(( Art. 6-bis Regolazione e controllo del lavoro dei familiari del personale di rappresentanze diplomatico-consolari straniere e di organizzazioni internazionali 1. Gli stranieri notificati come familiari conviventi di agenti diplomatici, di membri del personale amministrativo e tecnico, di funzionari e impiegati consolari o di funzionari internazionali possono, previa comunicazione tramite i canali diplomatici, svolgere attivita' lavorativa nel territorio della Repubblica, a condizioni di reciprocita' e limitatamente al periodo in cui possiedano in Italia la condizione di familiare convivente ai sensi dell'articolo 37, paragrafi 1 e 2, della Convenzione sulle relazioni diplomatiche, fatta a Vienna il 18 aprile 1961, dell'articolo 46 della Convenzione sulle relazioni consolari, fatta a Vienna il 24 aprile 1963, o delle pertinenti disposizioni degli accordi di sede con organizzazioni internazionali. 2. Tra i soggetti conviventi di cui al comma 1 sono compresi il coniuge non legalmente separato di eta' non inferiore ai diciotto anni, la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso, i figli minori, anche del coniuge, o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso, i figli di eta' inferiore ai venticinque anni qualora a carico, i figli con disabilita' a prescindere dalla loro eta', nonche' i minori di cui all'articolo 29, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, adottati o affidati o sottoposti a tutela. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale accerta l'equivalenza tra le situazioni regolate da ordinamenti stranieri e quelle di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76. 3. Fermo restando il rispetto della normativa italiana in materia fiscale, previdenziale e di lavoro e fatte salve le diverse disposizioni previste dagli accordi internazionali, i familiari di cui al presente articolo non godono dell'immunita' dalla giurisdizione civile e amministrativa, se prevista, per gli atti compiuti nell'esercizio dell'attivita' lavorativa. 4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. ))
Riferimenti normativi - Per completezza d'informazione, si riporta il testo dell'art. 37, paragrafi 1 e 2 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche - Conchiusa a Vienna il 18 aprile 1961 - Approvata dall'Assemblea federale il 21 giugno 1963 - Istrumento di ratificazione depositato dalla Svizzera il 30 ottobre 1963 - Entrata in vigore per la Svizzera il 24 aprile 1964: «Art. 37. - 1. I membri della famiglia dell'agente diplomatico, che convivono con lui, godono dei privilegi e delle immunita' menzionati negli articoli 29 a 36, sempreche' non siano cittadini dello Stato accreditatario. 2. I membri del personale amministrativo e tecnico della missione e i membri delle loro famiglie, che convivono con loro, godono, sempreche' non siano cittadini dello Stato accreditatario o non abbiano in esso la residenza permanente, dei privilegi e delle immunita' menzionati negli articoli 29 a 35, salvo che l'immunita' giurisdizionale civile e amministrativa dello Stato accreditatario, menzionata nel paragrafo 1 dell'art. 31, non si applichi agli atti compiuti fuori dell'esercizio delle loro funzioni. Essi godono altresi' dei privilegi menzionati nel paragrafo 1 dell'art. 36, per gli oggetti importati in occasione del loro primo stabilimento». - Per completezza d'informazione, si riporta il testo dell'art. 46 della Convenzione sulle Relazioni Consolari, fatta a Vienna il 24 aprile 1963: «Art. 46 (Esenzione dall'immatricolazione degli stranieri e dal permesso di dimora). - 1. I funzionari consolari, gli impiegati consolari e i membri delle loro famiglie viventi con loro in comunione domestica sono esenti da ogni obbligo previsto dalle leggi e dai regolamenti dello Stato di residenza in materia d'immatricolazione degli stranieri e di permesso di dimora. 2. Nondimeno, le disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo non si applicano all'impiegato consolare, che non sia impiegato permanente dello Stato d'invio o che eserciti un'attivita' privata di carattere lucrativo nello Stato di residenza, ne' a un membro della sua famiglia. - Per l'art. 29, comma 2 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, v. riferimenti normativi all'art. 1. - La legge 20 maggio 2016, n. 76 recante Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze, e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 21 maggio 2016, n. 118. - Si riporta il testo degli articoli 12 e 16, comma 1 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 (Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonche' norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2008, n. 3, come modificato dalla presente legge: «Art. 12 (Diniego dello status di rifugiato). - 1. Sulla base di una valutazione individuale, lo status di rifugiato non e' riconosciuto quando: a) in conformita' a quanto stabilito dagli articoli 3, 4, 5 e 6 non sussistono i presupposti di cui agli articoli 7 e 8 ovvero sussistono le cause di esclusione di cui all'art. 10; b) sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato; c) lo straniero costituisce un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per i reati previsti dall'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale ovvero dagli articoli 336, 583, 583-bis, 583-quater, 624 nell'ipotesi aggravata di cui all'art. 625, primo comma, numero 3), e 624-bis, primo comma, del codice penale. I reati di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), numeri 2), 6) e 7-bis), del codice di procedura penale, sono rilevanti anche nelle fattispecie non aggravate.». «Art. 16 (Esclusione). - 1. Lo status di protezione sussidiaria e' escluso quando sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero: a) abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanita', quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini; b) abbia commesso, al di fuori del territorio nazionale, prima di esservi ammesso in qualita' di richiedente, un reato grave. La gravita' del reato e' valutata anche tenendo conto della pena, non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni, prevista dalla legge italiana per il reato; c) si sia reso colpevole di atti contrari alle finalita' e ai principi delle Nazioni Unite, quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite; d) costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato; d-bis) costituisca un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per i reati previsti dall'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale ovvero dagli articoli 336, 583, 583-bis, 583-quater, 624 nell'ipotesi aggravata di cui all'art. 625, primo comma, numero 3), e 624-bis, primo comma, del codice