Art. 10.
          Organizzazioni non lucrative di utilita' sociale

  1. Sono organizzazioni non lucrative di utilita' sociale (ONLUS) le
associazioni,  i  comitati,  le fondazioni, le societa' cooperative e
gli  altri  enti  di  carattere  privato,  con  o  senza personalita'
giuridica,  i  cui  statuti  o  atti costitutivi, redatti nella forma
dell'atto   pubblico   o   della   scrittura  privata  autenticata  o
registrata, prevedono espressamente:
      a)  lo  svolgimento  di  attivita'  in  uno o piu' dei seguenti
settori:
    1) assistenza sociale e socio-sanitaria;
    2) assistenza sanitaria;
    3) beneficenza;
    4) istruzione;
    5) formazione;
    6) sport dilettantistico;
    7)  tutela,  promozione  e  valorizzazione delle cose d'interesse
artistico  e  storico  di  cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, ivi
comprese  le  biblioteche  e  i beni di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409;
    8)  tutela  e  valorizzazione  della  natura e dell'ambiente, con
esclusione  dell'attivita',  esercitata  abitualmente,  di raccolta e
riciclaggio   dei  rifiuti  urbani,  speciali  e  pericolosi  di  cui
all'articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
    9) promozione della cultura e dell'arte;
    10) tutela dei diritti civili;
    11)  ricerca  scientifica di particolare interesse sociale svolta
direttamente  da  fondazioni  ovvero da esse affidata ad universita',
enti  di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente, in
ambiti  e  secondo  modalita'  da  definire  con apposito regolamento
governativo  emanato  ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400;
      b)  l'esclusivo  perseguimento  di  finalita'  di  solidarieta'
sociale;
      c)   il   divieto  di  svolgere  attivita'  diverse  da  quelle
menzionate   alla   lettera   a)  ad  eccezione  di  quelle  ad  esse
direttamente connesse;
      d)  il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e
avanzi  di gestione nonche' fondi, riserve o capitale durante la vita
dell'organizzazione,  a  meno  che la destinazione o la distribuzione
non  siano  imposte  per  legge  o siano effettuate a favore di altre
ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima
ed unitaria struttura;
      e)  l'obbligo  di  impiegare gli utili o gli avanzi di gestione
per  la  realizzazione  delle  attivita' istituzionali e di quelle ad
esse direttamente connesse;
      f) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in
caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni
non  lucrative  di  utilita'  sociale  o a fini di pubblica utilita',
sentito  l'organismo  di  controllo di cui all'articolo 3, comma 190,
della  legge  23  dicembre  1996,  n. 662, salvo diversa destinazione
imposta dalla legge;
      g) l'obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;
      h)   disciplina  uniforme  del  rapporto  associativo  e  delle
modalita'  associative  volte a garantire l'effettivita' del rapporto
medesimo,    escludendo    espressamente   la   temporaneita'   della
partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o
partecipanti  maggiori d'eta' il diritto di voto per l'approvazione e
le  modificazioni  dello  statuto  e  dei regolamenti e per la nomina
degli organi direttivi dell'associazione;
      i)   l'uso,   nella  denominazione  ed  in  qualsivoglia  segno
distintivo  o  comunicazione  rivolta  al  pubblico,  della locuzione
"organizzazione  non  lucrativa  di utilita' sociale" o dell'acronimo
"ONLUS".
  2.  Si  intende  che  vengono  perseguite finalita' di solidarieta'
sociale  quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rela-
tive alle attivita' statutarie nei settori dell'assistenza sanitaria,
dell'istruzione, della formazione, dello sport dilettantistico, della
promozione  della  cultura  e  dell'arte  e  della tutela dei diritti
civili non sono rese nei confronti di soci, associati o partecipanti,
nonche' degli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6, ma
dirette ad arrecare benefici a:
    a)   persone  svantaggiate  in  ragione  di  condizioni  fisiche,
psichiche, economiche, sociali o familiari;
    b)  componenti  collettivita'  estere,  limitatamente  agli aiuti
umanitari.
