(Allegato-Allegato)
                                                             Allegato 
 
                   Al Presidente della Repubblica 
 
    Il Comune di Mezzojuso (Palermo),  i  cui  organi  elettivi  sono
stati rinnovati nelle  consultazioni  amministrative  dell'11  giugno
2017,  presenta  forme  d'ingerenza  da  parte   della   criminalita'
organizzata   che   compromettono   la   libera   determinazione    e
l'imparzialita' dell'amministrazione nonche' il buon andamento  e  il
funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per  l'ordine  e  la
sicurezza pubblica. 
    Alla luce delle risultanze di un attento monitoraggio svolto  nei
confronti dell'ente, il prefetto di Palermo, con decreto del 4 giugno
2019, ha disposto l'accesso presso il comune ex art. 143 del  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per gli accertamenti di rito. 
    Al termine delle indagini effettuate  la  commissione  incaricata
dell'accesso ha depositato le proprie conclusioni, sulla scorta delle
quali il prefetto - sentito, nella seduta del 13 settembre  2019,  il
comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica,  integrato
con la partecipazione del  procuratore  della  Repubblica  presso  il
Tribunale  di  Palermo -  Direzione  distrettuale  antimafia  e   del
procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese -
ha trasmesso l'allegata relazione in  data  20  settembre  2019,  che
costituisce parte integrante della presente proposta, in cui  si  da'
atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti  elementi  su
collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali  con  la
criminalita' organizzata e su forme di condizionamento degli  stessi,
riscontrando, pertanto, i presupposti per l'applicazione delle misure
di cui al richiamato art. 143. 
    Gli  accertamenti  esperiti  dall'organo  ispettivo  hanno  fatto
emergere  un  quadro  fattuale  ancorato  a   prassi   amministrative
illegittime, che denunciano  una  obiettiva  permeabilita'  dell'ente
alle pregiudizievoli ingerenze dell'organizzazione criminale di  quel
territorio, riconducibile a «cosa nostra». 
    Il Comune di Mezzojuso  e'  un  piccolo  centro  di  circa  2.900
abitanti il cui  territorio,  in  base  alle  risultanze  di  recenti
operazioni di polizia giudiziaria,  e'  stato  teatro  di  importanti
incontri al vertice del mandamento corleonese - nell'ambito del quale
e' organicamente inserita la consorteria localmente egemone - nonche'
luogo privilegiato per la  latitanza  di  esponenti  di  primo  piano
dell'organizzazione mafiosa «cosa nostra». 
    In  tale  contesto,  il   prefetto   evidenzia   la   sostanziale
continuita' che ha  contraddistinto  la  conduzione  dell'ente  negli
ultimi anni, atteso che il primo  cittadino  e'  al  secondo  mandato
consecutivo alla guida dell'amministrazione comunale. 
    Il prefetto pone altresi'  in  rilievo  che  nel  2004  l'attuale
sindaco - all'epoca assessore con delega alla pubblica istruzione del
Comune di Mezzojuso - ha preso parte ai funerali di un noto  capoclan
per i quali, tra l'altro, il  questore  di  Palermo,  per  motivi  di
sicurezza, aveva disposto il divieto di celebrazione  della  funzione
religiosa in forma pubblica. 
    Al riguardo, rileva la  circostanza  che  nello  scorso  mese  di
maggio lo stesso sindaco ha confermato la propria  partecipazione  ai
funerali in  questione  nel  corso  di  una  trasmissione  televisiva
dedicata ad un caso di tentata  estorsione  commessa  nel  territorio
comunale che ha avuto notevole risonanza mediatica  anche  a  livello
nazionale. Segnatamente, per la indicata tentata estorsione risultano
rinviati a giudizio anche un familiare di un  ex  amministratore  del
comune, dimessosi a dicembre dello scorso anno, nonche'  uno  stretto
parente del summenzionato  capoclan,  gia'  sottoposto -  a  dicembre
2018 - a fermo di indiziato  di  delitto  e  poi  alla  misura  della
custodia cautelare in carcere a seguito  dell'operazione  di  polizia
giudiziaria «Cupola 2.0», in quanto ritenuto responsabile del delitto
di cui agli articoli 81, 110, 56 - 629, comma 2,  in  relazione  agli
articoli 628, comma 3, n. 3, e 416-bis, comma 1, del codice penale. 
