(Allegato-art. 6)
 
                               Art. 6. 
                    Legame con la zona geografica 
 
    La domanda di registrazione della IGP «Pomodoro pelato di Napoli»
si basa sulla specificita' che lo distingue, nettamente  dagli  altri
derivati del pomodoro e dagli altri pomodori pelati: le bacche, anche
dopo essere state sottoposte  al  processo  industriale,  mantengono,
infatti, integralmente la loro forma originale dando  al  consumatore
l'idea del frutto appena raccolto conservandone il  buon  sapore,  le
sostanze nutritive  ed  il  caratteristico  colore  rosso,  ma  anche
sull'acquisita e diffusa reputazione del prodotto sui mercati. 
    Per ottenere il «Pomodoro pelato di Napoli»,  e'  necessario  che
nella trasformazione siano impiegate  bacche  che,  oltre  ad  essere
allungate, abbiano un contenuto cellulosico e pectinico capace di far
si', alla fine del processo, che  il  prodotto  finito  mantenga  una
adeguata consistenza ed una ottima integrita'. 
    Proprio per le sue caratteristiche fisiche e  organolettiche,  la
materia prima utilizzata per la produzione  di  «Pomodoro  pelato  di
Napoli», ha un prezzo maggiore rispetto alle altre varieta'. 
    Il  saper  fare  degli  operatori  delle  regioni  dell'area   di
produzione, la giusta  scelta  della  materia  prima,  l'abilita'  di
tarare la velocita' delle pelatrici ed i tempi di sterilizzazione  in
base al livello di maturazione e di acidita' delle bacche da lavorare
fanno in modo che il prodotto finito  riesca  a  conservare  il  buon
sapore, le sostanze nutritive ed il caratteristico colore  rosso  del
pomodoro sano e maturo appena raccolto. 
    Per la  buona  pratica  di  produzione  di  «Pomodoro  pelato  di
Napoli»,  oltre  che  un'adeguata  tecnica   di   trasformazione   e'
indispensabile un'opportuna tecnica di conservazione,  visto  che  il
prodotto finito, pur essendo  pronto  all'uso,  presenta  intatte  la
maggior parte delle caratteristiche  morfologiche  ed  organolettiche
iniziali della materia prima processata. 
    Dopo l'apertura della scatola, il  «Pomodoro  pelato  di  Napoli»
immesso in un piatto o in un  recipiente  per  la  cottura,  presenta
ancora la polpa (mesocarpo) con un grado di consistenza che evidenzia
la forma allungata, inoltre, l'assenza  di  epicarpo  (buccia)  rende
visibile la struttura fibrosa della bacca formata da  grosse  cellule
tondo-ovoidali. 
    Inoltre, tagliando trasversalmente con una forchetta  l'endocarpo
e' possibile vedere ancora le cavita' interne (logge)  delimitate  da
pareti radiali sulle  quali  sono  fissati  i  semi.  Le  valutazioni
chimico-fisiche della materia prima impiegata e del  prodotto  finito
ottenuto  ci  dimostrano   che,   con   un   adeguato   processo   di
trasformazione, i valori restano molto vicini a quelli  del  pomodoro
non trasformato. 
    Per questo, tra i fattori essenziali che distinguono il «Pomodoro
pelato di Napoli»,  dagli  altri  derivati  e  dagli  altri  pomodori
pelati, un ruolo  fondamentale  e'  assunto  dal  knowhow  aziendale,
tipico dell'area di produzione, dove e' possibile trovare  maestranze
abili ed altamente specializzate. 
    Nella produzione del  «Pomodoro  pelato  di  Napoli»  la  cernita
manuale  delle  bacche  e'  infatti  la  fase   piu'   importante   e
insostituibile. Oltretutto,  per  quanto  possa  sembrare  un  lavoro
facile, e', invece, altamente specialistico e puo' essere svolto solo
da personale qualificato. Senza questa pratica, nonostante l'utilizzo
delle moderne selezionatrici ottiche, inevitabilmente, nelle  scatole
finirebbero bacche con adesi all'endocarpo ancora  residui  di  bucce
piu' o meno grandi, dequalificando il prodotto finito. 
