(Allegato)
                                                             Allegato 
 
      Disciplinare di produzione della IGP Scalogno di Romagna 
 
                               Art.1. 
 
                            Denominazione 
 
    L'indicazione  geografica  protetta  «Scalogno  di  Romagna»,  e'
riservata ai bulbi cipollini che rispondono  alle  condizioni  ed  ai
requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione. 
 
                               Art. 2. 
 
                    Caratteristiche del prodotto 
 
    L'indicazione «Scalogno di  Romagna»  designa  esclusivamente  il
bulbo cipollino delle specie Allium Ascalonicum ecotipo romagnolo. 
    I  bulbi  dello  «Scalogno  di  Romagna»  presentano  una   forma
allungata a fiaschetto,  con  una  tunica  esterna  coriacea  la  cui
colorazione puo' variare dal giallo al cuoio fino al fulvo,  bruno  o
grigio mentre la parte carnosa interna ha una colorazione dal  bianco
al violaceo striato. 
    L'ecotipo romagnolo presenta radici lunghe e folte con foglie  di
forma affusolata, di colore verde chiaro. 
    I bulbilli, al momento della raccolta, si  trovano  uniti  in  un
caspo  dove,  in  numero  variabile,  si  trovano  legati  tra   loro
dall'apparato radicale. 
    L'odore e' pungente. Il sapore e' dolce e delicato,  piu'  simile
alla  cipolla  che  all'aglio.  Le  caratteristiche   aromatiche   si
avvicinano a quelle proprie delle liliacee e sono  influenzate  dalle
considerevoli  quantita'  di   zolfo   che   assorbe   dal   terreno,
mesoelemento che ne caratterizza il sapore e l'odore. 
    Il prodotto viene consumato fresco, essiccato ed e' anche diffusa
la conservazione sott'olio. 
    Tutte queste caratteristiche lo differenziano con evidenza  dalle
altre tipologie di scalogno. 
 
                               Art. 3. 
 
                         Zona di produzione 
 
    La zona di produzione comprende la  parte  del  territorio  della
Regione Emilia Romagna atta alla coltivazione dell'Allium Ascalonicum
e interessa i seguenti Comuni: 
      in  Provincia  di  Ravenna:   Brisighella,   Casola   Valsenio,
Castelbolognese, Faenza, Riolo Terme, Solarolo; 
      in Provincia di Forli-Cesena: Modigliana, Tredozio; 
      in Provincia  di  Bologna:  Borgo  Tossignano,  Casalfiumanese,
Castel del Rio, Castel Guelfo di Bologna, Dozza, Fontanelice,  Imola,
Mordano. 
 
                               Art. 4. 
 
                        Metodo di ottenimento 
 
    I terreni idonei per la coltivazione dello «Scalogno di  Romagna»
sono di natura collinare,  tessitura  media  tendente  all'argilloso,
asciutti, ben dotati di potassio e sostanza organica, ben  esposti  e
ben drenati. 
    L'utilizzo dell'irrigazione, delle  pratiche  di  concimazione  e
l'effettuazione delle altre pratiche colturali ed agronomiche debbono
essere  effettuate  secondo  le  modalita'  tecniche   indicate   dai
competenti Servizi della Regione Emilia Romagna. 
    Lo Scalogno non puo' essere coltivato in successione a se  stesso
o altre liliacee (aglio o cipolla). Devono trascorrere almeno  cinque
anni per il ritorno dello Scalogno sullo stesso appezzamento. 
    E' inoltre vietato  coltivarlo  in  successione  a  solanacee,  a
barbabietole e a cavoli. 
    E' ammessa la rotazione con frumento, orzo, radicchio, insalate e
carote. 
    L'impianto si deve effettuare nei mesi  di  novembre -  dicembre,
mettendo a dimora bulbilli della specie  Allium  Ascalonicum  ecotipo
romagnolo, mentre la raccolta e' attuata a partire dal mese di giugno
dell'anno successivo. 
    La produzione unitaria massima per ettaro e' di ottanta quintali. 
 
                               Art. 5. 
 
                         Prova dell'origine 
 
    Ogni fase del processo produttivo viene  monitorata  documentando
per ognuna gli input e gli  output.  In  questo  modo,  e  attraverso
l'iscrizione  in  appositi  elenchi,  gestiti  dalla   struttura   di
controllo,  delle  particelle  catastali  sulle  quali   avviene   la
produzione degli agricoltori e dei condizionatori, nonche' attraverso
la denuncia alla struttura di controllo dei quantitativi prodotti, e'
garantita la tracciabilita' del prodotto. Tutte le persone, fisiche e
giuridiche, iscritte  nei  relativi  elenchi,  sono  assoggettate  al
controllo da parte  della  struttura  di  controllo,  secondo  quanto
disposto dal disciplinare di  produzione  e  dal  relativo  piano  di
controllo. 
 