  3.  Le  finalita'  di  solidarieta'  sociale s'intendono realizzate
anche   quando   tra   i   beneficiari   delle  attivita'  statutarie
dell'organizzazione  vi siano i propri soci, associati o partecipanti
o gli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6, se costoro
si  trovano nelle condizioni di svantaggio di cui alla lettera a) del
comma 2.
  4.  A  prescindere  dalle  condizioni  previste  ai commi 2 e 3, si
considerano  comunque inerenti a finalita' di solidarieta' sociale le
attivita'   statutarie   istituzionali   svolte   nei  settori  della
assistenza sociale e sociosanitaria, della beneficenza, della tutela,
promozione  e  valorizzazione  delle  cose  d'interesse  artistico  e
storico  di  cui  alla  legge 1 giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le
biblioteche  e  i  beni  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  30 settembre 1963, n. 1409, della tutela e valorizzazione
della   natura   e   dell'ambiente   con  esclusione  dell'attivita',
esercitata  abitualmente,  di  raccolta  e  riciclaggio  dei  rifiuti
urbani,  speciali  e  pericolosi  di  cui  all'articolo 7 del decreto
legislativo  5  febbraio  1997,  n.  22, della ricerca scientifica di
particolare  interesse  sociale svolta direttamente da fondazioni, in
ambiti  e  secondo  modalita'  da  definire  con apposito regolamento
governativo  emanato  ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto
1988,  n.  400,  nonche'  le  attivita' di promozione della cultura e
dell'arte  per  le quali sono riconosciuti apporti economici da parte
dell'amministrazione centrale dello Stato.
  5.  Si  considerano direttamente connesse a quelle istituzionali le
attivita' statutarie di assistenza sanitaria, istruzione, formazione,
sport  dilettantistico, promozione della cultura e dell'arte e tutela
dei  diritti  civili,  di  cui ai numeri 2), 4), 5), 6), 9) e 10) del
comma  1,  lettera a), svolte in assenza delle condizioni previste ai
commi  2  e  3,  nonche'  le attivita' accessorie per natura a quelle
statutarie   istituzionali,   in  quanto  integrative  delle  stesse.
L'esercizio  delle attivita' connesse e' consentito a condizione che,
in  ciascun  esercizio e nell'ambito di ciascuno dei settori elencati
alla  lettera a) del comma 1, le stesse non siano prevalenti rispetto
a  quelle  istituzionali e che i relativi proventi non superino il 66
per cento delle spese complessive dell'organizzazione.
  6.  Si  considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o
di avanzi di gestione:
    a)  le  cessioni  di  beni  e  le  prestazioni di servizi a soci,
associati  o  partecipanti,  ai  fondatori,  ai componenti gli organi
amministrativi  e  di  controllo,  a  coloro  che  a qualsiasi titolo
operino  per  l'organizzazione  o  ne facciano parte, ai soggetti che
effettuano  erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro
parenti  entro  il  terzo  grado  ed  ai loro affini entro il secondo
grado,  nonche' alle societa' da questi direttamente o indirettamente
controllate  o  collegate, effettuate a condizioni piu' favorevoli in
ragione  della  loro  qualita'.  Sono  fatti  salvi,  nel  caso delle
attivita'  svolte  nei settori di cui ai numeri 7) e 8) della lettera
a) del comma 1, i vantaggi accordati a soci, associati o partecipanti
ed  ai  soggetti  che  effettuano  erogazioni  liberali,  ed  ai loro
familiari,  aventi significato puramente onorifico e valore economico
modico;
    b)  l'acquisto  di  beni  o  servizi per corrispettivi che, senza
valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
  c)  la  corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di
controllo  di  emolumenti  individuali  annui  superiori  al compenso
massimo  previsto  dal  decreto  del  Presidente  della Repubblica 10
ottobre  1994,  n.  645,  e dal decreto-legge 21 giugno 1995, n. 239,
convertito   dalla   legge  3  agosto  1995,  n.  336,  e  successive
modificazioni   e   integrazioni,  per  il  presidente  del  collegio
sindacale delle societa' per azioni;
    d)  la  corresponsione  a  soggetti  diversi dalle banche e dagli
intermediari   finanziari   autorizzati,  di  interessi  passivi,  in
dipendenza  di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso
ufficiale di sconto;
    e)  la  corresponsione  ai  lavoratori  dipendenti  di  salari  o
stipendi  superiori  del  20 per cento rispetto a quelli previsti dai
contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche.
