ALLEGATO Al Presidente della Repubblica Il consiglio comunale di Villabate (Palermo), rinnovato nelle consultazioni amministrative del 24 maggio 1998, presenta forme di condizionamento da parte della criminalita' organizzata, che compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' degli organi elettivi, il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica. La vita amministrativa dell'ente, stante la sua collocazione in un contesto ambientale che, nell'ultimo decennio, ha vissuto una fase di forte recrudescenza della criminalita' organizzata, e' esposta a penetranti interferenze, rilevate nei rapporti dei competenti organi investigativi, a seguito dei quali il prefetto di Palermo ha disposto l'accesso presso il comune di Villabate, ai sensi dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, e successive modificazioni e integrazioni. Gli accertamenti svolti dalla commissione d'accesso, avvalorando le ipotesi di forti ingerenze della criminalita' organizzata nell'azione amministrativa dell'ente locale, hanno posto in risalto come, nel tempo, l'uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel favorire soggetti collegati direttamente o indirettamente con gli ambienti delle cosche locali. Una fitta ed intricata rete di relazioni di parentele, anche indirette, amicizie e frequentazioni e' il tramite che lega numerosi amministratori e dipendenti comunali ad esponenti vicini a "cosa nostra" i quali, in tal modo, riescono ad ingerirsi, anche palesemente, negli affari dell'ente, strumentalizzandone le scelte e sottomettendole ai propri interessi. L'esistenza di un centro di potere esterno che condiziona l'operato degli amministratori appare, inoltre, suffragata dalla circostanza, rilevata nel corso delle indagini, che personaggi, tratti anche in arresto per aver partecipato alle attivita' di "cosa nostra", pur non rivestendo alcuna carica pubblica, siano presenti, notoriamente ed assiduamente, all'interno dell'ente, svolgendo, altresi', un ruolo determinante per la soluzione di problematiche inerenti i rapporti tra i cittadini e l'amministrazione comunale. Come ampiamente esposto nella relazione commissariale conclusiva dell'accesso, cui si rinvia integralmente, i settori in cui emerge segnatamente l'utilizzo della pubblica amministrazione per personali tornaconti affaristici sono quelli dell'edilizia, degli appalti pubblici e dell'attivita' immobiliare. L'indagine condotta sugli strumenti urbanistici ha, inoltre, messo in luce come l'amministrazione non solo non abbia ottemperato alle prescrizioni, modifiche e stralci disposte dal competente assessorato regionale sul piano regolatore al tempo adottato, ma abbia pervicacemente perseguito, con previsioni di varianti al suddetto piano, l'intento di favorire quella lobby politicomafiosa che appare esercitare il proprio potere su tutte le scelte rilevanti dell'ente. In tale contesto rientrano l'inclusione, tra le aree da destinare alla realizzazione di edifici, di vaste zone esterne all'agglomerato urbano attualmente destinate a verde agricolo, nonche' l'individuazione di terreni per la costruzione di alloggi popolari richiesti da cooperative fittizie all'uopo costituite, che nella sostanza celano vere e proprie speculazioni edilizie. Interessi economici, non scevri della finalita' di favorire anche soggetti pregiudicati, hanno ispirato nel tempo l'attivita' connessa al rilascio di concessioni edilizie. Altrettanta valenza assume il settore degli appalti di opere pubbliche in ordine ai quali, nonostante la formale regolarita' delle relative procedure, e' emerso il coinvolgimento di alcune imprese collegate alla criminalita' organizzata. Una possibile cointeressenza di centri di potere malavitosi e' fondatamente riscontrabile nella vicenda relativa all'acquisto di un complesso immobiliare per esigenze dell'ente. Le allarmanti interferenze della criminalita' organizzata, ancor piu' insidiose in quanto manifestatesi anche attraverso legami e connessioni trasversali, pongono in pericolo lo stato generale della sicurezza pubblica ed evidenziano, specie in relazione alle gravi carenze gestionali del comune, la lesione degli interessi costituzionalmente garantiti della comunita' amministrata. Il clima di grave condizionamento e degrado in cui versa il consiglio comunale di Villabate (Palermo), la cui capacita' di determinazione risulta assoggettata alle scelte delle locali organizzazioni criminali, la palese inosservanza del principio di legalita' nella gestione dell'ente e l'uso distorto della cosa pubblica, utilizzata per il perseguimento di fini contrari al pubblico interesse, hanno minato ogni principio di salvaguardia della sicurezza pubblica e, nel compromettere le legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella fruizione dei diritti fondamentali, hanno ingenerato diffusa sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini. La descritta condizione esige un intervento risolutore da parte dello Stato, finalizzato a rimuovere i legami tra esponenti dell'ente locale e la criminalita' organizzata, a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e a garanzia dei valori costituzionali che risultano in larga misura compromessi dal diffuso sistema di illegalita'. Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere, con urgenza, ad eliminare ogni ulteriore deterioramento ed inquinamento della vita amministrativa e democratica dell'ente, mediante provvedimenti incisivi dello Stato nei confronti dell'amministrazione comunale di Villabate. A tal fine il prefetto di Palermo, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1991, n. 221, ha dato l'avvio alla procedura di scioglimento del consiglio comunale di Villabate con relazioni del 13 gennaio e del 15 marzo 1999, che si intendono qui integralmente richiamate. La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza e all'estensione dell'influenza criminale, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi. Ritenuto, per quanto esposto, che ricorrano le condizioni indicate nell'art. 1 del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1991, n. 221, che legittimano lo scioglimento del consiglio comunale di Villabate (Palermo), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore. Roma, 15 aprile 1999 Il Ministro dell'interno: Russo Jervolino