(Allegato 1)
                                                           Allegato 1 
 
 
                               NOTA 90 
    

+------------------+-----------------------------------------------+
|                  |La prescrizione a carico del SSN e' limitata   |
|                  |alle seguenti condizioni:                      |
|                  |  . soggetti in terapia cronica con            |
|- Metilnaltrexone |  oppiacei e diagnosi di costipazione indotta  |
|- Naldemedina     |  da oppiacei secondo i criteri di ROMA-IV     |
|- Naloxegol       |  che rispondano contemporaneamente alle       |
|                  |  seguenti caratteristiche:                    |
|                  |    o terapia cronica e continuativa           |
|                  |      con oppiacei                             |
|                  |    o resistenza al trattamento con almeno due |
|                  |      lassativi di cui uno ad azione osmotica  |
|                  |      (la resistenza e' definita come la       |
|                  |      mancata risposta dopo 3 giorni)          |
+------------------+-----------------------------------------------+  
    
  Background 
  Gli  oppiacei,  come  indicato  dalle  linee  guida  Nazionali   ed
Internazionali per la terapia del dolore, nonche' dalle  linee  guida
dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' (OMS),  rappresentano  uno
standard di cura per la gestione del dolore  cronico  da  moderato  a
grave in pazienti con e senza diagnosi oncologica (O'Brein 2017).  In
Italia il riferimento normativo vigente per l'impiego degli  oppiacei
nella terapia del dolore e' rappresentato dalla Legge 15  Marzo  2010
n° 38 concernente "Disposizioni per  garantire  l'accesso  alle  cure
palliative a alla terapia del  dolore"  che  tutela  il  diritto  del
cittadino ad accedere alle suddette cure promuovendo l'attivazione  e
l'integrazione di due reti della terapia  del  dolore  e  delle  cure
palliative che garantiscano al  paziente  risposte  assistenziali  su
base regionale ed in modo uniforme su tutto il territorio  nazionale,
nel rispetto dei principi fondamentali della tutela della dignita'  e
dell'autonomia del malato, senza alcuna discriminazione. 
  Sebbene gli oppiacei rappresentino la terapia piu' efficace per  il
trattamento del dolore cronico, l'utilizzo prolungato di tali farmaci
puo' dar luogo a effetti indesiderati anche seri, che ne limitano  la
tollerabilita', compromettendo l'aderenza del paziente  alla  terapia
antalgica. Il piu'  comune  e  persistente  effetto  collaterale  dei
farmaci oppiacei  e'  rappresentato  dalla  costipazione  indotta  da
oppiacei (CIO), dovuta ad una riduzione della motilita' intestinale e
delle attivita' secretorie associate, con conseguente  formazione  di
feci dure e secche. Il meccanismo fisiopatologico alla base  dell'OIC
la differenzia dalla stipsi funzionale, rispetto alla quale i criteri
di Roma IV (definiti  attraverso  una  consensus  multi-disciplinare)
hanno garantito la  sua  caratterizzazione  come  entita'  nosologica
distinta. Secondo i criteri di Roma IV  (Mearin,  2016)  per  OIC  si
intende la comparsa o il peggioramento dei sintomi  da  costipazione,
associati all'inizio o conseguenti alle modifiche della  terapia  con
oppiacei (incremento  del  dosaggio  o  variazioni  del  regime).  In
particolare, la diagnosi di OIC  contempla  la  presenza  di  sintomi
nuovi  o  peggioramento  della  costipazione  quando  si  inizia,  si
modifica o aumenta la terapia oppioide che deve includere  2  o  piu'
dei seguenti segni: 
  (1) sforzo durante piu' di un quarto (25%) delle evacuazioni; 
  (2)  feci  grumose  o  dure  in  piu'  di  un  quarto  (25%)  delle
defecazioni; 
  (3) sensazione di evacuazione incompleta in oltre un  quarto  (25%)
delle defecazioni; 
  (4) sensazione di ostruzione / blocco anorettale in oltre un quarto
(25%) delle defecazioni; Allegato 1 
  (5) manovre manuali per facilitare piu' di un  quarto  (25%)  delle
defecazioni; o 
  (6) meno di 3 movimenti intestinali spontanei a settimana. 
