(Allegato)
                                                             Allegato 
 
     Documento di indirizzo su designazione, posizione e compiti 
 del Responsabile della protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico 
 
    Sommario: 
      1. Introduzione 
      2. Una considerazione  preliminare:  il  RPD  quale  "punto  di
contatto" per l'Autorita' 
      3. Obbligo di designazione 
        3.1. Designazione di RPD interno nelle more della conclusione
del procedimento di affidamento dell'incarico a RPD esterno 
      4. Designazione di un unico RPD  per  conto  di  piu'  soggetti
pubblici 
        4.1. Comunicazione dei dati di contatto da parte  di  ciascun
titolare in presenza di un RPD selezionato da piu' titolari 
      5. Qualita' professionali e possesso di titoli 
      6. Questioni attinenti alla designazione di un RPD esterno 
        6.1.  Allineamento  tra  contratto  di   servizi,   atto   di
designazione e pubblicazione/comunicazione al Garante 
        6.2. Pluralita' di enti pubblici per conto  dei  quali  viene
svolto l'incarico e pluralita' di servizi forniti anche  al  medesimo
titolare 
        6.3. Individuazione, all'interno del RPD  persona  giuridica,
del referente persona fisica 
        6.4. Durata dell'incarico 
        6.5. Remunerazione 
      7. Pubblicazione e  comunicazione  all'Autorita'  dei  dati  di
contatto del RPD 
      8. Coinvolgimento da  parte  del  titolare  e  svolgimento  dei
compiti da parte del RPD 
      9. Risorse messe a disposizione dal titolare e costituzione  di
un team di collaboratori del RPD 
      10.  Incompatibilita'  con  altri  incarichi  e  conflitto   di
interessi 
        10.1. RPD interno che ricopre incarichi per i quali partecipa
all'adozione delle decisioni in materia di finalita' e modalita'  del
trattamento, o altre decisioni che impattano su trattamenti  di  dati
personali 
        10.2. RPD esterno che fornisce servizi IT quale  responsabile
del trattamento 
        10.3. RPD esterno che rappresenta in giudizio il titolare 
        10.4. Inquadramento in caso di RPD interno. 
  1. Introduzione. 
    Sin da  prima  che  il  regolamento  (UE)  2016/679  iniziasse  a
dispiegare i suoi effetti (25 maggio 2018), l'Autorita'  ha  dedicato
grande attenzione al tema del Responsabile della protezione dei  dati
(RPD)  in  ambito  pubblico,  ritenuto  uno  snodo  fondamentale  per
l'acquisizione di un  corretto  approccio  al  trattamento  dei  dati
personali,  soprattutto  all'interno  di  un  panorama  che  vede  le
pubbliche amministrazioni sempre piu' sollecitate dalla  sfida  della
c.d. «trasformazione digitale». 
    Come noto, sul  tema,  il  regolamento  dedica  gli  artt.  37-39
(oltreche' il cons. 97). In proposito, il Gruppo di  lavoro  Articolo
29 (WP29) (poi divenuto Comitato europeo per la protezione dei  dati)
ha emanato le «Linee guida  sui  responsabili  della  protezione  dei
dati» (adottate il 13 dicembre 2016 ed emendate il 5 aprile 2017). 
    Per fare fronte alle prime richieste di  chiarimenti  giunte  nel
settore pubblico, al fine di accompagnare il processo di  progressivo
adeguamento al nuovo quadro  regolamentare  europeo,  il  Garante  ha
successivamente  adottato,  il  15  dicembre  2017,   le   «Faq   sul
Responsabile della Protezione dei  dati  (RPD)  in  ambito  pubblico»
(reperibili su www.garanteprivacy.it doc. web n. 7322110). 
    Al  contempo,  l'Autorita'  ha  promosso  numerosi  incontri   di
carattere divulgativo, che hanno riguardato specificamente la  figura
del RPD, al fine  di  raggiungere  il  maggior  numero  possibile  di
rappresentanti di enti pubblici. Inoltre, dal  punto  di  vista  piu'
strettamente  formativo,  l'Autorita'  si  e'  fatta   parte   attiva
all'interno del progetto europeo T4DATA, culminato con  la  redazione
di  un  Manuale  operativo  sul  RPD  (doc.  web  n.   9152344),   la
realizzazione di webinar formativi e  lo  svolgimento  di  eventi  di
carattere, locale, nazionale e transnazionale. 
    Cio' premesso, dal 2018 ad oggi, pur a  fronte  di  una  maggiore
sensibilita' al tema,  si  registrano  ancora,  nella  realta'  delle
pubbliche amministrazioni, diverse  incertezze  che  impediscono  una
compiuta realizzazione di questa importante figura e che rischiano di
pregiudicare una piena adesione  ai  principi  e  alle  regole  della
protezione dati, che  costituiscono  un  necessario  presupposto  per
assicurare la tutela dei diritti e delle liberta' fondamentali  delle
persone. 
    Nel corso di questi anni l'Autorita' ha raccolto numerose istanze
(reclami, segnalazioni e  quesiti)  in  merito  ad  alcuni  specifici
profili  relativi  alla  figura   del   RPD.   Inoltre,   la   stessa
interlocuzione - in frequenti casi, anche la mancata interlocuzione -
con  i  RPD  dei  vari  enti  pubblici  ha   denotato   significative
problematicita' circa il coinvolgimento e l'apporto che questa figura
puo' dare ai titolari del trattamento in ambito pubblico. 
    E' stata anche promossa,  nel  corso  del  2019-2020,  un'intensa
attivita' ispettiva volta  ad  indagare  i  fenomeni  di  affidamento
dell'incarico di RPD a societa' esterne, con particolare  riferimento
agli aspetti della numerosita' degli incarichi accumulati da  singole
societa'  e  dei  possibili  conflitti  di  interessi   dovuti   alla
sovrapposizione dei ruoli  di  RPD  e  di  fornitori  di  servizi  di
carattere informatico. 
    Nell'ambito della complessiva analisi dell'attuazione delle norme
del regolamento dedicate al RPD,  sono  stati  rivolti  anche  alcuni
quesiti alle Autorita' degli altri Stati membri dell'Unione  europea,
sotto forma di assistenza reciproca volontaria (ai sensi dell'art. 61
del regolamento), al fine di comprendere se  le  medesime  criticita'
siano state riscontrate anche in altri Paesi e quali  iniziative,  in
proposito, tali Autorita' abbiano intrapreso. 
    Infine, l'Autorita', dopo aver registrato lacune  ed  inesattezze
nella comunicazione dei dati di contatto del RPD, prevista  dall'art.
37, par. 7, del regolamento effettuata in sede di prima  applicazione
della  disposizione,  ha  altresi'  avviato  una  campagna  volta  ad
ottenere la regolarizzazione  di  tale  adempimento,  necessario  per
consentire  all'Autorita',  con  la  tempestivita'  richiesta   dalle
singole circostanze, di  stabilire  un  colloquio  con  i  «punti  di
contatto» stabiliti presso le singole amministrazioni. 
    A fronte dei tanti impulsi in tal modo emersi, il Garante ritiene
necessario fornire dei chiarimenti, al fine di rendere piu' effettiva
ed efficace  l'attivita'  del  RPD  e  di  mettere  il  titolare  del
trattamento nelle migliori  condizioni  per  assicurare  il  corretto
trattamento dei dati personali. 
    In particolare, tale esigenza si rende necessaria per il  settore
pubblico, laddove la designazione del RPD rappresenta un obbligo,  ai
sensi dell'art. 37, par. 1, lett. a), del regolamento. 
    Questa peculiarita' ha fatto si'  che,  in  molte  realta',  tale
onere  generalizzato  sia  stato  talvolta  vissuto  come   un   mero
adempimento formale,  senza  comprendere  adeguatamente  l'importanza
della figura in  questione  nel  supporto  e  nella  vigilanza  sulla
correttezza  dei  trattamenti  di  dati  personali   effettuati   dal
titolare. Cio' ha fatto si' che, una volta  affidato  l'incarico,  in
molte situazioni,  non  venisse  prestata  la  dovuta  attenzione  ad
aspetti quali il coinvolgimento del RPD,  l'assegnazione  di  risorse
sufficienti o l'attribuzione  di  ulteriori  incarichi  dalla  dubbia
compatibilita'. 
    A distanza  di  circa  tre  anni  dalla  piena  applicazione  del
regolamento occorre ora superare queste  incertezze:  per  questo  il
Garante ha deciso di adottare il  presente  documento  «Documento  di
indirizzo su designazione, posizione e compiti del Responsabile della
protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», con il  quale  intende
fornire i chiarimenti agli interrogativi di maggior rilievo che  sono
stati  posti  all'attenzione  dell'Autorita'  nel   triennio   appena
trascorso e conseguentemente orientare i titolari del trattamento. 
    Il Documento di indirizzo viene adottato ai sensi  dell'art.  57,
par.  1,  lett.   b)   e   d),   del   regolamento   -   concernenti,
rispettivamente, i  compiti  di  «[promuovere]  la  consapevolezza  e
[favorire] la comprensione del  pubblico  riguardo  ai  rischi,  alle
norme, alle garanzie e ai diritti in relazione al trattamento»  e  di
«[promuovere] la consapevolezza dei titolari del  trattamento  e  dei
responsabili del trattamento riguardo agli obblighi imposti loro  dal
presente regolamento» - ma anche ai sensi dell'art. 154-bis, comma 1,
lett. a), del Codice - concernente il potere di «adottare linee guida
di indirizzo  riguardanti  le  misure  organizzative  e  tecniche  di
attuazione dei principi del regolamento, anche per singoli settori  e
in applicazione dei principi di cui all'articolo 25 del regolamento». 
    A questo proposito, si precisa  che  il  Documento  di  indirizzo
recepisce, al suo interno, i chiarimenti gia' emanati con  le  citate
«Faq sul Responsabile della  protezione  dei  dati  (RPD)  in  ambito
pubblico» del 2017, che comunque rimangono  anche  quali  indicazioni
autonomamente reperibili. 
    In relazione  ai  singoli  profili  oggetto  di  trattazione,  il
Documento di indirizzo non fornisce indicazioni circa le  conseguenze
delle  violazioni  delle  disposizioni  normative   suscettibili   di
condurre  all'avvio   del   procedimento   volto   all'adozione   dei
provvedimenti correttivi e sanzionatori, ai sensi dell'art.  166  del
Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30  giugno
2003, n. 196). A questo proposito, resta fermo che l'accertamento  di
eventuali illiceita' nelle condotte di titolari  e  responsabili  del
trattamento sara' oggetto di valutazione caso  per  caso,  a  seconda
degli elementi che di volta in  volta  emergeranno  nel  corso  delle
singole istruttorie, al fine di  riscontrare  l'eventuale  violazione
degli artt. 37,  38  e  39  del  regolamento,  oggetto  di  possibile
applicazione della sanzione amministrativa  ai  sensi  dell'art.  83,
par. 4,  lett.  a),  del  medesimo  regolamento.  In  ogni  caso,  le
indicazioni contenute nel Documento di indirizzo sono  rivolte  anche
ai RPD, in quanto li impegnano nell'esecuzione dei compiti  demandati
loro dal regolamento medesimo. 
    Per  quanto  riguarda  il  settore  privato,  date  le  sensibili
differenze rispetto al mondo delle pubbliche amministrazioni e tenuto
conto delle peculiarita' che lo contraddistinguono - a partire  dalla
circostanza che, ai sensi dell'art. 37, par. 1, lett. b)  e  c),  del
regolamento la designazione del  RPD  diviene  obbligatoria  solo  al
ricorrere di alcune specifiche condizioni - si rinvia alle  «Faq  sul
Responsabile della protezione  dei  dati  (RPD)  in  ambito  privato»
(pubblicate inizialmente il 26 marzo 2018, doc. web n. 8036793),  che
sono state oggetto  di  aggiornamento,  da  parte  dell'Autorita',  a
fronte  dei  primi   anni   di   applicazione   del   regolamento   e
contestualmente all'adozione del presente provvedimento. 
  2. Una considerazione preliminare: il RPD quale «punto di contatto»
per l'Autorita'. 
    L'art. 39, par. 1, lett. d) ed e), del regolamento prevede che il
RPD, tra i suoi compiti, cooperi con l'Autorita' e funga da punto  di
contatto per questioni connesse ai trattamenti. Come  indicato  nelle
Linee guida del WP29, in questo  modo  il  RPD  svolge  un  ruolo  di
«facilitatore»,   in   quanto   facilita    l'accesso,    da    parte
dell'Autorita', ai documenti  e  alle  informazioni  necessarie  «per
l'adempimento dei compiti attribuitile dall'articolo  57  nonche'  ai
fini dell'esercizio dei poteri di indagine, correttivi, autorizzativi
e consultivi di cui all'articolo 58» (par. 4.3, pp. 23-24). 
    Questo delicato compito  carica  ancor  di  piu'  di  significato
l'obbligo per il  titolare/responsabile  del  trattamento,  stabilito
dall'art. 38, par. 1, del regolamento, di assicurarsi che il RPD  sia
«tempestivamente e adeguatamente» coinvolto  in  tutte  le  questioni
riguardanti la protezione dei dati personali,  (su  questo  specifico
profilo, cfr. par. 8). 
    Cio' significa che, nell'attivita' di acquisizione di elementi da
parte dell'Autorita' nello svolgimento delle proprie  funzioni,  deve
sempre essere  garantito  il  supporto  del  RPD.  Tale  supporto  e'
necessario: 
      - da un lato, al titolare/responsabile, al fine di  individuare
la documentazione e le informazioni corrette e pertinenti da  fornire
all'Autorita' (sul punto, cfr. le difficolta' emerse nell'istruttoria
che ha condotto all'adozione del provv. 17  dicembre  2020,  n.  280,
doc. web n. 9524175); 
      - dall'altro lato, all'Autorita' stessa, al fine  di  agevolare
l'attivita' istruttoria e consentire il tempestivo accertamento della
conformita' dei trattamenti indagati alla  normativa  in  materia  di
protezione dei dati personali. 
    Per queste  ragioni,  in  sede  di  istruttoria  preliminare,  le
richieste di informazioni saranno tendenzialmente  indirizzate  anche
al RPD, pur rimanendo l'onere di fornire riscontro (e la  conseguente
responsabilita'   dell'eventuale   inadempimento)    in    capo    al
titolare/responsabile  destinatario  della  comunicazione  (cfr.,  ad
esempio, l'art. 157 del Codice  con  riferimento  alle  richieste  di
informazioni, o l'art. 166, commi 5 e 6, del Codice  con  riferimento
all'avvio  del  procedimento   per   l'adozione   dei   provvedimenti
correttivi o sanzionatori). 