  7.  Le  disposizioni  di  cui  alla  lettera  h) del comma 1 non si
applicano  alle fondazioni, e quelle di cui alle lettere h) ed i) del
medesimo  comma  1  non  si  applicano  agli  enti riconosciuti dalle
confessioni  religiose  con  le  quali  lo  Stato ha stipulato patti,
accordi o intese.
  8.  Sono  in  ogni  caso considerati ONLUS, nel rispetto della loro
struttura  e  delle  loro finalita', gli organismi di volontariato di
cui  alla  legge  11  agosto  1991,  n.  266,  iscritti  nei registri
istituiti  dalle  regioni  e  dalle  province autonome di Trento e di
Bolzano,  le  organizzazioni  non  governative riconosciute idonee ai
sensi  della  legge 26 febbraio 1987, n. 49, e le cooperative sociali
di  cui  alla  legge  8  novembre  1991,  n. 381. Sono fatte salve le
previsioni di maggior favore relative agli organismi di volontariato,
alle  organizzazioni  non  governative  e alle cooperative sociali di
cui,  rispettivamente,  alle  citate leggi n. 266 del 1991, n. 49 del
1987 e n. 381 del 1991.
  9.  Gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali
lo  Stato  ha  stipulato patti, accordi o intese e le associazioni di
promozione  sociale  ricomprese  tra  gli enti di cui all'articolo 3,
comma  6,  lettera  e),  della  legge  25 agosto 1991, n. 287, le cui
finalita'    assistenziali    siano    riconosciute   dal   Ministero
dell'interno,  sono  considerati  ONLUS  limitatamente  all'esercizio
delle attivita' elencate alla lettera a) del comma 1; fatta eccezione
per  la  prescrizione di cui alla lettera c) del comma 1, agli stessi
enti  e  associazioni  si applicano le disposizioni anche agevolative
del  presente  decreto,  a  condizione  che  per tali attivita' siano
tenute  separatamente  le  scritture  contabili previste all'articolo
20-bis del decreto del Presidente delle Repubblica 29 settembre 1973,
n. 600, introdotto dall'articolo 25, comma 1.
  10.  Non  si  considerano  in ogni caso ONLUS gli enti pubblici, le
societa'   commerciali   diverse  da  quelle  cooperative,  gli  enti
conferenti  di  cui  alla legge 30 luglio 1990, n. 218, i partiti e i
movimenti  politici,  le organizzazioni sindacali, le associazioni di
datori di lavoro e le associazioni di categoria.
 
          Note all'art. 10:
            -  La  legge n. 1089 del 1939 reca: "Norme generali sulla
          tutela delle cose di interesse storico ed artistico" ed  e'
          pubblicata,   salve   le  successive  modificazioni,  nella
          Gazzetta Ufficiale n. 184 dell'8 agosto 1939.
            - Il D.P.R.  n.  1409  del  1963  reca:  "Norme  relative
          all'ordinamento  ed al personale degli Archivi di Stato" ed
          e' pubblicato, salve  le  successive  modificazioni,  nella
          Gazzetta Ufficiale n. 285 del 31 ottobre 1963.
            -  Si  riporta  il testo dell'art. 7 del D.Lgs. n. 22 del
          1997:
            "Art. 7 (Classificazione). - 1. Ai  fini  dell'attuazione
          del  presente  decreto i rifiuti sono classificati, secondo
          l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e, secondo
          le caratteristiche di pericolosita', in rifiuti  pericolosi
          e rifiuti non pericolosi.
