Art. 30 Disposizioni in materia di detenzione domiciliare 1. In deroga a quanto disposto ai commi 1, 2 e 4 dell'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 gennaio 2021, la pena detentiva e' eseguita, su istanza, presso l'abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, ove non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, salvo che riguardi: a) soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni e dagli articoli 572 e 612-bis del codice penale; con riferimento ai condannati per delitti commessi per finalita' di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonche' ai delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale, o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni in esso previste, anche nel caso in cui i condannati abbiano gia' espiato la parte di pena relativa ai predetti delitti quando, in caso di cumulo, sia stata accertata dal giudice della cognizione o dell'esecuzione la connessione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettere b e c, del codice di procedura penale tra i reati la cui pena e' in esecuzione; b) delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale; c) detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge; d) detenuti che nell'ultimo anno siano stati sanzionati per le infrazioni disciplinari di cui all'articolo 77, comma 1, numeri 18, 19, 20 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230; e) detenuti nei cui confronti, in data successiva all'entrata in vigore del presente decreto, sia redatto rapporto disciplinare ai sensi dell'articolo 81, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 in relazione alle infrazioni di cui all'articolo 77, comma 1, numeri 18 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230; f) detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato. 2. Il magistrato di sorveglianza adotta il provvedimento che dispone l'esecuzione della pena presso il domicilio, salvo che ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura. 3. Salvo si tratti di condannati minorenni o di condannati la cui pena da eseguire non e' superiore a sei mesi e' applicata la procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici resi disponibili per i singoli istituti penitenziari. 4. La procedura di controllo di cui al comma 3, alla cui applicazione il condannato deve prestare il consenso, viene disattivata quando la pena residua da espiare scende sotto la soglia di sei mesi. 5. Con provvedimento del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, d'intesa con il capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, adottato entro il termine di dieci giorni dall'entrata in vigore del presente decreto e periodicamente aggiornato e' individuato il numero dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici da rendere disponibili, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, che possono essere utilizzati per l'esecuzione della pena con le modalita' stabilite dal presente articolo, tenuto conto anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorita' competenti. L'esecuzione dei provvedimenti nei confronti dei condannati per i quali e' necessario attivare gli strumenti di controllo indicati avviene progressivamente a partire dai detenuti che devono scontare la pena residua inferiore. Nel caso in cui la pena residua non superi di trenta giorni la pena per la quale e' imposta l'applicazione delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, questi non sono attivati. 6. Ai fini dell'esecuzione della pena detentiva con le modalita' di cui al comma 1, la direzione dell'istituto penitenziario puo' omettere la relazione prevista dall'articolo 1, comma 4, della legge 26 novembre 2010, n. 199. La direzione e' in ogni caso tenuta ad attestare che la pena da eseguire non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, che non sussistono le preclusioni di cui al comma 1 e che il condannato abbia fornito l'espresso consenso alla attivazione delle procedure di controllo, nonche' a trasmettere il verbale di accertamento dell'idoneita' del domicilio, redatto in via prioritaria dalla polizia penitenziaria o, se il condannato e' sottoposto ad un programma di recupero o intende sottoporsi ad esso, la documentazione di cui all'articolo 94, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni. 7. Per il condannato minorenne nei cui confronti e' disposta l'esecuzione della pena detentiva con le modalita' di cui al comma 1, l'ufficio servizio sociale minorenni territorialmente competente in relazione al luogo di domicilio, in raccordo con l'equipe educativa dell'istituto penitenziario, provvedera', entro trenta giorni dalla ricevuta comunicazione dell'avvenuta esecuzione della misura in esame, alla redazione di un programma educativo secondo le modalita' indicate dall'articolo 3 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, da sottoporre al magistrato di sorveglianza per l'approvazione. 8. Restano ferme le ulteriori disposizioni dell'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, ove compatibili. 9. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 8 si applicano ai detenuti che maturano i presupposti per l'applicazione della misura entro la scadenza del termine indicato nel comma 1. 9-bis. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Riferimenti normativi - Si riporta il testo dell'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199 (Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi): «Art. 1. (Esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi). - 1. La pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, e' eseguita presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, di seguito denominato "domicilio". Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo sulla richiesta se gia' dispone delle informazioni oc correnti. 