  A lungo termine la CIO puo' causare  dolore  addominale,  dolore  e
bruciore  rettale,  stitichezza  e  diarrea   alternata,   emorroidi,
formazione di fecalomi. La  costipazione  indotta  da  oppiacei  puo'
essere causa di interruzione del trattamento analgesico con oppiacei,
o della sua riduzione del dosaggio, in particolare si stima che circa
il 30% dei pazienti riduca o interrompa il trattamento  con  oppiacei
proprio a causa di CIO (Olesen 2011; Andresen 2018).  In  aggiunta  a
cio' la CIO rappresenta  un  problema  invalidante  per  i  pazienti,
essendo  associato  a  stress  psicologico,   sofferenza   fisica   e
isolamento sociale (Bell 2009a; Erichsen 2015, Andresen 2018). 
  Sebbene i dati  epidemiologici  siano  estremamente  variabili,  si
stima che la CIO interessi una percentuale compresa tra il 40% ed  il
90% dei pazienti in trattamento con  oppiodi  (Wald  2016),  con  una
prevalenza oscillante tra il 60% ed il 90% nei soggetti con patologie
neoplastiche e tra il 40% ed il  60%  nei  soggetti  con  dolore  non
oncologico (Bruner 2015; Tack 2014). I dati di una survey condotta, a
livello internazionale (includendo anche centri clinici italiani), su
pazienti sia con dolore cronico  oncologico  che  non  oncologico  in
trattamento con oppiacei e lassativi, indicano che una percentuale di
pazienti superiore  a  80%  continuava  a  soffrire  di  costipazione
malgrado il trattamento con lassativi convenzionali (Bell 2009b). 
  Attualmente le opzioni disponibili per  il  trattamento  della  CIO
sono le seguenti: 
  - interventi non farmacologici (stili di vita) 
  -  interventi  farmacologici  di  prima  linea,  tra  questi   sono
riconosciuti i lassativi convenzionali quali lassativi idrofili o "di
massa",  lassativi  lubrificanti,   lassativi   osmotici,   lassativi
stimolanti o di contatto, lassativi emollienti 
  - interventi farmacologici di seconda linea, per la popolazione che
non risponde ai lassativi convenzionali: terapie  target,  quali  gli
antagonisti  periferici  del  recettore   µ   ("peripherally   acting
mu-opioid receptor antagonists"  -  PAMORA),  e  "rescue  medication"
(clisteri evacuativi, manovre manuali) 
  Evidenze disponibili 
  In Italia gli antagonisti dei recettori periferici  degli  oppiacei
con indicazione specifica per la  CIO  sono  il  metilnaltrexone,  il
naloxegol e la naldemedina tosilato. 
  Metilnaltrexone bromuro e' un antagonista selettivo degli  oppiacei
legantisi al recettore µ-oppioide, con una potenza 8 volte minore per
i recettori degli oppiacei di tipo κ e affinita' molto ridotta per  i
recettori degli oppiacei di tipo δ.  Essendo  un'ammina  quaternaria,
l'abilita'   di   metilnaltrexone   di   attraversare   la   barriera
ematoencefalica e' limitata.  Cio'  consente  al  metilnaltrexone  di
agire come antagonista µ -oppioide a livello  periferico  in  tessuti
quali il tratto gastrointestinale, senza interferire con gli  effetti
analgesici oppioido-mediati sul sistema  nervoso  centrale.  La  dose
raccomandata di  metilnaltrexone  bromuro  nei  pazienti  adulti  con
dolore cronico (tranne pazienti  sottoposti  a  cure  palliative  con
malattia avanzata) e'  di  12  mg  (0,6  mL  di  soluzione)  per  via
sottocutanea, secondo necessita',  somministrata  ad  almeno  4  dosi
settimanali, fino a una volta al giorno (7  dosi  a  settimana).  Nei
pazienti adulti con malattia avanzata  (pazienti  sottoposti  a  cure
palliative) la dose raccomandata di metilnaltrexone bromuro e'  di  8
mg (0,4 mL di soluzione) (pazienti il cui peso sia compreso tra 38-61
kg) o 12 mg (0,6 mL di soluzione) (pazienti il cui peso sia  compreso
tra 62-114 kg). 
