Art. 10. Organizzazioni non lucrative di utilita' sociale 1. Sono organizzazioni non lucrative di utilita' sociale (ONLUS) le associazioni, i comitati, le fondazioni, le societa' cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalita' giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente: a) lo svolgimento di attivita' in uno o piu' dei seguenti settori: 1) assistenza sociale e socio-sanitaria; 2) assistenza sanitaria; 3) beneficenza; 4) istruzione; 5) formazione; 6) sport dilettantistico; 7) tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409; 8) tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attivita', esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; 9) promozione della cultura e dell'arte; 10) tutela dei diritti civili; 11) ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata ad universita', enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalita' da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400; b) l'esclusivo perseguimento di finalita' di solidarieta' sociale; c) il divieto di svolgere attivita' diverse da quelle menzionate alla lettera a) ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse; d) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonche' fondi, riserve o capitale durante la vita dell'organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura; e) l'obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attivita' istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse; f) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilita' sociale o a fini di pubblica utilita', sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, salvo diversa destinazione imposta dalla legge; g) l'obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale; h) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalita' associative volte a garantire l'effettivita' del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneita' della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'eta' il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione; i) l'uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione "organizzazione non lucrativa di utilita' sociale" o dell'acronimo "ONLUS". 2. Si intende che vengono perseguite finalita' di solidarieta' sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rela- tive alle attivita' statutarie nei settori dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione, della formazione, dello sport dilettantistico, della promozione della cultura e dell'arte e della tutela dei diritti civili non sono rese nei confronti di soci, associati o partecipanti, nonche' degli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6, ma dirette ad arrecare benefici a: a) persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari; b) componenti collettivita' estere, limitatamente agli aiuti umanitari. 3. Le finalita' di solidarieta' sociale s'intendono realizzate anche quando tra i beneficiari delle attivita' statutarie dell'organizzazione vi siano i propri soci, associati o partecipanti o gli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6, se costoro si trovano nelle condizioni di svantaggio di cui alla lettera a) del comma 2. 4. A prescindere dalle condizioni previste ai commi 2 e 3, si considerano comunque inerenti a finalita' di solidarieta' sociale le attivita' statutarie istituzionali svolte nei settori della assistenza sociale e sociosanitaria, della beneficenza, della tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, della tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente con esclusione dell'attivita', esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, della ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni, in ambiti e secondo modalita' da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonche' le attivita' di promozione della cultura e dell'arte per le quali sono riconosciuti apporti economici da parte dell'amministrazione centrale dello Stato. 5. Si considerano direttamente connesse a quelle istituzionali le attivita' statutarie di assistenza sanitaria, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell'arte e tutela dei diritti civili, di cui ai numeri 2), 4), 5), 6), 9) e 10) del comma 1, lettera a), svolte in assenza delle condizioni previste ai commi 2 e 3, nonche' le attivita' accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse. L'esercizio delle attivita' connesse e' consentito a condizione che, in ciascun esercizio e nell'ambito di ciascuno dei settori elencati alla lettera a) del comma 1, le stesse non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali e che i relativi proventi non superino il 66 per cento delle spese complessive dell'organizzazione. 6. Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione: a) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonche' alle societa' da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni piu' favorevoli in ragione della loro qualita'. Sono fatti salvi, nel caso delle attivita' svolte nei settori di cui ai numeri 7) e 8) della lettera a) del comma 1, i vantaggi accordati a soci, associati o partecipanti ed ai soggetti che effettuano erogazioni liberali, ed ai loro familiari, aventi significato puramente onorifico e valore economico modico; b) l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale; c) la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1994, n. 645, e dal decreto-legge 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle societa' per azioni; d) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto; e) la corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20 per cento rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche. 7. Le disposizioni di cui alla lettera h) del comma 1 non si applicano alle fondazioni, e quelle di cui alle lettere h) ed i) del medesimo comma 1 non si applicano agli enti riconosciuti dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese. 8. Sono in ogni caso considerati ONLUS, nel rispetto della loro struttura e delle loro finalita', gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, iscritti nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Sono fatte salve le previsioni di maggior favore relative agli organismi di volontariato, alle organizzazioni non governative e alle cooperative sociali di cui, rispettivamente, alle citate leggi n. 266 del 1991, n. 49 del 1987 e n. 381 del 1991. 9. Gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese e le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalita' assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sono considerati ONLUS limitatamente all'esercizio delle attivita' elencate alla lettera a) del comma 1; fatta eccezione per la prescrizione di cui alla lettera c) del comma 1, agli stessi enti e associazioni si applicano le disposizioni anche agevolative del presente decreto, a condizione che per tali attivita' siano tenute separatamente le scritture contabili previste all'articolo 20-bis del decreto del Presidente delle Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall'articolo 25, comma 1. 10. Non si considerano in ogni caso ONLUS gli enti pubblici, le societa' commerciali diverse da quelle cooperative, gli enti conferenti di cui alla legge 30 luglio 1990, n. 218, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria.
