delle unita' trasfusionali assegnate al singolo malato dalla struttura trasfusionale competente; nella conservazione delle unita' di globuli rossi concentrati da utilizzarsi in caso di urgenza; nella gestione della movimentazione delle unita' trasfusionali e nella tenuta del "registro di carico e scarico"; nel provvedere al controllo e nel disporre gli interventi manutentivi delle dotazioni strumentali che supportano l'attivita'. Fino a diverse disposizioni in materia, la responsabilita' della gestione della frigoemoteca resta affidata al direttore sanitario della sede di ricovero, cosi' come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1971, n. 1256. Per raggiungere, sia a livello regionale che nazionale, una completa armonizzazione ed omogeneita' del sistema trasfusionale, e' necessaria una esatta conoscenza delle attivita' svolte dalle singole strutture trasfusionali. Il Registro nazionale del sangue, istituito con decreto ministeriale 18 giugno 1991, costituisce un primo strumento volto a conseguire questo obiettivo. Tuttavia, un livello di conoscenza pienamente adeguato puo' essere raggiunto soltanto attraverso un sistema informatizzato di comunicazione che, facendo salve le specifiche esigenze delle singole strutture, consenta una uniforme e sistematica raccolta dei dati indispensabili sia alla programmazione regionale che a quella nazionale. Deve essere quindi generalizzata, nei servizi e nei centri, la dotazione di sistemi di gestione automatica che, accanto ad una maggiore efficienza nella operativita' quotidiana, siano adatti a conseguire l'obiettivo su indicato. Preso atto della necessita' di rifinanziare la legge n. 107/1990, nel periodo di validita' del piano le risorse finanziarie necessarie vanno reperite attraverso un recupero graduale della spesa farmaceutica per l'acquisto di plasma-derivati. Infatti, con l'attuazione dei programmi di plasma produzione (separazione del 95% del sangue intero prelevato e plasmaferisi produttiva) e l'avvio all'industria del plasma ottenuto, e' possibile conseguire, a partire dal 1994, un risparmio annuale del 30% da impiegare per l'attuazione dei suddetti programmi. ----> Vedere Tabelle da Pag. 18 a Pag. 19 della G.U. <---- TABELLA 3 DOTAZIONI OCCORRENTI PER L'ATTIVITA' DI SCOMPOSIZIONE ===================================================================== N. di UT | Spazio | Centrifughe| Congel. | Congel. | Organico scomposte | m(Elevato | refrigerate| -90 C | -40 C |(n. unita' per anno |al Quadrato)| (4-6 posti)|(80-100 lt)|(tot. lt)|tecniche) | | | | | Fino a: | | | | | 10.000 | 16 | 1-2 | 1 | 300- 500| 1-2 10/20.000 | 20 | 2-3 | 2 | 800-1200| 2-3 20/30.000 | 28 | 3 | 2 |1200-1800| 3 30/40.000 | 40 | 3-4 | 2 | 1800 | 3-4 40/50.000 | 40 | 4 | 2 | 1800 | 4-5 TABELLA 4 PLASMAFERESI PRODUTTIVA: PROGRAMMA DI ATTIVAZIONE E SUA PROGRESSIONE ===================================================================== N. | N. | Gior- | N. | Obiet- | Ore di | N. | N. ord.| sepa- | nate | proce-| tivi | pre- | opera- | opera- | ratori | lavo- | dure/ | di pro- | senza | tori | tori | | rati- | anno | duzione | occor- | occor- | asse- | | ve/an-| obiet-| kg/anno | renti | renti | gnabili | | no del| tivo) | | (para- | (para- | (para- | | settore| | | med.) | med.) |med.+med.) | | | | | | | 1 | 1 | 230 | 600 | 300 | 1400 | 1 | 1 + 0 2 | 2 | 230 | 1600 | 840 | 1400 | 1 | 1 + 0 3 | 3 | 300 | 3000 | 1650 | 3600 | 2,6 |3 + 0 o 2 4 | 4 | 300 | 4000 | 2200 | 3600 | 2,6 | 3 + 1 1. Corrisponde alla condizione di ricerca delle adesioni e di avvio della sperimentazione (condizione genericamente identificabile nel primo anno di lavoro): si presuppone pertanto una operativita' limitata, compensazioni eccezionali da parte di personale ordinariamente addetto ad altri compiti. Totale assorbimento dei nuovi impegni di natura medica (giudizi di idoneita', sorveglianza, eventuale flebotomia) da parte del personale gia' disponibile. 2. Corrisponde alla fase di consolidamento: il conseguimento dell'obiettivo documenta la capacita' di procedere nell'esperienza con buone probabilita' di successo. In questa fase, presumibilmente corrispondente al secondo anno di attivita', vengono richieste rilevanti compensazioni da parte del personale medico e non medico ordinariamente addetto ad altre mansioni. All'impegno della struttura nel produrre un ulteriore sviluppo deve corrispondere la rapida assegnazione delle risorse occorrenti. 