  I  trial  registrativi  che  hanno  dimostrato  l'efficacia  e   la
sicurezza del  metilnaltrexone  nel  trattamento  della  costipazione
indotta da oppiacei in pazienti che ricevono  cure  palliative  erano
due studi clinici randomizzati, in doppio cieco, placebo-controllati.
Gli studi sono stati condotti per un periodo di quattro  mesi  su  un
totale di 287 pazienti (eta'  media  di  68  anni;  51%  donne),  con
malattia in fase terminale ed un'aspettativa di vita limitata. Per la
maggior parte di  questi  pazienti,  la  diagnosi  primaria  era  una
malattia cancerosa. Prima  del  trattamento  con  metilnaltrexone,  i
pazienti avevano ricevuto oppiacei  per  almeno  2  settimane  ed  un
regime stabile di lassativi per almeno 3 giorni  prima  dell'ingresso
nello studio. L'eleggibilita' e' stata valutata  sulla  base  di  una
costipazione definita sia come un numero di evacuazioni  inferiore  a
tre  nella  settimana  precedente  all'inizio  del  trattamento   con
metilnaltrexone, sia  come  un'evacuazione  clinicamente  irrilevante
(come determinato dall'investigatore)  nelle  48  ore  precedenti  al
trattamento.  In  entrambi  gli  studi  i   pazienti   trattati   con
metilnaltrexone mostravano un tasso significativamente piu'  alto  di
evacuazione entro 4  ore  dalla  dose  in  doppio-cieco  rispetto  ai
pazienti trattati con placebo.  Dall'analisi  pooled  dei  due  trial
registrativi, il metilnaltrexone si e' dimostrato in grado di indurre
evacuazione nelle 4 ore successive alla somministrazione in oltre  il
50% dei pazienti  trattati  rispetto  al  14.6%  del  gruppo  placebo
(Nalamachu 2015). Ad oggi, in totale, sono disponibili in letteratura
sette studi randomizzati, in doppio-cieco, controllati vs placebo, in
cui metilnaltrexone e' stato  utilizzato  in  pazienti  con  malattie
terminali (Yuan 2000; Thomas 2008; Slatkin 2009) e  in  pazienti  con
dolore non oncologico (Michna 2011; Rauck 2012; Anissian  2012;  Iyer
2011). Una meta-analisi che ha valutato sei di questi  trial  clinici
ha  dimostrato  che  metilnaltrexone  era  associato  ad  un  rischio
relativo di fallimento terapeutico  pari  a  0.66  (95%CI  0.63-0.73)
rispetto al placebo (Brenner 2014). 
  Ulteriori studi hanno confermato che  il  metilnaltrexone  per  via
sottocutanea induce rapidamente defecazione in pazienti con patologie
in stadio avanzato e costipazione indotta da  oppiacei  (Rauck  2013;
Bader 2013). Una meta-analisi in cui  sono  stati  considerati  oltre
1860 pazienti trattati con metilnaltrexone  ha  confermato  l'effetto
del farmaco sia su misure di outcome oggettive (quali il  tempo  alla
defecazione e  la  loro  frequenza)  sia  su  outcome  riportati  dal
paziente (Siemens 2016). 
  Naloxegol, un derivato peghilato del naloxone, funge da antagonista
periferico dei recettori µ  per  gli  oppiacei  presenti  nel  tratto
gastrointestinale, riducendo in  tale  modo  gli  effetti  costipanti
degli oppiacei senza influire sugli effetti  analgesici  sul  sistema
nervoso centrale mediati dagli oppiacei. Il farmaco e'  somministrato
per via orale una volta al giorno alla dose raccomandata di 25 mg. 
