Art. 11 
 
Ulteriori disposizioni in  materia  di  trattamenti  di  integrazione
                              salariale 
 
  1. I  datori  di  lavoro  di  cui  all'articolo  8,  comma  2,  del
decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge  21  maggio  2021,  n.  69,  che  sospendono  o  riducono
l'attivita'  lavorativa  per   eventi   riconducibili   all'emergenza
epidemiologica da COVID-19 possono presentare, per  i  lavoratori  in
forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda di
assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga di  cui
agli articoli 19, 21, 22 e 22-quater del decreto-legge 17 marzo 2020,
n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020,  n.
27, per una durata massima di tredici settimane nel periodo tra il 1°
ottobre e il 31 dicembre 2021, secondo le modalita' previste al comma
4. Per i trattamenti concessi ai sensi  del  presente  comma  non  e'
dovuto alcun contributo addizionale. I trattamenti di cui al presente
comma sono concessi nel limite massimo di spesa pari a 657,9  milioni
di euro per l'anno 2021, ripartito in 304,3 milioni  di  euro  per  i
trattamenti di assegno ordinario e in 353,6 milioni  di  euro  per  i
trattamenti di cassa  integrazione  in  deroga.  L'INPS  provvede  al
monitoraggio del limite di spesa di cui al  presente  comma.  Qualora
dal predetto monitoraggio emerga che e' stato raggiunto anche in  via
prospettica il limite di spesa, l'INPS non prende  in  considerazione
ulteriori domande. 
  2. I datori di lavoro di cui  all'articolo  50-bis,  comma  2,  del
decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 23  luglio  2021,  n.  106,  che  sospendono  o  riducono
l'attivita'  lavorativa  per   eventi   riconducibili   all'emergenza
epidemiologica da COVID-19 possono presentare, per  i  lavoratori  in
forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda di
trattamento ordinario di integrazione salariale di cui agli  articoli
19 e 20 del decreto-legge 17  marzo  2020,  n.  18,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020,  n.  27,  per  una  durata
massima di nove settimane nel periodo tra  il  1°  ottobre  e  il  31
dicembre 2021, secondo le  modalita'  previste  al  comma  4.  Per  i
trattamenti concessi ai sensi del presente comma non e' dovuto  alcun
contributo addizionale. I trattamenti di cui al presente  comma  sono
concessi nel limite massimo di spesa pari a 140,5 milioni di euro per
l'anno 2021. L'INPS provvede al monitoraggio del limite di  spesa  di
cui al presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio  emerga  che
e' stato raggiunto anche in  via  prospettica  il  limite  di  spesa,
l'INPS non prende in considerazione ulteriori domande. 
  3. Le tredici settimane dei trattamenti di  cui  al  comma  1  sono
riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato gia'  interamente
autorizzato il periodo di ventotto settimane di cui  all'articolo  8,
comma 2, del  decreto-legge  n.  41  del  2021,  decorso  il  periodo
autorizzato. Le nove settimane di cui al comma 2 sono riconosciute ai
datori  di  lavoro  di  cui  all'articolo   50-bis,   comma   2   del
decreto-legge n. 73 del 2021, decorso il periodo autorizzato. 
  4. Le domande di accesso ai trattamenti di cui al presente articolo
sono inoltrate all'INPS, a pena di decadenza, entro la fine del  mese
successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di  sospensione
o  di  riduzione  dell'attivita'  lavorativa.  In   fase   di   prima
applicazione, il termine di decadenza di cui  al  presente  comma  e'
fissato entro la fine del mese successivo  a  quello  di  entrata  in
vigore del presente decreto. 
  5. In caso  di  pagamento  diretto  delle  prestazioni  di  cui  al
presente articolo da parte dell'INPS, ferma restando la  possibilita'
di ricorrere all'anticipazione di cui all'articolo  22-quater,  comma
4, del decreto-legge n. 18 del 2020, il datore di lavoro e' tenuto  a
inviare all'Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il
saldo dell'integrazione salariale entro la fine del mese successivo a
quello in cui e' collocato  il  periodo  di  integrazione  salariale,
oppure,  se  posteriore,  entro   il   termine   di   trenta   giorni
dall'adozione del provvedimento di  concessione.  In  sede  di  prima
applicazione, i termini di cui al presente  comma  sono  spostati  al
trentesimo giorno successivo alla  data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, se tale ultima data e' posteriore a quella  di  cui
al primo periodo. Trascorsi inutilmente tali  termini,  il  pagamento
della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del
datore di lavoro inadempiente. 
  6. I Fondi di  cui  all'articolo  27  del  decreto  legislativo  14
settembre  2015,  n.  148,  garantiscono  l'erogazione   dell'assegno
ordinario di cui al comma 1 con  le  medesime  modalita'  di  cui  al
presente articolo. Le risorse di cui all'articolo  8,  comma  7,  del
decreto-legge n. 41 del 2021, sono rideterminate in  844  milioni  di
euro  a  valere  sulle  quali   e'   garantita   anche   l'erogazione
dell'assegno ordinario di cui al comma 1 e le  risorse  dell'articolo
1,  comma  303,  della  legge  30  dicembre  2020,   n.   178,   sono
rideterminate in 700 milioni  di  euro.  I  Fondi  erogano  l'assegno
ordinario nel limite delle risorse indicate al secondo periodo. 