3. Corrisponde alla fase del conseguimento di standard operativi soddisfacenti. E' caratterizzata da uno squilibrio delle dotazioni organiche: quando le nuove assegnazioni siano di tre unita' paramediche, mentre una di queste resta sottoutilizzata, viene invece richiesta una compensazione molto elevata da parte del personale medico gia' disponibile; al contrario, quando venisse formulata la scelta alternativa, si determinera' una sottoutilizzazione dell'unita' medica e la necessita' di consistenti compensi da parte del personale paramedico. La scelta fra le due condizioni deve restare affidata alle singole sedi, che la formuleranno in rapporto alle diverse situazioni d'origine. 4. Corrisponde allo standard operativo che realizza il miglior rapporto costi/benefici per una operativita' routinaria e stabile. E' inteso che lo sviluppo di assetti piu' consistenti comportera' dimensionamenti dell'organico piu' favorevoli. In ragione della maggiore facilita' con la quale possono realizzarsi le compensazioni. BUON USO DEL SANGUE Il sangue per uso trasfusionale e' di esclusiva origine umana. Si tratta di una risorsa terapeutica limitata e deperibile che, accanto a vantaggi, comporta anche rischi limitati ma misurabili. Per ridurre i rischi ed evitare carenze, il sangue va utilizzato solo quando ne esiste precisa indicazione e ricorrendo all'emocomponente specifico per il difetto che si vuole correggere. Le indicazioni alla trasfusione. Fatta eccezione per casi particolari (exsanguino - trasfusione) che richiedono l'impiego di sangue intero, la trasfusione viene attualmente effettuata impiegando i singoli emocomponenti: globuli rossi, plasma, piastrine. La trasfusione di globuli rossi e' indicata per aumentare rapidamente il trasporto e la cessione di ossigeno ai tessuti. Il valore soglia di Hb oscilla tra 70 e 100 g/L a seconda dei casi ed e' piu' elevato nel neonato. La trasfusione di plasma fresco e' indicata per correggere i deficit dei fattori della coagulazione non altrimenti correggibili (es. fattore V e VII). Il valore soglia e' rappresentato dal rapporto paziente/controllo del tempo di protrombina (PT) e/o del tempo di tromboplastina parziale (PTT) superiore a 1,4. La trasfusione di piastrine e' indicata per il trattamento delle emorragie dovute a carenza quantitativa o qualitativa delle piastrine. Il valore soglia e' 10.000-20.000/uL per i pazienti medici, 50.000-100.000/uL per i pazienti chirurgici. In particolari casi sono indicati i cosiddetti emocomponenti di secondo livello, ottenuti dai precedenti mediante successivi procedimenti fisici (filtrazione, irradiazione, ecc.). Gli emoderivati sono concentrati di specifiche proteine ottenuti dal plasma mediante procedimenti fisico-chimici di separazione e purificazione. Si tratta di farmaci costosi, sottoposti a registrazione del Ministero della sanita'. Quelli di piu' comune impiego sono l'albumina, le gammaglobuline e i concentrati di Fattore VIII. L'autotrasfusione. Alla realizzazione del buon uso del sangue concorre anche l'impiego della trasfusione di sangue autologo o autotrasfusione. Questa puo' avvenire tramite il prelievo di sangue dal paziente prima di un intervento programmato (predeposito, emodiluizione), o recuperando il sangue perso durante e dopo l'intervento (recupero intra e post operatorio). Le indicazioni sono le stesse del sangue omologo. Dato che il programma di autotrasfusione e' costoso e impegnativo, esso va riservato agli ospedali che praticano interventi di chirurgia maggiore con perdite di 2 o piu' unita' di sangue quali chirurgia vascolare addominale, cardiochirurgia,ortopedia (protesi totale d'anca, protesi totale di ginocchio, interventi correttivi per scoliosi), prostatectomia radicale, trapianto di fegato. La richiesta. Il buon uso inizia dalla richiesta, che deve essere appropriata ed accurata. Per evitare una eccessiva richiesta di sangue, frequente soprattutto in chirurgia, e' utile costruire una tabella che stabilisca per ogni equipe il numero massimo di unita' da richiedere per tipo di intervento chirurgico programmato (cosiddetto Maximum Surgical Blood Order Schedule, MSBOS). In attesa che ogni ospedale realizzi il proprio MSBOS, e' utile che si ricorra a MSBOS pubblicati. L'accuratezza della richiesta riguarda anche la corretta identificazione dei prelievi in reparto e la completa e chiara compilazione della modulistica di accompagnamento. Per evitare che eventuali errori di identificazione del paziente o del campione portino alla trasfusione di sangue ABO incompatibile e' necessario disporre di due determinazioni di gruppo ABO e tipo Rh effettuate su due differenti campioni prelevati in momenti diversi. Solo se le due determinazioni danno risultato identico, e' possibile trasfondere sangue dello stesso gruppo ed Rh; nel caso in cui non si disponga di due determinazioni di gruppo/Rh e' consigliabile trasfondere