(Allegato A)
                                                           Allegato A 
 
Criteri generali per la determinazione dei canoni di concessione  per
  l'utenza di acqua pubblica 
 
Premessa 
    L'acqua e' bene pubblico,  ovvero  e'  un  bene  appartenente  al
demanio necessario, destinata  al  soddisfacimento  di  una  funzione
pubblica, e puo' formare oggetto di diritti a favore di  terzi,  solo
nei modi e nei limiti  stabiliti  da  leggi  specifiche  (Cassazione,
Sezione II, sentenza 17  marzo  1998,  n.  2844).  L'attribuzione  ai
privati di diritti di  godimento  sui  beni  del  demanio  idrico  si
realizza attraverso provvedimenti unilaterali di  concessione  dietro
il pagamento di un canone. Questa prestazione  economica,  dotata  di
una tutela rinforzata  di  stampo  pubblicistico,  essendo  calcolato
sulla base dei moduli d'acqua prelevata (1 modulo  =  100  l/s),  non
soddisfa appieno il principio  di  attuazione  di  una  politica  dei
prezzi che  razionalizzi  il  consumo,  ovvero  che  sia  fattore  di
contenimento della domanda  in  modo  da  contribuire  a  ridurre  la
pressione  sulle  risorse  idriche  come  sancito   dalla   direttiva
2000/60/CE (Direttiva quadro acque - DQA), che rappresenta  la  norma
quadro per le politiche di gestione della risorsa idrica in Europa. 
    La direttiva 2000/60/CE ha, tra i suoi principali  obiettivi,  la
prevenzione e la riduzione dell'inquinamento,  la  promozione  di  un
utilizzo sostenibile  della  risorsa,  la  protezione  dell'ambiente,
nonche' la  mitigazione  degli  effetti  delle  inondazioni  e  della
siccita'. 
    La DQA poneva l'anno  2010  (disposizione  trasposta  nel  nostro
ordinamento all'art. 119 del decreto legislativo  n.  152/2006)  come
termine entro il quale gli SM avrebbero dovuto adottare politiche dei
prezzi dell'acqua che incentivassero gli utenti ad usare  le  risorse
in modo efficiente, contribuendo  con  cio'  al  perseguimento  degli
obiettivi ambientali e ad un  adeguato  contributo  al  recupero  del
costo dei servizi a carico dei diversi settori di impiego dell'acqua,
tenendo conto del principio «chi inquina paga». 
    In particolare, l'art. 9 della DQA prevede che gli «Stati  membri
provvedono ... a: 
      che   le   politiche   dei   prezzi   dell'acqua    incentivino
adeguatamente  gli  utenti  a  usare  le  risorse  idriche  in   modo
efficiente e contribuiscano in tal  modo  agli  obiettivi  ambientali
della presente direttiva; 
      un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici
a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno  in
industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi  economica
effettuata secondo l'allegato III e tenendo conto del principio  "chi
inquina paga".». 
    Sostanzialmente  la  DQA  introduce  un  nuovo  approccio   nella
gestione della risorsa idrica, gli indicatori economici entrano in un
processo  di  valutazione  integrato,  finalizzato  a  supportare  il
processo decisionale sia con riferimento alle misure infrastrutturali
che, soprattutto, a quelle finalizzate alla riduzione dei prelievi  e
alla riduzione  dei  carichi  inquinanti.  La  DQA  afferma  che  gli
obiettivi di qualita' dei  corpi  idrici  possano  conseguirsi  anche
attraverso l'attuazione di una politica dei prezzi  che  disincentivi
lo spreco, ovvero che sia fattore di  contenimento  della  domanda  e
conseguente riduzione della pressione sui corpi  idrici  con  effetti
favorevoli  sull'uso  e   l'inquinamento.   Come   confermato   dalla
comunicazione interpretativa della Commissione europea COM (2000) 477
(Politica di tariffazione per una  gestione  piu'  sostenibile  delle
risorse idriche) del 26 luglio 2000, che  promuove  la  politica  dei
prezzi quale mezzo  per  garantire  un  uso  piu'  sostenibile  delle
risorse  idriche  ed  il  recupero  dei  costi  dei  servizi   idrici
nell'ambito di ogni specifico settore economico. 