Note all'art. 10: - La legge n. 1089 del 1939 reca: "Norme generali sulla tutela delle cose di interesse storico ed artistico" ed e' pubblicata, salve le successive modificazioni, nella Gazzetta Ufficiale n. 184 dell'8 agosto 1939. - Il D.P.R. n. 1409 del 1963 reca: "Norme relative all'ordinamento ed al personale degli Archivi di Stato" ed e' pubblicato, salve le successive modificazioni, nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 31 ottobre 1963. - Si riporta il testo dell'art. 7 del D.Lgs. n. 22 del 1997: "Art. 7 (Classificazione). - 1. Ai fini dell'attuazione del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e, secondo le caratteristiche di pericolosita', in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. 2. Sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualita' e quantita', ai sensi dell'art. 21, comma 2, lettera g); c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree pri- vate comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonche' gli altri rifiuti provenienti da attivita' cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e). 3. Sono rifiuti speciali: a) i rifiuti da attivita' agricole e agro-industriali; b) i rifiuti derivanti dalle attivita' di demolizione, costruzione, nonche' i rifiuti pericolosi che derivano dalle attivita' di scavo; c) i rifiuti da lavorazioni industriali; d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attivita' commerciali; f) i rifiuti da attivita' di servizio; g) i rifiuti derivanti dalla attivita' di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; h) i rifiuti derivanti da attivita' sanitarie; i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti; l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti. 4. Sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nell'elenco di cui all'allegato D". - Si riporta il testo dell'art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988: "Art. 17 (Regolamenti). - 1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi; b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge; e) (soppressa). 2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potesta' regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari. 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di piu' Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione. 4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. 4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei principi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e succes- sive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono: a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione; b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilita' eliminando le duplicazioni funzionali; c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati; d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche; e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unita' dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali". - Si riporta il testo dell'art. 3, comma 190, della legge n. 662 del 1996: "190. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri delle finanze, del lavoro e della previdenza sociale e per la solidarieta' sociale, da emanare entro il 31 dicembre 1997, e' istituito un organismo di controllo". - Il D.P.R. n. 645 del 1994: "Regolamento recante la disciplina degli onorari, delle indennita' e dei criteri per il rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti." ed e' pubblicato, salve le successive modificazioni, nella Gazzetta Ufficiale n. 274 del 23 novembre 1994. - Il D.L. n. 239 del 1995 reca: "Norme in materia di determinazione del tetto massimo degli onorari dei sindaci dottori commercialisti per le attivita' di cui all'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1994, n. 645" ed e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 22 giugno 1995. E' stato convertito in legge con l'art. 1, legge 3 agosto 1995, n. 336 (Gazzetta Ufficiale n. 190 del 16 agosto 1995). - La legge n. 266 del 1991 reca: "Legge-quadro sul volontariato" ed e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 22 agosto 1991. - La legge n. 49 del 1987 reca: "Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo" ed e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 1987, n. 49 (S.O.). - La legge n. 381 del 1991 reca: "Disciplina delle coop- erative sociali" ed e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 283 del 3 dicembre 1991. - Si riporta il testo dell'art. 3 della legge n. 287 del 1991: "Art. 3 (Rilascio delle autorizzazioni). - 1. L'apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, sono soggetti ad autorizzazione, rilasciata dal sindaco del comune nel cui territorio e' ubicato l'esercizio, sentito il parere della commissione competente ai sensi dell'art. 6, con l'osservanza dei criteri e parametri di cui al comma 4 del presente articolo e a condizione che il richiedente sia iscritto nel registro di cui all'art. 2. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione il sindaco accerta la conformita' del locale ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell'interno, ovvero si riserva di verificarne la sussistenza quando cio' non sia possibile in via preventiva. Il sindaco, inoltre, accerta l'adeguata sorvegliabilita' dei locali oggetto di concessione edilizia per ampliamento. 2. L'autorizzazione ha validita' fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello del rilascio, e' automaticamente rinnovata se non vi sono motivi ostativi e si riferisce esclusivamente ai locali in essa indicati. 3. Ai fini dell'osservanza del disposto di cui all'art. 4 del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 832, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 15, i comuni possono assoggettare a vidimazione annuale le autorizzazioni relative agli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ubicati in aree a particolare interesse storico e artistico. 4. Sulla base delle direttive proposte dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato - dopo aver sentito le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative - e deliberate ai sensi dell'art. 2, comma 3, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, le regioni - sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, a livello regionale - fissano periodicamente criteri e parametri atti a determinare il numero delle autorizzazioni rilasciabili nelle aree interessate. I criteri e i parametri sono fissati in relazione alla tipologia degli esercizi tenuto conto anche del reddito della popolazione residente e di quella fluttuante, dei flussi turistici e delle abitudini di consumo extradomestico. 5. Il comune, in conformita' ai criteri e ai parametri di cui al comma 4, sentita la commissione competente ai sensi dell'art. 6, stabilisce, eventualmente anche per singole zone del territorio comunale, le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni. 6. I limiti numerici determinati ai sensi del comma 4 non si applicano per il rilascio delle autorizzazioni concernenti la somministrazione di alimenti e di bevande: a) al domicilio del consumatore; b) negli esercizi annessi ad alberghi, pensioni, locande o ad altri complessi ricettivi, limitatamente alle prestazioni rese agli alloggiati; c) negli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime; d) negli esercizi di cui all'art. 5, comma 1, lettera c), nei quali sia prevalente l'attivita' congiunta di trattenimento e svago; e) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalita' assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno; f) esercitata in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche; g) in scuole; in ospedali; in comunita' religiose; in stabilimenti militari, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; h) nei mezzi di trasporto pubblico. 7. Le attivita' di somministrazione di alimenti e di bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienicasanitaria, nonche' di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, fatta salva l'irrogazione delle sanzioni relative alle norme e prescrizioni violate". - La legge n. 218 del 1990 reca: "Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico" ed e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 6 agosto 1990.