                               Art. 6. 
 
                           Confezionamento 
 
    Lo «Scalogno di Romagna» all'atto dell'immissione al consumo deve
avere le seguenti caratteristiche: 
      A) Prodotto fresco: 
        mazzetti legati con rafia o altra fibra di  origine  vegetale
con un peso compreso fra 100g e 1kg. 
      B) Prodotto essiccato: 
        1) mazzetti  legati  con  rafia  o  altra  fibra  di  origine
vegetale, nella parte terminale con un peso compreso fra 100g e  1kg.
I mazzetti debbono essere composti da bulbi di pezzatura omogenea. La
legatura deve essere fatta al di sopra dell'apice del  bulbillo,  ben
stretta e con le foglie mozzate cm 5 circa sopra la legatura. 
        2)  trecce  composte  da  bulbi  selezionati,  di   pezzatura
omogenea, intrecciati o con le sole foglie oppure ordite con rafia  o
altra fibra vegetale. 
        3) retine, sacchi o plateaux sigillati: i  bulbi  secchi  con
radici recise e di pezzatura variabile possono essere confezionati in
retine  o  sacchi  o  plateaux  sigillati  di  materiale  idoneo   al
confezionamento di prodotti alimentari di un peso compreso fra 100  g
e 5 kg. 
    Le confezioni sopra descritte possono essere immesse  al  consumo
anche in imballi di  legno,  plastica,  carta,  cartone  o  materiali
vegetali naturali conformi alla normativa vigente. 
    E' altresi' ammessa  presso  i  punti  di  rivendita  la  vendita
frazionata  del  prodotto  proveniente  da  confezioni   o   plateaux
sigillati a condizione che  lo  stesso  sia  collocato  in  specifici
scomparti o recipienti recanti, bene in vista, le stesse informazioni
previste per le confezioni  definite  dal  presente  disciplinare  di
produzione. 
    I bulbi destinati alla trasformazione possono  essere  consegnati
anche «alla rinfusa»,  in  imballaggi  o  contenitori  conformi  alla
normativa vigente che riportino con caratteri leggibili e visibili su
almeno uno dei lati, la dicitura «Scalogno di Romagna  IGP  destinato
alla trasformazione». 
 
                               Art. 7. 
 
                            Etichettatura 
 
    La  commercializzazione  dello  «Scalogno  di  Romagna»  ai  fini
dell'immissione al  consumo  deve  essere  effettuata  dopo  apposito
confezionamento che consenta di apporre uno  specifico  contrassegno.
In tutti i casi le confezioni debbono essere sigillate in  modo  tale
da impedire che il contenuto possa essere estratto senza  la  rottura
della confezione stessa. 
    Sulle confezioni o  mazzi  o  trecce  dovra'  essere  apposto  un
cartellino indicante in caratteri di stampa delle medesime dimensioni
le diciture  «Scalogno  di  Romagna»,  seguita  immediatamente  dalla
dizione «Indicazione Geografica Protetta». 
    Nel medesimo campo visivo deve comparire nome, ragione sociale ed
indirizzo del confezionatore nonche' il peso lordo all'origine. 
    La dizione «Indicazione geografica protetta» puo' essere ripetuta
in altra parte del contenitore o dell'etichetta  anche  in  forma  di
acronimo «I.G.P.». 
    Deve comparire il logo distintivo  sottostante  secondo  la  base
colorimetrica indicata. 
    Deve inoltre figurare la dizione «Prodotto in Italia». 
  
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
 
                               Art. 8. 
 
                              Controlli 
 
    La verifica del rispetto  del  presente  disciplinare  e'  svolta
conformemente a quanto stabilito dall'art. 37  del  regolamento  (UE)
1151/2012.  L'organismo  di  controllo  preposto  alla  verifica  del
disciplinare e' Check Fruit con sede in via Dei Mille n.  24  - 40121
Bologna, tel. 0516494836, fax 0516494813, mail: info@checkfruit.it 
 
                               Art. 9. 
 