  L'efficacia e la sicurezza di naloxegol sono state valutate in  due
studi clinici di fase 3, randomizzati, controllati verso placebo e in
doppio cieco, condotti in pazienti affetti da CIO e  con  dolore  non
correlato al cancro (Chey 2014; Webster 2013). I due  studi  di  Fase
III analizzati hanno avuto la durata  di  12  settimane;  sono  stati
considerati eleggibili i pazienti ambulatoriali affetti da dolore non
neoplastico e in trattamento stabile con oppiacei (almeno  30  unita'
di oppiacei equivalenti alla morfina al giorno per almeno 4 settimane
prima del  reclutamento  e  affetti  da  CIO  riferita  dagli  stessi
soggetti).  La  CIO  e'  stata  confermata  durante  un  periodo   di
pre-trattamento di  due  settimane  ed  e'  stata  definita  come  <3
evacuazioni  spontanee  in  media  alla  settimana,  con  sintomi  da
costipazione associati almeno al 25% delle evacuazioni. Entrambi  gli
studi avevano la potenza sufficiente ed erano  stratificati  in  modo
che almeno il 50%  dei  pazienti  randomizzati  ad  ogni  braccio  di
trattamento fosse conforme ai criteri basali per essere  classificati
come soggetti  con  risposta  inadeguata  ai  lassativi  (per  essere
definiti tali, nel corso delle due settimane antecedenti  alla  prima
visita dello  studio,  i  pazienti  dovevano  aver  riferito  sintomi
concomitanti di CIO di entita' almeno moderata durante la terapia con
almeno una classe di lassativi per un minimo di  quattro  giorni  nel
periodo antecedente lo studio). I  pazienti  trattati  con  Naloxegol
25mg hanno avuto la prima evacuazione post-dose dopo  7,6  ore  dalla
somministrazione rispetto alle 41,4 ore  dei  pazienti  trattati  con
placebo (p<0,001). Inoltre Naloxegol 25 mg ha comportato una migliore
risposta in termini di aumento del  numero  di  evacuazioni  dopo  12
settimane  di  trattamento,  rispetto  al   placebo.   Naloxegol   ha
dimostrato  di  essere  maggiormente  efficace  nel  sottogruppo   di
pazienti con risposta non adeguata  ai  lassativi  convenzionali:  la
percentuale di pazienti responder  era  significativamente  superiore
nei pazienti trattati con naloxegol 25mg rispetto a placebo (47,7% vs
30,1%; p<0,001) (Tack 2015; Garnock-Jones 2015). 
  La naldemedina e'  un  derivato  di  naltrexone,  a  cui  e'  stata
aggiunta una catena laterale che aumenta il peso molecolare e  l'area
di superficie polare, riducendone cosi' la capacita' di  attraversare
la barriera ematoencefalica. La dose raccomandata di  naldemedina  e'
200 microgrammi (una compressa) al giorno da assumersi per via orale,
e non e' richiesto alcun  aggiustamento  di  dose  nei  pazienti  con
compromissione renale. 
  I   principali   studi   registrativi   della   naldemedina    sono
rappresentati da quattro studi  principali  randomizzati,  in  doppio
cieco, controllati vs placebo per valutare efficacia e  sicurezza  di
naldemedina 0,2 mg/die  nel  trattamento  dell'OIC,  di  cui  tre  su
pazienti non oncologici (COMPOSE 1, COMPOSE 2 e COMPOSE 3) ed uno  su
pazienti oncologici (COMPOSE 4). Gli studi COMPOSE-1 e  -2  sono  due
studi identici di fase III, multicentrici,  randomizzati,  in  doppio
cieco,  controllati  vs  placebo  a  gruppi   paralleli   che   hanno
confrontato l'efficacia e sicurezza di  naldemedina  con  quella  del
placebo su un periodo di trattamento di 12 settimane, seguito  da  un
periodo di osservazione  di  4  settimane.  In  questi  due  studi  i
lassativi erano sospesi all'arruolamento e naldemedina veniva  quindi
somministrata come monoterapia (Hale, 2017). In entrambi gli studi e'
stata   osservata   una   percentuale   di    pazienti    rispondenti
significativamente piu' elevata nel braccio naldemedina  rispetto  al
braccio placebo: 47.6% vs 34.6% (differenza: 13.0%;  95%CI  4.8-21.3)
nel COMPOSE-1 e 52.5% vs 33.6% (differenza: 18.9%;  95%CI  10.8-27.0)
nel COMPOSE-2. Miglioramenti significativi rispetto  al  baseline  si
osservano anche relativamente alla frequenza di SBM e dei sintomi  di
stipsi: aumento, maggiore dal  basale  alle  ultime  2  settimane  di