    Il prefetto stigmatizza  inoltre  le  innumerevoli  dichiarazioni
rese su una rivista on-line - in un'ottica  di  delegittimazione  sia
delle persone che hanno  denunciato  il  sopra  citato  tentativo  di
estorsione sia di diverse figure istituzionali - da un ex  assessore,
dimissionario a giugno 2019,  il  quale  in  passato  aveva  altresi'
pubblicamente espresso rammarico per non aver potuto  partecipare  ai
funerali di un esponente di primo piano al vertice del c.d. clan  dei
corleonesi - per anni latitante proprio nel territorio di Mezzojuso -
poiche' vietati dal questore in forma pubblica. 
    Gli esiti dell'accesso hanno poi messo in luce  l'intricata  rete
di frequentazioni e relazioni di parentela e di affinita' che  legano
diversi membri degli organi elettivi e dell'apparato burocratico  del
comune - alcuni dei quali con pregiudizi penali - ad esponenti  della
criminalita' organizzata. 
    In proposito, e'  ampiamente  riconosciuto  che  il  reticolo  di
rapporti  e  collegamenti -  tanto  piu'  rilevante  in   un   ambito
territoriale   di   ridotte   dimensioni   demografiche,   fortemente
compromesso dalla pregiudizievole influenza di associazioni  di  tipo
mafioso - determina un quadro indiziario significativo da cui si puo'
desumere un oggettivo pericolo di permeabilita' ai condizionamenti  o
alle ingerenze della criminalita' organizzata, a fronte del quale  si
rendono necessarie idonee misure di prevenzione. 
    In ordine  all'attivita'  posta  in  essere  dalla  compagine  di
governo  e  dall'apparato  burocratico  dell'ente -  il  cui   organo
consiliare, ad oggi, e' privo di opposizione,  in  conseguenza  delle
dimissioni rassegnate dai  consiglieri  di  minoranza -  sono  emerse
reiterate anomalie e violazioni di legge, in particolare nel  settore
degli affidamenti di lavori, servizi e forniture notoriamente esposto
agli interessi delle organizzazioni criminali. 
    Piu' nel dettaglio, con riferimento  al  settore  in  parola,  il
prefetto rimarca  che  solo  successivamente  all'insediamento  della
commissione di indagine  l'amministrazione  comunale  ha  aderito  al
protocollo di legalita' «Carlo Alberto Dalla Chiesa»  del  12  luglio
2005  e  ha  iniziato  a  richiedere  le  prescritte   certificazioni
antimafia. 
    In precedenza, gia' in costanza della consiliatura del 2012,  con
al  vertice  il  medesimo  sindaco  attualmente  in  carica,  l'ente,
nonostante i ripetuti solleciti della prefettura di Palermo,  ha  del
tutto pretermesso di attivare le  cautele  disciplinate  dal  decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 159, omettendo altresi' di  ritirare
le credenziali di accesso al sistema informatico abilitato a ricevere
le richieste di informative e comunicazioni antimafia,  rilasciate  a
due dipendenti comunali gia' dal maggio 2015. 
    Per  quanto  concerne  specificamente  la  materia   dei   lavori
pubblici,  sono  state  riscontrate  ulteriori,  gravi   anomalie   e
irregolarita', quali la mancata adozione di un sistema  di  rotazione
nell'individuazione  delle  imprese  affidatarie  e   il   frequente,
artificioso frazionamento degli interventi nelle procedure  di  somma
urgenza. 
    In particolare, l'organo ispettivo ha preso in esame la procedura
relativa all'affidamento dei lavori di somma urgenza conseguenti agli
eventi alluvionali del 2018, riscontrando che il comune non ha svolto
le dovute verifiche in ordine al requisito dell'iscrizione nella c.d.
white list nei confronti  delle  imprese  affidatarie,  alcune  delle
quali riconducibili a soggetti vicini ad ambienti della  criminalita'
organizzata per rapporti di parentela, affinita' o frequentazione. In
proposito, il prefetto evidenzia che la quasi totalita' delle imprese
affidatarie e' risultata non iscritta nella c.d. white list e neppure
richiedente iscrizione. 
    Nel settore urbanistico, poi,  le  verifiche  espletate  in  sede
ispettiva  hanno  disvelato  un  quadro  desolante  di  generalizzato
disordine  organizzativo,  unitamente  a   diffuse   inefficienze   e
illegittimita', tra cui gravi carenze nell'attivita' di  accertamento
e contrasto dei fenomeni di abusivismo edilizio, la mancata  adozione
di un registro delle  ordinanze  di  demolizione  e  delle  relative,
eventuali inottemperanze, l'omessa  pubblicazione  all'albo  pretorio
dei titoli abilitativi concessi dall'ente, il  ripetuto  accoglimento
di istanze di sanatoria in contrasto con le disposizioni  vigenti  in
materia, l'inerzia dell'organo consiliare che non  ha  emanato  alcun
atto di indirizzo in ordine ai criteri di acquisizione dei  manufatti
abusivi al patrimonio comunale. 