    A   questo   fine,   risulta    quindi    essenziale    che    il
titolare/responsabile  del  trattamento   comunichi   tempestivamente
all'Autorita' i dati esatti di contatto del RPD, ai  sensi  dell'art.
37,  par.  7,  del  regolamento,  provvedendo  al   loro   tempestivo
aggiornamento, anche in caso di modifica dei dati o  di  sostituzione
del soggetto designato (in tema di comunicazione dei dati di contatto
all'Autorita', cfr. par. 7). Peraltro, la presenza di dati non esatti
o non aggiornati presso l'Autorita' potrebbe comportare l'inoltro  di
comunicazioni a  soggetti  che  non  sono  (o  non  sono  piu')  RPD,
mettendoli in questo modo (impropriamente) a  parte  di  informazioni
riservate connesse all'esercizio delle funzioni istituzionali. 
    Infine, si invitano i titolari/responsabili in ambito pubblico  a
coinvolgere sistematicamente il proprio RPD  anche  in  relazione  ad
altre attivita' espletate dall'Autorita' quali accertamenti ispettivi
(cfr. art. 158 del Codice), audizioni (cfr. art. 166,  comma  6,  del
Codice), richieste di parere (cfr. art. 36, par. 4, del  regolamento,
e art. 154, comma 5, del Codice) riunioni svolte a qualsiasi  titolo.
In questa sede, la presenza di una figura qualificata ed  esperta  in
materia e che conosce nel dettaglio i trattamenti  svolti  presso  il
titolare/responsabile, e' in grado di assicurare una piu' corretta  e
completa rappresentazione delle questioni trattate e delle  eventuali
iniziative da suggerire - pur rimanendo il potere decisionale in capo
al titolare del trattamento. 
    Il medesimo invito a interpellare preliminarmente il proprio  RPD
vale, in modo particolare, in relazione a eventuali quesiti  relativi
a trattamenti posti sotto la loro gestione, in relazione ai quali  il
Garante, in generale, non e' dotato  di  compiti  consultivi,  al  di
fuori da quelli espressamente previsti dal regolamento o dalla legge.
Cio' consentira', infatti, al  RPD  di  poter  esercitare  i  compiti
affidatigli dal regolamento (a partire da quelli di consulenza di cui
all'art. 39, par. 1, lett. a)), e all'amministrazione di  trovare  le
risposte   al   proprio   interno,   nella   massima   valorizzazione
dell'accountability  di  cui  agli  artt.  5,  par.  2,  e   24   del
regolamento. Qualora, comunque, l'ente ritenesse di doversi rivolgere
all'Autorita', sara' opportuno che lo faccia solo per il tramite  del
proprio RPD, e  solo  dopo  averne  comunque  acquisito  il  relativo
parere, che dovra' essere allegato alla richiesta. 
  3. Obbligo di designazione. 
    Disposizione di riferimento del regolamento. Art. 37, par. 1: «Il
titolare del trattamento e il responsabile del trattamento  designano
sistematicamente  un   responsabile   della   protezione   dei   dati
ogniqualvolta:  a)  il  trattamento  e'  effettuato  da  un'autorita'
pubblica  o  da  un  organismo  pubblico,  eccettuate  le   autorita'
giurisdizionali quando esercitano le loro  funzioni  giurisdizionali;
b) le  attivita'  principali  del  titolare  del  trattamento  o  del
responsabile del trattamento consistono in trattamenti che, per  loro
natura,  ambito  di  applicazione  e/o   finalita',   richiedono   il
monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala;
oppure c) le attivita' principali del titolare del trattamento o  del
responsabile del trattamento consistono  nel  trattamento,  su  larga
scala, di categorie particolari di dati personali di cui all'articolo
9 o di dati relativi a condanne penali e a reati di cui  all'articolo
10». 
    Cons. 91: «[...] Il trattamento di dati  personali  non  dovrebbe
essere considerato un trattamento su  larga  scala  qualora  riguardi
dati personali di pazienti o clienti da parte di un  singolo  medico,
operatore sanitario o avvocato [...]». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 2.1, pp. 6-12. 
    Ulteriore disposizione prevista dal Codice. Art.  2-sexiesdecies:
«Il responsabile della protezione dati e' designato,  a  norma  delle
disposizioni di cui alla sezione 4 del capo IV del regolamento, anche
in relazione  ai  trattamenti  di  dati  personali  effettuati  dalle
autorita' giudiziarie nell'esercizio delle loro funzioni». 
    Precedenti decisioni del Garante.  «Faq  sul  Responsabile  della
protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», 15 dicembre 2017 (doc.
web n. 7322110); provv. 7 marzo 2019, «Chiarimenti  sull'applicazione
della disciplina per il trattamento dei dati relativi alla salute  in
ambito sanitario» (doc. web n. 9091942); Relazione annuale 2019, par.
5.4 (pp. 89-91); provv.  17  dicembre  2020,  n.  272  (doc.  web  n.
9557593); provv. 11 febbraio 2021, n. 54 (doc. web n. 9556625). 
    Questioni emerse. Al di la' di autorita'  pubbliche  o  organismi
pubblici,  in  relazione  ai  quali  l'obbligo  di  designazione   e'
stabilito in maniera chiara dalla lett. a) dell'art. 37, par. 1,  del
regolamento, si  e'  posto  il  dubbio  circa  i  casi  in  cui  tale
designazione sia obbligatoria o  meno,  alla  luce  delle  successive
lett. b) e  c),  in  relazione  a  soggetti  privati  che  esercitano
comunque compiti di interesse pubblico: e' il caso, ad  esempio,  dei
concessionari  di  pubblici  servizi,  o  delle  strutture  sanitarie
private. 
    Inoltre, per quanto concerne amministrazioni  complesse  (come  i
Ministeri), dotate di articolazioni territoriali  oppure  settoriali,
ci si e' domandato se fosse  possibile  designare  piu'  di  un  RPD,
magari assegnandone uno per ciascuna di tali articolazioni. 
    Misure indicate. Preliminarmente, occorre ricordare che  sussiste
l'obbligo di designazione per tutti i  soggetti  pubblici,  ai  sensi
della lett. a) dell'art. 37,  par.  1,  del  regolamento,  quali,  ad
esempio:  le  amministrazioni  dello  Stato,  anche  con  ordinamento
autonomo, compresi gli istituti scolastici;  gli  enti  pubblici  non
economici nazionali, regionali  e  locali;  le  regioni  e  gli  enti
locali;  le  Universita';  le   Camere   di   commercio,   industria,
artigianato  e  agricoltura;  le  Aziende  del   Servizio   sanitario
nazionale; le  Autorita'  indipendenti  (cfr.,  a  valenza  meramente
indicativa e non esaustiva, l'elenco di cui all'art. 1, comma 2,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165). 
    Per  quanto  concerne,  in  generale,  i  soggetti  privati   che
esercitano funzioni pubbliche, pur essendo l'obbligo di  designazione
del RPD rimesso a una valutazione che tenga conto degli  elementi  di
cui alle lett. b) e c) dell'art. 37, par. 1,  del  regolamento,  alla
luce delle indicazioni contenute  nelle  Linee  guida  del  WP29,  e'
comunque fortemente raccomandato individuare ed investire una  figura
dell'incarico di RPD, tenendo  conto,  tra  le  altre  cose,  che  le
caratteristiche dei trattamenti da costoro svolti sono assimilabili a
quelli  effettuati  da  soggetti  propriamente  pubblici,  stante  la
medesima riconducibilita' a compiti di interesse  pubblico.  In  ogni
caso, e' altamente probabile che, in tali situazioni, i requisiti  di
cui alle lett.  b)  e  c)  dell'art.  37,  par.  1,  del  regolamento
tendenzialmente  vengano   soddisfatti,   per   cui   si   ricadrebbe
conseguentemente nell'obbligo di designazione. 
    E' il caso, ad esempio, delle societa' concessionarie dei servizi
di trasporto pubblico locale, di gestione delle autolinee pubbliche o
di raccolta dei rifiuti, allorche' utilizzano sistemi che  comportano
il trattamento, su larga scala,  di  dati  di  dipendenti  e  utenti,
associato a un monitoraggio  regolare  o  sistematico:  si  pensi  ai
dispositivi di geolocalizzazione dei veicoli impiegati nel  servizio,
alle forme di tracciamento dei titoli di viaggio o ai call center per
la gestione delle telefonate dell'utenza. Per quanto concerne,  nello
specifico, il servizio di trasporto pubblico, si tenga peraltro conto
che l'utenza e' composta anche da interessati caratterizzati  da  una
particolare situazione  di  vulnerabilita'  (come  minori  o  persone
disabili), con conseguente trattamento di  categorie  particolari  di
dati personali. 
    Per quanto concerne lo specifico ambito sanitario, posto  che  le
Aziende sanitarie appartenenti al Servizio sanitario  nazionale  sono
obbligate  alla  designazione  in  quanto  si  tratta  di   organismi
pubblici, anche ospedali privati, case di cura o Residenze  sanitaria
assistenziale (RSA) si devono ritenere, in via  generale,  sottoposti
all'obbligo di designazione, trattando dati  sulla  salute  su  larga
scala (art. 37, par. 1, lett. c), del regolamento). 
    Quanto, poi, al singolo professionista  sanitario  che  operi  in
regime di libera professione a titolo individuale, si fa presente che
lo stesso  non  e'  tenuto  alla  designazione  di  tale  figura  con
riferimento allo svolgimento  della  propria  attivita',  in  quanto,
secondo quanto indicato nel cons. 91 del regolamento,  i  trattamenti
dallo stesso effettuati non rientrano  tra  quelli  su  larga  scala.
Anche farmacie, parafarmacie, e aziende ortopediche e  sanitarie,  se
non effettuano trattamenti di dati personali su larga scala, non sono
obbligati a designare il RPD. 
    Infine, per quanto concerne il «numero» di RPD  di  cui  si  puo'
avvalere un'amministrazione, si rileva che  l'unicita'  della  figura
del RPD e' una  condizione  necessaria  per  evitare  il  rischio  di
sovrapposizioni  o  incertezze   sulle   responsabilita',   sia   con
riferimento all'ambito interno all'ente, sia con riferimento a quello
esterno, e pertanto occorre che questa sia sempre assicurata. 
    Cio'  significa  che,  presso   amministrazioni   particolarmente
complesse, come i Ministeri, e' in ogni  caso  necessario  che  venga
individuato un solo RPD, in  corrispondenza  dell'unicita'  dell'ente
quale titolare del trattamento,  i  cui  dati  di  contatto  dovranno
essere pubblicati e comunicati all'Autorita' ai sensi  dell'art.  37,
par. 7, del regolamento, in  quanto  egli  rappresenta  il  punto  di
contatto unico, sia per l'Autorita'  che  per  gli  interessati,  pur
potendosi avvalere di referenti allocati presso  altre  articolazioni
che gli forniscano il supporto opportuno. 
  3.1. Designazione di RPD interno nelle more della  conclusione  del
procedimento di affidamento dell'incarico a RPD esterno. 
    Precedente decisione del Garante. Provv. 1° ottobre 2020, n.  173
(doc. web n. 9483375). 
    Questione emersa. Si e' posta la questione se,  a  seguito  della
scadenza dell'incarico di un RPD  (ad  esempio,  per  cessazione  del
contratto con un RPD esterno o per collocamento a riposo  di  un  RPD
interno),  e  in  attesa  della  conclusione   della   procedura   di
affidamento dell'incarico ad un nuovo RPD (perlopiu' esterno), l'ente
pubblico possa attendere l'esito  di  tale  procedura  oppure,  nelle
more,  sia  tenuto  a  designare,  anche  temporaneamente,   un   RPD
(eventualmente interno) per il  tempo  necessario  a  colmare  questo
periodo di vacatio. 
    Misure indicate. In questi casi, nelle more della  selezione  del
nuovo RPD esterno, in ossequio al principio generale  di  continuita'
dell'azione amministrativa che e' strettamente correlato a quello  di
buon andamento dell'azione stessa, al fine di non violare l'art.  37,
par. 1,  del  regolamento,  l'amministrazione  pubblica  e'  comunque
tenuta  a  individuare  temporaneamente,  al  proprio   interno,   un
dirigente/funzionario da designare interinalmente in questo ruolo. 
    Tale soggetto interno  deve  essere  in  possesso  dei  requisiti
richiesti dal regolamento e, qualora questo abbia  gia'  un  incarico
dirigenziale all'interno dell'organizzazione del titolare,  cio'  non
dovrebbe  comportare  la  sottrazione  del  tempo   necessario   allo
svolgimento dei compiti assegnati al RPD, ne' dovrebbe dare  luogo  a
una  situazione  di  conflitto  di  interessi,  qualora  ad   esempio
partecipi  alla  definizione  delle   finalita'   o   modalita'   dei
trattamenti di dati personali effettuati dal titolare. 
    Posto, pertanto, l'obbligo  per  ogni  ente  pubblico  di  essere
dotato di un RPD nel pieno delle sue funzioni, spetta a ciascun  ente
pubblico,  in  conformita'  al  principio  di  accountability,   ogni
valutazione in merito alla scelta della figura da  individuare  quale
RPD, tenuto in ogni caso conto che  tale  particolare  situazione  di
transitorieta' rappresenta un elemento utile nella valutazione  della
sussistenza di un effettivo rischio di conflitto di interessi in  cui
potrebbe incorrere la risorsa interna temporaneamente designata. 
    Restano in ogni caso fermi gli obblighi di pubblicazione dei dati
di contatto  del  RPD  e  di  comunicazione  degli  stessi  a  questa
Autorita', ai sensi dell'art. 37, par. 7, del regolamento, anche  con
riferimento alla figura nominata in via temporanea. 
  4. Designazione  di  un  unico  RPD  per  conto  di  piu'  soggetti
pubblici. 
    Disposizione di riferimento del regolamento.  Art.  37,  par.  3:
«Qualora  il  titolare  del  trattamento  o   il   responsabile   del
trattamento sia un'autorita' pubblica o  un  organismo  pubblico,  un
unico responsabile della protezione dei dati  puo'  essere  designato
per piu' autorita' pubbliche o organismi pubblici, tenuto conto della
loro struttura organizzativa e dimensione». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 2.3, pp. 13-14; par.
