Art. 48. Lavoro esterno 1. L'ammissione dei condannati e degli internati al lavoro all'esterno e' disposta dalle direzioni solo quando ne e' prevista la possibilita' nel programma di trattamento e diviene esecutiva solo quando il provvedimento sia stato approvato dal magistrato di sorveglianza, ai sensi del quarto comma dell'articolo 21 della legge. 2. L'ammissione degli imputati al lavoro all'esterno, disposta dalle direzioni su autorizzazione della competente autorita' giudiziaria, ai sensi del secondo comma dell'articolo 21 della legge, e' comunicata al magistrato di sorveglianza. 3. La direzione dell'istituto deve motivare la richiesta di approvazione del provvedimento o la richiesta di autorizzazione all'ammissione al lavoro all'esterno, anche con riguardo all'opportunita' della previsione della scorta, corredandola di tutta la necessaria documentazione. 4. Il magistrato di sorveglianza o l'autorita' giudiziaria procedente, a seconda dei casi, nell'approvare il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno del condannato o internato o nell'autorizzare l'ammissione al lavoro all'esterno dell'imputato, deve tenere conto del tipo di reato, della durata, effettiva o prevista, della misura privativa della liberta' e della residua parte di essa, nonche' dell'esigenza di prevenire il pericolo che l'ammesso al lavoro all'esterno commetti altri reati. 5. I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all'esterno indossano abiti civili; ad essi non possono essere imposte manette. 6. La scorta dei detenuti e degli internati ammessi al lavoro all'esterno, qualora sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza, e' effettuata dal personale del Corpo di polizia penitenziaria, con le modalita' stabilite dalla direzione dell'istituto. Il personale del Corpo di polizia penitenziaria, specificamente comandato, nonche' il personale della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, possono effettuare controlli del detenuto durante il lavoro all'esterno. 7. L'accompagnamento dei minori ai luoghi di lavoro esterno, qualora sia ritenuto necessario per motivi di sicurezza, puo' essere effettuato da personale dell'amministrazione penitenziaria appartenente a ogni qualifica. 8. Al fine di consentire l'assegnazione dei detenuti e degli internati ai lavoro all'esterno, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ricerca, nell'ambito della disciplina vigente, forme di collaborazione con le autorita' competenti. 9. Il provveditore regionale impartisce disposizioni alle direzioni degli istituti dipendenti per favorire la piena occupazione dei posti di lavoro disponibili all'esterno. 10. I datori di lavoro dei detenuti o internati, sono tenuti a versare, alla direzione dell'istituto, la retribuzione, al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti, dovuta al lavoratore e l'importo degli eventuali assegni per il nucleo familiare, sulla base della documentazione inviata alla direzione. I datori di lavoro devono dimostrare alla stessa direzione l'adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale. 11. I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all'esterno esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi, con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla esecuzione della misura privata della liberta'. 12. L'ammissione al lavoro all'esterno, per lo svolgimento di lavoro autonomo, puo' essere disposta, ove sussistano le condizioni, di cui al primo comma dell'articolo 21 della legge, solo se trattasi di attivita' regolarmente autorizzata dagli organi competenti ed il detenuto o l'internato dimostri di possedere le attitudini necessarie e si possa dedicare ad essa con impegno professionale. Il detenuto o l'internato e' tenuto a versare alla direzione dell'istituto l'utile finanziario derivante dal lavoro autonomo svolto e su di esso vengono effettuati i prelievi, ai sensi del primo comma dell'articolo 24 della legge. 13. Nel provvedimento di assegnazione al lavoro all'esterno senza scorta, devono essere indicate le prescrizioni che il detenuto o internato deve impegnarsi per iscritto a rispettare durante il tempo da trascorrere fuori dall'istituto, nonche' quelle relative agli orari di uscita e di rientro, tenuto anche conto della esigenza di consumazione dei pasti e del mantenimento dei rapporti con la famiglia, secondo le indicazioni del programma di trattamento. Inoltre, l'orario di rientro deve essere fissato all'interno di una fascia oraria che preveda l'ipotesi di ritardo per forza maggiore. Scaduto il termine previsto da tale fascia oraria, viene inoltrato a carico del detenuto rapporto per il reato previsto dall'articolo 385 del codice penale. 14. La direzione dell'istituto provvede a consegnare, al detenuto o internato, ed a trasmettere al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al provveditore regionale ed al direttore del centro di servizio sociale, copia del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno, dandone notizia all'autorita' di pubblica sicurezza del luogo in cui si dovra' svolgere il lavoro all'esterno. 15. Le eventuali modifiche delle prescrizioni e la revoca del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno, sono comunicate al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al provveditore regionale e al magistrato di sorveglianza, per i condannati e gli internati, o alla autorita' giudiziaria procedente, per gli imputati. La revoca del provvedimento di ammissione al lavoro esterno diviene esecutiva dopo l'approvazione del magistrato di sorveglianza. Il direttore dell'istituto puo' disporre, con provvedimento motivato, la sospensione dell'efficacia dell'ammissione al lavoro all'esterno, in attesa della approvazione da parte del magistrato di sorveglianza del provvedimento di revoca. 16. I controlli, di cui al terzo comma dell'articolo 21 della legge, sono diretti a verificare che il detenuto o l'internato osservi le prescrizioni dettategli e che il lavoro si svolga nel pieno rispetto dei diritti e della dignita'. 17. La disposizione, di cui al terzo comma dell'articolo 21 della legge, si applica anche nel caso di ammissione al lavoro all'esterno per svolgere un lavoro autonomo. 18. Quando il lavoro si svolge presso imprese pubbliche, il direttore dell'istituto cura l'adozione di precisi accordi con i responsabili di dette imprese per l'immediata segnalazione alla direzione stessa di eventuali comportamenti del detenuto o internato lavoratore che richiedano interventi di controllo.
Note all'art. 48: - Il testo vigente del primo, secondo, terzo e quarto comma dell'art. 21 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, e' il seguente: "1. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti dall'art. 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, l'assegnazione al lavoro esterno puo' essere disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione puo' avvenire dopo l'espiazione di almeno dieci anni. 2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all'esterno previa autorizzazione della competente autorita' giudiziaria. 3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dell'istituto a cui il detenuto o l'internato e' assegnato, la quale puo' avvalersi a tal fine del personale dipendente e del servizio sociale. 4. Per ciascun condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo l'approvazione del magistrato di sorveglianza". - Il testo del primo comma, dell'art. 24 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, e' il seguente: "Art. 24. - Sulla remunerazine spettante ai condannati sono prelevate le somme dovute a titolo di risarcimento del danno e di rimborso delle spese di procedimento. Sulla remunerazione spettante ai condannati ed agli internati sono altresi' prelevate le somme dovute ai sensi del secondo e del terzo comma dell'art. 2". - Il testo vigente dell'art. 385 del codice penale e' il seguente: "Art. 385 (Evasione). - Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade e' punito con la reclusione da sei mesi a un anno. La pena e' della reclusione da uno a tre anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed e' da tre a cinque anni se la violenza o minaccia e' commessa con armi o da piu' persone riunite. Le disposizioni precedenti si applicano anche all'imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, nonche' al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale. Quando l'evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena e' diminuita".