Art. 2. 
 
  (Principi e criteri direttivi generali della delega legislativa) 
 
1. Salvi gli specifici principi e criteri direttivi  stabiliti  dalle
disposizioni di cui ai  capi  II  e  III,  e  in  aggiunta  a  quelli
contenuti nelle direttive da attuare, i decreti  legislativi  di  cui
all'articolo  1  sono  informati  ai  seguenti  principi  e   criteri
direttivi generali: 
a)   le   amministrazioni   direttamente    interessate    provvedono
all'attuazione dei decreti legislativi  con  le  ordinarie  strutture
amministrative, secondo il principio  della  massima  semplificazione
dei procedimenti e delle modalita' di organizzazione e  di  esercizio
delle funzioni e dei servizi; 
b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per
i singoli  settori  interessati  dalla  normativa  da  attuare,  sono
introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse,  fatti
salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero
le materie oggetto di delegificazione; 
c) al di fuori dei casi previsti  dalle  norme  penali  vigenti,  ove
necessario per assicurare l'osservanza delle  disposizioni  contenute
nei decreti legislativi,  sono  previste  sanzioni  amministrative  e
penali per le infrazioni alle disposizioni  dei  decreti  stessi.  Le
sanzioni penali, nei limiti,  rispettivamente,  dell'ammenda  fino  a
150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono  previste,  in  via
alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono  o
espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti.  In  tali
casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto  per
le infrazioni che espongono  a  pericolo  o  danneggiano  l'interesse
protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le
infrazioni  che  recano  un  danno  di  particolare  gravita'.  Nelle
predette ipotesi,  in  luogo  dell'arresto  e  dell'ammenda,  possono
essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53
e seguenti del decreto legislativo 28  agosto  2000,  n.  274,  e  la
relativa competenza del giudice di pace. La  sanzione  amministrativa
del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a
150.000 euro e' prevista per le infrazioni che ledono o  espongono  a
pericolo interessi diversi da quelli indicati nei periodi precedenti.
Nell'ambito  dei  limiti  minimi  e  massimi  previsti,  le  sanzioni
indicate nella presente lettera sono determinate nella loro  entita',
tenendo  conto  della  diversa  potenzialita'  lesiva  dell'interesse
protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di  specifiche
qualita' personali  del  colpevole,  comprese  quelle  che  impongono
particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del
vantaggio patrimoniale che  l'infrazione  puo'  recare  al  colpevole
ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Entro i
limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni
identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle  leggi  vigenti
per  violazioni  omogenee  e  di  pari  offensivita'  rispetto   alle
infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi.  Nelle  materie
di  cui  all'articolo  117,  quarto  comma,  della  Costituzione,  le
sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni; 
d) eventuali spese  non  contemplate  da  leggi  vigenti  e  che  non
riguardano l'attivita'  ordinaria  delle  amministrazioni  statali  o
regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti  le
norme necessarie per dare attuazione alle direttive, nei soli  limiti
occorrenti per  l'adempimento  degli  obblighi  di  attuazione  delle
direttive stesse; alla relativa  copertura,  nonche'  alla  copertura
delle minori entrate eventualmente  derivanti  dall'attuazione  delle
direttive, in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi  gia'
assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a  carico  del
fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile  1987,
n. 183; 
e) all'attuazione di direttive che  modificano  precedenti  direttive
gia' attuate con legge o con decreto legislativo si  procede,  se  la
modificazione  non  comporta  ampliamento  della  materia   regolata,
apportando le corrispondenti modificazioni alla legge  o  al  decreto
legislativo di attuazione della direttiva modificata; 
f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle
eventuali  modificazioni   delle   direttive   comunitarie   comunque
intervenute fino al momento dell'esercizio della delega; 
g) nella  predisposizione  dei  decreti  legislativi,  relativi  alle
direttive elencate negli  allegati  A  e  B,  si  tiene  conto  delle
esigenze di coordinamento  tra  le  norme  previste  nelle  direttive
medesime  e  quanto  stabilito  dalla   legislazione   vigente,   con
particolare  riferimento  alla  normativa  in  materia  di  lavoro  e
politiche  sociali,  per  la   cui   revisione   e'   assicurato   il
coinvolgimento  delle  parti  sociali  interessate,  ai  fini   della
definizione di eventuali specifici avvisi comuni e dell'acquisizione,
ove richiesto dalla complessita' della materia, di  un  parere  delle
stesse parti sociali sui relativi schemi di decreto legislativo; 
h)  quando  si   verificano   sovrapposizioni   di   competenze   tra
amministrazioni diverse o comunque sono coinvolte  le  competenze  di
piu' amministrazioni  statali,  i  decreti  legislativi  individuano,
attraverso le piu' opportune forme di  coordinamento,  rispettando  i
principi di sussidiarieta',  differenziazione,  adeguatezza  e  leale
collaborazione e le competenze  delle  regioni  e  degli  altri  enti
territoriali,  le  procedure  per  salvaguardare  l'unitarieta'   dei
processi decisionali, la trasparenza,  la  celerita',  l'efficacia  e
l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara  individuazione
dei soggetti responsabili; 
i) quando non sono di ostacolo i diversi termini di recepimento, sono
attuate con un unico decreto legislativo le direttive che  riguardano
le stesse materie o che comunque comportano  modifiche  degli  stessi
atti normativi. 
 