3.2, pp. 18-19. 
    Precedenti decisioni del Garante. Relazione  annuale  2018,  par.
5.4.3   (pp.   84-85);   provv.   7    marzo    2019,    «Chiarimenti
sull'applicazione  della  disciplina  per  il  trattamento  dei  dati
relativi alla salute in ambito sanitario» (doc. web n. 9091942). 
    Questione emersa. In ambito pubblico, considerato che il titolare
del trattamento puo' presentare una  struttura  organizzativa  e  una
dimensione  limitate,  che  incidono  sulla  sua  concreta  capacita'
(soprattutto  in  termini  di  risorse)  di  dotarsi  di  una  figura
esclusivamente dedicata a svolgere l'incarico di  RPD  (si  pensi  ai
tanti comuni con una popolazione numericamente ridotta,  oppure  agli
Istituti  scolastici),   si   riscontra   un   ampio   ricorso   alla
semplificazione introdotta dall'art. 37, par. 3, del regolamento, che
consente a questi soggetti di individuare, per il ruolo di  RPD,  una
figura «in comune», in questo modo abbattendo i costi e semplificando
le procedure di selezione. 
    Lo svolgimento della funzione di RPD per conto di  piu'  titolari
deve necessariamente tenere conto della possibilita'  di  consentire,
alla figura incaricata, di prestare il necessario supporto a tutti  i
suddetti titolari (anche in termini  di  tempo  e  disponibilita'  da
dedicare  loro)  e  di  assolvere  in  maniera  adeguata  ai  compiti
assegnatigli dall'art. 39 del regolamento. 
    Tale   circostanza   deve   essere   oggetto    di    valutazione
particolarmente attenta  nei  seguenti  casi:  quando  i  trattamenti
effettuati  dai  titolari  hanno  ad  oggetto   dati   personali   di
particolare delicatezza, magari anche su larga scala (si  pensi  alle
Aziende sanitarie, che trattano dati relativi alla salute riferiti  a
un numero significativo di assistiti, in un contesto  tecnologico  in
continuo  cambiamento);  quando  i  titolari  che  si  avvalgono  del
medesimo RPD operano in contesti molto differenti tra loro  (ad  es.,
comuni e istituti scolastici oppure anche soggetti privati), per  cui
anche i trattamenti effettuati differiscono in maniera rilevante  tra
loro, richiedendo al RPD  un  maggiore  impegno  nell'approfondimento
delle diverse peculiarita'. 
    Misure  indicate.  Qualora  piu'  soggetti   pubblici   intendano
avvalersi di un unico RPD, occorre che, nel rispetto del principio di
responsabilizzazione (artt. 5, par. 2, e 24  del  regolamento),  essi
effettuino un'adeguata valutazione che tenga in considerazione  tutte
le implicazioni tecniche, giuridiche e pratiche di tale decisione. 
    A  questo  proposito,  al  fine  di   prevenire   le   richiamate
criticita', e quindi di assicurare l'efficace svolgimento dei  propri
compiti, i soggetti pubblici potrebbero: 
      a) costituire un gruppo di collaboratori  a  supporto  del  RPD
designato in comune; 
      b) definire preventivamente la percentuale del tempo lavorativo
destinata all'attivita' da svolgere nei confronti di ciascun titolare
del trattamento che ha designato il medesimo RPD; 
      c) individuare, per ciascun singolo titolare  del  trattamento,
uno specifico referente cui il RPD possa rivolgersi; 
      d) in sede di procedura di  selezione,  chiedere  ai  candidati
all'incarico di RPD, quale elemento per verificare che non sussistano
situazioni  di  potenziale  incompatibilita',  di   specificare   nei
confronti di quanti  altri  titolari  sia  svolta  gia'  la  medesima
funzione, eventualmente indicando anche le tipologie di enti pubblici
(ad es., quanti comuni, quanti istituti  scolastici,  quante  Aziende
fornitrici di servizi pubblici, ecc.). 
  4.1. Comunicazione  dei  dati  di  contatto  da  parte  di  ciascun
titolare in presenza di un RPD selezionato da piu' titolari. 
    Altra disposizione di riferimento del regolamento. Art. 37,  par.
7: «Il titolare del trattamento o  il  responsabile  del  trattamento
pubblica i dati di contatto del  responsabile  della  protezione  dei
dati e li comunica all'autorita' di controllo». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 2.6, pp. 16-17. 
    Questione emersa. In alcuni casi  in  cui  un  unico  RPD  veniva
selezionato, da parte di un  organismo  associativo,  per  conto  dei
titolari  del  trattamento  associati  tra  di  loro  in  ragione  di
dimensioni e risorse limitate, si e' riscontrato che la comunicazione
dei dati di contatto del RPD all'Autorita' veniva effettuata solo  da
parte soggetto associato anziche' da  ciascun  singolo  titolare  del
trattamento.  Tale  eventualita'  si  e'  verificata   di   frequente
nell'ipotesi di Unione di comuni,  ove  la  richiamata  comunicazione
veniva effettuata da parte della sola Unione, anziche'  da  parte  di
ciascun singolo comune che la compone. 
    Al contrario, si rileva che la comunicazione dei dati di contatto
del  RPD  all'Autorita',  come  anche  la  loro  pubblicazione,  sono
attivita' necessarie  al  fine  di  garantire  all'Autorita'  e  agli
interessati la possibilita' di contattare il RPD  in  modo  facile  e
diretto:  per  tale  motivo  la  citata   disposizione,   stante   la
possibilita' di selezione di un unico RPD per conto di una pluralita'
di enti pubblici, non fa venire meno il dovere, da parte  di  ciascun
titolare del trattamento, di  pubblicare  i  dati  e  di  comunicarli
all'Autorita'. Peraltro, il soggetto pubblico che associa  tali  enti
(nell'esempio richiamato, l'Unione di comuni) e' un soggetto autonomo
che a sua volta puo' essere titolare di trattamenti, in base a quanto
stabilito dalla legge (cfr., nel caso delle Unioni di comuni,  l'art.
32 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), e per questo deve avere un suo
RPD (eventualmente anche distinto da quello dei comuni che  ne  fanno
parte). 
    Misure indicate. In questi casi, dunque,  ciascun  ente  pubblico
che  sia  titolare  del  trattamento  e'  tenuto  ad  effettuare   la
comunicazione dei dati di contatto del RPD all'Autorita', nonche'  la
pubblicazione degli stessi sul proprio sito web. Pertanto nel caso di
Unione di comuni che, per effetto del conferimento di  tale  funzione
da parte dei comuni che la compongono, individui un RPD unico  per  i
medesimi comuni, ciascuno di tali comuni e'  tenuto  a  effettuare  i
richiamati adempimenti. Rimane fermo  che  il  soggetto  associativo,
qualora sia a sua volta titolare di trattamenti di dati personali (ad
esempio, l'Unione di comuni cui e' delegato l'esercizio  di  funzioni
in forma associata), sara' tenuto a designare  un  proprio  RPD  e  a
svolgere i medesimi adempimenti (pubblicazione  e  comunicazione  dei
dati di contatto all'Autorita'). 
  5. Qualita' professionali e possesso di titoli. 
    Disposizione di riferimento del regolamento. Art. 37, par. 5: «Il
responsabile della protezione dei dati e' designato in funzione delle
qualita' professionali, in particolare della conoscenza specialistica
della normativa e delle prassi in materia di protezione dei  dati,  e
della capacita' di assolvere i compiti di cui all'articolo 39». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 2.5, pp. 14-16. 
    Precedenti decisioni  del  Garante.  Nota  del  28  luglio  2017,
«Quesiti in materia di certificazione delle competenze ai fini  della
prestazione  di  consulenza  in  materia  di  protezione   dei   dati
personali»  (doc.  web  n.  7057222);  «Faq  sul  Responsabile  della
protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», 15 dicembre 2017 (doc.
web n. 7322110). 
    Decisioni di altri organismi:  sentenza  del  Tar  Friuli-Venezia
Giulia, sez. I, del 13 settembre 2018, n. 287; atto  di  segnalazione
dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato AS1636  del  2
gennaio 2020. 
    Questione emersa. In alcuni casi, e' stato  riscontrato  che,  in
ambito pubblico, il titolare del  trattamento,  per  selezionare  una
figura dotata  delle  competenze  necessarie,  ha  richiesto  che  il
candidato fosse in possesso di titoli specifici, come ad esempio  uno
specifico titolo di studio (perlopiu' la laurea  in  giurisprudenza),
l'iscrizione ad un determinato albo professionale (spesso  quello  di
avvocato) o particolari tipologie di certificazione (come  le  cc.dd.
certificazioni volontarie). 
    I  requisiti  in  tal  modo  richiesti  non  sono  stabiliti  dal
regolamento o da altre disposizioni normative, e  il  loro  eventuale
possesso non equivale, di per se', a un'abilitazione allo svolgimento
del ruolo del RPD, ne' puo' sostituire in  toto  la  valutazione  del
soggetto pubblico nell'analisi del possesso  dei  requisiti  del  RPD
necessari per lo svolgimento dei suoi  compiti.  Pertanto,  escludere
alcuni candidati solo perche' privi di  determinati  titoli  potrebbe
apparire sproporzionato e  discriminatorio,  tenuto  conto  che  tali
requisiti,  di  per  se',  non  sono  necessariamente  in  grado   di
dimostrare il possesso delle competenze tecniche per  lo  svolgimento
adeguato della funzione di RPD (ad esempio, l'avvocato che non si  e'
mai occupato di protezione  dei  dati  personali),  potendo,  invece,
escludere  in  modo  ingiustificato   dalla   competizione   soggetti
ugualmente esperti della materia, come  potrebbero  esserlo  soggetti
non  iscritti  all'albo  degli  avvocati  che  dimostrino   di   aver
completato la propria preparazione anche sul versante giuridico o  di
avere una comprovata esperienza in materia  di  protezione  dei  dati
personali. 
    Misure indicate. Preliminarmente, si rende necessario che  l'ente
pubblico   valuti   le   qualita'   professionali,   le    conoscenze
specialistiche e l'esperienza  in  materia  di  protezione  dei  dati
personali in capo alla figura da incaricare quale RPD, tenendo  conto
dei trattamenti che effettua, prestando particolare cura, ad esempio,
alla complessita' dei trattamenti stessi, alla qualita'  e  quantita'
di  dati   personali   trattati,   all'esistenza   di   trasferimenti
sistematici  ovvero  occasionali  di  dati  personali  al  di   fuori
dell'Unione europea. Cio' comporta che, in ambito  pubblico,  il  RPD
debba certamente conoscere la normativa  e  le  prassi  nazionali  ed
europee  in  materia  di  protezione   dei   dati   (a   partire   da
un'approfondita  conoscenza  del  regolamento),   nonche'   possedere
un'adeguata conoscenza anche delle norme e  procedure  amministrative
che caratterizzano lo specifico settore, in quanto  la  liceita'  del
trattamento  dei  dati  personali  in  questo  ambito  dipende  dalla
corretta applicazione delle regole di volta in volta  previste  dalla
disciplina di settore. 
    Per quanto concerne la conoscenza di norme e prassi in materia di
protezione dei dati personali, essa puo' essere dimostrata, in  primo
luogo, attraverso una documentata esperienza professionale e/o  anche
attraverso la partecipazione ad  attivita'  formative  specialistiche
(ad esempio, master, corsi  di  studio  e  professionali,  specie  se
risulta documentato il livello  di  acquisizione  delle  conoscenze).
Rientra  in  questo  contesto  anche  la  certificazione   volontaria
acquisita  sulla  base  della  norma  tecnica  italiana   UNI   11697
«Attivita' professionali non regolamentate  -  Profili  professionali
relativi al trattamento  e  alla  protezione  dei  dati  personali  -
Requisiti  di  conoscenza,   abilita'   e   competenza»,   che   puo'
rappresentare un elemento utile di valutazione della preparazione del
candidato, ma non un'abilitazione di per se' aprioristica. 
    Analogamente, la conoscenza specialistica sara' dimostrata  dalle
attivita',  dalle  esperienze  lavorative  e  professionali   svolte,
risultanti, ad esempio, dal  curriculum  e  dalle  autocertificazioni
presentate. Particolare valore potra' assumere l'eventuale esperienza
del candidato in organizzazioni simili a quella del titolare. 
    In  tale  contesto,  preme  in  ogni  caso  evidenziare  che   la
competenza a ricoprire il ruolo di RPD non puo' essere  astrattamente
riconosciuta in capo ad una qualsiasi figura per effetto del semplice
possesso  di  specifici  titoli  (laurea,  iscrizione  ad   un   albo
professionale,  certificazione).  Il  titolare  del  trattamento   e'
infatti  tenuto  a  valutare  nel  complesso  gli  elementi  previsti
dall'art. 37, par. 5, del regolamento e, qualora  intenda  richiedere
un titolo di  studio  specifico,  e'  chiamato  a  tenere  in  dovuta
considerazione  la  proporzionalita'  tra  quanto  richiesto   e   la
complessita' del compito da svolgere nel caso  concreto,  comprovando
le proprie  scelte  ai  sensi  degli  artt.  5,  par.  2,  e  24  del
regolamento, a partire da un'adeguata motivazione  nel  provvedimento
di assegnazione formale dell'incarico. 
    Pertanto, ne discende  che,  al  momento  della  definizione  dei
requisiti in base ai quali  individuare  il  soggetto  da  incaricare
quale RPD, l'ente pubblico deve evitare restrizioni all'accesso  alle
selezioni  che  possano  risultare  sproporzionate  e  ingiustificate
rispetto  alla  figura  ritenuta  necessaria,  ma  tenere  in  debita
considerazione l'attinenza e la proporzionalita' tra quanto richiesto
(le  qualita'  professionali  di  cui  all'art.  37,  par.   5,   del
regolamento) e la complessita'  del  compito  da  svolgere  nel  caso
concreto (come il contesto in cui il RPD sara' chiamato ad operare  o
le caratteristiche dei trattamenti effettuati dall'ente designante). 
  6. Questioni attinenti alla designazione di un RPD esterno. 
    Disposizione di riferimento del regolamento. Art. 37, par. 6: «Il
responsabile della protezione dei dati puo' essere un dipendente  del
titolare del trattamento o del responsabile  del  trattamento  oppure
assolvere i suoi compiti in base a un contratto di servizi». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 2.5, pp. 14-16. 
  6.1. Allineamento tra contratto di servizi, atto di designazione  e
pubblicazione/comunicazione al Garante. 