trattamento, della frequenza di SBMs, evacuazioni spontanee  complete
(CSBMs) ed SBMs senza sforzo, rispetto a placebo. Lo studio COMPOSE-3
e' uno studio di fase III randomizzato, in doppio cieco,  controllato
vs placebo, a gruppi paralleli che ha esaminato la sicurezza a  lungo
termine  e  la  tollerabilita'  della   somministrazione   orale   di
naldemedina 0.2 mg una volta al giorno per 52 settimane, in  pazienti
con dolore cronico non oncologico, sotto terapia stabile con oppiacei
e che potevano essere sotto trattamento con lassativi ma  manifestare
comunque l'OIC (Webster, 2018). Il trattamento a  lungo  termine  con
naldemedina e' risultato associato a  miglioramenti  significativi  e
duraturi  dei  movimenti  intestinali,  dei  sintomi  associati  alla
costiapzione e della QoL. L'efficacia e la sicurezza  di  naldemedina
nel trattamento dell'OIC in pazienti neoplastici con  dolore  cronico
sono state verificate nell'ambito di uno studio di  fase  III,  della
durata di 2 settimane (COMPOSE-4) e della sua estensione in aperto di
12 settimane (COMPOSE-5) (Katakami, 2017). Anche  in  questo  caso  i
pazienti in regime di trattamento stabile con lassativi  proseguivano
la loro somministrazione durante il trial  e  assumevano  il  farmaco
sperimentale come add-on.  La  percentuale  di  pazienti  rispondenti
nelle  2  settimane  di  trattamento  (endpoint  primario)  e'  stata
significativamente piu'  alta  nel  braccio  naldemedina  (71.1%  [69
pazienti su 97]; IC 95%, 61.0% - 79.9%) rispetto al  braccio  placebo
(34.4% [33 pazienti su 96]; IC 95%, 25.0% - 44.8%) con una differenza
del 36.8% (IC 95%, 23.7% - 49.9%; P < 0.0001). 
  Raccomandazioni delle principali Linee guida 
  Tutte le linee  guida  nazionali  ed  internazionali  sottolineano,
anzitutto,  l'esigenza  di  riproporre  al  paziente  indicazioni  di
carattere generale, suggerendo modifiche dello stile di vita (laddove
possibile) in grado di ridurre  o  prevenire  la  stipsi:incrementare
l'apporto di fibre e liquidi, stimolare la  mobilizzazione;  favorire
il comfort e la privacy, ad esempio aiu-tando il paziente  a  recarsi
in bagno per evacuare; trattare le cause di dolore alla  defecazione;
agire sui disordini metabolici  ed  elettrolitici  o  su  trattamenti
farmacologici concomitanti in grado di determinare stipsi. 
  In assenza di controindicazioni  (ad  esempio  diarrea,  occlusione
intestinale),  ogni  paziente  che  intraprenda  un  trattamento  con
oppiacei  dovrebbe  contestualmente  avviare   una   profilassi   con
lassativi, da proseguirsi per  tutto  il  periodo  di  assunzione  di
oppiacei, oltre ad essere  istruito  sulle  misure  generali  di  cui
sopra. Su questa indicazione di massima concordano tutte le  societa'
scientifiche che si siano confrontate sul tema della  stipsi  indotta
da oppiodi. 
  Di fatto tutte le linee-guida internazionali, incluse le  linee  di
indirizzo di un European expert consensus statement  (Farmer,  2019),
le linee-guida ESMO (Larkin, 2018),  e  una  recente  expert  opinion
redatta da un gruppo multidisciplinare di esperti italiani  coinvolti
nella gestione dei pazienti  con  dolore  (Rossi,  2019),  concordano
nell'utilizzo  dei  PAMORA  dopo  una  prima  linea  di   trattamento
rappresentata da 1 o piu' lassativi. 
  Le  linee-guida  piu'  aggiornate,  supportate  da  una  importante
appendice metodologica  (Hanson,  2019),  sono  quelle  dell'American
Gastreoenterology  Association  (AGA.  Crockett,   2019)   le   quali
individuano come terapia di prima linea per il trattamento della  OIC
l'utilizzo di lassativi, raccomandando l'utilizzo di una combinazione
di almeno due classi di lassativi prima di ricorrere a una escalating
therapy. Nei  soggetti  con  OIC  refrattaria  al  trattamento  viene
raccomandato il  ricorso  ai  PAMORA  (Peripherally  Acting  µ-Opioid
Recepito Antagonists), tra i quali naldemedina e naloxegol  hanno  un
grado  di  raccomandazione  forte,  con  un  livello  delle  evidenze
rispettivamente alto e moderato secondo il metodo GRADE. 
