Allegato A Criteri generali per la determinazione dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica Premessa L'acqua e' bene pubblico, ovvero e' un bene appartenente al demanio necessario, destinata al soddisfacimento di una funzione pubblica, e puo' formare oggetto di diritti a favore di terzi, solo nei modi e nei limiti stabiliti da leggi specifiche (Cassazione, Sezione II, sentenza 17 marzo 1998, n. 2844). L'attribuzione ai privati di diritti di godimento sui beni del demanio idrico si realizza attraverso provvedimenti unilaterali di concessione dietro il pagamento di un canone. Questa prestazione economica, dotata di una tutela rinforzata di stampo pubblicistico, essendo calcolato sulla base dei moduli d'acqua prelevata (1 modulo = 100 l/s), non soddisfa appieno il principio di attuazione di una politica dei prezzi che razionalizzi il consumo, ovvero che sia fattore di contenimento della domanda in modo da contribuire a ridurre la pressione sulle risorse idriche come sancito dalla direttiva 2000/60/CE (Direttiva quadro acque - DQA), che rappresenta la norma quadro per le politiche di gestione della risorsa idrica in Europa. La direttiva 2000/60/CE ha, tra i suoi principali obiettivi, la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, la promozione di un utilizzo sostenibile della risorsa, la protezione dell'ambiente, nonche' la mitigazione degli effetti delle inondazioni e della siccita'. La DQA poneva l'anno 2010 (disposizione trasposta nel nostro ordinamento all'art. 119 del decreto legislativo n. 152/2006) come termine entro il quale gli SM avrebbero dovuto adottare politiche dei prezzi dell'acqua che incentivassero gli utenti ad usare le risorse in modo efficiente, contribuendo con cio' al perseguimento degli obiettivi ambientali e ad un adeguato contributo al recupero del costo dei servizi a carico dei diversi settori di impiego dell'acqua, tenendo conto del principio «chi inquina paga». In particolare, l'art. 9 della DQA prevede che gli «Stati membri provvedono ... a: che le politiche dei prezzi dell'acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della presente direttiva; un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'allegato III e tenendo conto del principio "chi inquina paga".». Sostanzialmente la DQA introduce un nuovo approccio nella gestione della risorsa idrica, gli indicatori economici entrano in un processo di valutazione integrato, finalizzato a supportare il processo decisionale sia con riferimento alle misure infrastrutturali che, soprattutto, a quelle finalizzate alla riduzione dei prelievi e alla riduzione dei carichi inquinanti. La DQA afferma che gli obiettivi di qualita' dei corpi idrici possano conseguirsi anche attraverso l'attuazione di una politica dei prezzi che disincentivi lo spreco, ovvero che sia fattore di contenimento della domanda e conseguente riduzione della pressione sui corpi idrici con effetti favorevoli sull'uso e l'inquinamento. Come confermato dalla comunicazione interpretativa della Commissione europea COM (2000) 477 (Politica di tariffazione per una gestione piu' sostenibile delle risorse idriche) del 26 luglio 2000, che promuove la politica dei prezzi quale mezzo per garantire un uso piu' sostenibile delle risorse idriche ed il recupero dei costi dei servizi idrici nell'ambito di ogni specifico settore economico. Inoltre, in ragione di quanto stabilito nell'allegato riveduto della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione della valutazione del Piano per la ripresa e la resilienza dell'Italia, sulla base della proposta della Commissione COM(2021) 344 del 22 giugno 2021, ed in particolare per quanto riguarda la Missione 2 Componente 4 «Tutela del territorio e della risorsa idrica», in ottemperanza alla Riforma 4.2 «Misure per garantire la piena capacita' gestionale per i servizi idrici integrati» Misura M2C4-2, entro settembre 2022, devono essere emanate riforme e regolamenti generali sui servizi idrici per un uso sostenibile e l'incentivazione degli investimenti nelle infrastrutture idriche che devono come minimo: a) Ridurre la frammentazione dei diversi attori attraverso norme e meccanismi di aggregazione per incentivare l'integrazione degli operatori di gestione attualmente autonomi nell'operatore unico per l'intero ambito territoriale ottimale (Disposizione inserita nel decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, coordinato con la legge di conversione 29 dicembre 2021, n. 233 - art. 22, comma 1-quinquies); b) Prevedere incentivi per un uso sostenibile dell'acqua in agricoltura, in particolare persostenere l'uso del sistema comune di gestione delle risorse idriche (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e di autoapprovvigionamento (Disposizione inserita nel decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, coordinato con la legge di conversione 29 dicembre 2021, n. 233 - art. 16, comma 1, lettera b)); c) Stabilire un sistema di prezzi regolamentati che tenga adeguatamente conto dell'uso delle risorse ambientali e dell'inquinamento, conformemente al principio «chi inquina paga» (Disposizione inserita nel decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, coordinato con la legge di conversione 29 dicembre 2021, n. 233 - art. 16, comma 1, lettera a)). Pertanto, allo scopo di dare attuazione alle disposizioni della DQA nel rispetto dei principi dalla stessa sanciti e adempiere al punto c) sopra citato, e' urgente operare un'armonizzazione dei principi e dei criteri di riferimento per la determinazione dei canoni di concessione di derivazione d'acqua per i vari usi, ed emanare il presente provvedimento ai sensi dell'art. 154, comma 3, del decreto legislativo n. 152/2006. La normativa nazionale di riferimento A livello nazionale, l'art. 119 del decreto legislativo n. 152/2006 sancisce: 1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui al Capo I del Titolo II della parte terza del presente decreto, le autorita' competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio «chi inquina paga». 2. Entro il 2010 le autorita' competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualita' ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonche' di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonche' delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare: a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell'acqua; b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'allegato 10 alla parte terza del presente decreto. 3. Nei piani di tutela di cui all'art. 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui alla parte terza del presente decreto. 3-bis. Fino all'emanazione del decreto di cui all'art. 154, comma 3, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni, mediante la stipulazione di accordi di programma ai sensi dell'art. 34 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono determinare, stabilendone l'ammontare, la quota parte delle entrate dei canoni derivanti dalle concessioni del demanio idrico nonche' le maggiori entrate derivanti dall'applicazione del principio «chi inquina paga» di cui al comma 1 del presente articolo, e in particolare dal recupero dei costi ambientali e di quelli relativi alla risorsa, da destinare al finanziamento delle misure e delle funzioni previste dall'art. 116 del presente decreto e delle funzioni di studio e progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle autorita' di bacino ai sensi dell'art. 71 del presente decreto. Il successivo art. 154 del decreto legislativo n. 152/2006, cosi' come modificato dall'art. 16, comma 1, lettera a), legge n. 233 del 2021, prevede, al comma 3, che «Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell'inquinamento, conformemente al principio "chi inquina paga", e prevedendo altresi' riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale». Il decreto n. 29 del 13 febbraio 2017 della ex DG STA del MITE, prescrive che le derivazioni siano assoggettate ad una accurata valutazione dell'impatto sui singoli elementi di qualita' caratterizzanti lo stato (e l'obiettivo) di qualita' presente nel corpo idrico esaminato, al fine di valutarne l'eventuale scadimento di classe, attraverso una prima fase di screening ed una seconda fase di dettaglio, in cui tutti gli elementi di qualita' (idrologici, idromorfologici, biologici, chimici) sono analizzati, verificandone l'eventuale scadimento. Gli impatti attesi vengono poi confrontati con il valore ambientale dei corpi idrici interessati, determinando, cosi', il rischio ambientale generato dalla derivazione. I principi generali Le utenze di acqua pubblica, legittimate al prelievo dall'autorita' competente (regione o provincia) mediante un provvedimento concessorio, sono sottoposte al pagamento di un canone annuo. Infatti, a fronte del prelievo, la disciplina nazionale in materia di utilizzo dell'acqua, riconducibile in primis al testo unico 1775/1933, prevede il pagamento di un canone di concessione quale corrispettivo per la concessione di derivazione d'acqua. Il canone di concessione e': commisurato alla portata prelevata (modulo = 100 l/s. Per il solo uso di produzione di forza motrice, il canone e' commisurato al kilowattora - Kw); diversificato in base ai diversi usi, identificati ai sensi dell'art. 6 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 di «Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici» in base alla disciplina emanata dalle regioni per effetto del conferimento di funzioni e compiti operato dal decreto legislativo n. 112/1998: potabile; industriale; irriguo; forza motrice (idroelettrico); ittiogenico; antincendio; igienico; altro. A seguito del trasferimento delle competenze in materia di demanio idrico dallo Stato alle regioni, iniziato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 e conclusosi con il decreto legislativo n. 112/1998, l'adeguamento dei canoni e il relativo incasso spetta alle regioni, sia ordinarie che a statuto speciale, e alle Province autonome di Trento e Bolzano. All'attualita', si hanno canoni differenti da regione a regione e occorre che tale differenziazione sia maggiormente rispondente, secondo i principi e i criteri che si vogliono definire con il presente decreto, ad un processo valutativo delle realta' territoriali di riferimento, siano esse idrologiche, idrauliche, ambientali, morfologiche, economiche ecc. Con l'entrata in vigore del decreto legislativo 152 del 2006 di recepimento della direttiva 2000/60/CE, all'art. 154, comma 3, e' stato previsto, al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, che sia emanato un decreto, su proposta del MEF di concerto con il MASE e con il MASAF, in cui siano stabiliti i criteri generali per la determinazione da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, nel rispetto dei principi del «full cost recovery» (FCR) (di cui al comma 1 del medesimo articolo, all'art. 119 del decreto legislativo n. 152/2006 e all'art. 9, comma 1, della DQA), del «chi inquina paga» e del principio dell'efficienza nell'utilizzo della risorsa idrica sanciti dalla DQA, in modo da garantire, coerentemente con quanto previsto dal citato comma 3 dell'art. 154, riduzioni del canone nei casi in cui il concessionario attui un riuso delle acque a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Il principio del full cost recovery implica che siano coperti attraverso il contributo dei diversi utilizzatori della risorsa tutti i costi generati dall'utilizzo, siano essi finanziari, ambientali e della risorsa. Il concetto di full cost recovery non deve essere letto in maniera assoluta come copertura integrale di tutti i costi esistenti ma come copertura di tutti quei costi che risultano sostenibili ed efficienti, come determinato dall'analisi economica dei piani di gestione, assicurando quindi un adeguato contributo al recupero dei costi e non la loro copertura totale. Il principio del chi inquina paga prevede che ogni utilizzatore della risorsa contribuisca, sulla base delle pressioni e degli impatti esercitati sulla stessa, alla copertura del costo generato. Il principio dell'efficienza nell'utilizzo della risorsa prevede che sia determinato un meccanismo di premialita' - penalita' mediante il quale sia incentivato l'utilizzo razionale della risorsa. In ottemperanza a quanto sancito dall'art. 9 della DQA, il conseguimento di tali principi deve essere garantito anche mediante un'adeguata politica dei prezzi, alla quale deve concorrere anche il canone di concessione. Nel merito, si richiama quanto sancito dal decreto ministeriale n. 39/2015, che individua nel canone di concessione una delle leve finanziarie per il recupero dei costi ambientali e della risorsa. Sono altresi' principi fondamentali della materia, di cui si tiene conto, quelli della onerosita' della concessione e della proporzionalita' del canone alla entita' dello sfruttamento della risorsa pubblica e all'utilita' economica che il concessionario ne ricava (Corte costituzionale sentenze n. 85/2014 e n. 158/2016). Pertanto, in sintesi, l'individuazione dei criteri generali per la disciplina di determinazione dei canoni di derivazione risponde all'esigenza di: dare attuazione a specifiche disposizioni normative (articoli 119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006); armonizzare a livello nazionale i principi e i criteri alla base della disciplina di determinazione dei canoni; rendere la modalita' di adeguamento dei canoni rispondente compiutamente ai requisiti imposti dalla direttiva 2000/60/CE; applicare una politica dei prezzi dell'acqua che ne incentivi un uso razionale ed efficiente (art. 9 della direttiva 2000/60/CE); applicare il principio del recupero dei costi, compresi quelli ambientali e della risorsa (art. 9 della direttiva 2000/60/CE, articoli 119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006), secondo il principio chi inquina paga. La DQA in tema di politiche dei prezzi dell'acqua: afferma che anche attraverso un'adeguata politica dei prezzi e' possibile favorire il raggiungimento degli obiettivi di salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita' dell'ambiente e della risorsa e conseguire un'utilizzazione accorta e razionale di questa; dispone che la struttura dei prezzi sia applicata valutando gli effetti che ne conseguono in termini di sostenibilita'. La sostenibilita' rappresenta un equilibrio tra la necessita' di non lasciare insoddisfatta la domanda di acqua con quella di non incoraggiare modelli insediativi e produttivi eccessivamente idroesigenti, depauperativi e/o fortemente impattanti o che richiedano costi eccessivi per l'approntamento dei relativi servizi e degli interventi di tutela e/o ripristino e mantenimento ambientale; impone che vi sia una stretta correlazione tra il risultato dell'analisi delle pressioni e degli impatti e le misure necessarie a colmare il gap esistente tra lo stato del corpo idrico e il raggiungimento dell'obiettivo di qualita', privilegiando le misure piu' idonee ed efficienti in termini di costi volte a garantire che le acque raggiungano un buono stato, in modo da risolvere il divario prestazionale persistente. Poiche' il canone di concessione di derivazione d'acqua rappresenta il primo strumento finanziario per l'internalizzazione e la copertura dei costi ambientali e della risorsa secondo il principio chi inquina paga, nella fissazione dei criteri per la determinazione dello stesso occorre contemperare tutti gli aspetti inerenti all'uso della risorsa idrica, dalla tutela e salvaguardia del bene, dal soddisfacimento dei fabbisogni per i vari usi, fino alla sostenibilita' economica e finanziaria. Il canone di derivazione e' lo strumento amministrativo che attribuisce un controvalore monetario alla risorsa idrica e pertanto deve contribuire alla copertura dei costi ambientali e della risorsa mediante la concorrenza al finanziamento delle misure, individuate dai piani di gestione delle acque, come previsto dal decreto ministeriale n. 39/2015 quale costi ambientali e della risorsa. I principi e i criteri definiti nel presente provvedimento devono garantire, nel rispetto degli obblighi ed obiettivi fissati dalla direttiva 2000/60/CE, anche il principio dell'invarianza della finanza regionale. In sintesi, nel rispetto della normativa vigente, e' necessario che i canoni siano determinati tenendo conto: a) ai sensi degli articoli 119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006: delle pressioni e degli impatti che l'uso genera sul corpo idrico interessato; delle pressioni e degli impatti sul corpo idrico recettore delle restituzioni puntuali; delle caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo; della quantita' e della qualita' dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata; degli usi a cui la risorsa e' destinata; b) coerentemente a quanto sancito dall'art. 9 del testo unico 1775/1933, cosi' come modificato dall'art. 96, comma 2, del decreto legislativo n. 152/2006: dell'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all'uso potabile; delle effettive possibilita' di migliore utilizzo delle fonti in relazione all'uso; delle caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo; della quantita' e della qualita' dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata; c) Ai sensi dell'art. 12-bis del testo unico 1775/1933, comma 3, cosi' come modificato dall'art. 96 del decreto legislativo n. 152/2006: della necessita' di prevedere la triplicazione del canone di concessione, qualora le acque di qualita' o comunque riservate al consumo umano siano concesse ad usi diversi dal potabile. Infine, va considerato che, ai sensi dell'art. 119 della Costituzione, in particolare del comma 1 e del comma 6, per il rispetto dell'equilibrio di bilancio «I comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». Criteri per la determinazione del canone Ai sensi dell'art. 9 della DQA e degli articoli 119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006, al fine di incentivare un uso razionale della risorsa e concorrere al conseguimento degli obiettivi di qualita' previsti dalla medesima direttiva, il canone di concessione, definito per ogni uso, deve essere determinato, fatte salve le disposizioni delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano ove compatibili con la normativa eurounitaria, tenendo conto: della quantita' d'acqua prelevata (fattore di proporzionalita') e della quantita' e qualita' di risorsa restituita (art. 