    Altra disposizione di riferimento del regolamento. Art. 39,  par.
1: «Il responsabile della protezione dei dati  e'  incaricato  almeno
dei seguenti compiti: a) informare e fornire consulenza  al  titolare
del  trattamento  o  al  responsabile  del  trattamento  nonche'   ai
dipendenti che  eseguono  il  trattamento  in  merito  agli  obblighi
derivanti dal presente  regolamento  nonche'  da  altre  disposizioni
dell'Unione o degli Stati membri relative alla protezione  dei  dati;
b)  sorvegliare  l'osservanza  del  presente  regolamento,  di  altre
disposizioni  dell'Unione  o  degli  Stati   membri   relative   alla
protezione  dei  dati  nonche'  delle  politiche  del  titolare   del
trattamento  o  del  responsabile  del  trattamento  in  materia   di
protezione  dei  dati  personali,   compresi   l'attribuzione   delle
responsabilita', la sensibilizzazione e la formazione  del  personale
che partecipa ai trattamenti e alle connesse attivita' di  controllo;
c) fornire, se  richiesto,  un  parere  in  merito  alla  valutazione
d'impatto sulla protezione dei dati e sorvegliarne lo svolgimento  ai
sensi dell'articolo 35; d) cooperare con l'autorita' di controllo;  e
e) fungere da punto di contatto  per  l'autorita'  di  controllo  per
questioni  connesse  al  trattamento,  tra   cui   la   consultazione
preventiva di cui  all'articolo  36,  ed  effettuare,  se  del  caso,
consultazioni relativamente a qualunque altra questione». 
    Precedente decisione del Garante.  «Faq  sul  Responsabile  della
Protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», 15 dicembre 2017 (doc.
web n. 7322110). 
    Questioni  emerse.  Nel  corso  di  alcune  istruttorie  condotte
dall'Autorita', e' emerso che, con riferimento alla scelta di un  RPD
esterno, gli atti adottati al fine di rendere operativa  tale  figura
non risultano sempre  pienamente  allineati  tra  loro,  per  cui  le
indicazioni  in  ciascuno  contenute  risultano  non   univoche.   In
particolare, in queste  situazioni  si  e'  talora  riscontrato  che:
l'offerta per il servizio viene effettuata da societa'  che  indicano
la persona fisica da individuare come RPD; tale offerta, in  caso  di
affidamento alla suddetta societa', diviene  contratto  di  servizio,
per effetto dell'accettazione  operata  con  apposita  determinazione
dirigenziale dell'ente; l'atto di designazione (che, ad  esempio  nei
comuni, generalmente assume la forma di  decreto  sindacale)  avviene
nei confronti della persona fisica indicata,  ma  con  l'utilizzo  di
forme ambigue  circa  il  ruolo  assunto  dalla  societa'  che  aveva
partecipato alla gara. 
    A cio' si aggiunga che il rapporto  tra  l'amministrazione  e  la
societa' in questione viene talvolta formalizzato mediante accordo ai
sensi dell'art. 28 del  regolamento  per  lo  svolgimento  di  taluni
compiti, tra cui il supporto tecnico e organizzativo al RPD  medesimo
o attivita' di assistenza diretta nei confronti del titolare,  sempre
nel settore della protezione dei dati personali (come, ad esempio, in
riferimento alla valutazione d'impatto sulla protezione dei  dati)  o
specifici compiti quali, ad  esempio,  la  fornitura  di  piattaforme
tecnologiche o specifiche funzionalita' (registro delle attivita'  di
trattamento,  erogazione  di  eventi  formativi,  predisposizione  di
informative, ecc.). 
    Il quadro descritto determina una certa confusione circa i  ruoli
assunti dai soggetti coinvolti nel trattamento e nell'affidamento del
servizio di RPD, con una sovrapposizione di figure,  compiti  e  atti
che rende incoerente, macchinosa e poco  trasparente  l'instaurazione
del relativo rapporto. 
    Misure indicate. In via preliminare, occorre precisare  che,  nel
caso in cui la scelta del RPD ricada su una professionalita'  interna
all'ente, occorre formalizzare un apposito  atto  di  designazione  a
«Responsabile per la  protezione  dei  dati»;  in  caso,  invece,  di
ricorso  a  soggetti  esterni  all'ente,   la   designazione   potra'
costituire parte integrante dell'apposito contratto  di  servizi  (ad
esempio, come suo allegato). 
    Indipendentemente  dalla   natura   e   dalla   forma   dell'atto
utilizzato, e'  necessario  che  nello  stesso  sia  individuata,  in
maniera inequivocabile, la persona fisica o  giuridica  che  operera'
come  RPD,  riportandone  espressamente  le  generalita'  (o  i  dati
societari, in caso di persona giuridica), i compiti e le funzioni che
questi sara' chiamato a svolgere in ausilio al  titolare/responsabile
del  trattamento,  in  conformita'  a  quanto  previsto  dal   quadro
normativo di  riferimento.  L'eventuale  assegnazione  nel  tempo  di
compiti  aggiuntivi,  rispetto  a  quelli  originariamente   previsti
nell'atto  di  designazione,  dovra'  comportare  la   modifica   e/o
l'integrazione dello stesso o delle clausole contrattuali. 
    Nell'atto di designazione  o  nel  contratto  di  servizi  devono
risultare succintamente  indicate  anche  le  motivazioni  che  hanno
indotto l'ente a individuare, nella persona  fisica  selezionata,  il
proprio RPD, al fine di  consentire  la  verifica  del  rispetto  dei
requisiti previsti  dall'art.  37,  par.  5  del  regolamento,  anche
mediante  rinvio  agli  esiti  delle  procedure  di   selezione.   La
specificazione dei  criteri  utilizzati  nella  valutazione  compiuta
dall'ente nella scelta di tale  figura,  oltre  a  essere  indice  di
trasparenza e di buona amministrazione, costituisce anche elemento di
valutazione del rispetto del principio di accountability. 
    Tutto cio' premesso,  venendo  alle  criticita'  evidenziate,  si
rende necessario che: 
      a) il soggetto individuato quale RPD, che si tratti di  persona
fisica o giuridica, sia il medesimo indicato in tutti  gli  atti  che
contribuiscono a perfezionare il processo di designazione, cio'  vale
sicuramente per:  la  domanda  di  partecipazione  ad  una  procedura
selettiva; il contratto di servizio (nel caso di  affidamento  ad  un
soggetto   esterno);   l'atto   di   designazione   (con   il   quale
effettivamente viene individuato e investito il soggetto del ruolo  e
dei compiti del RPD); le informazioni contenenti i relativi  dati  di
contatto, da pubblicare  sul  sito  web  dell'ente  e  da  comunicare
all'Autorita'; 
      b)  se  il  soggetto  individuato  quale  RPD  e'  una  persona
giuridica, questa deve indicare, a sua volta,  il  referente  persona
fisica; a questo proposito, e' opportuno che essa sia indicata,  gia'
in  fase  di  procedura  di  selezione  e  in  ciascuno  degli   atti
summenzionati,  e  che  ogni  variazione   che   dovesse   riguardare
quest'ultima sia coerentemente riportata negli  stessi  e  comunicata
all'Autorita' (mediante l'apposita procedura disponibile sul sito del
Garante: cfr. par. 7); 
      c)  l'individuazione  di  eventuali  figure,  sia  interne  che
esterne all'ente, di supporto al RPD, avvenga  in  maniera  chiara  e
trasparente,  da  parte  dell'amministrazione,  eventualmente   anche
all'interno dell'atto di designazione del RPD stesso. Tali figure  di
supporto, ai soli fini dello svolgimento dei compiti propri del  RPD,
possono ricevere istruzioni solo da quest'ultimo: pertanto, a  questo
specifico fine, non possono  ricevere  istruzioni  dal  titolare  del
trattamento, ne', tantomeno, possono essere legate a quest'ultimo  da
un rapporto instaurato ai sensi dell'art. 28 del regolamento; 
      d) ulteriori figure che  forniscono  servizi  al  titolare  del
trattamento, in qualita' di responsabili del trattamento con i  quali
e' instaurato un rapporto ai sensi dell'art. 28 del regolamento,  non
svolgano altresi' compiti  di  RPD  o  di  supporto  al  RPD,  stante
l'autonomia dell'azione di quest'ultimo - considerato che gli  stessi
rapporti  instaurati  con  i  responsabili   del   trattamento   sono
sottoposti alla vigilanza del RPD, ai sensi  dell'art.  39,  par.  1,
lett. b), del regolamento. 
  6.2. Pluralita' di enti pubblici per conto dei quali  viene  svolto
l'incarico  e  pluralita'  di  servizi  forniti  anche  al   medesimo
titolare. 
    Precedenti decisioni del Garante.  «Faq  sul  Responsabile  della
Protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», 15 dicembre 2017 (doc.
web n. 7322110); Relazione annuale 2019, par. 4.9 (pp. 80-81). 
    Questione emersa. Dagli accertamenti ispettivi condotti e' emerso
che alcune societa' svolgono incarichi di RPD per conto  di  numerosi
soggetti  pubblici  (nell'ordine  delle  centinaia),   spesso   anche
variamente  dislocati   sull'intero   territorio   nazionale.   Oltre
all'incarico di RPD, e' emerso che tali societa' svolgono anche altri
incarichi che pur non essendo,  in  generale,  incompatibili  con  il
ruolo di RPD (ad  esempio,  quello  di  referente  nell'ambito  della
sicurezza  del  lavoro)  potrebbero  comunque  rendere  difficile  lo
svolgimento di tutti i compiti affidati,  soprattutto  quando  queste
societa' operano con risorse  non  adeguate,  incidendo  anche  sulla
credibilita' della qualita' del lavoro svolto come RPD. 
    A questo proposito, si sono riscontrate situazioni in cui  queste
societa' indicano, quale referente persona fisica per conto dei  vari
«clienti», sempre i medesimi  collaboratori,  affiancandoli  con  una
squadra composta da un numero molto esiguo di  unita'.  Peraltro,  in
alcuni casi,  questi  non  sono  nemmeno  deputati  allo  svolgimento
esclusivo di funzioni di supporto al RPD,  ma  svolgono  anche  altri
incarichi (compiti di amministrazione, formazione alla sicurezza  sul
lavoro,  ecc.;  per  quanto   concerne   specifiche   situazioni   di
incompatibilita' e conflitto di interessi, cfr. par. 10). 
    La numerosita' dei clienti per i quali tali societa' svolgono  il
ruolo di RPD, considerato l'esiguo numero di risorse umane, materiali
e  temporali  impiegate  in  rapporto  alla   complessita'   e   alla
numerosita' dei compiti affidati, fa sorgere dei dubbi sul fatto  che
le modalita' di  svolgimento  del  ruolo  di  RPD  possano  ritenersi
effettivamente adeguate a fornire  un  efficace  supporto  a  ciascun
titolare per lo svolgimento dei compiti  previsti  dall'art.  39  del
regolamento (oltre che a fungere quale  punto  di  contatto  per  gli
interessati, ai sensi dell'art. 38,  par.  4,  del  regolamento).  Le
stesse perplessita' emergono anche nelle ipotesi in cui una  medesima
figura che rivesta il ruolo di RPD sia chiamata, per conto anche  del
medesimo soggetto pubblico, a svolgere ulteriori incarichi. 
    Misure  indicate.  Posta  la  liberta'  di  ciascun  soggetto  di
organizzare la propria attivita' di impresa  (e  fatto  salvo  quanto
detto al par. 10.2  circa  l'organizzazione  societaria),  rimane  il
fatto che gli enti pubblici, nel momento in cui decidono di  affidare
l'incarico di RPD a un soggetto esterno alla  propria  struttura,  al
fine  di  prevenire  la  possibilita'  di  ricevere  una   assistenza
inadeguata, dovrebbero poter tenere in considerazione, ad esempio,  i
seguenti elementi: 
      a) il numero di incarichi gia' ricoperti dalla societa'  o  dal
professionista al quale si intende affidare l'incarico; 
      b) l'eventuale specializzazione in  ragione  delle  particolari
tipologie di trattamenti effettuati dai soggetti  per  i  quali  tale
soggetto svolge il ruolo di RPD (ad esempio, il fatto che  si  tratti
prevalentemente di comuni, o di Istituti  scolastici,  o  di  Aziende
sanitarie, o di societa' commerciali, ecc.); 
      c) in caso di societa', la disponibilita' di adeguate risorse a
sostegno del referente persona fisica, compresa  la  possibilita'  di
ricorrere, se del caso, a collaboratori in  possesso  di  particolari
competenze (cfr. par. 9). 
    Le  indicazioni  di  cui  sopra  non  hanno  valore  assoluto  ma
costituiscono, nel loro complesso, elementi di valutazione da  tenere
in attenta considerazione in fase di selezione. 
    Inoltre,    ciascuna    amministrazione     dovrebbe     valutare
l'opportunita' di individuare, al  proprio  interno,  una  figura  di
riferimento per il RPD  esterno,  con  il  quale  quest'ultimo  possa
interloquire con costanza, al fine di consentirgli una piu' rapida  e
completa acquisizione di tutti gli elementi di contesto necessari per
lo svolgimento dei suoi compiti e per facilitargli l'interazione  con
le strutture interne dell'ente. 
  6.3. Individuazione, all'interno del  RPD  persona  giuridica,  del
referente persona fisica. 
    Decisione di altro organismo: sentenza del Tar  Puglia  -  Lecce,
sez. III, del 13 settembre 2019, n. 1468. 
    Questione emersa. Sono emersi  dubbi  in  ordine  alla  legittima
possibilita'  che  la  persona  giuridica   candidata   ad   assumere
l'incarico di RPD per conto di  una  pubblica  amministrazione  possa
avvalersi di un referente persona fisica che non  sia  un  dipendente
della societa' medesima, e quindi sia esterno al suo organico. 
    Misure indicate. Preliminarmente, come indicato nelle Linee guida
del WP29, deve essere chiarito che il referente persona  fisica  deve
essere anch'egli in possesso  di  tutti  i  requisiti  stabiliti  dal
regolamento, compresi i requisiti professionali di cui  all'art.  37,
par. 5. 