2. La detenzione presso il domicilio non e' applicabile: a) ai soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni; b) ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale; c) ai detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge; d) quando vi e' la concreta possibilita' che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti ovvero quando non sussista l'idoneita' e l'effettivita' del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato. 3. Nei casi di cui all'articolo 656, comma 1, del codice di procedura penale, quando la pena detentiva da eseguire non e' superiore a diciotto mesi, il pubblico ministero, salvo che debba emettere il decreto di sospensione di cui al comma 5 del citato articolo 656 del codice di procedura penale e salvo che ricorrano i casi previsti nel comma 9, lettera a), del medesimo articolo, sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al magistrato di sorveglianza affinche' disponga che la pena venga eseguita presso il domicilio. La richiesta e' corredata di un verbale di accertamento dell'idoneita' del domicilio, nonche', se il condannato e' sottoposto a un programma di recupero o intende sottoporsi ad esso, della documentazione di cui all'articolo 94, comma 1, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni. 4. Se il condannato e' gia' detenuto, la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, e' eseguita nei luoghi di cui al comma 1. Nei casi di cui all'articolo 656, comma 9, lettera b), del codice di procedura penale, non e' consentita la sospensione dell'esecuzione della pena e il pubblico ministero o le altre parti fanno richiesta, per l'applicazione della misura, al magistrato di sorveglianza, secondo il disposto di cui al comma 5 del presente articolo. In ogni caso, la direzione dell'istituto penitenziario, anche a seguito di richiesta del detenuto o del suo difensore, trasmette al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta durante la detenzione. La relazione e' corredata di un verbale di accertamento dell'idoneita' del domicilio, nonche', se il condannato e' sottoposto ad un programma di recupero o intende sottoporsi ad esso, della documentazione di cui all'articolo 94, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni. 5. Il magistrato di sorveglianza provvede ai sensi dell'articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, ma il termine di cui al comma 2 del predetto articolo e' ridotto a cinque giorni. 6. Copia del provvedimento che dispone l'esecuzione della pena presso il domicilio e' trasmessa senza ritardo al pubblico ministero nonche' all'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna per gli interventi di sostegno e controllo. L'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna segnala ogni evento rilevante sull'esecuzione della pena e trasmette relazione trimestrale e conclusiva. 7. Nel caso di condannato tossicodipendente o alcoldipendente sottoposto ad un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, la pena di cui al comma 1 puo' essere eseguita presso una struttura sanitaria pubblica o una struttura privata accreditata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. In ogni caso, il magistrato di sorveglianza puo' imporre le prescrizioni e le forme di controllo necessarie per accertare che il tossicodipendente o l'alcoldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma terapeutico. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche antidroga e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' determinato il contingente annuo dei posti disponibili, nei limiti del livello di risorse ordinario presso ciascuna regione finalizzato a tale tipologia di spesa, sulla base degli accrediti gia' in essere con il Servizio sanitario nazionale e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 8. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dagli articoli 47-ter, commi 4, 4-bis, 5, 6, 8, 9 e 9-bis, 51-bis, 58 e 58-quater, ad eccezione del comma 7-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonche' le relative norme di esecuzione contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. Nei casi previsti dagli articoli 47-ter, commi 4 e 4-bis, e 51-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, tuttavia, il provvedimento e' adottato dal magistrato di sorveglianza.». - Il testo dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e' riportato nei riferimenti normativi all'art. 29. - Il testo degli articoli 416-bis, 572 e 612-bis del codice penale e' riportato nei riferimenti normativi all'art. 29. - Il testo del comma 1 dell'articolo 12 del codice di procedura penale e' riportato nei riferimenti normativi all'art. 29. - Si riporta il testo degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale: «Art. 102. (Abitualita' presunta dalla legge). - E' dichiarato delinquente abituale chi, dopo essere stato condannato alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi, della stessa indole, commessi entro dieci anni, e non contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto, non colposo, della stessa indole, e commesso entro dieci anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti. Nei dieci anni indicati nella disposizione precedente non si computa il tempo in cui il condannato ha scontato pene detentive o e' stato sottoposto a misure di sicurezza detentive.» «Art. 105. (Professionalita' nel reato). - Chi, trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualita', riporta condanna per un altro reato, e' dichiarato delinquente o contravventore professionale, qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato.» «Art. 108. (Tendenza a delinquere). - E' dichiarato delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo o delinquente abituale o professionale, commette un delitto non colposo, contro la vita o l'incolumita' individuale, anche non preveduto dal capo primo del titolo dodicesimo del libro secondo di questo codice, il quale, per se' e unitamente alle circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, riveli una speciale inclinazione al delitto, che trovi sua causa nell'indole particolarmente malvagia del colpevole. La disposizione di questo articolo non si applica se l'inclinazione al delitto e' originata dall'infermita' preveduta dagli articoli 88 e 89.». - Si riporta il testo degli articoli 14-bis e 14-ter della citata legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'): «Art. 14-bis. (Regime di sorveglianza particolare). - 1. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche piu' volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati: a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti; b) che con la violenza o minaccia impediscono le attivita' degli altri detenuti o internati; c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione degli altri detenuti nei loro confronti. 