                        Legame con l'ambiente 
 
    Il legame tra lo «Scalogno di Romagna» e la  zona  geografica  si
basa sulla reputazione del prodotto.  Lo  «Scalogno  di  Romagna»  e'
infatti noto quale particolare  ecotipo  di  scalogno,  che  possiede
caratteristiche  proprie,  diverse  da  quelle  di  altre   tipologie
presenti sul mercato. 
    I terreni idonei per la coltivazione dello «Scalogno di  Romagna»
sono di natura collinare,  tessitura  media  tendente  all'argilloso,
asciutti, ben dotati di potassio e sostanza organica, ben  esposti  e
ben drenati. Sono terreni caratteristici  della  catena  gessosa  «La
Vena dei Gessi Romagnola», che attraversando buona parte  della  zona
di  produzione,  caratterizza  e  influenza   tutto   il   territorio
dell'areale,   conferendo   ai    terreni    una    certa    tendenza
all'alcalinita'. Inoltre il territorio dell'areale di  produzione  e'
noto quale zona termale, caratterizzata da  componenti  sulfuree  dei
terreni e delle acque. 
    Le qualita' aromatiche proprie della famiglia delle liliacee sono
cosi' influenzate nelle componenti sulfuree da  tali  caratteristiche
ambientali. 
    La flora microbica del  terreno  e  la  permanenza  di  attivita'
enzimatiche durante la conservazione o l'essiccazione determinano  lo
sviluppo dell'aroma tipico, dolce e delicato seppure in  presenza  di
un odore pungente, dello «Scalogno di Romagna». 
    Peculiarita' dello «Scalogno di Romagna» e' quella di non  creare
infiorescenze, pertanto l'unica tecnica di riproduzione possibile  e,
quindi, permessa  e'  tramite  il  reimpianto  dei  bulbilli.  Questa
caratteristica ha mantenuto inalterato nel tempo  il  suo  patrimonio
genetico e le caratteristiche dello specifico ecotipo, non  essendovi
scambi di polline con altre specie ne' naturalmente ne'  forzatamente
e ha fatto si' che l'ecotipo romagnolo non abbia subito ibridazioni o
interventi genetici a cui sono state  sottoposte  le  altre  varieta'
presenti sul mercato. 
    Lo «Scalogno di Romagna»  da  sempre  non  si  trova  allo  stato
selvatico, il che sta a significare che le popolazioni, i Celti,  che
lo  portarono  nei  territori  romagnoli  coltivarono   un   prodotto
originario ed autentico,  che  non  si  poteva  in  nessun  modo  ne'
barattare ne' confondere ne' sostituire con qualsiasi altro bulbo  di
liliacea. 
    Un evidente legame fra «Scalogno di Romagna» e territorio  locale
e'  rappresentato  dai  produttori  tutti,  compresi  coloro  che  ne
coltivano pochi metri quadrati  nell'orto  di  casa  propria;  grazie
anche a loro non si e' persa la possibilita' di tramandare i preziosi
bulbi, di non disperdere un cosi'  prezioso  omaggio  della  generosa
terra di Romagna. La competenza dei  produttori  e',  inoltre,  molto
importante nella selezione dei bulbilli operazione che viene eseguita
a mano con eccellente maestria. Da questa selezione una  parte  viene
destinata al consumo, e, abitualmente,  la  parte  caratterizzata  da
pezzatura  media  e  forma  piu'  ricurva  viene  utilizzata  per  il
trapianto accorciando le radici e le foglie. 
    Vari scrittori citano tale  prodotto,  come  ad  esempio  Corrado
Contoli, nato e vissuto a  Lugo,  che  nella  «Guida  alla  veritiera
cucina romagnola» (1963), nel capitolo  «Le  pietanze,  Le  carni  di
maiale» descrive una pioneristica e  suggestiva  testimonianza  sullo
scalogno. Altre testimonianze riguardanti la descrizione del prodotto
e il suo uso in numerosissime ricette, risalenti  al  secolo  scorso,
sono riportate da Graziano Pozzetto in «Lo Scalogno di Romagna.  Cibo
per  Venere»,  pubblicato  nel  2001.  Vari  cuochi  nostrani   hanno
utilizzato lo «Scalogno di Romagna» nell'elaborazione di vari piatti,
fra  questi  Tarcisio   Raccagni   dell'allora   Albergo   Ristorante
«Gigiole'» di Brisighella, il quale ha lavorato per il recupero della
cucina medioevale nelle cene allestite per le famose Feste  medievali
di Brisighella. 
    Si trovano inoltre in rete citazioni di testate  che  documentano
la reputazione dello «Scalogno di Romagna» e il suo  uso  anche  come
condimento per la preparazione di vari piatti o  nella  presentazione
sott'olio, come, a titolo di esempio, Giallo Zafferano,  La  Gazzetta
del Gusto, Buonissimo, Geisha Gourmet, Taccuini Gastrosofici. 
    Quella dello  «Scalogno  di  Romagna»  e'  una  storia  bella  ed
esemplare, realizzata grazie al  ruolo  trainante  della  Proloco  di
Riolo Terme che ha realizzato nel 1993 la prima «Fiera dello Scalogno
di Romagna», che si svolge ogni anno a  fine  luglio  ed  e'  tuttora
esistente.