Art. 5. Sono escluse le lavorazioni conto terzi o in affitto. Il latte crudo, conservato alla stalla e trasportato, deve avere una temperatura non inferiore agli 8°C. E' ammessa la lavorazione del latte di una singola munta o di piu' munte miscelate dopo averlo lasciato riposare e affiorare naturalmente. E' pure ammessa la lavorazione del latte di cui solo una parte e' lasciata riposare e affiorare naturalmente. Il latte deve essere parzialmente decremato mediante affioramento naturale, a temperatura compresa tra 8 e 20°C, in modo che il rapporto grasso/caseina nella caldaia sia compreso tra 0,80 e 1,05. Per il «Trentingrana» il rapporto grasso/caseina del latte in caldaia massimo e' di 1,15. Detto rapporto e' altresi' consentito per ogni altro caso in cui il latte proveniente dalla miscela di due munte preveda che una delle due sia lasciata riposare. Il latte, dalla stalla alla sua lavorazione, non puo' subire alcun trattamento fisico, meccanico o termico, che ne modifichi lo status di latte crudo naturale. Il latte viene, quindi, messo nelle caldaie a campana rovesciata, in rame o con rivestimento interno in rame. E' ammesso l'uso di lisozima, tranne che per il «Trentingrana», fino ad un massimo di 2,5 g per 100 chilogrammi di latte. La coagulazione e' ottenuta con caglio di vitello, previa aggiunta di siero innesto naturale. Nei casi in cui si dovesse riscontrare un valore di acidita' di fermentazione del siero innesto a ventiquattro ore inferiore a 26° Soxhlet Henkel/50 ml e' ammessa, fino ad un massimo di dodici volte all'anno, l'aggiunta di batteri lattici autoctoni, quali Lactobacillus helveticus e/o lactis e/o casei, all'inizio della preparazione del siero innesto per il giorno successivo. La cagliata e' rotta in granuli fini e cotta fino a quando i granuli diventano elastici, a una temperatura massima di 56°C e lasciata totalmente immersa nel siero, nella medesima caldaia, fino ad un massimo di settanta minuti a decorrere da fine cottura. Viene poi immessa nelle apposite fascere, per almeno trentasei ore, che imprimono i contrassegni di origine e quindi in salamoia per un periodo di tempo fra i quattordici e i trenta giorni a decorrere dalla messa in salamoia. All'uscita dalla salamoia, le forme possono essere sciacquate e/o sostare per non oltre ventiquattro ore in ambiente riscaldati, ad una temperatura compresa tra i 25° e i 60° C. La maturazione naturale viene effettuata conservando il prodotto in ambiente con temperatura da 15° a 22°C per un periodo di nove mesi a decorrere dalla formatura. Solo il formaggio che presenta un valore della fosfatasi alcalina nella parte di pasta situata ad un centimetro sotto crosta prelevata a meta' altezza dello scalzo, misurato con metodo fluorimetrico, e comunque compatibile con l'impiego di latte crudo e che altresi' rispetta tutti i parametri previsti dal presente disciplinare all'art. 2 viene sottoposto ad espertizzazione, non prima del compimento dell'ottavo mese dalla formatura. L'espertizzazione dara' quindi luogo alla marchiatura a fuoco, oppure dara' luogo alla cancellazione dei contrassegni d'origine impressi dalle fascere, mediante retinatura o sbiancatura, qualora il prodotto non abbia le caratteristiche richieste dall'art. 2. Il «Grana» viene classificato in «scelto sperlato», «zero» ed «uno». Per Grana Padano «scelto(sperlato)» si intende il formaggio che non presenta alcune difetto sia esterno che interno. Per Grana Padano «0» si intende il formaggio che pur restando «scelto» per quanto riguarda la struttura della pasta, presenta dei piccoli difetti di crosta, tecnicamente chiamati «correzioni». Per Grana Padano «1» - anche detto «sottoscelto» - si intende il formaggio che presenta correzioni o leggeri difetti di crosta o di struttura interna, occhiatura leggermente accentuata e martello un po' lento. Il prodotto non puo' essere commercializzato come «Grana Padano D.O.P.» prima del compimento effettivo del nono mese di eta'. Prima di detto termine il formaggio non puo' uscire dalla zona di produzione.