(all. 1 - art. 1)
                   PIANO SANGUE - PLASMA NAZIONALE
                      PER IL TRIENNIO 1994-1996
1) LA SITUAZIONE ATTUALE.
  Il  sistema  trasfusionale  italiano  si  presenta soddisfacente se
valutato  nel  suo  complesso,  disomogeneo  ad  una   analisi   piu'
approfondita  e  disaggregata  per  singolo territorio regionale, non
solo in termini di  disponibilita'  di  sangue,  ma  soprattutto  nel
numero  e  nella  dimensione delle strutture che lo compongono, oltre
che nella tipologia delle prestazioni erogate da ciascuna struttura.
  Risalire alle cause di una situazione cosi' diversificata,  pur  in
presenza  di  una  legge  specifica  nel  settore,  comporterebbe una
analisi puntuale dei diversi contesti normativi, culturali e  sociali
che  l'hanno  determinata. Quello che invece occorre rilevare e' come
l'attuale organizzazione  strutturale  e  operativa  dei  servizi  di
trasfusione,  anche  laddove  ha  consentito di raggiungere elevati e
qualificati livelli di attivita', si dimostri inidonea, cosi'  com'e'
oggi,  a  realizzare  un  intervento  programmatorio  che assuma come
proprio  obiettivo   l'autosufficienza   nazionale   per   componenti
cellulari e plasmaderivati.
  La   mancata  realizzazione,  al  momento  attuale,  di  un  flusso
informativo corrente attraverso il Registro  nazionale  istituito  di
recente  con  decreto  ministeriale 18 giugno 1991, rende difficile e
imprecisa  la   raccolta   di   dati   che   concernono   l'attivita'
trasfusionale  italiana.  Le  informazioni che provengono dalle fonti
piu' autorevoli rappresentate  nella  Commissione  nazionale  per  il
servizio trasfusionale indicano che attualmente il nostro Paese manca
di 600.000 unita' per raggiungere con donatori volontari periodici il
proprio  fabbisogno  teorico  di  sangue  intero/anno  (e  quindi  di
concentrati di emazie), calcolato sulla base di 40.000 unita'/milione
di abitanti/anno (tabella 1).  I  dati  riportati  in  detta  tabella
dovranno   essere   annualmente  aggiornati  da  parte  dell'Istituto
superiore di sanita', sulla base dei flussi ufficiali  periodicamente
trasmessi  con  il  Registro  sangue  di  cui al sopra citato decreto
ministeriale 18 giugno 1991.
  Il difetto e' accentuato da  una  distribuzione  assai  disomogenea
della  "risorsa  sangue"  nelle  diverse  regioni e dalla mancanza di
strumenti organizzativi  di  coordinamento  interregionale  e  spesso
anche infra-regionale.
  E'  pur  vero  che,  se si considerano le donazioni occasionali, il
difetto si riduce a  circa  200.000  unita'/anno.  Ma  queste  ultime
donazioni,  oltre  a  non  cogliere l'obiettivo dell'autosufficienza,
comportano un rischio piu'  alto  di  trasmissione  trasfusionale  di
malattie  infettive.  Per  di piu', molte volte rappresentano l'esito
della drammatica pressione che la mancanza di sangue  esercita  sulle
famiglie dei malati, con tutto cio' che ne consegue.
  L'autosufficienza conseguita con l'apporto dei donatori occasionali
puo'  quindi  rappresentare  soltanto  un  obiettivo  intermedio, sul
percorso di un'autosufficienza ottenuta con il  contributo  dei  soli
donatori volontari periodici.
  Per  quanto riguarda i plasmaderivati, la situazione e' sicuramente
piu' critica, registrando una dipendenza dall'estero per oltre il 70%
del fabbisogno nazionale di plasma.
  In  siffatte  condizioni,  un  difetto  di  approvvigionamento o di
produzione  all'estero,   una   qualsiasi   variabile   di   mercato,
costituiscono   condizioni   capaci   di   rendere   insufficienti  o
addirittura irreperibili prodotti terapeutici "salva-vita", come gia'
e' avvenuto in piu' di una occasione.
  E' quindi evidente la necessita' di raggiungere  l'autonomia  circa
le  fonti di approvvigionamento della materia prima per la produzione
di plasmaderivati; autonomia che acquista carattere "strategico".
  Il piano si propone di raggiungere l'obiettivo  -  al  termine  del
triennio - di una disponibilita' di plasma pari a 800.000 litri/anno.
2) LA STRATEGIA DI INTERVENTO.
  Riguarda una serie di misure dirette a realizzare:
    A)    L'autosufficienza    nazionale    per   sangue   intero   e
plasmaderivati.
    B)  La  riorganizzazione  delle  strutture  trasfusionali  e   la
qualificazione dell'intervento trasfusionale.