 
          Note all'art. 2. 
          - Il testo dell'art. 53 del decreto legislativo  28  agosto
          2000, n. 274  «Disposizioni  sulla  competenza  penale  del
          giudice di pace,  a  norma  dell'art.  14  della  legge  24
          novembre 1999, n. 468.», cosi' recita: 
          «Art. 53 (Obbligo di permanenza domiciliare). - 1. La  pena
          della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere
          presso la propria abitazione o in altro  luogo  di  privata
          dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o accoglienza
          nei giorni di sabato e domenica; il giudice, avuto riguardo
          alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o  di  salute
          del condannato, puo' disporre che la pena venga eseguita in
          giorni diversi della  settimana  ovvero,  a  richiesta  del
          condannato, continuativamente. 
          2. La durata della permanenza domiciliare non  puo'  essere
          inferiore a sei giorni ne' superiore a  quarantacinque;  il
          condannato non e' considerato in stato di detenzione. 
          3. Il giudice puo' altresi' imporre al condannato, valutati
          i criteri di cui all'art. 133, comma  secondo,  del  codice
          penale, il divieto  di  accedere  a  specifici  luoghi  nei
          giorni in cui non e' obbligato alla permanenza domiciliare,
          tenuto conto delle esigenze familiari, di lavoro, di studio
          o di salute del condannato. 
          4. Il divieto non puo' avere  durata  superiore  al  doppio
          della  durata   massima   della   pena   della   permanenza
          domiciliare  e  cessa  in  ogni  caso   quando   e'   stata
          interamente   scontata    la    pena    della    permanenza
          domiciliare.». 
          - Il testo dell'art. 5 della legge 16 aprile 1987,  n.  183
          «Coordinamento delle politiche  riguardanti  l'appartenenza
          dell'Italia   alle   Comunita'   europee   ed   adeguamento
          dell'ordinamento interno agli atti  normativi  comunitari»,
          cosi' recita: 
          «Art.  5  (Fondo  di  rotazione).  -   1.   E'   istituito,
          nell'ambito del Ministero del tesoro - Ragioneria  generale
          dello Stato, un  fondo  di  rotazione  con  amministrazione
          autonoma e gestione fuori bilancio, ai  sensi  dell'art.  9
          della legge 25 novembre 1971, n. 1041. 
          2. Il fondo di rotazione di cui al comma 1 si avvale di  un
          apposito conto  corrente  infruttifero,  aperto  presso  la
          tesoreria centrale dello Stato  denominato  «Ministero  del
          tesoro  -  fondo  di  rotazione  per   l'attuazione   delle
          politiche comunitarie», nel quale sono versate: 
          a) le disponibilita' residue del fondo di cui alla legge  3
          ottobre 1977, n. 863 ,  che  viene  soppresso  a  decorrere
          dalla data di inizio della operativita' del fondo di cui al
          comma 1; 
          b) le  somme  erogate  dalle  istituzioni  delle  Comunita'
          europee per contributi e sovvenzioni a favore dell'Italia; 
          c) le somme da individuare annualmente  in  sede  di  legge
          finanziaria, sulla  base  delle  indicazioni  del  comitato
          interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ai
          sensi dell'art. 2, comma 1, lettera c),  nell'ambito  delle
          autorizzazioni di spesa recate  da  disposizioni  di  legge
          aventi le stesse finalita' di quelle previste  dalle  norme
          comunitarie da attuare; 
          d)  le  somme  annualmente  determinate  con  la  legge  di
          approvazione del bilancio dello Stato, sulla base dei  dati
          di cui all'art. 7. 
          3.  Restano  salvi  i  rapporti   finanziari   direttamente
          intrattenuti con le Comunita' europee dalle amministrazioni
          e dagli  organismi  di  cui  all'art.  2  del  decreto  del
          Presidente della Repubblica 16 aprile 1971,  n.  321  ,  ed
          alla legge 26 novembre 1975, n. 748.».