    Inoltre, in ragione di quanto  stabilito  nell'allegato  riveduto
della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione
della  valutazione  del  Piano  per  la  ripresa  e   la   resilienza
dell'Italia, sulla base della proposta  della  Commissione  COM(2021)
344 del 22 giugno 2021, ed in  particolare  per  quanto  riguarda  la
Missione 2 Componente  4  «Tutela  del  territorio  e  della  risorsa
idrica», in ottemperanza alla Riforma 4.2 «Misure  per  garantire  la
piena capacita' gestionale per i  servizi  idrici  integrati»  Misura
M2C4-2,  entro  settembre  2022,  devono  essere  emanate  riforme  e
regolamenti generali sui servizi idrici  per  un  uso  sostenibile  e
l'incentivazione degli investimenti nelle infrastrutture idriche  che
devono come minimo: 
      a) Ridurre la  frammentazione  dei  diversi  attori  attraverso
norme e meccanismi di  aggregazione  per  incentivare  l'integrazione
degli operatori di gestione attualmente autonomi nell'operatore unico
per l'intero ambito territoriale ottimale (Disposizione inserita  nel
decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, coordinato  con  la  legge  di
conversione 29 dicembre 2021, n. 233 - art. 22, comma 1-quinquies); 
      b) Prevedere incentivi per un  uso  sostenibile  dell'acqua  in
agricoltura, in particolare persostenere l'uso del sistema comune  di
gestione delle risorse idriche (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e
di autoapprovvigionamento (Disposizione inserita nel decreto-legge  6
novembre 2021, n. 152, coordinato con  la  legge  di  conversione  29
dicembre 2021, n. 233 - art. 16, comma 1, lettera b)); 
      c) Stabilire un  sistema  di  prezzi  regolamentati  che  tenga
adeguatamente   conto   dell'uso   delle   risorse    ambientali    e
dell'inquinamento, conformemente  al  principio  «chi  inquina  paga»
(Disposizione inserita nel decreto-legge 6  novembre  2021,  n.  152,
coordinato con la legge di conversione 29  dicembre  2021,  n.  233 -
art. 16, comma 1, lettera a)). 
    Pertanto, allo scopo di dare attuazione alle  disposizioni  della
DQA nel rispetto dei principi dalla stessa  sanciti  e  adempiere  al
punto c) sopra  citato,  e'  urgente  operare  un'armonizzazione  dei
principi e dei criteri  di  riferimento  per  la  determinazione  dei
canoni di concessione di derivazione  d'acqua  per  i  vari  usi,  ed
emanare il presente provvedimento ai sensi dell'art.  154,  comma  3,
del decreto legislativo n. 152/2006. 
La normativa nazionale di riferimento 
    A livello  nazionale,  l'art.  119  del  decreto  legislativo  n.
152/2006 sancisce: 
      1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi  di  qualita'  di
cui al Capo I del Titolo II della parte terza del  presente  decreto,
le autorita' competenti tengono conto del principio del recupero  dei
costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi  alla
risorsa, prendendo in considerazione l'analisi  economica  effettuata
in base all'allegato 10 alla parte terza del presente decreto  e,  in
particolare, secondo il principio «chi inquina paga». 
      2. Entro il 2010 le autorita' competenti provvedono ad  attuare
politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad  incentivare  adeguatamente
gli utenti a usare  le  risorse  idriche  in  modo  efficiente  ed  a
contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli  obiettivi  di
qualita' ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonche'  di  cui
agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche  mediante  un
adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico
dei  vari  settori  di  impiego  dell'acqua,  suddivisi   almeno   in
industria, famiglie e  agricoltura.  Al  riguardo  dovranno  comunque
essere tenute  in  conto  le  ripercussioni  sociali,  ambientali  ed
economiche del recupero dei suddetti costi, nonche' delle  condizioni
geografiche e climatiche della regione o delle regioni in  questione.
In particolare: a) i canoni di concessione per le  derivazioni  delle
acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi  della
risorsa connessi all'utilizzo dell'acqua; b) le tariffe  dei  servizi
idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali  quelli
civile,  industriale  e  agricolo,  contribuiscono  adeguatamente  al
recupero dei  costi  sulla  base  dell'analisi  economica  effettuata
secondo l'allegato 10 alla parte terza del presente decreto. 
      3. Nei piani di tutela di cui all'art. 121  sono  riportate  le
fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e
2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi  di  qualita'  di  cui
alla parte terza del presente decreto. 