    C) La formazione e l'aggiornamento del personale.
    D) La promozione della ricerca.
3) IL MODELLO ORGANIZZATIVO.
  Il  modello  organizzativo  delle attivita' trasfusionali e' quello
definito dalla legge 4 maggio 1990, n. 107 ed e' cosi' articolato:
 A livello U.S.L.:
   servizi di immunoematologia e trasfusione;
   centri trasfusionali;
   unita' di raccolta.
 A livello regionale:
   centri di coordinamento e compensazione;
   centri ed aziende convenzionate per la produzione di emoderivati.
 A livello centrale:
   il Ministero della sanita';
   l'Istituto superiore di sanita';
   la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale.
  Saranno definiti, con le norme regolamentari  che  saranno  emanate
dal  Ministro  della  sanita'  ai  sensi  dell'art. 11 della legge n.
107/1990,  standard  organizzativi  per  i   servizi   e   i   centri
trasfusionali  allo  scopo  di  rendere  piu' omogenea l'attivita' di
medicina trasfusionale nel territorio nazionale.
4) GLI INTERVENTI DA COMPIERE.
  Per il triennio 1994-1996 vengono individuati i seguenti interventi
da compiere per assicurare una risposta organica e  quantitativamente
significativa    ai    problemi   che   caratterizzano   il   settore
trasfusionale:
   A) In relazione all'obiettivo dell'autosufficienza  nazionale  per
sangue   intero  e  plasmaderivati,  gli  interventi  da  compiere  o
completare sono:
    a) attuare quanto previsto all'art. 11, comma 4, della  legge  n.
107/1990,  promuovendo iniziative dirette a sensibilizzare l'opinione
pubblica, ed in particolare i potenziali donatori, sui valori umani e
solidaristici che si esprimono nella donazione di  sangue,  favorendo
l'associazionismo dei donatori;
    b)  incrementare  l'indice  di  donazione  nei donatori periodici
associati, migliorando il servizio di "chiamata"  attraverso  la  sua
computerizzazione  e  intervenendo  sulle  condizioni  ambientali  ed
operative delle strutture di raccolta;
    c) incrementare la disponibilita' di sangue nell'entita' e con la
progressione indicata in tabella 2, i cui parametri di riferimento (%
di  donatori  sul  totale  della  popolazione  residente,  indice  di
donazione) devono  essere  intesi  come  obiettivi  di  ogni  singola
struttura;
    d)  promuovere  iniziative tese a generalizzare in tempi brevi la
pratica di prelievi da 450ml (Piu' o Meno) 10% di sangue intero, come
previsto dal decreto ministeriale 27 dicembre 1990;
    e) promuovere, con il concorso delle associazioni  dei  donatori,
iniziative  atte  a  diffondere  una  corretta  informazione circa il
significato e i contenuti della  plasmaferesi  produttiva,  cosi'  da
renderne compartecipe anche il donatore;
    f)  rendere operante con l'emanazione delle normative tecniche di
cui all'art. 8, comma 4, della legge  n.  107/1990  il  coordinamento
nazionale  dell'attivita'  dei  centri  regionali  di coordinamento e
compensazione  affidato  all'Istituto  superiore  di   sanita',   per
favorire  il raggiungimento dell'autosufficienza gia' oggi facilmente
attuabile per il sangue con l'invio  delle  eccedenze  di  emazie  di
alcune regioni. Tali funzioni di coordinamento potranno essere svolte
con  il  supporto  ed  in  collegamento  con  l'Agenzia per i servizi
sanitari regionali di cui  all'art.  5  del  decreto  legislativo  30
giugno 1993, n. 266);
    g)   assicurare  un  corretto  impiego  della  "risorsa  sangue",
assumendo a pratica costante la trasfusione mirata con  emocomponenti
e plasmaderivati;
    h)   predisporre,   sulla   base   delle   direttive  tecniche  e
promozionali emanate dalla  Commissione  nazionale  per  il  servizio
trasfusionale,  programmi attuativi di terapia alternativa all'uso di
sangue   omologo,   quali    l'autotrasfusione    con    predeposito,
l'emodiluizione normovolemica e il recupero perioperatorio;
    i) promuovere la costituzione, in tutti i presidi ospedalieri con
significativo  consumo  trasfusionale, di Comitati ospedalieri per il
"buon uso del sangue" nell'ambito della VRQ art.  135  ANUL,  con  il
compito di:
    definire sistemi di valutazione del consumo di sangue nei singoli
reparti  al  fine  di  prospettare  la piu' corretta indicazione alla
terapia trasfusionale, secondo il principio del rischio-beneficio;
    indurre,  ogni  qual  volta   possibile,   la   riduzione   delle
trasfusioni di plasma;
    verificare la qualita' delle cure prestate al paziente attraverso
una valutazione obiettiva dell'efficacia della terapia trasfusionale;
    concorrere  alla  attuazione  locale  dei  programmi  di cui alla
precedente lettera h);
    l) predisporre programmi regionali per  l'approvvigionamento  del
plasma  da  scomposizione;  tali  programmi  devono  essere diretti a
raggiungere i seguenti risultati:
    generalizzare l'impiego di contenitori con additivi-conservanti;
    ottenere, in ciascun territorio, la scomposizione di almeno l'80%
delle unita' di sangue  intero  nel  primo  anno  di  attuazione  del
programma, per giungere, nel triennio, a superare il 90%;
    ottenere  che  almeno  l'80% del plasma da scomposizione giunga a
congelamento entro 3-6 ore dalla raccolta, in modo  da  acquisire  la
piu' alta resa in fattori della coagulazione;
    contenere  i  consumi  trasfusionali di plasma al di sotto del 5%
del totale dei consumi trasfusionali delle singole sedi di ricovero.
