In tale prospettiva, occorre anzitutto dare conto sinteticamente di tre diversi profili problematici, ossia: la distinzione del regime fiscale delle sponsorizzazioni da quello delle erogazioni liberali; la qualificabilita' delle spese sostenute dall'impresa per sponsorizzazioni come "spese di pubblicita' e di propaganda" ovvero come "spese di rappresentanza"; l'assoggettabilita' ad IVA delle prestazioni ricevute dall'amministrazione nell'ambito di un rapporto di sponsorizzazione. V.2 Il regime fiscale delle erogazioni liberali. Si e' diffusamente illustrata, nel corso delle presenti linee guida, la differenza esistente tra i rapporti di sponsorizzazione (originanti da contratti a prestazioni corrispettive) e le erogazioni liberali (riconducibili allo schema tipico del contratto di donazione o costituenti un negozio atipico gratuito modale). Come pure si e' detto, la distinzione e' rilevante ai fini fiscali. Invero, la previsione di apposite disposizioni di agevolazione delle erogazioni liberali in denaro a favore di soggetti pubblici o persone giuridiche private non lucrative per lo svolgimento di attivita' inerenti ai settori dei beni culturali e dello spettacolo si deve all'articolo 38 della legge 21 novembre 2000, n. 342. Tale disposizione - introducendo la lettera c-novies) all'articolo 65 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi (di seguito: TUIR) - aveva stabilito la deducibilita' dai redditi d'impresa dell'importo delle suddette erogazioni. Il comma 3 del citato articolo 38 impone, peraltro, un tetto massimo di stanziamento per la copertura delle suddette agevolazioni. Va inoltre ricordato che (come detto al paragrafo I.3.1), le disposizioni in argomento hanno trovato attuazione con il decreto ministeriale 3 ottobre 2002. Nell'attuale TUIR, successivo alla riforma del 2004, le previsioni concernenti le agevolazioni di cui si tratta sono contenute agli articoli 15 e 100. In particolare, l'articolo 15, comma 1, lettera h), prevede la detrazione dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, per un importo pari al 19 per cento del loro ammontare, delle "erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attivita' di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attivita' culturali, effettuate in base ad apposita convenzione, per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell'articolo 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione in Italia e all'estero di mostre e di esposizioni di rilevante interesse scientifico-culturale delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari, nonche' per ogni altra manifestazione di rilevante interesse scientifico-culturale anche ai fini didattico-promozionali, ivi compresi gli studi, le ricerche, la documentazione e la catalogazione, e le pubblicazioni relative ai beni culturali.". L'articolo 100, comma 2, lettera f), del TUIR consente invece, con riferimento all'imposta sul reddito delle societa', la deduzione delle erogazioni liberali dalla base imponibile dell'imposta. Le agevolazioni in parola - senz'altro applicabili in tutte le ipotesi di mecenatismo, di cui si e' trattato al paragrafo I.3.1 - non operano invece allorche' l'assunzione di obbligazioni a carico dell'amministrazione comporti la qualificazione del rapporto in termini di sponsorizzazione. Va, peraltro, richiamato quanto sopra detto, al medesimo paragrafo I.3.1, in merito alla circostanza che la mera formulazione di un pubblico ringraziamento in favore del soggetto erogante non e' incompatibile con il carattere di gratuita' della prestazione del soggetto erogante e, quindi, non comporta di per se' la qualificazione del rapporto come sponsorizzazione (v. articolo 5, comma 3, del d.m. 3 ottobre 2002). Si fa presente inoltre, al riguardo, che l'articolo 40, comma 9, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici", convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto apposite misure di semplificazione delle procedure in materia di agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali in favore dei beni e delle attivita' culturali, prevedendo la sostituzione dei relativi adempimenti burocratici con un'autocertificazione, salvi i controlli successivi a campione da parte dell'amministrazione (v., al riguardo, la Circolare n. 222 in data 11 giugno 2012, con la quale la Direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio ed il personale del Ministero per i beni e le attivita' culturali ha fornito chiarimenti in ordine alle nuove, semplificate, procedure operanti a seguito dell'entrata in vigore della succitata disposizione). V.3 Il regime fiscale delle sponsorizzazioni. V.3.1 La qualificazione delle sponsorizzazioni come spese di pubblicita' ovvero di rappresentanza. In ordine al regime tributario delle sponsorizzazioni, e' necessario dare atto del dibattito inerente la qualificabilita' delle relative spese come pubblicitarie ovvero di rappresentanza. In proposito, occorre richiamare il disposto dell'articolo 108, comma 2, del TUIR, il quale dispone che "Le spese di pubblicita' e di propaganda sono deducibili nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d'imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruita' stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attivita' caratteristica dell'impresa e dell'attivita' internazionale dell'impresa. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50.". In sostanza, mentre le spese di pubblicita' e di propaganda sono sempre integralmente deducibili, secondo le modalita' normativamente indicate (ossia, a scelta del contribuente, nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi), quelle di rappresentanza sono deducibili solo se e nella misura in cui risultino corrispondenti ad appositi criteri di inerenza e congruita', determinati mediante il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 novembre 2008. Le soluzioni prospettate in ordine alla riconducibilita' delle sponsorizzazioni all'una o all'altra tipologia di spese non appaiono, peraltro, univoche. Nella giurisprudenza, anche recente, della Corte di Cassazione (Cass., sez. VI, 5 marzo 2012, n. 3433; Id. 15 aprile 2011, n. 8679, in linea con Cass., sez. V, 28 ottobre 2009, n. 22790; 7 agosto 2008, n. 21270; 27 giugno 2008, n. 17602; 23 aprile 2007, n. 9567) si rinviene, invero, l'affermazione secondo cui le spese sostenute per le sponsorizzazioni sportive, in quanto volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa, sono da qualificare come spese di rappresentanza. La Cassazione ha affermato il principio per cui costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilita' di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attivita' svolta. In definitiva, seguendo tale linea argomentativa, si ritiene debbano farsi rientrare nelle spese di rappresentanza quelle effettuate senza che vi sia una diretta aspettativa di ritorno commerciale, e che vadano, invece, considerate spese di pubblicita' o propaganda quelle altre sostenute per ottenere un incremento, piu' o meno immediato, della vendita di quanto realizzato nei vari cicli produttivi ed in certi contesti, anche temporali. Il criterio discretivo va, dunque, individuato nella diversita', anche strategica, degli obiettivi che, per le spese di rappresentanza, puo' farsi coincidere con la crescita d'immagine ed il maggior prestigio nonche' con il potenziamento delle possibilita' di sviluppo della societa'; laddove, per le spese di pubblicita' o propaganda, di regola, consiste in una diretta finalita' promozionale e di incremento commerciale, normalmente, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto. Tale prospettazione appare, tuttavia, non del tutto congruente con quella che pare doversi desumere dalle soluzioni interpretative offerte dall'Agenzia delle entrate. In particolare, con la Circolare n. 34/E del 13.7.2009, l'Agenzia ha avuto modo di illustrare diffusamente la disciplina normativa concernente le spese di rappresentanza, ponendo in evidenza, per cio' che qui interessa, come l'articolo 1, comma 1, del citato decreto ministeriale 19 novembre 2008 consenta di individuare il carattere essenziale di tali spese nella gratuita', ossia nella assenza di ogni corrispettivo o controprestazione da parte dei destinatari dei beni o dei servizi erogati. Proprio tale elemento caratterizzante, peraltro, non e' ravvisabile nei rapporti di sponsorship, i quali, come gia' diffusamente illustrato, traggono origine da contratti a prestazioni corrispettive. Dovrebbe, pertanto, logicamente addivenirsi alla qualificazione delle spese per sponsorizzazione come spese di pubblicita' o di propaganda, deducibili integralmente e non entro i limiti di inerenza e congruita' stabiliti dal piu' volte citato decreto ministeriale 19 novembre 2008. Tuttavia, nel solco dell'orientamento di segno contrario espresso dalla Corte di Cassazione, occorre dare conto di quanto recentemente chiarito dal Supremo Consesso giurisdizionale in tema di inerenza delle spese di sponsorizzazione all'attivita' di impresa. La Corte, infatti, dopo aver illustrato la nozione di inerenza della spesa e ritenuto che, da un punto di vista economico, "(...) inerente e' tutto cio' che - sul piano dei costi e delle spese - appartiene alla sfera dell'impresa, in quanto sostenuto nell'intento di fornire a quest'ultima un'utilita', anche in modo indiretto", ha tratto da tale affermazione due importanti corollari. Non solo, infatti, l'inerenza, ai fini fiscali, delle spese per sponsorizzazioni all'attivita' di impresa non e' ritenuta seriamente dubitabile nel caso in cui lo sponsor sia lo stesso titolare del marchio o produttore del bene sponsorizzato, ma tale inerenza puo' ravvisarsi pure ove lo sponsor sia il mero distributore esclusivo per l'Italia del prodotto sponsorizzato. Anche in tal caso, invero, spetteranno i benefici fiscali previsti per le spese di rappresentanza, poiche' lo sponsor trae comunque una utilita' dalla sponsorizzazione, ancorche' si tratti di soggetto diverso rispetto al titolare del marchio e all'organizzatore della produzione del bene (Cass. civ., sez. V, 27 aprile 2012, n. 6548). V.3.2 Il regime IVA delle sponsorizzazioni. Quanto al regime IVA, la questione e' stata espressamente affrontata dall'Agenzia delle entrate (Risoluzione n. 88/E dell'11 luglio 2005), in esito ad apposita istanza di interpello proposta da una pubblica amministrazione che aveva stipulato contratti di sponsorizzazione finalizzati alla realizzazione di una mostra. L'Agenzia ha ritenuto che l'operazione sia soggetta ad IVA, in misura pari all'aliquota ordinaria (attualmente, ventuno per cento), da applicarsi sulle somme versate dallo sponsor a fronte della "prestazione di servizi" dello sponsee. A tale conclusione l'Agenzia e' pervenuta sulla base della qualificazione della sponsorizzazione come una "forma atipica di pubblicita' commerciale", cui deve conseguentemente riconoscersi, ai sensi dell'articolo 4, comma 5, lett. i), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, carattere "in ogni caso commerciale". Da cio' l'ulteriore corollario dell'assoggettabilita' ad IVA dell'operazione anche nell'ipotesi di prestazione resa da un ente pubblico o privato non avente per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita' commerciali, poiche' - ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del medesimo d.P.R. n. 633 del 1972 - l'ente non lucrativo diviene comunque soggetto passivo dell'imposta sul valore aggiunto limitatamente alle operazioni compiute "nell'esercizio di attivita' commerciali o agricole". E' da ritenere coerentemente che analoghe considerazioni debbano valere anche con riferimento alle sponsorizzazioni tecniche e miste. Ove, infatti, la prestazione dello sponsor sia in tutto o in parte costituita da una prestazione di lavori, servizi o forniture, e non invece da una somma di denaro, si realizza un'operazione permutativa rispetto alla controprestazione offerta dall'amministrazione. Trovera', pertanto, applicazione l'articolo 11 del citato d.P.R. n. 633 del 1972, il quale stabilisce che "Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all'imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate.". In tal caso, pertanto, sia lo sponsor che lo sponsee sono tenuti alla fatturazione, sulla base del valore della prestazione, e ai successivi adempimenti previsti dalla legge.