      3-bis. Fino all'emanazione del decreto  di  cui  all'art.  154,
comma 3, il Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  e
del mare e  le  regioni,  mediante  la  stipulazione  di  accordi  di
programma  ai  sensi  dell'art.  34  del  testo  unico  delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo  18
agosto 2000, n. 267, possono determinare,  stabilendone  l'ammontare,
la quota parte delle entrate dei canoni derivanti  dalle  concessioni
del  demanio   idrico   nonche'   le   maggiori   entrate   derivanti
dall'applicazione del principio «chi inquina paga» di cui al comma  1
del presente articolo,  e  in  particolare  dal  recupero  dei  costi
ambientali e  di  quelli  relativi  alla  risorsa,  da  destinare  al
finanziamento delle misure e delle funzioni  previste  dall'art.  116
del presente decreto e delle funzioni di  studio  e  progettazione  e
tecnico-organizzative attribuite alle autorita' di  bacino  ai  sensi
dell'art. 71 del presente decreto. 
    Il successivo art. 154 del decreto legislativo n. 152/2006, cosi'
come modificato dall'art. 16, comma 1, lettera a), legge n.  233  del
2021, prevede, al comma 3, che «Al  fine  di  assicurare  un'omogenea
disciplina  sul  territorio  nazionale,  con  decreto  del   Ministro
dell'economia e delle finanze, di  concerto  con  il  Ministro  della
transizione ecologica e con  il  Ministro  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali, sono stabiliti  i  criteri  generali  per  la
determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per
l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e  dei
costi della risorsa e dell'inquinamento, conformemente  al  principio
"chi inquina  paga",  e  prevedendo  altresi'  riduzioni  del  canone
nell'ipotesi in cui il concessionario  attui  un  riuso  delle  acque
reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di
una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con
le  medesime  caratteristiche  qualitative   di   quelle   prelevate.
L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale». 
    Il decreto n. 29 del 13 febbraio 2017 della ex DG STA  del  MITE,
prescrive che le  derivazioni  siano  assoggettate  ad  una  accurata
valutazione   dell'impatto   sui   singoli   elementi   di   qualita'
caratterizzanti lo stato (e l'obiettivo)  di  qualita'  presente  nel
corpo idrico esaminato, al fine di valutarne  l'eventuale  scadimento
di classe, attraverso una prima fase di screening ed una seconda fase
di dettaglio, in cui tutti  gli  elementi  di  qualita'  (idrologici,
idromorfologici, biologici, chimici) sono  analizzati,  verificandone
l'eventuale scadimento. Gli impatti attesi  vengono  poi  confrontati
con il valore ambientale dei corpi idrici interessati,  determinando,
cosi', il rischio ambientale generato dalla derivazione. 
I principi generali 
    Le  utenze   di   acqua   pubblica,   legittimate   al   prelievo
dall'autorita'  competente  (regione   o   provincia)   mediante   un
provvedimento concessorio, sono sottoposte al pagamento di un  canone
annuo. Infatti, a fronte del prelievo,  la  disciplina  nazionale  in
materia di utilizzo dell'acqua,  riconducibile  in  primis  al  testo
unico 1775/1933, prevede il pagamento di  un  canone  di  concessione
quale corrispettivo per la concessione di derivazione d'acqua. 
    Il canone di concessione e': 
      commisurato alla portata prelevata (modulo = 100  l/s.  Per  il
solo uso di produzione di forza motrice, il canone e' commisurato  al
kilowattora - Kw); 
      diversificato in base ai diversi  usi,  identificati  ai  sensi
dell'art.  6  del regio  decreto 11  dicembre  1933,   n.   1775   di
«Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque
e sugli impianti elettrici» in base  alla  disciplina  emanata  dalle
regioni per effetto del conferimento di funzioni  e  compiti  operato
dal decreto legislativo n. 112/1998: 
        potabile; 
        industriale; 
        irriguo; 
        forza motrice (idroelettrico); 
        ittiogenico; 
        antincendio; 
        igienico; 
        altro. 
    A seguito  del  trasferimento  delle  competenze  in  materia  di
demanio idrico dallo Stato alle regioni, iniziato con il decreto  del
Presidente della Repubblica n. 616/1977 e conclusosi con  il  decreto
legislativo n. 112/1998,  l'adeguamento  dei  canoni  e  il  relativo
incasso spetta alle regioni, sia ordinarie che a statuto speciale,  e
alle Province autonome di Trento e Bolzano. 