  La tabella 3 indica orientativamente le  dotazioni  occorrenti  per
l'attivita' di scomposizione;
    m)  attivare programmi di plasmaferesi produttiva ad integrazione
di quelli enunciati alla lettera  precedente.  Considerato  che,  con
limitati  investimenti,  almeno  il 50% del fabbisogno di plasma puo'
essere soddisfatto attraverso la scomposizione del sangue  intero,  i
programmi  di  plasmaferesi  produttiva, che comportano alti costi di
gestione,  devono  porsi  unicamente  l'obiettivo   di   colmare   la
differenza.  Conseguentemente,  i  criteri da seguire con gradualita'
sono:
    attivare  i  programmi  nelle  sedi  che  presentano  "indici  di
affidabilita'",  intendendo  come  tali l'esistenza, negli ultimi due
anni, dei seguenti requisiti: numero dei  donatori  attivi  periodici
non  inferiore  a  4.000;  indice  di  donazione non inferiore a 1,6,
ammettendo  indici  inferiori  unicamente  quando  la  sede  goda  di
eccedenza  di  emazie;  percentuale  di scomposizione delle unita' di
sangue intero in ingresso non  inferiore  all'80%;  conoscenza  della
procedura  per  aver  eseguito  un  totale di almeno 300 plasmaferesi
produttive a titolo sperimentale;
    impiegare separatori  cellulari  organizzati  in  moduli  di  3-4
macchine collocati all'interno delle sedi di raccolta gia' esistenti,
sviluppando  il  programma con la progressione proposta in tabella 4,
intendendo come indicativo il tipo di modello  organizzativo  e  come
vincolante  la  produttivita'  finale (kg di plasma prodotto/anno) in
rapporto alle risorse impegnate;
    orientare la selezione e il controllo dei  donatori  in  modo  da
privilegiare prelievi da 600 ml di plasma per seduta;
    perseguire   la   piena   produttivita'   di  ciascun  separatore
cellulare, quantificabile in 1.000  procedure/anno/macchina,  per  un
totale di 500-600 litri di plasma/anno/macchina;
    finalizzare  alle  specifiche fasi di realizzazione del programma
le  risorse  economiche  e  le  necessarie  dotazioni  organiche   da
destinare alle sedi prescelte, subordinando l'erogazione di ulteriori
risorse alla verifica dei risultati raggiunti di anno in anno;
    aggiornare  i  programmi  in  corso  d'opera,  in  ragione  della
produzione conseguita con  la  sola  scomposizione  delle  unita'  di
sangue intero, che, in una prospettiva di lungo termine, deve tendere
a soddisfare il 70-80% del fabbisogno nazionale di plasma;
    n)   individuare   i   centri   autorizzati  alla  produzione  di
plasmaderivati;
    o) in sede di Istituto superiore di sanita',  con  l'analisi  del
Registro  del  sangue di cui al decreto ministeriale 18 giugno 1991 e
con  il  contributo  della  Commissione  nazionale  per  il  servizio
trasfusionale,  predisporre  strumenti  di  verifica  della attivita'
delle  strutture  trasfusionali,  delle  loro   dotazioni   e   della
progressione con la quale si attua il presente piano, visto nella sua
globalita', anche affinche' raggiunta l'autosufficienza nazionale per
componenti  cellulari, possano essere formulati gli indirizzi utili a
deprimere o a convertire la raccolta del sangue intero nelle  regioni
di  eccedenza  man  mano che crescono le disponibilita' delle regioni
attualmente in carenza;
    p)  definire  e  rendere  immediatamente  operativi  strumenti di
compensazione economica  efficaci  e  rapidi,  tali  da  incoraggiare
l'impegno  di  risorse da parte delle regioni, che possono offrire il
proprio  contributo  al  rapido  conseguimento   dell'autosufficienza
perseguita dal presente piano.