sangue di gruppo 0, preferibilmente Rh negativo. La consegna e il trasporto del sangue. Le unita' di emocomponenti, assegnate al paziente dal servizio trasfusionale dopo opportune indagini di laboratorio, vengono consegnate al reparto solo previa verifica dell'identita' tra il nominativo riportato sulla richiesta e quello riportato sull'unita' da trasfondere e della loro compatibilita' ABO ed Rh. Le unita' devono quindi essere trasportate avendo cura che l'intervallo di tempo tra la consegna e la trasfusione sia il piu' breve possibile e comunque non superiore a 2 ore. E' essenziale evitare la conservazione degli emocomponenti nei reparti. La trasfusione. Al momento della trasfusione, per prevenire l'errore di identificazione va effettuata, in doppio, una verifica dell'identita' tra ricevente e nominativo al quale l'unita' e' stata assegnata. Il buon uso del sangue si conclude con la valutazione clinica, che implica l'osservazione del paziente durante la trasfusione e il controllo della sua efficacia attraverso la valutazione dei parametri che si volevano correggere. La documentazione. La registrazione accurata di tutti i dati pertinenti la trasfusione risponde ad una duplice esigenza: documentare l'osservanza delle norme di legge e delle misure atte a garantire la sicurezza, a tutela non solo dei pazienti, ma anche degli operatori sanitari; fornire gli elementi necessari per la valutazione della pratica trasfusionale. L'organizzazione. E' essenziale ad assicurare il buon uso del sangue. Essa si incentra su alcuni cardini: l'attivazione di un comitato ospedaliero per il buon uso del sangue con il compito di stendere gli standards, le linee guida e le procedure e di verificare e migliorare la pratica trasfusionale nell'ambito dell'ospedale. Perche' le direttive del comitato possano trovare concreta applicazione e' necessario che esso sia dotato di poteri conferitigli dagli organi direttivi dell'ospedale. E' anche desiderabile che il comitato disponga nell'ambito di specifici progetti di fondi finalizzati alla realizzazione del buon uso del sangue. Sono anche auspicabili forme di incentivazione per i reparti, o i singoli operatori, impegnati nel miglioramento della pratica trasfusionale; il flusso informativo: il comitato, tramite la direzione sanitaria, trasmette le linee guida e le procedure scritte ai primari, i quali si assumono la responsabilita' di diffonderle a tutto il personale medico e non medico che da essi dipende. Per ogni paziente candidato alla trasfusione, si procede alla compilazione di una cartelletta trasfusionale, nella quale viene raccolta, oltre ai dati anagrafici, alla storia di interesse trasfusionale e al consenso informato, tutta la documentazione relativa alla pratica trasfusionale (copia delle richieste, copia dei moduli di assegnazione-trasfusione). I dati ottenuti da tali moduli, possibilmente gestiti da un programma computerizzato, vengono elaborati dal servizio trasfusionale per la stesura di rendiconti periodici. Questi ultimi vengono inviati al comitato e ai singoli reparti e quindi discussi con i responsabili per migliorare la qualita' delle prestazioni; gli interlocutori di reparto: e' importante che questo flusso di informazioni sia accompagnato da una interazione diretta tra il servizio trasfusionale e il personale medico e infermieristico di reparto, sia mediante incontri periodici di aggiornamento, sia mediante consulenza su problemi specifici di medicina trasfusionale. Per la qualita' della pratica trasfusionale e' essenziale che il comitato sappia identificare, educare e motivare continuamente questi interlocutori. L'informatizzazione. La realizzazione del buon uso puo' essere agevolata dall'adozione di un sistema informatizzato di gestione della pratica trasfusionale. E' pertanto auspicabile che i finanziamenti per l'informatizzazione, di cui all'art. 23 della legge n. 107/1990, vengono impiegati anche per questo scopo. In ordine di priorita', gli interventi da compiere sono i seguenti: 1) creazione di programmi di supporto al controllo di processo del servizio trasfusionale; 2) attivazione di procedure atte a garantire la sicurezza nell'assegnazione e nella trasfusione delle unita' di sangue, mediante l'adozione di codici a barre; 3) informatizzazione della "cartelletta trasfusionale"; 4) realizzazione di un collegamento informatico tra reparti e servizio trasfusionale per la trasmissione automatica dei dati. Conclusioni. Nel prossimo triennio ogni ospedale dotato di servizio o centro trasfusionale deve istituire il proprio comitato per il buon uso del sangue, che a sua volta auspicabilmente realizzera' quanto segue: 1) la