  7. Ai datori di  lavoro  che  presentano  domanda  di  integrazione
salariale ai sensi dei commi 1, 2 e 6 resta  precluso  l'avvio  delle
procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio  1991,
n. 223, per la durata della fruizione del trattamento di integrazione
salariale. Ai medesimi  soggetti  di  cui  al  primo  periodo  resta,
altresi', preclusa nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero
dei  dipendenti,  la  facolta'  di   recedere   dal   contratto   per
giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della legge 15
luglio 1966, n. 604, e restano altresi' sospese le procedure in corso
di cui all'articolo 7 della medesima legge. 
  8. Le sospensioni e le  preclusioni  di  cui  al  comma  7  non  si
applicano nelle ipotesi di licenziamenti  motivati  dalla  cessazione
definitiva  dell'attivita'  dell'impresa  oppure   dalla   cessazione
definitiva  dell'attivita'  di  impresa  conseguente  alla  messa  in
liquidazione della  societa'  senza  continuazione,  anche  parziale,
dell'attivita', nei casi in cui nel corso della liquidazione  non  si
configuri la cessione di un complesso di beni o attivita' che possano
configurare un trasferimento d'azienda o di un ramo di essa ai  sensi
dell'articolo 2112 del codice  civile  o  nelle  ipotesi  di  accordo
collettivo  aziendale,  stipulato  dalle   organizzazioni   sindacali
comparativamente  piu'  rappresentative  a  livello   nazionale,   di
incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro,  limitatamente  ai
lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori  e'
comunque riconosciuto  il  trattamento  di  cui  all'articolo  1  del
decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono  altresi'  esclusi  dal
divieto i licenziamenti intimati in caso di  fallimento,  quando  non
sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa o ne  sia  disposta
la cessazione. Nel caso in cui l'esercizio provvisorio  sia  disposto
per uno specifico ramo  dell'azienda,  sono  esclusi  dal  divieto  i
licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso. 
  9. Il limite di spesa di cui  all'articolo  50-bis,  comma  2,  del
decreto-legge n. 73 del 2021, e' incrementato di 80 milioni  di  euro
per l'anno 2021. 
  10. Il limite di spesa di cui all'articolo  40-bis,  comma  1,  del
decreto-legge n. 73 del 2021, e' rideterminato in 106 milioni di euro
per l'anno 2021. 
  11. Il limite delle minori entrate contributive di cui all'articolo
41, comma 10, del decreto-legge n. 73 del 2021, e'  rideterminato  in
216 milioni di euro per l'anno 2021 e  a  108  milioni  di  euro  per
l'anno 2022. 
  12. Agli oneri derivanti dai commi 1, 2 e 9, pari a  878,4  milioni
di euro per l'anno 2021 e alle minori entrate derivanti dal comma  11
valutate in 11,4 milioni di euro per l'anno 2023 si provvede: 
    a) quanto a 456 milioni di  euro  per  l'anno  2021  mediante  le
economie derivanti dal comma 6; 
    b) quanto a 245 milioni di  euro  per  l'anno  2021  mediante  le
economie derivanti dal comma 10; 
    c) quanto a 177,4 milioni di euro per l'anno 2021 mediante  quota
delle maggiori entrate derivanti dal comma 11 per tale anno; 
    d) quanto a 11,4  milioni  di  euro  per  l'anno  2023  ai  sensi
dell'articolo 17. 
  13. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 12, comma 1,  del
decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, e' incrementata di 200  milioni  di
euro per l'anno 2021. 
  14. Agli  oneri  derivanti  dal  comma  13  si  provvede  ai  sensi
dell'articolo 17. 
  15. All'articolo 31, comma 1, del  decreto  legislativo  15  giugno
2015, n. 81, il quinto periodo e' soppresso. 
  16. All'articolo 1 della legge  30  dicembre  2018,  n.  145,  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
    a) dopo il comma 251-bis, e' aggiunto il seguente:  «251-ter.  Ai
lavoratori di cui all'articolo 251-bis  che,  a  norma  del  medesimo
comma, nell'anno 2020 abbiano presentato richiesta per la concessione
dell'indennita' di cui al comma 251, la stessa indennita' puo' essere
concessa in continuita' fino al 31 dicembre 2021.»; 
    b) al comma 253, le  parole  «dei  commi  251  e  251-bis»,  sono
sostituite dalle seguenti: «dei commi 251, 251-bis e 251-ter». 
  17. I benefici di cui al comma 16 sono concessi nel limite di  1,39
milioni di euro per l'anno  2021.  Agli  oneri  derivanti  dal  primo
periodo  del  presente  comma  si  provvede  mediante  corrispondente
riduzione dell'autorizzazione di spesa di  cui  all'articolo  58-bis,
comma 5, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157.