   B)   La   legge   n.   107/1990   prevede   come   parametro   per
l'organizzazione  territoriale  dei  servizi  di  immunoematologia  e
trasfusione  e  dei  centri  trasfusionali  quello  della popolazione
residente. Se tale parametro, visto nel contesto dell'attuale sistema
trasfusionale,  rende  evidente  l'esigenza  di  pervenire   ad   una
razionalizzazione  della  rete  dei servizi e dei centri, le funzioni
attribuite dalla legge a tali strutture, richiamandole ad un  impegno
autenticamente    clinico,   richiedono   che   gli   interventi   di
riorganizzazione si caratterizzino anche in termini di qualificazione
delle prestazioni erogate.
  Pertanto, la programmazione regionale, nel definire l'ubicazione  e
il  tipo delle strutture trasfusionali del proprio territorio, dovra'
perseguire una maggiore omogeneita' del sistema riducendone,  se  del
caso,  la  frammentazione e realizzando completamente nel triennio di
validita' del piano quanto  previsto  dal  disposto  normativo  degli
articoli  5,  6,  7  e  8  della  legge  n.  107/1990.  E'  possibile
sperimentare, in attuazione dei  citati  articoli,  l'istituzione  di
servizi  di immunoematologia e trasfusione multizonale, collegati con
i centri trasfusionali con  una  organizzazione  funzionale  di  tipo
dipartimentale.
  Nei  presidi  ospedalieri,  che a norma dell'art. 6, comma 3, della
legge 4 maggio 1990, n. 107, sono forniti soltanto  di  frigoemoteca,
l'attivita' trasfusionale consiste:
   nel raccogliere la domanda trasfusionale, controllarne la corretta
formulazione  e  trasmetterla  alla  struttura  trasfusionale  cui e'
affidato il rifornimento dell'emoteca;
   nella  conservazione  delle  unita'  trasfusionali  assegnate   al
singolo malato dalla struttura trasfusionale competente;
   nella  conservazione  delle unita' di globuli rossi concentrati da
utilizzarsi in caso di urgenza;
   nella gestione della movimentazione delle unita'  trasfusionali  e
nella tenuta del "registro di carico e scarico";
   nel   provvedere  al  controllo  e  nel  disporre  gli  interventi
manutentivi delle dotazioni strumentali che supportano l'attivita'.
  Fino a diverse disposizioni in materia,  la  responsabilita'  della
gestione  della  frigoemoteca  resta  affidata al direttore sanitario
della  sede  di  ricovero,  cosi'  come  previsto  dal  decreto   del
Presidente della Repubblica 24 agosto 1971, n. 1256.
  Per  raggiungere,  sia  a  livello  regionale  che  nazionale,  una
completa armonizzazione ed omogeneita' del sistema trasfusionale,  e'
necessaria una esatta conoscenza delle attivita' svolte dalle singole
strutture  trasfusionali. Il Registro nazionale del sangue, istituito
con  decreto  ministeriale  18  giugno  1991,  costituisce  un  primo
strumento  volto  a conseguire questo obiettivo. Tuttavia, un livello
di conoscenza pienamente  adeguato  puo'  essere  raggiunto  soltanto
attraverso  un  sistema  informatizzato di comunicazione che, facendo
salve le specifiche esigenze delle singole  strutture,  consenta  una
uniforme  e  sistematica  raccolta  dei  dati indispensabili sia alla
programmazione regionale che a quella nazionale.
  Deve  essere  quindi  generalizzata,  nei  servizi e nei centri, la
dotazione di sistemi di  gestione  automatica  che,  accanto  ad  una
maggiore  efficienza  nella  operativita'  quotidiana, siano adatti a
conseguire l'obiettivo su indicato.
  Preso atto della necessita' di rifinanziare la legge  n.  107/1990,
nel  periodo di validita' del piano le risorse finanziarie necessarie
vanno  reperite  attraverso  un   recupero   graduale   della   spesa
farmaceutica   per   l'acquisto   di  plasma-derivati.  Infatti,  con
l'attuazione dei programmi di plasma produzione (separazione del  95%
del  sangue  intero  prelevato  e  plasmaferisi produttiva) e l'avvio
all'industria del plasma ottenuto, e' possibile conseguire, a partire
dal 1994, un risparmio annuale del 30% da impiegare per  l'attuazione
dei suddetti programmi.