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 come modificato dall'art. 96 del decreto legislativo n. 152/2006); delle variabili che sintetizzano aspetti che influiscono sul raggiungimento degli obiettivi della DQA (fattore correttivo), come di seguito definiti. Nella determinazione del fattore correttivo occorre tener conto almeno: a) del rischio correlato alla derivazione di non raggiungimento degli obiettivi ambientali, cosi' come definito dalle direttive emanate dalle autorita' di bacino distrettuali in applicazione del DD 29/2017; b) dell'impatto che la restituzione puntuale a valle dell'uso esercita sul corpo idrico ricettore, in termini di eventuale ostacolo al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi ambientali; c) della sussistenza di rilasci atti a garantire portate maggiori rispetto a quelle necessarie a garantire il deflusso ecologico a valle della derivazione stessa e di altre eventuali esternalita' positive. Per le nuove concessioni di derivazione il canone di derivazione dovra' tener conto di quanto sopra specificato. Per le concessioni di derivazione in essere e fino al rinnovo delle stesse, per l'adeguamento del canone di concessione le regioni provvederanno mediante un processo di avvicinamento graduale a quanto previsto per le nuove concessioni, individuando tra i parametri previsti dal medesimo decreto quelli maggiormente confacenti alle derivazioni in essere e quindi immediatamente applicabili. Criteri specifici per la determinazione del canone di concessione per alcune tipologie di uso Uso potabile L'acqua e' un bene primario essenziale alla vita e, pertanto, secondo la normativa nazionale, l'uso potabile e' prioritario rispetto agli altri usi. Infatti, l'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate all'uso potabile, potranno essere destinate ad altri usi solo nei casi tassativamente previsti dalla normativa di settore (art. 12-bis del testo unico 1775/1933). L'uso della risorsa idrica a scopo potabile richiede il rispetto di parametri di potabilita' stabiliti all'attualita' dal decreto legislativo n. 31/2001 e successive modificazioni. A riguardo, per completezza di informazione, si richiamano le nuove disposizioni previste dalla direttiva comunitaria sulle acque potabili, ovvero la direttiva 2020/2184, entrata in vigore il 12 gennaio 2021 e a cui gli Stati membri si dovranno conformare entro gennaio 2023. Tra queste, in particolare, la revisione dei vecchi parametri e introduzione di nuovi, e la valutazione del rischio (Piani di sicurezza delle acque - Water Safety Plans), concetto questo, in realta', gia' previsto dalla direttiva 2015/1787, recepita in Italia con il decreto ministeriale 14 giugno 2017. La disposizione che segue potra' essere applicata a tutte quelle concessioni di derivazione per le quali e' richiesto il rispetto dei parametri di potabilita'. Qualora la risorsa idrica al prelievo non sia conforme a tali parametri e richieda per l'utilizzo un trattamento di potabilizzazione con relativo investimento teso a riportare i parametri difformi ai valori di norma, esclusa la semplice disinfezione (es. clorazione), potra' essere prevista una riduzione del canone di derivazione fino ad un massimo del 50%. L'amministrazione competente provvedera' ad applicare tale riduzione previa presentazione di istanza da parte del concessionario o del gestore del servizio idrico integrato, corredata da idonea documentazione dell'autorita' sanitaria territorialmente competente, attestante la non conformita' dei parametri di potabilita' al decreto legislativo n. 31/2001 e da documentazione attestante gli interventi che verranno attuati per il ripristino di tali parametri, i tempi di realizzazione e i relativi costi di investimento. Per il servizio idrico integrato la riduzione potra' essere applicata: a) solo nel caso in cui le perdite di rete di acquedotto siano sotto al 20% dell'acqua derivata; b) limitatamente al periodo di ammortamento dell'investimento; c) a condizione che gli interventi siano approvati e autorizzati dall'ente di governo d'ambito coerentemente con la pianificazione d'ambito e il conseguente piano tariffario sia approvato dall'ARERA secondo le modalita' di regolazione dalla stessa previste o dall'equivalente sistema di gestione previsto per le Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione Valle d'Aosta. Per l'uso potabile in autoapprovvigionamento la riduzione sara' applicata limitatamente al periodo di ammortamento dell'investimento necessario e solo nel caso in cui non sia possibile allacciarsi a pubblico acquedotto. Le amministrazioni competenti potranno prevedere specifiche agevolazioni per derivazioni di acque superficiali o sotterranee di portata inferiori a 5 l/sec, nel caso di usi potabili a servizio di rifugi alpini ed escursionistici, malghe, casere, baite tipiche dell'ambiente rurale montano, non destinate ad usi produttivi e/o commerciali, funzionali anche alla manutenzione