    All'attualita', si hanno canoni differenti da regione a regione e
occorre  che  tale  differenziazione  sia  maggiormente  rispondente,
secondo i principi e i  criteri  che  si  vogliono  definire  con  il
presente  decreto,  ad   un   processo   valutativo   delle   realta'
territoriali di  riferimento,  siano  esse  idrologiche,  idrauliche,
ambientali, morfologiche, economiche ecc. 
    Con l'entrata in vigore del decreto legislativo 152 del  2006  di
recepimento della direttiva 2000/60/CE, all'art.  154,  comma  3,  e'
stato previsto, al fine  di  assicurare  un'omogenea  disciplina  sul
territorio nazionale, che sia emanato un decreto, su proposta del MEF
di concerto con il MASE e con il MASAF,  in  cui  siano  stabiliti  i
criteri generali per la determinazione da parte  delle  regioni,  dei
canoni di concessione per l'utenza di acqua  pubblica,  nel  rispetto
dei principi del «full cost recovery» (FCR) (di cui al  comma  1  del
medesimo articolo, all'art. 119 del decreto legislativo n. 152/2006 e
all'art. 9, comma 1,  della  DQA),  del  «chi  inquina  paga»  e  del
principio dell'efficienza nell'utilizzo della risorsa idrica  sanciti
dalla DQA, in modo da garantire, coerentemente  con  quanto  previsto
dal citato comma 3 dell'art. 154, riduzioni del canone  nei  casi  in
cui il concessionario attui un riuso delle acque a valle del processo
produttivo o di una parte dello  stesso  o,  ancora,  restituisca  le
acque di scarico  con  le  medesime  caratteristiche  qualitative  di
quelle prelevate. 
    Il principio del full cost recovery  implica  che  siano  coperti
attraverso il contributo dei diversi utilizzatori della risorsa tutti
i costi generati dall'utilizzo, siano essi finanziari,  ambientali  e
della risorsa. Il concetto di full  cost  recovery  non  deve  essere
letto in maniera assoluta come copertura integrale di tutti  i  costi
esistenti ma  come  copertura  di  tutti  quei  costi  che  risultano
sostenibili ed efficienti, come  determinato  dall'analisi  economica
dei piani di gestione, assicurando quindi un adeguato  contributo  al
recupero dei costi e non la loro copertura totale. 
    Il principio del chi inquina paga prevede che  ogni  utilizzatore
della risorsa  contribuisca,  sulla  base  delle  pressioni  e  degli
impatti esercitati sulla stessa, alla copertura del costo generato. 
    Il principio dell'efficienza nell'utilizzo della risorsa  prevede
che sia determinato un meccanismo di premialita' - penalita' mediante
il quale sia incentivato l'utilizzo razionale della risorsa. 
    In ottemperanza a  quanto  sancito  dall'art.  9  della  DQA,  il
conseguimento di tali principi deve essere garantito  anche  mediante
un'adeguata politica dei prezzi, alla quale deve concorrere anche  il
canone di concessione. Nel merito, si  richiama  quanto  sancito  dal
decreto  ministeriale  n.  39/2015,  che  individua  nel  canone   di
concessione una delle leve finanziarie  per  il  recupero  dei  costi
ambientali e della risorsa. 
    Sono altresi' principi fondamentali  della  materia,  di  cui  si
tiene conto,  quelli  della  onerosita'  della  concessione  e  della
proporzionalita' del canone alla  entita'  dello  sfruttamento  della
risorsa pubblica e all'utilita' economica che  il  concessionario  ne
ricava (Corte costituzionale sentenze n. 85/2014 e n. 158/2016). 
    Pertanto, in sintesi, l'individuazione dei criteri  generali  per
la disciplina di determinazione dei canoni  di  derivazione  risponde
all'esigenza di: 
      dare attuazione a specifiche disposizioni  normative  (articoli
119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006); 
      armonizzare a livello nazionale i principi  e  i  criteri  alla
base della disciplina di determinazione dei canoni; 
      rendere la modalita'  di  adeguamento  dei  canoni  rispondente
compiutamente ai requisiti imposti dalla direttiva 2000/60/CE; 
      applicare una politica dei prezzi dell'acqua che  ne  incentivi
un uso razionale ed efficiente (art. 9 della direttiva 2000/60/CE); 
      applicare il principio del recupero dei costi, compresi  quelli
ambientali e  della  risorsa  (art.  9  della  direttiva  2000/60/CE,
articoli 119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006),  secondo  il
principio chi inquina paga. 