    ---->  Vedere Tabelle da Pag. 18 a Pag. 19 della G.U.  <----


                                                            TABELLA 3
        DOTAZIONI OCCORRENTI PER L'ATTIVITA' DI SCOMPOSIZIONE
=====================================================================
 N. di UT |   Spazio   | Centrifughe|  Congel.  | Congel. | Organico
scomposte | m(Elevato  | refrigerate|  -90 ›C   | -40 ›C  |(n. unita'
 per anno |al Quadrato)| (4-6 posti)|(80-100 lt)|(tot. lt)|tecniche)
          |            |            |           |         |
Fino a:   |            |            |           |         |
   10.000 |    16      |     1-2    |     1     | 300- 500|   1-2
10/20.000 |    20      |     2-3    |     2     | 800-1200|   2-3
20/30.000 |    28      |      3     |     2     |1200-1800|    3
30/40.000 |    40      |     3-4    |     2     | 1800    |   3-4
40/50.000 |    40      |      4     |     2     | 1800    |   4-5
                                                            TABELLA 4
PLASMAFERESI PRODUTTIVA: PROGRAMMA DI ATTIVAZIONE E SUA PROGRESSIONE
=====================================================================
 N. |   N.   |  Gior- |  N.   | Obiet-  | Ore di |   N.   |    N.
ord.|  sepa- |  nate  | proce-|  tivi   |  pre-  | opera- |  opera-
    | ratori |  lavo- | dure/ | di pro- | senza  | tori   |   tori
    |        |  rati- | anno  | duzione | occor- | occor- |   asse-
    |        |  ve/an-| obiet-| kg/anno | renti  | renti  | gnabili
    |        |  no del| tivo) |         | (para- | (para- | (para-
    |        | settore|       |         | med.)  | med.)  |med.+med.)
    |        |        |       |         |        |        |
 1  |    1   |   230  |  600  |   300   |  1400  |    1   |  1 + 0
 2  |    2   |   230  | 1600  |   840   |  1400  |    1   |  1 + 0
 3  |    3   |   300  | 3000  |  1650   |  3600  |   2,6  |3 + 0 o 2
 4  |    4   |   300  | 4000  |  2200   |  3600  |   2,6  |  3 + 1
   1.  Corrisponde  alla  condizione  di  ricerca delle adesioni e di
avvio della sperimentazione (condizione genericamente  identificabile
nel  primo  anno  di lavoro): si presuppone pertanto una operativita'
limitata,   compensazioni   eccezionali   da   parte   di   personale
ordinariamente  addetto  ad  altri  compiti.  Totale assorbimento dei
nuovi impegni di natura medica (giudizi di  idoneita',  sorveglianza,
eventuale flebotomia) da parte del personale gia' disponibile.
   2.  Corrisponde  alla  fase  di  consolidamento:  il conseguimento
dell'obiettivo documenta la capacita'  di  procedere  nell'esperienza
con  buone  probabilita' di successo. In questa fase, presumibilmente
corrispondente  al  secondo  anno  di  attivita',  vengono  richieste
rilevanti  compensazioni  da  parte del personale medico e non medico
ordinariamente addetto ad altre mansioni. All'impegno della struttura
nel  produrre  un  ulteriore  sviluppo  deve  corrispondere la rapida
assegnazione delle risorse occorrenti.
   3. Corrisponde alla fase del conseguimento di  standard  operativi
soddisfacenti.  E'  caratterizzata  da uno squilibrio delle dotazioni
organiche:  quando  le  nuove  assegnazioni  siano  di   tre   unita'
paramediche, mentre una di queste resta sottoutilizzata, viene invece
richiesta  una  compensazione  molto  elevata  da parte del personale
medico gia' disponibile; al contrario, quando  venisse  formulata  la
scelta    alternativa,   si   determinera'   una   sottoutilizzazione
dell'unita' medica e la necessita' di consistenti compensi  da  parte
del  personale  paramedico.  La  scelta  fra  le  due condizioni deve
restare affidata alle singole sedi, che la formuleranno  in  rapporto
alle diverse situazioni d'origine.
   4.  Corrisponde  allo  standard  operativo che realizza il miglior
rapporto costi/benefici per una operativita' routinaria e stabile. E'
inteso che  lo  sviluppo  di  assetti  piu'  consistenti  comportera'
dimensionamenti  dell'organico  piu'  favorevoli.  In  ragione  della
maggiore facilita' con la quale possono realizzarsi le compensazioni.
                         BUON USO DEL SANGUE
  Il sangue per uso trasfusionale e' di esclusiva origine  umana.  Si
tratta  di una risorsa terapeutica limitata e deperibile che, accanto
a vantaggi, comporta anche rischi limitati ma misurabili. Per ridurre
i rischi ed evitare carenze, il sangue va utilizzato solo  quando  ne
esiste  precisa  indicazione e ricorrendo all'emocomponente specifico
per il difetto che si vuole correggere.
Le indicazioni alla trasfusione.