    La norma vigente decreto del Ministero delle  politiche  agricole
alimentari e forestali 11  agosto  2017  (applicazione  dell'art.  25
della legge 28 luglio 2016, n. 154, concernente la determinazione dei
requisiti qualitativi minimi e dei criteri di qualita'  dei  prodotti
derivanti dalla trasformazione del pomodoro.) all'allegato B, lettera
f, prevede che i pomodori pelati interi debbano avere una  media  del
contenuto in bucce,  determinata  su  almeno cinque  recipienti,  non
superiore a 3 cm quadrati per ogni 100 grammi di  contenuto.  Per  il
«Pomodoro pelato di Napoli», tale valore e' ridotto a 2,2  cmq/100  g
di peso netto del prodotto. In ogni recipiente il contenuto in  bucce
non deve superare il quadruplo di tale limite. 
    Sarebbe impossibile ottenere questi valori senza l'ausilio  delle
operazioni di cernita manuale. 
    Oltre al contenuto di bucce, come detto  in  precedenza,  per  il
«Pomodoro pelato di Napoli» anche  gli  altri  parametri  qualitativi
sono diversi e piu' restrittivi rispetto a quelli disciplinati  dalla
norma vigente per i pomodori pelati standard. 
    In particolare  per  il  «Pomodoro  pelato  di  Napoli»  il  peso
sgocciolato e' non inferiore al 63% del peso  netto,  mentre  per  lo
standard il limite e' 60%; il residuo  ottico  e'  non  inferiore  al
5,5%, contro il 4% dello standard. Per quanto  riguarda  l'interezza,
nel «Pomodoro pelato di Napoli» il prodotto e' intero o comunque tale
da non presentare lesioni che modifichino la forma o  il  volume  del
frutto per non meno del 70% del peso sgocciolato  per  recipienti  di
contenuto netto non superiore a g 400, mentre per il pelato  standard
i frutti devono essere interi  o  comunque  tali  da  non  presentare
lesioni che modifichino la forma o il volume del frutto per non  meno
del 65% del peso del prodotto sgocciolato. 
    Valori piu' restrittivi anche per le muffe, che per il  «Pomodoro
pelato di Napoli» devono essere  inferiori  al  40%,  mentre  per  il
prodotto standard e' stabilito un limite nella misura del 50%. 
    La  denominazione  «Pomodoro  pelato   di   Napoli»   e'   dunque
storicamente associata ad una consolidata reputazione  legata  ad  un
prodotto di particolari caratteristiche qualitative e al forte legame
con Napoli. 
    Questo legame si evidenzia nell'uso consolidato nel tempo di tale
denominazione come dimostrato da  etichette  storiche  utilizzate  da
diversi produttori su scatole spesso spedite  oltre  oceano  (Pianeta
Rosso, 1997 e 1999  -  Giovanni  Pacifico  editore)  e  da  etichette
attualmente in uso. 
    Infatti, e' a Napoli  che,  dalla  seconda  meta'  del  1700,  si
diffuse tra la  popolazione  l'utilizzo  del  pomodoro  pelato  nelle
preparazioni culinarie. 
    Ovviamente Napoli e' da intendersi non solo come citta'  ma  come
simbolo del Mezzogiorno  d'Italia  e  delle  potenzialita'  che  esso
racchiude e come una filosofia e  uno  stile  di  vita  tipico  delle
regioni del bacino del Centro Sud. Basti  pensare  che  dovunque  nel
mondo, volendo parlare del Mezzogiorno d'Italia, si fa riferimento  a
Napoli. 
    A conferma del forte legame territoriale, dal 2011  il  «Pomodoro
pelato  di  Napoli»  e'  stato  inserito  nell'elenco  dei   prodotti
agroalimentari tradizionali, istituito dal  decreto  ministeriale  n.
350/99 del Ministero delle politiche agricole e forestali: 
      http://www.agricoltura.regione.campania.it/tipici/tradizionali/
pomodoro-pelato.html 
    Negli ultimi anni e' maturata sempre  piu'  la  consapevolezza  e
l'esigenza di recuperare il «Pomodoro pelato  di  Napoli»  e  la  sua
autenticita',  sviluppando  un  dibattito,   non   solo   a   livello
territoriale ma  anche  nazionale,  che  ha  generato  una  serie  di
iniziative, in particolare legate alla pizza,  in  cui  il  «Pomodoro
pelato di Napoli» e' stato protagonista  accompagnando  anche  l'iter
che, nel 2017, ha portato al riconoscimento de  «L'Arte  tradizionale
del  pizzaiuolo  napoletano»  come  parte  del  patrimonio  culturale
dell'umanita'   dell'UNESCO,   fino   ad   arrivare   alla    recente
pubblicazione del volume «Il re  di  Napoli.  La  grande  storia  del
pomodoro da Napoli alla conquista del mondo» di Angelo Forgione.