    Al riguardo, assume valore emblematico la vicenda relativa  a  un
permesso di costruzione in sanatoria rilasciato,  a  marzo  2017,  in
favore di una societa' nei cui confronti l'ente ha omesso di attivare
le prescritte verifiche in violazione dell'art.  39  della  legge  23
dicembre 1994, n. 724 e che  successivamente,  a  dicembre  2018,  e'
stata destinataria di un provvedimento  interdittivo  adottato  dalla
prefettura di Palermo e di conseguente diniego  di  iscrizione  nella
c.d. white list, attualmente sub iudice. 
    In relazione a  tale  vicenda,  il  prefetto  si  sofferma  sulle
molteplici,   gravi   anomalie   dell'iter    procedurale    sfociato
nell'adozione del permesso in questione riferito a  immobili  abusivi
non suscettibili di sanatoria - per i quali gia' nel 2003  era  stata
adottata un'ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 7 della legge
28 febbraio 1985, n. 47 - in quanto in parte  realizzati  in  assenza
dei prescritti  pareri  vincolanti  e  in  parte  ricadenti  in  aree
soggette a vincolo di inedificabilita' assoluta. 
    Anche nel settore delle autorizzazioni commerciali le  risultanze
dell'accesso hanno messo in luce che l'amministrazione comunale - dal
secondo semestre del 2012 e fino all'insediamento  della  commissione
di indagine - non ha  avanzato  alcuna  richiesta  di  documentazione
antimafia, peraltro in contrasto con le cautele necessarie  a  tutela
della legalita', in un contesto ambientale nel quale e'  notoriamente
consolidata la presenza di sodalizi criminali. 
    Segnatamente, riferisce il prefetto che l'ente non  ha  richiesto
la  comunicazione  antimafia  in   relazione   a   una   istanza   di
autorizzazione all'ampliamento di un esercizio commerciale avanzata -
a ottobre 2014 - da una ditta  gia'  destinataria  nel  2005  di  una
informazione  atipica -  resa  ai  sensi  dell'art.   1-septies   del
decreto-legge   6   settembre   1982,   n.   629,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge  12  ottobre  1982,  n.  726 -  e  il  cui
titolare  e'  parente  nonche'  ex  socio  di   un   elemento   della
criminalita'  organizzata  locale,  piu'  volte  notato  dalle  Forze
dell'ordine all'interno dell'esercizio commerciale in questione. 
    Al riguardo, e' altresi' significativo che  nell'area  antistante
il predetto esercizio commerciale e' stato  realizzato  un  posteggio
abusivo con illecita occupazione in  parte  di  suolo  pubblico,  mai
accertato ne' sanzionato dall'amministrazione comunale. 
    Gli esiti dell'attivita' ispettiva hanno infine posto in  rilievo
che  l'ente  non  ha  mai  provveduto  a   istituire   l'albo   delle
associazioni abilitate a  richiedere  contributi  finanziari  nonche'
concessioni in uso di locali e impianti comunali, in violazione delle
relative norme regolamentari. 
    Il prefetto evidenzia che  ciononostante  contributi -  anche  di
rilevante entita' - sono stati nel tempo elargiti senza  attivare  le
cautele antimafia di cui agli articoli 67 ed 83  del  citato  decreto
legislativo n. 159 del 2011 in favore di diverse associazioni locali,
alcune delle quali annoverano, tra i propri membri, persone vicine ad
ambienti   della   criminalita'   organizzata   per    rapporti    di
frequentazione o per stretti vincoli familiari. 
    Le  circostanze  analiticamente  esaminate   e   dettagliatamente
riferite nella relazione del prefetto hanno  rivelato  una  serie  di
condizionamenti nell'amministrazione comunale di Mezzojuso,  volti  a
perseguire  fini  diversi  da   quelli   istituzionali,   che   hanno
determinato   lo   svilimento   e   la   perdita   di    credibilita'
dell'istituzione locale, nonche' il pregiudizio degli interessi della
collettivita',  rendendo  necessario  l'intervento  dello  Stato  per
assicurare la riconduzione dell'ente alla legalita'. 
    Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del
provvedimento di scioglimento del  Consiglio  comunale  di  Mezzojuso
(Palermo), ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo  18  agosto
2000, n. 267. 
    In  relazione  alla  presenza  e  all'estensione   dell'influenza
criminale,  si  rende  necessario  che  la  durata   della   gestione
commissariale sia determinata in diciotto mesi. 
      Roma, 10 dicembre 2019 
 
                                  Il Ministro dell'interno: Lamorgese