    Cio' posto, si ritiene che obbligare una persona  giuridica,  che
intenda candidarsi a rivestire  l'incarico  di  RPD  presso  un  ente
pubblico, ad indicare quale referente persona  fisica  esclusivamente
un proprio dipendente, escludendo cosi' rapporti diversi da quello di
subordinazione,  impedisce  a  tutta  una  serie  di  realta'  (quali
societa' tra professionisti e studi professionali associati, o  anche
solo organizzazioni che  abbiano  stipulato  un  contratto  di  opera
intellettuale con un  professionista  esterno)  a  prendere  parte  a
procedure di affidamento del servizio in questione,  senza  che  tale
impedimento  abbia  alcun  aggancio  nel  regolamento,  dove  non  e'
presente alcuna  disposizione  che  richieda  la  sussistenza  di  un
siffatto rapporto di subordinazione. 
    A  questo  proposito,  nonostante  si   riscontrino   dei   primi
orientamenti giurisprudenziali difformi,  si  ritiene  che  le  Linee
guida del WP29,  laddove  parlano  di  «appartenenza»  della  persona
fisica alla persona giuridica, non intendono fornire a tale  concetto
alcuna precisa connotazione giuridica (probabilmente, anche  al  fine
di rispettare l'autonomia dei  singoli  ordinamenti  nazionali  nella
disciplina dei rapporti di lavoro). Infatti, le  Linee  guida,  nella
versione originale in  lingua  inglese,  fanno  riferimento  a  «each
member of the  organisation  exercising  the  functions  of  a  DPO»,
utilizzando  quindi  una   locuzione   che   rimanda   ad   un   mero
coinvolgimento delle persone fisiche preposte, senza che da  cio'  si
possa dedurre la necessaria sussistenza di un vincolo  di  dipendenza
parificabile ad un rapporto di lavoro subordinato (come, ad  esempio,
quello di cui all'art. 2094 c.c.). 
    Conseguentemente, si ritiene  che  il  referente  persona  fisica
indicato dalla persona giuridica non debba necessariamente essere  un
suo dipendente, e quindi non debba obbligatoriamente trovarsi  in  un
rapporto   di   subordinazione,   a   nulla   rilevando,   ai    fini
dell'applicazione del regolamento, il tipo di rapporto  che  lega  la
persona giuridica designata con il referente persona fisica. Deve, in
ogni caso, sussistere un rapporto giuridico che fornisca prova  della
sussistenza di un legame valido, efficace e stabile e legittimi  tale
indicazione nei confronti dell'ente pubblico aggiudicante. 
    Tutto  cio'  considerato,  deve  in  ogni  modo   essere   sempre
assicurata la massima e  preventiva  correttezza  e  trasparenza,  da
parte della persona  giuridica  che  intende  essere  designata,  nei
confronti dell'ente affidante. Pertanto, nulla osta e, anzi, potrebbe
essere considerata una buona pratica che l'ente committente  richieda
alle societa' candidate per l'incarico di RPD adeguate  informazioni,
eventualmente comprovate da idonea documentazione, circa  la  persona
fisica da indicare come referente come, ad esempio: 
      a) i dati identificativi; 
      b) il possesso dei requisiti di cui all'art. 37,  par.  5,  del
regolamento; 
      c) l'assicurazione che tale persona fisica non  abbia  gia'  un
numero di incarichi che ne  rendano  difficoltoso  l'adempimento  (ad
esempio, indicando il numero di incarichi gia' rivestiti); 
      d) il tipo di rapporto contrattuale intrattenuto. 
    Sempre al fine  di  assicurare  la  massima  trasparenza,  l'ente
committente potrebbe valutare l'opportunita' di inserire, all'interno
del  contratto,  una  clausola  che  obblighi  la  persona  giuridica
affidataria a comunicargli qualsiasi variazione, intervenuta in  sede
di esecuzione, riguardante il referente  persona  fisica  previamente
individuato, al fine di consentire al  titolare  del  trattamento  di
verificare  che  il  RPD  garantisca  il  mantenimento,  nel   tempo,
dell'effettivo possesso dei requisiti richiesti. 
  6.4. Durata dell'incarico. 
    Altra disposizione di riferimento del regolamento. Art. 38,  par.
3: «Il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento  si
assicurano che il responsabile della protezione dei dati  non  riceva
alcuna istruzione per quanto riguarda l'esecuzione di  tali  compiti.
Il  responsabile  della  protezione  dei  dati  non  e'   rimosso   o
penalizzato dal titolare  del  trattamento  o  dal  responsabile  del
trattamento per l'adempimento dei  propri  compiti.  Il  responsabile
della  protezione  dei  dati  riferisce   direttamente   al   vertice
gerarchico del  titolare  del  trattamento  o  del  responsabile  del
trattamento». 
    Cons. 97: «[...] Tali responsabili  della  protezione  dei  dati,
dipendenti o meno del  titolare  del  trattamento,  dovrebbero  poter
adempiere alle funzioni e  ai  compiti  loro  incombenti  in  maniera
indipendente». 
    Decisione di altro organismo: delibera  dell'Autorita'  nazionale
anticorruzione n. 421 del 13 maggio 2020. 
    Questione emersa. Sono state riscontrate  situazioni  in  cui  la
durata  dell'incarico  di  RPD  assegnato  a  un   soggetto   esterno
all'amministrazione era strettamente legata alla durata  del  mandato
del vertice della medesima  (come,  ad  esempio,  il  sindaco  di  un
comune). 
    A questo proposito, si rileva che il RPD deve svolgere la propria
funzione in maniera indipendente rispetto alle decisioni adottate dal
legale rappresentante del titolare del trattamento, mentre un  legame
in tal  modo  instaurato  rischia  di  creare  un  rapporto  su  base
fiduciaria,  che  puo'  minare  la  separazione  delle  competenze  e
l'autonomia del RPD, creando  una  soggezione  di  fatto  fra  organo
politico e soggetto di consulenza/sorveglianza. 
    Misure  indicate.  La  durata  del  contratto  di  servizi   deve
tendenzialmente essere tale da consentire al RPD di poter  impostare,
in un periodo non breve, le attivita' necessarie per rendere conformi
al regolamento i  trattamenti  effettuati  dal  titolare  che  lo  ha
incaricato. Spetta ovviamente a ciascun  ente  pubblico  valutare  la
congruita'    della    durata    rispetto    alle     caratteristiche
dell'amministrazione (dimensioni, risorse a disposizione, ecc.)  e  a
quelle dei trattamenti svolti (complessita', qualita' e quantita' dei
dati personali trattati, ecc.): ma, in linea di massima,  si  ritiene
che un periodo congruo  per  la  durata  dell'incarico  possa  essere
stimato intorno ai tre  anni,  al  fine  di  dare  al  RPD  il  tempo
necessario  per  poter   conoscere   adeguatamente   l'organizzazione
dell'ente e attuare le misure necessarie a garanzia dei diritti degli
interessati. 
    Cio' posto, nello stabilire la durata del contratto  con  il  RPD
esterno,  l'ente  pubblico,  pur  all'interno   di   una   sfera   di
discrezionalita'  riguardo  alle  scelte  organizzative,   non   puo'
affidarsi a criteri che possano essere sintomatiche  di  un  rapporto
non improntato all'autonomia di azione del RPD (come, ad esempio,  lo
stretto collegamento dell'incarico di RPD con il mandato di un organo
direttivo dell'ente medesimo). 
    Infine, in  quest'ottica,  si  richiamano  le  amministrazioni  a
prestare  attenzione  a  quanto  sostenuto  dall'Autorita'  nazionale
anticorruzione, a fini di rispetto della  disciplina  in  materia  di
contratti pubblici, sulla necessita' che l'affidamento dei  contratti
aventi ad oggetto il servizio di protezione  dei  dati  personali  di
importo inferiore alle soglie comunitarie debba avvenire nel rispetto
del principio di rotazione. 
  6.5. Remunerazione. 
    Questioni  emerse.   Sono   state   rappresentate   all'Autorita'
situazioni in cui bandi di gara  per  l'affidamento  all'esterno  del
servizio di RPD prevedevano compensi estremamente  bassi  nell'ordine
delle  poche  centinaia  di  euro,  avvalendosi   del   criterio   di
aggiudicazione basato sul prezzo piu' basso di cui  all'art.  95  del
d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. 
    Nel corso dell'attivita'  ispettiva  sono  emerse  anche  realta'
peculiari in cui una societa' consortile, che gia'  offre  agli  enti
pubblici consorziati servizi a fronte del  versamento  di  una  quota
annuale di partecipazione al consorzio, si e' proposta, nei confronti
dei medesimi enti, di fornire  loro  il  servizio  di  RPD  in  forma
gratuita. Questa scelta sarebbe motivata dalle garanzie offerte dalla
propria «societa' partecipata» di riferimento, oltre che da  evidenti
ragioni di contenimento dei costi, tenuto peraltro conto  che  questo
fenomeno si e' sviluppato nelle aree del Paese  piu'  in  difficolta'
sotto il profilo economico e finanziario. 
    In proposito,  si  ritiene  che  l'eccessivo  abbassamento  della
remunerazione per la fornitura del servizio di RPD abbia  un  duplice
effetto negativo: da una parte, quello di consentire l'aggiudicazione
in favore di candidati che, nonostante quanto previsto dall'art.  37,
par. 5, del regolamento, non abbiano una formazione specifica  idonea
allo  svolgimento  dei  delicati  compiti  che   spettano   al   RPD;
dall'altra, quello di spingere i soggetti affidatari, per  conseguire
una remunerazione  adeguata,  ad  accumulare  un  elevato  numero  di
incarichi, con la conseguenza di non riuscire ad offrire un  servizio
efficace  a  ciascuno  dei  propri  clienti  (sul  punto,   cfr.   le
considerazioni riportate nel par. 6.2). 
    Misure indicate. Come per quanto detto in relazione  alla  durata
del  contratto,  anche  nella  determinazione  del  compenso   l'ente
pubblico affidante, pur  tenendo  in  adeguato  conto  le  risorse  a
disposizione  e  la  situazione  organizzativa,  dovrebbe  effettuare
valutazioni di congruita'  della  cifra  da  stabilire,  al  fine  di
investire un RPD che svolga i propri compiti in maniera efficace. 
    In questa prospettiva, si invitano gli enti pubblici, nel momento
della definizione dei criteri di aggiudicazione del servizio di  RPD,
a considerare di privilegiare la  scelta  del  criterio  dell'offerta
economicamente  piu'  vantaggiosa,  in  coerenza  con  la  preferenza
accordata dall'art. 95 del d.lgs. 50/2016 e  affermata  dall'Adunanza
plenaria del Consiglio di Stato (sent. 21 maggio 2019, n. 8), nonche'
in  linea  con  le  indicazioni  fornite   dall'Autorita'   nazionale
anticorruzione. Infatti, come  sancito  dal  richiamato  orientamento
giurisprudenziale, «nell'ambito della generale facolta' discrezionale
nella scelta del criterio  di  aggiudicazione,  a  sua  volta  insita
nell'esigenza di rimettere all'amministrazione la  definizione  delle
modalita' con cui soddisfare nel miglior  modo  l'interesse  pubblico
sotteso  al  contratto  da  affidare,  le  stazioni  appaltanti  sono
nondimeno vincolate alla preferenza accordata dalla legge  a  criteri
di selezione che abbiano riguardo non solo  all'elemento  prezzo,  ma
anche ad aspetti di carattere qualitativo delle offerte»  (cons.  8).
Nel  caso  di  specie,  gli  aspetti  qualitativi  sono  direttamente
collegati anche alla valutazione delle qualita' professionali di  cui
all'art.  37,  par.  5,  del  regolamento:  pertanto,  le   pubbliche
amministrazioni  dovranno   contemperare   in   maniera   congrua   e
proporzionata le esigenze di razionalizzazione della spesa con quelle
di acquisizione delle competenze  adeguate  per  lo  svolgimento  dei
compiti connessi alla migliore realizzazione  degli  obiettivi  posti
dalla disciplina europea  a  tutela  dei  diritti  e  delle  liberta'
fondamentali degli interessati. 
    Infine,  per  quanto  riguarda   le   descritte   situazioni   di
affidamento a titolo gratuito in favore di  societa'  consortili  che
forniscono altri servizi (soprattutto in campo IT),  si  fa  presente
che  la  questione  del  compenso  (in  questo  caso  non   previsto)
rappresenta una conseguenza di un'altra problematica posta a monte, e
cioe' quella  del  conflitto  di  interessi  in  capo  alla  societa'
(ampiamente trattata al  par.  10.2).  Un'applicazione  rigorosa  del
principio di separazione  tra  servizi  forniti  da  un  soggetto  in
qualita' di responsabile del trattamento, ai sensi dell'art.  28  del
regolamento, e i servizi forniti da un soggetto esterno  in  qualita'
di RPD, ai sensi dell'art. 37 del regolamento, dovrebbe  naturalmente
condurre all'incumulabilita' dei due incarichi in  capo  allo  stesso
soggetto,  risolvendo,  pertanto,  alla  radice  la  questione  della
remunerazione. 
  7. Pubblicazione e comunicazione all'Autorita' dei dati di contatto
del RPD. 
    Disposizione di riferimento del regolamento. Art. 37, par. 7: «Il
titolare del trattamento o il responsabile del trattamento pubblica i
dati di contatto del responsabile della  protezione  dei  dati  e  li
comunica all'autorita' di controllo». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 2.6, pp. 16-17. 
    Precedenti decisioni del Garante.  «Faq  sul  Responsabile  della
Protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», 15 dicembre 2017 (doc.
web n. 7322110); provv. 12 marzo 2020, n. 56 (doc. web  n.  9429218);
provv. 1° ottobre 2020, n. 173  (doc.  web  n.  9483375);  provv.  17
dicembre 2020, n. 272 (doc. web n. 9557593); provv. 11 febbraio 2021,
n. 54 (doc. web n. 9556625). 
    Questioni emerse. Non sempre e'  risultato  che  i  titolari  del
trattamento  abbiano   effettuato   i   due   predetti   adempimenti,
vanificando cosi' la necessaria trasparenza informativa nei confronti
sia degli interessati (che in questo modo non sanno dell'esistenza di
una figura cui rivolgere le proprie istanze in materia di trattamento
dei propri  dati  personali)  che  dell'Autorita'  medesima  (facendo
venire meno quel punto di contatto essenziale per lo svolgimento  dei
propri compiti istituzionali). 
    Inoltre, in alcuni casi l'ente ha  ritenuto  di  poter  assolvere
all'obbligo  di  pubblicazione  mediante  l'affissione  dei  dati  di
contatto presso i propri uffici, senza la  messa  a  disposizione  su
pagine facilmente individuabili  all'interno  del  proprio  sito  web
istituzionale. 