  Fatta eccezione per casi particolari (exsanguino - trasfusione) che
richiedono  l'impiego  di  sangue  intero,   la   trasfusione   viene
attualmente  effettuata  impiegando  i singoli emocomponenti: globuli
rossi, plasma, piastrine. La trasfusione di globuli rossi e' indicata
per aumentare rapidamente il trasporto e la cessione di  ossigeno  ai
tessuti.  Il  valore  soglia di Hb oscilla tra 70 e 100 g/L a seconda
dei casi ed e' piu' elevato nel neonato.
  La trasfusione di  plasma  fresco  e'  indicata  per  correggere  i
deficit  dei  fattori  della coagulazione non altrimenti correggibili
(es. fattore V e VII). Il valore soglia e' rappresentato dal rapporto
paziente/controllo del tempo di protrombina (PT)  e/o  del  tempo  di
tromboplastina parziale (PTT) superiore a 1,4.
  La  trasfusione  di  piastrine e' indicata per il trattamento delle
emorragie  dovute  a  carenza  quantitativa   o   qualitativa   delle
piastrine.  Il  valore  soglia  e'  10.000-20.000/uL  per  i pazienti
medici, 50.000-100.000/uL per i pazienti chirurgici.
  In particolari casi sono indicati  i  cosiddetti  emocomponenti  di
secondo   livello,   ottenuti   dai  precedenti  mediante  successivi
procedimenti fisici (filtrazione, irradiazione, ecc.).
  Gli emoderivati sono concentrati di  specifiche  proteine  ottenuti
dal  plasma  mediante  procedimenti  fisico-chimici  di separazione e
purificazione.  Si  tratta   di   farmaci   costosi,   sottoposti   a
registrazione  del  Ministero  della  sanita'.  Quelli di piu' comune
impiego sono l'albumina, le gammaglobuline e i concentrati di Fattore
VIII.
L'autotrasfusione.
  Alla realizzazione del buon uso del sangue concorre anche l'impiego
della trasfusione di sangue autologo o autotrasfusione.
  Questa  puo'  avvenire  tramite  il prelievo di sangue dal paziente
prima di un intervento programmato  (predeposito,  emodiluizione),  o
recuperando  il  sangue  perso  durante e dopo l'intervento (recupero
intra e post operatorio). Le indicazioni sono le  stesse  del  sangue
omologo.  Dato  che  il  programma  di  autotrasfusione  e' costoso e
impegnativo, esso va riservato agli ospedali che praticano interventi
di chirurgia maggiore con perdite di 2 o piu' unita' di sangue  quali
chirurgia  vascolare  addominale,  cardiochirurgia,ortopedia (protesi
totale d'anca, protesi totale di ginocchio, interventi correttivi per
scoliosi), prostatectomia radicale, trapianto di fegato.
La richiesta.
  Il buon uso inizia dalla richiesta, che deve essere appropriata  ed
accurata.  Per  evitare  una eccessiva richiesta di sangue, frequente
soprattutto  in  chirurgia,  e'  utile  costruire  una  tabella   che
stabilisca  per ogni equipe il numero massimo di unita' da richiedere
per tipo di intervento  chirurgico  programmato  (cosiddetto  Maximum
Surgical  Blood  Order  Schedule, MSBOS). In attesa che ogni ospedale
realizzi  il  proprio  MSBOS,  e'  utile  che  si  ricorra  a   MSBOS
pubblicati.
  L'accuratezza   della   richiesta   riguarda   anche   la  corretta
identificazione dei prelievi  in  reparto  e  la  completa  e  chiara
compilazione  della  modulistica  di accompagnamento. Per evitare che
eventuali errori di  identificazione  del  paziente  o  del  campione
portino  alla  trasfusione  di sangue ABO incompatibile e' necessario
disporre di due determinazioni di gruppo ABO e tipo Rh effettuate  su
due  differenti campioni prelevati in momenti diversi. Solo se le due
determinazioni danno risultato  identico,  e'  possibile  trasfondere
sangue  dello stesso gruppo ed Rh; nel caso in cui non si disponga di
due determinazioni di gruppo/Rh e' consigliabile  trasfondere  sangue
di gruppo 0, preferibilmente Rh negativo.
La consegna e il trasporto del sangue.
  Le  unita'  di  emocomponenti,  assegnate  al paziente dal servizio
trasfusionale  dopo  opportune  indagini  di   laboratorio,   vengono
consegnate  al  reparto  solo  previa  verifica dell'identita' tra il
nominativo riportato sulla richiesta e quello  riportato  sull'unita'
da  trasfondere  e  della  loro  compatibilita'  ABO ed Rh. Le unita'
devono quindi essere trasportate  avendo  cura  che  l'intervallo  di
tempo  tra la consegna e la trasfusione sia il piu' breve possibile e
comunque  non  superiore  a  2  ore.   E'   essenziale   evitare   la
conservazione degli emocomponenti nei reparti.
La trasfusione.
  Al   momento   della   trasfusione,   per   prevenire  l'errore  di
identificazione va effettuata, in doppio, una verifica dell'identita'
tra ricevente e nominativo al quale l'unita' e' stata assegnata.