            2. Sono rifiuti urbani:
             a)  i  rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti
          da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;
             b) i rifiuti non  pericolosi  provenienti  da  locali  e
          luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera
          a),  assimilati ai rifiuti urbani per qualita' e quantita',
          ai sensi dell'art. 21, comma 2, lettera g);
             c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
             d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti
          sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree  pri-
          vate  comunque  soggette  ad  uso  pubblico o sulle spiagge
          marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
             e) i rifiuti vegetali provenienti da aree  verdi,  quali
          giardini, parchi e aree cimiteriali;
             f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni,
          nonche'   gli   altri   rifiuti  provenienti  da  attivita'
          cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed
          e).
            3. Sono rifiuti speciali:
             a) i rifiuti da attivita' agricole e agro-industriali;
             b)  i  rifiuti derivanti dalle attivita' di demolizione,
          costruzione, nonche'  i  rifiuti  pericolosi  che  derivano
          dalle attivita' di scavo;
             c) i rifiuti da lavorazioni industriali;
             d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
             e) i rifiuti da attivita' commerciali;
             f) i rifiuti da attivita' di servizio;
             g)  i  rifiuti  derivanti  dalla attivita' di recupero e
          smaltimento   di   rifiuti,   i   fanghi   prodotti   dalla
          potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla
          depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
             h) i rifiuti derivanti da attivita' sanitarie;
             i)  i  macchinari  e  le  apparecchiature deteriorati ed
          obsoleti;
             l) i veicoli a motore, rimorchi e  simili  fuori  uso  e
          loro parti.
            4.  Sono  pericolosi  i  rifiuti  non domestici precisati
          nell'elenco di cui all'allegato D".
            - Si riporta il testo dell'art. 17, comma 3, della  legge
          n. 400 del 1988:
            "Art.  17  (Regolamenti). - 1. Con decreto del Presidente
          della Repubblica, previa deliberazione  del  Consiglio  dei
          Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve
          pronunziarsi  entro novanta giorni dalla richiesta, possono
          essere emanati regolamenti per disciplinare:
             a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi;
             b) l'attuazione  e  l'integrazione  delle  leggi  e  dei
          decreti  legislativi  recanti  norme  di principio, esclusi
          quelli  relativi  a  materie  riservate   alla   competenza
          regionale;
             c)  le  materie  in cui manchi la disciplina da parte di
          leggi o di atti aventi forza di legge, sempre  che  non  si
          tratti di materie comunque riservate alla legge;
             d)    l'organizzazione   ed   il   funzionamento   delle
          amministrazioni pubbliche secondo le  disposizioni  dettate
          dalla legge;
             e) (soppressa).
            2.  Con  decreto  del Presidente della Repubblica, previa
          deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri,  sentito   il
          Consiglio  di  Stato,  sono  emanati  i  regolamenti per la
          disciplina delle materie, non coperte da  riserva  assoluta
          di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
          della  Repubblica,  autorizzando l'esercizio della potesta'
          regolamentare del Governo, determinano  le  norme  generali
          regolatrici  della materia e dispongono l'abrogazione delle
          norme vigenti, con effetto  dall'entrata  in  vigore  delle
          norme regolamentari.
            3.  Con  decreto  ministeriale  possono  essere  adottati
          regolamenti nelle materie di competenza del Ministro  o  di
          autorita'   sottordinate   al  Ministro,  quando  la  legge
          espressamente conferisca tale potere.    Tali  regolamenti,
          per  materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
          adottati con decreti interministeriali, ferma  restando  la
          necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
          I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
          dettare  norme  contrarie  a quelle dei regolamenti emanati
          dal Governo. Essi debbono essere comunicati  al  Presidente
          del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.
            4.  I  regolamenti  di  cui  al  comma 1 ed i regolamenti
          ministeriali ed interministeriali,  che  devono  recare  la
          denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere
          del  Consiglio  di  Stato,  sottoposti  al  visto  ed  alla
          registrazione della Corte  dei  conti  e  pubblicati  nella
          Gazzetta Ufficiale.