penale. I reati di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), numeri 2), 6) e 7-bis), del codice di procedura penale, sono rilevanti anche nelle fattispecie non aggravate. (Omissis).». - Si riporta il testo degli articoli 336, 583, 583-bis, 583-quater, 624, 624-bis e 625 del codice penale: «Art. 336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale). - Chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale [c.p. 357] o ad un incaricato di un pubblico servizio [c.p. 358], per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio, e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni [c.p. 29, 32; c.p.p. 7]. La pena e' della reclusione fino a tre anni, se il fatto e' commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa.»; «Art. 583 (Circostanze aggravanti). - La lesione personale e' grave e si applica la reclusione da tre a sette anni [c.p. 29, 30, 32, 585]: 1. se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni; 2. se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo; [3. se la persona offesa e' una donna incinta e dal fatto deriva l'acceleramento del parto.] La lesione personale e' gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni [c.p. 585], se dal fatto deriva: 1. una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2. la perdita di un senso; 3. la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacita' di procreare, ovvero una permanente e grave difficolta' della favella; 4. la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso; [5. l'aborto della persona offesa.]». «Art. 583-bis (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili). - Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili e' punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo. Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, e' punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena e' diminuita fino a due terzi se la lesione e' di lieve entita'. La pena e' aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto e' commesso per fini di lucro. La condanna ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta, qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, rispettivamente: 1) la decadenza dall'esercizio della responsabilita' genitoriale; 2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresi' quando il fatto e' commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole e' punito a richiesta del Ministro della giustizia [c.p. 585, 602-bis].». «Art. 583-quater (Lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive). - Nell'ipotesi di lesioni personali cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, le lesioni gravi sono punite con la reclusione da quattro a dieci anni; le lesioni gravissime, con la reclusione da otto a sedici anni.»; «Art. 624-bis (Furto in abitazione e furto con strappo). - Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per se' o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, e' punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500. Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per se' o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona. La pena e' della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato e' aggravato da una o piu' delle circostanze previste nel primo comma dell'art. 625 ovvero se ricorre una o piu' delle circostanze indicate all'art. 61. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o piu' delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita' della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti.». «Art. 625 (Circostanze aggravanti). - La pena per il fatto previsto dall'art. 624 e' della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 927 a euro 1.500 [c.p. 29, 32, 63]: [1. se il colpevole, per commettere il fatto, si introduce o si trattiene in un edificio o in un altro luogo destinato ad abitazione [c.p. 70, n. 1]; 2. se il colpevole usa violenza sulle cose [c.p. 392] o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento; 3. se il colpevole porta in dosso armi [c.p. 585] o narcotici, senza farne uso; 4. se il fatto e' commesso con destrezza [c.p. 70, n. 1, 649]; 5. se il fatto e' commesso da tre o piu' persone [c.p. 112], ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualita' di pubblico ufficiale [c.p. 357] o d'incaricato di un pubblico servizio [c.p. 358]; 6. se il fatto e' commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande; 7. se il fatto e' commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro [c.c. 1798, 2793, 2905; c.p.c. 671; c.p.p. 252, 253, 354; c.n. 682] o a pignoramento [c.p.c. 491], o esposte per necessita' o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilita', difesa o reverenza; 7-bis. se il fatto e' commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica; 8. se il fatto e' commesso su tre o piu' capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria; 8-bis. se il fatto e' commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto; 8-ter. se il fatto e' commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. Se concorrono due o piu' delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'art. 61, la pena e' della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a euro 1.549 [c.p. 29, 32].». - Si riporta il testo dell'art. 407 del codice di procedura penale: «Art. 407 (Termini di durata massima delle indagini preliminari). - 1. Salvo quanto previsto all'art. 393 comma 4, la durata delle indagini preliminari non puo' comunque superare diciotto mesi. 2. La durata massima e' tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: 1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43; 2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale [c.p. 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, 630]; 3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo; 4) delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonche' delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale; 5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonche' di piu' armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110; 6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni; 7) delitto di cui all'art. 416 del codice penale nei casi in cui e' obbligatorio l'arresto in flagranza; 7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'art. 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale, nonche' dei delitti previsti dall'art. 12, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicita' di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese; c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero [c.p.p. 727, 728, 729]; d) procedimenti in cui e' indispensabile mantenere il collegamento tra piu' uffici del pubblico ministero a norma dell'art. 371.».