    La DQA in tema di politiche dei prezzi dell'acqua: 
      afferma che anche attraverso un'adeguata politica dei prezzi e'
possibile favorire il raggiungimento degli obiettivi di salvaguardia,
tutela e miglioramento della qualita' dell'ambiente e della risorsa e
conseguire un'utilizzazione accorta e razionale di questa; 
      dispone che la struttura dei prezzi sia applicata valutando gli
effetti  che  ne  conseguono  in  termini   di   sostenibilita'.   La
sostenibilita' rappresenta un equilibrio tra  la  necessita'  di  non
lasciare  insoddisfatta  la  domanda  di  acqua  con  quella  di  non
incoraggiare  modelli   insediativi   e   produttivi   eccessivamente
idroesigenti,  depauperativi  e/o   fortemente   impattanti   o   che
richiedano costi eccessivi per l'approntamento dei relativi servizi e
degli interventi di tutela e/o ripristino e mantenimento ambientale; 
      impone che vi sia una stretta  correlazione  tra  il  risultato
dell'analisi delle pressioni e degli impatti e le misure necessarie a
colmare il  gap  esistente  tra  lo  stato  del  corpo  idrico  e  il
raggiungimento dell'obiettivo di qualita',  privilegiando  le  misure
piu' idonee ed efficienti in termini di costi volte a  garantire  che
le acque raggiungano un buono stato, in modo da risolvere il  divario
prestazionale persistente. 
    Poiche'  il  canone  di  concessione   di   derivazione   d'acqua
rappresenta il primo strumento finanziario per l'internalizzazione  e
la  copertura  dei  costi  ambientali  e  della  risorsa  secondo  il
principio chi inquina paga,  nella  fissazione  dei  criteri  per  la
determinazione dello stesso occorre contemperare  tutti  gli  aspetti
inerenti all'uso della risorsa idrica, dalla  tutela  e  salvaguardia
del bene, dal soddisfacimento dei fabbisogni per  i  vari  usi,  fino
alla sostenibilita' economica e finanziaria. 
    Il canone di  derivazione  e'  lo  strumento  amministrativo  che
attribuisce un controvalore monetario alla risorsa idrica e  pertanto
deve contribuire alla copertura dei costi ambientali e della  risorsa
mediante la concorrenza al finanziamento  delle  misure,  individuate
dai  piani  di  gestione  delle  acque,  come  previsto  dal  decreto
ministeriale n. 39/2015 quale costi ambientali e della risorsa. 
    I principi e i criteri definiti nel presente provvedimento devono
garantire, nel rispetto degli obblighi  ed  obiettivi  fissati  dalla
direttiva  2000/60/CE,  anche  il  principio  dell'invarianza   della
finanza regionale. 
    In sintesi, nel rispetto della normativa vigente,  e'  necessario
che i canoni siano determinati tenendo conto: 
      a) ai sensi degli articoli 119 e 154 del decreto legislativo n.
152/2006: 
        delle pressioni e degli impatti che l'uso  genera  sul  corpo
idrico interessato; 
        delle pressioni e degli impatti sul  corpo  idrico  recettore
delle restituzioni puntuali; 
        delle caratteristiche quantitative e  qualitative  del  corpo
idrico oggetto di prelievo; 
        della  quantita'  e  della  qualita'  dell'acqua   restituita
rispetto a quella prelevata; 
        degli usi a cui la risorsa e' destinata; 
      b) coerentemente a quanto sancito dall'art. 9 del  testo  unico
1775/1933, cosi' come modificato dall'art. 96, comma 2,  del  decreto
legislativo n. 152/2006: 
        dell'attuale  livello  di  soddisfacimento   delle   esigenze
essenziali dei concorrenti anche da parte  dei  servizi  pubblici  di
acquedotto o di  irrigazione  e  la  prioritaria  destinazione  delle
risorse qualificate all'uso potabile; 
        delle effettive possibilita' di migliore utilizzo delle fonti
in relazione all'uso; 
        delle caratteristiche quantitative e  qualitative  del  corpo
idrico oggetto di prelievo; 
        della  quantita'  e  della  qualita'  dell'acqua   restituita
rispetto a quella prelevata; 
      c) Ai sensi dell'art. 12-bis del testo unico  1775/1933,  comma
3, cosi' come modificato dall'art.  96  del  decreto  legislativo  n.