2. Il regime di cui al precedente comma 1 e' disposto con provvedimento motivato dell'amministrazione penitenziaria previo parere del consiglio di disciplina, integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma dell'articolo 80. 3. Nei confronti degli imputati il regime di sorveglianza particolare e' disposto sentita anche l'autorita' giudiziaria che procede. 4. In caso di necessita' ed urgenza l'amministrazione puo' disporre in via provvisoria la sorveglianza particolare prima dei pareri prescritti, che comunque devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del provvedimento. Scaduto tale termine l'amministrazione, acquisiti i pareri prescritti, decide in via definitiva entro dieci giorni decorsi i quali, senza che sia intervenuta la decisione, il provvedimento provvisorio decade. 5. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare, fin dal momento del loro ingresso in istituto, i condannati, gli internati e gli imputati, sulla base di precedenti comportamenti penitenziari o di altri concreti comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura dell'imputazione, nello stato di liberta'. L'autorita' giudiziaria segnala gli eventuali elementi a sua conoscenza all'amministrazione penitenziaria che decide sull'adozione dei provvedimenti di sua competenza. 6. Il provvedimento che dispone il regime di cui al presente articolo e' comunicato immediatamente al magistrato di sorveglianza ai fini dell'esercizio del suo potere di vigilanza.» «Art. 14-ter. (Reclamo). - 1. Avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare puo' essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento. 2. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza in camera di consiglio entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo. 3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del difensore e del pubblico ministero. L'interessato e l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie. 4. Per quanto non diversamente disposto si applicano le disposizioni del capo II bis del titolo II.». - Si riporta il testo degli articoli 77, comma 1, e 81, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della liberta'): «Art. 77. (Infrazioni disciplinari e sanzioni). - 1. Le sanzioni disciplinari sono inflitte ai detenuti e agli internati che si siano resi responsabili di: 1) negligenza nella pulizia e nell'ordine della persona o della camera; 2) abbandono ingiustificato del posto assegnato; 3) volontario inadempimento di obblighi lavorativi; 4) atteggiamenti e comportamenti molesti nei confronti della comunita'; 5) giochi o altre attivita' non consentite dal regolamento interno; 6) simulazione di malattia; 7) traffico di beni di cui e' consentito il possesso; 8) possesso o traffico di oggetti non consentiti o di denaro; 9) comunicazioni fraudolente con l'esterno o all'interno, nei casi indicati nei numeri 2) e 3) del primo comma dell'articolo 33 della legge; 10) atti osceni o contrari alla pubblica decenza; 11) intimidazione di compagni o sopraffazioni nei confronti dei medesimi; 12) falsificazione di documenti provenienti dall'amministrazione affidati alla custodia del detenuto o dell'internato; 13) appropriazione o danneggiamento di beni dell'amministrazione; 14) possesso o traffico di strumenti atti ad offendere; 15) atteggiamento offensivo nei confronti degli operatori penitenziari o di altre persone che accedono nell'istituto per ragioni del loro ufficio o per visita; 16) inosservanza di ordini o prescrizioni o ingiustificato ritardo nell'esecuzione di essi; 17) ritardi ingiustificati nel rientro previsti dagli articoli 30, 30-ter, 51, 52 e 53 della legge; 18) partecipazione a disordini o a sommosse; 19) promozione di disordini o di sommosse; 20) evasione; 21) fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori. Omissis.» «Art. 81. (Procedimento disciplinare). - 1. Allorche' un operatore penitenziario constata direttamente o viene a conoscenza che una infrazione e' stata commessa, redige rapporto, indicando in esso tutte le circostanze del fatto. Il rapporto viene trasmesso al direttore per via gerarchica. Omissis.». - Si riporta il testo del comma 1 dell'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza): «Art. 94. (Affidamento in prova in casi particolari). - 1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato puo' chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attivita' terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con un'azienda unita' sanitaria locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116. L'affidamento in prova in casi particolari puo' essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Alla domanda e' allegata, a pena di inammissibilita', certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l'attivita' di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell'articolo 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale e' stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneita', ai fini del recupero del condannato. Affinche' il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo. Omissis.». - Si riporta il testo dell'articolo 3 del citato decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121: «Art. 3. (Prescrizioni e modalita' esecutive delle misure penali di comunita'). - 1. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre una misura penale di comunita', prescrive lo svolgimento di attivita' di utilita' sociale, anche a titolo gratuito, o di volontariato. 2. Le attivita' di cui al comma 1 sono svolte compatibilmente con i percorsi di istruzione, formazione professionale, istruzione e formazione professionale, le esigenze di studio, di lavoro, di famiglia e di salute del minorenne e non devono mai compromettere i percorsi educativi in atto. 3. Con il provvedimento che applica una misura penale di comunita' sono indicate le modalita' con le quali il nucleo familiare del minorenne e' coinvolto nel progetto di intervento educativo. Ai fini dell'attuazione del progetto puo' farsi applicazione dell'articolo 32, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448.».