stesura e la diffusione degli standards, linee-guida e procedure; 2) la costruzione della richiesta massima di sangue per tipo di intervento e per equipe chirurgica (MSBOS); 3) l'identificazione degli interlocutori di reparto e dei modi di interazione con il servizio trasfusionale; 4) i sistemi di sicurezza (doppio controllo per evitare l'errore di prelievo e di trasfusione, appropriata gestione delle unita' di sangue in reparto, ecc.); 5) la raccolta ed elaborazione dei dati; 6) la modulistica necessaria; 7) spostare il sistema di verifica e miglioramento della pratica trasfusionale; 8) l'introduzione di sistemi informatici di gestione della pratica trasfusionale. FORMAZIONE ED AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE La medicina trasfusionale nella sua attuale e piu' ampia accezione, spinta al raggiungimento di un sempre migliore uso del "farmaco sangue", limitando al massimo i rischi, gli sprechi ed anche le diseconomie, sta certamente attraversando un momento di analisi critica e di rivalutazione, che impone un'azione di controllo e verifica puntuale nella formazione degli operatori delle strutture di immunoematologia e trasfusione (SIT). Infatti i SIT, da mero luogo di raccolta e distribuzione del sangue intero, sono via via divenuti strutture che attuano la terapia trasfusionale nonche' i vari procedimenti di emaferesi, ed hanno assunto la fisionomia di laboratori specializzati in immunologia ed ematologia nelle loro varie sub-specialita'. L'emoterapia ha raggiunto uno sviluppo teorico e tecnico tale che, attualmente, il medico esperto in medicina trasfusionale e' chiamato sempre piu' spesso a dare il proprio parere in tema di terapia trasfusionale, specie nell'impiego di emocomponenti e/o emoderivati, o in particolari situazioni trasfusionali. Vi e' inoltre da considerare che i SIT non sono sempre organizzati in maniera tale da far fronte sufficientemente alle necessita' di una corretta prassi trasfusionale, sia per mancanza di un coordinamento, sia per dispersione delle forze, sia perche' il controllo clinico sull'uso delle sostanze di origine umana e' inadeguato ed esiste una carenza di personale altamente qualificato. In ultimo non si puo' ignorare, nell'attuale contingenza scientifica, che ad infermieri professionali, ostetriche e tecnici di laboratorio competono pesanti responsabilita' relative alla medicina trasfusionale, disciplina spesso ignorata nella formazione di queste figure professionali. I suddetti problemi, la' dove esistono, possono condurre o a una mancanza di prodotti o all'uso improprio o allo spreco di preziosi prodotti di origine umana, cosa da evitare imperativamente nell'interesse e dei donatori e dei riceventi. Si raccomanda di coinvolgere con i mezzi che saranno ritenuti piu' opportuni il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica per adeguare i programmi delle universita' e delle scuole universitarie nell'acquisizione di conoscenze e formazione nel settore della medicina trasfusionale. Pertanto, in attuazione del quinto comma dell'art. 12 della legge n. 107/1990 e delle raccomandazioni comunitarie riguardanti il miglioramento della pratica trasfusionale, si ritiene necessario: 1) istituire presso l'Istituto superiore di sanita' (dotandolo di adeguato organico) una struttura operativa che, tramite corsi teorico-pratici, oltre ad attuare quanto previsto dall'art. 9 della legge n. 107/1990, provveda all'aggiornamento ed alla formazione professionale dei SIT, onde giungere (nell'ambito del triennio 1994-96), attraverso una uniformita' culturale, all'unificazione di tutta la prassi emotrasfusionale, garanzia per il fruitore di un miglior servizio, standardizzato ai migliori livelli informativi; 2) di includere nel corso di studio per tecnici di laboratorio, infermieri professionali ed ostetriche i programmi di istruzione in medicina trasfusionale indicati negli allegati A) e B). E' inoltre necessario che le regioni, nel rispetto delle loro competenze specifiche (decreto del Presidente della Repubblica n. 869/1966; decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1975; legge n. 833/1978; legge n. 845/1978), istituiscano, per mezzo dei centri previsti dagli articoli 5 e 8 della legge n. 107/1990, dei corsi di aggiornamento professionale per medici non-specialisti utilizzatori dell'emoterapia (allegato C), infermieri professionali ed ostetriche, tecnici di laboratorio, colmando in tal modo le attuali carenze sul piano della formazione di base a livello di queste figure professionali che non hanno avuto tradizionalmente ne' (se non scarsa) formazione di base specifica, ne' un aggiornamento in corso di impiego.