  Il buon uso del sangue si conclude con la valutazione clinica,  che
implica  l'osservazione  del  paziente  durante  la  trasfusione e il
controllo della sua efficacia attraverso la valutazione dei parametri
che si volevano correggere.
La documentazione.
  La registrazione accurata di tutti i dati pertinenti la trasfusione
risponde ad una duplice esigenza:
   documentare l'osservanza delle norme di legge e delle misure  atte
a  garantire  la  sicurezza, a tutela non solo dei pazienti, ma anche
degli operatori sanitari;
   fornire  gli  elementi  necessari per la valutazione della pratica
trasfusionale.
L'organizzazione.
  E' essenziale ad  assicurare  il  buon  uso  del  sangue.  Essa  si
incentra su alcuni cardini:
   l'attivazione  di  un  comitato  ospedaliero  per  il buon uso del
sangue con il compito di stendere gli standards, le linee guida e  le
procedure  e  di  verificare  e  migliorare  la pratica trasfusionale
nell'ambito dell'ospedale. Perche' le direttive del comitato  possano
trovare  concreta  applicazione  e' necessario che esso sia dotato di
poteri conferitigli dagli organi direttivi  dell'ospedale.  E'  anche
desiderabile  che  il  comitato  disponga  nell'ambito  di  specifici
progetti di fondi finalizzati alla realizzazione  del  buon  uso  del
sangue. Sono anche auspicabili forme di incentivazione per i reparti,
o  i  singoli  operatori,  impegnati  nel miglioramento della pratica
trasfusionale;
   il  flusso  informativo:  il  comitato,   tramite   la   direzione
sanitaria,  trasmette  le  linee  guida  e  le  procedure  scritte ai
primari, i quali si assumono  la  responsabilita'  di  diffonderle  a
tutto  il personale medico e non medico che da essi dipende. Per ogni
paziente candidato alla trasfusione, si procede alla compilazione  di
una  cartelletta  trasfusionale, nella quale viene raccolta, oltre ai
dati anagrafici, alla storia di interesse trasfusionale e al consenso
informato,   tutta   la   documentazione   relativa   alla    pratica
trasfusionale   (copia   delle   richieste,   copia   dei  moduli  di
assegnazione-trasfusione).  I   dati   ottenuti   da   tali   moduli,
possibilmente   gestiti   da  un  programma  computerizzato,  vengono
elaborati dal servizio trasfusionale per  la  stesura  di  rendiconti
periodici.  Questi  ultimi  vengono  inviati al comitato e ai singoli
reparti e quindi  discussi  con  i  responsabili  per  migliorare  la
qualita' delle prestazioni;
   gli  interlocutori  di reparto: e' importante che questo flusso di
informazioni sia accompagnato  da  una  interazione  diretta  tra  il
servizio  trasfusionale  e  il  personale medico e infermieristico di
reparto,  sia  mediante  incontri  periodici  di  aggiornamento,  sia
mediante  consulenza su problemi specifici di medicina trasfusionale.
Per la qualita' della pratica  trasfusionale  e'  essenziale  che  il
comitato sappia identificare, educare e motivare continuamente questi
interlocutori.
L'informatizzazione.
  La  realizzazione  del buon uso puo' essere agevolata dall'adozione
di un sistema informatizzato di gestione della pratica trasfusionale.
E' pertanto auspicabile che i finanziamenti per  l'informatizzazione,
di  cui  all'art. 23 della legge n. 107/1990, vengono impiegati anche
per questo scopo. In ordine di priorita', gli interventi da  compiere
sono  i  seguenti: 1) creazione di programmi di supporto al controllo
di processo del servizio trasfusionale; 2) attivazione  di  procedure
atte  a  garantire la sicurezza nell'assegnazione e nella trasfusione
delle unita' di sangue, mediante l'adozione di  codici  a  barre;  3)
informatizzazione della "cartelletta trasfusionale"; 4) realizzazione
di  un  collegamento informatico tra reparti e servizio trasfusionale
per la trasmissione automatica dei dati.
Conclusioni.
  Nel  prossimo  triennio  ogni  ospedale dotato di servizio o centro
trasfusionale deve istituire il proprio comitato per il buon uso  del
sangue, che a sua volta auspicabilmente realizzera' quanto segue:
   1)  la  stesura  e  la  diffusione  degli standards, linee-guida e
procedure;
   2) la costruzione della richiesta massima di sangue  per  tipo  di
intervento e per equipe chirurgica (MSBOS);
   3)  l'identificazione degli interlocutori di reparto e dei modi di
interazione con il servizio trasfusionale;
   4) i sistemi di sicurezza (doppio controllo per  evitare  l'errore
di  prelievo  e  di trasfusione, appropriata gestione delle unita' di
sangue in reparto, ecc.);
   5) la raccolta ed elaborazione dei dati;
   6) la modulistica necessaria;
   7) spostare il sistema di verifica e miglioramento  della  pratica
trasfusionale;
   8) l'introduzione di sistemi informatici di gestione della pratica
trasfusionale.