152/2006: 
        della necessita' di prevedere la triplicazione del canone  di
concessione, qualora le acque di qualita'  o  comunque  riservate  al
consumo umano siano concesse ad usi diversi dal potabile. 
    Infine,  va  considerato  che,  ai  sensi  dell'art.  119   della
Costituzione, in particolare del comma  1  e  del  comma  6,  per  il
rispetto dell'equilibrio di  bilancio  «I  comuni,  le  province,  le
citta' metropolitane e le  regioni  hanno  autonomia  finanziaria  di
entrata  e  di  spesa,  nel  rispetto  dell'equilibrio  dei  relativi
bilanci,  e  concorrono  ad  assicurare  l'osservanza   dei   vincoli
economici  e  finanziari   derivanti   dall'ordinamento   dell'Unione
europea». 
Criteri per la determinazione del canone 
    Ai sensi dell'art. 9 della DQA e degli articoli  119  e  154  del
decreto legislativo n.  152/2006,  al  fine  di  incentivare  un  uso
razionale della risorsa e concorrere al conseguimento degli obiettivi
di  qualita'  previsti  dalla  medesima  direttiva,  il   canone   di
concessione, definito per ogni uso, deve  essere  determinato,  fatte
salve le disposizioni  delle  regioni  a  statuto  speciale  e  delle
Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  ove  compatibili  con  la
normativa eurounitaria, tenendo conto: 
      della quantita' d'acqua prelevata (fattore di proporzionalita')
e della quantita' e qualita' di risorsa restituita (art. 9 del  regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 come modificato  dall'art.  96  del
decreto legislativo n. 152/2006); 
      delle variabili che sintetizzano aspetti  che  influiscono  sul
raggiungimento degli obiettivi della DQA (fattore  correttivo),  come
di seguito definiti. 
    Nella determinazione del fattore correttivo occorre  tener  conto
almeno: 
      a) del rischio correlato alla derivazione di non raggiungimento
degli obiettivi  ambientali,  cosi'  come  definito  dalle  direttive
emanate dalle autorita' di bacino distrettuali in applicazione del DD
29/2017; 
      b) dell'impatto che la restituzione puntuale a  valle  dell'uso
esercita sul corpo idrico ricettore, in termini di eventuale ostacolo
al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi ambientali; 
      c) della  sussistenza  di  rilasci  atti  a  garantire  portate
maggiori  rispetto  a  quelle  necessarie  a  garantire  il  deflusso
ecologico a valle della  derivazione  stessa  e  di  altre  eventuali
esternalita' positive. 
    Per le nuove concessioni di derivazione il canone di  derivazione
dovra' tener conto di quanto sopra specificato. 
    Per le concessioni di derivazione in essere  e  fino  al  rinnovo
delle stesse, per l'adeguamento del canone di concessione le  regioni
provvederanno mediante un processo di avvicinamento graduale a quanto
previsto per le  nuove  concessioni,  individuando  tra  i  parametri
previsti dal medesimo decreto  quelli  maggiormente  confacenti  alle
derivazioni in essere e quindi immediatamente applicabili. 
Criteri specifici per la determinazione del canone di concessione per
  alcune tipologie di uso 
Uso potabile 
    L'acqua e' un bene primario essenziale  alla  vita  e,  pertanto,
secondo  la  normativa  nazionale,  l'uso  potabile  e'   prioritario
rispetto agli altri usi. Infatti, l'utilizzo di risorse prelevate  da
sorgenti o falde, o comunque  riservate  all'uso  potabile,  potranno
essere destinate ad altri usi solo nei casi  tassativamente  previsti
dalla normativa di settore (art. 12-bis del testo unico 1775/1933). 
    L'uso della risorsa idrica a scopo potabile richiede il  rispetto
di parametri di  potabilita'  stabiliti  all'attualita'  dal  decreto
legislativo n. 31/2001 e successive modificazioni. 