            4-bis.  L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei
          Ministeri sono  determinate,  con  regolamenti  emanati  ai
          sensi  del  comma  2,  su  proposta del Ministro competente
          d'intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con
          il  Ministro del tesoro, nel rispetto  dei  principi  posti
          dal  decreto  legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e succes-
          sive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza  dei
          criteri che seguono:
             a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i
          Ministri  ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali
          uffici hanno esclusive competenze di  supporto  dell'organo
          di   direzione   politica   e  di  raccordo  tra  questo  e
          l'amministrazione;
             b) individuazione degli uffici di  livello  dirigenziale
          generale,  centrali e periferici, mediante diversificazione
          tra  strutture  con  funzioni   finali   e   con   funzioni
          strumentali  e  loro organizzazione per funzioni omogenee e
          secondo criteri di flessibilita' eliminando le duplicazioni
          funzionali;
             c)  previsione  di  strumenti  di   verifica   periodica
          dell'organizzazione e dei risultati;
             d)  indicazione  e revisione periodica della consistenza
          delle piante organiche;
             e) previsione di  decreti  ministeriali  di  natura  non
          regolamentare  per  la definizione dei compiti delle unita'
          dirigenziali   nell'ambito   degli   uffici    dirigenziali
          generali".
            - Si riporta il testo dell'art. 3, comma 190, della legge
          n. 662 del 1996:
            "190.  Con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
          Ministri, su  proposta  dei  Ministri  delle  finanze,  del
          lavoro  e  della  previdenza  sociale e per la solidarieta'
          sociale, da emanare entro il 31 dicembre 1997, e' istituito
          un organismo di controllo".
            - Il D.P.R. n. 645  del  1994:  "Regolamento  recante  la
          disciplina  degli  onorari,  delle indennita' e dei criteri
          per  il   rimborso   delle   spese   per   le   prestazioni
          professionali   dei   dottori   commercialisti."     ed  e'
          pubblicato,  salve  le  successive   modificazioni,   nella
          Gazzetta Ufficiale n. 274 del 23 novembre 1994.
            -  Il  D.L.  n.  239  del 1995 reca: "Norme in materia di
          determinazione del tetto massimo degli onorari dei  sindaci
          dottori  commercialisti per le attivita' di cui all'art. 37
          del decreto del  Presidente  della  Repubblica  10  ottobre
          1994,  n. 645" ed e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
          144  del  22  giugno 1995. E' stato convertito in legge con
          l'art. 1, legge 3 agosto 1995, n. 336  (Gazzetta  Ufficiale
          n.  190 del 16 agosto 1995).
            -  La  legge  n.  266  del  1991  reca: "Legge-quadro sul
          volontariato" ed e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  n.
          196 del 22 agosto 1991.
            -  La  legge n. 49 del 1987 reca: "Nuova disciplina della
          cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo" ed
          e'  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  49  del  28
          febbraio 1987, n. 49 (S.O.).
            -  La legge n. 381 del 1991 reca: "Disciplina delle coop-
          erative sociali" ed e' pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
          n. 283 del 3 dicembre 1991.
            -  Si riporta il testo dell'art. 3 della legge n. 287 del
          1991:
            "Art. 3 (Rilascio delle autorizzazioni). - 1.  L'apertura
          e    il   trasferimento   di   sede   degli   esercizi   di
          somministrazione al pubblico  di  alimenti  e  di  bevande,
          comprese  quelle  alcoliche  di  qualsiasi gradazione, sono
          soggetti ad  autorizzazione,  rilasciata  dal  sindaco  del
          comune  nel  cui territorio e' ubicato l'esercizio, sentito
          il parere della commissione competente ai  sensi  dell'art.
          6, con l'osservanza dei criteri e parametri di cui al comma
          4  del  presente articolo e a condizione che il richiedente
          sia iscritto nel registro di cui all'art. 2.  Ai  fini  del
          rilascio   dell'autorizzazione   il   sindaco   accerta  la
          conformita' del locale ai criteri stabiliti con decreto del
          Ministro dell'interno, ovvero si riserva di verificarne  la
          sussistenza   quando   cio'   non   sia  possibile  in  via
          preventiva.  Il  sindaco,   inoltre,   accerta   l'adeguata
          sorvegliabilita' dei locali oggetto di concessione edilizia
          per ampliamento.
