Art. 5. Metodo di ottenimento Il formaggio «Provola dei Nebrodi» e' prodotto esclusivamente con latte di vacca intero, crudo, proveniente da allevamenti ubicati nella zona di cui all'art. 3 ed ottenuto nel rispetto di apposite prescrizioni relative all'allevamento ed al processo di ottenimento, in quanto rispondenti allo standard produttivo seguente: Alimentazione delle bovine. Nella razione giornaliera, su base annuale, almeno il 60% della sostanza secca deve essere rappresentata da foraggi, nelle diverse forme: al pascolo, affienate, dal sottobosco nonche' da residui secchi dei prati e dei pascoli, secondo disponibilita'. Gli animali utilizzano il pascolo, nelle sue diverse tipologie, sia come foraggio verde costituito da essenze foraggere spontanee nebroidensi ed erbai coltivati (principalmente erbai di sulla e trifoglio e veccia e trifoglio, cereali da foraggio) nonche' come residui secchi dei prati e delle essenze foraggere spontanee nonche' dei cereali minori coltivati, ed anche di arbusti dei sottoboschi, per almeno duecentoquaranta giorni l'anno. La razione di base, costituita da foraggi, e' integrata da mangimi in grado di bilanciare l'apporto dei vari nutrienti della dieta, per un massimo, su base annuale, del 40% della sostanza secca della razione. I mangimi extra zona di origine sono riconducibili principalmente al granoturco ed alla soia ed in misura minore alle farine di girasole, di carrubo, e cereali minori nonche' di sottoprodotti dei cereali minori, barbabietole, integratori di minerali e vitamine, ed a tracce di prodotti minori. La necessita' di ricorrere all'utilizzazione di mangimi extra zona di origine e' correlata agli aspetti pedo-climatici e vocazionali dell'area dei Nebrodi, caratterizzata da: un'alta vocazione per i prati permanenti e pascoli (con un'incidenza di circa il 30% del dato siciliano con piu' di 100 mila ettari di Sau), e una ridotta vocazione per i seminativi (inferiore al 3% della Sau siciliana), dati ultimo censimento Istat 2010. La ridotta vocazione territoriale alla diffusione dei seminativi, fa si che la produzione di cerali e leguminose da granella nella zona di origine della Provola dei Nebrodi, destinabili alla formulazione dei mangimi, risulta di conseguenza bassa. La tipologia di concentrati maggiormente rilevati nelle aziende che producono la Provola dei Nebrodi, includono il granoturco, cereali minori, crusche, fave, soia, farine di girasole ed integratori di minerali e vitamine. In alcuni casi si riscontra la presenza di barbabietole, tutoli di granoturco, farina di carruba, ma in percentuali minime, essendo indicate nella parte finale della lista degli ingredienti delle etichette dei concentrati. La razione alimentare delle bovine nel suo complesso deve essere costituita per almeno il 60% di sostanza secca proveniente da alimenti prodotti nella zona di origine di cui all'art. 3. E' vietato l'uso di insilati, di sottoprodotti freschi delle lavorazioni industriali, del fieno di trigonella, di alimenti che rappresentano fonti di contaminazione e alimenti in cattivo stato di conservazione. Descrizione del processo di caseificazione. a) Il latte bovino intero crudo, di una o due mungiture deve essere coagulato alla temperatura di 36 °C, con oscillazione in piu' o in meno non superiore ai 2-3 °C, sfruttando lo sviluppo spontaneo della microflora casearia autoctona; Nel caso in cui la caseificazione avvenga una volta al giorno, il latte della mungitura serale viene filtrato e conservato in un apposito serbatoio isotermico e refrigerato alla temperatura di 4-6 °C. Il giorno successivo il latte della sera, riscaldato sino alla temperatura di 37-38 °C, viene unito a quello della mungitura mattutina. b) Coagulazione. La coagulazione del latte avviene nella tina di legno mediante l'aggiunta di caglio in pasta di capretto o di agnello. La quantita' di caglio e' di 50/100 gr. per quintale di latte, sciolto in una soluzione acquosa di cloruro di sodio. La quantita' di soluzione impiegata deve essere tale da comportare un tempo di presa, coagulazione e rassodamento da 45 a 60 minuti. c) Rottura del coagulo e sineresi. La rottura del coagulo avviene manualmente con una rotella in legno, «ruotola», o altri materiali secondo gli usi e costumi della tradizione locale, fino a ridurre la cagliata alle dimensioni di chicco di riso. Durante la rottura si aggiunge acqua calda alla