    A riguardo, per completezza di  informazione,  si  richiamano  le
nuove disposizioni previste dalla direttiva comunitaria  sulle  acque
potabili, ovvero la direttiva 2020/2184,  entrata  in  vigore  il  12
gennaio 2021 e a cui gli Stati membri si  dovranno  conformare  entro
gennaio 2023. Tra queste, in particolare,  la  revisione  dei  vecchi
parametri e introduzione di  nuovi,  e  la  valutazione  del  rischio
(Piani di sicurezza  delle  acque -  Water  Safety  Plans),  concetto
questo, in realta', gia' previsto dalla direttiva 2015/1787, recepita
in Italia con il decreto ministeriale 14 giugno 2017. 
    La disposizione che segue potra' essere applicata a tutte  quelle
concessioni di derivazione per le quali e' richiesto il rispetto  dei
parametri di potabilita'. 
    Qualora la risorsa idrica al prelievo non  sia  conforme  a  tali
parametri   e   richieda   per   l'utilizzo   un    trattamento    di
potabilizzazione  con  relativo  investimento  teso  a  riportare   i
parametri  difformi  ai  valori  di  norma,   esclusa   la   semplice
disinfezione (es. clorazione), potra' essere prevista  una  riduzione
del canone di derivazione fino ad un massimo del 50%. 
    L'amministrazione  competente  provvedera'  ad   applicare   tale
riduzione previa presentazione di istanza da parte del concessionario
o del gestore del servizio  idrico  integrato,  corredata  da  idonea
documentazione dell'autorita' sanitaria territorialmente  competente,
attestante la non conformita' dei parametri di potabilita' al decreto
legislativo n. 31/2001 e da documentazione attestante gli  interventi
che verranno attuati per il ripristino di tali parametri, i tempi  di
realizzazione e i relativi costi di investimento. 
    Per il servizio  idrico  integrato  la  riduzione  potra'  essere
applicata: 
      a) solo nel caso in cui le perdite di rete di acquedotto  siano
sotto al 20% dell'acqua derivata; 
      b) limitatamente al periodo di ammortamento dell'investimento; 
      c)  a  condizione  che  gli  interventi   siano   approvati   e
autorizzati  dall'ente  di  governo  d'ambito  coerentemente  con  la
pianificazione  d'ambito  e  il  conseguente  piano  tariffario   sia
approvato dall'ARERA secondo le modalita' di regolazione dalla stessa
previste o dall'equivalente  sistema  di  gestione  previsto  per  le
Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione Valle d'Aosta. 
    Per l'uso potabile in autoapprovvigionamento la  riduzione  sara'
applicata limitatamente al periodo di ammortamento  dell'investimento
necessario e solo nel caso in cui non  sia  possibile  allacciarsi  a
pubblico acquedotto. 
    Le  amministrazioni  competenti  potranno  prevedere   specifiche
agevolazioni per derivazioni di acque superficiali o  sotterranee  di
portata inferiori a 5 l/sec, nel caso di usi potabili a  servizio  di
rifugi alpini  ed  escursionistici,  malghe,  casere,  baite  tipiche
dell'ambiente rurale montano, non destinate  ad  usi  produttivi  e/o
commerciali, funzionali anche alla manutenzione ambientale. 
Uso irriguo 
    L'agricoltura e' un settore strategico per l'economia del paese e
contemporaneamente puo' svolgere, attraverso le  buone  pratiche,  un
ruolo  primario  per  il  perseguimento  di  fondamentali   obiettivi
ambientali quali la ricarica degli acquiferi, la valorizzazione e  la
tutela  del  paesaggio,  il  mantenimento  della  sicurezza  e  della
funzionalita'   idraulica   del   territorio   e   il    contenimento
dell'erosione   del   suolo,   il   sequestro   del   carbonio,    il
mantenimento/incremento della biodiversita' vegetale e animale  anche
mediante  il  mantenimento  di  aree   umide.   Per   tali   ragioni,
subordinatamente all'uso  potabile,  quello  irriguo  e'  considerato
prioritario rispetto agli  altri  usi  e  ne  vanno  riconosciute  le
funzionalita' ambientali. 
    Il canone di derivazione per  l'uso  irriguo  deve  tenere  conto
della quantita' di risorsa idrica prelevata e  dell'impatto  generato
sui corpi idrici  dal  medesimo  prelievo,  quantificato  come  costo
ambientale nell'ambito dell'analisi economica dei piani  di  gestione
per gli usi irrigui. 