    Per quanto concerne, invece,  l'adempimento  della  comunicazione
dei dati di contatto all'Autorita', oltre ai numerosi casi di mancato
assolvimento,  si  sono   registrati   anche   altrettanto   numerose
situazioni di comunicazione effettuata mediante canali inidonei  (non
avvalendosi cioe' dell'apposita procedura online messa a disposizione
dal Garante), oppure indicando  riferimenti  non  corretti  dell'ente
titolare  del  trattamento   (ad   esempio,   indicando   il   legale
rappresentante come titolare del trattamento o fornendo, in luogo del
codice fiscale dell'ente, la partita IVA, ovvero  il  codice  fiscale
del  proprio  legale  rappresentante  oppure   del   RPD   medesimo),
impedendone cosi' l'individuazione. 
    Misure indicate. Ciascun soggetto che designa un RPD e' tenuto ad
effettuare entrambi gli adempimenti previsti dall'art.  37,  par.  7,
del regolamento (pubblicazione e comunicazione all'Autorita' dei dati
di contatto). 
    Per  quanto  concerne  la  pubblicazione,  questa  dovra'  essere
effettuata sul sito  web  dell'amministrazione,  all'interno  di  una
sezione facilmente riconoscibile dall'utente e accessibile gia' dalla
homepage,   oltre   che   nell'ambito    della    sezione    dedicata
all'organigramma dell'ente ed ai relativi contatti. 
    Non e' necessario che, tra i dati oggetto  di  pubblicazione,  vi
sia anche il nominativo del  RPD,  non  essendo  questa  informazione
indispensabile  a  fini  di  contatto  da  parte  di   chiunque   sia
interessato: al contrario, risulta imprescindibile che tra i dati  di
contatto  vi  sia  quantomeno  un  indirizzo  di  posta   elettronica
(sicuramente ordinaria,  eventualmente  integrata  con  un  indirizzo
PEC). 
    A proposito dell'indirizzo di posta elettronica, si  invitano  le
amministrazioni a rendere disponibili, sia nei confronti del pubblico
che dell'Autorita', una casella  «istituzionale»  ad  hoc  attribuita
specificamente al solo RPD, evitando l'utilizzo di caselle che  siano
direttamente espressione del titolare del  trattamento  (ad  esempio,
perche'  richiamano  l'«amministrazione»,  la   «segreteria»   o   il
«protocollo»).  Invero,  perche'  sia   effettivamente   indipendente
nell'esercizio delle sue funzioni (come richiesto dal  cons.  97  del
regolamento),  sarebbe  opportuno  che  il  RPD  venisse   contattato
attraverso  canali  che  riconducano  direttamente   a   lui,   senza
l'intermediazione di uffici facenti capo al titolare. 
    Per quanto concerne la comunicazione all'Autorita', si  evidenzia
che il Garante ha reso disponibile un'apposita procedura  online  non
solo per la comunicazione, ma anche per la variazione e la revoca del
nominativo del RPD  designato.  Tale  procedura  rappresenta  l'unico
canale di  contatto  utilizzabile  a  questo  specifico  fine  ed  e'
reperibile alla  pagina  https://servizi.gpdp.it/comunicazionerpd/s/,
ove sono riportate anche le apposite istruzioni e  le  relative  FAQ:
peraltro,  si   richiama   l'attenzione   degli   enti   a   inserire
correttamente i dati richiesti, come  l'individuazione  del  titolare
del trattamento (l'ente complessivamente  inteso,  e  non  il  legale
rappresentante)   e    la    compilazione    del    codice    fiscale
dell'amministrazione (e non della  partita  IVA,  ovvero  del  codice
fiscale di altro soggetto). 
    Per quanto concerne la variazione dei dati di  contatto  del  RPD
(ad esempio, per effetto della nomina di un differente  soggetto  per
quell'incarico), essa dovra' essere  effettuata  tempestivamente,  in
modo che l'Autorita', per l'esercizio dei propri compiti, sia  sempre
in  possesso  di  informazioni  aggiornate  e,  conseguentemente,  si
rivolga al «punto di contatto» esatto. 
    Infatti, il mantenimento di dati di  contatto  non  piu'  attuali
potrebbe comportare il coinvolgimento di un  soggetto  cessato  dalle
proprie funzioni di RPD, con conseguente  comunicazione  a  terzi  di
informazioni che non ha piu' alcun titolo a conoscere: ad esempio, da
parte di un interessato  che  si  vuole  rivolgere  a  lui  ai  sensi
dell'art. 38, par. 4, del regolamento, ovvero da parte  della  stessa
Autorita', che lo intende coinvolgere nell'ambito di un procedimento,
ai sensi dell'art. 39, par. 1, lett. d), ed e), del regolamento. 
    Occorre considerare al riguardo che il mancato aggiornamento  dei
dati di contatto del RPD, tanto sul sito web dell'ente  quanto  nella
relativa  comunicazione  all'Autorita',  costituisce   una   condotta
sanzionabile al pari della mancata pubblicazione/comunicazione.  
  8. Coinvolgimento da parte del titolare e svolgimento  dei  compiti
da parte del RPD. 
    Disposizioni di riferimento del regolamento. Art. 38, par. 1: «Il
titolare  del  trattamento  e  il  responsabile  del  trattamento  si
assicurano  che  il  responsabile  della  protezione  dei  dati   sia
tempestivamente e  adeguatamente  coinvolto  in  tutte  le  questioni
riguardanti la protezione dei dati personali». 
    Art. 38, par. 3: «Il titolare del trattamento e  il  responsabile
del trattamento si assicurano che il  responsabile  della  protezione
dei  dati  non  riceva  alcuna   istruzione   per   quanto   riguarda
l'esecuzione di tali compiti. Il responsabile  della  protezione  dei
dati non e' rimosso o penalizzato dal titolare del trattamento o  dal
responsabile del trattamento per l'adempimento dei propri compiti. Il
responsabile della protezione  dei  dati  riferisce  direttamente  al
vertice gerarchico del titolare del trattamento  o  del  responsabile
del trattamento». 
    Art. 39, par. 1: «Il responsabile della protezione  dei  dati  e'
incaricato almeno  dei  seguenti  compiti:  a)  informare  e  fornire
consulenza  al  titolare  del  trattamento  o  al  responsabile   del
trattamento nonche' ai dipendenti  che  eseguono  il  trattamento  in
merito agli obblighi derivanti dal presente  regolamento  nonche'  da
altre disposizioni dell'Unione o degli  Stati  membri  relative  alla
protezione  dei  dati;  b)  sorvegliare  l'osservanza  del   presente
regolamento, di altre disposizioni dell'Unione o degli  Stati  membri
relative  alla  protezione  dei  dati  nonche'  delle  politiche  del
titolare del  trattamento  o  del  responsabile  del  trattamento  in
materia di protezione dei  dati  personali,  compresi  l'attribuzione
delle responsabilita',  la  sensibilizzazione  e  la  formazione  del
personale che partecipa ai trattamenti e alle connesse  attivita'  di
controllo; c)  fornire,  se  richiesto,  un  parere  in  merito  alla
valutazione d'impatto sulla protezione dei  dati  e  sorvegliarne  lo
svolgimento ai sensi dell'articolo 35; d) cooperare  con  l'autorita'
di controllo; e e) fungere da punto di contatto  per  l'autorita'  di
controllo  per  questioni  connesse  al  trattamento,  tra   cui   la
consultazione preventiva di cui all'articolo 36,  ed  effettuare,  se
del caso, consultazioni relativamente a qualunque altra questione.». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 3.1, pp. 17-18; par.
4, pp. 22-25. 
    Precedenti decisioni del Garante. Relazione  annuale  2019,  par.
4.9 (pp. 80-81); provv.  17  dicembre  2020,  n.  280  (doc.  web  n.
9524175); provv. 25 febbraio 2021, n. 87 (doc. web n. 9556958). 
    Questioni emerse. In alcuni dei casi in cui il RPD e' una persona
giuridica che fornisce  tale  servizio  ad  una  pluralita'  di  enti
pubblici, e' emerso che le interlocuzioni con i titolari non  fossero
sufficientemente frequenti. 
    In particolari situazioni,  sono  stati  altresi'  lamentati,  da
parte di alcuni enti pubblici, veri e propri inadempimenti  da  parte
del RPD designato, il quale non avrebbe svolto, in maniera  adeguata,
i compiti previsti dall'art. 39 del regolamento,  o  quelli  pattuiti
all'atto  del  conferimento   dell'incarico   (quali,   ad   esempio,
l'attivita'  formativa  nei  confronti  dei  dipendenti,  oppure   il
coordinamento nella  mappatura  dei  trattamenti)  e  il  conseguente
supporto  nello  svolgimento   degli   adempimenti   previsti   dalla
disciplina in materia di protezione dei dati personali. 
    Anche nel caso di RPD interni si sono  registrate  situazioni  di
scarso  coinvolgimento,  da  parte  del  titolare,   soprattutto   in
occasione delle interlocuzioni avviate con l'Autorita' nel  corso  di
specifici  procedimenti,  con  l'effetto  di   rendere   difficoltosa
l'acquisizione degli elementi necessari per chiarire i  contorni  dei
trattamenti indagati. 
    Si osserva, in proposito, che la prassi di  instaurare  contatti,
solo saltuari, tra il soggetto pubblico e il proprio RPD (sia interno
che esterno) vanifica il senso della presenza del RPD  e,  con  esso,
l'approccio  di  privacy  by  design  e  by  default   promosso   dal
regolamento, con conseguenze dirette in  capo  agli  enti  stessi  in
termini  di  accountability  e   di   inadempimento   agli   obblighi
regolamentari  (ad  esempio,  ai  sensi  degli  art.  82  e  83   del
regolamento). 
    In  base  alle  risultanze   fornite   dall'attivita'   ispettiva
espletata dall'Autorita', ma anche dalle segnalazioni ricevute, si e'
riscontrato che tale atteggiamento puo' essere imputabile a  entrambe
le  parti:  al  RPD,  in  quanto  spesso  portato  a   non   proporre
adeguatamente al titolare le attivita' necessarie  per  conformare  i
trattamenti  alla  disciplina  in  materia  di  protezione  dei  dati
personali; all'ente pubblico, per la tendenza a considerare la nomina
del  RPD  solo  come  un  adempimento  formale,  non  riconoscendo  e
tantomeno valorizzando i compiti e le potenzialita' di questa figura. 
    Misure indicate.  Nel  corso  delle  indagini  sul  campo  svolte
dall'Autorita', sono, in ogni caso, emerse delle buone  pratiche  che
si ritiene utile suggerire, in aggiunta a quelle gia' indicate  nelle
Linee guida del WP29, al fine di rendere effettivo il  coinvolgimento
del RPD  e  appropriato  lo  svolgimento  dei  compiti  da  parte  di
quest'ultimo: 
      a) l'individuazione, all'interno dell'amministrazione,  di  una
figura, adeguata per posizione e competenze, che funga  da  punto  di
riferimento per il RPD, con il quale quest'ultimo possa  interloquire
costantemente, al fine di ricevere  gli  elementi  richiesti  per  lo
svolgimento dei propri compiti, oltre che facilitare il  dialogo  con
il vertice amministrativo; 
      b) la condivisione di un'agenda  attraverso  la  quale  fissare
momenti di dialogo con una congrua periodicita'; 
      c) la proposta, da parte del RPD al titolare, di  attivita'  da
svolgere per migliorare la gestione dei trattamenti sul  piano  della
conformita' alla disciplina di settore, da effettuarsi sia al momento
dell'assunzione  dell'incarico  che,  periodicamente,  in  corso   di
esecuzione dello stesso. Tra queste, potrebbe, ad esempio,  rientrare
la predisposizione di: 
        c.1)  documenti  informativi,  rivolti   tanto   al   vertice
dell'ente quanto ai suoi dipendenti e collaboratori; 
        c.2) attivita'  di  supporto  per  l'adempimento  di  singoli
obblighi  previsti  dal  regolamento  quali:  le  informative  (artt.
12-14); le designazioni dei responsabili del trattamento (art. 28)  e
delle persone  autorizzate  (art.  29),  con  suggerimenti  circa  le
possibili istruzioni da impartire; il registro dei trattamenti  (art.
30); il registro delle violazioni (art. 33); 
        c.3)  proposte  di  misure  tecniche  e   organizzative   per
innalzare il livello  generale  di  protezione  dei  dati  personali,
oggetto dei trattamenti effettuati e per una piu' efficace tutela dei
diritti e delle liberta' fondamentali degli interessati; 
        c.4) procedure interne per la gestione di eventi  particolari
quali le violazioni di dati personali di cui agli artt. 33 e  34  del
regolamento, o le valutazioni di impatto sulla protezione dei dati di
cui all'art. 35 del regolamento, o anche, piu' in  genere,  l'analisi
dei rischi; 
      d) la rendicontazione dell'attivita' svolta, sia quella in loco
(mediante, ad esempio, la stesura di  verbali  degli  incontri),  sia
quella a distanza; 
      e) lo svolgimento di attivita' di  formazione  e  aggiornamento
rivolte alle persone autorizzate al trattamento dei  dati  dall'ente,
da effettuarsi anche mediante  la  messa  a  disposizione  di  idonea
documentazione. 
    Al fine di vincolare maggiormente  i  RPD  allo  svolgimento  dei
compiti che  spettano  loro,  in  particolare  quando  si  tratta  di
soggetti esterni, si suggerisce agli  enti  pubblici  di  specificare
espressamente tali attivita' tra gli obblighi contrattuali,  pur  nel
rispetto del divieto di rimozioni o penalizzazioni per  l'adempimento
dei propri compiti di cui all'art. 38, par. 3, del regolamento. 
    Non devono essere invece assegnati al RPD compiti che spettano al
titolare del trattamento e che esulano dalle attivita' di consulenza,
sorveglianza e, piu' in generale, consultazione, stabilite  dall'art.
39 del regolamento - nonche', eventualmente, di tenuta  del  registro
delle attivita' di trattamento di cui  all'art.  30  del  regolamento
(cfr. le Linee guida del WP29, par. 4.5, pp. 24-25). Pur riconoscendo
che i compiti ivi elencati costituiscono  solo  una  rappresentazione
esemplificativa, rimane comunque il fatto che il RPD non possa essere
chiamato a svolgere, in prima persona,  attivita'  che,  in  base  al
regolamento, competono al titolare/responsabile, peraltro a  pena  di
applicazione di una sanzione amministrativa in caso di violazione.  A
questo proposito, infatti, milita anche il par. 3  dell'art.  38  del
regolamento, laddove vieta la rimozione o la penalizzazione  del  RPD
per l'adempimento dei propri compiti, confermando, pertanto,  che  il
suo  ruolo  e'  di  supporto  al  titolare/responsabile,   anche   di
controllo, ma non puo' da questo essere delegato rispetto  a  compiti
esecutivi (e connesse responsabilita') che, nell'ottica del principio
di accountability, spettano proprio al titolare (o al responsabile). 