ambientale. Uso irriguo L'agricoltura e' un settore strategico per l'economia del paese e contemporaneamente puo' svolgere, attraverso le buone pratiche, un ruolo primario per il perseguimento di fondamentali obiettivi ambientali quali la ricarica degli acquiferi, la valorizzazione e la tutela del paesaggio, il mantenimento della sicurezza e della funzionalita' idraulica del territorio e il contenimento dell'erosione del suolo, il sequestro del carbonio, il mantenimento/incremento della biodiversita' vegetale e animale anche mediante il mantenimento di aree umide. Per tali ragioni, subordinatamente all'uso potabile, quello irriguo e' considerato prioritario rispetto agli altri usi e ne vanno riconosciute le funzionalita' ambientali. Il canone di derivazione per l'uso irriguo deve tenere conto della quantita' di risorsa idrica prelevata e dell'impatto generato sui corpi idrici dal medesimo prelievo, quantificato come costo ambientale nell'ambito dell'analisi economica dei piani di gestione per gli usi irrigui. Nella determinazione dei canoni per uso irriguo, si potra' attuare una riduzione del canone, solo in presenza di un sistema di misurazione dei volumi, laddove previsto dai regolamenti emanati dalle regioni, ordinarie e a statuto speciale, e dalle Province autonome di Trento e Bolzano a recepimento delle linee guida del MIPAAF di cui al decreto ministeriale 31 luglio 2015 e nel caso in cui lo stato del corpo idrico interessato dal prelievo sia buono. Qualora lo stato del corpo idrico interessato dal prelievo sia inferiore a buono per motivi quantitativi e le cause siano imputabili, in base all'analisi delle pressioni, anche in quota parte al prelievo irriguo, tale riduzione non puo' essere applicata. Fatte salve le disposizioni di cui all'art. 21, comma 2-bis, del testo unico 1775/1933, cosi' come modificato dall'art. 96 del decreto legislativo n. 152/2006, per l'uso irriguo in autoapprovvigionamento le regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di Trento e Bolzano potranno applicare il canone sulla portata massima derivabile o applicare un canone di concessione a progressione non lineare sul quantitativo prelevato (misurato o stimato), anche al fine di conseguire una gestione virtuosa della risorsa e comunque incentivare l'uso efficiente della stessa nel rispetto dei principi sanciti dall'art. 9 della DQA e dagli articoli 119 e 152 del decreto legislativo n. 152/2006. Tra le pratiche di uso efficiente della risorsa rientra il possibile riuso delle acque reflue depurate, cosi' come disciplinato dal decreto ministeriale 185 del 12 giugno 2003 «Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue», e dalle future integrazioni normative che si renderanno necessarie per l'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2020/741 del 25 maggio 2020 recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell'acqua. Uso industriale Nella determinazione dei canoni per uso industriale, nel caso in cui il concessionario attua un riuso delle acque a ciclo chiuso reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate, le regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di Trento e Bolzano potranno prevedere una riduzione del canone, ai sensi dell'art. 154, comma 3 del decreto legislativo n. 152/2006, fino ad un massimo del 50%. Le regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di Trento e Bolzano definiranno i parametri o le soglie di accettabilita' sulla base dei quali valutare le caratteristiche dell'acqua di scarico rispetto a quelle delle acque prelevate. Aggiornamento dei canoni Al fine di tener conto delle modifiche delle caratteristiche quali quantitative dei corpi idrici presenti in ciascun distretto, l'aggiornamento dei canoni di derivazione dovra' tenere conto delle cadenze previste dalla pianificazione distrettuale, sulla base dei risultati dell'analisi economica di cui all'art. 9 della DQA e all'allegato 10 parte terza del decreto legislativo n. 152/2006, tenendo conto dei costi ambientali e della risorsa come individuati nei piani di gestione delle acque. Destinazione d'uso Ai sensi del decreto ministeriale n. 39/2015, che definisce come proxi dei costi ambientali e della risorsa le misure del piano di gestione delle acque necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici come imposti dalla direttiva 2000/60/CE e in attuazione del principio della copertura dei costi, le regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di Trento e Bolzano provvedono ad accantonare e destinare i proventi derivanti dai canoni o quota parte di questi al finanziamento del programma di misure del piano di gestione delle acque per il territorio di riferimento.