    Nella determinazione  dei  canoni  per  uso  irriguo,  si  potra'
attuare una riduzione del canone, solo in presenza di un  sistema  di
misurazione dei volumi,  laddove  previsto  dai  regolamenti  emanati
dalle regioni, ordinarie e  a  statuto  speciale,  e  dalle  Province
autonome di Trento e Bolzano a  recepimento  delle  linee  guida  del
MIPAAF di cui al decreto ministeriale 31 luglio 2015 e  nel  caso  in
cui lo stato del corpo idrico interessato dal prelievo sia buono. 
    Qualora lo stato del corpo idrico interessato  dal  prelievo  sia
inferiore  a  buono  per  motivi  quantitativi  e  le   cause   siano
imputabili, in base all'analisi delle pressioni, anche in quota parte
al prelievo irriguo, tale riduzione non puo' essere applicata. 
    Fatte salve le disposizioni di cui all'art. 21, comma 2-bis,  del
testo unico 1775/1933, cosi' come modificato dall'art. 96 del decreto
legislativo n. 152/2006, per l'uso irriguo in  autoapprovvigionamento
le regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di
Trento e Bolzano potranno applicare il canone sulla  portata  massima
derivabile o applicare un canone di concessione  a  progressione  non
lineare sul quantitativo prelevato (misurato  o  stimato),  anche  al
fine di conseguire una gestione virtuosa  della  risorsa  e  comunque
incentivare l'uso efficiente della stessa nel rispetto  dei  principi
sanciti dall'art. 9 della DQA e dagli articoli 119 e 152 del  decreto
legislativo n. 152/2006. 
    Tra le pratiche  di  uso  efficiente  della  risorsa  rientra  il
possibile riuso delle acque reflue depurate, cosi' come  disciplinato
dal decreto ministeriale 185 del 12 giugno 2003 «Regolamento  recante
norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue», e dalle  future
integrazioni normative che si renderanno  necessarie  per  l'adozione
del regolamento del Parlamento europeo e del  Consiglio  n.  2020/741
del 25 maggio 2020 recante  prescrizioni  minime  per  il  riutilizzo
dell'acqua. 
Uso industriale 
    Nella determinazione dei canoni per uso industriale, nel caso  in
cui il concessionario attua un  riuso  delle  acque  a  ciclo  chiuso
reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o se
restituisce le acque  di  scarico  con  le  medesime  caratteristiche
qualitative di quelle prelevate, le regioni, ordinarie  e  a  statuto
speciale, e  le  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  potranno
prevedere una riduzione del canone, ai sensi dell'art. 154,  comma  3
del decreto legislativo n. 152/2006, fino ad un massimo del  50%.  Le
regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le  Province  autonome  di
Trento  e  Bolzano  definiranno  i   parametri   o   le   soglie   di
accettabilita' sulla  base  dei  quali  valutare  le  caratteristiche
dell'acqua di scarico rispetto a quelle delle acque prelevate. 
Aggiornamento dei canoni 
    Al fine di tener  conto  delle  modifiche  delle  caratteristiche
quali quantitative dei corpi idrici presenti  in  ciascun  distretto,
l'aggiornamento dei canoni di derivazione dovra' tenere  conto  delle
cadenze previste dalla pianificazione distrettuale,  sulla  base  dei
risultati dell'analisi economica  di  cui  all'art.  9  della  DQA  e
all'allegato 10 parte terza  del  decreto  legislativo  n.  152/2006,
tenendo conto dei costi ambientali e della risorsa  come  individuati
nei piani di gestione delle acque. 
Destinazione d'uso 
    Ai sensi del decreto ministeriale n. 39/2015, che definisce  come
proxi dei costi ambientali e della risorsa le  misure  del  piano  di
gestione delle acque necessarie al conseguimento degli  obiettivi  di
qualita' dei corpi idrici come imposti dalla direttiva  2000/60/CE  e
in attuazione del principio della copertura dei  costi,  le  regioni,
ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome  di  Trento  e
Bolzano provvedono ad accantonare e destinare  i  proventi  derivanti
dai canoni o quota parte di questi al finanziamento del programma  di
misure del piano  di  gestione  delle  acque  per  il  territorio  di
riferimento.