    Potrebbe rivelarsi molto utile  che  i  RPD  che  operano  in  un
medesimo  settore,  o   che   condividano   medesime   problematiche,
istituiscano tavoli di lavoro comuni  e,  in  particolare,  «reti  di
RPD»,  ove  possano  essere  individuate  soluzioni  condivise  anche
attraverso l'analisi di problematiche comuni. 
    In questo senso, sono da  incoraggiare  iniziative  gia'  avviate
come, ad esempio, le reti di RPD istituite nei settori della  ricerca
pubblica, della fiscalita' o della sanita', ma  anche  a  livello  di
Ministeri, Autorita'  indipendenti  o  su  base  regionale.  Analoghe
iniziative potrebbero essere promosse in tanti altri campi,  al  fine
ultimo di favorire  la  sensibilizzazione  dei  titolari/responsabili
sulle questioni di protezione dei dati personali, in un  contesto  di
sempre maggiore sviluppo verso  la  digitalizzazione  della  pubblica
amministrazione e dei suoi servizi. 
  9. Risorse messe a disposizione dal titolare e costituzione  di  un
gruppo di collaboratori (team) del RPD. 
    Disposizione di riferimento del regolamento. Art. 38, par. 2: «Il
titolare  e  del  trattamento  e  il  responsabile  del   trattamento
sostengono il responsabile della protezione dei dati  nell'esecuzione
dei compiti di cui all'articolo 39 fornendogli le risorse  necessarie
per assolvere  tali  compiti  e  accedere  ai  dati  personali  e  ai
trattamenti e per mantenere la propria conoscenza specialistica». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 3.2, pp. 18-19. 
    Precedenti decisioni del Garante.  «Faq  sul  Responsabile  della
Protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», 15 dicembre 2017 (doc.
web n. 7322110); Relazione annuale 2019, par. 4.9 (pp. 80-81). 
    Questione emersa.  Soprattutto  nelle  grandi  amministrazioni  i
trattamenti  effettuati  possono   essere   numerosi,   complessi   e
coinvolgere un'elevata quantita' di dati personali,  anche  delicati:
si pensi ai Ministeri o alle altre amministrazioni  centrali,  oppure
alle regioni o ai comuni capoluogo. Inoltre, alcuni  di  questi  enti
sono  dotati  di  una  potesta'  normativa  di  rango  primario   e/o
secondario, cui si aggiunge, in alcuni casi anche l'adozione di  atti
amministrativi di carattere  generale,  attraverso  i  quali  possono
concorrere a disciplinare trattamenti di dati personali. 
    In questi  contesti  aumenta  significativamente  il  livello  di
difficolta' nell'esercizio dei compiti  richiesti  al  RPD,  sia  per
quanto concerne il possesso di un livello piuttosto  diversificato  e
approfondito di conoscenze specialistiche, che per quanto concerne il
tempo e le energie da dedicare alle tante  istanze  che  emergono  in
materia di protezione dati. Cio' significa che la persona individuata
quale RPD, da sola, difficilmente puo' essere in grado  di  assolvere
ai propri compiti in maniera efficace e qualitativamente adeguata. 
    Misure indicate. Come gia' richiamato nelle Linee guida del  WP29
e nelle precedenti FAQ del Garante, in  rapporto  alle  dimensioni  e
alla  complessita'  dei  trattamenti  effettuati,  occorre   valutare
attentamente  l'opportunita'/necessita'  di  istituire  un   apposito
gruppo di persone (team) a supporto del RPD, al  quale  destinare  le
risorse necessarie allo svolgimento dei compiti stabiliti.  A  questo
fine, un  valore  aggiunto  potrebbe  essere  dato  dalla  scelta  di
destinare,  a  questo  team,  personale  in  possesso  di  competenze
diversificate  come,  ad   esempio,   soggetti   dal   profilo   piu'
strettamente giuridico e amministrativo, e soggetti esperti in ambito
IT. 
    Inoltre,  anche  in  aggiunta  alla  costituzione  del  team   di
collaboratori, in amministrazioni grandi,  potrebbe  risultare  anche
opportuno individuare specifici referenti del RPD  all'interno  delle
varie articolazioni dell'ente, che potrebbero svolgere  un  ruolo  di
supporto e raccordo, sulla base di precise istruzioni del RPD, anche,
se del caso, operando quali componenti del suo gruppo di lavoro. 
  10. Incompatibilita' con altri incarichi e conflitto di interessi. 
    Disposizioni di riferimento del regolamento. Art. 38, par. 3: «Il
titolare  del  trattamento  e  il  responsabile  del  trattamento  si
assicurano che il responsabile della protezione dei dati  non  riceva
alcuna istruzione per quanto riguarda l'esecuzione di  tali  compiti.
Il  responsabile  della  protezione  dei  dati  non  e'   rimosso   o
penalizzato dal titolare  del  trattamento  o  dal  responsabile  del
trattamento per l'adempimento dei  propri  compiti.  Il  responsabile
della  protezione  dei  dati  riferisce   direttamente   al   vertice
gerarchico del  titolare  del  trattamento  o  del  responsabile  del
trattamento». 
    Art. 38, par. 6: «Il responsabile della protezione dei dati  puo'
svolgere altri compiti e funzioni. Il titolare del trattamento  o  il
responsabile del trattamento si assicura che tali compiti e  funzioni
non diano adito a un conflitto di interessi». 
    Cons. 97: «[...] Tali responsabili  della  protezione  dei  dati,
dipendenti o meno del  titolare  del  trattamento,  dovrebbero  poter
adempiere alle funzioni e  ai  compiti  loro  incombenti  in  maniera
indipendente». 
    Riferimento nelle Linee guida del WP29: par. 3.3, pp. 19-20; par.
3.5, pp. 21-22. 
    Questioni emerse. L'Autorita' ha riscontrato numerose  situazioni
in cui viene nominato,  quale  RPD,  un  soggetto  che  svolge  altri
compiti che possono determinare un'incompatibilita' o una  situazione
di conflitto di interessi, in quanto  tali  ulteriori  incarichi  gli
impediscono di svolgere la propria attivita' di RPD con la necessaria
indipendenza. 
    Cio' si puo' verificare allorche' la figura individuata quale RPD
rivesta, all'interno  dell'organizzazione  dell'ente,  un  ruolo  che
comporti la definizione delle finalita' o modalita'  del  trattamento
di dati personali (ad esempio, perche'  contribuisce  a  definire  le
caratteristiche del  trattamento  by  design  e  by  default,  oppure
perche'  le  sono  attribuiti  potesta'  decisionali   all'esito   di
trattamenti di dati personali di particolare delicatezza). Parimenti,
le medesime problematiche si riscontrano, con riferimento al  RPD  di
provenienza  esterna,  qualora  quest'ultimo  sia  assoggettato  alle
istruzioni  impartite  dal  titolare  del  trattamento  (ad  esempio,
perche' sia stato da quest'ultimo designato  quale  responsabile  del
trattamento ai sensi dell'art. 28 del regolamento per la fornitura di
un determinato servizio, ovvero perche' lo rappresenti in giudizio su
problematiche in materia di protezione dei dati personali). 
    In  proposito,  le  Linee  guida  del  WP29  raccomandano   buone
pratiche, quali quelle di individuare preventivamente le qualifiche e
funzioni che sarebbero incompatibili con quella  di  RPD  e  redigere
regole  interne  onde  evitare  conflitti  di  interessi.   Tuttavia,
all'atto pratico, non e' stata riscontrata una  diffusa  sensibilita'
sull'argomento. 
    Per queste ragioni, anche dopo  aver  raccolto  gli  orientamenti
adottati dalle Autorita' degli altri Stati membri, e fatte  salve  le
indicazioni gia' fornite nelle citate  Linee  guida,  si  propone  di
seguito una specifica declinazione delle problematiche rilevate,  con
alcune proposte volte ad  assicurare  il  rispetto  delle  intenzioni
manifestate dal legislatore europeo. 
  10.1. RPD interno che  ricopre  incarichi  per  i  quali  partecipa
all'adozione delle decisioni in materia di finalita' e modalita'  del
trattamento, o altre decisioni che impattano su trattamenti  di  dati
personali. 
    Precedenti decisioni del Garante.  «Faq  sul  Responsabile  della
Protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», 15 dicembre 2017 (doc.
web n. 7322110); Relazione annuale 2019, par. 4.9 (p. 81); 
    Questioni  emerse.  Il  tema  dell'incompatibilita'   con   altri
incarichi, e quindi della creazione di una situazione di conflitto di
interessi, con riferimento a un RPD interno, e'  emersa  in  numerosi
casi,  in  cui  il  soggetto  individuato  quale  RPD,  al  contempo,
rivestiva incarichi  quali  quello  di  componente  di  un  organismo
collegiale  (ad  esempio,  un  comitato  direttivo  o   un   collegio
disciplinare) o di titolare di  un  incarico  monocratico  dotato  di
poteri  decisionali  (ad  esempio,  vicepresidente,  dirigente  degli
affari generali, direttore amministrativo). 
    Piu' in generale, il  tema  si  pone  spesso  in  relazione  alla
scelta, da parte di soggetti pubblici  dalle  dimensioni  e  funzioni
piu' diversificate, di  affidare  il  ruolo  di  RPD  a  figure  gia'
deputate ad assolvere altri specifici incarichi che comportano poteri
decisionali in ordine a finalita' e mezzi dei  trattamenti  posti  in
essere: si pensi, in primis, a quelli in materia di  trasparenza  e/o
di prevenzione della corruzione. 
    In particolare, altre situazioni di  conflitti  di  interessi  si
possono registrare con riferimento alla sovrapposizione dell'incarico
di RPD con quello di dirigente dell'unita' organizzativa  chiamata  a
curare la valutazione d'impatto sulla protezione dei dati relativa ad
uno specifico trattamento, considerato che, a  questo  proposito,  al
RPD spettano specifiche prerogative di consultazione,  da  parte  del
titolare del trattamento (artt. 35, par. 2, e 39, par. 1,  lett.  c),
del regolamento), che verrebbero del tutto svuotate per effetto della
citata coincidenza soggettiva. 
    Misure indicate. Nelle Linee guida  del  WP29  e  nelle  FAQ  del
Garante sono state gia' indicate situazioni di conflitto di interessi
in relazione a ruoli manageriali di  vertice  come  quelli,  tra  gli
altri, di «[...] responsabile  finanziario  [...]  direzione  risorse
umane, responsabile IT», di «responsabile per  la  prevenzione  della
corruzione e per la  trasparenza»  o  di  «responsabile  dei  Sistemi
informativi [...] ovvero quello dell'Ufficio di statistica». In  ogni
caso, le medesime Linee guida specificano  che  l'indagine  va  fatta
«caso per caso guardando alla specifica struttura  organizzativa  del
singolo titolare del trattamento  o  responsabile  del  trattamento»:
cio' significa che solo l'esame concreto di ciascuna singola  realta'
- considerando elementi quali le dimensioni dell'ente, le  risorse  a
disposizione,  la  complessita'  della  struttura,  le  tipologie  di
trattamenti svolti, qualita' e quantita' dei dati  trattati,  ecc.  -
potra' condurre ad una valutazione  definitiva  sulla  sussistenza  o
meno di cause di incompatibilita'. Tale valutazione,  in  ogni  caso,
dovra' essere fornita dal titolare del trattamento, anche sulla  base
di idonea documentazione, in virtu' del principio  di  accountability
di cui agli artt. 5, par. 2, e 24 del regolamento. 
    Cio'  detto,  per  quanto   concerne   incarichi   di   carattere
monocratico (quali quelli  di  dirigente  direttamente  coinvolto  da
trattamenti, o addirittura di vertice  dell'ente),  il  conflitto  di
interessi, spesso, diviene evidente icto oculi,  e  difficilmente  si
rende possibile comprovare, da parte del  titolare  del  trattamento,
che il medesimo soggetto che determina i trattamenti  rientranti  nel
proprio settore abbia la necessaria indipendenza per  esercitare,  in
maniera  corretta,  trasparente  ed  imparziale,  quei   compiti   di
sorveglianza sull'osservanza della disciplina e sulle  politiche  del
titolare in  materia  di  protezione  dei  dati  personali,  previsti
dall'art. 39, par. 1, lett. b), del regolamento. Si  puo'  certamente
affermare la sussistenza di un conflitto di interessi in relazione ai
ruoli gia' citati (come la direzione risorse umane o contabilita', il
responsabile IT o il responsabile della prevenzione della  corruzione
e della trasparenza), trattandosi di settori in cui i trattamenti dei
dati  personali  sono  certi  e   trasversali   rispetto   all'intera
amministrazione, oltre che significativi in termini  di  quantita'  e
qualita' dei dati personali trattati, nonche' di rischi sui diritti e
sulle  liberta'  fondamentali  degli  interessati.  Peraltro,   altre
Autorita' europee si sono gia' pronunciate espressamente in proposito
(invero    con    riferimento    all'ambito    privato),     sancendo
l'incompatibilita' tra la figura di RPD e quella di  responsabile  IT
(provv. dell'Autorita' bavarese del 20  ottobre  2016)  o  quella  di
dirigente dei dipartimenti che si occupano di conformita'  normativa,
della gestione del rischio e di audit interni (provv.  dell'Autorita'
belga n. 18/2020 del 28 aprile 2020). 