temperatura di 75 °C piu' o meno 5 °C, in misura di 10-15 litri per ogni ettolitro di latte. Dopo una breve sosta, 5-10 minuti, il casaro, attraverso movimenti rotatori con la «ruotula», favorisce la precipitazione, sul fondo della tina in legno, della cagliata e l'affioramento del siero di latte (lacciata), segue il travaso del siero nella caldaia. d) Scottatura. La cagliata direttamente nella tina o, a seconda delle condizioni climatiche, dopo essere stata rimossa ed adagiata su una superficie piatta al fine di ottenere il massimo spurgo, e' sottoposta a scottatura con il liquido risultante dalla lavorazione della ricotta (scotta) o con acqua a temperatura non inferiore a 65-70 °C. Dopo 3-4 ore, quando la temperatura della scotta o dell'acqua utilizzata si e' abbassata tra i 34 ed i 38 °C la cagliata viene estratta manualmente, riposta su un tavolo spersorio preferibilmente in legno, «tavuliere», e ricoperta con un telo di lino o di cotone. e) Maturazione della cagliata. La maturazione della cagliata avviene nel tavolo spersorio (tavuliere) attraverso un processo naturale di acidificazione della durata di 16-24 ore, periodo in cui la cagliata continua a perdere siero e lentamente fermenta per raggiunge un pH adeguato per la filatura. La cagliata in questa fase e' sottoposta a pressatura con pesi di vario tipo secondo le tradizioni del casaro. f) Preparazione per la filatura. La cagliata raggiunto il giusto grado di fermentazione naturale (pH 5-5,4) per la filatura, viene tagliata a fette di 5-10 cm di larghezza e 2-3 cm di spessore. Le fette di cagliata sono poste nel «piddiaturi», recipiente in legno, basso (h 40-60 cm) ed a forma tronco-conica, e ricoperte con scotta bollente, o con acqua calda a 80-90 °C e lasciata a riposare per 5-10 minuti, ricoprendo il «piddiaturi» con un telo di lino o di cotone, (la durata e' funzione della temperatura ambientale). Attraverso l'uso di una spatula in legno con superficie allargata, «manuvedda», il casaro mescola le fette di cagliata con la scotta (o con acqua) al fine di aumentare la superficie di contatto tra le fette di cagliata e la scotta. g) Filatura. Il casaro immergendo le mani nel «piddiaturi» verifica (sottoponendo le fette a leggera trazione) se la combinazione fra pH ed elevate temperature ha reso tutta la cagliata filante. Verificato il giusto livello di filatura, con l'ausilio della «manuvedda», inizia la lavorazione della cagliata, onde favorire la fusione delle fette per ottenere una massa caseosa omogenea a forma sferica (grosso gomitolo). Lavorazione che prevede anche una continua pressione, con la «manuvedda», sulla pasta caseosa, al fine di stimolare un ulteriore sineresi della stessa. h) Formatura. La sfera caseosa viene quindi tagliata nella pezzatura desiderata (proporzionale al peso finale della singola provola) ed i pezzi vengono riposti a bagno nel fondo del «piddiaturi». Il singolo pezzo di pasta filata viene quindi lavorato manualmente con molta cura, «ncuppatina», fino ad ottenere la provola nella sua forma tipica con la superficie esterna esente da smagliature e saldata ad un polo. Per la chiusura (saldatura) della provola, cosi come per l'eventuale (secondo le tradizioni locali) modellatura della testa della provola i casari utilizzano del siero bollente. Ottenuta la chiusura della provola viene immersa in acqua fredda e riposta nella vasca con la salamoia. Per l'ottenimento della tipologia al Limone, durante la formatura, il casaro, nelle fasi finali della lavorazione e prima della chiusura della provola, incorpora nel cuore della pasta caseosa un limone verde intero, previa scottatura dello stesso nel siero bollente per sterilizzarne la superficie. i) Salatura. La salatura effettuata in salamoia tendente alla saturazione, viene protratta per un tempo variabile (12-24 ore per kg di formaggio) in ragione delle dimensioni delle forme e tale, comunque, da non comportare un contenuto di cloruro di sodio sulla sostanza secca superiore al 4%. All'uscita dalla salamoia le provole vengono immerse per 5-10 minuti in acqua fredda e dopo vengono appese al collo, con una cordicella in fibre naturali, a coppie «pennule» a cavallo di una pertica e/o asse portante. j) Stagionatura. La stagionatura avviene in locali freschi e ventilati, soprattutto nella fase iniziale (30-60 giorni). La durata della stagionatura e' funzione del peso della provola.