            2.  L'autorizzazione ha validita' fino al 31 dicembre del
          quinto  anno  successivo  a   quello   del   rilascio,   e'
          automaticamente  rinnovata se non vi sono motivi ostativi e
          si riferisce esclusivamente ai locali in essa indicati.
            3. Ai fini dell'osservanza del disposto di cui all'art. 4
          del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 832, convertito,  con
          modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 15, i comuni
          possono    assoggettare    a    vidimazione    annuale   le
          autorizzazioni relative agli esercizi  di  somministrazione
          al  pubblico  di  alimenti  e  bevande  ubicati  in  aree a
          particolare interesse storico e artistico.
            4. Sulla  base  delle  direttive  proposte  dal  Ministro
          dell'industria,  del  commercio  e  dell'artigianato - dopo
          aver  sentito  le  organizzazioni  nazionali  di  categoria
          maggiormente   rappresentative  -  e  deliberate  ai  sensi
          dell'art. 2, comma 3, lettera d),  della  legge  23  agosto
          1988,  n.  400,  le  regioni - sentite le organizzazioni di
          categoria maggiormente rappresentative, a livello regionale
          -  fissano  periodicamente  criteri  e  parametri  atti   a
          determinare  il  numero  delle  autorizzazioni rilasciabili
          nelle aree  interessate.  I  criteri  e  i  parametri  sono
          fissati  in  relazione alla tipologia degli esercizi tenuto
          conto  anche  del  reddito della popolazione residente e di
          quella fluttuante, dei flussi turistici e  delle  abitudini
          di consumo extradomestico.
            5. Il comune, in conformita' ai criteri e ai parametri di
          cui  al comma 4, sentita la commissione competente ai sensi
          dell'art. 6, stabilisce, eventualmente  anche  per  singole
          zone del territorio comunale, le condizioni per il rilascio
          delle autorizzazioni.
            6. I limiti numerici determinati ai sensi del comma 4 non
          si   applicano   per   il   rilascio  delle  autorizzazioni
          concernenti la somministrazione di alimenti e di bevande:
             a) al domicilio del consumatore;
             b) negli esercizi annessi ad alberghi, pensioni, locande
          o  ad  altri  complessi   ricettivi,   limitatamente   alle
          prestazioni rese agli alloggiati;
             c)  negli  esercizi  posti  nelle aree di servizio delle
          autostrade  e   nell'interno   di   stazioni   ferroviarie,
          aeroportuali e marittime;
             d)  negli  esercizi  di cui all'art. 5, comma 1, lettera
          c), nei  quali  sia  prevalente  l'attivita'  congiunta  di
          trattenimento e svago;
             e)  nelle  mense  aziendali  e  negli  spacci annessi ai
          circoli cooperativi e degli enti a carattere  nazionale  le
          cui finalita' assistenziali sono riconosciute dal Ministero
          dell'interno;
             f)  esercitata  in  via  diretta  a  favore  dei  propri
          dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche;
             g) in scuole; in ospedali; in  comunita'  religiose;  in
          stabilimenti  militari,  delle forze di polizia e del Corpo
          nazionale dei vigili del fuoco;
             h) nei mezzi di trasporto pubblico.
            7. Le attivita' di  somministrazione  di  alimenti  e  di
          bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti
          norme,  prescrizioni  e autorizzazioni in materia edilizia,
          urbanistica e igienicasanitaria, nonche'  di  quelle  sulla
          destinazione  d'uso dei locali e degli edifici, fatta salva
          l'irrogazione  delle  sanzioni  relative   alle   norme   e
          prescrizioni violate".
            - La legge n. 218 del 1990 reca: "Disposizioni in materia
          di   ristrutturazione  e  integrazione  patrimoniale  degli
          istituti di credito di diritto pubblico" ed  e'  pubblicata
          nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 6 agosto 1990.