    Tutto  cio'  considerato,  si  ritiene  che  tali  tipologie   di
incarichi siano incompatibili  con  quello  di  RPD,  quantomeno  per
quanto  riguarda  le  grandi  amministrazioni  che  dispongono  delle
risorse tali per potersi avvalere di un  RPD  a  cio'  esclusivamente
dedicato, o comunque che non versi in una  situazione  di  potenziale
conflitto di interessi. Cio'  vale  sia  per  gli  enti  pubblici  di
carattere nazionale (come Ministeri, Agenzie fiscali, grandi enti  di
ricerca  ed  altri  grandi  enti  pubblici,  ecc.  che   per   quelli
territoriali (Regioni, grandi strutture sanitarie, altri grandi  enti
di livello regionale, comuni  di  rilevanti  dimensioni,  ecc.).  Per
quanto concerne gli enti  che,  sul  piano  delle  dimensioni,  delle
risorse e dell'organizzazione, presentano  difficolta'  oggettive  ad
avvalersi  di  una  figura  esclusivamente   dedicata   a   ricoprire
l'incarico di RPD, il titolare dovra' effettuare una ponderazione  ad
hoc, mettendo a disposizione dell'Autorita' (laddove  necessario)  le
valutazioni all'uopo effettuate ai sensi degli artt. 5, par. 2, e  24
del  regolamento,  al  fine  di  valutare  il  rischio  effettivo  di
conflitto di interessi nell'ambito e  nel  contesto  dei  trattamenti
svolti dall'amministrazione. 
    Discorso diverso, invece, vale per quei soggetti che  partecipano
a organismi collegiali, ancorche'  di  vertice.  Infatti,  in  questi
casi, e' possibile che la  normativa  vigente  contempli  misure  che
possono  ritenersi  adeguate  a  prevenire  rischi  di  conflitti  di
interessi, come, ad esempio,  la  previsione  che  i  componenti  che
ritengano  di  trovarsi  in  tale  situazione,   lo   dichiarino   e,
conseguentemente,  si  astengano  sia  dalla  discussione  che  dalla
deliberazione. Per queste ragioni, si ritiene che  il  componente  di
tale organismo collegiale, qualora investito  dell'incarico  di  RPD,
non versi, per  cio'  stesso,  in  una  situazione  di  conflitto  di
interessi, a condizione che siano presenti  e  pienamente  rispettate
misure di prevenzione dei conflitti di interessi. 
    In ogni caso, l'ente deve tenere nella dovuta  considerazione  il
fatto che l'accumulo di incarichi ulteriori sulla figura  chiamata  a
svolgere il ruolo  di  RPD  inficia  la  capacita'  del  medesimo  di
assolvere efficacemente  ai  compiti  assegnatigli  dal  regolamento.
L'amministrazione, pertanto, dovrebbe  valutare,  in  relazione  alla
complessita' della struttura organizzativa,  alla  disponibilita'  di
risorse, alla numerosita' e delicatezza dei trattamenti svolti,  alla
quantita'  e  qualita'  di  dati  personali  trattati,  di   affidare
l'incarico di RPD a una persona che possa dedicarvisi tendenzialmente
a tempo pieno. 
  10.2. RPD esterno che fornisce servizi IT  quale  responsabile  del
trattamento. 
    Questione emersa. Nel corso dell'attivita' svolta  dall'Autorita'
sono emersi numerosi casi in  cui  soggetti  che  forniscono  servizi
(prevalentemente del settore  IT)  a  pubbliche  amministrazioni,  in
qualita' di responsabili del trattamento ai sensi  dell'art.  28  del
regolamento,  forniscono,  al   contempo,   il   servizio   di   RPD,
beneficiando del preesistente legame instaurato con il  titolare  del
trattamento. 
    Tali persone giuridiche indicano una persona fisica  del  proprio
organigramma che funga da referente, e,  talora,  gli  forniscono  un
team di supporto: tuttavia, si sono registrate situazioni in  cui  il
medesimo personale adibito al servizio di RPD, al contempo,  svolgeva
anche particolari compiti nell'ambito  della  prestazione  principale
offerta (ad esempio, assistenza tecnica  sulle  piattaforme  messe  a
disposizione dell'ente). 
    Nella medesima situazione si ricade  allorche'  venga  designato,
come RPD, non l'intera societa', bensi' una persona fisica  che,  per
ruolo e poteri all'interno della predetta societa', sia in  grado  di
adottare decisioni che influiscano sulla fornitura dei servizi IT,  e
quindi impattino sui trattamenti di  dati  personali  effettuati  per
conto dell'amministrazione  titolare  (ad  esempio,  l'amministratore
delegato, il direttore amministrativo, o comunque chiunque rivesta un
ruolo apicale al suo interno). 
    Questa sovrapposizione delle figure di RPD e di  responsabile  IT
rende impossibile, di  fatto,  la  sorveglianza,  con  la  necessaria
imparzialita', sulla validita' e sull'adeguatezza delle  soluzioni  e
delle misure, tecniche e organizzative, adottate, dato che i ruoli di
controllore  e  controllato  confluirebbero  in  capo   al   medesimo
soggetto, ingenerando cosi' un evidente  conflitto  permanente  nello
svolgimento delle proprie funzioni. 
    In altre parole, si ritiene che l'indipendenza che  il  cons.  97
del regolamento richiede in capo al  RPD,  tradotta  nel  divieto  di
conflitti di interessi di cui all'art. 38, par. 6, si  troverebbe  ad
essere minata, in questi casi, proprio in  ragione  delle  istruzioni
che, nel suo ruolo di responsabile del trattamento,  lo  stesso  deve
ricevere dal titolare, ai sensi  dell'art.  28,  par.  3,  lett.  a),
andando cosi' a compromettere anche il divieto di ricevere istruzioni
di cui al par. 3 dell'art. 38. 
    L'attivita' di sorveglianza  del  RPD  sarebbe  pregiudicata,  in
particolare, in  relazione  alla  valutazione  delle  caratteristiche
richieste per l'avvalimento  di  fornitori  esterni  in  qualita'  di
responsabili del trattamento - su cui si esprime  in  maniera  chiara
l'art. 39, par. 1,  lett.  b),  del  regolamento  -  proprio  perche'
costui, in ragione  del  suo  diretto  coinvolgimento,  non  potrebbe
giudicare,  con  la  dovuta  terzieta',  i  necessari  requisiti   di
affidabilita', ne' potrebbe supportare adeguatamente il titolare  nel
processo di definizione del  rapporto,  ai  sensi  dell'art.  28  del
regolamento. A cio' si aggiunga  l'ulteriore  criticita',  emersa  in
alcune specifiche  ipotesi,  in  cui  l'ente  non  abbia  previamente
stipulato, con il fornitore di servizi IT, l'accordo di cui  all'art.
28 del regolamento: un RPD  effettivamente  terzo  avrebbe  segnalato
tale  violazione  e  proposto  soluzioni  idonee  a  ripristinare  la
conformita'. 
    Le ripercussioni di questa sovrapposizione diventano  ancor  piu'
gravi in caso di violazioni di sicurezza, posto che i compiti del RPD
potrebbero interferire,  in  maniera  poco  trasparente,  con  quanto
previsto dagli artt. 33 e 34 del regolamento, in termini  di  analisi
dei rischi e delle conseguenze, di predisposizione  delle  misure  da
adottare per  porvi  rimedio  e  di  comunicazione  della  violazione
all'Autorita' ed agli interessati. In ragione delle  sue  inevitabili
implicazioni quale responsabile del trattamento, il RPD  non  avrebbe
un ruolo terzo e di imparziale supporto al titolare nel giudicare  le
condotte sottese alla violazione di sicurezza. 
    Infine, questo conflitto di  interessi  si  verifica  in  maniera
ancor   piu'   eclatante   allorche'   il   fornitore   IT   fornisca
all'amministrazione   propri   prodotti    software    (nonche'    la
corrispondente assistenza tecnica) per l'implementazione dei  servizi
offerti. In questo modo, l'attivita' di consulenza del RPD, ai  sensi
dell'art. 39, par. 1, lett. a), del regolamento,  non  assumerebbe  i
necessari  caratteri  dell'imparzialita',  posto  che   il   RPD   si
troverebbe a dover fornire giudizi su prodotti forniti dalla  propria
societa'. 
    Misure indicate. Alla luce delle tante  criticita'  insite  nella
scelta di affidare il compito di RPD ad un soggetto che gia' fornisce
servizi al medesimo ente - con particolare riferimento a  quelli  del
settore IT - la principale  soluzione  consiste  nel  non  designare,
quale RPD, soggetti a cui l'amministrazione affida un trattamento per
suo conto, con conseguente necessita' di definizione di  un  rapporto
titolare-responsabile. 
    In ogni caso, anche sulla scorta di esperienze mutuate  da  altri
Paesi europei, si  propone  una  soluzione  alternativa,  subordinata
pero' al rispetto di alcune condizioni. 
    In particolare, laddove l'ente, per specifiche  ragioni,  ritenga
comunque di non poter prescindere dall'affidamento  dell'incarico  di
RPD nel contesto di un fornitore di servizi, cio'  potrebbe  avvenire
solamente a condizione che il RPD, o  anche  solo  il  suo  referente
persona fisica, non sia la persona che  riveste  una  carica  apicale
nell'azienda, o anche solo nel  settore  di  cui  vengono  forniti  i
predetti servizi. Inoltre, altra necessaria condizione da  rispettare
perche'   tale   soluzione    possa    essere    valutata,    risiede
nell'indispensabilita'  di  una   rigida   separazione,   all'interno
dell'organizzazione  societaria,  tra  attivita'  rese  come  RPD   e
attivita' rese come responsabile del trattamento per altri servizi. 
    Nel  caso  in   cui   l'amministrazione   intenda   ricorrere   a
quest'ultima soluzione, considerato che le misure  appena  descritte,
di per se', non sono comunque sufficienti ad eliminare  del  tutto  i
rischi di conflitti di interessi, si rendera'  necessario  comprovare
adeguatamente il rispetto delle medesime, ai  sensi  degli  artt.  5,
par. 2, e 24 del regolamento, documentando anche  le  ragioni  ed  il
contesto in cui e' maturata suddetta scelta. 
    In assenza di queste condizioni, si ritiene  che  il  rischio  di
conflitto di interessi debba considerarsi elevato, e  quindi  che  la
scelta di affidare l'incarico di RPD al fornitore  di  servizi  possa
integrare una violazione del regolamento. 
    Parimenti, si ritiene che il  responsabile  del  trattamento  non
possa essere coinvolto nel processo di selezione  del  RPD  da  parte
dell'ente, prerogativa che spetta unicamente al titolare, che la deve
effettuare in autonomia. Cio' anche perche' i rapporti tra titolare e
responsabile sono oggetto di vigilanza da parte  del  RPD,  ai  sensi
dell'art. 39, par. 1, lett. b), del regolamento. 
  10.3. RPD esterno che rappresenta in giudizio il titolare. 
    Questione emersa. Sono stati registrati  anche  casi  in  cui  un
comune, a seguito di azione giudiziaria promossa da un cittadino,  si
sia costituito in  giudizio  per  il  tramite  di  un  avvocato  che,
contemporaneamente, svolgeva l'incarico di RPD per conto del medesimo
ente. Il comune ha ritenuto che questa scelta non  comportasse  alcun
conflitto di interessi in quanto il giudizio instaurato  non  verteva
su profili di protezione dei dati personali. 
    Misura indicata. Come espressamente affermato dalle Linee  guida,
«puo' insorgere un conflitto di interessi se, per esempio, a  un  RPD
esterno si chiede di rappresentare il titolare o il  responsabile  in
un giudizio che tocchi problematiche di protezione dei dati». 
    A questo proposito, si richiama l'attenzione degli enti  pubblici
sul fatto che e'  difficile  prevedere  a  priori  che  una  vertenza
giudiziaria non possa coinvolgere anche  profili  di  protezione  dei
dati personali. A cio' si aggiunga che,  in  ogni  caso,  agli  occhi
dell'interessato che voglia rivolgersi al  RPD,  la  circostanza  che
questo  sia  contemporaneamente  anche  il  difensore   in   giudizio
dell'ente, mina la sua indipendenza. 
    Pertanto, a prescindere dalle  circostanze  che  in  concreto  si
potranno realizzare - tali, ad esempio, da escludere che il  giudizio
involva questioni di protezione dei  dati  personali  -  si  invitano
tutte  le  pubbliche  amministrazioni  a  designare   un   RPD   che,
contemporaneamente, non svolga per le medesime il ruolo di  difensore
in giudizio. 
  10.4. Inquadramento in caso di RPD interno. 
    Precedente decisione del Garante.  «Faq  sul  Responsabile  della
protezione dei dati (RPD) in ambito pubblico», 15 dicembre 2017 (doc.
web n. 7322110). 
    Questione emersa. E'  opportuno  valutare  se  il  complesso  dei
compiti assegnati al RPD  -  aventi  rilevanza  interna  (consulenza,
pareri, sorveglianza sul  rispetto  delle  disposizioni)  ed  esterna
(cooperazione con l'Autorita'  e  contatto  con  gli  interessati  in
relazione  all'esercizio  dei  propri  diritti)  -   siano   o   meno
compatibili con le mansioni ordinariamente affidate ai dipendenti con
qualifica non dirigenziale. 
    In caso di RPD interno, qualora il soggetto designato  abbia  una
qualifica tale da renderlo sottoposto ad  un'altra  figura  (come  un
funzionario  inquadrato  in   un'unita'   organizzativa,   e   quindi
subordinato ad un dirigente), tale rapporto potrebbe impedire al  RPD
di svolgere le proprie mansioni con il dovuto grado di  autonomia,  e
potrebbe altresi' alterare la diretta interlocuzione con  il  vertice
gerarchico dell'ente. 
    Misura indicata. L'art. 38 del regolamento fissa alcune  garanzie
essenziali per consentire ai RPD di operare con un grado  sufficiente
di autonomia  all'interno  dell'organizzazione,  mentre  il  rapporto
diretto con il vertice amministrativo garantisce, in particolare, che
quest'ultimo  venga  a   conoscenza   delle   indicazioni   e   delle
raccomandazioni fornite dal  RPD  nell'esercizio  delle  funzioni  di
informazione e consulenza a favore del titolare/responsabile. 
    Pertanto, nel caso in cui si opti per  un  RPD  interno,  sarebbe
quindi  in  linea  di  massima  preferibile  che,  ove  la  struttura
organizzativa lo consenta e  tenendo  conto  della  complessita'  dei
trattamenti, la designazione sia conferita a un dirigente ovvero a un
funzionario di alta professionalita', che possa svolgere  le  proprie
funzioni in  autonomia  e  indipendenza,  nonche'  in  collaborazione
diretta con il vertice dell'organizzazione. 
    In caso di individuazione di un funzionario,  occorre  pero'  che
l'ente adotti delle idonee garanzie affinche' l'attivita'  svolta  in
qualita'   di   RPD   non   subisca    interferenze    per    effetto
dell'inquadramento del medesimo soggetto in  un'unita'  organizzativa
retta da un dirigente le cui determinazioni potrebbero essere oggetto
di valutazione da parte del RPD.