  Per quanto riguarda  i  singoli  trattamenti  farmacologici,  tutti
questi farmaci  hanno  dimostrato  la  loro  efficacia  in  studi  di
confronto vs placebo e non sono disponibili dati di confronti diretti
tra  essi.  Sono  tuttavia  disponibili  i  risultati  di   confronti
indiretti derivanti da metanalisi (Nee, 2018; Nishie, 2019) e network
metanalysis (Sridharan,  2019;  Luthra,  2019),  che,  nel  complesso
confermano la maggiore efficacia di tutti i PAMORA vs placebo,  ma  i
cui risultati, in termini di individuazione  del  valore  terapeutico
relativo dei singoli farmaci, devono essere considerati  con  cautela
in considerazione di importanti limitazioni rappresentate soprattutto
da una importante eterogeneita'  sia  in  relazione  ai  disegni  dei
differenti studi sia in relazione alla popolazione  studiata  e  agli
endpoint considerati. Tali limitazioni  rendono  nel  complesso  poco
informativi i risultati derivati  dalle  meta-analisi,  lasciando  di
fatto alla valutazione  dei  singoli  casi,  la  scelta  del  miglior
trattamento in relazione alle caratteristiche dei singoli pazienti. 
  Particolari avvertenze 
  In generale, in base ai dati cumulati ricavati dagli studi clinici,
le reazioni avverse da farmaco piu' comunemente riportate in corso di
trattamento  con  PAMORA  sono  state:  dolori  addominali,  diarrea,
nausea, e flatulenza. Nella  maggior  parte  dei  casi,  le  reazioni
avverse gastrointestinali sono state classificate di entita' da lieve
a moderata. 
  Durante l'utilizzo post-marketing  di  metilnalterxone  sono  stati
riportati casi rari di perforazione gastrointestinale in pazienti con
una malattia allo stadio avanzato (Mackey 2010) e con condizioni  che
possono essere associate  con  la  riduzione  localizzata  o  diffusa
dell'integrita' strutturale nella parete del tratto gastrointestinale
(ad   esempio,   ulcera   peptica,   pseudo   ostruzione,    malattia
diverticolare,    tumori    infiltranti    maligni     del     tratto
gastrointestinale  o  metastasi  peritoneali).  Quando  si   utilizza
metilnaltrexone bromuro in pazienti con  queste  condizioni  o  altre
condizioni che  potrebbero  comportare  l'integrita'  alterata  della
parete tratto gastrointestinale (ad esempio, il morbo di Crohn)  deve
essere   preso   in    considerazione    il    profilo    complessivo
rischio-beneficio. I pazienti devono essere  monitorati  in  caso  di
dolore addominale grave, persistente o  peggiorato;  se  si  verifica
questo sintomo, metilnaltrexone bromuro deve essere interrotto. 
  Per quanto  riguarda  i  medicinali  naloxegol  e  naldemedina,  al
momento non sono segnalati casi di perforazione intestinale in  corso
di trattamento, tuttavia deve essere considerato che i  soggetti  con
patologie a rischio per perforazione intestinale erano stati  esclusi
dalle  sperimentazioni  cliniche  e  il  farmaco  e'   esplicitamente
controindicato nei  soggetti  con  accertata  o  sospetta  occlusione
gastrointestinale. 
  Deve  inoltre  essere  considerato  che  i  trial  registrativi  di
naloxegol escludevano soggetti con dolore correlato  al  cancro,  per
cui, a causa della limitata esperienza clinica in questa popolazione,
e' raccomandata cautela  quando  si  prescrive  naloxegol  in  questo
setting di pazienti. 
  Si  rappresenta,  infine,  l'importanza  della  segnalazione  delle
reazioni avverse sospette che si verificano dopo l'autorizzazione dei
medicinali, al  fine  di  consentire  un  monitoraggio  continuo  del
rapporto beneficio/rischio  dei  medicinali  stessi.  Agli  operatori
sanitari e' richiesto di segnalare, in conformita'  con  i  requisiti
nazionali, qualsiasi reazione avversa  sospetta  tramite  il  sistema
nazionale         di          farmacovigilanza          all'indirizzo
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/modalità-di-segnalazione-
delle-sospette-reazioni-avverse-ai-medicinali. 
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