              FORMAZIONE ED AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
  La medicina trasfusionale nella sua attuale e piu' ampia accezione,
spinta  al  raggiungimento  di  un  sempre  migliore uso del "farmaco
sangue", limitando al massimo i  rischi,  gli  sprechi  ed  anche  le
diseconomie,  sta  certamente  attraversando  un  momento  di analisi
critica e di rivalutazione,  che  impone  un'azione  di  controllo  e
verifica puntuale nella formazione degli operatori delle strutture di
immunoematologia e trasfusione (SIT).
  Infatti i SIT, da mero luogo di raccolta e distribuzione del sangue
intero,  sono  via  via  divenuti  strutture  che  attuano la terapia
trasfusionale nonche' i vari  procedimenti  di  emaferesi,  ed  hanno
assunto  la  fisionomia di laboratori specializzati in immunologia ed
ematologia nelle loro varie sub-specialita'.
  L'emoterapia ha raggiunto uno sviluppo teorico e tecnico tale  che,
attualmente,  il medico esperto in medicina trasfusionale e' chiamato
sempre piu' spesso a dare  il  proprio  parere  in  tema  di  terapia
trasfusionale,  specie nell'impiego di emocomponenti e/o emoderivati,
o in particolari situazioni trasfusionali.
  Vi e' inoltre da considerare che i SIT non sono sempre  organizzati
in maniera tale da far fronte sufficientemente alle necessita' di una
corretta  prassi trasfusionale, sia per mancanza di un coordinamento,
sia per dispersione delle forze, sia  perche'  il  controllo  clinico
sull'uso  delle sostanze di origine umana e' inadeguato ed esiste una
carenza di personale altamente qualificato.
  In  ultimo  non  si   puo'   ignorare,   nell'attuale   contingenza
scientifica, che ad infermieri professionali, ostetriche e tecnici di
laboratorio  competono pesanti responsabilita' relative alla medicina
trasfusionale, disciplina spesso ignorata nella formazione di  queste
figure professionali.
  I  suddetti  problemi,  la' dove esistono, possono condurre o a una
mancanza di prodotti o all'uso improprio o allo  spreco  di  preziosi
prodotti   di   origine   umana,   cosa  da  evitare  imperativamente
nell'interesse e dei donatori e dei riceventi.
  Si raccomanda di coinvolgere con i mezzi che saranno ritenuti  piu'
opportuni  il  Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica
per  adeguare  i  programmi  delle   universita'   e   delle   scuole
universitarie   nell'acquisizione  di  conoscenze  e  formazione  nel
settore della medicina trasfusionale.
  Pertanto,  in  attuazione del quinto comma dell'art. 12 della legge
n.  107/1990  e  delle  raccomandazioni  comunitarie  riguardanti  il
miglioramento della pratica trasfusionale, si ritiene necessario:
   1)  istituire presso l'Istituto superiore di sanita' (dotandolo di
adeguato  organico)  una  struttura  operativa  che,  tramite   corsi
teorico-pratici,  oltre  ad attuare quanto previsto dall'art. 9 della
legge n. 107/1990,  provveda  all'aggiornamento  ed  alla  formazione
professionale  dei  SIT,  onde  giungere  (nell'ambito  del  triennio
1994-96), attraverso una uniformita' culturale,  all'unificazione  di
tutta  la  prassi  emotrasfusionale,  garanzia  per il fruitore di un
miglior servizio, standardizzato ai migliori livelli informativi;
   2) di includere nel corso di studio per  tecnici  di  laboratorio,
infermieri  professionali  ed ostetriche i programmi di istruzione in
medicina trasfusionale indicati negli allegati A) e B).
  E' inoltre necessario che  le  regioni,  nel  rispetto  delle  loro
competenze  specifiche  (decreto  del  Presidente della Repubblica n.
869/1966; decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1975;  legge
n.  833/1978;  legge n. 845/1978), istituiscano, per mezzo dei centri
previsti dagli articoli 5 e 8 della legge n. 107/1990, dei  corsi  di
aggiornamento  professionale  per medici non-specialisti utilizzatori
dell'emoterapia (allegato C), infermieri professionali ed ostetriche,
tecnici di laboratorio, colmando in tal modo le attuali  carenze  sul
piano   della   formazione   di  base  a  livello  di  queste  figure
professionali che  non  hanno  avuto  tradizionalmente  ne'  (se  non
scarsa)  formazione  di base specifica, ne' un aggiornamento in corso
di impiego.